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L’ESORCISTA di WILLIAM FRIEDKIN? No, ho le corna in testa, miei cornuti. Mangiate e usate i cornetti, evviva Il rito!


07 Apr

91785870_10216129042721679_259445771621892096_oQuesta è la video-recensione gigionesca. Oserei dire giullaresca. In tempi di quaresima, no, quarantena, questo è il film che fa per voi. Per me, non lo so. Per molti anni infatti fui monastico, forse solo iconoclasta. Ah ah.

Il ritratto iconografico di un uomo sfigato, sfigurato, indemoniato, sfregiato, crocifisso o forse solo appeso a un chiodo, cioè il mio giubbotto di pelle. Fui sul punto di sfiorare la santità. Invero, persi la mentale sanità. Ma la recuperai, sì, diventando superiore a ogni monaca superiora di clausura e battendo pure ogni monco. Adesso, anche le donne angelicate vogliono possedermi ma continuo a preferire Maruschka Detmers di Diavolo in corpo L’ora di religione.

Non sono per niente fin… o, bensì un uomo alla Bellocchio, è inutile che mi facciate il malocchio, figli di ntrocch’.

Non potete farmi nulla se non, per rabbia, divenire blasfemi e malsani, inverecondi e iracondi da Pugni in tasca.

Comunque, L’esorcista non fa paura a nessuno. Neanche a gente ingenua e campagnola che adora L’esorciccio. Cari ciccini, da piccolo massaggiai il mio topolino Ciccillo, regalatomi da miei parenti lucani. Ricordate, non si sevizia un paperino…

Ah, parenti serpenti, anche loro spesso irascibili, dunque vulcanici. Però Ciccillo è un nomignolo partenopeo, suvvia, non facciamo i napoletani e i vesuviani.

In Sicilia vi è l’Etna, scrissi il libro Il diavolo è un giocattolaio ma, a differenza di ciò che afferma Anthony Hopkins in questo film, non sono un ingannatore. Anthony dice, a ragione, che la gente mente a sé stessa per non affrontare la realtà.

Dunque, spesso magnifica C’era una a…  Hollywood di Tarantino perché, secondo me, è più frustrata di Charles Manson.

Diciamo che io fui ingannato, quasi scannato, da gente troppo perbenista sistemata, come si suol dire, perbenino.

Insomma, Rambo mi fa un baffo. Anzi credo che, come Mefistofele, sia pure cornuto. Infatti, Rambo è ascetico. In tutti i film della saga, il secondo peraltro è una sega, cavalca solo stalloni di razza.

Comunque, sì, Rambo è un puro. Un unicorno.

Facciamo i seri!

Ma aggiungerei questo. Conobbi molti psichiatri. Sono fissati con la schizofrenia. Per forza, la loro moglie è posseduta dai loro pazienti più deliranti. Gli psichiatri fanno credere loro di essere pazzi quando in verità vi dico che vogliono solo sedarli, altrimenti chiederebbero il divorzio, da soli impazzirebbero e comincerebbero a seguire le repliche di Gabriele Amorth.

Questa battuta o la capite oppure siete da manicomio come il fratello della co-protagonista di questo film. Internato a 19 anni.

Oggi, recensiamo una pellicola piuttosto recente. A nostro avviso, leggermente sottovalutata dalla Critica, ovvero Il rito di Mikael Håfström (1408).

Il rito dura un’ora e cinquantotto minuti e fu distribuito, tramite la Warner Bros, sui nostri schermi l’11 Marzo del 2011.

La sceneggiatura è di Michael Petroni ed è ispirata (suggested by…) al libro saggio di Matt Baglio, cioè The Rite: The Making of a Modern Exorcist, da noi tradotto ne Il rito. Storia vera di un esorcista di oggi.

Trama:

Michael Kovak (l’esordiente al lungometraggio Colin O’Donoghue) è un giovane statunitense che lavora per suo padre Istvan (il compianto, grande Rutger Hauer), impresario di pompe funebri.

Per emanciparsi dalla tradizione di famiglia piuttosto macabra, funerea e cimiteriale, controvoglia s’iscrive in seminario. Michael non possiede alcuna vocazione religiosa ma, durante una notte lugubre e tempestosa, assiste una ragazza scampata, per miracolo, a un grave incidente stradale.

Il suo mentore spirituale, Padre Matthew (Toby Jones), assistendo all’evento, rimane impressionato dal modo graziosamente caritatevole e fino col quale Michael s’approcciò alla ragazza, consolandola e benedicendola con parole di estrema, profonda delicatezza.

Al che, stupefatto e commosso dalla spiccata, forse innata indole di Michael per le persone disperatamente angosciate, lo dissuade dall’abbandonare il suo percorso ecclesiastico, raccomandandolo invece, come rappresentante speciale della diocesi, a Lucas Trevant (Anthony Hopkins).

Un prete ritiratosi a vita privata che, a Roma, esercita la missione di esorcista. Da lui praticata nella segretezza spettrale della sua fatiscente casa immersa, forse, nella quietezza e nel buio misterico e ancestrale non soltanto della città eterna per antonomasia, bensì metaforicamente nelle viscere dell’eremo, potremmo dire ermetico e persino dogmatico, del suo cuore tenebroso di uomo afflitto da una perpetua fede perennemente, religiosamente tormentata. Interiormente combattivo contro ogni ateo e indefesso, caparbio sostenitore del suo dubbioso eppure inscalfibile, permanente credo religioso granitico e incrollabile. Anche forse infallibile…

Trevant è infatti convinto, malgrado le perplessità e lo scetticismo della medicina psichiatrica, che il diavolo esista realmente e che davvero, in molti casi di ragazze possedute, nelle loro menti e nelle loro anime sconvolte, non risiedano ragioni di natura psicologicamente perturbante. Sì, secondo lui, il maligno alberga viscidamente in loro e se ne celi con scaltra, pericolosa malizia. Quindi, a suo avviso, gli scompensi delle donne e anche degli uomini affetti, potremmo dire, da deliri demoniaci, fermamente non credo che siano spesso razionalmente e scientificamente spiegabili.

Intanto Michael, nel frattempo ancora incredulo e miscredente, incontra una giornalista, Angelina (Alice Braga), giunta nella capitale per prendere informazioni da vicino, facendo ricerca sul campo, come si suol dire, riguardo lo strano, occulto fenomeno dell’esorcismo. Frequentando, d’altronde come Michael, le lezioni a riguardo, tenute dall’inquietante Padre Xavier (Ciarán Hinds, religioso ambasciatore in Silence e il suo ruolo, per l’appunto di Mefisto in Ghost Rider – Spirito di vendetta, probabilmente docet).

Ovviamente, nell’ultima mezz’ora, a Michael salteranno molte certezze poiché verrà divinamente messo alla prova quando lui stesso sarà costretto a esorcizzare il suo maestro.

Ecco, Il rito è un film mediocre, certamente. Ma, come scrittovi a inizio recensione, le bassissime medie recensorie piovutegli addosso impietosamente, ai tempi della sua uscita nelle sale, col senno di poi c’appaiono ingiustificate e del tutto ingrate. Diciamo, furono superficiali ed esagerate.

Poiché Il rito, a dispetto di molte banalità e di alcune gratuite scene ad effetto piuttosto scontate, può vantare una bella, suggestiva scenografia e può avvalersi, come soventemente accade, di un Hopkins in ottima forma gigionesca e carismatica. Il cui ruolo sarebbe da confrontare, di parallelismi meta-cinematografici, col suo meraviglioso papa Ratzinger de I due papi.

Il suo Trevant, peraltro, è una sorta di versione religiosa, antipsichiatrica del suo celeberrimo cannibale Hannibal Lecter. Come sappiamo, freddo, analitico e spietato esploratore dell’animo più antropofago e carnale, sottile, perfido e viscerale indagatore perfino del suo corpo e della sua psiche totalmente sconsacrata, elevata, intellettuale ma anche animale.

Inoltre, la tetra fotografia di Ben Davis non è quasi mai da cartolina. Come invece purtroppo accade coi film stranieri girati nel nostro Paese.

Il rito mantiene anche un buon ritmo e, in più punti, sa intrattenere con dialoghi intelligenti, inchiodandoci alla sua visione con una ben distillata tensione.

Il rito è un film che merita un’immediata, ampia rivalutazione.

L’unico, vero difetto vistoso che possiamo imputargli è sinceramente quello di avere, nel suo eterogeneo e multinazionale cast, Maria Grazia Cucinotta. Presenza qui, come non mai, puramente accessoria e inutile, per di più mal utilizzata.

La Cucinotta interpreta, con pochissime battute all’attivo, Andria. Vale a dire la madre di Rosaria, la ragazza indemoniata, incarnata invece dalla brava Marta Gastini.

L’esorcista dei vostri demoni interiori: The Irishman è un capolavoro, i cinecomic non valgono Joker, Marra e il critico Alò sono Linda Blair indemoniata e io invece il curatore di ogni grammatica, anche cinematografica di tutte le anime malate

Ora, l’altra sera rividi Il rito con Anthony Hopkins.

Già vi narrai degli antefatti che stettero alla base della mia illuminazione, ah ah.

Sì, eppure con perizia, non psichiatrica, bensì minuziosa e ponderatamente calibrata, discendendo alle origins del mio Joker o forse del mio Superman, dopo le furie mie vendicative da Uma Thurman di Kill Bill defraudata della sua purezza delicata da donna forse quasi angelicata, perdonando ogni inventore di fandonie e combinatore di porcate come David Carradine, uno che, più collezionista di fumetti fu solo un fumato archivista di nefandezze, benedicendolo dall’alto della mia maestria e della mia giusta sofisticatezza, senza trucidarlo con mosse da disciplina di Hokuto alla Ken il guerriero, su musica epica di Ennio Morricone, volai nel vento, sublimando ogni trauma patito nella costernazione più evidente.

Ogni mio trauma fu rinsavito, non so però se sarà beatificato o glorificato, miei uomini ingrati.

Dopo lotte fratricide assolutamente evitabili eppure tremende, dopo varie amnistie concesse ai miei contendenti che provarono a distruggermi psicologicamente con bieche reprimende dolorose quanto le ferite inferte da oggetti appuntiti e contundenti, dopo tanto mio e loro ottundimento, dopo psicanalisi miei reminiscenti un passato non proprio lucente, dopo tanti equivoci e fraintendimenti, dopo perfino che persi la mia mente, dopo molti anni passati nell’oscurità del mio tenebroso solstizio assai poco brillante, sì, mi tolsi qualche sfizio e mi liberai di vecchi, patetici vizi aberranti.

Ritornando lindo, fulgido, forse ancora un po’ dal mondo fuggitivo eppure non più schivo né schiavo.

Insomma, risorsi rifulgente, digrignando dapprima i denti, enormemente soffrendo. Quindi sciogliendo ogni mio interiore nodo poco smagliante con indagini riflettenti questa vita vostra da fetenti, persino sbudellandomi le interiora tormentosamente, mi mostrai non più mostruoso o malmostoso, bensì mi denudai più esteriormente ancora ruggente. Non più arrugginito.

Giammai fatiscente, talvolta volontariamente deficiente e maledetto decadente eppure non ancora decaduto né perduto in questa società rabbrividente.

Applauso! E che sia sc(r)osciante.

Confessando l’atroce verità con ilare onestà straziante, redimendomi da una vita troppo mia mentalmente abbiente, dunque malvista dai ricchi possidenti moralistici però ipocritamente materialistici e loro, sì, davvero nella vita perdenti anche se nella figa indubbiamente spesso scalpitanti e molto ficcanti, ridendo di me stesso con autoironica beltà auto-strafottente, mi ridestai nuovamente. Gioendo interminabilmente.

Smascherando molti vili che, mentendo a sé stessi con gratuità sconvolgente, si credettero fortemente virili quando in verità vi dico che furono e sono ancora uomini inutili adatti al porcile solamente.

Parliamo ora, con cognizione di causa e forse il mio ancora aperto caso, della malattia mentale, delle possessioni demoniache reale e dei vostri mali di vivere soventemente immaginari da ipocondriaci incurabili… irreversibilmente.

Fate venire il latte alle ginocchia, sì, voi uomini che vi credete mentori ma, invero, malgrado le vostre maschere da vincenti, non valete niente.

Parlate di gnocche, pensando di essere fighi nell’apostrofare il prossimo con superficiali patenti di sfigato e/o stolto nullafacente quando in verità vi dico che è esattamente nell’inverno del nostro chiuderci dentro che gli uomini e le donne trovano un’esistenza pienamente sentita, dunque interamente soddisfacente.

Ora, va fatto però un importante distinguo. Se gli uomini si aprono troppo, fanno la figura dei pagliacci. Se le donne chiudono eternamente, diciamo ermeticamente anche le loro gambe infinitamente, finiscono a fare le suore imperituramente.

Detto questo, voi credete all’esorcismo?

L’esorcismo è innanzitutto tutt’ora in voga, una pratica oscurantistica giammai superata e ancora segretamente attuata.

Molte donne possedute, forse non dai mariti, neppure dagli amanti, non vi credono e trovano la catarsi delle loro isterie nello yoga. Forse solo mangiando molti yogurt.

L’esorcismo viene praticato anche negli ospedali psichiatrici.

Sì, provate a recarvi all’Ottonello di Bologna o in cliniche specializzate ai mentali (mal)trattamenti come Villa Baruzziana, ne prenderete coscienza, orrendamente.

Persone addolorate, scioccate da tristissimi eventi a loro occorsi per sfortunate circostanze agghiaccianti, finiscono al pronto soccorso di tali posti orridi ove vidi molti preti benedire gli ammalati, lavandosene poi le mani dopo aspersioni poco nell’acqua benedetta. Semplicemente perché, bestemmiando, i traumatizzati furono scambiati per esseri indemoniati.

Perciò per assatanati malati.

Ora, assistetti dal vivo anche a delle ninfomani e a dei maniaci sessuali. Internati poiché, diciamo, troppo le loro voglie bollenti furono da loro, senza vergogne/a, esternate con far esageratamente, incontenibilmente effervescente. Ma non andarono sconsacrati, a mio avviso avrebbero meritato l’assoluzione abluente e spurgante ogni loro peccato carnalmente affliggente nel perdonare i loro desideri più ardenti delle fiamme dell’inferno.

Torniamo a Il rito.

Anni fa, come già vi raccontai, incontrai un ragazzo col quale divenni amico.

Fu lui a propormi di andare a vedere, nell’oramai remoto, mica tanto, 2011, tale film assai sottovalutato.

L’anno prima, peraltro, mi portò a vedere l’inguardabile L’ultimo esorcismo.

Mentre, quando m’invitò a casa sua per bere assieme amichevolmente un caffè, di notte si collegò spesso su Rai 3 per visionare le repliche molto serali concernenti le pratiche esorcistiche di Gabriele Amorth. Oggi morto.

A cui fu dedicato un film particolare, recentemente, da William Friedkin. Indimenticabile autore de L’esorcista.

Fu allora che cominciai benevolmente a nutrire dei sospetti su di lui da fine indagatore à la Mindhunter.

No, non mi trovai di fronte a Dente di fata di Manhunter né dinanzi a Errol di True Detective.

Bensì dirimpetto a un ragazzo che sublimò le sue mancanze, anche sessuali, nel delirio maniaco-religioso meno a sé stesso provvidenziale. Forse però assistenziale…

Poiché alle superiori fu immondamente bullizzato da coetanei empi che lo umiliarono in maniera pazzesca ed allucinante. Cosicché il suo vuoto s’illuse di riempire, sublimando nel suo solipsismo spirituale ogni angoscia, frustrazione sua mal assorbita e mai sopita, nel fare molto l’elevato sofista amante degli esorcisti.

Naturalmente, per esorcizzare sé stesso, inconsciamente, liberandosi in modo effimero, sterile ed estemporaneo da ogni male oscuro suo di natura irrazionale.

Detto questo, Hannibal Lecter mi fa un baffo.

Andiamo avanti.

Vedo ogni giorno persone derelitte che, pur di appagare le loro vite miserabili, comprano pure dei rettili orripilanti da tenere in casa. Dato che, a quanto pare, il loro fare i vermi solitari non basta. Indossano pure gli anfibi più schifosamente colorati. Alcuni hanno anche i capelli cotonati come se non bastasse la loro vita ovattata.

Sì, la gente è viscida ma questi sono sinceramente ancora più repellenti e andati…

Ah, incontro un altro malandato per strada. La sua vita, come si suol dire, andò completamente a puttane.

Le uniche donne che, fra l’altro, non solo da tale individuo furono e vengono mal pagate, bensì mal palpate, più toccate di lui comunque, che gli donarono momenti di grazia.

Diciamo anche di fazzoletto e garze.

Ora, che c’entra The Irishman?

Da me il primo, così come disse Terry Gilliam, l’ultima sua mezz’ora m’apparve senilmente girata e scontata, addirittura retorica e didascalica.

Ma a ben vedere, rivedendola…

Frank Sheeran/De Niro sta nella sua stanza e l’infermiera gli misura la pressione. Lui le mostra la foto dell’amico Jimmy Hoffa. Personaggio che, ai suoi tempi, fu famoso quasi quanto John Fitzgerald Kennedy.

Hoffa fu da lui sciaguratamente assassinato.

L’infermiera non sa chi sia Hoffa e dice a Sheeran di stare soltanto buono e calmo ché deve misurargli, per l’appunto, la pressione.

Pensando già, fra sé e sé, che presto avrebbe smontato dal lavoro per incontrare il suo moroso. Andando al cinema a vedere Checco Zalone. Cado dalle nubi!

Quindi, come poterono avere il coraggio Marra e Francesco Alò ad affermare che The Irishman sia un filmetto?

Che dio vi benedica.

Come si suol dire, se non v’arrivate, andate riabilitati.

Ma, per caso, dove mai abitate?

No, non m’interessa. Mi piacerebbe però sapere come fate a vivere felici se il vostro cervello è disabitato?

Forse perché l’abito fa il monaco?

Capisco…

 

di Stefano Falotico

Nicolas Cage potrebbe essere il mostro di Firenze? Macché. I mostri fanno parte del mio mestiere


14 Feb

nic cage

 

Ora, se volete, leggete quest’articolo: https://www.nme.com/film-interviews/nicolas-cage-interview-color-out-of-space-2608157

Che ovviamente tradurrò per voi. Poiché, miei pelandroni, fate tanto gli esterofili ma, in fin dei conti, credo che non abbiate manco letto un libro in perfetto italiano dalla prima all’ultima parola, arrivando sensatamente alla parola fine. No, non voglio finirla qui, voglio appena iniziare.

Non sarà un’arringa ma forse, dopo aver scritto questo mio pezzo, aprirò il frigorifero e gusterò una fredda eppur cremosa meringa. Lei invece, signora calda da balli latinoamericani, la finisca con la Merengue.

Non faccia la piaciona, lei non piacerebbe neanche a Pietro Pacciani e Mario Vanni, i quali furono denominati, dalle autorità (in)competenti, compagni di merende.

In verità vi dico che vi fu un solo mostro di Firenze, cioè Hannibal Lecter di Hannibal. E lo scrittore Thomas Harris s’ispirò non poco al tristemente celebre Monster of Florence per allestire fantasiosamente, senza nessun riferimento (eh, come no) a persone, fatti ed eventi realmente accaduti, la figura cannibalesca del celeberrimo, succitato psichiatra killer.

Sì, quel Pacciani lì altri non fu che un povero cristo, altroché. Lo sa George Clooney, il quale da anni intende realizzare un film sulle macabre gesta dello Zodiac italiano. Cito apposta Zodiac poiché, così come strepitosamente descrittoci nel capolavoro omonimo di David Fincher, l’identità di questo folle tizio non fu mai scoperta. Costui, a mio avviso, in prima adolescenza avrebbe dovuto guardare Saint Seiya, ovvero I cavalieri dello Zodiaco e innamorarsi, con la testa fra le nuvole, di Martina Stella, una povera cretina abbonata sicuramente all’oroscopo Astra. Sì, sarebbe stato uno stupido qualsiasi.

Ora, chiariamoci, Ad Astra di James Gray è il suo film più brutto. Vorrebbe essere un incrocio fra 2001 di Kubrick, Apocalypse Now nello spazio e Il pianeta delle scimmie quando, nell’astronave del bell’uomo Brad Pitt, non compare un Alien di Ridley Scott ma una sorta di King Kong da Peter Jackson che sicuramente non sa che il nome della navicella del film, ovvero Nostromo, con a bordo la super figa che fu, Sigourney Weaver, donna che all’epoca poteva rendere un uomo primordiale, stimolando con le sue mutandine striminzite i più arrapati, invoglianti istinti maschili maggiormente primitivi da uomini di Neanderthal, ecco dicevo… quell’Adriano Celentano scimpanzé certamente non sa che Nostromo è anche il titolo di un libro di Joseph Conrad.

Ma che ne volete sapere voi, donne da quanto viene il pomodoro alla Conad, eh già, di Cuore di tenebra?

Vi credete sexy come Eva Mendes de I padroni della notte ma, a mio avviso, non solo non cuccherete mai Joaquin Phoenix e Mark Wahlberg ma non vi fila neppure l’oramai matusalemme Robert Duvall.

Insomma, siete donne che fanno venire solo du’ pall’. Invece io, non soltanto adoro Heart of Darkness ma anche Wild at Heart. Ed eccoci dunque arrivati a Nicholas Kim Coppola, sì, il nipote più famoso del mondo.

Altro che il folle tenente colonnello Bill Kilgore interpretato, per l’appunto, da Robert Duvall nell’opera magna coppoliana.

Nic Cage batte tutti i più grandi matti della storia. Che sia lui il mostro di Firenze? Mah, potrebbe pure essere.

Sì, Nic venne in Italia a girare quella schifezza di trasposizione tratta da Ennio Flaiano, diretta da un moscissimo Giuliano Montaldo, Tempo di uccidere.

Sì, è Nic il mostro di Firenze mai catturato.

Adesso, a parte gli scherzi, traduciamo il pazzo, no, il pezzo:

dopo una salita al potere, diciamo, da meteora durante la metà degli anni novanta, che include anche il suo Oscar nel 1996, Cage divenne una caricatura (di è stesso?). Rinnovatosi come animale da party e per aver dilapidato le sue fortune (o sua fortuna) in ogni cosa (o dappertutto), dalle teste rimpicciolite sino alla casa dei fantasmi di un serial killer a New Orleans.

 

Ah, vedete che ho ragione allora io? È Nic il mostro di Firenze, nascostosi a New Orleans ove girò pure Il cattivo tenente di Werner Herzog.

Nic è comunque un grandissimo. L’unico attore della storia del Cinema capace di passare da un film di Scorsese a Mandy.

Molti di voi, invece, a forza di seguire quel matto di Salvini, fate oramai discorsi di questo tipo:

– Stefano, l’altra sera ho fatto l’amore con un’extracomunitaria. Sono malato.

– Perché mai? Fu una prostituta che non usò precauzioni?

– No, una brava ragazza mulatta incontrata in un pub. Adesso, dopo il nostro incontro pubico nel bagno di quel locale pubblico, credo di essere stato contagiato. Sono malato, ho la malaria.

– Perché mai?

– Le donne di un altro colore sono delle lebbrose.

– Veramente? Da quando in qua?

– Anzi, Stefano, ti dirò di più. Gira voce che tu sia malato di mente e paranoico.

– E questo chi te l’ha detto? Una scema o una scimmia?

– Non me l’ha detto nessuno. Nei tuoi video fai delle strane smorfie.

– Ah, solo per questo? Quindi, a tuo avviso, sono ebefrenico-schizofrenico e forse pure malato di fobia sociale, giusto?

Non è invece che tu sei ritardato, vero?

– Perché dici questo?

– Sai, assomigli a un tizio che incontrai, per mia sfortuna, molti anni fa.

– Ah sì? E questo che fece?

– Ecco, di punto in bianco mi disse una cosa mostruosa. Facendomi credere che l’avesse detta altra gente?

– E quindi? Che vuoi dire invece tu?

– Ecco, questo qui aveva e ha ancora un allevamento di cani. Una sera, appena uscii dal mio stabile, tale instabile si presentò sotto la mia casa con un alano. Dicendomi che se non avessi scopato e non mi fossi laureato, mi avrebbe fatto sbranare dal suo mastino. Io entrai in psicosi.

– Invece tu sei ascetico come John Rambo e John Wick. Ora, vuoi vendicarti.

– No, stai sbagliando. Lo perdonai. Anzi, devo ringraziarlo. Involontariamente m’illuminò.

– Continuo a non capire.

– Sai perché il novanta per cento degli assassini seriali non vengono acciuffati? Perché anche i commissari e i poliziotti possiedono una cosiddetta vita normale. Sono troppo presi dai figli, dall’arrivare a fine mese, semmai hanno anche delle segreti amanti.

Io sono una delle poche persone al mondo che, sbattendosene altamente, può essere Matthew McConaughey di True Detective.

La mia mente è fredda, analitica. E, priva di distrazioni, può seriamente concentrarsi su ciò che altri non possono. O forse non ne hanno il tempo.

 

di Stefano Falotico

Federico Frusciante non ha capito nulla di JOKER: ha poco a che vedere con FALLING DOWN di Joel Schumacher ma ha molto da spartire con DOG DAY AFTERNOON e THE SILENCE OF THE LAMBS


29 Jan

Da circa un anno, sono in contatto con una ragazza per girare un cortometraggio. Al che, intervenni su un suo post in cui dissi, scherzando, che DiCaprio è meno bello di me.

Senza motivo alcuno, lei mi scrisse in chat che dovrei guardarmi allo specchio. Sì, dopo che lesse la mia sceneggiatura. Capace pure che me l’abbia fregata.

Ma chi cazzo credete di essere? DiCaprio lo vedrete col binocolo e mi sa che, se continuerete a tirarvela, vedrete anche qualcos’altro da lontano, di riflesso, diciamo.

Sì, quando m’incazzo, Vittorio Sgarbi mi fa un baffo.

Sono diventato uno psichiatra “cannibale” delle idiozie e delle battutine di cattivo gusto. Alla pari di Hopkins nella scena de Il silenzio degli innocenti in cui viene provocato dalla senatrice e lui psicologicamente la annienta, dicendole che i suoi capezzoli sono ora tropo duri dopo che allattò la piccola Catherine.

Al che, la senatrice gli urla che è un mostro orribile. Lui ridacchia e poi la sconvolge ancora. Rivelandole il nome dell’assassino, anche se non è lui.

Sì, per colpa di gente bigotta che me la combinò (s)porca, in questi anni mi sono indurito veramente troppo. Diventando una sorta di Matthew McConaughey di True Detective.

Un po’, anche, come Max Cady di Cape Fear.

Insomma, incontri Errol che vuole svezzare con crudeltà la verginità altrui. Col piccolo dettaglio che Errol ora ha di fronte uno più cattivo di lui. Questo non l’aveva previsto, però.

Sì, io sono amichevole, anzi amicale, spesso ammiccante con tutti. Tanto amico di tutti che, nel cammino della mia vita, fui accusato di essere solo come un cane.

Sì, poiché non attenendomi ai parametri istituzionali della borghesia felsinea, già ai primi vagiti della mia adolescenza tormentata, dunque già al fiorire di miei desideri, sin troppo pronunciati e marcati, presto stigmatizzati e marchiati, verso le vagine più rimarchevoli, eh sì, non comprendendo io la filosofia nerd dei miei coetanei, indaffarati più che altro a giocare col pc in videogame come Doom, le mie cosce, no, la mia (in)coscienza s’ottenebrò e sin da subito mi spompai e tutto s’annacquò. Questo mio (d)eludermi dal mondo, questo mio prematuro essere invero già troppo maturo, indusse gli adulti, anzi la gente che si considerò più grande psicologicamente e intellettivamente di me, gente che presuppose di essere, rispetto a me, molto più matura, ecco… dove minchia ero rimasto, andiamo avanti anche se, come appena accennato, molti pensarono che fossi rimasto indietro, insomma degli arretrati, portò gli adulti a vedermi come ragazzo vulnerabile, innocuamente indifeso.

Cioè, scambiarono uno che, anziché innamorarsi di Liv Tyler di Io ballo da sola, smanettava di brutto sulla figona del video di Vasco Rossi, Rewind.

Sì, me ne sarò sparate circa diecimila su quella lì. Anche se, in quel periodo pieno di seghe non solo mentali, andai matto pure per la super figa ciclopica di Smack My Bitch Up dei Prodigy.

Registrai, dopo la prima visione, immediatamente da MTV la suddetta, molto da me sudata, ah ah, clip con tale gnocca esagerata.

Però, dovevo premere pause, anzi stop prima del finale esplosivo, no, scandaloso. Sennò mi s’ammosciava proprio prima dell’attimo deflagrante e più schizzante del piacere focoso. Eiaculante! Eh già.

Che uomo brillante! Ah ah.

Non era una donna, bensì un uomo poco arrapante e, a darcela tutta, no, dircela, anche un po’ peloso.

Avrei da raccontarvene di quel periodo veramente sfigato del mio essere Quentin Tarantino di Dal tramonto all’alba.

Eh, come ancora me la tiro. Un paio, in effetti, me ne tirai anche su Juliette Lewis… di Cape Fear. Ah, quelle cosce morbidamente vellutate, lisce come pesca da accarezzare di primo mattino e deglutire come una sveltina ah, che spensierata sobrietà fu quella mia dolce volgarità nel mio allisciarmelo da lupo cattivo come Max Cady/De Niro.

Datemi pure del cretino, io so che Juliette ama molto il cremino…

Molti credettero che fossi un vizioso viziato assai capriccioso e più complessato dell’appena eccitante, no, citata Juliette. E pensarono che mio padre fosse Nick Nolte, cioè un ipocrita che di giorno svolgesse un lavoro utile alla burocrazia e di notte, segretamente, “racchetasse” sulle milf che, giocando a squash, via cavo sviluppavano le sue malsane voglie sulle donne più perversamente sexy.

Sì, Illeana Douglas di Cape Fear è un po’ come la signorina Silvani/Anna Mazzamauro di Fantozzi.

Oggettivamente, fa schifo al cazzo ma forse, proprio per via della sua evidente bruttezza inconfutabile, emanava un non so che di morbosamente attraente.

No, mio padre non fu avvocato, si laureò in Scienze politiche. Che è un ramo di Giurisprudenza.

Svolse il lavoro di capufficio. Non gli piaceva affatto ma doveva pagare il mutuo della casa.

Di mio, rimasi muto, spesso nella cameretta. Ah ah.

Ho sempre saputo che, quando io e mia madre eravamo in vacanza d’estate nel paese dei miei genitori, mio padre deve averci dentro a più non posso pure sulle tenniste che, verso quel periodo, mostravano le gambe, più di una valletta, sulla terra verde di Wimbledon.

Non so quali fossero le sue preferite. Di mio, posso dire che, appena vedevo Gabriela Sabatini, qualcosa non rimaneva più piccino e s’ingrandiva più delle mie pupille dilatate su vasi dilatatori tesi alla massima potenza. Mio padre non è originario di Potenza, bensì di un paesino vicino Matera, eh sì, uomini maturi.

Siete duri nella testa come dei Sassi ma molto mosci altrove. Ficcatevelo/a dove dico io.

Anzi, pazzo come John McEnroe, arrivavo subito all’ace a mo’ di Pete Sampras.

Sì, vi ho detto che ero già precoce, anche di eiaculazione. Nella vita e nella figa volevo arrivare istantaneamente al sodo, senza girarci attorno e senza far godere lei.

Sì, non è che vivessi una vita godibile. Onestamente, vissi molte fighe virtuali ma assai poche a livello tangibile.

Ah ah, questa è bellissima. Sì, mi toccavo come un ossesso ma, in quanto a reale sesso, la mia quaglia poco quagliava. Anzi, appena incontravo una, lei violentemente mi offendeva in tre secondi ritti, no netti, e me la squagliavo mentre lei, sicuramente, con un altro se la squagliava…

Sì, le ragazze non vogliono un tipo sveglio, sincero o troppo svelto, bensì uno che se la tiri/a da dritto e nelle gambe, no, in gamba.

Sì, dei cazzoni farisei. Come detto, felsinei. Sì, il bolognese medio parla di donne a destra e a manca ma, sostanzialmente, mangia solo la carne dei tortellini.

Ah ah.

Anni fa, un’altra che mi fece perdere la testa, soprattutto i testicoli, di dritto e rovescio… fu Flavia Pennetta. Come direbbero a Bologna, in fallo, no infatti… un’ottima penna. Traducibile in passera di livello superiore alla media. Già oltre, come me, gli onanismi scolastici assai ombelicali della scuola media e più dotata in maniera da 110 e lode. Diciamo che non ho bisogno di allori e lauree, ce l’ho profumato di quasi trenta centimetri. Parlatene con colei che mi sverginò e capirete perché mi disse che, non solo gli altri, bensì io stesso di me capii un cazzo.

– Siamo sicuri che, prima di questa selva, no, di questa sera… tu fossi vergine? E sei sicuro di essere uno da Cinema di Bergman, depresso che odia il contatto fisico? Non hai mai pensato che Mark Wahlberg di Boogie Nights è come il tuo “Grande Lebowski” che cura ogni frigida e la rende rossa, non solo nei capelli, come Julianne Moore?

– No, non ci avevo mai pensato. Fammici penare meglio, no, volevo dire pensare.

– Per forza. A furia di sentirti dire che eri meno dotato, te n’eri convinto. Parte tutto dall’ipofisi, sai? Ti hanno suggestionato. Direi invece che, stanotte, tu hai sanato ogni mio pensarmi poco donna.

– E come avrei fatto?

– Mi sa che la vergine ero io…

 

Ah, gambe toniche quelle di Flavia Pennetta, miei uomini con la panza piena che aspettano solo la domenica per magnare le pennette all’arrabbiata perché vostra moglie non vuole che amiate il gioco, non delle palline, bensì del pallone.

Siete dei palloni gonfiati.

E da tempo immemorabile, davvero poco memorabile, oramai i coglioni che non siete altro, eh già, hanno rotto quella, no, la scapola dell’ultimo scapolo, oh, miei ammogliati.

Ora, questo lungo e grosso pene, dopo tale disamina vera da uomo penoso, spesso fallace, fallico o solo pen(s)ante, no, questo palloso panegirico, per venire… a una questione che mi (s)preme di più.

Cioè, credo che la gente di me non avesse capito nulla.

No, non sono mai stato il tipo da canzoni di Leonard Cohen e da La Mer da Charles Trenet. Anche se, crescendo, odio sempre più andare al mare. Appunto… ah ah.

Credo di essere un montanaro come Max Cady.

Vi ricordate la scena del pestaggio di Cape Fear?

Avvocato. Avvocato, sei tu, vero? Avvocato. Vieni fuori, dai forza, fatti vedere. Io non sono un povero pezzo di merda. Io sono meglio di tutti voi. Io imparo meglio di voi, leggo meglio di voi, ragiono meglio di voi e filosofeggio pure meglio di voi. E durerò più di voi. Ti credi che un po’ di botte mettano fuori combattimento questo vecchio montanaro?

 

Bob De Niro, per questo ruolo, fu candidato all’Oscar ma fu battuto da Anthony Hopkins de Il Il silenzio degli innocenti. Sapete, no, che Jonathan Demme, prima di affidare la parte ad Hopkins, pensò proprio a De Niro?

Infatti, qualche anno fa, De Niro e Bradley Cooper avrebbero dovuto lavorare nell’ancora irrealizzato Honeymoon with Harry. Che doveva essere diretto da Demme.

Cazzi loro…

Per farla breve, io fui accusato di fobia sociale, di semi-schizofrenia diabolica come Linda Blair de L’esorcista, di essere l’incarnazione, ah ah, dell’innocenza del diavolo. Mi diedero la patente di attore monstre delle sue menzogne, di Pinocchio, di finocchio, soprattutto di figlio di ‘ntrocchia, questi figli di troia.

Di mio, posso dire, che d’inculate ne ricevetti tante.

Posso dire che colei che mi sverginò era di Trieste ma non apparteneva alla minoranza slovena.

M’insegnò tutto, dove toccarla e come incularla ma alla fine mi coglionò e mi mandò a fare in culo senza più bisogno di fotterla. Ah ah.

Se fossi voluto andare con una dell’est, bastava che chiedessi alla ragazza delle pulizie del mio pazzo, no, del mio palazzo, di smettere di farselo da sola.

La mia seconda tizia era più grande di me. All’anagrafe. Io avevo 28 anni, lei 33. Che colpo d’ano.

Oh, non è colpa mia se non ci arrivate…

Così come non è colpa mia se odiate Philadelphia di Jonathan Demme perché siete omofobi e considerate Bruce Springsteen un troione. Pigliatevi pure Eddie Vedder, quel pelato di Billy Corgan, Kurt Cobain e tutti quei froci. Ah ah.

E non è neppure colpa mia se odiate la classe della prima della classe, Jodie Foster.

Ora, che c’entra il Frusciante?

C’entra il Frusciante, eccome. Mi specchiai, mezzo nudo, davanti allo specchio.

Mi sa che sto facendo la fine di Anthony Kiedis.

Dunque, non voglio più sentirmi accusato di stronzate.

Pigliatevi Muccino, suo fratello e tutta la retorica catto-borghese di quest’Italia di (po)lentoni, di tardone e ritardati, e soprattutto vedete di non rompere più i maroni.

Purtroppo o per fortuna, sono diventato identico a Rust Cohle.

Metto le corna al diavolo e pure al mio miglior amico. Partono risse mai viste.

 

di Stefano Falotico

Joaquin+Phoenix+26th+Annual+Screen+Actors+uxtVVScSEVTl

 

Il signor Nic Pizzolatto si decide a scrivere la quarta stagione di TRUE DETECTIVE o sta mangiando solo la pizzaiola con la pummarola ‘ncoppa?


04 Jan

rust cohle true detective

Sì, io mi sono sempre chiesto quanto segue: gli sceneggiatori di Hollywood, dopo essersi dedicati ad allestire, per filo e per segno, per virgola e doppie punte, no, doppi punti, i loro script, che fanno nel tempo libero?

Per esempio, si sa benissimo che Sean Penn nel tempo libero scopi tutte le donne libere. Non tutte perché è umanamente impossibile ma quasi tutte sì.

Ora, obietterete voi. Sean Penn è un attore, non uno sceneggiatore. No, è regista e le sceneggiature di The Gunman, di Lupo solitario, Tre giorni per la verità e Into the Wild le ha scritte lui.

Infatti, The Gunman lo diresse Pierre Morel e ne venne fuori una schifezza improponibile ove c’è pure Jasmine Trinca, la donna più antipatica di tutti i tempi. Infatti, fu scoperta da Nanni Moretti, il quale la dovrebbe finire di criticare il signor Al Pacino e scoparsi finalmente Laura Morante.

Sì, secondo me, Nanni non scopò mai Bianca. Al massimo, ne La stanza del figlio, ficcò la scena in cui le baciò il seno poiché Laura ama Henry- Pioggia di sangue.

A mio avviso, Nanni è un uomo socialmente pericoloso. A forza di fare il moderato di Sinistra, il troppo Caos Calmo lo indusse a sodomizzare Isabella Ferrari. Isabella fu il sogno erotico di molti italiani, fu l’amante di Gianni Boncompagni e, ne La grande bellezza, si fece ingroppare da Jep Gambardella.

Insomma, Nanni, tu che ami i pasticceri trozkisti, te la sei fatta… con una borghese da Sapore di mare e Sotto il sole di Riccione? Ci mancava solo Tommaso Paradiso che, mentre lei fu terrorizzata dalla tua aggressiva sodomia, cantasse a Isabella… no, non avere paura…

Comunque, Nic Pizzolatto, nel tempo libero credo che guardi a ripetizione Habemus Papam. Sì, Nic studiò tutto il pessimismo cosmico, è un trascendente metafisico, adora la spiritualità creatasi in seguito a conflitti psicologici di natura ermetica. Questa è ermeneutica, poveri cazzoni come Woody Harrelson. Non sto dicendo, stavolta, stronzate. La prima stagione di True Detective è intrisa di dolore, è la via crucis di Rust Cohle. Infatti, nel finale, quando è sul letto d’ospedale, pare Gesù Cristo. Rust è come il Papa, in un certo senso. È un uomo che dice espressamente che non è un tipo da feste.

Poi, non so se abbiate notato. Quando tradisce l’amicizia del suo partner, sodomizzando la sua compagna, urla come se fosse Willem Dafoe di The Last Temptation of Christ. Fu colto dalla tentazione verso la Maddalena/Michelle Monaghan e non riuscì a reprimersi. Animalescamente quasi violentandola e poi, imbestialito, maledicendola come se fosse stata il diavolo. Perché, sostanzialmente, è religioso. Non della fede cristiana, bensì di un personale codice morale che lo obbliga, inconsciamente, a sentirsi in colpa.

Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente, l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni… Questo è quello che pensi. L’avete mai fatto? Li guardi negli occhi, anche in una foto. Non ha importanza se siano vivi o morti. Puoi comunque leggerli. E sai cosa capisci? Che loro l’hanno accolta. Uhm, non subito ma proprio lì, all’ultimo istante. È un sollievo inequivocabile. Certo, erano spaventati e poi hanno visto, hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciare, lasciarsi andare. Hanno visto in quell’ultimo nanosecondo, hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà. E allora puoi lasciarti andare. Alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa. Erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. E grazie al quale hai pensato di essere una persona.

E, come in molti sogni, c’è un mostro che ti attende alla fine…

Tale discorso di Rust/Matthew McConaughey, ribattezzato Filosofia dell’esistenza, è molto bello ma gli americani lo definirebbero predictable, cioè moralistico ed effettistico. Ma la regia di Fukunaga lo rende appassionante così come la sentita recitazione di Matthew. È un discorso, in un certo senso, di natura pasoliniana. Sintetizza anche ciò che dice William Petersen nel finale di Manhunter… Alcuni, nel silenzio degli innocenti, non ce la faranno, purtroppo. In tanti accetteranno di resistere, sì, vivranno nella cosiddetta resilienza, mentendo a sé stessi per sopravvivere. Ma saranno da tempo morti dentro. Altri moriranno del tutto. E torniamo a Moretti e al suo omaggio a Pasolini di Caro diario. Il mostro per loro non sarà Errol Childress, bensì la società lupesca, da Pasolini definita porcile… Alcuni impazziranno come Arthur Fleck/Joker, altri soccomberanno e si adatteranno di malavoglia. Soffrendo enormemente ma nascondendo la tristezza dietro balletti e canzonette. Lo stesso Errol Childress è/era uno di loro. Il quale però, anziché morire nell’anima, optò per il satanismo, trasformando le sue paure nell’ululato del cannibale… Persino Rust è un vinto. Ma non si dà per vinto. Combatte e cerca la luce, malgrado sappia che forse non esiste. Questa sua forza lo contraddistingue. È la stessa forza che mantiene in vita Wayne Hays/Mahershala Ali. Non riuscirà a risolvere l’enigma in quanto addirittura ammalatosi di demenza. Probabilmente, i bambini giammai scomparvero e fu tutta una sua fantasia generatasi dall’essersi perso lui stesso in Vietnam.

Propongo una sfida a Nic Pizzolatto.

Come sentii un mese fa per radio da una criminologa, non esistono, se non pochissimi, film o serie televisive sulle serial killer donne. Secondo questa donna, le assassine seriali non è vero che non esistano. Sarebbero anzi, a suo dire, persino in maggioranza rispetto agli uomini. Ma la cultura maschilista non è interessata alle donne “mostre”. Poiché l’uomo moralmente sano è affascinato comunque dalla sua parte diabolica mentre non gl’importa nulla del suo lato femminile più perverso. Ed è per questo che si diverte a bullizzare gli altri maschi. Poiché, in realtà, chi fa del male lo fa per esorcizzare il suo incubo peggiore. Cioè, non è un uomo, è una donna che ha paura di esserlo.

Ecco, per questo nuovo anno, vorrei chiedere a Nic, se potessi e se lo conoscessi, di scrivere il copione di un ipotetico True Detective 4 con protagonista la reincarnazione di Chris Walken de La zona morta. Però, stavolta non scoprirà lo stupratore uomo, bensì la strega cattiva. Ma, visto che Nic non sa neppure chi io sia, lo scriverò io.

Incipit:

la città era avvolta nel buio e un’insegnante dell’asilo nido, apparentemente integerrima, stava rientrando a casa. In città corse subito voce che fosse una donna perennemente sola, senza un compagno. E che, durante le notti lugubri e tempestose, praticasse magia nera, sacrificando i bambini della sua migliore amica. Era solo una maldicenza. Tale donna non era capace neppure di cucinare un uovo al tegamino, figurarsi se poteva soltanto immaginare una mostruosità del genere. Nei momenti di noia, al massimo guardava Chi l’ha visto? Ah, lei sicuramente credo che non l’abbia mai visto. Che cosa non avrebbe visto? Come che cosa? L’uccello. Cosa se no? Al che, frustrata come non mai, alla mattina faceva la sadica sulle povere creature, inveendo loro contro perché ben conscia che loro, un giorno, l’avrebbero infilato in qualche coscia mentre lei lo prese in culo come un bel vestitino rosa.

Secondo me, come inizio fa schifo al cazzo ma potrebbe svilupparsi. Certamente, non in questa donna, in questa qui non si svilupperebbe neanche se fosse bella come Jodie Foster. La quale è lesbica. E ho detto tutto.

Che cosa avrei detto? Non lo so, chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione canti con Alan Sorrenti la sua intramontabile hit, Figli delle stelle. Basta che a me non scassi ù caz’ e viviamo tutti felici e contenti. Forse lei è un cornuto, lo sa?

 

di Stefano Falotico

Il Profiler del tubo, no, degli Youtuber cinefili di oggi come Frusciante, victorlaszlo88, Matioski/Lady Oscar, insomma, Jake Gyllenhaal di Zodiac mi fa un baffo


17 Dec

rust

Sì, sono abbastanza insopportabile. Ma, si sa, posso permettermelo.
Mentre la gente cosiddetta normale deve lavare e stirare i panni, io gigioneggio nelle dolci lenzuola.

Spesso scrivo libri per essere, oltre che bello, anche più carismatico.

Oh, che volete farmi? Suggestionarmi affinché, volendomi far passare per matto, possa demoralizzarmi e alle vostre bassezze prostituirmi?

Voi abbisognate di un lavoro e di una quotidianità infime poiché siete alquanto adatti alla massa e dunque anche alle massaie.
Di mio, ordino un caffè e osservo il panorama ove impazza una triste ebetudine, zuccherando il tutto con sinuosa lascivia da uomo che, in tale orrida putredine, non si mischierà mai. Che porcume! Pigliatevi un amaro e scolatevelo. Io vado a scrollarlo.

Ascoltate le profezie del Falò poiché lui prevede per voi giorni neri  cupi e voi, sempre più spogliati di dignità, ignudi piangerete onestamente (c)rudi.

Con classe impareggiabile, il Falò occhieggia e, senza sotterfugi, infila un altro libro alla faccia dei miserabili dai piedi coi funghi e agli uomini dal naso di Pinocchio, cioè (ob)lungo.
Il Falò non puoi fregare, lo so, è arido il vostro navigare nel cercare di castrarlo ma il Falò tutti incastrò grazie al suo far bestiale, geniale, assolutamente inimitabile e, diciamocelo, in una donna mai friabile eppur durissimo, miei grissini poco amabili.

Al che, per contrastarmi, potrebbe intervenire Nanni Moretti:

– Signor Nanni, sono bello.
– Purtroppo, sei pure bravo. Cazzo.
– Ah, lei non è bello e bravo, signor Nanni?
– No, lecco il culo solo a quelli di Sinistra che mi scambiano per genio poiché li compiaccio ma io non mi piaccio, affatto. Sono invidioso a morte di tutti.
– Già, in effetti è così. Stammi bene, nano. No, Nanni.

Sono una persona speciale. Sì, credo che l’ultimo film di Tarantino sia una cagata pazzesca e non chiedo venia.

Per tale mia affermazione apodittica, persone che si fanno i pompini a vicenda, così come dice Mr. Wolf di Pulp Fiction, a loro volta affermano che dovrei sintonizzarmi su una rete Mediaset. Ove infatti stanno programmando Kill Bill. Cioè la storia di Maria De Filippi. È vero. La “sposa” è Maria, lo dice anche il nome.

Maria, donna vergine dalla sessualità ambigua, ecumenica poiché non ebbe figli e allora istituì programmi come Amici per sentire in sé, nel grembo suo giammai materno, una missione redentrice nei riguardi di giovinastri già predestinati a finire sulla croce.

Sì, offrendo loro miraggi miracolistici, Maria s’illuse e illude di riempire il suo vuoto poco ludico. Secondo me, mai riempito da Costanzo in maniera godibile e impudica. Il David Carradine di turno. Sì, Maurizio è come il compianto (da chi?) David. È lezioso e nei suoi salotti invita(va) gente che crede(va) a Superman con le sue teorie fumettistiche.

Allora, avevamo Mastandrea Valerio. Uno che, sentendosi Spider-Man, classico ragazzo cresciuto coi nonni, un po’ alla buona, diciamo… riuscì a intelaiare, grazie alle raccomandazioni di Maurizio, una ragnatela di amicizie con romaneschi di origine controllata, cenando spesso perfino con Mamma Roma del nuovo millennio, ovvero Sabrina Ferilli. Ferilli fa rima con fusilli.

Tornando a Maria, non volle finire zitella e allora trovò il panzone che le diede onori e gloria. Forse però non le diede qualcosa di appetibile a livello prettamente più corposamente penetrante e sessualmente fruibile.

Sì, Maria è ancora inconsapevole. Pur di ascendere al successo, sposò Maurizio ma arriverà per lei il giorno della vendetta.

Sì, Tarantino sta preparando il terzo volume di Kill Bill. E io che ho detto, scusate?

Comunque, il fan di Tarantino è quasi sempre un ex adolescente mai sganciatosi dall’era in cui, ascoltando Eddie Vedder dei Pearl Jam e altri ebeti di tale stirpe, ora celebra passatisticamente l’adolescenza sua in cui sperò di andare a Seattle a suonare musica grunge ma adesso, annoiato a morte, non riesce neanche più a tirarsi una sega su Alanis Morissette. Donnetta tutte mossette.

Infatti, io tentai varie volte di emulare i miei coetanei maschi che impazzivano per Alanis. Appena slacciavo la patta, mi veniva voglia di riguardare Le iene.

Sì, io sono sempre stato Mr. Orange/Tim Roth.

Insomma, tutti pensarono che fossi un disgraziato come Gesù ma, detta fra noi, la mia fu solo un’esistenza da leggenda del pianista sull’oceano. Sì, meglio così.

Non mi vidi mai né mai mi vedrò a perdere la testa per Kate Winslet di Titanic.

Ebbi e ho ragione io. Basta vederla ne La ruota delle meraviglie. Assomiglia tanto a quelle pazze di Bologna che, per tutta la vita, si credettero attrici di Hollywood, teatranti di (ca)risma e invece scoprirono che, oltre ad avere un marito più grasso di Jim Belushi, dopo tre volte, Justin Timberlake le mandò a fanculo.

Andassero piuttosto a preparare i tortellini. Pensa te…

Vengo aggredito poiché dissi, come v’ho appena detto, che C’era una volta a… Hollywood è una stronzata.

Mi si dice che non possa capire certa roba. Per fortuna, sono troppo giovane per i “fellinismi” di maniera.

Cioè, non sono ancora così rimbambito per celebrare quel che (non) fu.

Vedo persone ancora piuttosto giovani che acclamano l’ultimo Tarantino. Urlando, orgogliosi, che sia un film che magnifica/chi la poesia del tempo.

Sì, infatti sono dei falliti. A forza di recitare retorica, si sono dimenticati sia del loro presente che di quello che (non) furono. Dunque non saranno, non essendo mai nati. Totalmente ammainatisi.

Stendiamo un velo pietoso. Tanto non lo sanno ma la loro vita realmente emozionale è finita. Se mai iniziò. Appunto.

Sapete qual è la verità? Loro la sanno. Ma chi li osanna? Ah ah. Per questo non hanno il coraggio di ammazzarsi e s’introiettano nel sognare ciò che, appunto, fu ed è un sogno. Non sarà perché questi qua, a forza di sognare, parlano, parlano, parlano…

Bello questo film, capolavoro quest’altro ma in realtà sono un cesso allo specchio.

Sì, non posso capire. Ma neanche loro però, eh.

Invece mi sa che capisco ma voi non volete ammettere che il massimo che v’abbia offerto la vita sia farvi, appunto, le leccate di culo vicendevoli.

Ne vogliamo poi parlare proprio di Leo DiCaprio?

Da quando lavora con Scorsese, ha assunto un tono senile.

Ora non piace né alle ragazze né a Scorsese stesso. Che lo chiama nei suoi film perché la gente è così stupida da riempire le sale appena vede, in cartellone, il nome di Leo. Ah, c’è Leonardo, dice La gioconda.

Scorsese lo sa e lo cogliona.

Tempo fa, un tizio intervenne a una conferenza:

– Sapete che Brad Pitt è stato davvero bravo in questo film di Tarantino? Io gli darei l’Oscar.

Pensavo che fosse solo un figaccione e invece m’ha stupito.

– Bravo, hai ragione. Tu invece non m’hai stupito. Sei brutto e non sei neanche bravo.

– Ora ti meno.

– Sì, però prima fai la fila.

 

Sì, sono Karl Urban di Hangman. Il peggiore film con Al Pacino di tutti i tempi.

A dirla tutta, sono un uomo che presto finirà a vivere nei sotterranei della metro. Ma neanche lì starò tranquillo. Incontrerò un licantropo come in un Lupo mannaro americano a Londra. Peccato che lo sbranerò io poiché, anche fra le sbarre del mio mangiare me stesso, rimarrò Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti.

Sì, prevedo un mio futuro da homeless. Come Richard Gere del sottovalutatissimo Gli invisibili e come De Niro di Being Flynn.

Alla pari di Bob del suddetto, appena citato film di Paul Weitz, sono uno storyteller forse superiore a Mark Twain. Che ovviamente voi non conoscete. Basta che mangiate, alla domenica, le tagliatelle e che prendiate in giro chi veste con le bretelle e, freschi, state belli, miei coglioncelli.

E come Bob, nonostante il mio delirante talento letterario, dai pensieri sconnessi e poco allineabili al pensiero uniformato di massa, dopo essere stato scambiato per un pagliaccio e dopo aver scritto il libro Il commediante, libro ispirato a The Comedian con De Niro stesso, anticipatore di molte tematiche sviluppate poi da Todd Phillips in Joker, poiché lessi e amai Opinioni di un clown da tempo immemorabile, dopo essere stato maltrattato da paperino, mi darò al pauperismo. Cioè, mi accusarono di essere una persona barbosa con la trascurata barbetta, lasciatasi andare… al puttanesimo e invece, guardate un po’, mi sono dato al barbone.

Sì, non sopporto quasi tutto il gentil sesso. Come Marina Ripa di Meana, (non) pace all’anima sua, le donne sono viziate, viziose e capricciose. Sposano un cane ricco e qualunquista, il quale ogni mattina semmai legge Il Resto del Carlino, visionando poi le sue azioni in borsa su Il Sole 24 Ore, quindi tali galline vanno a fare shopping a spasso coi carlini. Alla ricerca di una nuova borsetta, mascherando in pubblico le borse sotto agli occhi grazie all’effetto lifting di farsi sostituire da Carol Alt de I miei primi 40 anni.

Donne, appunto, che avranno un nipote a cui daranno da vedere film come 4 cuccioli da salvare oppure C’era un castello con 40 cani.

A proposito, siamo sicuri che fu Glenn Close a interpretare Crudelia De Mon nel film La carica dei 101? A me parve Meryl Strepp de Il diavolo veste Prada. Mah.

Sì, sono talmente misogino che mi riesce difficile stimare pure quella che viene considerata la più grande attrice vivente, appunto, la Streep. Donna che mi farebbe strippare. Interpreta spesso la parte dell’altezzosa nevrotica. Poi, diciamocela, è sempre stata una racchia. De Niro de Il cacciatore e soprattutto d’Innamorarsi forse non superò mai i suoi traumi da reduce del Vietnam di Taxi Driver per finire a letto con questa finta suora. Il dubbio docet.

Sì, Meryl in questo film fu attratta dal parroco, Philip Seymour Hoffman. Pover’uomo. Lo prese sempre in culo dalle donne. In Scent of a Woman, lo pigliò in quel posto da Al Pacino che lo distrusse, in Happiness, più che attaccarsi al tram, disgustato dal solito tran tran di zoccole, mignotte, ferrotranvieri e Lara Flynn Boyle, che pare un trans, schizzò di brutto… attaccandosi al cazzo, come si suol dire.

Invece, in Onora il padre e la madre sodomizzò Marisa Tomei nella primissima scena di “apertura”.

Ma finì egualmente inculato.

Nel film Il dubbio, appunto, fu accusato di essere un pedofilo solamente perché volle fare il pedagogo alla Giovanni Bosco. Dio Boscoli!

Sapete da dove derivi questa bestemmia?

Dalla storia di Pietro Paolo Boscoli.

Non sapete davvero una minchia, cristo santo! Miei boscaioli, continuate con le tagliatelle alla boscaiola e con le campagnole.

Sì, le donne vogliono solo uno che le faccia ridere. Se devo ridurmi come un guitto d’avanspettacolo con la faccia del figo inespressivo, a questo punto preferisco essere Silvio Orlando di Ex.

– E con questo stai? Che è pure brutto!

– Ha parlato Brad Pitt!

Silvio, un vero pasticcere trozkista super-fancazzista che, dolcissimo, balla in mezzo a gente ritardatissima che adora solo le creme morbidissime e spalmanti/spalmate dopo che tutto entrò durissimo, mica tanto. Creme, eh già, soltanto solari da allampanati abbronzati con la lampada e la Lambada.

Ora, arriviamo al punto.

Frusciante dice che dopo circa vent’anni di onorato servizio, eh già, la sua videoteca stia fallendo.

Quanti anni ha, Fede? Più di 40, giusto?

Dunque, aprì la sua bottega dopo la maggiore età ma Fede sostiene di essere “terzo mediato”.

Di mio, giocai a Calcio anche nel ruolo del mediano e della semi-ala fluidificante. Solamente a tratti ficcante. Prima di aprire la videoteca, Fede come (si) formò la sua struttura mentale?

Credo che abbia vissuto una profonda inquietudine adolescenziale. Non è un male, è solo giusto malessere. Da lui curato nel sublimare una realtà edonistica che gli parse ostile, di conseguenza introiettandosi nel Cinema e nella Musica più adatti/e alla sua poetica esistenziale.

Di victor non parlerò, invece, neanche di Mattia. Mi sembra infatti superfluo soffermarmi su due che, a differenza di Fede, dalla nascita sono (in)fermi. Si scherza, eh. Infatti, le vostre video-recensioni sono una barzelletta.

Di me, volete sapere qualcosa? Chiedete pure. Non ho nulla da nascondere. In primissima adolescenza, avvertii inconsciamente un immane disagio a livello, più che sessuale, carnale. Sì, m’accorsi subito, saggiamente, che la vita è un troiaio. Di conseguenza, mi “trasfusi” in meccanismi psicologici di autodifesa come il disturbo ossessivo-compulsivo e le rituali “maniacalità” mnemoniche. Mantenendo un’igiene impeccabile nonostante molti atti impuri.

Io so tutto sulla mia vita, siete voi che non sapete nulla sulla vostra.

Vi faccio un esempio. Mezzora fa, presi l’ascensore assieme a un ex mio condomino, detto Cocco. Poiché, sino a una certa età, lui visse coi suoi genitori. Ah ah. E quelli del palazzo, simpaticamente, anziché denominarlo bamboccione (all’epoca non era ancora stata coniata quest’espressione), gli affibbiarono la patente di Cocco. Insomma, del coglione.

Lui, per dimostrare ai condomini di essere “cresciuto”, partecipò a una puntata della trasmissione che allora andò per la maggiore… piena di maggiorate, vale a dire Colpo grosso.

– Come stai, Stefano?

– Bene, lei?

– Insomma, sono venuto stasera a incontrare mia madre.

 

Ora, finalmente, avete capito chi sono. Be’, me lo disse un mio amico qualche anno fa…

Mi disse che io e Rust Cohle di True Detective siamo molto, molto simili.

Entrambi delusi, senza legami affettivi particolari, ascetici. Al massimo, possiamo fottere la donna del nostro migliore amico perché ci fece girare le palle ma siamo sostanzialmente sganciati dalle “termodinamiche” dei cosiddetti ilici.

Quindi, essendo molto cerebrale, freddissimo, posso individuare chiunque in trenta secondi netti.

Sì, basta che Rocco Siffredi si spogli e capiamo subito, tutti noi, che non lo ha/abbia di trenta, sì, Rocco è sopravvalutato.

Sì, è difficilissimo per un comune mortale però capirlo, visto che un normodotato lo ha di solito di dieci.. A meno che uno non apra Instagram. Anche un idiot savant capirebbe al volo che quella lì non è una professoressa, bensì una bagascia. La faccia da culo la dice tutta. Questa va sia con Rocco che con ogni allocco. Fidatevi.

Mi basta osservare le sue mosse e risalire a come sviluppò la sua personalità. Bella o brutta che sia. Comunque di chicchessia, anche dei finti uomini di Chiesa…

Mi urlano… per cortesia! E il giorno dopo hanno ferite leccate da qualche crocerossina.

Sabato scorso, fui a Castel San Pietro Terme assieme a un mio amico.

Andai al bancone di un pub e ordinai un drink.

Al mio fianco, ecco che apparvero tre ganzi…

– Cazzo, quella ha la figa profumatissima. La sento da qui. Ci provo.

– Dai, provaci.

 

Ecco, con un campionario di dementi di un certo tipo, è comprensibile perché io possa essere quello che sono e voi no.

L’uccello forse vi arriva ma il cervello non capisce un cazzo.

Ora, levatevi dai coglioni, altrimenti finirete tutti in manicomio.

Mi raccomando, però, prima di entrarvi, rispettate la mia anzianità. Sì, il primo della fila di attesa sono io.
Anche in questo arrivate sempre secondi.
gyllenhaal zodiac

di Stefano Falotico

Ammisi falsamente che mi sarei suicidato dopo aver visto THE IRISHMAN: qui devo ammettere il ver(b)o, lo farò dopo KILLERS OF THE FLOWER MOON, mi spiace avervi deluso


13 Nov

scorsese

Sì, ne ero sicurissimo. Forse non lo sapete, forse sì, chissà. Visionai The Irishman alla Festa del Cinema di Roma.

Mi promisi, il mattino stesso in Sala Petrassi, aspettando nauseato in mezzo agli altri accreditati stampa tutti sovreccitati, a differenza di me, impassibile e con la testa da un’altra parte, che tornato in albergo, finita dunque la proiezione di The Irishman, mi sarei gettato giù dalla finestra.

Questo non avvenne poiché, nel momento stesso in cui stetti per lanciarmi giù a volo d’angelo, desistetti? No, squillò il mio cellulare e mi arrivò una notifica di WhatsApp.

Un mio amico mi mandò un vocale:

– Hai letto le critiche negative che sta ricevendo, qui in Italia, The Irishman? A quanto pare, a differenza della Critica statunitense, assolutamente unanime nel definirlo un capolavoro indiscutibile, qua da noi abbiamo già parecchi insoddisfatti.

Non possiamo permettere che questa gente continui a vivere, non credi?

– No, infatti, assolutamente.

– Ti sento affaticato, Stefano. Hai il fiatone. Che stavi combinando? Ah ah, lo so. In camera, da te, c’è una bella donzella tutta ignuda e calda a letto. Non volevo disturbarti. Continua pure…

– No, in verità qui non c’è un cazzo di nessuno. Ci sono io e, se tu non m’avessi chiamato, in questa stanza fra poco non ci sarebbe stato nemmeno il sottoscritto.

– Ah, capisco. Fra poco uscirai dalla camera per andare a vedere un altro film?

– Invero, mi stavo suicidando.

– Ah sì? Quindi ti ho salvato la vita.

– Sì, sei il mio Robert De Niro.

 

Sapete, no, che Martin Scorsese, dopo il rapporto fallimentare con Liza Minnelli, dopo aver girato New York, New York, pensò seriamente di suicidarsi e fu proprio Bob De Niro a salvarlo, praticamente costringendolo a girare Toro scatenato?

Sì, ignoranti, documentatevi.

Scorsese era distrutto psicologicamente ma, grazie a Bob De Niro e a una scopata, forse più di una, con Isabella Rossellini, quest’ultima infatti presente alla cerimonia degli Oscar in cui Bob vinse l’Oscar, si salvò per il rotto della cuffia.

Da allora, non ebbe più pensieri suicidari o suicidi che dir si voglia. Io invece non ho più tanta voglia…

Ora, nelle prossime righe, vi racconterò mille cose che non sapete di me e invece io voglio dirvi. Tanto, come sempre, non mi crederete poiché v’appariranno soltanto il frutto delle fantasie di un malato di mente che inventa balle per attirare l’attenzione.

Vorrei sinceramente che fosse così, invece è esattamente il contrario. Infatti, quanto prossimamente vi narrerò, eh già, corrisponde purtroppo alla più tragica realtà surreale.

Ecco, mi ricordo che il mio primo appuntamento al buio con una ragazza non fu al buio. Era infatti pomeriggio.

A differenza di Griffin Dunne di Fuori orario, non mi dimostrai affatto impacciato e timido con la mia Rosanna Arquette dei poveri.

Sì, che io mi ricordi, lei assomigliava realmente molto a Rosanna. Cioè, a tutt’oggi, sebbene mi sia sverginato con lei, non sono ancora convinto se fosse bella o brutta. Un po’ come Rosanna all’epoca.

Adesso, Rosanna è indubbiamente una racchia. Forse anche questa con cui mi sverginai lo è ma non la vedo più, in ogni senso.

Lei invece, vedendomi così coinvolto, disinvolto, constatando-tastando con mano la mia sicumera, sì, proprio con mano leggera, facendo up and down per tirarmelo sempre più su in modo pesante, allo stesso modo di Griffin Dunne, però, cadde in paranoia.

Sì, non fui io a venire… divorato dalle paranoie, bensì lei.

Poiché ripeto, in quel momento, credette che io le avessi mentito in chat, ove le dissi che ero sessualmente imbranato.

Sì, fu lei a sentirsi in imbarazzo. Lo sentì subito rizzo e ciò la stupefò un bel po’, cazzo.

Detto questo, passiamo alla seconda che incontrai.

Al primo appuntamento, io e lei passeggiamo per circa un’ora. Poi entrammo in macchina.

Solo perché non trovavo più il cellulare. Le chiesi di aiutarmi a cercarlo.

Lei pensò che stessi scherzando ma io la freddai con un:

– Eccolo, ho trovato il cellulare del cazzo. Stava qui, sul sedile posteriore. Adesso che l’ho trovato, direi che posso rincasare.

Sì, ora devo andare. Stasera, vorrei rivedere L’ultima tentazione di Cristo. Ci sentiamo domani, va bene?

– Mi stai prendendo per il culo?

– Un po’ sì.

 

Al che, cominciò a offendermi di brutto come Lorraine Bracco con Ray Liotta in Quei bravi ragazzi.

– Sai che ti dico, stronzo di merda? Sei solo un ghiacciolo!

– Il ghiacciolo si lecca – le risposi con estremo aplomb, quindi aggiunsi: – A duecento metri da qui, c’è una gelateria. Compra una vaschetta di jogurt all’amarena. Succhiatela tutta e, mi raccomando, di’ al gelataio di ficcarti dentro anche la banana.

 

Lei, innervosita oltremisura, minacciò di chiamare l’ambulanza per ricoverarmi alla prima clinica psichiatrica. Dunque, io le risposi sempre con calma olimpica:

– Sì, va bene, ci sto. Se però dall’ambulanza scende Nicolas Cage di Al di là della vita, non so se dovrò accompagnare lui al pronto soccorso. A quanto pare, Nic non gliela può fare, no, non ce la fa da solo. E tu non sei stimolante come Patricia Arquette, sai?

– Sei solo una merda! – urlò lei, inferocita.

 

Comunque, volle rivedermi. Sì, diciamo che, non considerandomi tanto normale, volle appurare se fossi rivedibile.

Ah ah.

Il nostro secondo incontro durò comunque pochissimo.

Lei mi aspettò davanti a un negozio di biancheria intima.

Al che, io fermai dinanzi a lei la macchina, inserii le cosiddette doppie luci, sostai brevissimamente in doppia corsia, scesi in tutta fretta e le dissi:

– Sono venuto… solo per consegnarti il cellulare. La scorsa volta, lo dimenticasti nella mia macchina.

Ora però, prima di lasciarti, toglimi una curiosità. Sai, ho sbirciato nella tua rubrica. Leggendo anche vari tuoi sms mandati a un certo Ernesto.

Da quel che sembra, questo Ernesto ti scopa da dio. Lo riempi sempre di complimenti, ringraziandolo per le impagabili soddisfazioni che ti dà. Mi congratulo con te.

Adesso, scusami, devo proprio scappare. Tu, con Ernesto, torna a scopare.

– Io ti denuncio, figlio di puttana! Dove cazzo è finita la privacy? Porco!

 

Come si suol dire, non c’è due senza tre. Lei volle nuovamente incontrarmi e finalmente scopammo.

Sì, mi ospitò a casa sua e mi offrì un succo di frutta.

– Ti piace?

– No, è acido come te.

– Fuori dalla mia casa, villano!

– Va bene, lasciami però almeno finire di succhiare dalla cannuccia! Sto finendo, dammi soltanto un momento. Hai notato che, quando uno sta per finire di succhiare, avviene il risucchio? Tu sei esperta di cannucce, nevvero?

– Psicopatico, come ti permetti?

 

Scesi frettolosamente le scale di corsa. Al che lei m’inseguì:

– Dove cazzo pensi di andare? Devi pagarmi il succo di frutta.

– Va bene. Tu rientra nel tuo appartamento, non diamo spettacolo. Ti raggiungo subito. Dammi solamente un minuto. Devo riallacciarmi le scarpe.

 

La raggiunsi dopo un minuto e lei s’era nel frattempo completamente denudata come Margot Robbie al primo incontro con Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Al che, tutta accalorata, disse, parafrasando Joe Pesci di Quei bravi ragazzi:

– E ora che mi dici, signor bulletto? Qualche cosa me la devi dire.

– Te la dico.

– Sentiamo.

– Fancul’ a mamm’t.

 

Sì, le dissi proprio così.

Fra me e lei, fra alti e bassi, durò parecchio. Lei non mi amò mai davvero, nemmeno io.

Stemmo assieme soltanto perché, a detta di lei, duravo molto.

Ma non servì a un cazzo per tirarmi su.

La strategia promozionale di Scorsese & Netflix s’è rivelata vincente, quella di Fedez, cantante degli ominidi, altrettanto, poiché l’italiano medio è un mafioso demente, evviva i cinecomic!

Sì, quando Alberto Barbera annunciò, a fine luglio scorso, il programma della sua kermesse, ovvero della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, tutti noi cinefili rimanemmo basiti nello scorrerlo e non vedere in cartellone, come si suol dire, The Irishman di Martin Scorsese.

Eclatante, clamoroso al Cibali, come si diceva una volta.

Il film più atteso dell’anno, forse degli ultimi vent’anni, non partecipò al Festival di Venezia. Assurdo, no?

Festival da sempre considerato leggermente minore rispetto a quello di Cannes ma che, ultimamente, si rivelò d’estrema importanza imprescindibile per la corsa agli Oscar.

Poiché molti dei film, dei registi e degli attori premiati a Venezia furono poi quelli che la fecero da leone agli Oscar. Anche se La forma dell’acqua vinse, per l’appunto, il Leone d’oro, eh eh, mentre il parimenti oscarizzato Birdman assolutamente no.

Scorsese optò per il più intimo New York Film Festival.

Scelta quanto mai oculata, sacrosanta.

Poiché sarebbe stato, come già dissi, assai pericoloso presentare The Irishman a Venezia. Dinanzi a critici agguerriti e infoiati, pronti a scannarlo se ne fossero rimasti, di solito loro snobismo d’accatto e “accatta visualizzazioni stampa”, parzialmente delusi.

Sì, meglio dunque il più piccolo New York Film Festival. Ove Scorsese poté presentare il suo film in maniera più delicata e riservata. Consegnandone la visione a selezionati addetti e cosiddetti operatori del sistema.

Le critiche, come sappiamo, furono entusiastiche. Da qui sorse a tamburo battente il crescente, inarrestabile passa parola.

Al che, The Irishman fu presentato, con altrettanto successo e critico clamore, a Londra e poi a Roma.

Ottenendo ancora una volta consensi a iosa.

Invece, qualora fosse stato relativamente stroncato a Venezia, ciò ne avrebbe pregiudicato la corsa agli Oscar e il suo estremo, ragguardevole, anzi incommensurabile valore sarebbe stato inficiato da qualche presuntuosa, oserei dire pregiudizievole, critica prematura.

Per esempio, oramai a Clint Eastwood frega poco degli Oscar.

Lo dimostra il fatto che, da anni, fa uscire i suoi film a metà dicembre quando oramai i giochi sono pressoché fatti.

Sì, la stampa americana può visionare le sue pellicole prima che escano ufficialmente in sala, quindi, stando a questo discorso, non mi stupirei più di tanto se il suo Richard Jewell venisse nominato in varie categorie, perfino importanti, fra circa un mese ai Golden Globe. Sebbene, come detto, uscirà soltanto dopo le nomination dei Golden, ovvero il 13 Dicembre.

Ma sono rarissimi i casi in cui una pellicola uscita nelle sale a dicembre abbia poi fatto incetta di candidature agli Oscar. Perlomeno, se prima non fu presentata a qualche festival di rilievo.

Come da me poc’anzi spiegato.

In poche parole, Richard Jewell potrà anche essere il film più bello dell’anno, perché no, ma credo che oramai l’Academy abbia già compiuto la sua scelta.

Il film che vincerà l’Oscar, per l’appunto, come Best Motion Picture of the Year, sarà The Irishman.

Stavolta, Netflix ci prese alla stragrandissima.

Agì infatti con lieve, dolce mestizia e sobria furbizia, con indicibile, inarrivabile scaltrezza e ammirabile pudicizia.

Realizzando una campagna promozionale basata sulla leggendarietà del capolavoro annunciato, a piccole dosi, paradossalmente, annunciandolo.

Dispensando, nel corso degli ultimi mesi, solo tre ufficiali filmati.

Creando attorno alla pellicola la giusta dose di mistero e suspense.

Netflix Italia, per esempio, su YouTube non ha ancora diramato il trailer di The Irishman doppiato in italiano. Solo gli abbonati possono vederlo, ascoltando in esclusiva Leo Gullotta che dà la voce a Joe Pesci.

Ora, spostiamoci invece in tutt’altro ambito e parliamo non di Scorsese, bensì di un altro uomo, purtroppo, considerato assai più meritevole di Martin da molti italiani, vale a dire il “fenomeno” Fedez.

Ecco, se io mi presentassi a un produttore discografico con un testo del genere, probabilmente lui chiamerebbe immediatamente la neuro:

mi aspetto che ti piaccia stare

sotto le coperte e non sopra le copertine

l’amore a prima Visa…

un golpe al cuore…

se ti guardo a luci spente, sei un tramonto abusivo…

Ma direi che l’apice, oserei dire l’inarrivabile zenit di tale “genio” dei debosciati, sia questa rima baciata per tutte le ragazzine più cretine:

prima eri un problema di cuore, ora sei il cuore del problema

Sì, Fedez lo vedrei bene ospite di Gigi Marzullo. Ah ah.

Sì, per comporre questi versi lirici, più che altro da due lire, un ritardato medio impiegherebbe due minuti, Fedez invece ne impiega dieci. Ah ah.

Peccato che lui sia più ricco di un astrofisico nucleare che conosce ogni equazione della teoria della relatività e l’Italia ascolti, con la testa fra le nuvole, queste cagate atomiche che io brucerei alla velocità della luce.

Sì, è per questo che abbiamo oggigiorno critici di Cinema che sostengono che The Irishman sia meno bello di Quei bravi ragazzi. Se Scorsese avesse realizzato Quei bravi ragazzi 2, avrebbero detto che The Irishman sarebbe stato uguale a Casinò. Ah ah.

Come dire che il sottoscritto, se ieri fu depresso a morte e oggi stia provando, provatissimo, di darsi uno slancio vitale fighissimo o solo più sfigato, le malelingue affermeranno, anzi con irremovibile fermezza affermano, che lo fa per rispondere a chi l’offese nel vano, deleterio e controproducente tentativo misero di dimostrare fermamente qualcosa. Ma rimane di mente un infermo. Ah ah.

Quindi risulta penoso e patetico.

Se invece avessi smesso di scrivere libri e recensire film, mi avrebbero detto ugualmente che sono penoso poiché mi sarei arreso.

Mettetevi d’accordo perché non ho intenzione di essere recensito da gente che prima offende Fedez perché è povera e il giorno dopo, invece, se vince il SuperEnalotto, frega a Fedez pure Chiara Ferragni, regalandole una migliore Ferrari.

Sono sinceramente stanco di tutta questa gente ipocrita assai italiana.

Di domenica, questa gente va a messa e il lunedì dopo combina le stesse porcate di prima. Tanto la settimana finirà, arriverà di nuovo domenica e basterà una confessione per poter ritornare a vivere alla stessa maniera.

D’altronde, Francia o Spagna, basta che se magna!

Il mio consiglio per i giovani è questo, un consiglio non propriamente ottimista, a dire il vero.

Un consiglio non da coniglio, bensì da uomo saggio come Rust Cohle di True Detective.

Cioè questo: non sposatevi e non mettete al mondo dei figli.

Altrimenti, possono nascervi mostri come Glenn Fleshler/Errol Childress se vostra madre è pazza.

Tanto, anche se vostra madre non è pazza davvero ma vive da pazza poiché chi la mise incinta, ovvero Thomas Wayne, la trattò come Fillipo Timi di Vincere nei confronti di Giovanna Mezzogiorno, vostro figlio troverà un altro Glenn Fleshler che lo caricherà di rabbia, distruggendogli pure la purezza.

Come no?

Ora vi spiego.

Le mie freddure lasciano stecchiti tutti, soprattutto il sottoscritto, ovvero un personaggio da fumetti molto fumantino

Allora, adesso vanno di moda i cinecomic.

Martin Scorsese e Francis Ford Coppola li definirono spregevoli.

Non so se abbiano ragione o no. Da quello che mi risulta, comunque, Rupert Pupkin di Re per una notte è Kick-Ass mentre Dracula di Bram Stoker è Ant-Man.

Come no? Oldman, in questo film, è come Gulliver. Prima è un titano. Poi, in seguito alla morte tragica della moglie, si segregò nel castello e invecchiò di brutto. Dunque, la sua virilità, nonostante si attorniò di tre streghe-damigelle meretrici, fra cui Monica Bellucci, ne risentì potentemente.

Diciamo che si nanizzò. Quindi, riprese possesso della sua armatura da Batman di Christopher Nolan e volò nuovamente come un pipistrello, facendo il culo, come si suol dire, ai moscerini.

Sì, il nerd è un uomo che, dopo aver sublimato le delusioni affettive, credette di essere sublime poiché realisticamente, logisticamente e dunque obiettivamente non gliela può fare con Catwoman.

Al che, come meccanismo di difesa psicologico, anziché diventare verde di rabbia come Hulk, in virtù dei soldi del ricco possidente del padre che lo mantiene, se la tira da Iron Man.

Cioè, detta come va detta, il nerd vive nel seminterrato, nella prigione bunker col culo parato delle sue immaginifiche stronzate, vagheggiando suoi sogni di gloria spesso fantasticati ma raramente concretizzatisi. È invero Birdman.

Sì, dovrebbe in verità spararsi in testa.

Se non dovesse miracolosamente morire, lo acclameranno in piazza come Joker.

Per quanto mi concerne, io fui un uomo già a quattordici anni.

Mi ricordo infatti che non rimasi insensibile, a livello ormonale, dinanzi a Pamela Anderson di Baywatch.

Poi però scoprii che lei se la faceva con il bagnino ignorantissimo de Il commissario Lo Gatto.

Ci rimasi come una merda. Da allora, distrutto, cantai La Mer, recitando, a ogni mattutino canto del gallo, tutte le sillogi poetiche di Giacomo Leopardi.

Ho detto tutto.

Riguardo la recensione di The Irishman, sentii e lessi molti critici affermare che Scorsese ricicla sempre tematiche, da lui stesso generate e sviluppate, oramai già viste, trite e ritrite, ovvero inflazionate e abusate.

Uno disse pure che Scorsese non è capace di rinnovarsi e che è relativista. Cioè, gira soltanto film su preti, su strambi deliri religiosi o sui gangster mafiosi.

Il prossimo film di Scorsese sarà Killers of the Flower Moon.

Un film sui nativi indiani americani divenuti ricchi grazie al petrolio.

Questi critici, invece, pensano di divenire ricchi, facendo lo scalpo a Scorsese?

Di mio, sono Fu Manchu. Cioè, praticamente David Lo Pan di Grosso guaio a Chinatown.

Ma, alle tribù degli Apache, dei Mohicani e dei Comanche, continuo a preferire l’ex pornoattrice Cheyenne.

Sono uguale a Sean Penn di This Must Be the Place ma nemmeno una racchia come Frances McDormand me la dà.

Per fortuna, aggiungo io, quella donna è matta.

È capace di rendere un uomo, macho come Liam Neeson, uguale a Darkman.

Ah ah.

Sì, Frances è un’intellettuale che rompe le palle a dismisura.

È per questo che suo marito, Joel Coen, è un genio.

Non scopa mai Frances. Non sapendo dunque che cazzo fare da mattina a sera, assieme a suo fratello Ethan, passa il tempo a inventare storie pazzesche. Passano notti in bianco nel mettere nero su bianco le loro sfighe disumane. Da cui Il grande Lebowski e A Seriuos Man.

Mentre nell’altra stanza, Frances, sdraiata a letto, si tocca d’autoerotismo feroce, impazzendo ad ascoltare Bob Dylan, uno dei suoi cantanti preferiti, che accarezza il plettro, riproponendo la sua storica Knockin’ on Heavens’ Door.

Sapete che al posto di Frances Conroy, in Joker, doveva esserci la McDormand?

Però Todd Phillips, dopo aver provinato la McDormand, scelse la prima Frances.

Poiché la Conroy è parimenti brutta ma ispira tenerezza. La McDormand, invece, è brutta e basta.

Quindi, non poteva essere credibile nei panni dell’ex donna di Thomas Wayne.

Sì, Thomas fu un frustrato prima d’arricchirsi.

Passò il tempo a cercare donne con cui condividere il suo disagio psicologico su qualche sito d’incontri per cuori solitari.

Non incontrò nessuna disposta a uscire con lui. Solamente la Conroy.

Perciò, Thomas pensò:

– Be’, basta metterle una maschera a mo’ di cuscino in faccia, di corpo non è poi tanto male, le posso rifilare tranquillamente una sonora fregatura, cioè una (mal)sana inculata.

 

Peccato che il profilattico di Thomas si spaccò nel momento meno opportuno e la Conroy partorì il futuro Joker.

Thomas quindi sposò una donna altolocata e assieme misero al mondo il futuro Batman.

Pover’uomo. Divenne come Donald Trump ma non gliene andò bene una.

Da una ebbe infatti un figlio pazzo, dall’altra uno con la doppia personalità.

Deve ringraziare, dall’alto dei cieli o laggiù all’inferno, che qualche teppista l’abbia ucciso nel vicolo cieco…

Se così non fosse stato, adesso Thomas avrebbe dilapidato mezzo patrimonio a pagare gli psichiatri dei figli ché, non essendo costoro capaci d’intendere e volere, avrebbero chiesto al padre di essere mantenuti.

Lui, essendo un pezzo grosso, si sarebbe vergognato di affidarli all’assistenza sociale e dunque si sobbarcò ogni spesa dei suoi scugnizzi.

Infatti, in nessun fumetto, risulta che Batman possieda un lavoro.

Thomas, prima di morire, redasse infatti un testamento ove scrisse testualmente:

– Mio figlio Arthur è irrecuperabile. Se gli donassi la mia vita a Malibu, la distruggerebbe.

Dunque, mettetelo in manicomio. Ma cambiategli il cognome.

Mio figlio Bruce, invece, è altrettanto malato ma, a differenza di Arthur, è più figlio di puttana. Sì, soffre di disturbo borderline ed è un incallito puttaniere irredimibile. Però, in compenso, riesce emozionalmente a gestirsi.

Al massimo, dite al maggiordomo Alfred che, se Bruce avrà dei momenti difficili, di nascosto dovrà infilargli degli psicofarmaci nel tè.

Sì, in Joker, la psicologa di Arthur gli disse questo:

– Arhur, il sindaco, malgrado le battaglie del nostro sindacato, ha tagliato i fondi. Ci hanno castrato. Non posso più curarti. Siamo entrambi inchiappettati.

Comunque, se cercherai su Google, in qualche forum di disadattati, potresti incontrare Iris di Taxi Driver.

Sai, sebbene sia stata salvata dalla prostituzione minorile grazie a Travis Bickle, uno più fuori di testa di te, non si riprese mai davvero dall’essere stata abusata dal suo pappone.

Sposatela e abbiate dei figli.

Tanto, il mondo è già pieno di pazzi. Qualche pazzo in più non sarà un grosso problema.

Ora, Arthur, devo salutarti. Ho perso il lavoro ma sono una donna. Quindi, mi basterà, per tirare a campare, mi basterà dare via il culo sui viali. Addio.

Anzi, ragazzo, prima di congedarmi, ti dirò però questo. Passai tutta la mia adolescenza da sfigata a studiare psicologia per provare a dare una speranza ai giovani provati che, come te, non accettano questa società e ne soffrono terribilmente.

Mi tolsi tutti i piaceri giovanili per riuscire nella mia mission.

Adesso, sono disoccupata.

Morale, figlio mio:

chi lo prende nel culo è destinato a riprenderlo in culo inevitabilmente. Come dice Rust Cohle, ancora e ancora e ancora.

Con l’unica differenza che, d’ora in avanti, quando lo piglierò nel didietro, almeno mi pagheranno.

 

Ah ah. Di mio, posso invece dirvi questo:

se credete che, in questo mondo, possiate essere voi stessi, sì, potete esserlo. Però già sepolti e cremati al cimitero. Il resto è una grande stronzata. L’umanità, dopo millenni di pseudo-evoluzione fasulla, alle soglie del 2020 finalmente comprese che l’uomo è in realtà una scimmia imborghesita. Quindi, l’unica differenza esistente fra lui e la scimmia non è, come si crede, l’intelligenza, bensì il portafogli. Se pensate che non sia così, non siete evoluti. Forse, è per questo che soffrite come animali. Sì, la sofferenza è figlia non della malattia mentale, bensì dell’incapacità di accettare un mondo che non riuscì a cambiare manco Cristo. Figurarsi se, come Gesù, siete per l’appunto dei poveri cristi.

Chi ha orecchie per intendere, intenda. Chi non vuole ascoltare ragioni, continuasse a sbattersene.

Tanto, se ne sbatté pure prima. Altamente fottendosene.

Ah ah.75316033_10214948951940147_3046521943453859840_n

di Stefano Falotico

I primi cinquant’anni di Matthew McConaughey su Instagram, Scarlett Johansson non mi provoca alcun primordiale istinto, è sopravvalutata, io mi distinguo ma sono sempre più esangue


06 Nov

_Moondog_Matthew_McConaugheySì, Matthew McConaughey è un attore premio Oscar. Dopo aver recitato molte parti da deficiente, da qualche anno a questa parte s’è impegnato a dovere nei ruoli da bel tenebroso. Ottenendo meritatamente l’Oscar e spopolando col suo Rust Cohle di True Detective.

Peccato che, dopo Dallas Buyers Club, su altri circa dieci film e più da lui girati, ne ha azzeccato mezzo.

Matthew, un tempo, le azzeccava tutte. Sì, da Sandra Bullock ad Ashley Judd, da Penélope Cruz a Janet Jackson, grazie ai suoi occhi languidi da texano poco di ghiaccio, tendente allo scioglimento degli estrogeni col solo ammiccamento d’un mezzo sopracciglio perfino acqua e sapone, faceva volare le donne per galassie poco metafisiche da Contact ma molto Interstellar da stallone coi piedi per terra, preferibilmente indossante gli stivaloni un po’ da troione.

Anche ora le azzeccherebbe, accarezzerebbe e le donne andrebbero matte per la mozzarella…

Ma Matthew ha messo la testa a posto e qualcos’altro solo in Camila Alves. Sì, ha preso la camomilla, come si suol dire, ah ah.

Una vecchia barzelletta, da me ricreata, recitava questo:

astrofisico dalla testa da super figo nucleare-galattico, laureato a Cambridge, dopo aver rilevato, grazie a calcoli pazzeschi e disumani, tre pianeti sconosciuti e dopo avere reinventato la teoria della relatività, dopo una vita passata fra i libri con la testa fra le nuvole, ha scoperto anche la figa.

Solo che ora non può tornare più indietro poiché le teorie di Einstein, secondo le quali, viaggiando più forti della luce, si può ringiovanire, sono valide matematicamente ma ancora non sono state concretizzate su un piano, diciamo, prettamente fisico e puramente tangibile. Ci spiace. Quest’uomo, elevatosi da tale pianeta delle scimmie, conosce la Fisica meglio di qualsiasi altro essere umano che nacque e che nascerà ma morirà senza conoscere il “Triangolo delle Bermude”. Poiché potrebbe, sebbene assai tardivamente, trovare una prostituta per assaggiare finalmente qualcosa più agganciabile alla materia ma è come Stephen Hawking.  Detto ciò, Matthew ha scoperto invece Instagram. Grazie a un solo video di lui che parla come un ebete, ha ottenuto un milione di follower nel giro di poche ore. La maggior parte della gente, a meno che non spenda più soldi di quelli posseduti da Matthew, può anche recitare, nei video inseriti, meglio di Laurence Olivier nel declamare tutto Shakespeare dalla prima all’ultima riga, pur di farsi pubblicità, sperando di farsi una meno stronza di Desdemona ma rimarrà lo stesso cornuta. Molti uomini, anzi quasi tutti, diciamo tutti… vanno matti per Scarlett Johansson. Appena la vedono, qualcosa fra le loro gambe diventa resistente e tosto come l’armatura di Iron Man. Io, essendo un cinefilo incallito, dunque conoscitore di tutto il percorso di crescita di ogni attore e attrice, appena vedo Scarlett, mi torna in mente la Johansson di Ghost World e, dopo tre secondi, ritorno malinconico e moscio come John Travolta di Una canzone per Bobby Long. Sì, come Rust di True Detective, non sono propriamente un tipo da feste. Però mi manca un film con Scarlett, ovvero Crazy Night – Festa col morto. Deve essere sinceramente una grande stronzata come quella che avete letto in questo post. Se devo dirla tutta, molta gente erroneamente pensò che, dopo averlo fatto la prima volta, mi sarei sbloccato. Invece, da allora ho perso la mia magica pazzia e forse Motherless Brooklyn mi parrà solo un film palloso. Sì, il film di Edward Norton, pur ricevendo ottime critiche, a molti presenti alla Festa del Cinema di Roma non è affatto piaciuto. Poiché credo che sia troppo cupo nella società di Instagram.

No, io non rido mai. Nei miei video, rido spesso ma perché sono un grande attore, superiore sia a Norton che a McConaughey. Non si era capito? Allora, siete proprio più tonti di quello che pensavo.

Insomma, voi avete scoperto solo l’acqua calda. Ma non di Scarlett. E ho detto tutto.ghost world

 

di Stefano Falotico

Mesmerismo – Il pessimismo congenito e incurabile di un uomo realista, dunque disfattista


29 Sep

rust cohle

Un discorso cupo, forse neorealista da uomo che è stanco degli equilibrismi, di questa società artefatta, arretrata, in realtà è finita.

Sì, con estremo cordoglio, anche con gioia annuncio la fine dell’umanità comunemente intesa.

Sì, con gioia. Poiché, se debbo assistere a questa processione di morti viventi, fidatevi, è meglio farsi zombi davvero.

Non è difficile. M’hanno detto che basti riesumare la salma di Romero e chiamare il demone Pazuzu de L’esorcista.

Sì, un mio amico, il quale è molto preso da questo film sopravvalutato di William Friedkin, tempo fa contattò Friedkin stesso.

Chiedendogli:

– Il demone Pazuzu esiste davvero?

– Certo, lo conobbe Padre Amorth.

– Ah sì? Sarebbe possibile avere il suo numero WhatsApp?

– Sì. Un attimo che trovo il blocnotes ove l’ho appuntato e glielo riferisco di dettato. Intanto, si munisca d’una penna. Ha preso la penna? C’è l’inchiostro? Perfetto, il numero è 6666scemo a credere al diavolo.

– Ah, capisco. La parte non numerica necessita degli spazi o va tutta attaccata?

– No, con gli spazi. Poi, all’unisono, invii anche un SMS con la scritta: caro Pazuzu, mi raccomanda Friedkin.

Così, le abbonano la chiamata.

– Grazie mille.

 

Dopo tre minuti:

– Pronto? Chi parla?

– Parlo con Pazuzu?

– Sì, lei chi è? Stavo guardando un film della Disney. Che vuole?

– Dunque lei esiste davvero? Non è una stronzata inventata per intimorire gli spettatori facilmente suggestionabili?

– No, in verità sono uno psichiatra.

– Ah sì? Lo psichiatra Pazuzu?

– Sì, certo. Laureatosi per il rotto della cuffia. Grazie a Cristo, riesco a praticare.

– Quindi, lei è un mezzo ciarlatano.

– Sì, come tutti gli psichiatri. Fanno credere alle persone non adatte a questo mondo di bestie di soffrire di qualche malattia mentale. Così, queste persone si rabboniscono, sono circuite dietro quest’inganno abissale e vengono sedate con psicofarmaci per cui, se prima provavano paura a vedere L’esorcista, nel loro delirio allucinante e allucinatorio per il quale s’auto-suggestionarono, adesso potrebbero vedere pure la Madonna e pensare che siano stati miracolati.

– Ah sì? Sono rincoglioniti forte, allora.

– Eh, abbastanza.

– Come mai vanno dagli psichiatri?

– Semplicemente perché l’umanità è animalesca. Tutto ciò che l’uomo fa è proteso, inconsciamente e non, al soddisfacimento dei beni primari, anzi da primati.

Vale a dire vivere per mangiare, dormire, scopare e coprirsi di un lavoro migliore, economicamente più soddisfacente, per mangiare, dormire e scopare di più.

– Ah, funziona così?

– Eh certo. Puoi pure essere bello come Brad Pitt. Ma se non ti assumono a Hollywood, col tempo diventi brutto. Perché non hai i soldi nemmeno per avere il tempo di guardare l’ultima puttanata di Tarantino.

– Ah, quindi a lei non è piaciuto il nono film di Tarantino?

– Guardi. Le spiego una cosa. Se questo film l’avessimo girato io e lei, c’avrebbero rinchiuso in manicomio. Se lo gira Tarantino, la gente, anziché celebrare la vita, esalta la malinconia dei sogni perduti sebbene abbia solo vent’anni.

La gente è pazza.

I ragazzi di quindici anni amano i film nostalgici di Fellini perché sono stati imboccati da padri che, non essendo riusciti a concretizzare i loro desideri, in maniera immaginifica magnificarono eternamente le loro giovinezze di colorati Amarcord.

– Ma il Cinema è sublimazione, l’arte è elevazione della coscienza per trasfigurare la realtà in modo sognante.

– Anche no.

– Che vorrebbe dire, Pazuzu?

– Ha visto che generazione di minorati che è stata prodotta? Una generazione di gente che deve sempre essere felice, altrimenti viene guardata con sospetto, discriminata, colpevolizzata per non essere adatta a un mondo, per l’appunto, di scimmie camuffate in abiti borghesi.

Adesso, abbiamo pure le trailer reaction. Persone poi che, a proposito di Tarantino, anziché dire Margot Robbie, dicono Margot Robbins e nelle loro recensioni sono profondamente ambigui come il viso di  Eva Robin’s. Non si sbilanciano.

Abbiamo poi gli speaker radiofonici. Dei poveretti che leggono notizie gossipare scritte da gente più incolta di loro. E propugnano banalità a buon mercato.

Si è accorto di come siano ripetitivi?

Se un uomo, per esempio, ammazza qualcuno, dicono puntualmente:

tragedia. L’uomo era affetto da disturbi psichici.

– Sì, cazzo, è vero. Non approfondiscono le ragioni, giuste o sbagliate che siano, che possano aver indotto l’uomo a impazzire.

– No, alla gente non interessano le ragioni. La gente si basa sui fatti. Gliel’ho detto. Puoi essere William Shakespeare ma se non guadagni almeno diecimila Euro al mese, eh già, sei trattato dalla società alla pari di un demente.

A quel punto, hai due scelte. O soccombi e accetti psicologicamente di morire nell’anma, andando appunto da uno psichiatra che ti certifichi una diagnosi di questo tipo:

per via del suo disagio, lei è invalido e lo Stato le passerà i soldi della pensione.

 

Ciò però presuppone una vita di prese per il culo devastanti.

Oppure combatti come fece Pasolini.

– Non esiste la terza alternativa?

– Sì, la tragedia.

– Definisca tragedia, in questo caso.

– L’uomo decide di ammazzarsi ma prima ammazza tutti coloro che l’hanno portato ad arrivare a questo.

 

Sì, è una realtà veramente penosa. Patetica.

È il mondo occidentale che avete creato.

Poi, non lamentatevi se qualcuno ha il coraggio di diventare Joker.

– Ma no! Arthur Fleck potrebbe avere una vita appagante. Un lavoro, la domenica sportiva, una donnetta che gli prepara da mangiare e accompagnare i figli a scuola affinché diventino più matti di lui, considerate tutte le stronzate sulla competizione e la rivalità che adulti ritardati instilleranno loro.

Lei tradirà Arthur, Arthur tradirà lei ma assieme agli amici ascolteranno Ed Sheeran.

Mi tolga una curiosità. Ha visto True Detective?

– No, ma sto vedendo lei. Non è che sia, diciamo, molto in forma. Ha una brutta cera, sa? Lei è talmente pessimista che, solo a guardarla, viene voglia di andare dall’estetista.

 

 

di Stefano Falotico

TOO OLD TO DIE YOUNG: la realtà non è mai come la immaginiamo, come la sognammo, perfino come la disprezziamo


29 Jun

Yaritza

Ero pervertito, no partito assai prevenuto, come si suol dire, riguardo questa serie di Amazon Prime firmata da Nicolas Winding Refn. Pensavo che si trattasse della solita narcisistica, pretenziosa, autoreferenziale castroneria spacciata per qualcosa di arty in tipico stile Refn.

Regista da alcuni osannato, venerato, elevato in auge. Da altri sinceramente snobbato. Refn è un megalomane nella tradizione dei cineasti più folli e autoriali di cui il Cinema, sin dai suoi albori, è tuttora stracolmo.

Mi mancano alcuni suoi film e onestamente, come già scrissi, ho le mie riserve addirittura su quello che da molti viene considerato il suo intoccabile capolavoro, ovvero Drive.

Che, al di là della strepitosa track Nightcall, di alcune fiammeggianti riprese notturne, malgrado la recitazione piacevolmente catatonica, in stato di trance lisergico, di un impenetrabile e carismatico Ryan Gosling, difetta assai nel finale, essendo a conti fatti una scialba, oserei dire patetica imitazione di Takeshi Kitano in salsa danese-statunitense.

Detto ciò, Too Old to Die Young è una serie magnifica. La sto vedendo, rivedendo, vivisezionando. A prescindere dal secondo episodio, lunghissimo, soporifero e insostenibile, dal quarto episodio in poi ingrana finalmente la quinta, azzecca il giusto, calibrato livello fra adrenalinico intrattenimento e artistico godimento. Assecondato in ciò dall’ipnotica musica di Cliff Martinez, sorretto dalla performance d’un Miles Teller in stato di grazia (in)espressiva, illuminato dall’innocenza angelicamente conturbante di Nell Tiger Free, dalla briosa follia d’un William Baldwin ambiguo e forse incestuosamente onanista (guardatelo qui per non credere ai vostri occhi), dalla venustà soda, capricciosa, maligna di Cristina Rodlo nei panni della stupenda, diabolica Yaritza, dalla presenza ieratica e oserei dire quasi pauperistica di un tosto, immarcescibile, profetico loser, John Hawkes, il cui personaggio è un diseredato a metà strada tra un semaforo ove fermarsi per elemosinare, sì, è un semaforo man, e il tipo/topo affascinante poiché maledettamente barbone con la barbetta incolta e le rughe marcatissime, il viso incancrenito nella perenne ansia oscillante fra il nevrotico vitalistico e il nichilista fottutamente menefreghista, un uomo arcigno, spigoloso e acidissimo con la faccia imbattibile di un equivoco viscido.

Una serie nerissima spaccata sensualmente dai semi-cammei della bomba Jena Malone, figa liscissima. Una che nei film da lei interpretati raramente si spoglia ma a cui basta un movimento inaspettato dei suoi occhi iridescenti per irraggiarci di beltà scostumata, emanando sex appeal a pelle, fottendo in maniera subliminale, forse inguinale, ogni uomo che indubbiamente non può resisterle, illuminandolo da maliarda fatalona di sobrio, elegante eppur devastante erotismo accent(u)ato da un po’ di caldo, provocante rimmel per indurre tutti gli eterosessuali non solo all’indurimento erettivo, bensì soprattutto e sopra e sotto all’intorpidimento toutcourt per i maschi intimamente noir ed eternamente affascinati dalle femme fatale bastarde con le gambe lunghe in tailleur attizzante.

Una donna vera e chi dirà che, vedendola, rimane col braccino corto… è un Pinocchio che fa finta di non amare i suoi occhi, la sua gnocca da notti ove giocarle di grossa oca.

Sì, con lei il gomito da tennista si sviluppa più di quello di John McEnroe e, se non hai i soldi, lei ti lascia a secco. Spompatissimo. Comunque, per ricarburare basta un po’ di benzina e una normale pompa…

Non ci crede nessuno che non vorreste giacere con lei sin all’alba e dopo gli ululati fare i galli, eh già, il naso vi si allunga e anche qualcos’altro.

Comunque, William Baldwin, se già in Sliver fu l’incarnazione del riccone cazzone iper-voyeurista, qui ascende a idolo assoluto prima della sua dipartita grazie alla sua confessione orgogliosa da uomo traviato e debosciato mai visto. Roba che Kurt Russell e De Niro/Ombra di Fuoco assassino l’avrebbero bruciato vivo.

Baldwin, lo scorso mese, è uscito pure con Backdraft 2. Film che, nonostante l’apparizione di Donald Sutherland, hanno visto solo i suoi fratelli.

Kurt Russell e De Niro, appunto, hanno disertato non solo la suddetta boiata pazzesca, bensì la incendieranno perché rovinerà la reputazione del capostipite. Che, comunque, non era poi chissà che.

Chiariamoci, un buon film di Ron Howard, non certo da mettere al rogo ma neppure paragonabile a Inferno di cristallo.

E torniamo a Sliver, film ove le dinamitarde, esplosive gambe chilometriche di Sharon Stone sono quasi più alte del grattacielo ove Baldwin viene arso nell’anima in maniera atrocemente pirotecnica.

In Sliver vi è anche Polly Walker, la donna dal culo più bello della storia. Tornito, modellato delicatamente in forme geometriche oserei dire simmetriche, anzi, perpendicolari a qualcosa che dentro di lei morbidamente e duramente si appaierebbe volentieri in maniera orizzontale o forse verticale. Spingendo in maniera bestiale. Badate a cos(c)e importanti.

Come no?

Una che a quei tempi era capace di uccidere un uomo senza accoltellarlo, appunto, come Sharon Stone di Basi Instinct ma usando soltanto il tritaghiaccio del suo fondoschiena tagliente.

Guardate 8 donne e ½ e poi morirete…

Insomma, a tredici anni pensavo che sarei diventato astrofisico nucleare.

Invece ho scoperto che sono un figo abbastanza atomico. Romantico a cazzo mio.

Il problema è che molte donne non vedono questo.

Per forza, non vedono una minchia.

Sono talmente frustrate che leggono L’insostenibile leggerezza dell’essere. Che poi…

Secondo voi, Antonello Venditti ha mai letto Milan Kundera?

Macché, Antonello sta sotto il cupolone della magica Roma.

Cosa volete che ne sappia pure dell’Inter.

E, tra una Ferilli e una Leoffreddi, è tutta una grande bellezza… tra fusilli e penne puttanesche.

Insomma, Venditti cantò…

quando pensi che sia finita è proprio allora che comincia la salita.

Invece, io sono come Matthew McConaughey di True Detective, un pessimista cosmico a cui fa schifo pure Giacomo Leopardi:

quando pensi che sia finita, sai qual è la verità? È finita davvero?

No, ma è una vita di merda. Oggi va, domani no.

Un giorno morirò e risorgerò.

Sì, se credessi a dio e alla religione cristiana, miei falsi, poveri cristi.

O no?

Notate infine questa finissima, raffinata miniatura ove la ypsilon, ipsilon, la i greca in maniera isoscele si accorda a mo’ triangolare con qualcosa che spara nel grilletto di dolce mitragliare. O no?

yaritzafalotico

 

di Stefano Falotico

 

I morti non muoiono, i dementi per fortuna sì


08 Jun

robert mitchum night of the hunter

Ora, a quanto pare, già l’avevamo capito dalle prime recensioni arrivateci direttamente dal Festival di Cannes, The Dead Don’t Die pare essere davvero il film, non dico più brutto, ma più irrisorio, irrilevante e soprattutto irrisolto di Jim Jarmusch.

Regista che tengo in auge e che, a mio avviso, sino a oggi non ha mai sbagliato un solo colpo. Ancora stupendamente infatti m’immalinconisco, silentemente gemo nello specchio languido d’una bellezza soave e inaudita soltanto rammemorando alcuni frame di Dead Man.

Emozionandomi al solo scoccare nei titoli di testa della musica di Neil Young, incantato dalla prodigiosa, turbinosa, rugginosa fotografia in b/n oserei dire morbida e ondosa del compianto Robby Müller.

Opera capitale di Jarmusch. Assai incompresa e non poco ostracizzata dalla cosiddetta intellighenzia, ah ah, ai tempi della sua uscita. In pochi infatti immantinente s’accorsero di essere di fronte a un film stratosferico e accusarono Jarmusch di essere stato troppo meditativo e lento.

Sono le stesse critiche, espresse nei medesimi termini, peraltro che vengono scaraventate addosso adesso a I morti non muoiono. Accusato, oserei dire imputato da più parti di essere una pellicola, appunto, soporifera che affastella troppi temi senza riuscire a centrarne efficacemente nessuno.

Staremo a vedere.

Ma torniamo a Dead Man.

Un film che, per le sue abbaglianti, funeree, cimiteriali e tristi atmosfere mortifere, eh sì, ricorda La morte corre sul fiume.

Lo stesso Jarmusch fu molto chiaro a riguardo. Dicendo espressamente che The Night of the Hunter è stato per lui un film imprescindibile nella sua formazione artistica.

Non solo per lui, anche per me. La morte corre sul fiume è uno dei più grandi film di tutti i tempi. Un film che, in un sol boccone come il lupo cattivo Harry Powell/Mitchum, si mangia vivo ogni Elephant Man lynchiano e tutti i possibili Twin Peaks.

L’aggregatore di medie recensorie metacritic.com, sito comunque alquanto inattendibile date le cantonate tremende che spesso, tuttora piglia, gli assegna un incredibile, insuperabile, imbattuto 99%.

Cioè, inutile evidenziarlo e peccare di pleonastico trionfalismo, La morte corre sul fiume è forse il film, permettetemi sfrontatamente di dirlo, più bello di sempre.

Sì, non lo sapevate? Assieme a Taxi DriverRusty il selvaggioL’infernale Quinlan e forse Mulholland Drive, ah ah, secondo il mio modesto dunque superbo parere insindacabile, è uno di quei film che m’ha cambiato la vita e, nella fattispecie, diciamo, ha positivamente sconvolto e stravolto la mia percezione della realtà.

Unico film da regista del grandioso Charles Laughton, perla fra le perle d’incomparabile, mastodontica, immane bellezza suprema.

Dominato dalla spettrale figura gigantesca d’un Mitchum da incorniciare, oserei dire titanico.

Ecco, a mio avviso, inoltre sono davvero pochissime le interpretazioni che possono, se prese singolarmente, elevare un attore a mito immortale.

L’interpretazione di Mitchum è una di queste così come quella di Marlon Brando in Fronte del porto, quella appunto di De Niro in Taxi Driver, quella di Matthew McConaughey, eh sì, in True Detective, quella perfino di Christoph Waltz in Bastardi senza gloria.

Attori che, trasfondendosi illimitatamente nei loro rispettivi personaggi iconici, sono ascesi in un batter d’occhio a monumentali anfitrioni della Settima Arte tutta più ribalda. True Detective, così come Twin Peaks stagione 3, infatti non è una semplice, ordinaria serie televisiva.  Così come non lo è The Night Of.

Ah, scusate, avevo dimenticato di citare nel sopraccitato, succitato, super eccitante, ah ah, listino anche Scarface e dunque Al Pacino.

E ora permettetemi di essere maschilista, forse femminista, misantropo e un po’ De Niro di Cape Fear.

Sì, Johnny Depp in Dead Man si chiama esattamente come uno dei poeti più maledetti della storia, ovvero William Blake.

Bene, cazzoni e cazzoncelli, cazzari e bovari, se avete quarant’anni e non avete mai letto integralmente Songs of Innocence and of Experience, ecco prevedo per voi una vita da falliti come Steven Bauer di Scarface, appunto.

È inutile che v’impomatiate alla vostra età per una febbre del sabato sera da John Travolta della riviera romagnola. Siete oramai andati a puttane. Diciamocela.

Io non ho letto, nella loro interezza, i due masterpiece umanistici par excellence sopra menzionativi del Blake ma io so, sono io e io posso. Voi no, ah ah. Perché avete solo sonno.

Così come posso gigioneggiare al pari di Max Cady/De Niro di Cape Fear, stuzzicando le voglie peccaminose e, ahinoi, ancora illibate di giovani ninfee come Juliette Lewis.

Per provocarle, cito loro Henry Miller e il suo Sexus – Plexus – Nexus.

Non ho mai letto questa roba ma sogno anche una notte da motherfucker con la Jessica Lange dei bei tempi, parlandole tutte le lingue di Babele e salvandola dal cancro della sua privata vita piatta, regalandole fantasie erotiche da Tropico del Capricorno.

Con me Jessica Rabbit, no, scusate, Jessica Lange capisce che il King Kong di John Guillermin non è nulla in confronto alla potenza da gorilla del mio sexy beast da mandrillo. Io non ho bisogno di stupirla con effetti animatronici e speciali da Carlo Rambaldi ma so che, con Nick Nolte, lei fa la brava signora imborghesita, mentre con me capisce di essere Jane poiché Tarzan è solo una scimmia in confronto al sottoscritto, sopra di lei ritto.

Non dovete ridere come scimpanzé dinanzi alle stronzate che puntualmente vi dico, io ho carisma e dunque basta che mi diate sventole in faccia.

Sì, le prendiamo tutte. Quella sberlona lì di nome Giovannona e anche quell’altra figona di nome Susannina.

In verità, io e le donne non leghiamo molto. No, altro che liane da amori selvaggi nella giungla. Le donne mi fanno girare solamente i coglioni e le mando sovente a farsi fottere. Stanno sempre a cucire le maglie di lana d’estate e d’inverno hanno caldo, sessualmente parlando.

Sono cioè delle ipocrite.

Sì, le donne sono falsissime. Noi uomini invece siamo più alla bona.

Vi racconto questa.

Una scrittrice-poetessa-attrice teatrale scespiriana con cinque lauree in Letteratura Arcaica, specializzata nell’arabo, soprattutto in quello odiato da Salvini ma da lei (a)dorato, in sanscrito, esperanto, francese della Papuasia e celtico di Bombay, ha esibito la sua magnifica minigonna su Facebook:

– Complimenti, sei una donna molto bella.

– Grazie. Guarda però che oltre alle gambe c’è di più. Non mi fanno piacere certi complimenti. Io voglio essere apprezzata, venerata per il mio intelletto.
Insomma, questa qui era mezza smutandata. Se voleva essere ammirata per il suo cervello, dico io, perché mai s’è mostrata a ogni u… lo spensierato con tale posa sbracata e forse svaccata?

Insomma, non ci crede nessuno.

Sì, le donne sono come Michelle Pfeiffer di Scarface. Consapevoli di essere molto belle, capiscono altresì che Robert Loggia è oramai un rincoglionito sputtanatosi e allora sposano Al Pacino. Un tipo losco e alla Fabrizio Corona con cui hanno ancora molto tempo per divertirsi e spassarsela.

Le donne non sanno che farsene di Dante Alighieri, vogliono il macho volgare che le riempia, soprattutto di soldi, che le porti a ballare e a cui non devono dimostrare di essere Rita Levi Montalcini o di avere la mente di Margherita Hack.

Che se ne fanno queste super patonze dell’astrofisica e della neurologia quando invero desiderano solo un nuovo, brillantissimo orologio e uno yacht ove esporre nudamente la propria merce e tutta la pregiata bigiotteria stronza?

Oggi, nessuna donna vuole diventare astrofisica. Vanno tutte in palestra per divenire fighe galattiche.

E di quell’altro povero cristo di Bob De Niro di Casinò ne vogliamo parlare?

Un genio dall’intuito infallibile la cui unica, vera colpa è stata quella di essersi affiliato alla mafia.

Per il resto, è intoccabile quasi quanto Kevin Costner di The Untouchables.

Ah, che testa il Sam Rothstein/De Niro ma finisce peggio di Al Capone. Uh uh.

S’innamora pure perdutamente della troia per antonomasia del locale, Ginger/Sharon Stone, ed è emotivamente legato a quel matto scriteriato di Nicky Santoro/Joe Pesci.

Ginger lo tradisce platealmente col figlio di bagascia Lester Diamond/James Woods ma ogni volta Sam chiude un occhio anche se, su queste scopatelle-scappatelle, non ci dorme la notte.

Alla fine, Ginger va pure con quel nano del suo amico del cazzo. Roba che, in confronto a Pesci, il grande, deceduto Verne Troyer di Io, me & Irene è elevatissimo, non solo di statura. Sì, Verne fu decisamente più alto di André René Roussimoff, ex lottatore artisticamente, si fa per dire, conosciuto col soprannome The Giant.

Gli uomini, comunque, sono peggio. Ci sono gli operai disperati che non sanno che Joe Pesci, no, pesce pigliare e allora vendono lo squalo al mercato. Ci sono dunque gli intellettuali della minchia che, avendo molto tempo per cazzeggiare, parlano di film che manco hanno capito.

Mentre io sto sempre più diventando Mel Brooks, John Belushi e pure Bill Murray. Io so benissimo chi sono. Io non sono. Voi invece, oltre che pazzi, siete idioti. Pensate di essere vivi ma siete già nell’anima da una vita morti.

Ma davvero vogliono fare lo scambio fra Ancelotti e Conte? E quella veramente è una scambista?

È una cubista? Nel senso che ama Picasso? O s’è ritoccata il culo con Picasa?

Che tragedia mostruosa.

Terrificante, agghiacciante.

Non importava quanto uno fosse grosso, Nicky partiva alla carica. Se lo attacchi con i pugni, Nicky torna con una mazza. Se lo attacchi con un coltello, lui torna con una pistola. E se lo attacchi con una pistola, ti conviene ucciderlo, perché continuerà a tornare e tornare fino a quando uno di voi due non è morto.

(Robert De Niro con la voce di Gigi Proietti)

di Stefano Falotico

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