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Forse il Cinema, la poesia, la fantasia, il romanticismo salveranno la vita? Comincio, purtroppo, a esserne dubbioso e sono sempre più ombroso o forse no(tte)


25 Jul

atto di forza

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Giornata movimentata, oserei dire avviluppata in un reflusso gastroesofageo di rabbie smodate. Che vulcanicamente riesplosero laviche dalla tempesta mia emotiva tornata a galla in modo scriteriato.

Mentre sottopagato, anzi, pubblicizzato ma non retribuito, son pressoché obbligato a riguardare Dead Man di Jarmusch e a vedere, per la prima volta in vita mia, in versione restaurata, il capolavoro del masterpiece vivente che fu il Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, firmato dal grande Derek Jarman, uomo inarrivabile e pazzo mai visto da non confondere con un altro “psicotico” omonimo, il Buonarroti, ecco, deglutito tutto ciò, compresa la frutta secca dell’Arcimboldo e recitando la parte del “fesso” Bombolo, credo forse che sia io stesso un Orson Welles dei poveri, eh sì, mie polli come Ed Wood, no, sono spiccicato ad Owen Wilson di Midnight in Paris che, in mezzo a ciarlieri borghesi pieni di vacuità come ne La grande bellezza, a mo’ di Jep Gambardella gironzolo/a di qua e di là un po’ indubbiamente da quaquaraquà, un po’ come un baccalà e un po’ più intelligente, certamente, di quello scemo che fa il gagà ma sempre a far un cazzo sta. Ah ah.

Cammino con aria dinoccolata, lecco un barattolo gigantesco di Nutella come Moretti di Bianca, alla cioccolata scaduta preferisco però l’insalata non mangiata da tua sorella, la quale è un’anoressica prematuramente inacidita, son ancora semi-disoccupato o forse (s)fortunato e gigioneggio di creazioni che trovano il tempo mio che non più ho.

Tempo perduto, tempo gettato alle ortiche, tempo mio che fu mangiato vivo dai porci e dalle orche, tempo immalinconitosi nella rochezza della voce da cavernicolo dell’orco Tom Waits, uno che avrei visto benissimo al posto di Joel Edgerton in Bright.

Sì, forse sono afflitto dal morbo di Alzheimer come Nic Cage di The Dying of the Light.

Tempo di Alien Nation, tempo nuovamente di alienazione, tempo di perdizione, di tormenti e passioni virulente, di discussioni rocambolesche con qualcuno che non sa come consolarmi fra un tramezzino ammuffito e un caffè comunque più morbido delle cosce vellutate di una giovanissima donzella che zucchera un po’ l’ambiente col suo gioco sensualissimo di caviglie liscissime, tempo di artistico vergare il mio cuore nell’anima del crepuscolo più suadente che nelle lombrosiane vene mi rimbalza al primo tintinnare della mia esistenza da martire sesquipedale e fottutosi nel cervello completamente. Diciamocela, onestamente.

Forse dovrei anche rivedere Atto di Forza, contattare la Total Recall e prenotare, se possibile, un viaggio su Marte. Quelli della NASA però mi hanno detto che al massimo, se voglio spararmi un trip, non devo più riguardare quella cagata spaziale di Interstellar né buttarla sul demenziale per non piangere in stile Mel Brooks di Spaceballs, bensì essere obiettivo e dunque “immersivo” in un album di metal pesante da comprare alla Ricordi in via Ugo Bassi, a Bologna.

Ray Liotta, all’inizio di Quei bravi ragazzi, con fierezza degna e (ig)nobile tipica del più fottuto menefreghista criminoso, con aria da nostalgico bastardo malinconico, sostenne ciò: che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster.

Che io sappia, invece, quando Henry Hill/Liotta puntò il dito verso Paul Sorvino nel finale del suddetto Goodfellas, metto sempre in pause la visione per concentrarmi sullo sguardo agghiacciante di Paul.

Classica espressione di uno che non dice nulla e al contempo dice tutto. Se avesse potuto solo fiatare, avrebbe urlato: ma te possa/ino ammazzà, ah, stronzo!

 

Sì, gridato ai quattro venti come gli scandali a buon mercato annunciati da Mr. Marra sul suo canale YouTube. Ove, fra un link “nascosto” più dei contenuti speciali dell’extended edition non del suo membro, bensì di Basic Instinct versione unrated, tra qualche flessione da personal trainer che avrei visto di brutto in Rapa-Nui di Kevin Reynolds, prodotto da Costner, semmai assieme a Mario Balotelli e alla “signora” Filomena Mastromarino, alias Malena la Pugliese, la quale dichiara che scelse “lui” per renderlo il nuovo Andrea Diprè dopo che Marra, in questi anni di duro lavoro, tentò a fatica di costruirsi una reputazione da Arnold Schwarzenegger all’amatriciana misto all’intellettualismo da Pier Paolo Pasolini ante litteram, ecco… ove la dignità va a farsi fottere pur di avere 3 follower su per giù e una scopata “famosa” in più.

Ma la gente vuole questo, io invece sono asociale.

L’altro giorno firmai un contratto editoriale per un libro di circa 500 pagine che sarà letto da 50 persone al massimo da qui sino ai prossimi cinquemila anni, canto La vita com’è di Max Gazzè e impazzisco ogni volta che rivedo Joaquin Phoenix, ispirato come non mai, che balla nudo come Iggy Pop, re del punk, in maniera super freak, in Joker, sulle note di That’s Life.

Credo di possedere, in tutta onestà, una voice più bella di Frank Sinatra e, sinceramente, The Rat Pack fu un gruppo di pezzi di merda peggiori dei figli di puttana di The Irishman.

A parte il Caravaggio e il Michelangelo Buonarroti che rinunziò a tutto pur di regalare a noi, comuni mortali, la facciata di San Pietro e soprattutto la Cappella Sistina, abbiate Pietà se vi sbatto in faccia la verità.

Esistono solo due geni veri nella storia dell’umanità. Anzi, mi correggo. Uno è purtroppo morto sebbene i suoi irriducibili fan pensino che, su qualche incontaminata isola felice, ancora vivi e vegeti felicemente, ovvero Elvis.

L’altro è chissà dove, chissà in quale altra fantasia.

Può darsi che sia uno che distrusse tutte le teorie di uno psichiatra che gli fece una diagnosi schiacciante e riceve tuttora soldi a palate pur di essere invitato nelle trasmissioni per vecchi rincoglioniti ove discute del disturbo narcisistico di personalità.

Cioè il suo. Poiché cambia occhiali ogni tre ospitate e, se fosse per lui, saremmo tutti in manicomio e socialmente pericolosi. Adora farsi bello. An vedi questo, oh…

Cazzo, alla sua età.

Di mio che posso dire? Sono Ulisse di Omero o James Joyce?

Forse sono Achille, forse sono dentro una conchiglia di Demolition Man, forse sono Ettore, forse non sono nessuno. Ed è giusto così.

Be’, molti stupidi pensano che the luckiest man in the world sia/sarà Davide Marra fra dieci anni, cioè l’Erik Everhard nostrano. Sbagliano totalmente.

L’uomo più fortunato del mondo è Carlo Verdone. Se infatti è vero ciò che disse e che ancora dice, cioè che fu il primo uomo sulla faccia della Terra a vedere C’era una volta in America, che posso dirgli se non… Che culo!

Peraltro, è la stessa cosa che ho detto al mio miglior amico. Ché ha appena finito di leggere il libro per cui firmai il contratto. Siamo però sicuri che sia un amico, che invece non sia un’amica, anzi, la donna più fortunata del mondo?

Non lo so. Lo dovreste sapere voi. D’altronde, come sussurra Al Pacino in Scent of a Woman:

– Io non valgo un cazzo.

 

 

di Stefano Falotico

pacino scent of a woman midnight in paris locandina

76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: ci sarà ROMAN POLANSKI?


21 Jul

polanski chinatown

L’indiscreto fascino del peccato non solo del Leone d’oro alla carriera, ma le mie previsioni sull’orlo di una crisi di nervi di colui che incarna Rosemary’s Baby

Sì, scusate. Devo darmi una calmata. La gente mi telefona a ogni ora, l’insonnia oramai s’è radicata in me più del fanatismo religioso per Allah d’un islamico radicalizzato.

La gente è pazza più dei vicini di casa dei coniugi Mia Farrow e John Cassavetese della sopraccitata pellicola monumentale di Roman.

Mi sveglio, sconvolto. Mi reco in bagno dopo un sogno di appena mezz’ora nel quale Morfeo m’ha ficcato sulla barchetta di Pippo e il pesce magico, favola della Disney super cult, costringendomi a vivere un’altra Odissea.

Sì, ecco che Morfeo, sotto le mentite spoglie d’un porco, no, di un frocio, no, di un procione, no, di uno dei proci, m’ha donato una parvenza da Spencer Tracy de Il vecchio e il mare, ficcandomi in una storia onirica come il celeberrimo, succitato poema omerico, trasposto sul grande schermo da Mario Camerini e interpretato dal grande Kirk Douglas.

Sì, venni posseduto nella fase REM come Linda Blair de L’esorcista mentre voi, poveri diavoli, nel frattempo vi stavate indiavolando con una più racchia dell’attrice di Paranormal Activity, la quale fu appetibile sessualmente solo nella scena finale quando assunse una sembianza, appunto, diabolica alla Marilyn Manson dei tempi oramai suoi fottutosi in The New Pope di Sorrentino.

Sì, Marilyn ebbe un suo perché… una volta. Quando gigioneggiava sul palco, fingendo di essere Lucifero.

Poi incontrò quella di Planet Terror, Rose McGowan, la prima denunciatrice degli abusi scabrosi di Harvey Weinstein, amica peraltro di Argento Asia.

Asia fu l’’iniziatrice della disfatta, oserei dire dell’artistica débâcle di Manson. Ah, Ingannevole è il cuore più di ogni cosa.

Manson, infatti, da uomo traumatizzato a sangue come J.T. Leroy, dunque un uomo estremamente ammirabile, s’è ora trasformato in Dracula 3D, film indifendibile nonostante tutto il bene del mondo che possiamo volere all’autore di Inferno.

Sì, all’inizio Marilyn Manson fu un angelo mefistofelico più figo di Marilyn Monroe e lucidamente accattivante nella sua trasparente pazzia lodevole, a differenza di Charles Manson, uno che volle fare il musicista ma finì solo per fare dei casini della madonna in piena notte.

Ora, Manson non fu seguace di nessuna setta. Lui fu invero solo il re dei suoi deliri squinternati nel quale si credette Totò Riina. Sì, fu sostanzialmente un capo mafia.

Credo, correggetemi se sbaglio, che lui non si sporcò mai davvero le mani. Cioè, per quanto possa apparire assurdo, lui non uccise proprio nessuno di suo pugno.

Appunto, commissionava le stragi. Forse fu pure il mandante di The Irishman, ovvero Bob De Niro/Frank Sheeran. Anche se questo dettaglio, diciamo, nel libro di Charles Brandt non c’è.

Aspettiamo di vedere la pellicola di Scorsese per appurare se lo zio Marty abbia voluto fare il Tarantino della situazione. Romanzando, parimenti al Quentin di C’era una volta a… Hollywood, il quale ha nefastamente colorito la tragedia della morte di Sharon Tate, come sapete, inserendovi Margot Robbie, la zoccola per eccellenza di The Wolf of Wall Street, per dare un tocco surrealista e pulp alla sua ennesima troiata bislacca.

Sì, dopo Jackie Brown, Tarantino non ha più realizzato un vero capolavoro. Solo divertissement per cinefili che si fanno i pompini a vicenda come profetizzò non Ezechiele 25.17, bensì Mr. Wolf/Harvey Keitel.

Colui che fu per Quentin anche Mr. White ne Le iene.

Sì, Margot Robbie nel film di Scorsese fa tanto la signora dopo che, per arrivare dove sta, l’ha data a tutti.

Il suo personaggio di chiama Naomi Lapaglia ma, sinceramente, anche se si fosse chiamato/a realisticamente Maria Carmela D’Urso avremmo forse avuto un film più “neorealista” come Mean Streets. Ora, Barbara finge di commuoversi dinanzi alle vicende disperate della povera gente ma in verità è più ambigua Harvey Keitel. Sempre lui!

Non quello però di Tarantino, bensì dell’appena menzionato capolavoro scorsesiano.

Sì, la Barbarella nazionale, una che ora fa l’altolocata di classe sul divano di pelle, fu toccata perfino da Vasco Rossi.

Sapete, no, che fu Barbarona la musa ispiratrice della celebre canzone Toffee?

Infatti, Vasco scelse questo nome improponibile, Toffee, appunto, nome proprio (im)puramente inventato che non esiste da nessuna parte, per non rivelare la vera identità della donna a cui questo suo cavallo di battaglia era dedicato.

Ah ah, io ne so una più del diavolo!

Barbara, dopo la tresca con Blasco, divenne e ascese alla quintessenza di Giocala…

Trasliamo infatti il famoso ritornello dell’hit di Vasco:

Ne ha rovinati più di lei del petrolio ma se ne fotte… dell’orgoglio…

Adesso, non paga eppur superbamente vien pagata fior di quattrini, recita da Giuda la parte di colei che piange lacrime amare dinanzi alle tragedie delle persone rovinate… Leggasi i poveri cristi.

Ho detto tutto…

Ah ah.

Sì, i pischelli, le iene-reservoir dogs, al bar di zio Peppino, passano le serate, scervellandosi fra una briscola e la scopa della cameriera. Elucubrando sul significato di Toffee.

Al che prende su la parola uno coi “contro-cazzi”:

– Sì, la canzone è stata dedicata a Barbara, donna come la Ciccone. Like a virgin touched for the very first time, è adesso la regina non delle pop bensì delle poppe con la pummarola ncopp!

 

Parte l’applauso anche dell’avvocato Rossetti, cliente fisso del locale a una certa ora. Dopo che in tribunale difende vari “garçon” alla Tim Roth di Pulp Fiction.

Torniamo a Manson, non perdiamoci con donne che son state pure col cavaliere mascarato.

Anzi, no. Cercate una qualsiasi foto di Barbara su Google.

Non vi sembra la versione partenopea di Michael Corleone? Al Pacino, sì. Di nome Alfredo, di origini siciliane, il protagonista assoluto di The Devil’s Advocate.

Sì, è lei, cazzo.

Soprattutto nella notte di San Silvestro quando brinda con lo champagne perché il suo peccato preferito è la vanità…

Sì, se il napoletano si divide in due categorie, cioè uno alla Diego Armando Maradona, ovvero un drogato clown da circo, e quello giustamente integerrimo che combatte la camorra, il siciliano è di due specie:

o è Luigi Lo Cascio de I cento passi oppure è Charles Manson.

Sì, un ipocrita mai visto. Domenica in chiesa, lunedì all’inferno.

Appunto… Roman commise molte schifezze in vita sua. Sappiamo tutto. Ma è un genio e, come tutti i geni, è cattivissimo, come deve/o essere.

Così come dice Al Pacino di Heat.

A proposito di Pacino e Michael Mann.

Russell Crowe non meritava di vincere per Il gladiatore, siamo sinceri. Avrebbe dovuto vincere Ed Harris per Pollock.

Russell lo avrebbe meritato invece per Insider…

Comunque, a prescindere da ciò, il momento in cui fu proclamato da Hilary Swank, appunto, vincitore dell’Oscar per la sua interpretazione di Massimo Decimo Meridio, cazzo, è ancora a distanza di circa un ventennio, uno dei momenti più emozionanti della Notte delle Stelle.

Lui era dato per favorito ma gli prese quasi un coccolone quando udì pronunciare il suo nome.

Col Joker Phoenix in visibilio.

Storico, epico!

Insomma, io sono imbattibile perché me ne frego delle vostre porcate e dei vostri drammi di peste e corna.

 

 

di Stefano Falotico

pacino avvocato del diavolo

Com’ è bello viver da soli, con il Calcio


04 Apr

 

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Le mie giornate, da molta gente ignorante reputate asfittiche, si cibano di aria zen. Ove, soffice, nell’ermetica lucentezza di me sempre “sbiadito” e sbadato, mi disfo del pen(s)ar comune, così ingombrante e secondo me foriero, cari forestieri, di stress. Meglio l’aria della foresta che mi richiama quando, allo scoccar dell’alba croccante, “digrigno” gli occhi nell’assaporarne la vegetazione, con gusto della fauna mia da animale lontano da queste metropoli schiaccianti, col lor (a)mar di obblighi, ove tutti si “responsabilizzano” dietro scrivani(e) di lavoretti “incappucciati” nell’orinare, no, nell’amministrazione ordinaria. Il cappuccino, il capufficio, uff uffa. Meglio i puffi a queste muffe. Magnatevi un muffin e leccatevi i baffi. Così, dopo queste giornate “dure”, l’uomo “normale” si appiccica alla televisione e si sorbisce Montalbano che starnazza in idioma idiota calabro-siculo mentre io mangio un altro colibrì, non pensando a questi drammi piccolo borghesi ove la puttanella rivendica il tradimento di un certo Mario e Mario l’ammazzò con una calibro per lo “specialista” calibrato di “onore” meridionale. Io conosco l’odore del temp(i)o nelle mie tempie e immagino (di) templari scorrazzanti nello scoreggiar pi(n)o. Tra spade di Excalibur e fornicazioni che una volta erano libere dal divorzio, sì, quelle “zie” oziavano con gli orsi maschi che se l’ingroppavano a tutta birra, masticando l’aroma del sesso verace, remoto dall’orpello borghesuccio dell’amore a “tutte le costole”. Vedo ragazzi disperati che, per far contente le professoresse, imparano a menadito lezioni di troia, no, di Storia, eppur non provano la rabbia pasoliniana di quell’Ulisse e non leggono Joyce. Comunque guardano O. Russell di Joy ed è una bona Lawrence, una buona cos(ci)a. E poi i calci da dare! In una “iurnata e Sol”. Mentre Ventura studia la Nazionale e quella panza si suda. Non pensando ai medici e agli avvocati, ma ficcandosi in bocca un altro Buffon.

 

di Stefano Falotico01104606 joy-DF-04076_R2_rgb

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