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“Blue Jasmine”, meglio Colin Farrell, Ercolino per tanti pompini


07 Jun

In camuffa, ti sbeffeggio mio buffon’, io son l’impero del Sole nel tuo rimpianto, la croce celtica annodata a tua cravattina e la Luna di Farrell Colin nel farti a colabrodo…

mentre sulle donne il “mio”, colante e sculacciante, proboscide d’elefante, mette le corna fra tanti collant

Questo Mondo è invaso da invasati. Propugnan leggi razziali coi pugnali in mano e, a manetta, son maneschi.

Di mio, son burrascoso, se irritato… a te pe(rma)loso, arricciato in ciuffo altero per atea sfacciataggine d’avaro in tal amenità di umanoidi. La gente mi copre di vergogna ma io vivo nella c(ucc)agna, insisto nell’incagnirli e, in cagnesco, latro mentre li vomito nelle latrine, ove si rassoderanno a novanta per pulir gente che cagò storto nel gabinetto pub(bli)co. Non mi agogneranno mai! Ah, analmente ne son pirata e “farabutto” in tal umanità brutta. E rutto, ché mai sarò rotto da voi “dottori”. Agguanto una pantera e di lingua “sguaino” per “sterzar” la marcia nel “tirarlo” senza freni in mezzo alla giarrettiera. Quindi, “sbuffo” come le caffettiere a “evaporarlo” di “ferro da stiro”, versando amarezza a una già “scucchiaiata” per mischiar lo “zucchero” nell’aroma caldo, “fragrante” e leggiadro di tensione “idrica”.
Ebollizione e la pentola “scopa” a pressione, bollente lagrima la patata sbucciata, da me sedotta, abbandonata e poi, con panna montata, nel sorbetto digerente per un’altra “ardente” cucinarmela.
L’addento e lì, dentro, son “scarpetta” col sughetto e sfilatino del roast beef srotolato e farcita in farine della mia “sacca”. Tu, bovino, sbavi ma devi star bravo se non vuoi che consoli la “bua” della tua bella con la mia Bestia infornata ove, a “lievito di birra”, pian piano-delicatissimo, si gonfia per “spararle” al “buio”.

Sì, sono la microonda idraulica, in quanto aulico letterato fra voi sgrammaticati iellati senza la caramella Elah, il gusto “mieloso” delle “palle” gustative con dolcezza snocciolata in cioccolato “fondente”. Io ballo, di burro le sbraco, e sbullono le baionette.

Una con me s’arroventa e il suo fidanzato scaravento, avventandomi poi su una pavona, forse di Padova, in questa “catenina” di Sant’Antonio e Montana Tony, ché a ventaglio è mitragliatrice fra voi che mi “ammirate” ma non le “irraggiate”. Siete “girasoli” volta-bandiera e non “gomma” nella Donna vampira ad aglio, olio e peperoncino, e non potete competere con me, oltre le barriere, ariete in canottiera e “marsupiale” a succhiarle in grembo alla lupa. Io, bocca di balena, bon vivant e gourmet di chef per paté in agnelline, come gatto in calore sul rosicar il fegato del pollo allo spiedo.

Io, formaggino nella pecorina, lana pregiata nel pascolarlo sereno e non tanto tenero.

Sono il bastone. Vecchietti, io le ustiono! A lenta combustione per una cottura di più lunga proporzione.

Sì, ammicco di piedini e condisco il contorno su rosolarle in tanto vino rosato. Che osé!

Porgo lor il pene formato roselline! La vasellina!

Le mangio senza posate, a capotavola sputo il rospo, tu annaspi e, annacquato vieni depurato dal mio imbuto a diluirle nel rubinetto frizzante dell’idromassaggio.

Sono uno stronzo di razza inestirpabile, miei biliosi io ce l’ho profumato e ficcato nel peluche infoiato.

Sono come Colin Farrell. Una faccia da culo, un “cazzone” come pochi.

Ed è per questo che le donne ne van matte. A loro non interessa come interpreta la parte ma come le pettina prima di “sborsarlo” fuori dalla patta.

Egli cala le brache, abbassa le tapparelle e tante ancora ne tapperà.

Si chiaman fighe di qualità, mica acquistate a basso mercato, bensì cotte a dover nel coito “scudisciato”.

Applauso!

Detta come va detta, sono un Bobby Cannavale.
Se mi fai incazzare, ti servo il gel meridionale con Bombolo al tuo bambolotto.

E questo film di Allen fa già cagare.

Jasmine è una Blanchett che piange sempre. Bisogna rabbonirla col fazzoletto. Su cui asciugarlo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Blue Jasmine (2013)
    Colin la stende sul lettino dello psicoanalista e sfodera la biscia ad occhialuta. Mentre Baldwin si strappa il villoso pacioso.
  2. Miami Vice (2006)
    Fra le molte donne che scopò, Gong Li piacevolmente incanalò nello yacht.
  3. Alexander (2004)
    A caval del Colin.

Sean Penn (im)mutabile


21 May

Fratelli della congrega e amanti del Cinema, base nostra solida in questo Mondo oramai corrotto e deperito assai, ah sì, noto con qual squallore adocchiate le ragazze e le corteggiate a man bassa, figurativamente (s)parlando fra una canna e un credervi adulti causa troppe bor(i)e malsane da salvarvi.

Io, il metallaro-carpenteriano Federico Videodrome Frusciante e il grande Davide Stanzione, da mesi portiam avanti con dedizione (la rima ci sta) un blog che un baffo vi fa (ah ah ah).

Mentre la gentucola si danna per amoretti banali dietro spettegolare al tutto affannarsi, noi eleviamo la coscienza per entrar sottopelle ove Io sono Io e tu non saprai mai chi sei, ragionando come la massa, e avviluppandoti nel pantano, smarrirai la strada e, una volta (intra)presa quella sbagliata, sbanderai. Fidati, abbi Fede.

Stai attento ché, a lungo raccontarle lunghe sul millantarla, militare-soldatino diverrai e non so se la tua compagna verrà a()rmata. Baci solo da piccioncino, miei piccini.

Non farmi la fine del picciotto! Almeno, dalle un pizzicotto. Scatena il man in men che poi ti picchierà in accoppiamenti sdruciti, mai leccati, di platinato sol piantarvi a Natura.

Va bene, perdonate la prefazione, e passiamo ora a Sean Penn.

Di cui, ieri pomeriggio, ispirato da miei intercostali pentimenti a non perdonare chi sbagliò sul mio conto, poiché conta male le pecore prima di prender sonno, ho vergato, di mio pugno e sudore tale omaggio di gran clamore.

Amore, vieni a me e donami quel che sei o sai?

Entrambe vanno lisce ed entra senza recar fastidio.
Tu, Donna, conosci chi vi è in me fra le tue cosce. Al bando le costolette, arrostiscimi da rusticana e facciamo anche baccano in quanto Bacco è (di)vino.

Applauso!

Sean Penn. Cosa posso dirvi? Testa calda, non la domi con una fiaschetta di buon vino allaBukowski.
Tanto poi è più incazzato di prima e non ti conviene dargli due sberle per svegliarlo. Ti rifilerà una serie di ribellioni marchiate a sua pelle “indiana”.
Be’, indiano lo è… sempre stato, instabile di un’altra epoca, forse di una Terra Promessastraniera.
Uno springsteeniano dentro, e nella sua anima appunto risuona e scandisce una melodia tragica-amara con picchi pazzeschi, esorbitanti di poesia pura. Melodia!

Basta osservarlo negli occhi, non scorticarli con visioni “a prima vista”, frettolose, che non sanno un beneamato cazzo di chi li “abita”. E si muove nella sua sfrontatezza a Cuore introiettato dentro la via vera. Fatta di casini, gelosie, amici stronzoni, tradimenti, corna, pestaggi e risse. Perché no? Il carisma di Penn è un capire subito ch’è un lupo solitario…
Se non fosse figlio comunque d’Arte ma uno “qualsiasi” della provincia medio-bassa americana, eccolo… in un bar scalcinato a vomitare la merda del troppo tener dentro e poi scoppiare, dar di botto perché uno così non è un ipocrita e lo rifarà. Non ci provare!
Sì, un Bukowski magro con più fortuna hollywoodiana. Almeno, ha incanalato il suo “duro” di chi delle regole se ne frega. Anche del sistema “burocratico” della Mecca.
Sposa una Donna, Robin Wright, poi se ne scopa un’altra fra una “pausa” e l’altra, “schizzato” Sean, di brutto.
Divorzio? Aspetta prima di concedere a Robin le carte della pratica “inconciliabile”. Intanto, anche Lei non gli è “coniugale”. Una Madonna con scheletrini nell’armadio. Ah sì, Giulio Cesare avrebbe diffidato di una “magrezza” tanto “figa”. Non me “la” racconta questa figliuola…
E che gli puoi fare? Chiamare la stupida “assistenza sociale” di qualche regista “bravo” a raddrizzarlo?
Più “dritto” di così si muore. Non ci son cazzi, appunto.
Litiga con Woody Allen per un personaggio a modo suo, e manda in quel posto Oliver Stone perché semmai ha tagliato il suo “ciuffo” durante l’amplesso “boschifero” con la migliore Jennifer Lopez. Per una volta “seria” in quanto proprio puttana “sfruttata” a dovere. Piazzata sotto le frasche delle sue seduzioni a sedarla d’uno “Stai bonina nel culone e recita come Dio comanda”. La recitazione viene. Alla grande. Coppia che scopa ai pochi flash d’un film sbagliato, completamente.
Sean… io adoro i “pazzi”. Lui lo è, quasi meglio di me. Per il resto, c’è la cassiera dallo “scontrino” alla fiscalità vostra del vederla “eleganti”.
Sean è rozzo, animal-“rospo”, ed è per questo che sente il Mondo e combatte per una morale anche attoriale.
Principe e un po’ gigolò.
Se avete qualcosa in contrario, nulla da fare. Ve lo ficcherà nel popò. “Stai zitto papà!”.
Vi manderà sempre a cagare. Bene o male che Sean sia.

Amen, siategli cortesi. Per (dis)piacere.

Firmato il Genius, nel blog troverete la mia nomea.
E acquistate il libro. Vale la pena in un Paese ove Fabio Volo vende tanto e non leggete come si deve.

  1. The Tree of Life (2011)
  2. La promessa (2001)
  3. La sottile linea rossa (1998)

Woody Allen contro Falotico: due identici “ai denti”


07 May

Stefano Falotico e Woody Allen conversano, disquisiscono sul destino “co(s)mico” di un’umanità non tanto ottim(ist)a, ai piedi di Manhattan, con la Torrei Eiffel a svettare come… Libertà!

A sbafo, sbandati, dal Mondo ottuso schivati-schifati, “schiavi” di regole programmatiche-pragmatiche, insomma sugli ema-tomi artistici “sbaviamo”, chissà cosa ne pen(s)erà Shakespeare nell’essere o non essere Emma Thompson

Io e Woody siamo statue di cera, scolpite nella blu incandescenza immersa a solitudini in qualche modo affini sebbene su sembianti “diversi”, agli antipodi solo del primo acchito… ah, i tacchi solari delle donne per nostra misoginia cavalcante eppur sempre profondamente attratta dal “nervo” focale dell’Eros domato contro il Thanatos che genera melanconia. E anche emicranie per poc’antropocentriche “bersagliere” al centrarle nei loro più “intimi” desideri.
Ah, da lupi depressi le concupiamo, lui spelacchiato e io nelle prime alopecie di “penicillina” alle ferite d’amore.
Che mordenti misantropi, uomini d’altra razza. Oramai, neanche nelle fabbriche dei “giocattoli” “tiran” fuori pezzi erronei come noi. Non adatti alla massa che va per la maggiore… Noi errabondi, vagabondi pensierosi fra una mia sigaretta nervosa e il volto di Woody increspato di fegato “polmonare” sull’osmosi d’asfissie a un’empatia virile un po’ schizzinosa nei riguardi del Sesso, sensuali d’asessuate, nostalgiche visioni “oceaniche” dai colori “nitidi”, natanti, piangenti che planano nel meditabondo sorvolare su “tutto”.

Onirici o neri?

(Ri)flettiamo…

“Livellati” sul mare, appianati ai s(u)oli. Almeno non appiattiti.

Gli omosessuali, appunto, c’osservan con sospetto, la polizia aspetta le ambedue mosse false per “incatenarci” alla prigione dei nostri scatenati sogni “virtuali” repressi, la gente “normale” ci stressa e l’esistenza si fa… opprimente.

Che sgambetto! Che “gobbi” di colpi! Al Cuore!

Ma siamo noi a giudicarli deprimenti. Ah, l’uomo medio logora con la sua lorda, capricciosa voglia “matta”, perennemente mirata al “triangolo isoscele” delle cosce, dunque è molto “mirabile”, da celebrare in “lode”.
Con tanto di allori e “scappellarci” di “Buongiorno”.

Preferiamo un addio mansueto alla consuetudine, anche se la messicana Consuelo ci strizza l’occhiolino ed è peperina di salsa “matata” al nostro “corto… circuito” ballerino ma non “latino”, più “alla francese” nelle rotonde sul mare annoiate da questa oscena liscezza. Che “tonti!”.

Lui, evidentemente “mostriciattolo”, cerebrale accidioso a mo’ del “Ça va sans dire”, io arrugginito come Pacino Lefty Ruggiero nel mio apatico e “Me ne frego fin(i)to” da “Che te lo dico a fare…?”.

Poche carnali donne nel nostro carnet, Woody col Cielo in una stanza autocentrata di maniacali nevrosi proiettate ad altri, adesso anche d’alter ego, io spesso in cameretta romantica come i poemi cavallereschi della mia stessa spada nella roccia da Camelot. Anche da cammello. Non se se son Amleto o se sia un Bene… Carmelo.

Orsi siamo e brindiamo alle “ossa” di Artù, Principe tradito da Ginevra la meretrice, in mezzo alla “foresta” di Lancillotto,  un figo più spassoso che la (es)portava in “giostra” e la riscaldava, “avvelenandoci”, nei prati verdi delle ginestre e “corsette campestri”. Ah, Lancillotto lo “lanciava” fra i suoi “corsetti”. Pizzi e merletto.

Cazzo, aiutaci Merlino! Manca la melina! Anche i letti a “castello”.

Così, col taccuino alla mano e appunto il tacchino da Giorno del “Ringraziamento”, causa benedire e basta le “graziose”, telefono a Woody per svegliarlo dal suo recente letargo cinematografico. Lo invito a cena ché, a lume di candele, ammiccheremo a vicenda col frizzantino da geni “brillanti”.

Lui, ancora in canottiera, annichilito in un letto insonne di brutti incubi, prende su la cornetta ma, nonostante risponda-cheto-chieda presto “Pronto?”, fa fatica a riprendersi.
Al che, sgrana la vista e punta la locandina di Die Hard, con Bruce Willis a rammemorargli di non mollare.
Woody, invece, nel naufragare sempre “controcorrente”, mollò quattro pet(ard)i isterici, “modulando” un valzer di sconnesse frasi all’unisono dei “tuoni” piovigginosi ch’echeggian fuori.

La sua vicina di casa, donna pia quanto “spia”, bussa alla porta dell’apparta(men)to.
Domanda che cos’è stato quel trambusto.

Woody, con “proverbiale” (non) lasciarsi andare, ancora in vestaglia, “annuisce” un “Signora, è acqua passata, la ritenzione idrica del mio (re)moto passato”. Come da Verbo che emisi…

La signora, simile a Edwige Fenech infermiera, lo manda a fanculo. Già. E gli tappa la “bocca” con “amorevole cu(citu)ra”.

Woody, in tut(t)a “sveltina”, si veste e, dopo averla cinta di farneticazioni “nullafacenti”, non sa quali cinture scegliere.

Dunque, nel mentre della sua mente, di nuovo si scioglie in (rim)pianto a (di)rotto. Incompreso e “in compressa”.

Frattanto, trascorsa mezz’ora dal mio primo “squillo di tromba”, giungo a casa del mio amico.

Esclamazione!

– Woody, è tardi. Non attardarti di più per colpa della tardona. Si sta facendo… Notte, poi non avremo Tempo perduto… da Midnight in Paris.
– Hai ragione Stefano. Perdonami, alle volte sragiono. Colpa dei troppi ragionamenti da topo senza “top(p)e”.
Dammi… 15 minuti di Andy Warhol e andremo a mangiarci delle uova. M’occorre il lass(ativ)o, anche Lasonil al mio Pinocchio “nasino”, per “risollevarlo” da quella dannosa del “Pronto Soccorso”.

Che andasse ove sempre (non) and(r)ò.

Quindici più tardi, Woody è pronto.

Al ristorante più “rinomato” del quartiere “meglio” frequentato di New York, veniamo accolti dal menestrello di Fracchia la belva umana.

Io vengo trattato come il commissario Auricchio di banfiana memoria. L’incivile canterino infatti comprese subito che non sono uno da Ela Weber. E la buttò su sfottò delle battutine “piccantine” al nostro scambiarci da “toccati”.

Voglio aggredire il troglodita ma Woody mi trattiene e, con più “classe”, ri(t)ma allo stronzo maleducato:

– Non siamo da Gigi il Troionenon siamo frocioni… ma ti facci(am)o un culo così.
– Scusatemi tanto, v’avevo preso per “quelli”.
– No, siamo solo amici. Non s’inimichi “uomini” come noi.

Meglio non trovarseli di fronte in “posizione” orizzontale. Quando le “spariamo”, utilizziamo l’arma Magnum da Callaghan col grilletto… “in sordina”.
Silenzio… di tomba.

Ceniamo. Woody ordina delle “cozze”, io delle ostriche. Ci fermiamo al caffè, il dolce ce lo “rifila” l’oste.
Eh sì, un conto salatissimo di “prima” scelta: 1000 dollari più “bottino” della mancia a strapparci le mani(che).

Senza mutande, senza “speroni”, senza cartucce, senza pall(ottol)e, tristemente c’avvi(t)iamo verso il fiume Hudson. Comincia a grandinare, usiamo l’ombrello e aspiriamo il vento con delle cann(ucc)e.

Buona la “gran(it)a”.

Prendiamo “posto” in panchina, essendo dei panchinari della vita. “Titolari” però della sfiga.

E “contempliamo” senza pronunciare una sola parola.

Dopo tre ore del fissare il vuoto, piglio il “pazzo” al balzo con una balzana cazzata.

– Woody, che frutta preferisci? La banana o la Macedonia di Alessandro Magno?

– L’acido dell’insalata dopo il minestrone “bagnato”.

– Ti capisco.

Anch’io non lo “condisco”.

Quindi, ci baciammo mentre quella passerotta di Gwyneth Paltrow passò in quella “zona” e, a grandi falcate, salutò i nostri “uccelli”.

Non ci rassegniamo e Woody canticchia Nek:

Non è mai com’era ieri,
cambia il senso cambiano i pensieri,
e ti sembra tutto da rifare…
Sbagli se ti guardi indietro,
punta avanti anche se hai mezzo metro,
c’è sempre una strada per viaggiare…
è un’inguaribile follia,
saperti solo mia…

è congiunzione astrale…

– Questa è l’ultima porcata che mi fai, Woody! Adesso, finalmente ci sono arrivato!

Radio Days pensavo fosse un capolavoro ma invece è meglio Glory… di Springsteen!

Tu non spingi per nulla!

Detto ciò, lo spingo, annegandolo e dandolo in pasto agli squali.

In poche parole, “emergerà”.

Annacquato di pene da pirata?

No, da piranha.

Sono sempre a galla, gli stronzi ho scoperto e da me solo merda in faccia. Oltre ai pugni, questo è ovvio!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Zelig (1983)
  2. Ombre e nebbia (1992)
  3. Taxi Driver (1976)
    I due sopra fan cagare, robetta intellettualotta da masturbatori.Mille volte meglio Travis, tassista come me per la feccia di una manica di lerci che pensavo amici e invece scoprii dei puttanieri sfruttatori, scatenando il putiferio.

    Non li ammazzai, anzi sì.

    Travis li uccise fisicamente, io in modo che patiranno eternamente.

    E piansero. Cazzi loro. Se la sono cercata.

  4. Rambo (1982)
    Da collegare al capolavoro sovrastante.

Il Genius presenterà la sua nuova opera letteraria, in quel di Roma, durante la mattina(ta) del 7 Dicembre, alla vigilia dell’Immacolata… ho detto tutto


05 Nov

Una Notte noir, nerissima

Siete consapevoli (me lo auguro vivamente per le mie “esorbitanti” finanze “ragguardevolissime”) ch’è uscita la mia nuova opera, “Noir Nightmare – L’ombra blu del fantasma”.

Oggi, dopo innumerevoli mail per ricevere l’aggiornamento, come da contratto (c’è la mia firma di “calce”… struzzo), finalmente rinvenni tal messaggio:

Signor Falotico,
dovrebbe presentarsi a Roma il 7 Dicembre alle ore 9.45 se vuol promuovere il suo libro. Altrimenti, decida di venderlo a modo suo.

Il mio amico Davide Stanzione, col quale ho scritto il fantastico “Nel neo(n) delle nostre avventure” (cercatelo su Amazon…), e con cui stiam allestendo anche il sito www.mulhollandlynch.com, m’ha spedito “facebookianamente”  la sua recensione, in anteprima, di Moonrise Kingdom.
Che sarà presto inserita nella sua pagina, “Dream Land”.

Replica:

la inserisco domani Davide. Oggi, dopo mille insistenze, son stato contattato dalla curatrice delle promozioni letterarie di Albatros. Avremmo fissato, per il 7 Dicembre, la data della presentazione proprio in quel di Roma. Sarebbe un’ottima occasione per incontrarci. Potresti calorosamente, in tal circostanza, tifare per me. Dietro anche “bustarella” dei soldini per le immagini del “Neo(n)”…, eh eh. Devo dare la conferma nei prossimi giorni. Poi, ti farò sapere in merito a dettagli più precisi. Al momento, so solo che dovrò sostenere una durissima intervista della “minima” durata di tre ore (roba che crollerebbe anche l’Al Pacino più ispirato dei suoi celeberrimi monologhi, dunque provvederò a rifornirmi e “foraggiarmi” d’una scorta di Red Bull per non spiaccicar sul pavimento dopo 30 minuti per poter “ri-prender fiato”. Sarò tempestato da domande “a raffica” (speriamo che l’intervistatrice almeno sia figa, anzi no, mi distrarrebbe di cosce dal “discorso” che non-fila-spera d'”infilar”…), salvo l’ambulanza dietro l'”angolo” dello studio in caso d'”evenienze” dei malori da nevralgia p(res)sante. Ora, sfodererò la grinta dei glory days, ritmando il diaframma ai “frame” della Tv indagatrice che, scommetto, spierà d’inquadrature dal “basso verso l’alto e viceversa” a invertir un po’ le (dis)connessioni cerebrali, tendenti all’afasia, ansiogene nell’interruzione con pausa d’occhiolino annesso e ammiccamenti alla videocamera balbettante su-sotto-sopra nel montaggio sincopato (r)int(r)onato alle convulse frenesie senza freni della mia lingua “sciolta”. Dunque, come nelle feste di Laurea, aspetterò i plausi e ringraziamenti, ma ruberanno solo il mio “pasticcino” per “intortarmi” in un mar di melassa e panna montata e poi a smontarmi dalla vanità da “montato” con la classica “lode”. Quindi, invierò il mio saggio, opportunamente tradotto in “versione non originale”, a Sean Penn, nella viva attesa che un Giorno, tramite rapporto “epistolare”, m’invii la sceneggiatura del suo prossimo film da regista wertmulleriano, Il sopravvissuto d’anima orientale nella tremenda società occidentale che ti spacca di frontali e d’occipitali con tanto di mascelle a slogar il tuo malleolo macellandolo fra bernoccoli e tante coccolone. Verrò “(pre)scelto” per la parte più “ambita”, l’amico “fedelissimo” del protagonista, detto “Il giaguaro in guardia”. Il protagonista, come già accennato, è un uomo appassionato dei sorrisi “a mandorla” e tutte le corteggia di “mandolino”, previo “spremeglierlo” come un mandarino. L’amico, vista la situazione “movimentata”, gli frega la fidanzata, ma scoprirà che “lei” è un trans. Assieme, i due “amici per la pelle”, sweet & lowdown, urleranno alla stazione: “Avevamo i numeri per scoparci Lisa Snowdon, invece prenderemo il primo treno transiberiano”. “Lieto” fine del film. 
Comunque, mi sto già preparando psicologicamente per l’intervista. Reggerò? Oh, al massimo, mi darò alle autoreggenti. Con tanto di fazzoletto “detergente”.

Applauso!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Nightmare – Nuovo incubo (1994)
  2. A 30 secondi dalla fine (1985)
  3. Accordi & disaccordi (1999)

Se tu non balli più perché ti sei impigrito, io, nel pigiama party, Ballarò!


28 Jul

 

Tutto ciò, senza gli ex “Cioè” delle ragazzine “Toccando va inumidendola”, che avreste voluto “salare” ma, nell’Italia moralista e fascista, nessuno v’ha mai picchiato in testa, perché “contenuto” dalle forze dell’ordine “zuccheranti” che “lo” orinarono, “disordinandoglielo” al fin che non s'”impepasse” e non “lo” inzuppasse nello spupazzarsele

Sì, Giovanni Floris non ha una faccia molto florida. Intervista i sindaci e i sindacalisti, ma nessuna Donna “lo” induce all'”indaco”. Il “colorante” che, a differenza degli altri “vegetali”, assume un “colorito” azzurro brillante e non ingrigisce, poiché la tua concubina ti “smalta”, peperin, il “pancino” per orgasmi “celestiali”.

Nella sua trasmissione s’avvicendano politici corrotti, Jack Nicholson di The Departed, sotto le mentite spoglie di Ignazio La Russa, Emilio Fede che sugge il “labbrin” di Gabriele Paolini, ammiccando alla “videocamera” di Simona Ventura, e qualche scosciatrice più cozza di Crozza.

Non mi sono mai interessato alle “votazioni”, solo ad “affibbiar” voti popolari, di referendum, a quelle che vorrei nel mio “seggio”.

Sì, nella mia “democrazia diretta“, è tutto eretto!

Quando, da bambino, emulavo Maurizio Nichetti nel volere volare, già di manubrio, in bretelle, “guidavo” in “automatico” su Floriana Bertelli, giornalista di seno “pompato” per la mia mano “pneumatica”. Col Tempo è appassita, ma ogni volta che ancor “la” vedo, viaggio…

Molti mi scambiano per il figlio di Berlusconi a Milanello, bello come il calciator amico del Pinturicchio, Alessio Tacchinardi, dell’altra “sponda”.
Certo, infatti prossimamente sarò “deferito” dalla mia “Juventus” con lo sfratto da “Conte“. Max…, forse Tacchia, forse “bidello”.

Il prossimo mese uscirò col mio nuovo libro, “libbra” di muscoli neuronali a differenza dei pugili “forti” dal naso rotto.

Il mio nasin nasone è Pinocchio “puro”.
Un po’ “la” annusa, un po’ “strabuzza”, un po’ olfatto e un po’ tasto.

Applauso!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Il conte Tacchia (1982)
  2. Il conte Max (1957)
  3.  Miseria e nobiltà (1954)
  4.  The Untouchables – Gli intoccabili (1987)
  5.  Volere volare (1991)
  6.  Il fiore del mio segreto (1995)
  7.  Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere (1972)

I ritorni di Batman


04 Jul

 

Salve, sono il Dark Knight. Lei è uno di quelli lì? Ah sì, lo è davvero? Lo vede questo mantello avvolgente? Stia attento al pugno “impermeabile”

Ci siamo quasi, quei mentecatti “raziocinanti” e ratti saranno “instradati” a una razione di “tatto”

Vicissitudini “tranquille” indussero il “dormiglione” a raddrizzare una famiglia di beoti, “indirizzandoli” a un’intirizzita “benevolenza” a base di freddure di rinomata “mistica” mia rizzata, di “dolcezze” impagabili per il “paliatone” da fantino di Siena, imbizzarrito nello scorazzare attorno al loro cervello molle d’asfaltare, in uno scalpiccio “picconante” e rintronante di “zoccoli” e speroni durissimi contro l’encelofalogramma loro piatto(lo) da rimbambirli ancora di “rimbombi” d’un nitrito “artritico”, sfidarne e “sfilarne” gli attriti disistimici con sismica freccia da cavallo di Troia e impantanarli nel “fango” delle fognature con un paletto ben impiantato in mezzo ai loro “pantaloni”.

Sì, con certa gente non bisogna andarci sottilmente, bisogna assottigliarli nella “sottiletta” dei loro fegati antropofaghi d’invidie latenti da lattanti con le loro “latticine” donnicciole, spesso madri che han allevato un coniglietto di “castorina” dentatura dalla (pres)unzione calunniosa così sprezzante che “lo” spezzeremo come un “formaggino”.

Circa due mesi fa, telefonai a una radio in cui “lavora” uno dei malfattori di questa “factory” omicida, che taluni anni or sono denunciò una persona solo perché codesta, dopo aggressioni alla sua fisicità e al suo stile di vita, esigeva lecite spiegazioni di un'”amicizia” che mi parve un po’ “invadente” alla mia anima.

Uno di tali emeriti, con “egregia classe”, pochi giorni seguenti, s’è recato al C.S.M. per “segnalarmi”.
Bene, il mio avvocato, ha già preso nota di questo “pinco pallino” e, alla prossima sciocchezzuola, lo appallottolerà a base di querele per lui “indifendibilI”, tanto che le malinconie di Radio Days gli parranno il suo sogno migliore, in confronto ai giorni “a raggi X” del suo culo.

A questa gente bisogna spiattellare le loro porcate. Questi ebetucci che si prendon la “briga” e la licenza di diffamare le persone libere, perché ne eran “infastidite” e pretendevano (sì, loro pretendono ancora) che si gettassero a capofitto nel primo lavoretto a portata di “mani”, perché, a vent’anni (oggi, la gente è disoccupata anche a quaranta) non è “tollerabile” ambire all’Arte, al Cinema e alla Letteratura se non si ha “dignità” sociale.

Ma questi qui chi sono? Degli inquisitori oscurantisti come F. Murray Abraham de Il nome della rosa di Annaud?
Come si permisero costoro a dare ordini, a sputtanarti per la loro Bologna di falsi chiesaioli arretrati attraverso una rete diffamatoria che s'”appellò” anche ai “trucchetti” di “profili clonati” sui forum, telefonando “anonimamente” in piena Notte, prendendo “contatti” personali con la tua ragazza per “descriverle”, di reputazione falsata, chi eri , andando in giro a “sventolar” il tuo nome e cognome, e a urlare ai quattro venti che soffri di “schizofrenia?”.

Ecco, per colpa di tali sciagurati, che il Diavolo li “benedice” ogni sera prima dei loro amplessi “affamati”, mi sorbii dei mesi, davvero, di ricovero psichiatrico perché ero “scioccato” da un improvviso, immotivato “affronto” così ignominioso e assolutamente non giustificabile.

Loro possono darmi l'”infermità mentale” (certo…) ma, come possono constatare, avevo ragione io, ho sempre avuo ragione io.

E, oltre a un’opera d’immediata pubblicazione (mentre loro stanno a girarsi le palle di chiacchiere “retribuite” da altri cazzari identici che li “riforniscono” di puttane e puttanate), stiano ben attenti ai “passi”.

Da “leggere” con molta concentrazione, prima di “voltare pagina” e “girare l’angolo”.
A piè…

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Gran Torino (2008)
  2. Rocky V (1990)
  3. Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno (2012)
  4. Jack Reacher: La prova decisiva (2012)
  5. Robocop (1987)
  6. Ritorno al futuro. Parte II (1989)
  7. Il dormiglione (1973)

Roma, nei pensieri di Woody Allen


15 Apr

 

“La vita è bella”, dai Woody, suvvia, non recitare da rincoglionito, forza, coraggio! Un altro film cretino, come gli ultimi dieci, puoi girarlo, anche “meglio”. Impegnati, applicati! Peggio di così?

In data “mattutina” odierna, in quel di Roma, durante la conferenza “benignesca“, Woody Allen, se n’è saltato fuori con questa: “Il Cinema è una piacevole ossessione per non pensare alla bruttezza della vita“.

Una frase che smonta il Cinema e, per di più, rovina pure la Bellezza del Mondo.

Woody, ma che dici? Perché assumi dei barbiturici?

Ecco, io stimo molto Woody, più che altro lo rispetto.
Per ragioni ch’elencherò, toscanacciamentecostì“:

1) La sua adolescenza, indubbiamente “traumatica” per una conformazione fisica, checché se ne dica, “orrida”, deve averlo indotto a pensar troppo e a chiudersi, o a esser trattato da “checca”, da cui la “genialità” sessualmente ambigua e ondivaga che n’è “derivata”, un po’ alla “Latte e i suoi derivati” su andamento un po’ malinconico con “brezze calde” di speranza, forse “innatismo” a esser positivi, fra una battuta seria e un “ridersela allegro-vivo” alla Jovanotti.

2) L’ambizione, però, mai inibita a non lasciarsi andare, l’ha spronato a combattere per non esser il solito “pollo”.
Tanto che Diane Keaton “lo” arrostì, “a dovere”, per vaghi sospetti di “pedofilia”. Ah, ma la mia “minorata” cinesina era già maggiorenne…, dunque non val il “gioco della candela”. Era già svezzata.

3) Mia Farrow, dopo la “consensuale” separazione, annaspa in filmetti tristarelli, impresentabili come suo “figlio” di Rosemary’s Baby. Anche Woody aveva dunque il suo perché, il “potere”, non solo a letto, nonostante si sp(i)acci(c-asse) per onanista irriducibile.

4) Diane Keaton, più famosa per Io e Annie (ed “epigoni”) che per la saga coppoliana di padrini e “fiori di pesco”, dichiarerà però che ha amato un solo Uomo, Al Pacino.
Sì, Al è stato il grande amore della sua vita, ma Al non s’è mai sposato, quindi non avrebbe gradito le molto probabili “corna”.

Ciò, c’insegna una verità ineludibile: l’Uomo scarface, un po’ bastardo e villanello col “vino” in mano (o, tra le mutande), è sempre stato più “sensuale”, dunque di “maggior attrattiva”, dell’intellettuale troppo “rosato“. Ancor più umiliato e “menomato” se con gli occhiali…
Perché la Donna arrossisce, sì, ma poi ama la “soddisfazione” a luci rosse. Col maschio che “spinge”.

Woody, al contempo, sempre parco della sua vita privata, poco mondano, ma “imbananato” porcellin “elegantissimo” nei suoi alter Ego “maniaci”, è una celebrity “depressa” che non fa una “piega”. Il Kenneth Branagh come (non) l’abbiamo mai visto, il vero Amleto che Emma Thompson “castrò”.
Il non essere del suo vorrei “spossarti” ma mi “spompi”, non posso. Dunque, non sarò. Mai.

Nonostante l’indole calma di Woody, credo che, un incontro a Manhattan con Diane, si tramuterebbe in offese, schiaffi, e pugni da ring-hianti entrambi “rosicanti” delle avventurelle altrui. A prescindere…

5) L’ultimo, vero capolavoro di Allen è Pallottole su Broadway.
La parte di Chazz Palminteri fu proposta a Robert De Niro, ma stava girando ancora nel Bronx…
La suddetta, non è la classica “freddura” alla Allen, ma una spiazzante, “sconcertante” verità.
I cas(ch)i della vita…

Come ha fatto, Palminteri a ottenere il ruolo? Anche Woody, di raccomandazioni, fu “mafioso” nel ne(r)o, e Chazz un mariuolo…

Al che, medito su varie “disgrazie” che mi (s)occorsero.
“Ne” vidi di “cotte” & di “crude”, ma son malato di vita, e non malaticcio.
Sì, quando bevo troppo, son alticcio, e capriccioso, ma amo una Donna nuda sdraiata nel Colosseo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Manhattan (1979)
    In realtà, è un remake “plagiatissimo” di Via col vento.
    Con piccole varianti, variazioni d’umore e “Tempo” variabile, forse nuvoloso o “annuvolato?”. Domani, hanno previsto il sereno…Però, il tramonto non spera, è un fermoimmagine in bianco e nero.
    Qualcosa si muoverà, sulla panchina? O sulla “banchina?”.
  2.  Un’altra donna (1989)
    Una “malata” si cura ascoltando un’altra “malata” adiacente. Mah, non capisco. L’altra, rimane “matta” e ha pagato un sacco di soldi allo psicologo, e l’altra, invece, s’è intascata la “cura?”.Invero, entrambe si “salvano”.
    Sì, il problema era uno solo: erano delle lesbiche che non avevano mai incontrato Woody Allen.L’altra metà del Cielo.

    Vedi, delle volte…?

  3. Over the Top (1987)
    In realtà, è un film con Stallone, ma è anche alleniano.Un Uomo, può “spaccarlo” a tutti, ma si “rifugia” nel camion, “sfigandosi” da solo.
    Al che, gli girano e, anziché, girare Midnight in Paris, rompe il braccio a Bull Harley. La magia del Cinema…

 

 

 

 

I film della Mezzanotte


08 Feb

 

Con questo post, inauguriamo una nuova “sezione”, i film della Mezzanotte, forse.. & dintorni o in essa “in-torniti”.

 

Lancette incardinate in una Mezzanotte lievissima ma incatenata a fantasmatiche, fugaci carrozze d’insipida evanescenza

 

Si stampiglian e “stappan” turisticamente cartoline parigine per uno spettatore inebetito del fascino senz’età d’una città eiffeleggiante delle nostre proiezioni elefantiache.

Scatti inturgiditi di cristallina porpora addolcite da un “dolce” glamour che c’“invereconda” d’irritazione, per com’è inedia d’iridi smaltate nella leccata furbizia ammiccante a chi n’è già in suo tepore, “seralmente” moribondo del vaneggiar fra divanetti di poltroncine ove aleggiare sull’aria, col darsi “arie”, condizionata e una che ti scodinzola di labbra turgidine-umide, arrossite-commosse di rossetto negli slavati primi rintocchi del suo rimmel inebriato, dal sussurrio melodicamente smielato per romanticherie in svenevoli sbaciucchi, un fotogramma “immobile” e un’altra sbirciatina alle monumentali grazie di zuccheroso “occhiolineggiarci”.

Quasi m’addormo ma la candida levigatezza del mio peperin diavoletto, di zolfi sempre desti, si (s)grida per l’immanenza folgore del platino ormonale erettissimo a una smaliziata cerbiatta dalle gambe in ogni mansuetudine che si spelli di sano orgoglio virile, Rachel McAdams, Donna svettante sugli zenith di coloro anche poco spiccati, bocciolo che sboccia floridissima in abiti che non son succinti ma la cingon aderentissima alle “atrocità” del mio desiderio.

Ché, d’innaffiar il mio Sguardo, della sua cremosa meraviglia, non m’asterrei neppur se davvero apparisse il vero Woody Allen, qui “sostituito” da un basta che funzioni ringiovanito, Owen Wilson. Di stessa movenza balbettante e timida palpabilità di puntual piglio nevrotico.

Un po’ di noia si spalma nei nostri neuroni, la cui tempra è solo irrobustita dall’intemperanza che “soffia” per la velata Rachel, di chioma già intrecciata al nostro “cioccolatinar” con Lei nella rosa icara delle fantasie proibite d’illecito Cairo, ché c’auguriam s’“incar-i-ni” ancora durante il film per “biondezze” recettive.

Ma presto se la squaglia, e Owen s’inabissa in un esoterismo del suo tutto ciò che ho sempre sognato ma non ho mai osato “credere”.

Come per incanto scompare, e dunque si sveglia nella… e dintorni, d’onirismo adornata, degli anni 20, prima con Fitzgerald ed Hemingway e poi, nelle altre notti, a smacchiar la sua “insoddisfazione” esistenziale in “combriccole” che ne “bracconeggian” l’umor calante. La Luna… tramontante. A “tramortirlo” in Morfeo.

Il Dalì d’Adrien Brody, cameo declamatorio del suo “rinocerontarla” per surrealismi “animaleschi” a sberla di “burle” con  Luis Buñuel, e una delicata storia d’amore con un’altra “smarrita”, amante del Tempo che non c’è, belle époque di libertine svagatezze ove si sarebbe “dissipata” con meno indagatorie “oculatezze” per la sua perlacea anima e di chi se ne infatua.

A cristallizzar il destino d’eterei, fiammeggianti moulin rouge.

Di sulfurea sua trasparenza, il film s’“enigma” poco, tra battute di programmatico suo bofonchiarle e un Wilson che passeggia ai bordi della Senna, nel sorseggiare aromi malinconici d’un impensierito “esserla” sfuggita.

Addii frettolosi e qualche brillantezza forse senza effervescenze, mentre Manhattan s’issa di suo rammemorarla quando fu davvero, sebben più plumbea, migliore.

E un altro incontro delizioso, appena sfiorato, s’“inoltra” sotto la pioggia.

La delizia non è sempre un complimento.

A volte s’“allenizza” troppo, allenata dal déjà vu francese.

E ora, lo so, mi getterete addosso ortaggi maleodoranti, ma non recedo da quest’ “assurda” convinzione, Capodanno a New York è un film meraviglioso.

In tempi ove, appunto, il cinismo impazza, come abbiamo avuto modo di constatare (leggere sopra il nostro “Polanskiello”), questa “ventata” freschissima di “miele” è un toccasana.

No, non c’è proprio nulla da ridere. La pellicola dell’ottantenne Marshall è stata distrutta pressoché dalla “critica” mondiale e non è neanche andata così bene al botteghino, per un pubblico “natalizio” che pare stanco di “commediole dolcine” e ha disertato quasi in massa, proprio la “massa”. Dunque, qualcosa non torna. Non è un “cinepanettone” e neppure un film “sofisticato”. E allora cos’è? Un UFO che io, e il nostro Simone Emiliani (grande estimatore di quest’opera), abbiamo avvistato nella cecità superficiale e proprio “platinata”.

 

No, non scherzerò affatto su questa strabiliante favola sentimentale di Garry Marshall e, sebben, arcigni, m’ammutinerete con dosi ciniche, fetide di “realtà”  affinché, castrato, io non mi glassi di “pestilenziali zuccherosità”, ma soffra in film “pentecostali”, sarò qui, “impenitente”, a soffiar come tramonti ambrati d’ariosa sensibilità, “malia” del mio charming come un Principe Azzurro in una magica Notte di battiti lievitati nell’amore, nella sua perseveranza e nella sua “illusoria”, febbril attesa spasmodica

 

Poesie nel vento di quella fatalità fatata di nome serendipity

 

Sognante vividezza della floridità

Svelato, d’ogni timidezza a cui fui avvinto, o affumicato dentro asfittiche pareti dalle lagrime quasi bavose, a rapirmi dentro incenerite palpebre che miagolavan pallide al crespo baluginar d’ogni Giorno.

Acrimonie, fratricidi scambi di “cortesia”, bacetti tanto gentili da bruciar di secchezza, d’un claustrofobico, tetro pragmatismo retorico avvezzo alle burle, per schernirci quando si è ilari, o solo nauseabondo, pastoso burro, e ferali se poi infierirai di troppe “amorosità indagatorie”.

È all’indaco, alla tenerezza romantica a cui ci tingiamo per non eclissare, fantasmi, tra le grida di chi, luciferinamente, le ovatterà solo per inteporirle d’una dolciastra patina d’ipocrisia brutale.

 

 

E, come De Niro, lo “stronzo” dal Cuore di marzapane, con la “papalina” dei miei ricordi, sogno d’ansimar per gli ansiti luccicosi d’una sferica palla a Times Square, cristallo delle nostre illusioni-meteora.

Ombra funerea, già appannata, che vien come “folgorata” in viso quando essa s’ “infuoca”, e acceca una dolce morte illanguorita nella frenesia di carnevaleschi festeggiamenti dal rosato, incantato profumo.

Veneri bionde, accoccolate a fidanzatini stizzosi, e intellettuali che si disarman in gioie che dimentican il “patetismo” nel leggiadro corteo che colora ogni dubbio d’un inestinguibile attimo da incorniciar nella viva trasparenza d’iridi-brillantina.

La vita, su dai, è rotear stellari nel mar delle effimere speranze, e nuovi baluardi a cui ancorar, fra dolori e gaudi, la giostra che gira.

È “enigmarci” nel dubbio o esser, ingannatoriamente, divorati da incandescenze che lacerano ogni nostra, sin troppo pacata, flemma. O come, per qualche timore in più, ci “placammo”.

Son i fluorescenti bagliori di torpori che si dissolvon mansueti, l’amicizia, anche nelle sue grigie nervature, la fulva sua femminilità purissima anche se è puttana.

I luccichii glamour di vite che schioccano, spumeggianti di virtù o in un altro rapimento alla propria anima.

È il Tempo, imprigionato in una Mezzanotte dei desideri, che zampilla di champagne “smaglianti”, è come Hollywood nel suo variopinto circo di saggi veterani, “dimenticabili” apparizioni, “maghi in smoking di fresco sex appeal” e nascenti astri per nuove, magnifiche, meravigliose astrattezze.

Sì, bistrattato da una noiosissima “mole critica” per chi imbastirà la battuta più acida a demolirlo.

La più “genial” intuizione della parola “stampata” che mai si stappa nell’evasione, forse “futile” e “dissipatoria” ma di “profumosità” aromaticissima, “romanticheria” d’ingredienti “miscellaneati” con garbo maturo e spruzzi piccanti, come la peperina Sofia Vergara o il “sandwich” Josh Duhamel.

Il discorso, d’autentica commozione di Hilary Swank, e il re dell’elettricità Hector Elizondo, il riparatore d’ogni guasto, Egli stesso interruttore per riaccender speranze affievolite, “lampadine spente”, macchinista o Dio che viene dalla macchina?

Questo Marshall, non son l’unico a pensarla così né è una posa provocatoria, lo stesso nostro Simone Emiliani, l’ha definito “straordinario, forse la sua opera migliore da Paura d’amare”, è “confezione” in apparenza inconsistente, invece d’una esperienza registica che sa “formular” ogni storia da “cremoso”, insuperabile veterano, sa allestirla anche dietro un sorriso o una ruga “smaltita” o unghie laccate, orchestra questa ensemble comedy con la finezza di chi sa che, la frettolosa, superficiale, inappropriata definizione di “cinepanettone”, è un’usanza di chi abusa del “lessico” cinematografico per “telegiornalarlo” in una sbrigativa recensioncina.

Perché, negli sguardi cerbiatti fra Ashton Kutcher e Lea Michele, nei giochetti a distanza fra il grande Bon Jovi e la “tremolante platinatura” disillusa di Katherine Heigl, nel “pattinarla” fra il “Cupido” Zac Efron e la sempre più sbalordita Michelle Pfeiffer, c’è la chimica d’un grande regista che sa come suonar la melodiosa tastiera del Sogno, nelle levigatezze “gelatinose” di storie, in apparenza frivole e “banali”.

Il classico, classicissimo, sì, Marshall lo è, gran bel film.

 

(Stefano Falotico)

 

 

 

 

 

Lunare lucentezza, magica fulgidità o fluidità sognante, d’argentato metacinema d’una perlacea “pariginità

Fragranze. S’odon nei gemiti crepuscolari di notti intrise di svagatezze già morbose.
Nei respiri incantatori delle fluorescenze, ch’echeggian a evocar cardiaci liquori d’adamantini ardori.
Nell’assopita nostra “tenebra”, nostre flessuose librazioni d’evanescenza sempre sulfurea ch’orbita “craterica” d’emozioni dalla vaghezza ondivaga, nostro Sguardo di carezzevol liturgia, lisergica, d’inquietudini dalle oscillazioni nerviche.

Melanconia

Un tuffo indietro…

Travis Bickle, vampiro di sonnolente ferocia dall’agguerrita astrazione nella soffusa sua sanguinolenza che urlerà catartica.
Invisibilità, della sua stessa smembrata ombra nella sua mente di “meteoroastronomica”, ma straniera, costellazione metafisica di nervica, agonica perdizione d’una fioca m’abrasiva dissolvenza, enigmatico fantasma che corruga le raggrinzite sue anime nei demoni di riflettenze o d’una cupa messianità di torve (ri)flessioni. Tiepidezze nelle fugacità d’insonne nottambulismo, d’ectoplasmatici asfalti di nostri, tortuosi destini d’abissal plenilunio “nero”.

Cristalli liquidi di pura levità, “acquatica”, nella tonica morbidezza di magnifici fasti sfarzosi, nell’aurea ipnosi di diafana, immacolata ascendenza eterica.
E in essa, ancor, immersa di magma.

I sogni… impalpabilità di voli nel vento, amniotico delirio di sfolgorii dalle fiammeggianti scintille.

Questo è il Cinema, “ispezione” della nostra stessa indagine di meandrica luminescenza nelle reminiscenze.
Di quando, il primo screpolio “addolcì” di furenza proprio altre luminosità, per “svezzarci” moribondi dall’idillica, infantile dormienza, a innocenze già foderate nel Mondo, in questa prigionia, però dorata, di fascinosa licantropia.

Guaine di pelli già martiri, nostre salvazioni senza desideri di redentoria “quiete”.

Martin attinge a se stesso, il suo Canto è vaporosa sinergia di tante sue memorie (auto)biografiche. Del suo Cuore, per com’è favolosa Luce, o nitidi barlumi di sue stesse “oscurità serali” della sua stessa inventiva in questa (re)invenzione della vita. Di sue mnemoniche, libere “allucinazioni”.
Incandescenza dei nostri occhi, nelle diaframmatiche, “esangui” palpebre che s’accecan, sfavillanti, di pindarica Bellezza. Quasi acrobazie, dal nostro primo, silenzioso respiro al torbido poi “svanirci” d’eclissi tenui, poi dentro, vorticose, inafferrabili “repentinità”-serpentine d’ematica limpidezza di nostra quasi ventricolar veggenza dai docili turgori delle vene.

Zoom “innevato” d’un “pallido” Inverno, d’ambrate già meraviglie nelle incatenate telepatie struggenti d’“acustica” cinefilia

Pressapoco, verso la fine della scorsa decade, svenevolmente abbacinata di nuove modernità “millenaristiche”, in un pomeriggio orfano, o forse “orafo”, della mia anonimia di già plumbee vaghezze “omonime”, mi rasserenerai nella lettura d’un futuristico onirismo di là a venire, già di sgorganti, melodici deliqui.

Alla libreria Feltrinelli, acquistai infatti, quasi “in camuffa”, “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret”, libro scritto e illustrato di Brian Selznick, Medaglia Caldecott 2008.
Incuriosito che, questa “lettura per bambini”, fosse stata opzionata con tanta “autorialità” come fonte ispirativa della prossima, annunciata opera di Scorsese.
Nello stupor d’un commesso “sospettoso” che mi “malocchieggiò” con civetteria “affettuosa”.
Forse Sacha Baron Cohen…

La Luna, le luci di una città, una stazione affollata, due occhi spaventati. Le immagini a carboncino scorrono come in un cinema di carta fino a inquadrare il volto di Hugo Cabret, l’orfano che vive nella stazione di Parigi. Nel suo nascondiglio segreto, Hugo coltiva il sogno di diventare un grande illusionista e di portare a termine una missione: riparare l’automa prodigioso che il padre gli ha lasciato prima di morire. Ma, sorpreso a rubare nella bottega di un giocattolaio, Hugo si imbatterà in Isabelle, una ragazza che lo aiuterà a risolvere un affascinante mistero in cui identità segrete verranno svelate e un grande, dimenticato maestro del cinema tornerà in vita. Tra romanzo, cinema e graphic novel, un libro in cui le parole illustrano le immagini.

Queste le testuali parole della quarta di copertina della versione “tradotta” in italiano, per la Mondadori.

Oggi, questo “piccolo” gioiello è un capolavoro, ancor più abbellito d’una “esornazione” di ben 11 nomination agli Oscar.
Nella “stilografica” della trasposizione sceneggiata da John Logan, e nella maestria stilistica di uno dei più grandi registi viventi, qui nella sua magniloquenza più elegantemente “simbiotica” e “appariscente” di dichiarata, “epistolare”, visionaria tatuazione alla Settima Arte.

Cos’è il Mondo, o come c’appare? Nitore che, saltuario, rifulgerà di nostra ludica euforia disciolta.
Nerezza già incupita, che ci mormora di lagrime che, poche volte, danzeran azzurre, raggelate da “grigiezze” nebbiose scremate in turbinii dai foschi veli.

In questo caos, altezzoso e cinico, macchinosità forse solo d’ingranaggi arrugginiti o rotti, c’arricchiamo, e c’arricciamo “intimistici” dentro illusori rifugi, per non “incanutirci”, ma ardendoci per scolpir sempre l’anima, ché si libri briosa.
Per “nevosità” che si scaldino d’una cadenza che s’accalori al gaudio armonioso del sangue.
Per viverla nei sogni, fuoco sacro dell’anima.

“Faro” su Parigi, “orologeria” dei nostri giocattoli, e occhi ammiccanti d’un sorriso prima di  canagliesca impasse e poi da impacciato sorriso “pagliaccio”.

Film che innalza l’estasi della vita e, per non renderci smemorati, ricorda anche la morte e i suoi dolori, come quella, quasi fuori scena, “sfiammata” di Jude Law, il padre di Hugo, Cinema che, poderoso, s’imprime anche per turgidezze sfocate, come nella rochezza alcolizzata di Ray Winstone, l’“ubriacone” zio Claude, per il profumo “polveroso” dello scibile, fulgore  mai a incenerirla, dai contorni suadenti incorniciati nella vivacità eterna di colui che incarna in sé, quasi “fantasmatico”, gli scrigni dell’aromatico sapor antico per la conoscenza, immortalato poeticamente nell’arcana sapienza d’una biblioteca vivente che ha, proprio appunto, le sembianze mistiche d’uno ieratico, ammaliante “spettro”, Christopher Lee, Monsieur Labisse.

Negli occhi neri ma trasparenti, “addolorati” ma “screpolati” di sublime cangevolezza immaginifica di Ben Kingsley, Georges Méliès, e nell’espressività iridescente d’un “folletto” celeste, Asa Butterfield, il “signor” Hugo… Hugo Cabret.

Esco dalla sala, ancor frastornato d’intattezza ammaliata in questo maliardo rapimento, però “impalpabile”, leggera come l’ebbrezza, di tale memorabile, superba avvenenza.
Avvenenza ch’è incanto soave.

Uomini, nel vento.
Osservo un bambino con occhi pieni di gioia, che già si commuove perché, anche lui, vuol vivere una straordinaria, fantastica avventura in 3D.
E, quel gusto dei suoi occhi, so che non s’è, e non l’ho, perduto.

Come Hugo.
Come Martin Scorsese.

(Stefano Falotico)

 

 

Mezzanotte… intorno, con Woody, anche il “wurstel”


30 Nov

 

Sta per debuttare, anche in Italia, l’acclamato Midnight in Paris, nuovo capodopera di Woody Allen che, secondo molti, ha riportato in auge questo “decano”  sublime della Settima Arte che, recentemente, aveva “sublimato” troppo perfino se stesso, tanto da farsi mangiare da autocitazioni sterili.

Un Woody che s’era un po’ appannato e ora, invece, “liquoreggia”, a quanto pare, di gran (ar)dire.

Come un Tempo.

Ho allestito questo video per voi. A ricordarvi che, la vita, è anche giocoso “alcolismo” delle euforie erotiche.

 

 

Firmato il Genius

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)