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Tutte le strade della pazzia portano a Roma e il Joker è un satiro che giocherella innocentemente coi capitalisti, da cui la capitale o Marx?


11 Jul

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Già vi narrai, giusto, delle mie scorribande mentali, delle mie perdizioni nel mondo segreto della notte più profonda ove mi persi e soccombetti al lunare, acquiescente zampillio del mio cuore sommerso nell’opalescenza più linda della mia brillantezza offuscatasi?

E del mio miracolo avvenuto a Roma molti anni fa? Trovate molti scritti in merito a tale mia rinascenza.

Persone poco spirituali, invero solamente agganciate alla scientificità più spicciola e materialistica, non ammetteranno mai che si sia trattato di un evidentissimo miracolo. Di quello che, in psichiatria, viene definito uno dei pochissimi casi nella storia di ritorno alla follia della vita umana dopo la bellezza incompresa dell’esistenza dissipatasi nei meandrici sotterranei della pazzia comunemente intesa.

La pazzia è qualcosa che non si può toccare con mano, è intangibile, come si suol dire, è perfino impossibile diagnosticarla da parte della cosiddetta gente normale.

Lo sostiene anche quel matto di Tom Waits quando alla domanda di Matt Dillon, in Rusty il selvaggio, se sia possibile capire quando uno è pazzo, sebbene all’apparenza non lo sembri, il mitico Tom gli risponde che non sempre è appunto possibile riconoscere la persona malata di mente e attestare visivamente, da una semplice occhiata per intenderci, se ci si trova/i di fronte a un pazzo la cui pazzia sia appunto manifesta, oppure se la sua follia sia irriconoscibile a prima vista poiché il pazzo che ne soffre, purtroppo o per fortuna sua, non cela né dissimula la sua insania, semplicemente non ne è consapevole così come gli altri, pronti a giudicare se sia pazzo o no, non sono coscienti forse di essere loro stessi (i) pazzi. E viceversa, in un continuum (in)equivocabile di fraintendimenti reciproci appunto pazzeschi.

È quello che io sostengo da una vista, no, da una vita. Ancor prima di aver visto, moltissimi anni fa, per la prima volta Il seme della follia.

E anche Il medico dei pazzi con Totò.

Non fraintendete inoltre quanto nelle righe seguenti vi esporrò dall’alto della mia modestia talvolta superba.

Per tempo immane, incalcolabile e oserei dire incommensurabile, io mi credetti sano e anche coloro che frequentai quando io mi considerai savio, eh già, mi reputarono una persona priva d’ogni qualsivoglia ombra di anormalità. Anzi, a dirla tutta, fui sempre reputato un ragazzo cervellotico, sì, un falotico. Sin troppo dunque normale e timorato di dio.

Molti pensarono che, avendo un cervellone, non fossi interessato alle passerone. Ma questo è un altro discorso.

Perché mai si associa puntualmente la serietà comportamentale con le voglie sanamente sessuali?

Cioè, si crede che se uno sia una persona in gamba, debba essere necessariamente un prete? Cioè uno a cui non interessano le femminili gambe e tutto ciò che può condurre al paradiso molto prima di compiere miracoli e ascendere al cielo?

Eh sì, se incontri Naomi Campbell degli anni novanta, non hai bisogno di andare ogni domenica a messa e non abbisogni neppure di fare il missionario come Madre Teresa di Calcutta, non devi dunque passare attraverso le stigmate di Padre Pio per essere beatificato. O no?

Sì, chiariamoci su questo punto cruciale poiché da qui parte tutto il resto…

Sì, si sente dire così in giro.

Se uno, ad esempio, fa lo scrittore e commenta la foto di una, inserendo la lapidaria, onestissima frase sintetica… sei una grande figa, la figa chiamata in causa gli risponde che lui non è uno scrittore vero per colpa d’averle scritto una banalità come tutti gli altri.

È uno scrittore, forse un grandissimo poeta, mica un eunuco. Ecco, sono situazioni imbarazzanti che creano disagi oserei dire incolmabili. Vuoti da riempire molto a perdere…

Sì, le donne esigono l’uomo lirico e non da due lire che impeccabilmente scriva loro odi e sillogi magnificanti le loro forme estasianti, prodigandosi in componimenti talmente lunghi che, mentre il poeta si scervella per regalarle loro, loro la regalano a uno che le fa sognare con la villa, la Porsche e le collane dorate.

Da cui il famoso detto… buonanotte e sogni d’oro.

Sigmund Freud disse che il pazzo è un sognatore sveglio…

Charles Bukowski invece coniò due perle da premio Nobel, ovvero: l’individuo equilibrato è un pazzo e alcune persone non impazziscono mai. Che vite davvero orribili devono condurre.

Ed è in virtù proprio di questi padri della mia psicanalisi che non sarò mai come Berlusconi ma un coglione qualsiasi.

Né pazzo né un Joker psicopatico, neppure un deficiente come quasi tutti.

Sì, Roma è la capitale di questa nostra Italia disastrata.

Nelle scorse ore, il litorale adriatico è stato sommerso da un nubifragio cataclismatico con epicentro Pescara, sì, diciamo un terremoto di acquazzone non vendibile al mercato Aiazzone.

Perché la gente ai supermercati dei grossi centri commerciali acquista solo uno dei film più brutti con Richard Gere, Come un uragano.

Sì, uno tsunami che le persone, alla sua vista, hanno urlato azz, ora sono cazzi amari.

Per forza, se piove di brutto, asciutti non potranno certamente esserlo.

A Roma risiede il Papa che giustamente pontifica in quanto pontefice.

Fellini vi girò Roma (evviva la fantasia per scegliere un titolo originale, diciamo) ma anche La dolce vita e altra roba, a Roma, Antonello Venditti filmò il suo cammeo sotto il cupolone de La grande bellezza e Sabrina Ferilli gigioneggia tuttora da ciociara, magnandosi un buon piatto di carbonara.

A Roma si concentrano i girotondini, godono i premier truffaldini e non poco volpini, sgallettano le vallette che svendono facilmente le mutandine ed è tutto un gran casino.

Solo il Joker vero e non quello finto, in mezzo a un mondo andato a puttane, formato perlopiù da pazzi, cammina tra la foll(i)a da vero cavaliere mascarato.

Ah ah.

Oh capitale, mio capitale, io non sarò mai capitano di niente.

Ma questa è la mia nave e non affogherò nel vostro oceano di porcate.

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di Stefano Falotico

I migliori film sull’istituzione scolastica – I soliti (ig)noti


22 Jun

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Il film Arrivederci professore di Wayne Roberts con Johnny Depp non è un grande film ma non è neppure così disdicevole e da buttar via.

Trattasi di operetta sorretta dal carisma di Johnny Depp.

E sul Depp vorrei finalmente chiarire un punto importantissimo che spesso ai più sfugge.

Stiamo parlando di un attore vero che non ha frequentato però nessun Actor’s Studio. È un talento istintivo immediatamente scoperto per fortuite circostanze e per la sua naturale, incontaminata intraprendenza assai coraggiosa. Sottolineata inoltre dalla sua iniziale carriera all’insegna di ruoli sdruciti come i jeans di un novello James Dean (Dean forse in vita sua mai lesse una novella), ruoli smaccatamente iscritti alla sua genetica fisiognomica da eterno adolescente, un po’ efebico e molto dionisiaco, simbolizzazione della rabbia tormentata del giovane, appunto, leggermente sbandato ma dall’anima intattamente romantica.

Fu istradato, come scrissi qualche giorno fa, alla carriera cinematografica nientepopodimeno che da Nicolas Cage. Sì. E se, da Nightmare alla particina incisiva in Platoon, da Kusturica a Tim Burton, il passo fu brevissimo più di un fulminante lampo, il Depp è uno dei pochissimi attori nella storia, oserei dire, che a soli trentatré anni, l’età in cui Cristo morì, ascese consacrato ad avere il nome del personaggio da lui interpretato, ovvero Donnie Brasco, nella bellissima pellicola omonima di Mike Newell, sceneggiata da un Paul Attanasio in stato di grazia. Uno dei pochissimi a cui fu dato il permesso di recitare con mr. Corleone e Scarface/Carlito in persona, Al Pacino.

Vorreste correggermi? Donnie Brasco è uscito nel ‘97 e dunque, essendo Depp nato nel 1963, aveva 34 anni all’epoca.

Sì, ma le riprese iniziarono molto prima e Depp, per questo film, per tale ruolo suddetto e sudato, sicuramente il copione l’avrà ricevuto, almeno, l’anno prima.

Quindi ho ragione io. Erano 33 come gli anni di Cristo. Tu invece hai ottant’anni e manco hai mai visto Donnie Brasco.

Fra l’altro, non vorrei infamarti, vecchiaccio della malora, ma secondo me non hai mai visto in vita tua neanche una Winona Ryder nuda. Nemmeno nei film con lei protagonista.

Su questo non posso obiettare. E dove potevi vedere Winona nuda? È l’attrice più pudica del mondo.

La massima scena di sesso che s’è concessa, in mezzo déshabillé castigatissimo, è stata in The Iceman.

Ma si rivestì subito perché Michael Shannon le fu appunto freddissimo. Eh già, come fredda lui Uomini e donne da De Filippi, cioè merde mai viste, nemmeno un cecchino.

Poi Winona, con estrema parsimonia, elargì qualche reggiseno di qua e di là ma Gary Oldman, ne il Dracula di Bram Stoker, in versione mostro-licantropo s’ingroppò l’amichetta ignuda.

Ma siamo sicuri che il Dracula di Coppola sia uno dei film d’amore più puri della storia? Forse sì, il Nosferatu di Oldman ci dà senza badare a fedeltà coniugali, spinge in forma, diciamo, maledetta.

Roba che Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi è un mon(a)co.

Peraltro, prima di sbarcare a Londra, se ne stette nel castello dei lupi da Frankestein Juniorlupo ululi lupo ululà con tre pezzi dell’Ubalda fra cui Monica Bellucci, una sempre andata forte a tette.

Sì, praticamente Hugh Hefner.

Detto ciò, Arrivederci professore vale il prezzo del biglietto anche per Rosemarie DeWitt. Donna spesso racchia ma che, in questo film, coi suoi tailleur finissimi in più di un’occasione me l’ha fatto diventare ritt’.

Dunque, arriviamo a Scent of a Woman, film iper-retorico che, a differenza di quello che potrebbe sembrare dal titolo, non è incentrato tanto sul profumo femminile, bensì sulla castrazione psicologica di un ragazzo buonissimo, lo studente in erba di una scuola prestigiosa mentre gli altri coetanei del suo paese stanno solo a cazzeggiare in cortile, fra porchette e parchetti in eterne pause molto cretine più che ricreative, fumando l’erbetta con le sciocchine.

Al che, ad Al Pacino girano i coglioni e fa piazza pulita di tutti gli imbroglioni. Ecco, davvero vogliamo che i Philip Seymour Hoffman della situazione, questi futuri panzoni pieni, oltre che di carne di maiale nel cervello come in Onora il padre e la madre, nel fegato marcio, si arroghino il diritto, un domani, di essere dei porcellini in parlamento?

Questi qua sono delle serpi. Sono quelli che oggi, sotto profili anonimi, si scatenano sotto i video sexy di YouTube a scrivere oscenità triviali e pazzesche alle donne scosciate più sensualmente allucinanti, eppure fra solo un paio d’anni saranno rettori di una cattedra universitaria.

Ho detto tutto.

Ci vorrebbe Sean Connery di Scoprendo Forrester… Sean, il protagonista de Il nome della rosa.

Da cui, ragionando di semantica da Umberto Eco, il parallelismo con la celeberrima poesia di Walt Whitman, Carpe Diem, recitata sino allo sfinimento da Robin Williams de L’attimo fuggente:

Cogli la rosa quando è il momento ché il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà.
Infatti, Robin Williams vinse l’Oscar per Will Hunting ma poi cadde in depressione.

Anziché fare la fine del suo personaggio ne La leggenda del re pescatore, si rifiutò di seguire le cure farmacologiche, a base di neurolettici immondi, prescrittigli dai nuovi lager nazisti, ovvero i pedagogici, come no, centri di salute mentale.

Fece benissimo, quando una vita è distrutta, le compressioni e i buonismi consolatori non servono a nulla. Se non a renderti più rimbambito del demente che la vita, con le sue botte tremende, ti rese. Meglio la resa alla resistenza, fidatevi.

Peraltro, io non ho capito l’incoerenza del personaggio di Depp, Richard, in Arrivederci professore.

Prima va nel pub con pubescenti che, se non realizzeranno i loro sogni, diverranno materia di studio per un film di Todd Solondz, beve birra in loro compagnia, fa l’occhiolino alla barista sfigata e dopo un minuto se la fotte in maniera screanzata e villana nel bagnetto.

Dunque, gli vengono i sensi di colpa moralistici e, prima di morire di cancro, recita l’ultimo predicozzo ai suoi allievi.

Dicendo loro che la vita è tutta un porcile, una puttanata.

Infatti, non essendo questi ragazzi figli di giornalisti affermati o figli d’arte, cazzo, saranno fottuti.

Questa è la verità.

Il resto è retorica.

Prendete ad esempio Paul Giamatti de La versione di Barney. Diventa Innamorato pazzo come Adriano Celentano per la sua Rosamund Pike. Lei però lo tradisce con tutti, pure col miglior amico.

E Giamatti, dopo mille poesie leopardiane, dopo aver ammirato la sua Rosamund leopardata, perde ogni grinta leonina, nessuna pecorina con lei fa più ma viene messo a pecora dall’inculata bestiale.

E da Giamatti diviene matto e basta. Bastonato!

Che poi… anche se non sei esteticamente fantozziano come Giamatti ma un figone come Ben Affleck, la Pike ti combina lo stesso casini della madonna.

Basti vedere L’amore bugiardo – Gone Girl.

Mah, a me non convincono neanche quei maschi critici di Cinema che si dichiarano, oltre che ben pagati, felicemente sposati e appagati. Non sono mai soddisfatti, diciamocela.

Sì, nelle loro recensioni inseriscono sempre battute piccanti sulle Edwige Fenech di turno.

Dunque, non sono credibili in merito alla loro esegesi non solo cinematografica, bensì rispetto a quella… riguardante il loro sguardo oggettivo della vita.

Detta come va detta, sono uomini che hanno fatto flop.

Quindi, se il critico della minchia sostiene che Kubrick sia universalmente, imperituramente superiore a Cronenberg, lo ficchiamo subito all’Overlook Hotel e poi mi dirà…

Sì, Cronenberg è un genio, Kubrick era solo un misantropo.

Di mio, che posso dirvi?

Sto antipatico a tutti, soprattutto a me stesso.

Io non mento mai, nemmeno se fossi Alain Delon.

Ah che guaio se un giorno lo diventassi.

Avrei l’anima spaccata in due. Allora davvero non ci capirei un cazzo.

Sapete la verità?

Questa disgrazia è successa e sarà La prima notte di quiete…

Parola di Michael Douglas di Wonder Boys.

Che poi… anche quel brutto detto italiota… ah, se non studi, farai il camionista.

Non c’è mica niente di male a fare il camionista.

Prendiamo Stallone di Over the Top. Un filmetto e in questo filmetto Stallone, indubbiamente, non interpreta la parte di uno laureato alla Bocconi. Ove peraltro i professori imboccano le studentesse più ingenue.

Però, uno come Stallone, uno con la faccia da zotico camionista, come dicono i grandi acculturati del cazzo, non si sarebbe mai sognato di commettere e perpetrare bassezze oscene, a differenza di quello che nonnetti radicalchic sono invece capacissimi di combinare. Speriamo non più, eh eh.

Ah, il nonnismo!

E mi pare giusto che Lincoln Hawk, il falco… della notte, abbia a codesti impostori dato una lezione di vita da spezzare loro il braccio e anche qualcos’altro.

Sì, siamo stanchi di questi tromboni che vanno a dire in giro che sei un ignorantone come Stallone, da costoro reputato un uomo e un attore di merda, gli stessi che esaltano la “folle” classe recitativa di Jack Nicholson ma hanno sempre avuto un piccole problema di comprendonio.

Loro nella vita non sono stati né Stallone né Nicholson. Capisc’?

Semplicemente non sono stati nulla. E la finissero pure di esaltare I soliti ignoti. Sì, grande film ma poi questi nella vita vogliono essere notissimi, danno al prossimo perennemente delle note, giocano di super-cazzole da Amici miei pericolosissimi.

Che tristezza di gente, ragazzi.

 

di Stefano Falotico

I registi dementi che non voglio più vedere: Vincent Gallo, Lars von Trier, persino Spielberg, Luciano Ligabue e affini bovari


05 Mar

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Sì, partiamo con Vincent. Attore che non mi sento di discutere.

E vi racconto questa. Poco prima dell’anteprima veneziana dello sciapito remake di Werner Herzog de Il cattivo tenente di Abel Ferrara, ordinai un toast a una baracchina di hotdog. Al che, mentre lo stavo sgranocchiando, a un metro da me, ci credereste? Stava tutto in camuffa, con tanto di barbona e look trasandato per non farsi riconoscere, quel bell’uomo del Gallo. Proprio un Gallone a sessanta centimetri da me. Nessuno, combinato e acconciato com’era, l’aveva riconosciuto. Mentre io, ovviamente, sì. E cominciai a guardarlo di sottecchi. Come diceva Totò a Peppino, ne La banda degli onesti, guardi quello là, quel tipo, guardi ma non guardi. Insomma, guardi ma non faccia vedere che guarda.

Ma Vincent si accorse che lo stavo guardando in maniera trafelata e cominciò parimenti a fissarmi. Poi, ridacchiando sotto i baffi, mi annuì in silenzio, come per dirmi…

– Sì, sono io.

 

Dunque, si eclissò in sala, assieme a una bagascia di quart’ordine, forse raccattata al molo del Canal Glande, no, Grande.

Credo, se non sbaglio, che l’anno dopo avrebbe vinto la Coppa Volpi per la sua prova in Essential Killing.

E, fra l’altro, sapete che fine abbia fatto? Sono quattro cinque anni che non gira più un cazzo.

Ma sì, oramai ha dato. Vincent ora starà in qualche tugurio con qualche zoccola che gli lecca le sue palle da bowling da Buffalo ‘66. Qualche Christina Ricci che glielo arriccia e glielo rizza.

Ecco, questa sua regia è buona, molto bona.

Ma mi soffermerei piuttosto su The Brown Bunny. Film ove il nostro Gallo non ha lesinato in pornografiche vanità, facendosi succhiare tutto il caldo ciddone (leggasi uccellone) dalla Sevigny, un ottimo figone. Va dentro, no scusate, va detto.

Devo ammettere che l’uccello di Vincent è da competizione ma devo altrettanto essergli onesto. Il mio è molto più grosso (e qualcuna lo sa, può tangibilmente testimoniare e, da allora, è ricoverata in manicomio per l’irreversibile shock profilattico da crisi ninfomane molto anale, no, anafilattica) ma non mi sarei mai permesso di filmare un lungometraggio, presentato a Cannes (!), con tanto di pompino durissimo da bestione.

Non sono, come sapete, un moralista, anzi. Ma sono per la teoria di Orson Welles. Il sesso al Cinema non serve a un cazzo. Non è compito dell’arte mostrarci ogni minimo dettaglio, ingrossamento e attizzamento, indurimento, allungamento e succhiamento. Sono cazzi che non c’interessano.

Quindi, sia lui che la Sevigny andassero a fare, come dicono in Sicilia, i “suca-minchia” altrove. Questi due minchioni. Sì, anche la Sevigny lo è. Le sue gambe non si discutono ma la sua faccia sembra, alle volte, quella di un uomo.

Bannato lui e lei rimane una lecca-banane.

A proposito di altri idioti… voi dite che Lars von Trier è un genio.

Ma de che? Questo è sempre stato molto ma molto male. E, visto che sta male, ha preso a pretesto le sue psicopatologie per spacciarsi come provocatore geniale. Imbavagliatelo!

In verità vi dico che Lars provoca solo i suoi turbamenti. È un pazzo a cui non darei da girare, in Dogma, neppure il filmino della prima comunione.

Capace che poi rovini l’armonia innocente della festa con qualche sua alzata di testa.

Prendete i resti di torta che sono rimasti come avanzi e… ho detto tutto.

Spielberg se n’è uscito con la campagna anti-Netflix. Per forza, lui ha la Dreamworks e Netflix gli rompe i maroni.

Quindi, castrate anche Steven il prima possibile. Questi falsi non li vogliamo più vedere.

Su Luciano Ligabue non sarei impietoso. Dategli una piadina romagnola e ficcatelo fra i drogati della Montagnola. Famoso parco di strafatti e bolliti di Bologna.

Finirei con altri due bovari invincibili. Il primo è Russell Crowe. Che si è cimentato con la regia! Uno la cui panza aumenta a vista d’occhio, anzi, ad occhio di bue. Poiché Russell, da gladiatore della buona cucina, una vera Arena come l’omonimo pollo fritto, mangia tante uova e bistecche alla Bismarck.

E poi con Ben Affleck. Oscar regalati. Ma l’avete visto nel trailer di Triple Frontier?

E questo sarebbe un bove, no, un bono? Ma questo ha mangiato polpette a tutt’andare.

Ora, voi ci credereste che costui, nella foto immediatamente sotto, il 13 Settembre di quest’anno compirà quarant’anni?

Lo so, io sono sempre bello e giovane, voi sempre più rincoglioniti.

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di Stefano Falotico

Zack Snyder dice addio al Cavaliere oscuro di Arthur Fleck/Joker: «Sei stato il miglior Batman di sempre»


18 Feb

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Ciao,
amici.

È Arthur Fleck/Joaquin Phoenix, alias JOKER… Marino, invero Stefano Falotico, che vuole confidarsi con voi e farvi leggere questa mia lettera commossa in risposta a quella, altrettanto commovente, del mio amico Zack Snyder. Regista che devo ringraziare perché mi ha fatto capire davvero che Clint Eastwood è un genio e, quando girerà un film come Batman v Superman: Dawn of Justice, sì, Clint forse sarà davvero morto.

Rendo grazie al suo Cinema perché, guardando i film di questo carissimo amico, inseparabile compagno di merende quando ero talmente depresso che mi ero tanto rimbambito da perdere la testa per Kate Beckinsale di Pearl Harbor e stavo impazzendo di Amore estremo per Jennifer Lopez, ho capito cosa mi piace davvero nella vita.

Sì, qualsiasi maschio normodotato, eterosessuale di sana e robusta costituzione, credo che per la Beckinsale o per il culo di J. Lo, soprattutto, possa davvero non solo perdere la testa ma i testicoli.

Ma, finita la scopata storica con queste due gnocche micidiali, che cosa ti rimane? È capace poi che chiedono di sposarti e ce l’hai i soldi per regalare loro una vita spensierata da To the Wonder? Sì, una vita meravigliosa, idilliaca, ove fai l’amore da mattina a sera e non sei invece Al vertice della tensione perché devi pagare troppe bollette di “Paycheck?”.

No, queste sono patonze che esigono una vita lussuosa, stracolma di felicità e belle cose.

È capace che se poi le trascuri, ecco, ti scappano di casa come quell’altra super figa ciclopica di Rosamund Pike de L’amore bugiardo – Gone Girl. 

Sì, la tua donna è impazzita perché non te ne sei preso sufficiente cura. Eri ridotto talmente sul lastrico che ti sei dato, pur di sbarcare il lunario, a una vita da The Town.

È colpa di questo sistema marcio da State of Play se sognavi di essere Superman in una Hollywoodland e invece hai scoperto che sei stato solo preso per il culo come nel Joker di Todd Phillips. Appunto.

Sei stato troppo fuori dalla realtà comune di tutti i giorni per poter ripartire daccapo con entusiasmo. Ora, dopo tutte queste vere o presunte Ipotesi di reato, è davvero dura, amici cari.

Una resilienza enorme. E con immane forza cerco, sì, di resistere giorno dopo giorno. A volte buttandola a ridere per non pensarci, a volte praticando meditazione trascendentale per non trascendere e dar di matto sul serio.

Difficile rivederla con occhi giusti dopo tanto buio, sì, funambolico, estroso e geniale come Daredevil…, ma anche tanto cupo e sofferente.

Adesso sono arrivato a quasi 200 Cigarettes al giorno. Non va bene per il portafogli e nemmeno per la salute, cazzo.

Non voglio dire che molta gente sia stata più fortunata di me e che la loro fortuna sia Piovuta dal cielo, ma è inutile piangere sul latte versato, su tanti equivoci evitabili che hanno fatto sì che non potessi Vivere fino in fondo.

Devo esservi sincero, non posso più tergiversare e girarci attorno. Mi aspetta soltanto un Armageddon – Giudizio finale. 

La vita è un Dogma, non esistono alibi o scappatoie da Runner Runner.

I critici letterari sostengono che i miei libri siano bellissimi, molto romantici in stile Shakespeare in Love ma Gwyneth Paltrow non verrà mai con me. E ci sta. Sarei pazzo a credere il contrario.

Per lo stesso discorso fattovi all’inizio. Gwyneth è una riccona viziatissima. Che se ne fa di uno scrittore squattrinato?

Non le posso garantire nessun futuro. Non sono uno stronzo da 1 km da Wall Street.

E non sono neppure Matt Damon ma rimango pur sempre anch’io un Will Hunting – Genio ribelle.

Nonostante tutto, non mi sono mai arreso.

Mi conoscete.

Sono spiritoso, totoiano, ho secondo molti un talento smisurato nella scrittura. Come vi ho detto.

E le donne dicono che abbia perfino un gigantesco pipistrello. 

A differenza di Michael Keaton del Batman di Tim Burton, no, credo che non scoperò però nessuna Kim Basinger.

Ma non mi suiciderò neppure come in Birdman.

« […] Le cose sulla terra cadono. E quel che cade… è caduto. Nel sogno, questo mi ha portato alla luce. Una meravigliosa bugia… Il miglior Batman di sempre. Grazie amico mio per avermi fatto dono di quel momento fottutamente glorioso e di un cuore così stupefacente».

 

Sì, la gente è pazza e demente. Non voglio vantarmi, non spetta a me giudicare il mio talento, dovessi mai averlo o meno, ma la gente aveva di fronte una persona diversa senza il chiodo fisso delle passerine e ambizioni cretine come quella di far soldi, fregando gli altri in squallide competizioni da bambini e asilo nido.

Ma secondo questi qua tal persona doveva “normalizzarsi” e diventare un troione qualsiasi. Che va a vedere Checco Zalone, ha un lavoretto in cui legge Il Corriere dello Sport, torna a casa e si organizza per portarsi a letto qualche sciocchina. Ballando con le stelle!

Cosicché, anziché dar manforte a un cuore selvaggio, preferì e preferisce credere ancora e ancora e ancora che io sia un supereroe fanatico dei personaggi televisivi come un vecchio rimbambito.

Ebbene, a qualsiasi villain figlio di troia che abbia voluto sfidarmi, sono qui.

Sono più veloce di te, più intelligente, bello come Ben Affleck e ora preparati davvero.

Alla prossima mossa falsa, idiota, ti sbatto in manicomio.

– Chi, tu? Povero fantozziano schizofrenico, paranoico maniaco-compulsivo cacasotto di merda?

– Tu sei convinto davvero che dall’altra parte della barricata, fenomeno, ci sia la persona che pensi ci sia?

 

Sto scherzando? Certamente. Ma non fate più le merde.

 

di Stefano Falotico

Le differenze di età: un uomo di 35 anni è moralmente lecito che stia con una diciottenne?


18 Jun

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Sì, molte persone ambiscono ad essere Dorian Gray. Dorian, sì, il protagonista di uno dei più famosi libri di Oscar Wilde. Dorian pattuisce (pattuisce è bellissimo) qualcosa col Diavolo, al che gli altri invecchiano, com’è normale e fisiologico che sia, lui invece rimane cristallizzato in una perpetua giovinezza. A livello estetico. Il suo viso non accusa i segni del tempo, resta immutabilmente bellissimo, di una bellezza dionisiaca, imperturbabile ed eterna. Ma nell’animo marcisce e spasmodicamente si corrompe. Tutte le donne lo desiderano, attratte dalla sua apparenza alla Johnny Depp. Eppur Dorian in cuor suo è un vecchiaccio malefico, indisponente, vanaglorioso e soprattutto accidioso. Sostanzialmente un mostro.

Una volta dissi a mio nonno che Dorian Gray era uno stronzo ma un gran bel figo e lui mi rispose:

– Stefano, soffri di problemi alla vista?

– Perché, nonno?

– Ah, Dorian Gray era un pezzo di gnoccona inarrivabile. Aveva un paio di gambe e di curve che nemmeno Indianapolis.

– Nonno, sei rincoglionito?

– Stefano, affatto. Guardala in Totò, Peppino e la… malafemmina. Quel povero Teddy Reno viene irretito da quella diavolessa, però lo stesso continua a studiare e a laurearsi, nonostante l’apprensione dei loro zietti. Capito, Teddy? Chiamalo fesso. Con una fessa (fessa, nel dialetto meridionale, significa tocco di ottima vagina…) del genere, anch’io avrei tenuto la testa a posto. Cioè in quella zona di Dorian. Ah ah. Stefano, la donna, come diceva Totò, è mobile e noi ne siamo mobilieri…

 

Sì, Dorian Gray era un’attrice molto bella, almeno per l’epoca, una femminona che ti faceva perdere la testa. Anche se poi, nella realtà, Teddy Reno si sposò con quel cesso inaudito di Rita Pavone…

Di mio, posso dire che più gli anni passano e più divento come Dorian, quello di Wilde. Con la differenza che, oltre a giovarmi fisicamente di una magnifica esteticità da far bagnare le donne anche a dieci chilometri di distanza, la mia anima, anziché liquefarsi nel marciume, diventa ancora più salubre, romantica, purissima come un uccello che, al mattino, allo “squittire” del dì, come si suol dire, dopo notti ingorde con le passerotte, canta sull’albero della cuccagna.

Ora, io non vi vedo niente di male in una relazione fra un trentacinquenne e una maggiorenne che, sino al giorno prima, era una minorenne. Oh, semmai questa è anche una maggiorata e, a maggior ragione, il “volpone” di 35 anni è sano e giusto che si dia da “fare” con una che sa il “fallo”, fatto suo.

Di solito, questo tipo di relazioni non possono sussistere per problemi prettamente logistici. Solitamente, infatti, le persone guardano a quelli o a quelle della loro età. Quindi, una diciottenne se la fila con i suoi coetanei, e può darsi (anche può darla) che, vista l’anagrafe, sia una studentessa appena “maturanda”, a proposito di maturità, e dunque desideri accoppiarsi con gente universitaria.

Ma ciò è vero soltanto in parte. Si dice che le donne, sessualmente, maturino più in fretta degli uomini. Sì, certamente… se sono come Laura, ex mia compagna delle scuole medie. Tutti noi studenti “medi” la corteggiavamo, perché a cosce codesta era un fenomeno. Ma lei voleva crescere… e, fra una lezione di Rivoluzione francese con Robespierre e una sulla Guerra dei cent’anni, “assaggiava” quelli di Massimo, meccanico che giocava sempre alla baracchina, leccandola di “gelato al limone” dopo tutto quel sudore in officina, e la “sporcava” di “olio”, e Marco il butterato, edonista palestrato soprattutto dei suoi “quartieri bassi”. Adesso, Laura, dopo tutte queste “dure esperienze”, canta a squarciagola J-Ax ma, comunque, come a quei tempi, già “geriatrici”, va sempre matta per quell’omone di William “Bill” Spencer Jr.

Sì, una donna “beautiful”, sognava la villa a Beverly Hills ma suo marito sta messo peggio di Javier Bardem di Biutiful. Piccola borghesia veramente “cazzuta”.

Di mio, mi piace molto il fotografo francese JR, autore del cortometraggio Ellis con Bob De Niro.

Sì, mentre quest’umanità di puttanazzoni va in giro carnascialesca, brindando alla frivolezza della loro pochezza, io fantasmatico vago per le stanze dei miei ricordi, con carisma à la De Niro ermetico.

Ora, è una società abbastanza ingannevole. Prendiamo questa foto.

Everhard

 

Ma sì, ci sta. Eccome se ci sta… la diciottenne, in piena crisi tardo-adolescenziale, stufa di condividere le sue emozioni con babbei della sua età, stravolti da turbamenti nerd, si mette con uno che ha il doppio della sua età. Perché lui sa… e la protegge. Soprattutto coi soldi.

Quindi, basta coi moralismi.

– Stefano, ma tu non sei invidioso se un vecchio sta con una giovane figona?

– No, gli invidiosi sono dei poveretti. Beato lui…
Nella vita, c’è chi prende il Sole, sperando di diventare più sexy, un idiota, c’è chi prende la sola…, chi invece piglia Lucila Solá. E chi, come Leo DiCaprio, sta con la figlia. Morrone, una che ti svuota i maroni…

Di mio, mi andrebbero bene entrambe. Non mi farei troppi “problemi”… e paranoie.

 

Ho detto tutto.

Secondo voi, perché Totò, come me, si faceva chiamare il Principe? Secondo voi, perché Totò, come me, si faceva chiamare il Principe? Non solo per motivi dinastici. Perché era oltre le piccinerie, i pettegolezzi, le cattiverie e le stronzate da nani.

 

 

Manglehorn+Premiere+71st+Venice+Film+Festival+uJjNchae1eFl

 

 

di Stefano Falotico

Il satiro totoiano, la felicità non esiste


07 May

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Non so se avete ascoltato l’intervista al grande Totò di un giornalista dell’epoca, la trovate sul Tubo…

– È contento lei, oggi, Principe?

– Io? No.

– Perché?

– Perché ognuno ha la sua croce. Anch’io avrò qualche croce. Croci intime, croci che tengo nascoste. Che la gente non sa… Ma tutti le abbiamo.

– Certamente. Ma qualche volta lei potrà anche non essere triste, no?

– No, la felicità non esiste. La felicità non esiste, in nessun modo.

– È assoluto nel suo giudizio, Principe.

– Sì, sono assoluto. Nessuno è felicissimo.

– Non ha mai trovato, lei, qualche momento di soddisfazione particolare?

– Effimero. Di pochi momenti.  Di pochi minuti ma poi…

– Stiamo facendo un discorso piuttosto filosofico, vero, Principe? Uno strano discorso soprattutto se consideriamo che al di fuori dei finestrini ci sono gli ammiratori che si assiepano, che sono intenti a scrutarle sul viso, appunto, i segni della celebrità.

– Vedono l’attore superficialmente, vero? Non sanno quello che sta dentro all’attore.

– Lei pensa frequentemente a queste cose, Principe?

– Sempre, sempre.

– E non si dà mai un momento, diciamo così, di superficialità. Quei momenti, così, di riposo intellettuale che un uomo ogni tanto si deve concedere.

– No. Questo no. Io penso sempre. Sono un pensatore. Penso la notte, il giorno, sempre. E penso che in fondo NON SIAMO NIENTE NESSUNO.

– Non siamo niente nessuno?

– Nessuno. Nessuno è niente.

– Allora non vale lottare, Principe?

– No, vale il lottare per gli altri. Per rimanere… qualche cosa agli altri.

– Lei lascerà qualche cosa, Principe?

– Io no. Non lascio niente come non lascia niente nessun attore. Ché noi vendiamo delle chiacchiere.

– Principe, permetta un’obiezione, lei ha costruito tutta una particolare mimica, una particolare interpretazione, una particolare storia sua… personale.

– A che cosa serve tutto questo? Un falegname è più di me. Un falegname lascia una sedia che può vivere nei secoli. Io lascio le mie parole che, dopo una generazione, non se le ricordano più. Diranno chi è quello?… Cos’abbiamo lasciato noi, cosa lasciamo? Niente.

E a tal proposito leggetevi l’intervista anche della Fallaci in cui Totò disse…

Forse vi sono momentini minuscolini di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza.

 

Eh sì, Totò come tutti i grandi comici e clown era profondamente triste. Perché tremendamente realista, e dunque satiro, perché solo le persone realiste, vedendo la realtà nuda e cruda per quello che è, possiedono il dono magico del saperla sdrammatizzare e irridere con brio, retrogusto amaro, sano sfottò. Solo le persone illuse, i poveretti, pensano davvero che possa esistere una realtà migliore della nostra, abominevole e atroce. Allora sognano sempre che un giorno andranno su Marte e si emozionano per Interstellar, e poi guardano 2001 e si annoiano. Perché non è un film new age, è antropocentrico, è caleidoscopico e senziente alla nostra condizione umana. Di animali, qual purtroppo siamo, che fin dapprincipio s’illudono di essere altro, e s’imborghesiscono, aderendo a precetti e schemi mentali che anziché donarci libera felicità spesso ci reprimono e castigano in una dimensione angusta, carceraria, ove sediamo la nostra gaiezza per non scontentare il prossimo e dunque scontentare noi stessi.

Quante volte… sento dire, ah, guarda quel ragazzo, è sempre stato uno studente diligente, con la testa a posto, conoscitore di saggezze e piace alle ragazze. È fresco, simpatico, brillante. Ma che ne sapete voi invece di quel che è davvero quando, nell’intimità della sua scarna nudità, semmai soffre immensamente di non essere uno sciocco o un pazzo, così almeno non capirebbe nulla e godrebbe d’estemporanee idiozie?

Sì, oggi son andato da uno psichiatra, è qualcosa che oramai faccio di gusto e, a intervalli regolari, così come sono le pisciate diurne e anche notturne, vado in cerca di consolazioni futili, pagando fior di quattrini che persone diverse da me spenderebbero per un pompino o una lercia trombata con qualche battona.

No, non mi è di nessuna utilità recarmici. Ma non mi è nemmeno utile parlare della mia anima a gente che semmai respinge a priori ogni mia acuta riflessione, perché intenta a sollazzarsi in un beato, e io dico belato, porcile gozzovigliante al motto del lavora, scopa e non arrecar noie. Ché la noia è sintomatica di malinconia, e qui vogliamo rockeggiare di musica forse pessima ma scacciapensieri.

Prima di arrivare sul posto, dalla macchina ho filmato una bizzarra coppia vicino Porta Saragozza. Elemosinavano soldi e compassione agli automobilisti fermi al semaforo, inscenando uno spettacolino circense con loro acrobati che, terminati gli atti ginnastici, si avvicinavano, ballavano, si davano un bacio e quindi porgevano i rispettivi cappelli per ottenere gli oboli caritatevoli della gente miserevole, indulgente e pietosa.

Ma loro sono contenti. Fanno il loro gruzzoletto, rincasano a tarda sera, si cucinano pane e cicoria e poi selvaggiamente amoreggiano in grazia di Dio.

Al che, arrivo dallo psichiatra. Nonostante la mia maniacale puntualità, ho dovuto aspettare per proverbiali ritardi “professionali”. Prima di me c’era un signore, che a passo felpato e con sguardo già distrutto è entrato a “colloquio”. Lo psichiatra ha lasciato la porta dello studio aperta e io ho bellamente, da menefreghista puro, ho origliato.

– Io non mi riprendo più. Era un bellissimo ragazzo biondo, con gli occhi azzurri.

– Sì, quindi lei è omosessuale?

– No, che ha capito. Mi era tanto caro. Quasi quanto lei. Bellissimo e infatti doveva vedere che pezzi di gnocche che gli ronzavano. Poi ha cominciato a drogarsi, non ha saputo controllarsi e un giorno mi hanno chiamato… e ho visto il lenzuolo, un lenzuolo come quello della Sacra Sindone, che avvolgeva il suo corpo. E da allora… che tragedia!

– Capisco. Deve essere terribile perdere una persona cara.

– Capisce? Era pieno di donne.

– No, scusi, si spieghi meglio. Che c’entrano le donne?

– Sa, io a parte mia moglie non son mai piaciuto molto alle donne. Ma lui era sangue del mio sangue!

 

Sì, la grande tragedia di quell’uomo non era la morte di quella persona, che non ho capito se era suo figlio o suo nipote, ma il fatto che quel ragazzo, essendo morto, non potesse più godersela…

Quello che io definisco transfert sessuale. Lo fanno in molti, la maggioranza a dire il vero. Molti genitori proiettano ai figli le loro aspirazioni, che non sono altro che i loro desideri mai realizzati. Allora vogliono che il figlio diventi avvocato non perché vogliano davvero la felicità del figlio. D’altronde, a mio avviso, un avvocato può fare molti soldi ma campa sulle disgrazie altrui, e quindi solo se possiede un cuore di pietra può essere soddisfatto. E via dicendo.

Quello che credo è che le brave persone lo prendono prima o poi nel culo. Perché troveranno sempre un figlio di puttana che li fotterà. Questo vale anche per le puttane. Ma molte puttane, le più a dire il vero, lo prendono anche in un altro “posto”. Comunque loro sono contente. Non fanno sconti a nessuno.

Ieri pomeriggio invece una donna mi ha espresso il desiderio di conoscermi. E io le ho chiesto se la voglia… d’incontrarmi era adducibile, dico adducibile, alla semplice motivazione che volesse scoparmi.

Lei mi ha risposto con grande onestà… – Perché no?

E io: – Solo questo vuoi? Una botta e via?

– Sì, perché no?

– Perché no. E poi le ho scritto vai a dar via il culo.

 

Sì, d’altra parte cosa resterà di me, una volta morto. Sono la persona, credo almeno in Italia, con più libri pubblicati. Tra selfpublishing, saggi monografici, eccetera, saranno più di una cinquantina di titoli. E mi piace recensire i film. Leggere degli ottimi libri.

Ma, si sa, agli occhi della gente sei valutato solo se guadagni ventimila euro al mese e se hai un lavoro “normale”. Altrimenti sei un mezzo demente.

 

Ho detto tutto. Cosa lascerò? Niente. Perché una modella su Instagram è più di me. Le basta mostrare il suo deretano per essere “seguita” da milioni di persone. Quando si dice che la vita è una questione di c… o. Il teorema è lapalissiano. Solo un ritardato non lo comprenderebbe.

Sì, molta gente non ha mai studiato, si presentava solo alle lezioni per timbrare il cartellino, poi passava il tempo a prendere appunto per il culo i paraplegici, i diversi, i froci, come dicono loro, le persone con una spiccata sensibilità, le persone particolari.

Ma avevano ragione loro. Mi scopriranno da morto. Ma sarò già bello che sepolto.

Al che lo psichiatra mi dice:

– Sa, credo che lei sia gravemente depresso. Sbaglio?

– Se per lei grave depressione significa vedere la vita per quello che è, sì, mi curi. Domani voglio essere uno stronzo qualsiasi. E sbatterlo al primo che capita per fargli capire che sono uno ce l’ha grosso. E che sa sfondare…

di Stefano Falotico

La vita è un continuo allenamento, allentamento, arenamento, arenazione, alienazione ed è fatta di allitterazioni, fate buone ma anche cattive azioni


14 Dec

01077001 shine_splash 02337218In questo giovedì opaco, mi sento un menestrello e allora la mia vita passo al “rastrello”. Sì, va rassettata, anche di nuove, vigorose emozioni agitata, va persino sciupata, sì, debbo consumarmi nella massa al fine di elevarmi, addivenendo che essa volgarmente mente alla bellezza e preferirà sempre un cinepanettone alle mie poesie “incomprensibili”. In questo dubbio perenne, che m’angoscia da decenni, soffoco nel solito strozzarmi eppur a gran parte della società non mi “sterilizzo”. Sì, voglio conservare le mie piccole “sporcizie” che mi rendono umano e voglio gravitar di sguardo godereccio e peccaminoso nel suo cul basculante che, in tal scosceso scosciare, affatto mi scoccia e di ormoni risboccio, castigando alla sua vista qualcosa di “sboccato” che in verità, vi dico, vorrebbe lietamente “imboccarsi” nel (di)venir enfiato, enfaticamente posso asserire, anche se spero solo di “inserirlo”, che i miei occhi, a perdifiato, fan sì che quasi un infarto mi colga in tal ammirarla sognando con lei di “tirarcela”.

E in tal delirio piccantello soffro di arenazione, termine desueto e raro quanto il mio “concretizzarlo”, che significa infatti sabbiatura. Sì, lei dovrebbe “insabbiarmelo”, sì, un’arenazione di vera “permeazione”. E nel “permearmelo” diverrebbe goduto, fottuto vuoto pneumatico… non fa rima ma allittera di sonorità che, nella congiunzione delle nostre lune, mi auguro non di traverso, perché altrimenti potrebbe “spezzarmelo”, fa sì che in due meglio si fa. Anche sul sofà…

Eppur di queste donne ne son stufo e preferisco cucinarmi da solo lo stufato. Ah, vogliono solo che le stantuffi ma poi io ficco e di eiaculazione precoce fa pluf, in un onomatopeico flop come Waterworld con Costner.

Sì, lo so, esagero e tante cazzate racconto ma fa parte del mio esser poco avvezzo alle ben più dure inculate che spesso mi date. Non son uomo vizioso ma uomo sfizioso che va gustato con letizia e anche con Domizia, ah, Domizia, donna che lo rende rizzo e, da cavallerizzo, va il su e giù del prenderla in modo “frizzante”.

Sì, uomini, allenatevi quando la vita vi ammoscia, nel sesso la tensione allenterete come sull’altalena e nel movimento lento dovrete accelerare poi con “stile(ttate)” da campioni di …azzo, no, di razza.

Non arenatevi se lei vi piglierà per le “corna”, perdonatela e aspettate che un’altra sia a voi puramente donata… Anche impudicamente sdraiata.

E “doratevene”, adorandovi!

Sono un uomo che ama le cos(c)e bone… cari buo(n)i a nulla.

 

Forza, al lavoro! Sudate, sudate!

 

 

di Stefano Falotico

Lezioni di nichilismo di un uomo asciutto che beve acqua frizzante fra Pirandello e Totò


22 Nov

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Sì, Uliveto, che facilita la digestione ed evita, di gas benigni e benefici, le fighetterie e le cagate.

Sì, con grande, sommo dispiacere dei somari, quelli che vorrebbero annichilirmi dietro patenti sommarie della mia personalità, riducendomi allo sguardo pietoso, e irriguardoso, del loro vedermi come uomo penoso, posso affermare che sono un uomo pen(s)ante. E il pensare, in questa società afflitta dalle apparenze, è un male, qualcosa da reprimere, da avviare e “raddrizzare” alla (s)corretta giustezza faceta di chi, illuso, pensa che la vita sia un breviario (d)istruttivo. Ah, quanti danni ha fatto la pedagogia politically correct. È stata una catastrofe sesquipedale che ha ammorbato gli uomini dietro falsi comportamenti, esternati e non, di un moralismo bigotto, ipocrita e stronzo. Ogni volta devo scansar gente di tal orripilante faciloneria, rinnegando anche le donne facili che, ben volentieri, a me si avvicinerebbero e se ne “abbevererebbero” in segno di lor nudità offerta in remissione dei peccati, non solo i miei, anche i loro da peccatrici però coperte dalla maschera sociale che le scagiona così da qualsiasi accusa di “puttanesimo”. Ah sì, la psicologia femminile, mi rincresce dirlo, donne che amate quella cosa “crescente”, è tutto sommato facile. Nessuna donna vuole sentirsi dire che è una puttana, nemmeno quando pratica questa vecchia professione da an(n)i comprovati e “irridenti”-irredenti (eppur sono ridenti), e lo “attesta” di sue “credenziali” in filmografie sconce in cui esibisce il suo didietro e il suo così (s)porco far soldi e godersela… No, neppure le puttane conclamate, quelle per cui, anche per culi, è stato acclarato di essere delle volgari meretrici, piace essere nominate in questo modo. Figurarsi a quelle che si credono di non esserlo solo perché si celano dietro la finta rispettabilità. Hanno una vita “normale”, dei figli da allev(i)are, un marito con un’ottima posizione intoccabile, e soprattutto un lavoro “nobile” che è il risultato, dicono loro, d’immensi sacrifici, di scelte dure… che mai e poi mai, per nessuna ragione al mondo, ripudierebbero e cambierebbero.

Mah, a me non convincono… perché come tutte le donne son sempre sintonizzate, nel tempo libero, su qualche programma che le rilassi e le faccia divertire, nella spensieratezza scostumata dei loro repressi ardori che, al fiorir di scemenze televisive, si squagliano nel piacer vanesio del loro smaltarsi le unghie, facendosi carezzare da gatti con le fusa. E qui si mostra tutta la loro falsità perché, anch’esse animalesche, hanno propeso, come quasi tutte, all’appagamento terribilmente “cutaneo”, epidermico dell’allisciarsi nell’estatico orgasmo della loro intimissima “soddisfazione”. Che bellezza…

Poi, ancora peggio, ci sono quelle che non si dichiarano né sane né sante e, per anticonformismo di maniera, per gusto trasgressivo da frust(r)ate, citano (a proposito di maschere… e “mascara” da uno, nessuno, centomila) Pirandello, dichiarandosi pazze…

Conviene a tutti, capisci? Conviene a tutti far credere pazzi certuni, per avere la scusa di tenerli chiusi. Sai perché? Perché non si resiste a sentirli parlare. […] Non si può mica credere a quello che dicono i pazzi! Eppure, si stanno ad ascoltare così, con gli occhi sbarrati dallo spavento. Perché? […] Perché trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni! Eh! Che volete? Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma! Volubili! Volubili! Oggi così e domani chi sa come! Voi vi tenete forte, ed essi non si tengono più. Voi dite “questo non può essere” e per loro può essere tutto. Ma voi dite che non è vero. E perché? Perché non par vero a te, a te, a te, e centomila altri. Eh cari miei! Bisognerebbe vedere poi che cosa invece par vero a questi centomila altri che non sono detti pazzi […]. Perché guai, guai se non vi tenete forte a ciò che vi par vero oggi, a ciò che vi parrà vero domani, anche se sia l’opposto di ciò che vi pareva vero jeri!

Invero pazze non sono per il semplice fatto, o “fallo”, che nessun pazzo è cosciente di esserlo. Ah, che pazz(i)e! Anche se qualcheduno, come dice Pirandello, a un savio vuol far credere di essere pazzo per tenerlo “buono” e zitto, castigato in una “diagnosi” che imprigioni la sua volontà e lo renda così schiavo, incapace di autodeterminarsi.

La vita vera è un continuo oscillare, in verità, ah la verità, fra saggezza, malinconie, euforie, ipocondrie da “malati immaginari” (così si scansano le responsabilità, soprattutto verso sé stessi), salti di gioia, lutti, dolori, e il lavoro.

Ecco, il lavoro è qualcosa che, posso affermarlo senza (ver)gogna, non mi appartiene. Per quanto, anche testardamente, abbia provato a inserirmene, a comprenderne le logiche, sono troppo attratto dalla mia mortalità per poter sciuparmi dietro questa repressione della vitalità. Sì, il mio profondo sapere, in ogni istante che vivo sapendo che sono appunto vivo, m’impedisce d’ingrigirmi nella “vita” degli spenti, come direbbe Bukowski. A oliarmi negl’ingranaggi del compromesso, dei giochi da “adulti”, lontano quindi sono da certe burocrazie dei modi “normali” di vivere. Dell’alzarsi la mattina e fare il proprio “sano” dovere, rincasare stanchi e affaticati, ma soprattutto coi nervi a mille e iper-stressati, e cucinarsi una cenetta “speciale” con tanto di seratina sul divano e una compagna che ti regge il moccolo, il tuo moccioso, “reggendotelo”. Per carità! Preferirò sempre la mia solitudine “angosciante” a queste dinamiche spos(s)anti. Ah, dimenticavo… il mocio… scopate a terra! Ah, ah!

Ah, che poi ci son anche le donne che son talmente annoiate dalla loro “normalità” che guardano serie criminali a base di squartamenti, per esorcizzare il lor mal di vivere nella catarsi da Teatro greco secondo la quale la violenza mostrata rende la donna meno preoccupata. Sì, spiando nelle mostruosità altrui (Chi l’ha visto?, docet), s’illudono di essere donne a posto.

Quando invero covano sentimenti di rivalsa… figli(e) di una piccineria, questa sì, da sbattere in prima pagina!

Così, in questa società malata, fioriscono psicologi e psichiatri. Altre figure assai discutibili. Che studi hanno fatto per poter permettersi di propagare “benessere?”. Alcuni di questi escono da studi “tecnici”, clinicamente asettici, e non potranno mai capire la splendida “oscenità” dell’inquietudine, la “disagiante” bellezza del vivere. E vivere davvero significa giustamente soffrire, non essere conciliati alle idiozie, col sorriso smaltato, adeguarsi squallidamente al “buoncostume” deficiente delle sciocchezze e delle banalità.

Sì, lo sapeva il grande Totò… la malafemmina insegue la “cara-bella”, caramella, caravella delle donne perdute… ho detto tutto…

La mia vita è piena di mentali nebbie e di ubbie… ma chi la vede?

 

di Stefano Falotico

Se il grande Totò ha girato il suo primo film a 39 anni, ho tempo anche io, essendo ancor più Principe


16 Nov

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Eh sì, molta gente è ossessionata dal tempo e, arrivata ai quarant’anni, già comincia a contar le rughe, rimembrando pateticamente il passato. Molta gente è afflitta dal passato, ne è perseguitata, fa di tutto affinché non possano avvenire cambiamenti migliori nella sua vita, ne è spaventata, tanto insegue il meglio quanto poi, quando se n’avvicina, per timore lo schiva, e si piange addosso perché durante l’adolescenza veniva bellamente presa in giro ed era lo “stoccafisso”, la bella statuina delle malignità altrui. Pigliato in mezzo da deficienti ignorantelli che lo misuravano in base già alle fottute “credenziali” adulte, che se ne facevano gioco appunto con sfottò poco carini, con l’irriguardosa cattiveria oscena da bulli che si credono chissà e vogliono impartire leggi e regole di vita al prossimo. Ma il problema in fondo non sono quegli adolescenti, perdonabili se esagerarono, l’età l’indusse a peccare, a sbagliare, a equivocare il valore altrui, ad appiattire un po’ tutto in stolti schemi di bravi contro “paninari”, di tamarri contro “acculturati”, di scemi e più scemi. La colpa è spesso delle famiglie, che hanno inculcato sin loro dalla nascita falsi valori, improntati alla dominazione, alla sopraffazione, alla più meschina competizione, al grido di metterlo nel culo al proprio compagno per fargli le scarpe, per primeggiare e, dico io, per soffocare le libere personalità, belle, brutte, sgraziate o gaglioffe che siano, vivaddio, di chi non rispetta questi canoni assai discutibili che scremano la realtà, in modo miserrimo e spettrale, tetrissimo e appunto asfittico, fra vincenti e perdenti, fra meritevoli e scalognati, tra fortunati e sfigati, tra intelligentoni e poco di buono. Che gretta suddivisione, che becera classificazione delle anime, che mercimonio delle coscienze, che bruttura orrenda alla bellissima varietà del mondo, alle sue levigate e affascinanti sfumature. Che squallide, menzognere, imbruttenti etichette, figlie sovente di una falsa cultura colma zeppa di pregiudizi, fascista, castrante, castigante, certezze immonde obliterante.

Scopro così che il Principe Totò esordì nel 1937, sì, quindi aveva 39 anni anche se, con tutta probabilità, il film l’aveva girato un anno prima o mesi addietro.

Dunque mi specchio, passo velocemente in rassegna le batoste subite, le carognate infertemi senza validi, reali, logici motivi e, considerando che ho già pubblicato più libri di qualsiasi uomo medio, posso asserire in fierissima vanità che ne ho ancora di strada e altre genialità da battere.

Con buona pace dei miei detrattori e di chi continua ad affibbiarmi appellativi stupidi, figli dell’invidia e della mediocrità, questa sì, rinnegabile e mendace, mentecatta e bugiarda.

Poi, signori si nasce e io lo nacqui!

 

di Stefano Falotico

Negli occhi di un guardone o nella purezza encomiabile di uno sguardo giovane e libero


23 Oct

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Stamattina, fui invaso da una domanda angosciante. Fra pochissimi giorni, sarà disponibile la seconda stagione di Stranger Things, e mi andrà di vedermela tutta, di sorbirmela, di accettare altre otto ore lunghe, forse ripetitive, tediose, senza l’originalità della prima parte? Dura otto ore, no, sbaglio? Non è che dura di più? E a quali persone appartengo? A quelle che considerano questo show una bambinata che ricicla e scopiazza da altri film e da mezza letteratura horrorpop-fumettistica, o chi invece lo reputa una bizzarra, affascinante commistione di generi? Non lo so, e in questo pender nel dubbio sospendo il giudizio. Poi, dopo questo interrogativo di “vita o di morte”, mi son recato al bar. Appena entrato, notai un bel culo. E, per voi, allestisco testé, un breve dialogo con un amico immaginario e con questa “inculata” immaginata.

– Ehi, amico, l’hai visto/anche tu?

– Eh sì. È un culo che si fa notare. Di buona fattura, che rientra nei canoni stilistici delle giuste proporzioni. Rotondo, cesellato, anche muscoloso, erto, eccome se si “erge”, su una schiena slanciata, che poi degrada in gambe affusolate, tornite, sdilinquendo su caviglie sottili ammorbidite da scarpe da ginnastica che donano allo splendido insieme un tono sprint.

– Insomma, concordi. È un culo da favola.

– Sì, anche da fava. Dai, provaci. Fai la prova.

– Amico, farò anche la piovra.

 

– Ciao, posso “accomodarlo?”. No, scusa, volevo dire, posso affiancarmi a questi tuoi bei fianchi?

– Ma come si permette? Chi le dà questo screanzato diritto?

– Invero, sa, sono un uomo diretto, anche di “ritto”.

– Porco! Chiamo la polizia.

– Suvvia, posso offrirti, sì, diamoci del tu, un caffè?

– Ma lei è matto! To’, beccati questa!

– Ma no, volevo farti solo to-tò sul popò.

– Totò si accoppia soltanto con Peppino.

– E il caffè della peppina?

– Ma che dice?

– Insomma, accetta di “berlo” in due? In due si “mescola” meglio. E c’è più zucchero nell’aroma.

– Ah ah. Ma guarda un po’, te.

– No, io guardo te, anche le tue tette. Da cui il Tête-à-tête.

– No, grazie, non voglio del tè.

– Il tè. Ma che dici, bella?

– Voglio andare adesso in toilette.

– Andiamoci assieme. Ma alla toilette io preferisco il lett’!

– Sì, vai a letto, che è meglio.

– Ti aspetto.

– Sì, aspetta e spera…

– Aspetterò.

 

Dopo molta attesa, “venne”. In quale maniera, (non) si sa.

Eh sì, ho indubbiamente una gran faccia di culo.

 

di Stefano Falotico

 

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