Serialità metodica per salvarsi dai serial killer
Mi sto sparando in contemporanea sia The Punisher col mio idolo, il Bernthal, praticamente uguale a me, sia True Detective 3.
Ora, la sparo, invece, e basta. Secondo me, questa terza stagione, nonostante gli ascolti bassissimi, ha un fascino retrò che ficca di brutto. Un fascino mansueto come le dolci eppur raggrinzite mani di una nonna che, mentre ascolta musica country, accarezza una cassapanca nel suo negozio di antiquariato ove, da pensionata, svolge un lavoro in nero e si ricorda di come tradì suo marito col mandrillo della porta accanto. Sì, fu un amore selvaggio, clandestino alla Julianne Moore di Far From Heaven, furono amplessi di mogano ma lei, ora vecchia, fa la monaca, chinandosi solo vicino all’abside e non prostrandosi all’altare del suo amante per cui rifilava corna peggiori di Satana al marito, anima pia e angelica, e si reca a mangiar da San Gennaro assieme al prete della sua parrocchia, con tanto di pizza capricciosa servita loro da una cameriera parruccona che ogni giorno va a rifarsi la mèche dalla parrucchiera bigotta e pettegola, leggendo Novella 2000 e immaginando quello di Corona che tutto esc’. Ma le sue notti da rimbambita vintage sono in bianco più del suo vestito nuziale mai davvero immacolato, notti ambigue condite dall’olio piccante di sogni mostruosamente proibiti per giocare i numeri al Lotto, sperando di vincere la sua arteriosclerosi galoppante, galoppante quasi quanto quel nero che lei cavalcava imbizzarrita nella sua giovinezza wild. Ogni mattina si sveglia e si specchia, osservando la mozzarella della pelle lattiginosa delle sue gambe frastagliate da vene varicose che il prete accarezza a mo’ di rosario come quello del banco salumi quando la sua cliente preferita gli chiede prosciutto sottile. E lui, tagliando l’affettato, ammicca da salame.
Ecco, dopo questa stronzata, oh, a me piace un sacco cazzeggiare di puttanate, passiamo a cosce, no, cose serie. Nel terzo episodio non succede un cazzo ma si tira in ballo addirittura Einstein, Ali anziano è monocorde e al limite della demenza senile. Ma non si arrende e vuole vederci chiaro nonostante la cataratta.
Poi, il Dorff recita a culo come la sua faccia di cazzo e ha sempre il grugno da duro col parrucchino moscio. Ha una bella voce però questo Dorff. Sì, sì, sì. M’immagino quando stava con Pamela Anderson.
Pamela, sullo yacht, al solito mignott’, andava da Stephen:
– Mi spalmi la crema?
– Quale? Quella del pisello o quella protettiva?
– No, quella per coprire le rughe.
– Ah, capisco. Senti, zoccola, sto giocando a carte coi miei amici. Vedi di farti cremare dal becchino.
– Idiota, porco! Come ti permetti? Sono o non sono la tua donna? Ma che modi sono?
– Senti, Pamelona. Io sono un cazzoncello. Che vuoi da me? Te l’ho già dato. E non credo di essere stato il primo. Quindi, bagascia, fuori ora dai coglioni!
– Lo sapevo. Non dovevo mettermi con te.
– Anche io lo sapevo. Non dovevo mettertelo. Mi avrai trasmesso delle malattie.
– Malattie? Veneree?
– Certo!
– Per chi mi hai preso?
– Insomma, mi pare che tu sia venuta con centomila uccelloni, qualche dubbio mi potrebbe venire.
– Ora stai davvero esagerando! Screanzato, villano, ti faccio vedere io. Ti sputtano su tutti i giornali.
– Ah sì? E che andrai a dire?
– Che sei un uomo che sfrutta le donne. Un buzzurro maleducato. Un ignobile, merdoso maschilista osceno.
– Ma vai a dar via il culo! Non ti prenderà sul serio nessuno. Basta! Amici, buttatela in pasto agli squali. Che poi… manco se la mangeranno, è tutta di plastica. E non morirà manco affogata. Con tutti quei canotti! Ma chi cazzo me l’ha fatta fare?
Pamela saltò alla giugulare di Stephen, Stephen si divincolò dalla presa, mollandole una sberla.
Intanto, passò una motovedetta.
– Che cazzo sta succedendo?
– Niente, tranquilli. È solo un troiaio.
– Ah, ma lei è Dorff. Lei invece è Pamela Anderson.
– Sì, siamo noi.
– Perfetto, non cambierete mai.
True Detective 3.
Diciamocela. Non se la sta cagando nessuno. Invece è meglio della prima. Più matura, ancora più disperata, nichilismo devastante.
Ricordate, bambagioni: il Falotico una ne fa e mille ne pensa. Sarebbe meglio che ne pensasse una e se ne facesse mille.
E su quest’altro colpo di Genius vado ora a fumarmela.
E ora il momento tanto atteso, il monologo da sputtanatore totale
Sino a qualche anno fa, Nanni Moretti non mi piaceva e ancora ho dei dubbi riguardo quest’uomo, così come attestato dai miei recenti post.
Invero, chi mi vede ora, mi paragona a lui. Intransigente, morale e mai moralista, nevrotico, autarchico, puntiglioso, giusto e stronzo contro gli stronzi.
Ma come parla? Sì, le parole sono importanti!
Ieri sera, mi son rimesso a parlare con una tizia. Disgrazia delle disgrazie. Mai avrei dovuto concederle una seconda possibilità. Questa è laureata in Giurisprudenza, fresca di Laurea e con ambizioni a mille.
Io dovevo immaginarlo di avere a che fare con una troia. Una di queste donne già in carriera i cui unici valori sono far soldi e farsi leccare la passerina, campando sulle sfighe altrui che generano divorzi e faide piccolo-borghesi, e poi va in palestra a tonificarsi i glutei.
Al che parliamo. Lei sembra molto gentile. Mi chiede se può leggere un mio libro…
– Certamente. L’ho scritto affinché qualcuno lo legga. Non l’ho scritto per diventare ricco. Sono pochissimi gli scrittori in Italia che possono permettersi il lusso di campare con le vendite dei loro libri.
Forse Baricco, che secondo me non è granché, e tutti i giornalisti già affermati che non avrebbero neppure bisogno di scrivere puttanate politicizzate. Gli altri, no. Il nostro sistema non lo permette.
Ma io scrivo per trasmettere emozioni. E mi fa enorme piacere se al lettore ho potuto, empaticamente, comunicare la mia anima. Per creare sintonie, appunto, emozionali.
– Ottimo, comprerò il tuo libro.
Dunque, parliamo per un’altra ora. Molto affabilmente. E lei:
– Sai, mi piacerebbe incontrarti. Ci stai?
– Ah, così? Su due piedi. Ok, va bene.
– Che ne dici se ci vediamo il 30 Febbraio? Naturalmente se non hai impegni per quel giorno.
– No, credo di essere libero.
– Sì, peccato che Febbraio abbia 28 giorni. Quindi, coglione, prendi i tuoi libri e ficcateli nel culo. Sei un idiota. Un analfabeta funzionale!
Io, con la classe che mi contraddistingue, incasso discretamente bene il colpo, stacco la chat e vado a mangiarmi la barretta di cioccolato con le mandorle, Ritter. Per l’uomo sempre ritto.
Ma stamane, in preda forse alla cattiva digestione dovuta al troppo cacao, mi parte la brocca.
– Eccomi qua, Giulia. Punto primo, non è la prima volta che ti approcci al prossimo, e parlo in questo caso del sottoscritto, in tale maniera fredda e cretina. E il tuo modo d’interloquire, te lo dico subito, mi ha veramente rotto i coglioni. Sembra che sei stata educata in caserma e alla sciocca fanciullezza edonistica più superficiale. Quindi, fammi capire bene, tu misuri l’intelligenza di una persona da piccoli test “comportamentali” e su tale idiozia ti crei il disegnino stereotipato del prossimo? Cioè, vivi di una visione assolutamente faceta e imbarazzante del mondo, mi sembra che stai fra le nuvole. E rapporti tutto a metriche improntate all’efficienza più banale e a una bacata visione competitiva fatta di giochetti verbali, di battutine, di doppi sensi e sottili prese in giro? Ma come sei ridotta?
Punto secondo, ho soprasseduto mille volte dinanzi a questo tuo modo assolutamente scorbutico e vanitosamente frivolo di parlare e giudicare, ma mi hai veramente stufato. Quindi, se d’ora in poi, vuoi parlarmi, finiscila immediatamente con i tuoi test “attitudinali” e ripartiamo daccapo. Altrimenti, puoi anche mandarmi a fanculo, bloccarmi e sicuramente la mia vita non ne risentirà.
Lei, colpita, dice che chiama il suo ragazzo che mi farà il mazzo.
La mia risposta.
– Ok, andiamo a trovarlo assieme, stasera, al traumatologico?
Fine di una storia con la spastica.
Sì, è tutto sbagliato. Il mondo, intendo. Dalla A alla Z.
Quello che non capisce l’uomo occidentale è che la sua vita, sin da quando parte, è un orrendo condizionamento.
Questo l’ho imparato, leggendo filosofia orientale.
In Occidente, è tutto sbagliato. Siamo afflitti dal moralismo borghese, le donne sono insopportabili, quasi tutte.
Quando mescolano lo zucchero nel caffè, rimestano per circa dieci minuti. Una trivialità assoluta. Roba che De Niro di C’era una volta in America è, a confronto, un principe.
Poi, quel cazzo di caffè di merda dura un’ora. Un caffè si beve in 5 secondi netti.
Invece loro stanno tre ore con quella tazzina e lo bevono a sorsi incommensurabilmente lentissimi. Intanto, sognano il citrullo a cui lo smanetteranno.
Io odio la lentezza. A me piace andare fortissimo in macchina, a me piace essere reattivo come Al Pacino.
Odio Giorgia, Laura Pausini e tutte queste lagnose come Elisa e sceme varie.
Sì, non mi è particolarmente piaciuto Drive con Gosling. Cinematograficamente parlando.
Ma sostanzialmente mio cugino aveva ragione. Io e questo Gosling siamo identici.
Sono come lui, quasi “autistico” quando parlo col prossimo, tanto che posso sembrare ritardato. E forse lo sono, ma non me ne può fregare di meno.
Mi affeziono immediatamente alle persone. E mi dispiace quando a un mio amico succede qualcosa di triste.
Sono molto romantico. Ma non romantico come intendete voi. Voi siete poveri bovari che aspettate di trombarvi una, poi vi sciacquate l’uccello nel bidet. Domani, vi alzate da quel letto lercio e lavorate!
Lavoro, ah, si deve lavorare. È così.
Non è così. Prendete quel lavoretto che non serve a nessuno se non alla vostra panza e vedete di stare calmi.
Mal tollero gli abusi e le angherie. Come quando un troione va da una ragazza muta e la sfotte.
A quel punto, questo bell’angioletto che sono io, tanto buono e caro, diventa una furia.
Gli prendo quella testa di minchia e gliela frantumo.
Mi metteranno in manicomio ma gli ho spaccato quella faccia da porco.
Invece, ve lo dico subito.
Vi ho già parlato del Calzolari? Altro panzerotto assai vigliacco?
Sì, mi disse…: – La gente scopa, si diverte e va alle feste. Sparati. Quindi, o certe cose le fai anche tu o ti faccio sbranare dal mio cane.
Costui, deve augurarsi di non incontrarmi mai più. Sennò gli prendo le sue “uccellate” e gliele ficco dove sapete bene.
Ben vi sta! E soprattutto: De Niro in Mission è immenso. All’idiota che mi disse che non andava bene nella parte del gesuita, rispondo:
– Prenditi quei Nickelback (a proposito, esiste ancora quel loro cantante scimmione?) e vedi di continuare, come dicesti, beota, di volerti sbattere anche quelle che la domenica vanno a messa.
Che uomo!
Questo è un grande pezzo!
Follia! Evviva!
di Stefano Falotico