Ed eccoci qua a parlare del sempre bel Kevin Costner. Il cui nome completo all’anagrafe è Kevin Michael Costner, nato il 18 Gennaio del 1955.
Un uomo figlio di un elettricista e di un’attrice. E dunque il nostro Kevin, attratto dal suo lato materno-artistico, con estrema baldanza si dà al Cinema, che quasi subito si accorge di lui. Ha un faccino pulitissimo, è elegante nei modi senza essere affettato, ostenta un’enorme sicumera. E a passi svelti scala i ripidi gradini di Hollywood, per agguantare già il successo dopo soltanto una manciata di film.
Invero, sin dai primissimi anni ottanta, ottiene dei piccolissimi ruoli in pellicole abbastanza trascurabili, imbroccando poi un film che all’epoca fece abbastanza clamore, Il grande freddo, ma le sue scene vennero eliminate dal montaggio finale. E finalmente nel 1985 azzecca da protagonista due film che lo portano alla ribalta, ovvero Fandando e Silverado. Il primo è firmato da Kevin Reynolds, col quale poi Costner lavorerà ancora nell’altrettanto apprezzato Robin Hood – Principe dei ladri ma anche nel “disastroso” Waterworld, il secondo invece proprio da quel Lawrence Kasdan che l’aveva cancellato dal Grande freddo.
Fandando diventa un piccolo cult, tanto da invogliare anche il nostrano cantante Luciano Ligabue a omaggiarlo a squarciagola in una canzone famosissima pressappoco di quel periodo, e Costner pare infermabile.
Nel 1987 è il compassato, intransigente, integerrimo Eliot Ness nel capolavoro The Untouchables – Gli intoccabili di un ispiratissimo e antologico Brian De Palma, che riunisce a sé un cast lussuoso (Sean Connery, Andy Garcia e Robert De Niro versione Al Capone), forgiando di afflato epico un’epopeica storia gangsteristica ai tempi del Proibizionismo.
Quindi interpreta due film minori rispetto a quello di De Palma ma che al botteghino vanno forte, Senza via di scampo con Gene Hackman e Bull Durham.
Nel 1989 è il magico, vellutato protagonista de L’uomo dei sogni di Phil Alden Robinson e nel 1990 esce col bruttissimo Revenge di Tony Scott, pellicola pseudo-bollente con una Madeleine Stowe molto avvenente, ma anche con la sua opera capitale, Balla coi lupi, da lui appunto diretta con inaspettata maestria, gusto sopraffino delle immagini, e interpretata con sofisticatezza “liberal” da uomo bellissimo, selvaggio ma al contempo sobriamente affascinante e impossibile. È il film che vale tutta una carriera e Costner ha “solo” trentacinque anni, incassa sette premi Oscar, sbaragliando l’agguerritissima concorrenza del superbo Quei bravi ragazzi. È un anno nel quale però la cinquina dei film candidati come Best Picture, fra lo Scorsese di Goodfellas e il Coppola de Il padrino – Parte III, annoverava anche l’abominevole Ghost!
Ma gli Oscar grandiosamente vinti son comunque meritatissimi, e potevano essere perfino molti di più.
Impazza allora a livello mondiale la Costner mania. E Costner fa la sua figura anche in un altro filmone, JFK di Oliver Stone, sebbene il suo fin troppo perfettino Jim Garrison sia stato incarnato da lui, sì, Costner, chi se no, con noiosa legnosità e pedante monotonia espressiva.
Nel 1992 interpreta una pura schifezza commerciale, Guardia del corpo, ma la colonna sonora e la voce di Whitney Houston elevano il film in gloria e la pellicola primeggia al box office. Consacrandolo ancora una volta come paladino del sex appeal di classe. Da vero, innegabile handsome.
Ma, all’apice apoteotico del suo splendore e anche del suo perlaceo, attoriale fragore, arrivano i primi passi falsi sonori, e si profila la temuta ombra minacciosa della débâcle più vergognosa. L’uomo del giorno dopo, la sua seconda regia, sebbene oggi sia stato leggermente rivalutato, allora fu stroncato in maniera impietosa, perché giudicato iper-retorico e fastidiosamente lunghissimo e pomposo.
Costner, fra romanticherie zuccherose e donne smancerose, si rifà un po’ la faccia, resa troppo insipida e liquorosa, con l’interessante Gioco d’amore di Sam Raimi, tornando di nuovo al baseball, sua inoppugnabile passione focosa…
Ma ne vogliamo parlare del pasticcio immondo La rapina? Oppure di Dragonfly? Filmacci!
E quando nessuno se l’aspettava, voilà, Costner se ne esce col suo stupendo terzo film da regista, Open Range, e dinanzi a questo suo colpo ci siam tolti il cappello, non solo da cowboy. Applaudendolo a scena aperta.
Eppure Costner arranca alla bell’è meglio o mal si arrangia, tra filmetti senz’arte né parte in qualche modo campa, i cosiddetti film alimentari, e poi in un istante rinasce da rapace, da uomo, checché se ne dica, indiscutibilmente capace.
E lo vedremo prestissimo in due serie televisive interessantissime, Yellowstone di Taylor Sheridan (negli USA peraltro già uscito fra controverse critiche) ma soprattutto in Highwaymen di John Lee Hancock.
Posso dirlo? Non sono una donna, ma a me nonostante tutto Costner piace.
E spero davvero che ci possa regalare altre sorprese!