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UNA STORIA VERA (The Straight Story) – Vi presento un grande Genius(pop): cioè DAVID LYNCH? No, un ratto agonadico originario di Pomarico


24 Jun

20220624_172613Ora, non so se coglierete tutte le eccitazioni che (non) provoco? No, ogni cinefila citazione, miei cani e uomini cinofili, oramai da bocciofila. Mi riferisco, a un certo punto del seguente filmato mostratovi, ovviamente da me realizzato à la Falò delirante in adamantino stile lynchiano, al cosiddetto uomo misterioso di Strade perdute (Lost Highway)? No, a Shelley Duvall del Popeye di Robert Attman con Robin Williams. Sì, miei nani da Twin Peaks e da pessime, italiote, scontate e volgari battute alla Massimo Boldi. Eh già, uomini monchi che fraintendeste anche la famosa sigla di Mork & Mindy. Sì, quella che faceva: nano nano, la mia mano!

Forse, non sapete neppure che il compianto David Bowie, amico di Lynch, era amante di Lucio Battisti. Anzi, specifico meglio. Nutriva una sconfinata ammirazione per il deceduto, appena succitato nostrano cantante. Informatevi e scoprirete, poveri ignoranti, che non mento. Voi, invece, mi foste mentitori, oltre che schifosi e criminosi traditori vergognosi. Vi perdono e vi sarò mentore, io tutto rammento e ogni vostra top(p)a rammendo. Non siete stanchi di commentare quel pazzo che, frusciante nelle sue frustrazioni da ratto del serraglio, non esce mai da una personale Videodrome alla Cronenberg dei poveri e da due vongole livornesi + caciucco, no, più ciuco d’un mulo di Pomarico, ed è soffocato, giocoforza, nel suo pensiero confinato più di un cinghiale nella riserva degli ungulati, accontentando una plebaglia di frustrati, inappagati e disadattati nerd col ciuccio in bocca e facendo (s)contenti vecchietti passatisti, tristemente nostalgici oramai dappertutto impotenti e andati, non solo nel cervello, miserabilmente? Ora, se volete vedere Shery Lee, alias Laura Palmer, ignuda, guardate Vampires del Carpenter e quasi tutti i suoi film dell’ano, no, degli anni novanta, come attrice. Eh eh. Se volete vedere Sherilyn Fenn scoperta, noleggiate Boxing Helena. Ve lo indurirà, indurrà a togliervi i boxer e a smanettar’. Se invece volete vedere Il silenzio degli innocenti, no, Il silenzio dei prosciutti, no, un altro film con Julian Sands e Joanna Pacula, visionate La villa del venerdì. Se pensate che la regista di Boxing Helena sia la figlia di Lynch, avete ragione. Se pensate che la donna ignuda, a prescindere da Sherilyn Fenn (ex di Johnny Depp), che lo riceve in quel posto da Sands, si chiama/i Nicolette Scorsese, avete ragione. Ma avete torto se credete che sia figlia del regista di Toro scatenato. Cioè Martin, il quale, è da Circolo Arci come voi, no, arcinoto che stava con Isabella Rossellini. La quale, poi, lo lasciò per David Bowie, no, per Lynch, girando Velluto Blu. Dunque, poveri idioti, prima di attaccare senza motivo un “demente” come me, c’avrei pensato su due volte.  Così come dicono in meridione: vi auguro tante belle coooseee. Anzi, vi lascio con un piccolo quiz, nanetti e inetti. Per molti anni, Mulholland Drive fu reputato (chissà da chi, poi) il film più bello del mondo, superando Quarto potere & La donna che visse due volte (Vertigo). Ora, per quanto io stesso reputi Lynch un genio assoluto, prima che al primo posto tornasse Vertigo, com’è stato possibile che, in vetta, stesse Strade perdute? Ah no, scusate, Mulholland Drive?

Mah, comunque si sa che io sono hitchcockiano, dunque adoro Brian De Palma e Femme Fatale.

P.S.: stando ai vostri bacati ragionamenti da ariani malati di mente, Al Pacino, avendo discendenti della Sicilia e non del Regno Unito, non sarebbe, assieme a Ian McKellen e Kenneth Branagh, il più grande attore scespiriano del mondo attualmente vivente dopo Laurence Olivier e lo stesso Welles. Capisco. Il vostro discorso non fa una grinza. Ho detto tutto, zoticoni. Anzi, no. Finisco ora davvero, dicendovi questa: non credete al fantomatico e fallimentare “metodo scientifico”. Dieci dei più quotati psichiatri di Bologna, dopo avermi affrontato, stanno ancora piangendo. Se volete che ogni Spider alla Cronenberg ritorni in sé, riportatelo a casa come la Palmer/Lee nel finale di Twin Peaks: Il ritorno.

This is a straight story. Ed è dunque inutile che i miei haters si scervellino a voler darsi una spiegazione logica di quanto accadutomi e, di conseguenza, di quanto successo alle loro poveri menti microscopiche. Non esiste. Loro non sono (d)io.

 

di Stefano Falotico

Straight Story poster

In un annus horribilis, funestato dal Covid, ci accingiamo alla prossima notte degli Oscar in religioso silenzio contro le scriteriate opinioni sballate di Mereghetti poco d’annata ed evviva ogni Spielberg di fantascienza rinnovata!


19 Apr

nomadland mcdormand

Che sia dannato o di migliore annata, l’importante è che il Cinema venga totalmente ripristinato ai suoi antichi fasti e ardori. Dunque, sta per ripartire la festa. A lei, signora della notte nera, non parte la Ford Fiesta? Io sono Arthur Fonzarelli, cioè Fonzie dei glory days di Bruce Springsteen. No, di Happy Days. Sono il Boss della canzone I’m on Fire. Le aggiusterò tutta la carrozzeria, smaltandogliela… Che sia il venturo 2022 un annus mirabilis da 2001 kubrickiano. Ah ah. Ah, mie uomini spregevoli e sprovveduti, ammalativi non di COVID-19, bensì della peggiore A.I.

Partiamo col pezzo da David Fincher, no, da David Foster Wallace italiano di falotica, astrusa e cervellotica scemenza cazzuta, spero, geniale o soltanto pedagoga, probabilmente educativa, dunque comparativamente simbiotica o solo sinonima, soltanto psichiatrica per diagnosticare ogni falsa intellighenzia da reparto pediatrico, cioè infantile e adatta a un mondo di deficienti che si credono adulti sapienti. Che tromboni deprimenti!

Eh sì, gran parte dei film candidati quest’anno agli Oscar non sono affatto piaciuti a Paolo Mereghetti, critico da “colonne portanti” della pagina Spettacoli del Corriere della Sera oramai da anni… irrecuperabile, no, volevo dire non ancora, pensa lui, pensionabile. Paolo è, a tutt’oggi, attendibile? Paolo, entrato da dritto o di diritto in tutti gli annuari ciclopici, no, enciclopedici della Critica recensoria dei film, no, nell’immaginario cinefilo collettivo soprattutto as Il Mereghetti, auto-sottotitolato(si) Dizionario dei Film. Che, a scadenze regolari, viene perennemente aggiornato e rivisto a mo’, forse, di Ciak la rivista generalista per eccellenza della nostra povera Italia popolaresca ove tutti si dilettano a essere tuttologi della min… ia, imparando bieche pappardelle a memoria estrapolate dalla terribile Wikipedia iper-qualunquista che è stata portatrice di danni disumani alla coscienza umana stessa non solo dello spirito critico dell’attuale Critica cinematografica, bensì della vita in generale. Parcellizzata, così facendo, da pseudo-caporali neo-laureati col Bignami che tengono molto in auge la falsa intellettuale Daria Bignardi.

La terribile, temibile, statene lontani, Wikipedia! Vade retro, Satana!

“Legalmente” letale per ogni tardo-adolescente e uomo ancora in fase puberale-adolescenziale auto-ingannevolmente persuasosi che basti enumerare ed elencare, un tanto al chilo, informazioni sterilmente nozionistiche assai superficiali per fare colpo su qualche ragazzina speciale che penderà dalle sue labbra fintamente ebbre e fameliche di scibile saccente più indigesto di un tiramisù mangiato assieme alla pancetta non di McDonald’s ma del suddetto panzerotto prematuramente sovrappeso, manco fosse un commendatore dalla panza piena, per l’appunto, della Destra più salviniana, ché s’atteggia da adulto in modo spaventosamente incosciente, sfoderando una classe (ig)nobile da pubescente amante della Scienza più falsamente acclarata sulla base precaria di conoscenze sommarie e assai provvisorie, improvvisate, più che altro da somaro incredibile.

Si crede dio ma non vi crede, contesta perfino Buddha, soffre di manie di onnipotenza da far paura all’anticristo e ragiona per stereotipie imbarazzanti e raccapriccianti, approntando tesi assurde da mettersi le mani nei capelli. Ha un diavolo per capello? Dinanzi a questo qua, un quaquaraquà, urliamo: oh, Signore, salvaci tu da costui, oh Gesù!

Egli cattura info filtrate e recepite unicamente in maniera mnemonica e assai stolta da demente sesquipedale ché crede, essendo un idiot savant impresentabile anche a Forrest Gump, di rappresentare invece l’esatto contrario, vale a dire il fenomeno “paranormale”. Egli s’interroga studiatamente, come no, sui fenomeni scientificamente irrazionali, dunque anormali. È un fenomeno anomalo o sol anonimo che, ahinoi, si sta espandendo a macchia d’olio.

Uomini di vera cultura, secondo voi, a quale generazionale fenomenologia possiamo accludere tale ragazzo inutile? Ah, quanta ignoranza abissale! Questo qui è inclassificabile ma tutto vuole catalogare e vivisezionare! Intanto, lei abbocca a tale semi uomo frequentante la rinomata Bocconi degli esaltati e stupida, no, rimane stupita dagli effetti speciali non della più avanguardistica CGI, bensì dell’androide bambolotto robotizzato dalle enciclopedie online scritte e redatte da androidi peggiori di lui. Lei perde cretinamente la testa per tale deep fake vivente in grado soltanto d’imbrodarsi e d’imbambolarla, recitando, a mo’ di Laurence Olivier de no’ a(l)tri, un numero d’informazioni impressionanti da lui diligentemente imparate, per l’appunto a memoria, più che altro appuntate, per fare bella figura dinanzi alla sua immagine allo specchio da Amleto della situazione ben conscio di non essere manco sanamente pazzo come il principe di Danimarca dell’omonimo capolavoro scespiriano. Egli è una tragedia incarnata davvero plateale. Platea, ridete, dai, su!

Sì, non è colto come Kenneth Branagh eppur dice di adorare Orson Welles, semplicemente perché non ha mai invero visto un suo film per intero ma, dinanzi alla sua immagine fessa, no, riflessa… nota che l’unica, incontrovertibile somiglianza immediatamente ravvisabile con Orson, eh già, è la misura extralarge non del cervello, bensì della taglia dei pantaloni da puro coglioncello cresciuto a meme, hotdog, la peggiore PlayStation e tante assortite, affini idiozie videoludiche tanto belle… Sì, egli è Cicciobello. Costui è una capra, un penoso cartone animato, un barboso e barbuto caprone dell’Argentario e confonde Luca Argentero con l’oro colato. Sì, su questo ha ragione, Argentero non è propriamente un attore molto dotato, no, dorato, gliene devo dare atto. Sebbene, debba io ammettere, altresì, che Argentero sia molto adorato. Da chi?

Stavolta, inconsapevolmente, confondendo gli asini dell’Argentario col pastore tedesco, mandriano della recitazione in cerca di pecorine, no, pecorelle smarrite, il ragazzo pecoreccio alla Ezio Greggio che denigra Dario Greggio in modo tristemente televisivo, essendo lui cresciuto con Striscia la notizia, colpì nel segno a mo’ di arciere di The Witcher. Ah, le ancelle amanti del pesce lesso Henry Cavill, il quale è più inespressivo del vero cacciatore di streghe del videogioco omonimo, sono sue fan accanite, dicasi anche frustrate mai viste che vedrei bene nel prossimo film di Robert Eggers, no, di Dario Argento. Nei panni delle donne educande, prede vulnerabili che manco un serial killer vorrebbe trombare, no, sgozzare perché poi Barbara d’Urso lo inviterebbe a qualche trasmissione ereditatale, ereditale se amate la scrittura aulica, ereditaria se credete che il DNA si trasmetta in base alla genetica dell’albero genealogico. Ah ah. Ereditale, non L’eredità, altra boiata bestiale. Ah, il nerd odierno altri non è che il ritratto terrificante del profilo psicologico di un omicida seriale di cazzate co(s)miche che non ebbe le palle, a differenza di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, di confrontarsi almeno con un’appassionata del Cinema di Jonathan Demme. La vera amante di Demme si può riconoscere immantinente con un facilissimo quesito. Le si pone, davanti agli occhi, la scritta stilizzata Philadelphia (qui, corsivizzata). Se, alla domanda, lei cosa vi vede?, vi risponderà Tom Hanks, è apposto. Se invece vi replicherà, a mo’ di replicante bellissima ma tontissima come Sean Young di Blade Runner, vi vedo una sottiletta Kraft, è adattissima per il tizio tozzissimo e “tostissimo” sopra (de)scrittovi. Costui confonde il logo di Batman di Tim Burton con le macchie di Rorschach. A proposito di Orson Welles e Burton, lui è il nuovo Ed Wood. Piaciuto l’ammiccamento cinefilo?

La personalità di questo qui è racchiudibile, se volessimo essere sbrigativi in modo empirico e direttamente proporzionale ai suoi giudizi banali e precipitosi, schematici e insostenibili, a quella d’un ragazzo impubere ed ebete che considera il Batman, con Robert Pattinson, un vero capolavoro. Il film non è ancora uscito ma lui è già addivenuto a tale conclusione apodittica perché è appassionato di Matt Reeves e pensa di essere un genio come Andy Serkis… In verità vi dico che non è Serkis/Cesare e neppure il King Kong di Peter Jackson. È Gollum!

Ma non perdiamoci col bamboccione-bambagione-“bonaccione” nient’affatto bonazzone. Egli non è Bonaccini, il governatore emiliano-romagnolo, neanche Sean Astin, inconfondibile hobbit. Ha degli hobbies?

Lui è Sean di Stranger Things.

Ma ora torniamo a Paolino Paperino, no, a Mereghetti e alle sue fenomenali papere incommensurabili. Il Mereghetti!

Esagerato tomo di matrice archivistica da esegeta della mutua o da recensore d’un vademecum indispensabile, di stellette indicative, per ogni giovane marmotta? No, per ogni ignaro della Settima Arte che a quest’ultima si volesse approcciare ed alfabetizzare a mo’ di Bob De Niro/Max Cady di Cape Fear. Il quale, dopo essersi “acculturato” con Max il leprotto, si laureò senz’attestato in Giurisprudenza da avvocato del suo povero diavolo leninista-stalinista un po’ sciroccatamente comunista e vendicativo-giustizialista contro un ipocrita da cui non fu doverosamente difeso ma malvisto, incarnato da Nick Nolte, un immenso bigotto fascista! Classico uomo piccolo borghese che riterrà le teorie di Mauro Biglino, da quest’ultimo emesse contro ogni cattolica messa e contro la Sacra Bibbia in modo giudicato blasfemo, eh sì, una bestemmia meritevole del suo moralismo anacronistico non aperto al revisionismo più possibilistico. Sì, Nick Nolte reputa Biglino un biblista, no, un ballista. Mereghetti, invece, non ama molto JFK di Oliver Stone, in quanto da lui reputato un film troppo retoricamente complottistico. Allo stesso tempo, però assegna quattro stellette a Una storia vera di David Lynch, ritenendolo una chandleriana poesia dolente della quotidianità più mansuetamente lirica. Mentre, all’identico Nomadland di Chloé Zhao dà un voto mediocre. Sostenendo pazzescamente che la regista, in modo troppo ricercatamente minimalista, pare essere più di Sinistra, no, preoccupata di riprendere un bel tramonto da Sol levante con in sottofondo la musica suggestiva di Ludovico Einaudi, maestro delle colonne sonore intimiste, anziché spiegarci il pietismo-patetismo ingiustificabile di una donna che, in fin dei conti, potrebbe superare il lutto incolmabile della tragica perdito del marito, andando a letto col personaggio interpretato da David Strathairn.  Sì, che riempisse la ferita dell’animo non cicatrizzabile (solo quella?), con una scopata indimenticabile! No, Frances non vuole cornificare suo marito, anche se lui è morto e sta lassù fra le stelle. Per addolcire il fegato amaro, forse mangerà un maritozzo.

E Mereghetti questo non lo capisce. Testardamente! Così come non capisce perché il Serpico di Sidney Lumet, alias Al Pacino, denunci i colleghi corrotti per rovinarsi la vita. Eh già. Aveva pure la biondona e un buono stipendio, suvvia, pirla! Bastava che si prezzolasse e non sarebbe finito “pateticamente” barbone.

Secondo il “metodo scientifico”-ermeneutico alla Umberto Eco, no in stile mereghettiano, perché Paolo, se la pensa in maniera così intransigente, assegna allora tre stellette a Gli invisibili con Richard Gere?

Paolo afferma perennemente che il grande Cinema debba evocare suggestioni suadenti senza la pretesa di voler insegnare alcunché a scopo pretenziosamente didattico, cioè deve raccontare una storia senza necessitare di scolastiche spiegazioni pallose. Mi spiego? Però non si spiega come mai Paolo veneri giustamente La morte corre sul fiume ma abbia ritenuto troppo ermetico Mank di Fincher. A tal proposito, Mereghetti asserisce altresì che non importa se la storia narrata in una pellicola sia romanzata o meno. Però, idolatra Rashomon e non concepisce, allo stesso tempo, perché mai il defunto padre di David Fincher, prima di morire, abbia voluto riscrivere la genesi di Quarto potere.

In verità vi dico che Mereghetti adora donne da Un uomo tranquillo di John Ford, da lui molto Joe D’amato, no, amato. Paolo si delizia con donne osé, no âgée, calme e sensibili, forse solo senili come Piera Detassis e dunque Paolo non può essere un John Lennon ante litteram con la Yoko Ono di turno. Secondo me, Paolo dovrebbe guardare qualche film con attrici da “Oscar” quali sono le asian girl(s) del Cinema ove si recò Travis Bickle di Taxi Driver, al fine coerentemente, mentalmente masturbatorio di stimolare le “palline vuote” che dà molto alla cazzo di cane, come si suol dire, ai film da lui stroncati e censurati, no, castrati, no, fottuti con disdoro da critico impeccabile pagato a peso d’oro. Scusate, si è fatto tardo e una tardona, no, tardi. Dopo aver rivisto Il processo ai Chicago 7, voglio guardare Borat 2.

Domanda per ogni Mereghetti in erba: Forrest Gump e John Lennon, i quali compaiono assieme in chissà quale film… di Robert Zemeckis, sono entrambi idioti o tutti e due sono dei geni inarrivabili? Geni inteso in senso metaforico e/o lato, non b. Insomma, sono geniali o, in base alla genetica di ciò che nasce dall’accoppiamento dei genitali dei genitori, sono nati male? Sono degli aborti? Imagine… cantò John. E certo… Utopia purissima. Se fosse ancora vivo, Lennon saprebbe spiegarmi come mai una donna stupenda va, per esempio, da un ragazzo down e lo tratta con compassione? Poi, mentre accavalla le gambone, gli porge un sorrisino delizioso e stronzissimo, dicendogli: – Sei un bel ragazzo, ce la farai, dai. In bocca a lupo, bello guaglione.

Quindi lo saluta da volpona, forse da lupona, sposando il ricco rincoglionito Mick Jagger. Tanto privatamente la dà a un toy boy da Madonna-Ciccone. Sì, in effetti John Lennon era un genio. Non aveva capito un cazzo della vita, vero? Sì, era un simpatico idiota. Ovviamente… Mentre il personaggio della McDormand di Nomadland, secondo Mereghetti, è una vecchietta maschilista in menopausa, no, una femmina dai tratti mascolini, altresì machista con Maciste, no, masochista che potrebbe tranquillamente godersela perché è inutile, a suo avviso, penarsi e piangersi addosso, volendolo prendere in culo ingiustificatamente e inconsolabilmente a raffica.

Mereghetti è uguale a John Lennon o a Forrest Gump? Su questa domanda da futuri premi Oscar, no, Pulitzer o Nobel, vi lascio segarvi di elucubrazioni affinché possiate fornirmi una risposta da intelligentoni oppure da coglioni? Comunque, in passato disprezzai Tom Cruise. Penso che Tom sia Jerry, no John Lennon. Disse che gli psicofarmaci non servono a nulla, sono soltanto un palliativo e un alibi artificiale per non ammettere di non farcela in questa vita che è durissima. Sì, il mondo è duro come qualcosa in mezzo alle gambe davanti a Nicole Kidman tutta ignuda. Ecco perché Tom è the man, è Tom Cruise, sì. Perché è un grande attore. E spinge di burro, no, di brutto. A Tom Cruise non interessava essere Stanley Kubrick. Ma, sul set di Eyes Wide Shut, si alzava alle tre del mattino e, se Nicole di bagnava, no, se lui sbavava, no, se sbagliava la scema, no, la scena, la rifaceva altre mille volte sino alla mezzanotte. Perché era ed è il suo lavoro essere Tom Cruise. Non voleva e non vuole essere Albert Einstein o Freud. Infatti, Tom è un genius. Einstein o Freud erano due imbecilli peraltro anche molto esteticamente e fisicamente cessi. Il primo elaborò la teoria della relatività. È per colpa, infatti, di Einstein se ci siamo sorbiti quella puttanata galattica di Interstellar. Nel 2021, la verità è che siamo ancora coi piedi per terra. Altro che odissee nello spazio. La gente vorrebbe andarsene da questo pianeta di morti di fame e baldracche ma non può raggiungere una galassia lontana. Cosicché, prende la vita a culo, osservando il fondoschiena di una donna astrofisica? No, super figa dal cognome Galassi. Mica la compianta Margherita Hack! Allora, si spara i film e, per non spararsi in testa, va a farsi curare, più che altro inc… are da psicologi freudiani. Che li psicanalizzano da porcelli anali, no, rifilando loro parcelle esosissime mentre imboccano l’infermiera di Arancia meccanica. Di mio, mentre i miei coetanei sono invecchiati in quanto “arrivati” chissà dove, grazie alla mia “pazzia” equilibrata, sono ritornato bello come Tom Cruise? No, come Cooper. Cooper, chi? Gary o McConaughey della stronzata spaziale di Nolan succitata? Io sono l’agente Cooper di Twin Peaks. Sapevate che sarei tornato. La vostra scienza come se lo spiega? Mereghetti, invece, darà finalmente, prima o poi, quattro stellette dell’Orsa Maggiore a Figli di un dio minore?

Ora, se vogliamo scherzare, diciamo pure che sono un bambinone. Se vogliamo parlare seriamente, sono di un altro Pianeta e su questo non ci piove. Dunque, attaccatemi e deridetemi ma arriverà La guerra dei mondi. Arriverà il dolore! Evviva la fantasia più limpida e linda, evviva Steven Spielberg e il suo Cinema “infantile!”. Perché solo chi resta Peter Pan può amare alla follia la vita e il Cinema!

hook robin williams

A tutti gli altri, lasciamo il loro cinismo da vecchiacci, da ritardati, da gente che abbisogna di diagnosi e speculazioni deduttive per non rendersi conto di essere il nulla. Essi vivono o essi sono un immane buco nero? Ricordate: il buco va riempito! Ah ah.

Stephen Hawking non poté, io sì.

 

di Stefano Falotico

Chloé Zhao, è nata una grande regista – NOMADLAND: un film che mi ha scioccato, immensamente doloroso e al contempo soave, il grande Cinema distruggerà ogni tempesta pandemica, ogni turbinio traumatico


20 Jan
Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Prefazione acrimoniosa verso i lockdown morbosi

Ho assegnato quattro stellette su 5 a Nomadland. Ma mi sono mantenuto cauto. In attesa di dargliene sei. Ah ah.

Film magnifico, uno dei pochi, veri capolavori da me visti recentemente. Anche perché il 2020 è stato funestato da qualcosa di terribile che c’ha schienato, schiantato, lasciandoci tumefatti e disossati, spellati nell’animo e infreddoliti.

Giunse infatti dal cielo, forse dal laboratorio di qualche cinese scienziato pazzo, un virus influenzale assai sottovalutato. Dicesi, fantozzianamente, no, dicasi Covid-19.

Morbo virale che contagia anche di depressione abissale, svuotandoci dentro e imprigionandoci in quarantene uguali agli arresti domiciliari. Opprimendoci in casa ad allietare la melanconia, si fa per dire, più che altro ad allentare la noia esistenziale, imbrigliandoci nell’oramai fievole speranza che qualcosa cambi. Quando si suol dire, ah, c’auguriamo che a ciel sereno un fulmine ci miracoli e folgori… chi sbagliò a non chiudere la Lombardia e tutti i fronti. Poche frottole. A frotte siamo segregati. Sudiamo freddo di fronte rugosa, sdrammatizzando a mo’ di Non ci resta che piangere, ambientato nell’immaginaria Frittole.

Nel frattempo, rannicchiati e ibernati nelle nostre case, patendo un freddo polare da eschimesi negli iglù, altri bocconi amari mandiamo giù e la vita non va up. Però, lecchiamo un dolce tiramisù.

Molte donne, sull’orlo dell’assideramento, azionano il riscaldamento… del marito e “aspirano” calorosamente qualcosa di più duro d’un ghiacciolo fortemente “resiliente” d’un mondo intirizzito, oserei dire stizzito, insomma incazzato.

I ristoratori stanno morendo di fame poiché non hanno più i soldi per comprare il cibo da dare ai figli, non quello dai loro cuochi cucinato alla gente oramai ridotta come una pera cotta. Sì, scioperano al contrario. Cioè fanno i cremini, no, i crumiri e si ribellano non al padrone, bensì allo Stato che ha tolto il lavoro anche ai mega-direttori galattici coi super attici.

Al che, mentre io sono impossibilitato a incontrare la mia lei poiché abita fuori regione e non siamo ufficialmente conviventi, canto l’intramontabile Clandestino di Manu Chao ma ugualmente patisco dei momenti di frustrazione incredibile. E, con enorme “decoro” da John Travolta di Pulp Fiction, vado di là e… avete capito.

Anche perché la mia lei è più bella di Uma Thurman e dunque, uomini, come potete biasimarmi? Quando ho terminato di darmi da fare, leggo un fumetto nell’attesa che Bruce Willis mi ammazzi. Forse, Bruce Venture, pornoattore che non vale un cavolo…

Comunque sia, sono Die Hard. Anzi, Willis di 58 minuti per morire. Fuori si gela, c’è il Coronavirus e, qui a Bologna, sembra inoltre di stare in Fog di Carpenter. Raggomitolati nelle nostre trappole di cristallo…

Accoccolati e accovacciati nel tepore delle nostre nostalgie mai sopite.

La nebbia agli irti colli (bolognesi da Cesare Cremonini?) piovigginando sale…

Ah, vita mia salita, ancora salata. Addolcita, rabbonita, riassestata dopo tanti tormenti e spiacevoli, burrascose tormente. Dopo mille afflizioni, è ora giunta per me la definitiva resurrezione, la beltà dell’infinita, immacolata illuminazione.

Cosicché, fra un’amarezza zuccherata con della Nutella in mancanza del cioccolato della mia bella, fra un gelato all’amarena e un’emotiva, glaciale marea, mangio pure un cornetto, sperando che lei, lontana, non mi renda cornuto. Spingo quindi di streaming e mi pappo Nomadland.

Mica un polpettone. Comunque, i polpettoni di mia madre, fidatevi, sono più buoni de Il paziente inglese.

Kristin Scott Thomas di questo film perse contro Frances McDormand di Fargo.

E fu premiata da Nicolas Cage di Arizona Junior. Grande Frances! Da non confondere con Coppola Francis… Ford, zio di Nicholas Kim Coppola…nomadland poster

NOMADLAND, a proposito di Quarto potere e Mank, è questo il film che vincerà tutti gli Oscar possibili e immaginabili!

Questo film mi ha distrutto, sì, Nomadland.

Da tempo, forse dai tempi di Cuore selvaggio, no, di Una storia vera di David Lynch, non piangevo alla fine d’un film.

Durante la giornata, invece, piango sempre come Bob Wells di tale capolavoro inaudito di Chloé Zhao.

Sì, il mio dolore è immane. Sognai di essere Nicolas Cage ma, mi spiace per lui, la mia bella è più bella della sua ex Patricia Arquette. Eh eh.

Sì, possiedo una fortissima ironia cinica da fratelli Coen. Uno dei due sta con Frances. L’altro con chi sta? Con nessuna? Però scrive e dirige i film col fratello. Che gli vuole bene.

Sì, Ethan Coen è come il fratello di Christopher Nolan. Uno incassa, cioè quest’ultimo, l’altro si fa il culo ma non si fa nemmeno la McDormand.

Ora, Frances è bruttina. Anche se, ai tempi di Fargo, l’avrei riscaldata dalla sua neve. Ammantandola di delicate carezze, amandola anche in modo turbinoso e nevoso, no, nervoso, focoso. Donna deliziosa, donna che sa rendere un uomo qualcosa di emozionante come Nomadland, film davvero eccezionale. Poche palle… di Natale.

Film intimista, film neo-realista, pubblicato dalla Rizzoli, no, con una locandina da Adelphi e musica di Ludovico Einaudi. Un film meraviglioso.

Che ve lo dico a fare?

Date questo terzo Oscar alla McDormand.

Anche se Vanessa Kirby di Pieces of a Woman non scherza.

Sì, la Kirby è mille volte più bona di Frances. Ma Frances è l’attrice par excellence.

Donna che lavorò con Bob De Niro in City by the Sea, film nel quale interpretò l’amante di Robert. Il quale stava per perdere suo figlio.

In Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Frances perde chi? L’avete visto? Me, invece, mi vedeste. Ove di vista mi perdeste?

In Nomadland, è vedova.

Perde anche il lavoro di Amazon ma è grintosa e volitiva come un’amazzone.

Recita una poesia da pelle d’oca a un ragazzo rimasto solo e ascolta, commossa, il racconto di Bob Wells.

Ma che bello. Bob Wells qui interpreta un “guru” che non avendo potuto salvare suo figlio dal suicidio, cerca di resistere, aiutando gli altri. Riunendoli attorno a sé con dei camper frastagliati in mezzo alla nudità di deserti punteggiati da roveti e da selvatiche piante simili ad erbe delle Pampas.

Le riprese non sono da peggior Terrence Malick di To the Wonder, cioè da National Geographic, il film non incede in inquadrature fighe e paesaggistiche su leccata, ruffiana musica cool e finto-grezza dei Pearl Jam come nell’estetizzante Into the Wild, qui viaggiamo veramente su altri livelli molto fini, poco grunge, imbattibili.

Alcuni reputarono Kurt Cobain un genio. Moderiamoci subito. Mozart non lo vide neppure. Per forza, morì prima. Ah ah.

Metafisica celestiale, lacrimosa immensità allo stato “brado” più alto.

Mi sono commosso. Capolavoro!

Signore e signori, dopo Jane Campion, abbiamo trovato finalmente un’altra grande regista donna, cioè Chloé Zhao.

Roba da annientare Shinya Tsukamoto, uomo sopravvalutato, e Banana Yoshimoto, scrittrice stupenda, con atmosfere che non vedono neanche cagate come Tetsuo, c… zi affini e Amrita.

Ah ah.

Ma quale Parasite, parassiti. Film furbissimo più di una volpe imprendibile. Cioè il sottoscritto, ah ah.

Diciamocela, Frances McDormand è la più grande attrice vivente. Mi fanno ridere quelli che osannano Margot Robbie. Quelli che ancora ci tediano con Meryl Streep. Quelli che strepitano per Kate Winslet. Anche se, a proposito della Campion, Holy Smoke docet…

Tornando a Chloé Zhao. Ha soltanto 38 anni. Amatela, custoditela, appoggiatela. Siamo dinanzi forse a tutto ciò che Kurosawa immaginò di essere ma non possedette mai il cuore di questa donna straordinaria. Smettiamola anche con Yasujirō Ozu.

Ma quale Ozu. Ma quale Zizou, cioè Zidane. Ehi, Zhao, mica Zorro.

McDormand di Nomadland, da non confondere con Promised Land. Se non vi piace, amate vostra moglie. È brutta e non è due volte premio Oscar. Quasi tre… quasi record. Credo inoltre che Einaudi sia più bravo al piano di David Strathairn in questo film straordinario.

E che scena è quella in cui Fern va a trovare il personaggio interpretato da Strathairn perché ne è segretamente innamorata? Mamma mia, che classe, che pudore, che candore!

Scende le scale e, di nascosto, lo osserva suonare. Ma non riesce a dimenticare suo marito e, malgrado fuori si geli, nonostante abbia bisogno di essere abbracciata e avvolta dal calore di un uomo, lascia stare…

Poi, prima della fine, piange ancora con estremo decoro e pudicizia. Ma s’incammina nel vuoto così come il grande Bob De Niro del cortometraggio Ellis. Sparendo nel suo furgone.

Mentre lentamente, cullati da Einaudi, piangiamo anche noi spettatori. Nomadland, un film gigantesco.

Ripeto, il racconto di Bob Wells è da pelle d’oca. Sa che suo figlio non tornerà più ma sa anche che, un giorno, lo incontrerà per strada.

Perché la vita è un sogno, un incubo, una tragedia, è piacere e sofferenza. Dai, stavolta vinciamo anche noi, italiani. Perché la colonna sonora di Ludovico Einaudi, ribadisco, è immensa!

E Nomadland è uno dei più grandi film della storia del Cinema! Date il terzo Oscar a FRANCES! Grande attrice, grande donna. Come la Zhao!

di Stefano Falotico

 

 

Ben Affleck è stato, checché se ne dica, un bel Batman, tornare a vincere? Mah, ho i miei dubbi, basti vedere Van Damme coi suoi tutorial della m… a


25 Apr

 

Sì, Ben è un bravo guaglione e Tornare a vincere non è certamente un filmone ma neppure un filmetto.

Mentre le nonne insegnano alle giovani l’uncinetto, nella mia casa, pur non avendo un cucinotto, fui spesso Capitan Uncino. Cioè, mangiai poco, divenendo troppo presto adulto, forse solo anoressico e molto depresso. Cosicché non volli avere donne come Lorella Cuccarini, la più amata dagli italiani, non so però se da suo marito, oppure Maria Grazia Cucinotta. Vedo, per esempio, il povero Luca Zingaretti, ovvero Il commissario Montalbano, il quale inserisce foto su Instagram assieme a sua moglie, vale a dire Luisa Ranieri. Una che possiede un seno vellutato come la pesca ma recita peggio di Van Damme col fisico a pera. Cioè, Van Damme, se non avesse avuto il cosiddetto physique du rôle, avrebbe passato le sue giornate a vendere mele al mercato ortofrutticolo.

Eh sì, la testa di Van Damme non fiorisce certamente d’idee succose. Senza i suoi pettorali e i suoi addominali scolpiti, Van Damme avrebbe passato le serate a pestare l’uva. Sì, pura vendemmia da agricoltore. Un uomo vinaio, sì, che in una vigna, avvinazzato marcio e cioè ubriaco-alcolizzato, avrebbe poetizzato la mancanza di vulve, mangiando una banana come una scimmia, addolcendosi nel cantare al tramonto le peggiori canzoni dolciastre di Avril Lavigne. Invece, Jean-Claude può vantare un carnaio, no, carnet di donne sue amanti veramente rassodate… Mah, donne di malaffare, diciamocela, donne che fanno cagare. Da detergere nel bidet, da non invitare mai in un elegante bistrot al fine di non rimediare figure di merda. Donne che fanno venire i marroni glassati. Donne adatte solo ai gasati. Invece, io sono troppo dolce come un profiterole per le teste montate di questi e queste qua, amanti della panna anche sulla pasta più asciutta del loro cervello vuoto come una zucca.

Jean-Claude, però, a queste donne indigeste bagnò il biscotto nel latte, inzuppandolo con movimento pelvico da Double Impact. Per limonate a mo’ di preliminari in forma di antipasto e poi trombate, in ogni sen(s)o, servendole poi il benservito. Ah, che uomo da digestivo. Piuttosto che andare con queste sue ex compagne, sì, veramente mi darei alla campagna. Piuttosto che ingropparmi una di queste qui, strafatte non solo di anabolizzanti, berrei notte e dì soltanto della grappa.

Van Damme la dovrebbe finire di fare il bellimbusto. È patetico. Lo sanno tutti che fu “incidentato”, infartuato. Ma adesso dichiara che, con estrema flessibilità, ancora cammina a schiena dritta ed è sempre rizzo, no, un dritto, mica un loser da strapazzo. Mah, a me sembra solamente ridottosi come Big Jim su viso consumato da pornoattore del cazzo. Ma sì, la dovremmo finire con quest’esasperante edonismo glorificato da tali uomini muscolosi e da tali donne odiose. Nella Festa della Liberazione, mi alzai all’alba, cantando al sonar del gallo. Affacciandomi alla finestra, notai che, nel palazzo di fronte al mio, abita ancora la mia ex amica delle scuole medie, di cognome Galli. Ah, miei poveri polli, il Falò è uomo erudito che ai bifolchi punta il dito, è uomo dotto che ancora nel cuore non s’è rotto. E, fra video-recensioni sputtananti registi che meriterebbero la gogna come Zack Snyder, il quale in Batman v Superman non mostrò a noi nemmeno Amy Adams con la minigonna, ciambelle che non riescono col buco e persone che non riescono a fare nulla, se non bucarsi e ciucciarsi la Nutella, il Falò passeggia con disinvoltura in mezzo a un mondo pieno di fregature.

Poiché il Falò ama la marmellata ma non le riprese di Snyder, “smarmellate”, disserta di Cinema con fare sofisticato, dunque lecca un’altra confettura alla faccia di ogni strega cattiva che volle fotterlo, rifilandogli una fattura. Dopo tante catture, sfortune, dopo tanti iettatori, il Falò rimane il più grande attore del mondo. Poiché la sua fu Una storia vera e potrebbe, a novant’anni, essere più bravo di Richard Farnsworth col trattore. Basta con le trattorie, con le troie, con le fattorie e con le zie maialine.

Basta sinceramente tutto. Coi film action, con quelli retorici, coi finti dolori e coi falsi amori.tornare a vincere Jean+Claude+Van+Damme+Malcolm+Turnbull+Delivers+fiQ2p9rZlu7l

di Stefano Falotico

Reaction: A HIDDEN LIFE di Terrence Malick – Official Trailer: siamo sicuri che Terence Hill di Don Camillo non sia meglio?


18 Aug

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Capitolo 1: analisi del trailer nel mix della mia anima umorale e cangevole, goliardica, ancestrale, pindarico-cazzeggiante, vulnerabile e amabile…

Questa sarà una lunga riflessione molto ponderosa e assai ponderata. Sì, basta cambiare qualche consonante e sistemare i vocali su Messenger per ottenere sfumature tonali che possano combaciare con la nostra anima gemella.

Partiamo dal titolo di questa nuova pellicola di Malick. Malick fu un combattente, un portavoce dell’Easy Riderlife style, un ribelle, un sognatore, un propulsivo cuore insanguinato nella sua anima profondamente arrabbiata, schierata a favore della gagliardia delle giovinezze immacolate e pure che, dopo aver danzato nel limbo magnifico della spensieratezza, forse utopistica, si schiantarono dinanzi alle atroci verità di un mondo ottuso, fascista, forse pure peggio… nazista.

Sì, A HIDDEN LIFE è la storia di un pastore (protestante?) disertore. Anzi, obiettore di coscienza. Come me. Nei giorni di leva, mi chiesero se volessi arruolarmi nell’esercito e mi posero un quiz con delle crocette da riempire.

Si tratta di questionari che vorrebbero molto superficialmente inquadrare, in poche tue risposte, la tua tendenza o no a essere e divenire un uomo violento e facinoroso. Per appurare addirittura se hai delle strane tendenze… Dunque, dei miserissimi, agghiaccianti, anzi raccapriccianti test attitudinali, figli appunto d’un vetusto, insopprimibile, retrivo e pericoloso codice fascista secondo cui l’uomo è tale soltanto se in sé cova un’indole guerrafondaia per ficcarlo in culo al prossimo suo e (s)fotterlo. Per misurare… se è disposto cioè a sacrificare lo splendore gioioso e giocondo, allegro e parsimonioso del sacro dono vitale infusoci imperscrutabilmente chissà da chi per rinunciare alla bellezza del creato, anche di sé stesso e della sua morale integrità naturale, nel suo mutare multiforme della sua creaturale essenza atta a maturarsi, a esperire gioie e dolori, al solo scopo minatorio d’inibire la sua sana e robusta costituzione fisica, deviandone i sinceri moti del cuore nell’indirizzarli forzatamente a un preposto, costituito ordine precostituito, attraverso il drastico strumento del ricatto emotivo più tosto. Piuttosto, di conseguenza anche anti-vitalistico a fartelo a strisce in maniera imposta.

Cioè, dettando la propria legge di vivere a conformità dell’uniforme socio-economica, costituzionale-istituzionale di ciò che il pensiero nazistico ha prescritto.

Altrimenti, chi si rifiuterà di aderire a quest’uniformità aggressivamente brutale e anti-democratica, non più vivrà e bruciato sarà. Tagliato fuori e messo perfino dentro. Incarcerato, stigmatizzato nel crematorio forno delle radicali scremature stronze.

Essere uomo, invece, non significa abdicare alle religioni che non appartengono ai nostri credo interiori.

Da cui Silence di Scorsese, chiarissima metafora di come l’uomo, dinanzi ai ricatti impostigli, appunto, coattamente dagli impostori con le proibizioni, i castighi, le terrificanti torture, non solo fisiche, giocoforza è stato sempre obbligato, pur di sopravvivere, a soccombere al pensiero comune, perlomeno a quello che va e andava per la maggiore-caporale, ah ah, nel luogo in cui abita, vive e vegeta(va).

Sennò, se si fosse ribellato, se avesse strenuamente opposto resistenza implacabilmente, non piegandosi a niente, per quanto lodevole sarebbe stata questa sua nobile, fiera, ferrea idea libertaria di vita assoluta, irrinunciabilmente legata connaturatamente al proprio senziente battito cardiaco umanamente sincero e spontaneamente battente, dunque meravigliosamente, intattamente legato al suo vedere la vita coi suoi occhi fervidi e con le sue vivaci emozioni scalpitanti, secondo il suo percepirla, filtrarla, viverla e, perché no, anche respingerla, intristendosi poiché semmai non la sentiva e respirava affine nell’abito e all’habitat psicofisico in lui albergante, ecco, se avesse combattuto energicamente per mantenere salda e incorrotta la sua anima squillante e appassionatamente tonitruante, sarebbe stato lentamente distrutto fisicamente e anche interiormente, progressivamente lacerato ininterrottamente. Prima interrotto, poi sfibrato e corrotto, avrebbe prima o poi abiurato squallidamente a questa visione del mondo così brutta. Arrendendosi, vinto e da troppe violenze nell’animo e nel coraggio, seppur intraprendente, mortificato e trafitto, inchinandosi di fronte all’ideologia predominante che, in quel preciso momento storico, etico, perfino etnico, stava arbitrariamente monopolizzando le coscienze di massa a indottrinamento capzioso e squadrista.

No, non è previsto nessun tentennamento, non è permesso fare dietrofront se ti vogliono al fronte e invece tu, fronteggiando questa richiesta assurda col tuo pacifismo fuori moda, sfrontatamente avessi addotto che alla guerra non saresti mai stato pronto. Poiché tu la aborri!

Un tempo, i ribelli più immarcescibili divennero loro stessi dei criminali, affiliandosi al brigantaggio, al banditismo, addirittura al terrorismo pur di lottare per dei valori che la società di quel periodo stava sopprimendo col massiccio uso della violenza a dosi pesantissime, utilizzando dapprima l’arma ricattatoria dell’omertà e del silenzio, dunque attuando “trattamenti sanitari obbligatori” sulla pelle dei più inarrendevoli, frenando ogni lor istinto ribelle, arrestandoli semplicemente bellamente con la filosofia, appunto, nazistica più punitiva. Diciamo così, eufemisticamente, più comoda…

Ah ah.

Ora, non so come sarà questo A HIDDEN LIFE.

Da tempo, ho un cattivo rapporto col signor Malick. Penso che sia diventato un troll, cazzeggia a tutto spiano di grandangoli e inquadrature paesaggistiche che realizzerei meglio io con un Android, sì, sono un androide io stesso come Rutger Hauer di Blade Runner, un cellulare umanizzatosi per 500 Euro, superdotato di una fotocamera digitale più figa di questa qui.

Ora, ve la mostro.

Vanessa

Che gran donna. Mi sono innamorato di lei all’istante. Che gnocca della madonna. Che classe raffinata davvero inarrivabile. Che sguardo finemente intagliato a basamento della vertiginosa sua armonica, eccitante, svenevole minigonna provocante. Che caviglie intarsiate nella morbidezza elevata di gambe sue dolcemente calde. Probabilmente inarrivabili, inattingibili per quanto io la brami in modo inestinguibile. E ne sogni il suo inguine per invitarla a mangiare, allo scoglio, le linguine.

Al che, segretamente, cominciai a corteggiarla. Scrivendole poesie leopardiane, inviandole commenti talmente romantici che avrebbero sciolto anche una donna eschimese dell’Alaska.

Del tipo, ah, che topa: al solo tuo apparirmi in foto, capisco che molti adulti della vita non capirono un cazzo. Dissero ai figli di diventare dei poeti e dei cantori della venustà universale, obbligandoli però ad amare il Cinema catto-borghese, invero solo coatto, di Gabriele Muccino ma, al contempo, ammonendoli dall’essere come suo fratello minore, Silvio, da costoro reputato uno scemino e un mezzo ratto.

Dei falsi, insomma.

Gente che predica bene e razzola male, colpevolizza i figli migliori e più fighi solamente perché sono invidiosi delle loro assolute libertà cavalleresche. Urlando loro che sono figli di un dio minore, cioè trattandoli da minorati. Si capisce, loro sono a capo delle gerarchie e qui si va avanti di nepotismi, bullismi e nonnismi, puttane e nonnetti.

Oh, Vanessa, sii la mia leonessa, ci sbraneremo di baci come in To the Wonderrotolando nelle lenzuola al ritmo dei Negrita. Io sarò per te un negro e il tuo schiavo, tu sarai la mia aurora, sì, sei mora, offro a te la mia faccia da salame a ogni ora. Poi, al mattino, ancora che sarai cremosa e fragrante, ti porterò a letto nuovamente la mia brioche ripiena di marmellata e tu, a pranzo, non mangiare/erai solo insalata. Poiché ti amo così come sei, soda e tosta. Diciamocela, ammazza quanto sei bona.

No, non sono comunista ma non sono neppure un santo. Tanto sano neanche.

A voi pare normale uno come me? Sono uguale a Terence Hill di Don Camillo.

Sì, quando sarò morto, i posteri scriveranno del sottoscritto: Lo chiamavano Trinità.

Di me, non ci avete capito niente, vero?

Se volete ve lo rifaccio…

Tanto, qui in Italia, siete talmente lenti che il mio Salmo non servirà a mettervi a posto…

Post Scriptum:

io vi faccio divertire, ho i miei valori ma non sono un moralista.

Non sono un nazista.

Sono una faccia da culo.

Volete mettermi in croce?

Bene.

 

Capitolo 2: dalle reminiscenze della mia vita da peccatore, umano come tutti, dal patibolo delle sofferenze disumane, riamai la vita in modo inaudito… ieri poiché oggi lei ama un altro

Ebbene, so di avere molti detrattori semplicemente perché sono un uomo contemplativo come Richard Farnsworth di Una storia vera. Lui era parecchio anziano e si suicidò, non resistendo agli esiziali, super afflittivi dolori della sua fisica malattia impietosa.

Consegnando però alla memoria un personaggio straordinario, Alvin Straight.

Un uomo che, senza sprezzo del pericolo, alla sua veneranda, egregia età coi capelli già tutti bianchi, non ancora ingrigito nell’animo suo portentoso, fregandosene appunto d’ogni detrattore, viaggiò per mezza America con uno scassato trattore.

In nessuna trattoria si fermò, bensì molte serate in compagnia passò, recitando le sue pillole di saggezza ai più giovani per avviarli alla retta via. Spingendoli cioè all’azione.

Poiché l’esistenza di noi tutti è appesa a un filo, Vasco Rossi cantava… è tutto un equilibrio sopra la follia. Infatti, lungo la sua traiettoria, Alvin incrociò, non so se dopo una rotonda o un incrocio, una donna che perse la brocca, delirando soltanto perché investì un cervo.

Sì, forse questa donna era un’educatrice di comunità, una donna pia e pedagogica come la Montessori. E trascorreva le sue giornate con tutti quegl’innocenti bambini, i suoi tesori.

Ecco, dopo aver ammazzato un cervo, con che faccia poteva presentarsi al loro cospetto?

Un bambino, che ne so, le avesse chiesto di recitare alla classe la favola di Bambi e lei, risentitasene, avrebbe portato invece l’intera scolaresca a vedere il film Il cacciatore. Facendo crescere troppo in fretta queste povere creature ancora in fiore.

Ammonendo i pargoletti dai pericoli della guerra, mettendoli appunto in guardia, dicendo loro di camminare a petto in fuori, istruendoli cioè precocemente a quello che Marlon Brando, in Apocalypse Now, definisce l’orrore…

Sì, la vita è fatta solamente per i più forti. E v’è solo per i deboli la patetica costernazione.

Guarda invece come va il pensiero sull’ali dorate, evviva i(l) Pascoli! A Nabucco, miei crucchi e ciuchi, ho sempre comunque preferito Lorella Cuccarini al fine, non certamente finissimo, d’assaggiare con lei un piatto di patate nella Scavolini, la cucina più amata dalle italiane, cioè la mia.

Servo pietanze fredde agli uomini di panza e a ogni ammiraglio ignorante gli ricordo che raglia.

Sì, con me la sua donna invece vuole la quaglia e se ne sbatte delle sue stelle di latta. Mi fa bere anche il latte.

Ah sì, dalle stelle alle stalle, dall’aver avuto le mie prime esperienze masturbatorie con Ilona Staller a essere il Sylvester Stallone italiano, basta l’attimo devastante d’un altro pugno rifilato allo stomaco a quel bambagione che continua a chiamarmi fallito e coglione. Sembra Tommy Morrison di Rocky V.

Pace all’anima sua e di quell’altro ebete. Non aveva rispetto di nessuno. Pigliava a sberle chiunque. Anche chi non c’entrava niente con le sue puerili rivalità da bimbo che ancora giocava nel cortile.

Sì, offendeva le persone più anziane di lui, camminava tutto tronfio, credendosi Antonio Banderas quando in verità vi dico che era più brutto della canzone Brutta di Alessandro Canino. Suo cavallo di battaglia dell’infanzia, visto che lo prendevano tutti per quello che effettivamente era, vale a dire un ritardato esteticamente assai schifosino.

Sì, da quando la prima sciocchina gli disse che era carino, cominciò a tirarsela di brutto. Durante l’adolescenza, portò i capelli lunghi e, per via del suo strabismo di Venere, ci fu un tempo in cui persino s’identificò con Bono degli U2.

D’altronde, dalla prima volta in cui si sverginò in poi, cominciò a fare lo stronzo con tutti.

Sì, pensò che tutti gli altri fossero tonti, lenti e deficienti. E si pose loro alla stessa maniera di quelli che, ne I Simpson, facevano gli scherzetti telefonici a Boe Szyslak.

Se poi, foste state fra quelli che compirono scelte diverse dalla rigida, classica e classistica visione del mondo impartitagli da sua madre, v’avrebbe dato dello schizofrenico.

Ah, quella donna sua genitrice, povera donna, mi spiace, perennemente infelice.

Leccò il culo ai preti per farsi assumere di ruolo. Poi, anziché trascorrere un bel pomeriggio allegro con gli amici, con gli stessi si vantò di avere un figlio superiore. Sì, piuttosto che lodare i monumenti figli della cultura greco-romana da lei insegnata a scuola, chiamò a sé, guarda un po’, suo figlio, affinché davanti a tutti leggesse le iscrizioni latine affisse sui medesimi, a dimostrazione che era la Persefone d’un Dioniso di cotanta risma.

E non dico altro… potrei dire che è una strega e, come Persefone, la regina della morte?

No, non lo dico, l’ho già detto. Ah ah.

Vincono sempre i potenti che irreggimentano le coscienze, annichilendo ogni agguerrita Resistenza, opacizzando le anime più pure e splendenti, annerendo ogni loro sentita poesia del cuore, insomma, distruggendo ogni speranza con le loro lotte (ig)nobili e le loro rivalse stupide di puzza sotto il naso, detta altresì fetore.

Ho visto molti film sulla guerra. La natura bellicosa non si addice, però, alla mia anima bella di tutto cor.

No, non sono nessuno, non mi professo genio, malgrado molti che mi conoscono davvero sostengano che lo sia realmente.

Per me, essere investito d’una carica così importante e onerosa è quasi un oltraggio al mio pudore. No, vi prego in ginocchio, vi supplico, non ho alcuna intenzione di caricarmi di questa responsabilità così vanagloriosa.

È capace che domani realizzerò un film metafisico senza dialoghi e, la sera stessa, mi vedrete in compagnia di una che non è propriamente una dottoressa, forse è solo Vanessa.

Mi fareste un culo spesso. Soltanto per colpa di questo mio peccatuccio ven(i)ale e per un po’ di sano sesso.

Poiché, una volta che sarò dagli altri visto come un genio, farò la fine di Alessandro Magno. Il quale, come sapete, constatando che non aveva più regni da conquistare, inconsolabilmente pianse.

E si dedicò solo alla cura delle piante.

No, non la pianto. Giammai m’arrenderò alla falsità dette alla mia persona. Accusata da tempo immemorabile di vigliaccheria e mancanza di palle.

Orsù, miei orsi, state attenti al genere di leader che state creando con le vostre folli istituzioni, come ben arguì Al Pacino in Scent of a Woman, argomentando con una forza sovrumana ogni tragico errore, dunque orrore, dovuto alla fretta, alla subdola intimidazione, dettato dalla più manichea, fascistica presunzione.

Non è coi colpi bassi, le bocciature e le espulsioni che alleverete alla sanità mentale le future generazioni. Alleviandole dietro la retorica del corretto politicamente più bieco e mentitore.

Voi non siete dei mentori!

Non è con le semi-castrazioni, le demoralizzazioni e le stolte punizioni che fermerete la rabbia giovane.

Castigandola nel comune porcile volgare di voi, uomini oramai stanchi ché, non credendo più a nulla, vi siete dati solo al sesso più ruffiano e all’alcol come quell’altro panzone che, per anni, si spacciò per giornalista, in quanto questa fu questa la sua giovanile ambizione ma non ebbe mai il coraggio di dire nemmeno ai figli che, in verità, svolse semplicemente l’onesto lavoretto di portalettere.

Pigliava tutti a balli e canti.

No, non più m’incantate. Potete urlarmi di essere un cane e solo come un lupo, state mentendo e voi lo sapete.

Avrei tante da raccontarvene. Di gendarmi come nella fiaba di Pinocchio che mi trascinarono nei nuovi nazistici lager, ovvero degli abominevoli centri psichiatrici, solo perché ebbi la temeraria, coscienziosa virtù di ribellarmi a degli abusi scriteriati e a delle oscene provocazioni immeritate, soltanto perché gridai il mio urlo munchiano dinanzi alla condizione vostra umana così avvilente e deprimente.

Ove impazza l’indifferenza e, se ti arrabbi e t’infervori, ti danno altre botte, ti etichettano come “pericoloso” paziente, additandoti da malato di mente e, una volta che sarà finita la tragedia, cristo signore, insabbieranno ogni mostruosità nell’ardere la verità per difendere l’onore della patria e la loro intoccabile rispettabilità puttana.

Sì, non voglio far ammenda delle mie distrazioni, dei miei ingenui sensi, più che addormentai, precipitati nel limbo d’un adolescenziale, inesperto dormiveglia.

Sì, ci fu un tempo in cui, senza vergogna alcuna, ve lo confesso, sì, m’ammalai di depressione.

La depressione, in Italia, viene malvista. Se soffri di cancro, tutti ti compatiscono e ti stanno accanto sin alla fine, se sei depresso, ti dicono solamente che non vali un cazzo e ti vogliono far credere che sei finito.

Evitai il contatto anche fisico, preservandomi candidamente da ogni esperienza per il timore tremendo di provare troppi sentimenti.

Come un figlio partorito dai film di Bergman o da quelli ancora più religiosamente deliranti come in una pellicola di Carl Theodor Dreyer.

Scivolai nelle voragini della sensibile incoscienza, giocando con gli arcobaleni della mia anima nottambula.

Mi dissero che la psicologica scienza avrebbe potuto aiutarmi a uscire da quella che tali malfattori credettero che fosse addirittura demenza.

Poi, come il capitano Benjamin L. Willard/Martin Sheen del capolavoro coppoliano succitato, sì, mi arrivò la lettera di San Paolo, no, di Stato. Per cui avrei dovuto svolgere servizievolmente il civile servizio e i normali, comuni apprendistati.

Fui ubicato, come già vi scrissi, in Cineteca. Lì vissi inizialmente momenti molto tristi. Dopo tanto vuoto, entrai infatti nuovamente a contatto, appunto, duramente con gente viva ma soprattutto assai più di me adulta, quindi anche parecchio cinica e stronza.

Eravamo quattro obiettori coetanei, su per giù.

Ci fu una sera, inoltre, nella quale c’affidarono la mansione di guardiani, a Piazza Maggiore, durante la manifestazione estiva del Cinema Ritrovato. Che, allora, era alla prima sua edizione restaurata.

Scusatemi se, a distanza di così tanti anni da allora, non ricordo il titolo di quel magnifico film in b/n che quella sera proiettarono.

Era la storia di un’umile donna i cui figli da lei partoriti, dannazione, per la guerra partirono. Non se ne salvò nessuno. In un modo o nell’altro tutti morirono. Forse uno, soltanto uno sopravvisse. Aiutatemi. Ne conoscete il titolo? So solo che quella donna non ebbe più un solo minuto di consolazione.

La mia memoria, in tal caso, non ricorda il nome di tale commovente, realistica pellicola storica. È un film, come dettovi, comunque del passato.

Sì, fu dopo il servizio civile che mi ripresi del tutto. Per anni, fui costipato in una zona ermetica fatta di rituali e puntigliose ossessioni, specie di natura igienica e ritualistica.

Ma accadde davvero qualcosa di veramente allucinante, distorsivo e, oserei dire, persecutorio.

Non v’ho mai mentito. Né ravviso ragione alcuna per cui dovrei mentirvi proprio ora.

Avete mai visto il film Verso il sole? Sì, torniamo di nuovo al mitico Michael Cimino.

Jon Seda/Brandon Monroe, in questo film, è convinto che esista un’oasi battesimale fra i monti del Colorado che possa miracolarlo dalla sua malattia incurabile.

Prende così in ostaggio un medico, Woody Harrelson, assolutamente incredulo, ovviamente, eh sì, gli uomini di scienza con tanto di testa sono sempre scettici, e lo conduce verso la sua meta radiosa e rinascente.

Nel 2003, già ve lo dissi, durante la prima romana di Gangs of New York, qualcosa di psichiatricamente impossibile da spiegare, dev’essermi successo. Non pretendo che possiate prestarmi fede. Apparirei davvero pazzo se volessi persuadervi che questa sorta di “miracolo” accadutomi, cazzo, avvenne purtroppo, sì, purtroppo, davvero.

Non dico per fortuna. No, ribadisco purtroppo. Invero, a essere sinceri, si trattò di un mezzo miracolo. I miracoli infatti non esistono. Esistono però tutta una serie di dinamiche che, così come gli eventi fortuitamente negativi provocano l’alienazione e l’estraniamento, eh già, allo stesso modo, come appena scrittovi, molti processi di ricognizione mnemonica e rimozione, quella che viene definita elaborazione del lutto e poi catartica sublimazione, erano in me già involontariamente scattati, generando eventi estremamente positivi.

Sì, la fatalità, da me stesso imprevista di quella visita a Roma, scatenò nella mia anima dei ricordi profondissimi.

Sì, fu allora che cominciai, proprio a Roma, ad avvertire i miei primi sintomi…

Credo che da allora non m’innamorai più, se non virtualmente o in maniera fantasticante, di qualcuno e qualcuna.

Quindi, dopo il miracolo accaddero cose ai confini della realtà. Ah ah.

Vi dico solamente questo.

Sono forse l’unica persona al mondo ad essere stata dimessa, per ben due volte consecutive, da un c.s.m.

Allora, le possibilità sono due: o sono Sharon Stone di Basic Instinct, cioè un uomo/donna dalla psiche maliziosa talmente geniale e fredda che coglionò, in modo furbissimo, ogni macchina della verità, ma non vedo perché sarei dovuto esserlo, visto che non ho il conto in banca né di Sharon che del suo personaggio, ovvero Catherine Tramell, oppure sono molto simile a Billy Crudup di Sleepers.

Avete letto quello che ho appena scritto con molta attenzione?

Che cosa fa Billy Crudup al suo torturatore Kevin Bacon?

Esatto.

Io non ammazzai nessuno però, dopo il gravissimo danno ricevuto ingiustamente, minacciai telematicamente qualcuno…

Sì, sono davvero diventato un prete assai ambiguo.

Come Don Camillo di Terence Hill, come De Niro di Sleepers, appunto.

D’ora in poi, se qualche adulto panzone e bastardo attenterà alle vostre verginità, dunque vi provocherà un po’ più del dovuto, mi presenterò a lui come Bob:

– La prossima volta ti batti con me. Io non sono della tua categoria ma peso un po’ di più di quaranta chili…

 

Visto? È sempre Bob De Niro il mio attore preferito.

E degli ultimi miei quindici anni di vita, eh sì, credo che questa gente assai auto-ingannevole sappia poco, pochissimo.

La vostra prossima bugia a mio danno quale sarà?

Oh, mi raccomando, non c’è fretta. Anche se ammetto che ne avete inventate così tante che, se fossi in voi, avrei un’oggettiva difficoltà a spararne un’altra dello stesso livello.

Mi sa che adesso avete poche frecce al vostro arco.

Mi diceste che vissi di riflesso. Be’, che c’è di male a essere Plutarco? Sempre meglio che passare per Pluto.

Mi rattrista avervi deluso, sì, l’avete pigliato in culo.

Foste e siete dei criminali nazi-fascisti, cioè delle merde.

E per canalizzare la diarrea di tanto vostro crimine non basterà un imbuto.

Questa è la verità.

Non è auto-inganno, poveri idioti.

So che fa molto male.

Ma questo è quanto.

Avete altro d’aggiungere?

No, meglio di no.

Sporchereste pure questo mio testo.

Sì, voi siete testardi.

Ma non avete più incisivi dardi da scagliarmi e, contro un fuoriclasse come me e il grande Boninsegna di Don Camillo, poveri diavoli, vi restano solo la falce e il martello.

Un altro sgambetto?

Good night and good luck.

 

di Stefano Falotico

Il Joker era a Castel San Pietro Terme assieme a un suo amico, forse Robin di Batman


16 Jun

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jokerSì, domenica assolata. Un caldo micidiale.

Al che, dopo una lavata bestiale, presi la macchina e m’infilai una maglietta, azionando la quinta, sollevando la leva del cambio e guidando come un dannato. Ah, sono un futurista-trasformista che odia i Transformers, l’edonismo e pure gli Avengers.

Sono il figlio delle mie mille metamorfosi, fi(si)che non, da uomo che fa del perenne cambiamento la sua filosofia a volte pure da demente.

Un uomo bracalone che odia il Dottor Balanzone, un uomo che incarna sia Gassman che Trintignant de Il sorpasso, è il mattatore de L’armata Brancaleone, uno insomma che detesta le persone ipocrite e venera Il monello di Chaplin. Di secondo nome faccio Pierrot, no, Piero, non sono un tipo da film di Pierino, conobbi però da piccolo un ragazzo di nome Pierre che si scopò molte P.R. Ora è sposato con una pura.

Di mio, non so che farmene delle pubiche, no, pubbliche relazioni. Amo isolarmi e gridare come Totò ne L’imperatore di Capriisolani, i solisti…

Ah, voi siete solo solipsistici. Quelli del PD raccontano balle e hanno la panza piena. Walter Veltroni ancora fa il Pinocchio e Beppe Grillo resta sempre un Mangiafuoco parlante.

Fra notifiche del cellulare che squillò, una squillo che adocchiai sul marciapiede, uno che mi strombazzò e un’altra con un gran didietro che, all’uscita nella quale svoltai, m’urlò che voleva trombarmi, continuai come sempre per la mia strada. Imboccando l’autoradio e ficcando il cd della colonna sonora di Lost Highway.

Sono oggi il Richard Farnsworth di Una storia vera e domani Sailor di Cuore selvaggio.

Cosicché, mi diressi in direzione di Castel San Pietro Terme. Cittadina amena con molti segreti di Twin Peaks al suo attivo. Una località intrisa di storie paesane condite da sindaci equivoci, da maestre elementari dal passato discutibile, piena zeppa di palazzi fatiscenti e posti degradati, di uomini deficienti e di altri molto abbienti, di abitanti che invero a Castel hanno solo la cantina ma stanno parcheggiati, poiché arrestati, alla Dozza di Bologna, d’un celeberrimo luogo termale ora colmo di formiche e termiti, non frequentato quando il caldo fa morire d’infarto la gente per colpa dell’ipertermia, un posto di donne scosciatissime, di biblioteche che furono ex macellerie, di distinte signore che mettono le corna al marito della prostituta più famosa che se la fa col parrucchiere, col commendatore e forse anche, appunto, con un qualsiasi puttaniere.

Uomo che non abbisogna della maschera sociale per esserle senza filtri ma comunque la ama a metà col preservativo.

Ah, questa gente che sotto Natale fa il presepe, va a messa di domenica e il lunedì mattina tifa per Salvini, io la metterei in ginocchio, genuflessa nel recitare il Mea Culpa.

Sì, gente che Fabrizio De André faceva bene a mettere alla berlina. Sì, sono persone che si dichiarano ecumeniche ma invero, oltre che fasciste nell’anima, sono senza cuore razziste.

Sì, questi qua, questi quaquaraquà vanno internati come quelli dello zoo di Berlino. La dovrebbero finire di demonizzare i giovani disoccupati quando l’unico lavoro che hanno fatto, cazzo, è stato guardare per otto ore le cosce della segretaria.

Dopo otto ore, costoro, talmente rincoglioniti dalla Juventus, non le hanno timbrato neppure il cartellino rosso.

Questa è gente peggiore di Antonio Cassano. Cassano fece solo casini e si divertì un casino con donne di bassa lega, simili a Nadia Cassini.

Donne che ebbero culo a non fare un cazzo, appunto, ma a essere più ricche di Cassano stesso.

Come fu possibile? Facilissimo. Essendo facilissime, oltre che con Cassano, andarono anche con l’intero Real Madrid.

Che posso dirvi?

Le persone religiose dicono di amare il prossimo come sé stesse ma molte di esse si suicidano per bassa autostima.

Gli psichiatri sono atei, non credono a Gesù ma vogliono salvare i lebbrosi nel cervello, pigliando parcelle da porcelli.

Sapete che vi dico? Mi comprerò il dvd di Marisa Tomei: Core & Curves.

Sì, io non sono un ipocrita.

Vi racconto persino questa.

Un mio amico venne a casa mia. Al che aprì, senza chiedere il permesso, un cassonetto ed esclamò scandalizzato:

– Cristo, ma questo è un porno. Stefano! Io pensavo che tu fossi un intellettuale. Hai un porno in casa tua.

– No, figurati. Ti sbagli. Ne ho cinquemila.

 

Ah, quante dicerie e maldicenze. Quanti esseri calunniatori.

Poi, diciamoci la verità. Non è vero che in un paese tutti sanno tutto di tutti. Questa dicasi massima popolare assai falsa. Non sanno niente, diciamo piuttosto che amano passare il tempo, spettegolando.

Potrebbe essere così?

Il mondo comunque è piccolo.

Anche a New York, il sindaco sostiene di aver fatto la scelta giusta ad arrestare uno di Harlem ma è maritato con la moglie di Martin Scorsese di Taxi Driver.

 

di Stefano Falotico

 

tomei core e curves

joker phillips

twin peaks

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

Il Talento, dono spesso innato quanto invidiato: 7 film in cui ce ne “districheremo”


03 Jul

 

Il Talento, T maiuscola di tonitruante abba(gl)io, sfoderato o “ritratto”, socchiuso fra palpebre docili o restio a sguainarsi, “inguainato” nei soliti guai, o spesso voce che non “sguscia”, che si castiga o, masochisticamente, tende altrove per autoingannarsi paurosamente d’ali tarpate da sé, che temono il Tempo, lo moderano troppo e, molte volte, si modellano nei canoni altrui, “tremolanti”, che poi lo “scannano” dopo averlo “inoculato” secondo la loro “parvenza” che lo vede distorcendolo di personali percezioni, filtrandolo nell’ottica d’occhi “fraudolenti” o infigardissimamente bugiardi a scheggiarne la limpidezza, la forza insita e intrinseca, ad addomesticarne la potenzialità per “indocilirne” quei “lineamenti” grezzi che sono alla base, invece, della nostra essenza ed unicità.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Il talento di Mr. Ripley (1999)
    Storia macabra da gelar il sangue. Dalla signora Highsmith, un “horror” mascherato da dramma, un thriller velatamente menzognero quanto le omicide bugie che sottendono l’assassinio premeditato.

    Talento uguale invidia in chi lo ammira, lo guarda e se ne vorrebbe impossessare, rubandogli la vita.

  2. Una storia vera (1999)
    Straight
     sta per dritta, ma anche per semplice, ché semplice non è mai, quando si vive in questo nostro Mondo.
    Augurandoci un Paradiso che non esiste, (r)esistiamo, oggi allegri, domani arrabbiati e dopodomani “pazzi”, in questa Terra già sconsacrata dalla sua purezza originaria. Viandanti in cerca della nostra redenzione e d’un ricongiugimento affettivo con un fratello lontano, che ha sfiorato la morte, per cui trepidiamo, per cui sogniamo ancora nelle praterie su un trattore, negli occhi d’un “vecchio” saggio, il cui talento è la vita che brilla nelle sue iridi. “Stanche”, linde come il primo respiro “materno”, (dis)illuse, “veliere” on the road, sofferenti, preoccupate, angosciate, col gusto ancora del sospirarla e di tutto ciò che la sua grande anima ha esperito.

    In questo capolavoro non c’è “trama”, non c’è “niente”, c’è tutto.
    Immenso.

  3. Heat La sfida (1995)
    Nessuno ha “talento” in questa storia di uomini e di donne.
    Di grandi perdenti nella Notte, di gatti e topi, di rapinatori innamorati, di sbirri moralmente più giusti dei loro matrimoni sbagliati, di un’adolescente abbandonata e recuperata in extremis, di folli corse in macchina e sparatorie da polveroso western.

    La poetica di Mann è un talento aggiunto.

  4. Shutter Island (2009)
    Che talento hanno questi angeli perduti?
    Internati in un manicomio formato Alcatraz.

    Dopo pochi minuti, leggiamo una scritta: anche noi abbiamo amato, anche noi…

    E, nella “mostruosità” del proprio Cuore rubato, l’agente Daniels scopre che è ancora un Uomo.
    Ed è così, infatti, che vuole morire, nella straziante scena d’un finale “tragedicamente” annunciato.

  5. L’anno del dragone (1985)
    Chinatown è un posto di serpi, un Mickey Rourke mai così in parte, che cambia “colore” di capelli a ogni inquadratura “brezzolata”, insegue la sua preda, flagellandola in uno scontro a fuoco secco quanto epico.
    La vita va avanti e, il Giorno dopo, la tua Donna ti aspetta.
    Anche se che sei una merda come il “cattivo”.

    Il talento dell’amore.

  6. Il Cavaliere Oscuro (2008)
    Batman contro il Joker.
    Invero, Batman è uno psycho puro, non per niente Christian Bale ne riveste la “tuta”, i panni nerissimi.
    Ma è un matto che combatte per il bene, il Joker è un folle terrorista senz’arte né parte.

    Il talento d’una follia maggiore, perché orientata al benessere.
    Nonostante tutto.

  7. La sottile linea rossa (1998)
    La Natura primitiva e cosmogonica è il talento che l'”uomo” ha ucciso per stupide guerre a bruciarla.

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