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A proposito di cinecomic e supereroine come Scarlett Johansson di Black Widow: io ricordo assai bene la “Catwoman” Anna Falchi di Dellamorte Dellamore e Brandon Routh, Superman impotente, in Dylan Dog


29 Apr

anna falchi dellamorteSì, senza se e senza ma, rimembro in questi giorni miei decadenti, oh, miei perdenti, Anna Falchi. Certamente, senz’ombra di dubbio alcuno, una delle più grandi fighe planetarie, oserei dire cosmiche, madornali e dunque spaziali, celestiali degli anni novanta italiani.

In Palla di neve è comunque, rispetto a lei, più figa Monica Bellucci. Be’, ovviamente.

Ecco che molti mi chiedono quali siano i film con Monica più arrapanti in cui tale donna straripante di Città di Castello potrà imbarcarli di ponte levatoio… si spera per lei alla(r)gante.

Ebbene, ne La riffa già si mostro alquanto ignuda. Donandola peraltro a un attore bruttissimo che ebbe il privilegio di deflorarla nella finzione in modo volgare e irriverente, poco in linea col cortese romanticismo dei romanzi bretoni. Sebbene la sua bellezza, da fotomodella ancora molto in auge, allo zenit del suo splendore muliebre da Ginevra per ogni Re Artù e Lancillotto che l’avrebbe cornificato, potrebbe risultare troppo acerba a maschi della loro “Excalibur” poco erigente, essendo costoro solo dei patetici nerd troppo esigenti che finiranno soli e soltanto con una singolare tenzone da poveri cazzoni.

Cioè, una come Monica non la vedranno nemmeno nelle loro più fantasiose masturbazioni. Forza, tirate fuori… il fazzoletto e vai di detergente… Ah, solitarie eiaculazioni!

Andiamo avanti…

In Irréversible, Monica viene fottutamente sodomizzata ma tale scena potrà eccitare solo dei maniaci sessuali assai pervertiti. Poiché è disgustosa. In poche parole, viene stuprata. Dunque, è un nudo il suo, in tal caso, che sortisce un effetto contrario. Sì, se vi arrapate dinanzi a una donna violentata, siete malati di mente irreversibili.

E subito vi affiderei alle cure del suo ex storico, ovvero Vincent Cassel in versione Dobermann.

Anche in Malèna di Giuseppe Tornatore, eh sì, Monica abbondò di nudi integrali ma, vedasi il caso appena eccitato, no, sopra citato, pure in questo film fu a sangue brutalizzata. Diciamo, eufemisticamente, inchiappettata…

In Under Suspicion, Gene Hackman la protesse col suo potere da avvocato della minchia, come si suol dire. Ma, alla fine del film, tutti i protagonisti, chi più chi meno, furono metaforicamente inculati.

In tale film di Stephen Hopkins, Monica si chiama Chantal.

Chantal, nome che fa già sesso di suo. Con tante gocce di Chanel… Preston, una delle mie pornoattrici preferite di sempre. Chanel Preston, donna da Ali della libertà per ogni Freeman più dotato di Lex Steele, cioè io. L’unico uomo di quarant’anni ad avere, spesso, un viso più giovane di Jordi “El Niño Polla” e qualcosa di più consistente di John Holmes. Però, non ho ancora fatto sesso con Kendra Lust.

Spesso infatti divento scemo come Dougie Jones/Kyle MacLachlan di Twin Peaks: il ritorno.

Ora, già ve lo raccontai ma ve lo narro ancora. La mia prima ragazza fu una biondina come Naomi Watts e io, all’epoca, fui più andato col cervello, per l’appunto, di Dougie Jones.

Lei mi guardò mentre mangiai una tortina e, pregustando tutta la sua torta di mele, mi disse:

Lo sai che sei sexy?

 

In verità, lo sapete, la mia prima volta avvenne a Porretta Terme. Lei mi sverginò ma, alla fine del rapporto sessuale, rimase incantata e beatificata più della Vergine Immacolata.

Andiamo avanti, po… o dio!

Ne, il Patto dei lupi, la Bellucci ebbe un culo superiore alla mia prima ragazza. Sì, la mia prima ragazza ebbe un bel fondoschiena… ad avermi.

Io, amante di ogni Stallone di Nighthawks, considerato erroneamente misogino, invero investigatore di ogni sogno a occhi aperti e di ogni mio incubo da Rupert Everett. Sì, a differenza di Rupert, a cui Tiziano Sclavi s’ispirò per concepire fisicamente il suo Dylan Dog, non sono e giammai fui omosessuale.

Insomma, Anna Falchi ora ha la sua età. E Monica Bellucci è buona solo per Davdi Lynch. Geniale ma io credo poco genitale.

Di mio, scrivo ottimi libri poetici anche sensualmente romantici, torbidi ed erotici da Black Dahlia, a detta di tutti ho una voce che fa venire l’acquolina in bocca, ho degli occhi noir adatti a ogni donna fotogenicamente da boudoir.

Che cazzo volete di più?

Che io vada a consegnare le pizze?

Ecco, ve le offro pure gratis.

Ai maschi, solo in faccia, alla mia donna con tanto di olive piccanti.

Che c’entra Brandon Routh?

È meglio Brandon Lee.

E sapete che vi dico?

Quentin Tarantino mi ha proprio stufato. Che palle quelle sue teorie del cazzo da pre-finale di Kill Bill 2.

Oggi come oggi, gli è superiore Nicolas Winding Refn. L’unico capace di utilizzare una canzone melensa come Mandy, rendendola epica.

L’unico regista a essere un Prince come Aguilera del suo Too Old to Die Young.

Ché, quando il personaggio interpretato da Miles Teller esagera, lo scanna come un porco.

La stessa cosa che fece il grande Ryan Gosling di Drive. Però non solo al malcapitato e decapitato. A tutti in maniera sacrosanta e cazzuta.

Altro che Uma Thurman, Bruce Lee e stronzoni vari.

Ci vuole un Falò di superba annata, cioè tornato maledettamente bello e dannato.

Sì, nella vita ci sono gli erotomani e gli eroinomani. Di eroi veri, sinceramente, a parte il sottoscritto, ne vedo pochi.

Ci sono anche molte porche e speriamo che, dopo il Covid-19, riaprano totalmente Ken Park. Ove, chi non ti aspetteresti mai, eh sì, la lecca in primo piano a Maeve Quinlan.

Cazzo.

dellamorte dellamore falchi

di Stefano Faloticobrandon routh dylan dog

Gli artisti sono sfortunati a essere nati in Italia – Parlate tanto di rivoluzioni culturali, di JOKER e ribellioni al sistema meritocratico e iniquo ma, ieri sera, foste tutti davanti alla tv a vedere Sanremo!


05 Feb

Achille+Lauro+Festival+Di+Sanremo+2020+Day+gin3Nq4-IPdl

Sì, ancora una volta Pasolini non si sbagliò.

L’Italia è un moloch, un macigno inscalfibile. Più che altro un porfido indistruttibile, un cubo asfittico di gente che si dà tante arie ma a cui piace infliggersi soffocamenti dettati dal suo giammai ripudiato, se non in esibizionistiche, istrioniche pose fintamente trasgressive, background terragno. Legato non tanto a quei (dis)valori fertili di tale madrepatria e terra fin troppo consacrata nell’ipocrisia del cattolicesimo più borghese, bensì ad antichi agganciati in maniera inamovibile e monolitica a retaggi di affezione audiovisiva assai antica.

Persone metodiche che pendono dal tubo catodico e che, nel tempo libero, si sfogano su Facebook, mostrandosi fighe e disinibite, emancipate dietro uno schermo e una tastiera ove non velatamente le sparano grosse, celandosi, forse incellofanate dietro plastificate immagini con cui, (s)truccate nel lifting semmai di un programma che asciuga ogni loro difetto estetico, si sono date all’etica dell’edonismo più sfrontatamente fottuto da esaltati fanatici.

Gridano che se ne fregano delle retrive e assai vetuste regole istituzionali dell’Italia culinaria coi suoi master chef, dell’Italia dei paraculi indottrinati da una superata cultura, sono cazzuti, cazzo.

Una banda davvero agguerrita di convinti finti outsider che a me, puntualmente, non convincono.

In Italia impera la noia, la gente non sa parlare. Parla, anzi, per frasi fatte, si attiene ai beceri luoghi comuni più insinceri. Putrefacendosi nella ritualità più consuetamente immutabile che si rinnova, qui sì, ah ah, a ogni annata.

Al che, ecco che ieri sera iniziò Sanremo. Ne venni a conoscenza, leggendo i vostri post su Facebook.

Un’imbizzarrita società di modelle andate in brodo di giuggiole per il cavernicolo Achille Lauro col suo nude look da Ringo Starr dei poveri e da Adriano Celentano ante litteram di Bingo Bongo.

Sì, Achille, mica un figlio di Troia qualsiasi, no, da guerra di Troia.

Questo mostra tutto il tallone, è bono come Brad Pitt di Troy, cazzo, visto che movimento pelvico da stallone? Visto che pelo? Anzi, è glabro, ma guarda che tatuaggio da iguana tutta inguainata. Mica il patronimico Pelide. Visto che movenze da uomo con tante frecce al suo arco?

Ma andate a dare via il culo, troie. Ah ah.

Diletta Leotta è sempre, intanto, più mignotta, una sgualdrina, una popolana nazionale che parla come se avesse in bocca una caciotta ed è amante non tanto del Calcio, bensì degli uomini che sanno tirare fuori le palle. Visto che cosce, che quadricipiti? Che legamento sinistro con tanto di menisco?

L’uomo italicus se n’eccita, sua moglie spia se lui la guarda ma lui fa quello che non caga la mossa.

Di Diletta che, come la Tirabusciò, eccome se glielo tira.

Un tiro fendente da fetente.

Basta, avete rotto i coglioni. Dove sono i vostri attributi? Vedo all’Ariston solo tribune gremite e platee di gente che fa la ola su un Amadeus che recita programmate battute più scontate delle canzonette di tali scemi che celebrano l’amore della minchia.

Sì, l’amore piccolo-borghese di quest’Italietta che, da tempo immemorabile, parla di rivoluzioni culturali, di cambiamenti sociali.

Di gente che urla di adorare il Cinema di Gaspar Noé e di Darren Aronofsky ma io non salverei neppure se fossi Russell Crowe di Noah. Anzi, se fossi stato Noè (attenzione all’accento, diverso da quello di Gaspar), avrei messo sulla nave di Schettino. Affogate, animali!

Ah ah.

Dobbiamo essere schiettissimi. L’Italia è un Paese di avvinazzati con le fiaschette e il Lambrusco, un immondezzaio di ubriachi di cazzate. Sì, come dicono a Bologna, queste persone andrebbero prese e buttate nel rusco.

Gente losca, gente che se la racconta in modo viscido.

Falsi ribelli che vogliono fare solo i belli. Belli miei, qui sembra che tutto cambi ma quel canale di regime della Rai, eh già, non cambiate.

Ma quale cambiamento? Io ravviso sempre più un imborghesimento, un totale rincoglionimento, un puttanesimo a base di rose rosse per te… ho comprato stasera.

Al che, assistiamo a insegnanti liceali che si struggono e il rimmel loro struccano, ascoltando una canzone dal ritornello scritto veramente in endecasillabi da far venire non il maschio sulla Leotta, rifatta gnocca, bensì il latte alle ginocchia.

Meglio allora regredire allo stato puerile da Joker.

Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, cantò Gianni Morandi con le sue mani gigantesche da Polifemo.

E voi, sinceramente, fatevi mandare a fanculo, subito.

Senza se e senza ma.

Cos’è che vuoi tu, donna? Il mio uccello? Ma pigliati il velociraptor di Achille. Sei una troglodita che confonde il T-REX col T-1000.Tu mi dici di sciogliermi un po’ ma, come Robert Patrick di Terminator 2, ti faccio no col ditino. Vedi d’inzuppare altri biscotti nel tuo Nesquik, puttana da squirt. Vedi anche di comprarti un cane, un’ocarina, suona con altri la chitarrina, pettina il tuo carino uomo canarino e dai da mangiare ai picci(o)ni fuori dal mio cortile, donna da pasta e pisellini.

Forse sono dei piselloni? Ah sì? A quanto vengono all’etto tali in(s)etti? Infettatene!

Evviva il Pasolini.

Tu, accattone, tornatene nel Porcile. Basta!

Gente che si credette alternativa e pensò che Christina Aguilera avesse una voce migliore di Whitney Houston. Sì, ci vorrebbe il grande principe Augusto Aguilera di Too Old to Die Young. Uomo come il sottoscritto. Non dice una parola, vive senza fare un cazzo da mattina a sera, gigioneggia in casa, sollevando pesi e scrivendo libri. Al che, Miles Teller gliela fa sporca. E lui punisce tale porco. Lo macella.

Sì, tutti questi ometti e queste donnette s’illanguidiscono quando guardano e ascoltano Sanremo.

Sembrano Kate Winslet in questa foto. Con la bocca aperta come se dicessero… bello, bella, com’è bello, quanto m’emozionano.

So io quale microfono bisognerebbe usare con queste zotiche. Diciamocela, con queste super zoccole!

Ah, vedo un’altra sciammeria. Sciammeria, in meridione, significa donna abbastanza scema e zammera che, a sua volta, significa, femmina sguaiata e maleducata. Colei che, dietro retoriche e perbenismi moralistici, si crede investita d’una missione redentrice.

E, da educanda-pedagoga, da psicologa della mutua, si prodiga al fine di salvare le vite altrui quando in verità vi dico che è lei quella insalvabile.

Frustrata e repressa cronica, cioè la cantante Giorgia.

Donna più magra di un grissino che mangia solo grissini. Con la pelle più bianca d’un latticino quando non magna soltanto la mozzarella, bensì pure la sua immacolatezza ammuffita.

Dispensatrice di ritornelli incitanti alla rinascenza della vita alla massima fluorescenza, ah, per questa non v’è nessuna scienza che tenga. Non si può reggere. Le sue canzoni sono, per l’appunto, delle scemenze adatte a donne senescenti. Non più lì senzienti. Io, psichiatra forense e cannibale delle donne e degli uomini insanguinatisi nelle pudiche passioni cristologiche da falsi san(t)i, la obbligo a genuflettersi in maniera beatificante.

– Si prostri e poi vada a prepararmi una crostata. Da me non riceverà la torta di mele, prostituta, neppure del miele. Le diede retta, non so se ritto glielo diede, solamente Pino Daniele.

Questo è il prezzo che

questo mondo impone a noi

di vivere senza certezza alcuna

in bilico nel blu, disperati amanti che

non hanno mai trovato amore puro

piegati alle regole del tuo mercato

mi pento, mi dolgo per questo peccato

 

ma quando respiro mi accorgo che esisto davvero

e stiamo isolati in cerca di gloria

mediocri e muti e senza memoria

ma guarda l’estate è tornata speranza ancora

 

Ma quale Vivi davvero!

Ci vorrebbe Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti per questa colpevole d’innocenza. Può andare bene solo a Vincenzo.

Ah, bel coglione, comunque… Buffalo!

Non trovò i soldi per operarsi e cambiare sesso. Al che, come un ossesso, scuoiò le donne bianche e le disossò.

Ma che cazzo poteva fare? Se si fosse affidato ad Al Pacino di Quel pomeriggio di un giorno da cani, avrebbero preso in ostaggio pure il suo barboncino.

Al rapinò una bianca, no, una banca ma non sbancò e in culo lo pigliò. Alla fine, solo sbiancò.

kate winslet

 

di Stefano Falotico

Le super bombe del Falò: Clint Eastwood è superiore a Scorsese e forse Sam Rockwell è più grande di De Niro


21 Jan

richard jewell

mr wolf

rockwell stanno tutti benebelushi blues brothers

 

Sì, da giorni son assillato da forti dubbi.

Sto prendendo sempre più coscienza che Richard Jewell sia un filmone e rividi The Irishman quasi integralmente.

Con mio immane rammarico, afflitto e costernato dalla verità più crocifiggente ogni mia adorazione verso Scorsese, come Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo, debbo però piangere dinanzi al vero più atroce, dunque al cinematografico verbo.

Richard Jewell è, di fronte al film di Scorsese, mille volte più straziante di Gesù che peccò, anche solo con la fantasia, con Maddalena.

Comunque, complimenti a Willem Dafoe. Se io avessi avuto qualche dubbio riguardo la mia castità, dirimpetto a Barbara Hershey mi sarei santificato totalmente.

Ce la vogliamo dire? Basti vedere Lantana per capire che una così è da manicomio. No, non perché fosse bella, esattamente perché, oltre a non essere bella, non è neppure affascinante.

Trombatevi e sposatevi una così e prevedo per voi serate a Teatro. La vostra lei vi porterà a vedere tutti gli spettacoli tratti da Molière. Sai che palle. Se foste dapprima malati immaginari, ora siete castrati.

Aveva ragione Totò di San Giovanni decollato. Abbasso la “mugliera”. Ah ah.

Richard Jewell è un grande film mentre The Irishman, non sapete quanto mi spiaccia dirlo e ammetterlo col senno di poi, non è un granché.

Dopo averlo visto al Festival di Roma, lo definii capolavoro. Invero, siamo lontani anni luce dal capolavoro. E, per quanto io stesso contestai Francesco Alò per averlo stroncato in maniera troppo dura, mi trovo ora nell’onesta ma necessaria situazione etica e anche ermeneutica, estetica e dunque esegetica, perciò esigente, più severa della moral guidance di Eastwood, di dare ad Alò ragione.

Richard Jewell è il film realizzato da un quasi novantenne enormemente più lucido di Scorsese. Il quale, a mio avviso, firmò l’ultimo suo vero capolavoro, ahinoi, nel lontanissimo 1995. Con Casinò.

Da allora in poi, a prescindere da Al di là della vita e al di là delle magniloquenti scenografie, della fotografia suadente di Robert Richardson e delle luci avvolgenti di Rodrigo Prieto, presentò impresentabile robetta, diciamocela, sinceramente senescente.

Un obitorio putrescente dello Scorsese che fu, oramai ischeletritosi nell’elegia glorificante il suo passato ben più grintoso e glorioso.

Perlomeno, lo Scorsese di adesso non è roba paragonabile al potente, visionario, cinetico, furente Scorsese che fu allora. Quando veramente fu arrabbiato e, come insegnò Pasolini, dalla rabbia canalizzata nell’arte, eh sì, si partoriscono le opere più sentite e commoventi, sincere e sprigionanti tutta la vita nella sua essenza più veritiera, dunque più rock come un album dei Clash. Opere devastanti e diaboliche illuminate dalla prodigiosa furia di un Mick Jagger della macchina da presa.

I film con DiCaprio, inoltre, sono i più brutti della sua filmografia, un riciclaggio di sceneggiature viste assai meglio, da Scorsese messe in scena con una pedanteria, una sciatteria immaginativa, una stanchezza visiva da far paura più dell’omicidio mostruoso commesso da Michelle Williams in Shutter Island.

The Departed? Uno sfoggio di gigioni capeggiati, anzi, capitanati dal solito cazzone Alec Baldwin, con un Jack Nicholson tronfio e oleoso, anche lui già bollito più d’una Vera Farmiga che vorrebbe fare la figa e invece le è più eccitante un frigorifero.

Con un Matt Damon imbambolato più d’un Leo DiCaprio semi-palestrato e anche mezzo sciancato, un Leo che interpreta la parte di un poliziotto nel cervello sciroccato ma risulta soltanto uno scarso imitatore del De Niro che fu. Quest’ultimo oggi imbolsito e annacquato.

Gangs of New York è un film ove non vedi l’ora che un Day-Lewis eccessivamente sopra le righe dica almeno una stronzata che possa destarti dal sonno.

Quando lo guardai per la prima volta, mi augurai che il Butcher gridasse a Cameron Diaz che è una zoccola.

Tale è, difatti, non solo nel film succitato. Meglio che si sia ritirata questa cubana che sembra Nonna Papera.

The Aviator è, oh mio dio, uno spot di Chanel con Cate Blanchett che assomiglia a Katharine Hepburn quanto io assomiglio a Rocco Siffredi.

Con un Leo storpio, pure nella recitazione incerta, che vorrebbe essere l’incarnazione, appunto, d’un povero cristo ricchissimo come Howard Hughes e carismatico come Orson Welles ma, al massimo, vagamente è simile a Raz Degan de L’isola dei famosi. E Jude Law che fa Errol Flynn, cazzo, sembra Paola Barale dei tempi d’oro. Cioè quando era una bagascia e basta. Adesso, vuole fare pure l’opinionista su Twitter.

Sì, un film di gente che fa la piaciona per agguantare Oscar plastificati, film di battute telefonate scandite da uomini e donne raccomandati più di Danny Huston.

Io vidi Danny Huston dal vivo alla prima di Birth.

Confermo qui le impressioni che mi trasmise. Altro che Riccardo Cuore di Leone di Robin Hood, è solamente un puttaniere.

Io lo sottoporrei subito alla commissione d’inchiesta indetta da Jack Huston nei confronti di Hoffa/Pacino in The Irishman.

– Signor Danny, è vero che la sua ex, Virginia Madsen, quand’eravate sposati, era più malafemmina di Jennifer Tilly di Getaway?

– Sì, suo fratello Michael se la fece sotto i miei occhi.

– E lei non disse niente?

– Sono cazzi che non mi riguardano. Solo quel demente di Tarantino può ancora resuscitare Michael, ficcandolo nei cammei dei suoi film. A quei tempi, comunque, mia moglie Virginia mi diede un sano motivo per chiederle il divorzio.

Ha visto, giudice, come s’è ridotta? Girò pure Sideways, film per borghesi annoiati col Prosecco in mano.

Ah, Cristo santissimo, sono lontani i tempi in cui, in The Hot Spot, riuscì a mettere dei dubbi pure a Don Johnson. Sì, Don fu infatti indeciso se farsi lei o Jennifer Connelly. Forse, comunque, nel film se le fece entrambe.

Sarebbe come dire… anzi, chiedere al pornoattore mezzo stupratore Ricky Johnson se non si farebbe Kendra Lust in Booty Movie 6.

Tralasciamo The Wolf of Wall Street. Sembra Porky’s con Margot Robbie dagli occhi verdi al posto di Kim Cattrall e con un Leo davvero distante dal magnetismo di Kurt Russell di Grosso guaio a Chinatown.

Sì, Leo in questo film sembra più rincoglionito di David Lo Pan.

E ne vogliamo parlare di Andrew Garfield di Silence? Come fa ad avere i capelli sempre messi in piega alla Jean Louis David, stando giorno e notte sotto la pioggia e immerso nel fango? Roba che i libri di Niccolò Ammaniti sono un romanzo Harmony.

Mah, non è che Adam Driver gli fece da sciampista fra un delirio contro Scarlett Johansson di Storia di un matrimonio e le sue crociate in BlacKkKlansman?

Film nel quale, fra l’altro, John David Washington è meno cotonato di suo padre in Malcolm X.

Ecco, Spike Lee. Un altro che, al di là dei proclami e delle invettive antirazziste, non seppe mai rinnovarsi.

Caro Spike, un tempo spaccavi, adesso è arrivata per te La 25ª ora.

Come per Scorsese.

Un Cinema vecchio di vecchi. Ove il doppiaggio d’un Gullotta macchiettistico e d’un Giannini che pare un orco, eh no, non aiuta.

Con un De Niro che sembra mia nonna Rita ed è meno espressivo del suo detective Turk di Sfida senza regole. Sì, è scandaloso dirlo ma bisogna ribadirlo. Clint Eastwood è il più grande regista del mondo.

I suoi film posseggono un’umanità, una romantica forza che il Cinema oramai arido e auto-citazionistico d Scorsese, eh già, si sogna. È arrivata l’ora, appunto, di ammodernarsi. Evviva allora il Cinema folle di Todd Phillips, evviva il Cinema di Clint, un uomo che a novant’anni, in mezzo al porcume che impazza, in mezzo a un mandingo con la nuova pornostar patinata della vostra minchia fighetta, sa ancora farci capire che la vita per cui tanti si stanno, sbagliando tutto, pateticamente prodigando, comprando visualizzazioni, sputtanandosi bellamente per due mi piace in più, non è questo porcile di massa.

Arriva Clint e pare urlare a ogni Olivia Wilde e a ogni bellimbusto come Jon Hamm:

– Ora, avete rotto il cazzo! Voi e i vostri finti gossip su Brad Pitt che bacia Jennifer Aniston.

Ma non avete niente di meglio che fare i morbosi sugli altri morosi?

Basta!

 

Un paio d giorni fa, vi dissi che mi sverginai nel 2003. Ebbe ragione purtroppo quella cazzo di ragazza. Mi disse:

– Solitamente, avviene il contrario. Ti sei intristito incurabilmente dopo il sesso. Che cazzo sta succedendo?

 

E purtroppo aveva ragione un mio ex amico a paragonarmi a Starman.

Credo che sia davvero finita, mi pare che la farsa sia durata abbastanza. Se è una tragedia, finiamola coi buonismi. Diciamo la verità. No, è stato appurato che non sono pazzo. Ma obiettivamente non sono neanche adatto al mondo.

Ciò che stimola i vostri impulsi vitali e piace a voi, a me mette tristezza.

Ed è per questo che Joker è un capolavoro.

È pieno di scene d’antologia.

I bulli lo attaccano e lui li ammazza. Poi va in bagno e sembra Natalie Portman de Il cigno nero, divenendo più cattivo di Vincent Cassel di Dobermann.

Basta, davvero. Non ne possiamo più di questi ciociari, di questi caciaroni e ciccini da Cinema di Muccino con le loro biondine e le loro treccioline, con le canzonette stupidine di Eddie Vedder, con questi piagnistei ripropostici di quello schizofrenico di Kurt Cobain, con la vostra retorica cattolica, coi vostri moralismi, con la vostra bigiotteria e coi vostri bigottismi. Coi vostri bigodini e i vostri pompini!

Ha ragione Terry Gilliam. Gli ultimi trenta minuti di The Irishman fanno pena.

Con questo De Niro, appena uscito da Stanno tutti di bene di Kirk Jones, che si discolpa davanti alla figlia manco se si trovasse a C’è posta per te della De Filippi.

Con un prete fake a cui preferirò sempre il parroco di Gran Torino.

Una scena micidiale, bellissima, struggente.

Il prete cerca di fermare Walt Kowalski:

– Che hai intenzione di fare, Walt?

 

Walt/Clint sta zitto.

Insomma, Scorsese può presentare negli ultimi trent’anni assai poco di notevole. Clint invece può sfoderare Gli spietatiUn mondo perfettoMystic RiverMillion Dollar Baby e chi più ne ha più ne metta. Ha ragione anche una mia amica. C’è più umanità in un film di Eastwood che nelle sillogi poetiche di Orazio. Così come c’è più vita vera non nelle Mean Streets, bensì nella vita reale. Ove la gente si ammazza e uccide al prossimo Tapiro d’oro, ove siamo veramente stufi di Striscia la notizia, delle Iene, di Checco Zalone, di Ficarra e Picone, di Christian De Sica e de La mia banda suona il pop. Di quella cretina di Paola Cortellesi col suo rossetto da paracula e di quel romanaccio di Valerio Mastandrea.

Basta con gli affossati, evviva Ivano Fossati e vaffanculo, come dice Travis Bickle di Taxi Driver, alle idiozie della tv e al suo ecumenismo da quattro soldi.

Evviva il Principe Aguilera di Too Old to Die Young. Tu sei cattivo? Non sai quanto lo sono io. Come dice Bob De Niro in Cape Fear, ché non scherzava affatto, ti faceva male così? Ti faceva male così?

E Illeana Douglas, distrutta, piange e sussurra: – Ce la siamo andata a cercare.

 

L’Italia è un Paese di malati di mente ove quasi tutti, tranne me, vanno con le prostitute e poi, se uno scrive che Tiziana Panella è una grande passera, quale è, ti arrivano commenti così. E all’ottavo giorno Dio creò il Diavolo! E ha mantenuto la promessa. Ma ne manca uno… Piaciuto il giochino, cocchino? Insomma, ha ragione pure Vittorino Andreoli. Io, in Italia, non vedo né bel Cinema né bella gente, vedo solo persone vanitose che si credono fighe e invece sono sole come dei cani. Soprattutto nel cervello e nelle loro anime. E ora stanno aspettando un’altra mazzata devastante!

La più feroce, la più distruttiva, la più mostruosa!

Soprattutto la più giusta.

A un certo punto uno guardò Satana e disse a suo padre:

– Mi spiace, è finita.

– Ma figurati! Incontrerà una bella ragazza e le cose si metteranno a posto.

– Non credo. Una volta che capirà la sua forza, non accetterà una vita con un lavoretto e le battutine, il divanetto e i bacetti.

E anche la nostra vita, mi sa, che è finita.

 

Secondo Bob De Niro, il suo film più bello degli ultimi quindici anni è Stanno tutti bene.

Ah, per forza.

Come detto, in The Irishman recita peggio di un ebete con cento gocce di Valium.

E ho detto tutto.

Basta anche con De Niro. Evviva Sam Rockwell ed evviva soprattutto il più grande genio del Cinema di tutti i tempi, cioè John Belushi.

Uno che capì subito che la vita è una stronzata e sono tutti ipocriti.

Tanto vale prenderli tutti per il culo con una faccia di merda.

– Cosa vuoi tu? Il mio uccello? Sì, vai prima a preparare le polpette. Vedi di rosolarle bene, sennò ti piglierai solo due ceffoni, storpia.

Ah, domani, vai a dare lezioni di vita a delle palindrome che si fanno chiamare Cenerentola.

Ma per piacere!

 

di Stefano Falotico

L’ufficiale e la spia, fa bene Polanski a sputtanare il sistema


25 Nov

garrel accuse

Introduzione: spero che venga colta l’ironia che sta dietro molti miei scritti. Da considerarsi flamboyant, cioè goliardicamente giocosi eppur veritieri di una realtà menzognera che si cela dietro false apparenze e istituzioni ove lo status quo è andato a farsi fottere da un bel po’, ohibò. Oh oh.

Orbene, figlioli, donne saccenti ma invero dementi, uomini saggi eppur inconsapevoli di essere solamente dei tonti, L’ufficiale e la spia è un grande film. Capolavoro, no, ma vi va vicino. Così come io avvicinerei non poco la moglie di Roman, Emmanuelle Seigner. Donna da luna di fiele a cui offrire una canzone romantica della stazione radio Lattemiele e anche di Pane Burro Marmellata ove passano sempre dei pezzi da “strappa-mutande” per baci alla francese come quelli fra Louis Garrel e Laetitia Casta.

Qui, ci sta la prima freddura falotichesca.

Passeggio per strada con aria sconsolata. Al che, avvisto una bellissima ragazza, anche se un po’ magra. Questa qua deve mangiare solo insalata. Cerco d’insaporirla subito, dandole migliori cibarie più proteiche e vitaminiche poiché, sebbene sia ben palestrata e coi piatti addominali da tartaruga, a forza di ficcarsi in bocca solo la lattuga, non conosce più la carne arrostita d’una deliziosa salsiccia al sugo…

– Ciao, ti piace fare all’amore?

– Ma come ti permetti? La prima domanda che mi fai è quella? Comunque, no, sono casta. Quindi, tu mi hai avvistato e sei arrivato subito alle conclusioni…

Mah, di mio, in realtà pensai solo… che sei castana. E, visto che siamo a novembre, forse dovresti leccarti delle caldarroste, dette anche castagne.

Comicità grottesca: è una vita che ti aspetto, dolce signora… della morte, sì, intanto attendo invano la morte sul divano, aspettando che escano altri godibili film malinconici

Rosemary’s Baby è risorto, andiamo di J’accuse e tutti quanti di nuovo in tribunale!

Tutti a raccolta, miei prodi. Voglio una baraonda con la folla che, in preda a un giustizialismo atroce, inneggi alla libertà. Basta con gli esili, con gli asili, con gli asini.

Ecco la persecuzione necessaria, tremenda, quella che v’andaste a cercare! Bifolchi, stallieri, stalloni, finti cavalieri.

È giunta l’ora che la tragedia sia risarcita, che ogni ammenda sia pagata e che anche colui che, vicino al semaforo, mendica, riceva l’assistenza pubblica di un medico.

Dov’è finito lo Stato? Dobbiamo subito costituire un nuovo statuto. Ora, scusate, permettetemi uno starnuto. Anzi, datemi anche della Sambuca.

Io nacqui a Bologna e sui suoi colli v’è la basilica di San Luca. Tu invece, donna sicula, suca…

Nacque il figlio del demonio e, appena partorito dall’utero, urlò:

– Basta, uccidetemi subito. Questa vita sarà solo un inferno!

 

Sì, da tempo immemorabile, la mia vita è distrutta dai miei demoni interiori. Pullulano, a volte cazzeggiano e si distraggono. Mi lasciano per un po’ in pace poiché vanno al bar a giocare a carte ma poi, dopo essersi svaccati anche con qualche prostituta raccattata nella bettola lì a fianco, rincasano e perseverano a darmi il tormento. Esistenziale ma soprattutto esiziale.

E non vi sarà mai cura cicatriziale! Basta coi punti di sutura. Basta, sono solo una fregatura. Tanto la pelle e le palle non torneranno come prima.

Basta anche con Scienze delle Comunicazioni, dell’Educazione e della Formazione. Bisogna, quanto prima, istituire Scienze della Fornicazione.

Convergenza di tutte queste materie. Basta con queste istituzioni della minchia che provocano solo ottundimento. Dobbiamo protenderlo con ardimento.

Sì, l’uomo primitivo divenne Neanderthal. Quindi, cominciò a comunicare. Unicamente per far capire a una donna che era più elegante se prima dell’atto sessuale, eh sì, le si poneva da distinto gentiluomo.

Tanto, l’istinto è quel che conta da che mondo è mondo.

La psichiatria è pornografica. Se uno è un diverso, ti sedano o ti castrano, ti lobotomizzano o ti fanno credere che la vita è bella anche se non sei, come gli altri, cioè un maiale, miei porcelli. Gli psichiatri vogliono non solo la parcella. Fidatevi, donne che usate il fazzoletto.

Appunto! Dov’è finito il carabiniere appuntato? Prenda appunti.

Il demone sotto la pelle di Cronenberg, Diavolo in corpo e La visione del Sabba del Bellocchio sono stronzate. Ah ah.

I demoni di Dostoevskij…

Sono nefasti, io sono Faust di Goethe in mezzo a questi spiriti interiori che, dalle viscere del mio fegato amaro, estemporaneamente risanato, ribollono feroci per farmi incazzare in maniera ancora più profonda e irosa. È tutto un brivido caldo e corporeo, un ludibrio.

Al che, adocchio una donna molto succulenta e seducente dal fascino diabolico. Vorrei esserle adiacente, ficcante e bollente, dunque me la faccio, no, le faccio un’avance piccante che la bruci subito, inventandomi qualche diavoleria affinché me lo succhi al dente.

Lei è angelicata, pura, stupenda, pudica e forse anche vergine come Beatrice, invero una fottuta meretrice. Al che, i demoni infingardi, consiglieri fraudolenti da Divina Commedia della mia (in)coscienza, mi traviano, fregandomi quello che poteva essere uno scottante orgasmo anche in mansarda. Inducendomi a dirle che, dopo aver mangiato un pecorino sardo, vorrei metterla a pecora col formaggio:

Vade retro, Satana. Sì, sei una donna che mi sta inducendo in tentazione malsana ma, nonostante tu sia una figa bona, ho una magnifica reputazione da Gesù Cristo da mantenere intatta e savia. E tu, Maddalena del cazzo, sarai crocifissa e non ascenderai in paradiso di nessuna comunione dei nostri corpi.

La tua bellezza è celestiale, sei una dea dell’olimpo ma io sono Michelangelo e non avrai la mia Cappella Sistina.

Anzi, che tu sia eternamente maledetta. E che tu arda, strega mentecatta, squagliandoti come una megera medioevale. Sì, con te sarò oscurantista e bestiale. Devo dimenticarti quanto prima e dunque obliarti. Mi stavi la mente obnubilando, donna dai piedi caprini. Amasti, da quel che so, non solo Leonardo DiCaprio ma anche tutti gli altri biondini, compreso il mio vicino di casa, l’anziano signor Cecchini. Te la facesti perfino coi bovini e con quel ragazzo così giovane che è quasi un bambino.

Sì, volli inizialmente oliartelo affinché, tu sciolta a me, potessi slegarmi da ogni inibizione asfissiante. Pur di averti, mi svenai, quasi venni… al dunque e tu quasi cedesti, accettando il mio appuntamento al buio malgrado tu mal cenasti e il mio dolce ti sarebbe risultato indigesto. Tu, bastarda che mastichi anche quelli di Asti.

Ma volesti sorbirti lo stesso il mio sorbetto, cara la mia mignotta che è grossa di tetta ma, in quanto a cervello, non vale un etto… di salame. Inetta.

Sì, eri dolcissima come Cristina D’Avena e i miei corpi cavernosi s’ingrossarono subito di vene così infermabili che avrei dovuto esserti davvero venale, avrei peccato di venialità ma chiamarono solo il pronto soccorso per prelevarmi i globuli rossi d’eccesso a causa d’una esagerata, arrossata virilità che sfogai nel cesso.

Questa è la verità. Adesso, pur non avendo fatto sesso io con te, sebbene quasi mi provocasti un infarto, col mio sangue in sovrappiù, stanno praticando la trasfusione a una donna che partorì per artificiale inseminazione e, da allora, si sente in colpa per aver messo al mondo un figlio di nessuno. Un povero cristo.

Questa qui ora crede di essere pure, sì, la Madonna. Sì, mi avresti soltanto trascinato nella notte nera e, lupa, avresti divorato la mia immacolatezza più linda, fottendomi l’anima da poeta con far maligno e lurida lingua. Sì, desiderai incularti in maniera sanguigna ma poi riflettei e preferii andare in cucina e prepararmi una gramigna. Pene d’amore non mi merito, pensai. E così sia scritto. Così tu sia fatta da altri. Non isperate mai veder lo cielo, uomini come me d’inviolabile uccello, traghettatori alla Caronte delle anime perdute di tali peccatrici invereconde ché vogliono solo l’anaconda, non insabbiatevi in queste viscide che si pareranno dinanzi a voi come la Gioconda ma sono malafemmine oramai annegate nella perdizione irredimibile dei loro mefistofelici inganni a noi sporcamente orditi con ipocrisia lorda. Poiché, dopo che c’avranno fottuto, alzeranno a noi il medio dito e quindi domani sarà un’altra giornata soltanto di lavoro duro. Tutto oramai è perduto, questa vita ci trombò in modo dogmatico e assoluto.

Ma continuo a vivere come cazzo voglio io senza rotture di palle. Senza Chiesa e chicchessia, abbasso la borghesia. Se mi va, anche se non tanto va, faccio il dissoluto. Tu, non pensare a me, pensa alla salute. Fottetevi, io me ne fotto.

Invero, quando concepii e cagai questo scritto, scoreggiai e ne venne una stronzata.

Tanto, anche se non mi fossi spremuto le tempie, per lo sforzo, sarebbe uscito solo il mal di pancia.

Sì, conobbi una e scopammo.

Ma lei, dopo un po’, s’accorse che preferivo guardare i porno.

Da allora, rimase traumatizzata.

Sì, nessuno psichiatra riuscì a curarla, forse però ce la fece a incularla.

– Non ti preoccupare, non è morto nessuno.

– Dio è morto.

 

La caduta degli dei e andate tutti a fare in culo. Compreso te, babbeo. Vai messo nel loculo.

Uno mi scrive che dovrei fare l’impiegato comunale e da me riceve solo pugni allo stomaco in modo fenomenale. Gli spacco pure le mani e gli rompo il cranio.

Così, anziché dare le regole agli altri, non potrà neanche scrivermi porcate dietro una tastiera.

Ufficiale e gentiluomo?

Ma per l’amor di dio. Le donne non valgono un cazzo, gli uomini oramai sono delle donnette e son stufo delle mezze calzette.

Finale col botto e con le botte: sono Augusto Aguilera di Too Old to Die Young, detto il Principe!

Macellazione totale.

 

di Stefano Falotico

JOKER e Festival di Venezia: amici e clown, ci vediamo tutti al lido col papillon, che annata storica da Neo(n) delle nostre avventure, che figata da Sharon Stone, sono il PRINCE, super video mai visto!


19 Aug

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Nella mia vita, ne ho viste tante: fui scambiato per Eminem e invece ero Michael Douglas di Wonder Boys

Innanzitutto, avete cliccato sul CAZZO di audio?

Ora, provate a recitare velocemente questo pazzo pezzo come se fosse del tosto rap. Senti che musica, maestro! Qui arriviamo a livelli di sublime estrosità per assoluti estrogeni. Sì, sono un uomo che sogna gli astri ma non crede negli oroscopi di Astra, talvolta dalla realtà mi astraggo ma che male c’è a essere uno che vuole masturbarsi dietro uno schermo, ammirando una virtuale cubista irreale senza la pretesa di essere a questa un pittore come Kandinskij oppure un surrealista metafisico come Giorgio de Chirico?

Allora, sarò uno che amerà a dismisura Franco Battiato e Cucurrucucú paloma?

Macché, sono un po’ come Il sarto di Panama di Geoffrey Rush, sì, alla fine molte donne che appaiono fighe a prima vista, cazzo, sono solo trash. Meglio la veterana Jamie Lee Curtis, adatta al mio uomo che si auto-inganna di True Lies.

No, in effetti i miei calunniatori sanno pochissimo della mia vita privata. Meglio così. Altrimenti capirebbero che sono forte come Schwarzenegger.

Avanti, donne, cantiamo di Zucchero:

Funky il gallo, come sono bello stamattina

non c’è più la mia morosa

e sono più leggero di una piuma

oh e intanto Zio Rufus sta

coi suoi pensieri in testa

portando in giro la vita a fare la pipì

per colpa di chi chi chi chi chicchirichì

Aveva ragione Robin Williams di Will Hunting.

Quel troione arricchito di Stellan Skarsgård voleva manipolare un genio come Will per poter lucrare sulla sua pelle, togliendogli le palle con la scusante che l’umanità non poteva perdersi un futuro Shakespeare.

Invece William detto il Bardo, no, Williams detto il saggio, disse a Stellan che a Will non interessava di diventare una stella.

Sì, inizialmente fra lo psicologo e il paziente, ovvero Will, non corse buon sangue. E Will forse v’andò troppo giù pesante. Ma Williams capì che le offese di Will, indubbiamente stronze e bastarde, furono soltanto il segno di reazione affinché avvenisse tra loro l’empatico transfert.

Sì, non v’era criminosità in quei suoi gesti da bulletto, bensì disperazione, solitudine e alienazione.

Cosicché Williams capì che per Will, nonostante le sue immani potenzialità spropositate, non fregava sostanzialmente di fare il professore dell’università di Harvard.

Infatti, che può farsene un ragazzo di una prestigiosissima cattedra accademica con tanto di cornice della lodevolissima laurea se poi, come sempre, gli manca la materia prima?

Cioè la poesia dell’anima del mitico cantante Michele della super-(s)cult Dite a Laura che l’amo?

Che canzone meravigliosa e purissima, profuma di romantica, autentica sincerità molto più stimabile di tanti laureati senz’anima.

Sì, questi miei ricordi affievolitisi nelle membra(ne) del mio appartamento, no, dissipamento, oh sì, dopo tanto scoramento, stanno ribalzando in gloria di tutta gola.

Tremano le pareti e io sono sempre più indiavolato, divorato dentro da un enorme abbattimento scatenato.

Molta gente, arrivata a livelli così atroci di sconforto e silente, inascoltato, tormentoso lamento, trova conforto nella solidarietà socialmente più penosa. In verità vi dico, eh sì, assai pericolosa e senile.

Molte persone, difatti, distrutte dalle loro rabbie e soffocate dalla loro allarmante solitudine disarmante, s’iscrivono a qualche partito comunista per alleviare in compagnia demagogica la mancanza di democrazia delle voci contradditorie dei loro interiori demoni voraci.

Al che, nelle loro ferite anime afflitte da incapaci e poco cresciuti, si alleano, dandosi manforte in leccate di culo impressionantemente incresciose e pietose.

Sì, mangiando assieme le crescentine, si fanno i pompini a vicenda per ottenere soltanto un po’ di “mi piace”.

Ma per piacere!

Piace invece la mia voce genuina, roca e rocciosa, oserei dire cavernosa, una voce sinuosa e armonica che, serpentesca, bacia carezzevolmente le corde dei cuori ancora speranzosi, spronandoli all’azione e al gusto dell’onestà morale che, malgrado le batoste ricevute e mai restituite, sa commuoversi dinanzi al vostro tramonto e a nessuno dei suoi cazzi trascorsi, forse da agnellino o da orso, deve più dar conto.

Non ho rimpianti se non due soltanto: quello di non aver mai spinto, quando potevo, dentro una che, durante una sera per lei fredda, rimase a pecora, cioè terra con le ruote, chiedendomi caritatevolmente… scusi, mi darebbe una spinta?

Mi fermai, le gonfiai la ruota sgonfia ma lei mi guardò con aria stronza. Poiché comprese che io non compresi la sua metafora. Sì, non abbisognava del mio meccanico fai da te, semplicemente a quell’ora tarda della notte, eh sì, desiderava solamente gonfiarmelo. Per consolare reciprocamente i nostri vuoti pneumatici. Quello mio emotivo e il suo oggettivamente ubicato sia davanti in mezzo alle gambe che, in maniera perpendicolarmente simmetrica, dall’altra parte, da cui la famosa espressione lato b.

Sì, lezione di matematica sessuale: lato per lato si ottiene l’area del quadrato, se a una donna lo dai prima in quel lato e poi nell’altro, lei ti avvolgerà di calore a sfera.

Un cerchio concentrico! Ah ah.

Ma io la spompai subito, fraintendendo che cazzo volesse.

Poi, il mio più forte secondo rimpianto fu quello d’essere stato zitto e troppo signorile per troppo tempo. Cosicché, i miei coetanei non poterono mai appurare la scrittura creativa della mia anima che apparve poco reattiva. Facilmente addussero che io fossi un disagiato e mi cacciarono vari mancini tiri.

In parole povere, scambiarono Michael Douglas di Wonder Boys per Eminem.

Mi diedero del mammone, così com’è infatti Eminem in 8 Mile, ma in verità vi dico che ho tutta la collezione privatissima dei migliori nudi di Kim Basinger.

Kim anticipò molti ani, no, anni addietro le milf più fighe dei porno americani che ora lo prendono nel didietro.

Sì, Brandi Love, Brianna Love, Brianna Beach, entrambe peraltro ritiratesi ma che ancor me lo tirano, non potranno mai competere con la Kim di Getaway.

Lo so, voi mi farete la fine di quel porcellino di Michael Madsen del film suddetto ove l’ex di Kim, il grande Alec Baldwin, dovette sudarsela… per fotterlo.

Voi, uomini oramai corrotti e persivi (persivi è da Nobel, ah ah) nell’olezzo di un’umanità porcellesca che spesso mi fa ribrezzo, smarriste nel vostro percepire la vita oramai senza più stile e ogni pudore vostro senziente è adesso stato abbattuto dal sopraggiungere mendace della vita adulta più volgarmente pugnace o solo puttanesca, quella purezza che un tempo scalpitò giustamente tormentata nelle vostre anime linde, oh sì, non c’è più. Né rinascerà giammai!

In quanto, angariati da genitori pressanti e da vostri coetanei ripugnanti, soltanto nei sogni inviolabili del Cinema più elevato, nella musica sanamente arrabbiata, eh già, trovaste la quiete e il porto felice, lontani da ogni male e, appunto, da ogni squallida bidonata.

Poi, col passare degli anni, col subentrare delle prime passerine e il vostro furbetto entrare in qualche ano con l’uccellino, le vostre depressioni scomparirono, la carnalità prese il sopravvento, l’animalesco barbarismo consumò ogni vostro pulito sentire.

V’adagiaste al compromesso più meschino. Sì, anche voi che una volta andaste puntualmente a messa, oh sì, so io ove ora andate, inchinandovi alla dea del piacere più genuflessa al vostro dio danaro, oh sì, sbandati, sbavate in giro con un solo pensiero in testa e soprattutto nei testicoli. Non passa infatti, oserei dire in fallo, un solo minuto in culo, no, in cui… in mezzo a queste strade bagnate dall’ipocrisia battente dei vostri peccati sempre più fetenti, la vostra mente non pensi ad altro, sì, in verità vi dico, se non a trovare qualcuna da raccattare per le vie del vostro viale non più vitale, in realtà così aridamente bestiale, da ricattare e pagare affinché possiate sfogare con lei ogni vostra giornaliera inchiappettata.

Andate dai ragazzi non ancora toccati dalle vostre perdizioni insanabili e urlate loro, con protervia e presunzione altera, che le loro emozionalità diverse, dette altresì vive, vivaddio, sentimentali alterità immacolate, debbano essere quanto prima sanate.

Fate i santi e i sani ma invero siete appunto, da tempo, andati. Andate solo ora sputtanati!

Oddio, mi stanno bombardando di messaggi tutti i miei contatti su WhatsApp.

Mi sto “orgasmizzando” per il Festival di Venezia.

Le donne mi mandano richieste (im)proponibili, hanno avvistato da qualche parte la mia bellezza magnifica, le ragazze mi corteggiano, è un’esplosione sensoriale che non sentivo da immemorabile tempo.

Mi stanno scoppiando le tempie, sono divenuto il re d’ogni tempio. Sta deflagrando la mia mente e anche qualcos’altro…

Non posso soddisfarvi tutte. Non posso rispondere a ogni amico. Ritirate il biglietto e fate la fila. C’è una figa che m’aspetta. Finito che avrò, sarò da voi.

Le persone malvagie vollero sputtanarmi, gettandomi addosso del fango e sputandomi, ma invece spuntano come funghi amici dimenticati e recuperati. È tutto un pullulare!

Ora, ho pure messo zizzania nel rapporto lesbico fra due tipe assai tope di vent’anni. Anzi, la mia prescelta ne ha 18. Va benissimo. Sono come Miles Teller di Too Old to Die Young. Sì, io non ho età, abbatto ogni regola! Quel Marcel Proust lì non serve a nulla!

Sì, c’è una tizia che m’arrapa non poco. A lei piaccio molto. C’è però un piccolo problema.

Le inviai, qualche giorno fa, un messaggio inequivocabile. Mi rispose, infuocatamente, la sua ragazza:

– E tu chi sei, scusa? – chiesi io.

– Sono la fidanzata di Alice.

– Ah, quindi Alice è…

– Già, sta con me e me la scopo io.

– Be’, suvvia, il verbo scopare fra donne un po’ stona. Non c’è la penetrazione. Diciamo che è tutto un leccalecca. Sì, prendete quel Mahmood e company con Calypso… basta, mette angoscia.

Donne, ecco a voi invece il mio gelato Calippo, sono simpatico come lo fu Claudio Lippi. Uno che sapeva cosa volle da Ravegnini Luana, sì, lei era mora ma lui le offrì la sua “birra” bionda di luppolo…

– Sì, comunque lei sta con me.

 

Intervenne Alice dopo che la sua ragazza, ingelosita a morte, prese su il telefono, appunto, per suonarmele:

– Stefano, ho provato a spiegarle che io e te siamo solo amici ma ora è incazzata e mi sta facendo il culo.

 

Al che, ritornò a parlare la sua ragazza:

– Allora, bello. Guarda, io ho appena ascoltato per sbaglio il messaggio che hai da poco mandato ad Alice.

– Sì, era per lei.

– Lo so, appunto!

– E allora come mai l’hai sentito tu?

– Vedi, è arrivato questo messaggio. Alice ha dovuto assentarsi per un po’. Le ho detto… c’è un vocale per te, Alice. Lei mi ha risposto…  di chi è?

E io… di un certo Falotico. E lei… sì, ascoltalo pure, è un mio amico.

Amico un par de palle! Ora, Stefano, mi devi rendere coito, no, scusa. Secondo te, a un’amica si manda un messaggio di questo tipo?

Peraltro, Alice, devi stare zitta. Zitta, ho detto! Con me te la vedi dopo! Tu lo chiami amico, questo qui? Un amico, diciamo, un po’ troppo intimo. O no?!

Allora, adesso esigo delle spiegazioni da entrambi!

– Senti, io sono solamente amico di Alice.

– Cazzo! Ad Alice non piacciono gli uomini. Lo capisci o no?

– Mah, ne sei sicura? Comunque, a me piacciono le donne. Anzi, stavo pensando a questo. Avete mai visto Vicky Cristina Barcelona? No, per chiedere, a voi garba Javier Bardem?

– Alice! Hai sentito che ha detto? Allora è proprio uno stronzo.

 

Riprese a parlare Alice:

– Lo so, è fatto così.

. Alice, come fai a sapere che è uno stronzo?

– Ho appurato.

– Hai appurato? Che significa che hai appurato?

– Ho constatato con mano, diciamo.

– Con mano?

 

A quel punto, successe il finimondo.

A parte gli scherzi, no, fra me e Alice non c’è niente.

Sì, questa è la versione con la quale la ragazza di Alice si mise l’anima a posto.

Ah ah. Sì, che volete che possa esserci? Al massimo, qualche confezione di detergente.

Fallo sta, fatto sta che fervono i preparativi per Venezia. Sono fervido, effervescente! Cazzo, la mia vita è stata davvero strana. Son passato dal mutismo a corteggiare una molto più figa di Ornella Muti.

In passato fui taciturno, come si suol dire, non spiccicai parola. Adesso sono appiccicoso. E se mi scassi la minchia, ti avverto, al muro ti spiaccico.

Una volta che mi attacco a una, non mi stacco più. Le offro tutto il mio gelato al pistacchio.

Ma non nel senso che non mi levo più dalle palle poiché sono un moroso morboso, nel “seno” che diventa più denso e cremoso.

Che gigione! E sono anche amico di Stanzione!

Ancora devo districarmi fra mille hater. Ma chi se ne frega dei calunniatori se posso essere un dongiovanni? Un pazzo mi dà del vecchio ma Giovanna sa che io sono più giovane di lui e con me lei ha imparato anche a usare meglio la lingua italiana…

Sì, sono un linguista. Oggi con una dea greca gioco di latinismi, donandole ogni declinazione di rosa rosae, da cui il famoso dato, no, detto, rosso di sera bel tempo si spera, domani con una rossa la rendo viola, ai cattivi faccio le linguacce in quanto son più bravo a scrivere del Boccaccio.

Sono proprio un insanabile diavolaccio. Voi, uomini freddi e tristi, ah, poveri cristi, dormite alla diaccio e da me non meritate nessun abbraccio.

Tu, donna, come ti chiami? Cristina? Dammi un altro bacio e annodami il fiocchettino. Dai, forza, struccami, rendimi il tuo pagliaccio.

Sì, odio i tipi in giacca e cravatta, spesso in casa io sto in ciabatte ma eccome se mi arrabatto, poiché nessuno mi batte.

Le tentarono tutte per incularmi. Ma io sempre sgattaiolai, le donne con me miagolano, gli stronzi mi pungolano ma rimango perennemente intatto e, con enorme charme, cammino tutto ritto e compunto.

Che cazzo volete da me?

Sono un uomo che mette pepe a questo mondo di pendolari che fanno pena. Hanno delle vite orribili. Persero il treno della vita ma ogni mattina prendono quello per lavorare come schiavi negri.

Della serie: dopo la vita non c’è il paradiso, bensì la speranza per la tredicesima. Una volta v’era il Tredici, adesso manco quello.

E quello che autobus prende? Il 18? Ma il 18 non porta alla stazione. Ah ah.

Gli sbirri arrestano gli innocenti, Vincenzo s’è comprato un’auto d’epoca dell’Innocenti, Innocenzo fa l’amore con Vincenza, un altro sta con una di Vicenza, la vicina di casa se la fa con i topi delle cantine, tua sorella invece sta come una gatta morta ma so che a lei piace da morire Joaquin Phoenix.

Si dichiara pudica, virtuosa e virginale ma in verità le dico che, avendo costei trentacinque anni, se avesse voluto farsi monaca, l’avrebbe già fatto.

Dunque, bugiardi, non ci provate mai più.

Mille ne penso, duemila ne peno, tre mi faccio ma così va per tutti.

Se pensate di fare i furbi, credendo che la vita sia solo rose, appunto, e fiori, ricordate che io son un oratore da foro. Sì, tutti i mondiali più prestigiosi fori sono miei. Ah ah.

Dall’Arena di Verona a una di Cremona, dal tramonto sin all’aurora, prendo per il culo te, tonto con una faccia da mona, come dicono a Padova, mentre bagno il mio Pavesino anche a una d’un piccolo paesino.

Se sei invidioso, il primo centro di salute mentale t’aspetta.

Sì, uomini grigi, pensate alla salute.

Intanto, vi saluto.

Voi siete ingrigiti, non vi posso aiutare. Siete oramai andati. Già troppo tempo mi faceste perdere con le vostre stronzate. Stasera devo irrigidirlo a una assai meno rigida della vostra mentalità da idioti.

Mi spiace.

Ho vinto io. Ora vi prendete tutte le vostre bugie e ve le ficcate in culo con tanto d’iniezione intramuscolare.

Sì, capisco, ho il cervello piccolo.

Sì, col vostro modo di ragionare stava diventando davvero piccolo.

Invece è molto grosso.

Ammazza, come v’ho preso un’altra volta pel culo. Ah ah.

Già, qual è la frase finale di Robin Williams in Will Hunting?

Ah ah. Ora, sì, devo andare a confessarmi in chiesa come un bravo bambino, poi vi farò di nuovo la catechesi. Poveri malati di mente.

 

 

di Stefano Falotico

 

alice

TOO OLD TO DIE YOUNG: ne vogliamo parlare della recensione apparsa su Rolling Stone della serie di Nicolas Winding Refn? E del JOKER?


10 Aug

joker

Guardate, ogni altra parola sarebbe superflua, oserei dire pleonastica.

Colui che ha scritto tale recensione, secondo me, vista la figuraccia, non si salverà nemmeno con mille facciali plastiche.

E questo è pus underground da Nanni Moretti di Caro diario!

Copiamo-incolliamo qui tale recensione assurda in maniera integrale, senza dunque apportare editing alle virgole di cui questo recensore abusa più del minutaggio lunghissimo della suddetta serie di Refn, senza correggergli alcun errore di battitura.

Una recensione cult, più che altro scritta col culo, contro la quale anche il mitico Pino Farinotti di C’era una volta il West si deve arrendere.

Sì, dinanzi a questo campione dell’esegesi cinematografica, non possono esistere al momento rivali.

Speriamo che la maggior parte delle persone si stia approcciando a Too Old to Die Young, la serie televisiva fottutamente pulp del regista danese per Amazon Prime Video, in quanto fan o qualcosa di simile. O, per lo meno, come spettatori semi-consapevoli della sua filmografia. In bocca al lupo nel caso invece questo sia il vostro debutto nel mondo di Refn – è la peggiore introduzione possibile al suo marchio di fabbrica di noir al neon stilizzato e sotto steroidi, o la “migliore” introduzione nel peggiore dei modi possibili. Buona fortuna a chiunque sia caduto nel suo paesaggio di anti eroi stoici, violenza e ritmo lento e doloroso come la tortura dell’acqua senza una mappa.

Ma torniamo alla domanda iniziale: il vostro film preferito fa parte della trilogia di Pusher, il racconto in tre parti e a tre prospettive, che ha contribuito a lanciare Refn a livello internazionale e ha introdotto il futuro criminale Hannibal Lecter / cattivo di Bond / Mads Mikkelsen nel mondo? Oppure è Bronson, biopic incredibilmente brillante del condannato britannico Charles Bronson che vede Tom Hardy raggiungere i livelli di teatralità del kabuki? Con tutta probabilità è Drive, il riff stellare guidato da Ryan Gosling sugli autisti per la fuga; quasi sicuramente non è il film successivo del duo, Solo Dio perdona (anche se questo thriller ambientato in Thailandia è migliore di quanto la sua reputazione suggerisca). O forse è The Neon Demon, il suo benvenuto all’Inferno, una parabola sulle modelle che si mangiano da sole.

Ok, ora immaginate che il vostro film preferito duri 13 ore. Con la stessa trama però. Potrebbe essere diviso in narrazioni parallele, forse qualche deviazione extra qua e là. Ma lo stesso materiale narrativo di base. Stiracchiato. Su. 13. Ore.

A meno che non ti chiami Ken Burns o David Lynch, forse devi pensare bene se quel tempo, suddiviso in più di 10 puntate con una durata media di un’ora e 15 minuti, sia una necessità o semplicemente un’indulgenza. (Alcuni episodi durano fino a 90 minuti, l’ultimo una mezz’ora, chiamatelo coda). Specialmente se il motivo principale per lavorare a un prodotto serializzato più lungo è: “Sembra che tutti stiano facendo roba in streaming, dovrei farlo anch’io!”. Questa è stata più o meno la scusa che Refn ha accampato a Cannes, dove ha mostrato due episodi centrali, per dare uno sguardo esteso ed esistenziale sia nell’abisso che nel proprio ombelico, dove ci sono poliziotti, truffatori, cartelli e modi creativi di torturare forme di vita basate sul carbonio. Ha anche detto che questa non era tv – un mezzo che definisce “tutto reality show e notizie” – ma un lunghissimo film. Ovvio. Certo, sua maestà. La sensazione di guardare qualcosa di un autore che in qualche modo crede virtualmente di abbassare i propri standard proviene dal tuo schermo.

Cosa dipinge il nostro uomo su questa grande tela? Iniziamo con un poliziotto di nome Martin (Miles Teller), un tipo forte e silenzioso che suggerisce un blocco da sofferenza post-traumatica o una lavagna intenzionalmente vuota. Il suo partner (Lance Gross) ha la capacità di trasformare un controllo del traffico di routine in una situazione alla Cattivo tenente in un batter d’occhio. In ogni caso è sorprendente quando qualcuno si avvicina semplicemente a lui e gli spara una pallottola in testa. La tragedia fa guadagnare a Martin una promozione a detective, ma non la libertà da un gangster locale (Babs Olusanmokun), che lo costringe a ricoprire il ruolo del suo defunto partner come sicario. Né vi impedisce di essere scettici sul fatto che il protagonista frequenti una studentessa delle superiori di 17 anni (Nell Tiger Free).

Seguiamo poi chi ha sparato, Jesus (Augusto Aguilera), a sud del confine. Il poliziotto aveva ucciso sua madre, una famigerata signora della droga. Suo zio (Emiliano Díez) lo accoglie e lo introduce al cartello. Quando c’è uno slittamento di potere, Jesus e la pupilla del vecchio – una giovane di nome Yaritza (Cristina Rodlo) che ha salvato dal deserto e cresciuto come sua figlia, non senza alcune implicazioni spiacevoli – sono sposati. La coppia viene quindi mandata in America, con l’intenzione di proteggere gli interessi dell’organizzazione. Ci sono anche questioni incompiute riguardo a quell’omicidio per vendetta. Ci sono sempre. Ah, abbiamo detto che Yaritza potrebbe essere l’incarnazione di un’antica leggenda folcloristica / pilastro dei tarocchi conosciuta come l’Alta Sacerdotessa della Morte?

Altri personaggi vengono buttati nella mischia, in particolare un ex agente dell’FBI con un occhio solo (John Hawkes di Deadwood) che diventa mentore di Martin e una guaritrice New Age (Jena Malone) che assume l’ex federale per dare la caccia a criminali sessuali particolarmente efferati. Ci sono anche magnati fissati con il rape-porn, pedofili, tossici, casi di molestie da studio del #MeToo, più controfigure di Trump di quante non ne riescano a far entrare in una registrazione di Access Hollywood e, qua e là, solo ordinari stronzi. In altre parole, un sacco di mascolinità tossica – e il punto è questo. La galleria di parassiti della malavita, molestatori seriali di bambini e misogini violenti che Refn e il suo co-creatore, il fumettista fuoriclasse Ed Brubaker, hanno inventato non rappresentano solo il peggio di quella società quanto della Società del 2019, un “chi è chi” quotidiano di degenerati e miserabili. E come per il mondo in cui viviamo, molto di ciò si riduce al male che fanno gli uomini. ‘Bravi ragazzi’ qui è un ossimoro.

Ci vorrà un angelo della morte per ripulire il mondo dai maschi abusivi, ed è per questo che la serie e l’attenzione continuano a tornare a Yaritza. È il veicolo per le inclinazioni più soprannaturali e surreali del regista, che sono cresciute dai tempi di Solo Dio perdona e la sua decisione che preferirebbe essere una nuova versione di Alejandro Jodorowsky piuttosto che un povero Michael Mann. Aiuta anche che a interpretare Yaritza sia Rodlo, un’attrice che sa come tenere uno schermo, indipendentemente dalle dimensioni. È una grande osservatrice con un occhio killer per i dettagli, un’artista che sa come far sì che la calma e il tocco minimalista contino in un pasticcio splatter massimalista. Va da sé che Refn, un cineasta che non ha mai incontrato una luce colorata che non abbia amato biblicamente, e il leggendario direttore della fotografia Darius Khondji (La città perduta, Seven) immergono tutto in colori allucinogeni, ombre da notte oscurissima e atmosfera infernale da night club. Vale anche la pena sottolineare che il personaggio di Rodlo è l’unico che sembra davvero adatto al tono e alla visione dello show; nemmeno Teller, che offre la migliore imitazione di un Robert Mitchum del XXI secolo, può sincronizzare il piglio alla Raymond Chandler del suo protagonista alla narrazione. Un giorno, qualcuno realizzerà un super-montaggio delle scene di Rodlo e ci regalerà un incubo cromosomico XY di tre ore.

Nel frattempo, abbiamo questa lagna zoppicante e sgraziata che non giustifica la sua durata da maratona come qualcosa di più di una follia autocompiaciuta e durissima senza giustificazioni. Naturalmente puoi trasformare una crime story pulp in qualcosa di immoralmente magnifico dal punto di vista visivo, ammucchiando varie cose, dal costume da narco chic agli schemi visivi della Pop Art. Puoi dare al tuo gangster un tocco di stranezza facendolo diventare un fanatico dello ska vintage e puoi inscenare un inseguimento in auto ridicolmente lungo sulle note di Mandy di Barry Manilow, l’action-flick dito medio del giorno. Puoi ingaggiare Morgan Fairchild come White Privilege e dare a William Baldwin un pasto da sette portate da masticare, completo di mosse onanistiche di potere. Puoi usare l’immaginario misogino in nome dell’innalzamento della vendetta e dell’empowerment femminile, anche se ogni singola persona sulla faccia della terra vorrebbe davvero che non lo facessi. Puoi perfino usare la violenza estrema come esercizio di carneficina feticizzata. Chi non ama un cinemassacro ben fatto? O guardare un Nazista farsi sparare nel cazzo?

Ma quando ti viene data la possibilità di impegnarti in uno storytelling di lunga durata e lo traduci nel nulla, in scene che si estendano all’infinito semplicemente perché puoi farlo, o scambi il concetto di lentezza al cinema con quello di istantanea profondità, o non riesci a capire che forse “meno è meglio” quando si tratta della tua estetica art-to-grindhouse, potresti essere chiamato a risponderne. Refn ha ragione: questa non è tv. È auto-parodia. E non ci vuole una mezza giornata di visione per capire che forse stiamo diventando troppo vecchi per questa merda.

In attesa del trailer 2 di JOKER, immaginiamo Arthur Fleck al Murray Franklin Show con tutti gli altri ospiti della società (im)bandita

Sì, ecco che Robert De Niro, cotonato come Mike Bongiorno, invita in trasmissione il mezzo disgraziato, sciagurato, completamente devastato e rovinato, handicappato, scalognato, super sfigato mai visto, schizofrenico irreprimibile e not responder incallito Arthur Fleck. Sottoponendolo a delle domande da terzo grado derisorio per far ridere di gusto la platea gozzovigliante di applausi purtroppo spontanei e non telecomandati.

Sì, gente che ride dinanzi a ogni più sconcia, stolta provocazione di cattivo gusto, si scompiscia e sganascia di fronte alle sentenzianti stereotipie dei luoghi comuni espulsi malvagiamente dall’infernale orco catodico incarnato da Murray, inquisitore da Il nome della rosa con Connery, impomatato e in giacca e cravatta, in smoking impeccabile abbigliato. La gente va matta per tale tremendo mega-direttore, no, solo presentatore galattico del network di massa sparato negli occhi e nelle orecchie dei telespettatori paganti, ovvero l’uomo medio italiano, filoamericano che si beve tutte le stronzate della Rai, pagando anche il canone. Crepando di risate quando parte la donna cannone, mangiando nel frattempo, stravaccato sul divano, un cannolo.

– Ecco a voi, ladies and gentleman, signore e signori, un fenomeno della natura. Un ragazzo apparentemente anche di discreto aspetto fisico che però, ah ah, quando apre bocca pare afflitto da dislessia, epilessia, catatonia espressiva perché non si capisce un cazzo di quello che dice. Tartaglia, mugugna, si esprime come Benicio Del Toro de La promessa.

Questa sua deformità lessicale lo rende simile agli occhi della gente, oh sì, perché noi amiamo le apparenze, vero, a Joseph Merrick, elephant man, colui che soffrì della distrofica malattia muscolare denominata sindrome di Proteo. E non basterà il dottor Frankenstein per rigenerare questo Fleck, per garantirgli nell’anima una protesi, in quanto lui non è Prometeo, in verità è solo uno che si crede un poeta ermetico ma è sinceramente, obiettivamente, senza falsi inganni, senza consolatori buonismi ipocriti, senza velare nulla, un coglione plurimo. No, non dobbiamo usare con lui una piuma, se vuole però gli rimbocchiamo le lenzuola del piumino perché è paragonabile a Tom Hanks di Forrest Gump.

E io, parimenti al demone del trash contro ogni ottava meraviglia del mondo improponibile, appunto impresentabile ma strepitosamente impressionante, ah ah, ovvero Demon Killian di The Running Man, gli sarò implacabile.

Oh oh. Ah ah.

Applause!

Ma non perdiamoci in chiacchiere. Diamo subito il benvenuto al demente per antonomasia, a questo mezzo uomo auto-flagellatosi ridicolmente nella rupe, anzi nel dirupo del suo esistenziale buio ai confini del mondo? No, nel suo pozzo senza fondo da confinato, ghettizzato, emarginato ma soprattutto immoralmente linciato da noi, figli dei giganti. I quali demoralizzeranno imperituramente ogni suo ardore vitalistico. Spegnendo ogni sua ribellione che, da essere piccolo e nano qual è, s’azzarderà, vanamente e pateticamente, a scagliare contro il nostro indomito potere forzuto da fascisti rocciosi, ferrei e duri stronzi.

Ah ah.

Sì, se questo Fleck spererà di avere una seconda chance nella vita, speronandoci, gliel’arderemo… ancor prima che possa solamente sperare di rivedere una pur minima, debolissima fiammella.

Sì, se dai sepolcri della sua malinconia tristissima s’illuderà di captare un fievole eppur speranzoso bagliore della luce del giorno, anneriremo questo suo rinascente, dolcissimo, chimerico fulgore, soffocandogli anche ogni alba e tutti i crepuscoli e, più che Ugo Foscolo, lo renderemo del tutto fosco. Buttandolo ancora nel fosso.

Sì, Fleck è un fesso e noi sempre lo affosseremo. Forza. Ora lo distruggerò. Mi raccomando, coi vostri clap clap, datemi manforte. Ah ah.

Questo qui non è Prometeo di niente, non ha neanche mai visto il film Prometeus. Stasera, crede che sarà Re per una notte ma, al solo tintinnare delle sue iridi accesesi estemporaneamente dal flash dei fotografi, ah ah, io lo tratterò da straniero della società. Vivrà la sua eterna, tetrissima vita nella scura agonia dei suoi tormenti da Travis Bickle di Taxi Driver dei poveretti!

Ok, partiamo con la distruzione.

Buonasera, signor Fleck. Si accomodi. È di suo gradimento la poltroncina o forse desiderava essere al posto di quella ove è seduto a dieci metri da lei, qui sul palcoscenico, quel gran culo della modella che può vedere vicino a noi?

Scusi, riesce a vederla? Ah ah.

Partiamo con le domande. Si sente pronto? Ah, a proposito, lei qualche volta ha coscienza di essere tonto? Ah ah.

Aspetti solo un secondo. Riesce a pazientare? D’altronde, lei è dalla nascita addormentato, in un centro di salute mentale ben sedato. Dunque, sì, lei è un paziente che ha molta pazienza.

Mi lasci riflettere. Oh, ecco la domanda. Risponda, mi raccomando, solo dopo una profonda, lenta riflessione ponderata.

Lei è solo come un cane, nessuno e nessuna la ama, nemmeno sua madre, mio mammone, poiché sua madre ora è fortemente malata. Dato che nessuno la ama, lei qualche volta riesce ad apprezzare il film Paura d’amare o perlomeno sé stesso? Insomma, detta come va detta, pratica l’autoerotismo? Si fa qualche sega?

– Sì, qualche volta me la tiro.

– Avete sentito? Se la tira pure di brutto. Sei veramente il mio idolo. Ecco, tutti noi ti amiamo. Non odiarmi per questo ma, vedi, ti beatifichiamo e glorifichiamo qui tutti da morire. Vero, pubblico? Un bell’applauso caloroso per incitare un po’ il nostro Fleck.

E tutti assieme appassionatamente, al mio via, urlategli: bravissimo, sei un grandissimo!

Ha sentito, Fleck, che roba? Sono tutti qua in platea e anche in galleria per lei. Non è quello che voleva? Scusi, non mi mandi a fanculo, le ricordo che mi mandò piuttosto anche una lettera di auto-invito come fece Valerio Mastandrea, quando ancora non era famoso, per partecipare al Maurizio Costanzo Show…

Che vuole di più dalla vita? Ah, capisco. Il suono degli applausi non sono musica per le sue orecchie.

Perfetto. Maestro, dedichi al nostro Fleck il celeberrimo ritornello di Jovanotti:

sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno. Sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno e quando viene sera e tornerò da te… è andata com’è andata, la fortuna è d’incontrarci ancora. Sei bella come il sole. A me mi fai impazzire…

all’inferno delle verità,

io mento col sorriso…

Sentito, mio bel giovanotto?

Mi tolga una curiosità. Riesce a vedere almeno, seduta al suo fianco, Eleonora Giorgi? La saluti, forza. Che fa? Le pare il modo di starsene impalato vicino a una signora?

Lei usa come Carlo Verdone il Borotalco? Non è che mi farà la fine invece, coi suoi auto-inganni, di Paolo Villaggio de Il volpone?

No, sa, è per chiedere. Lei è davvero Troppo forteUn sacco bello.

– Signor Franklin/De Niro. Potrei cortesemente farle io una domanda, adesso?

– Ma certo. Non vedevo l’ora. Voleva chiedermi se potessi essere il suo unico amico come il ragioniere Filini? Ah ah. Mi dichi! Ah ah.

– No, se gentilmente mi permette, vorrei farle una domanda alla Tom Cruise di Collateral.

– Ah be’. Mi pare ovvio che lei s’identifichi con Tom Cruise. Visto che, da tempo immemorabile, sogna la sua Mission: Impossible. Ah ah, comunque chieda pure.

– Da giovane, la soprannominavano Bobby Milk per via della sua carnagione molto chiara, per via del suo pallore latteo. Giusto?

– Sì, è vero. Quindi?

– Lei ha dichiarato, nelle sue interviste, che è sempre stata una persona molto timida nella vita di tutti i giorni. Tant’è che, appunto, da giovane, l’affibbiatole nomignolo Milk forse si riferiva anche al fatto che qualche bullo, lì, nel Bronx o a Little Italy, deve avergliele suonate molte volte, cantandole pure… fatti mandare dalla mamma a prendere il latte di Gianni Morandi.

– Non capisco, signor Fleck. Che razza di domanda è mai questa?

– Infatti, questa era solo l’introduzione. La domanda è:

come mai lei nella sua vita sentimentale-sessuale ha sempre avuto una predilezione per le donne nere, per anni considerate diverse in base alla segregazione razziale che imperò negli Stati Uniti dai tempi di Amistad e non si è invece mai accorto che il suo famoso neo nero sulla guancia la rende unico?

Ecco, se ora io glielo strappassi, lei rimarrebbe sempre Robert De Niro, uno dei più grandi attori della storia.

Ma avrebbe perso la sua unicità. E sarebbe uguale a tutte le facce di merda omologate e fatte con lo stampino.

L’è piaciuta la domanda?

 

di Stefano Falotico

TOO OLD TO DIE YOUNG: la questione araldica di Nicolas Winding Refn


02 Jul

Augusto+Aguilera+Screening+20th+Century+Fox+d3G9uob17Jol

Avete finito di vedere la serie Too Old to Die Young?

Innanzitutto, pare che William Baldwin sia stato un mezzo profeta. Nell’episodio uno, dice a Miles Teller che è bello come Elvis.

Di poche ore fa infatti la notizia secondo cui Miles Teller, attore oramai lanciatissimo, è fra i nomi più in lizza e papabili per interpretare il re del rock nel biopic di Baz Luhrmann.

Too Old to Die Young sta già facendo discutere i fanatici dell’estetismo, forse anche le estetiste che vogliono assomigliare a Jena Malone. Poi, per via del loro narcisismo e della loro civettuola propensione all’ombelicale ballo del qua qua delle loro frigide, a mo’ di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti versione donne frustrate, danzano per le loro stanze arredate a regola d’arte. Dunque, esauste, si stravaccano sul divano in vestaglia e recitano il monologo millenaristico, assai moralistico scandito da Jena distrutta. Soprattutto nei polmoni dopo essersi scalmanata come un’indemoniata. Sfiancata da sé stessa, esasperata da troppi dildo e monologhi della vagina.

Un soliloquio da donna delusa forse fanatica statunitense di Vasco Rossi.

Già, Nicolas Winding Refn, dopo i primi due episodi soporiferi da latte alle ginocchia, negli episodi 3, 4, 5 e 6 aveva/ha trovato la giusta amalgama, spingendo sull’acceleratore e tirando fuori un’interpretazione ipnotica da Augusto Aguilera nei panni di Jesus. Un pervertito esecrabile come tutti i protagonisti di questa serie.

Aguilera, uno che non ha il fisico a pera ma la faccia di Leonardo DiCaprio messicano e il fisico palestrato di un pornoattore sadomaso. A metà fra il portoricano e il bovaro che, dopo un pranzo luculliano, beve un faraonico amaro. Rilassandosi da solo sul divano, forse guardando Yellowstone con Kevin Costner.

Augusto qui non gliela fa proprio. Ha sposato una donna statuaria ma lui, in confronto a lei, nonostante la sua ricchezza e la sua dinastia regale, si sente un bambino col pigiamino.

E sua moglie Yaritza/Cristina Rodlo asseconda ben volentieri questo povero sfigatello. Divertendosi con lui a fargli da mamma… Divertendosi tanto a tiramento di suo uccello…

Infatti, echi di The Wolf of Wall Street si avvertono in più punti in questa villa angusta di Augusto eppur principesca, quasi da modello Scarface depalmiano.

Alla fine la spunta proprio Yaritza. Dopo nove episodi interminabili di un’ora e mezza circa cadauno, tranne un paio di un’ora e poco più, Refn fa il figo. E fa vincere la super figa.

Per distinguersi dalla consuetudine dei canoni standard delle serie tv, ove di solito l’episodio finale è il più lungo, lui invece ha girato, per l’occasione, uno spezzone di manco mezz’ora.

Regalandoci uno dei finali più insulsi della storia.

E John Hawkes che fine ha fatto?

Secondo me, il sito www.spietati.it impazzirà per questa serie con in prima linea il recensore “maudit” Luca Pacilio a piangere d’amozione.

Su rottentomatoes.com, questa serie di Refn ha invece ricevuto un 64% di voti positivi. Non un granché, a dirla tutta.

Un mezzo flop, insomma. Gran parte del pubblico ha lasciato stare già a metà dell’episodio 2 quando il rincoglionito nonnetto ripete sino allo sfinimento che il più grande calciatore del mondo sia/è stato Pelé.

Chiariamoci, Edson Arantes do Nascimento non era niente. Il suo goal più bello l’ha fatto in Fuga per la vittoria. Dopo cinquemila volte che hanno ripetuto la scena.

Ho detto tutto.

Mi spiace anche per Maradona ma era solo un mezzo panzerotto da circo Togni.

Lionel Messi è il più grande di sempre anche se c’è chi gli preferisce Ronaldo, cioè le donne.

Messi, come uomo, è un cesso. Ronaldo invece assomiglia ad Augusto Aguilera. Un altro mammone…

Oggi, d’altronde vanno di moda i modelli semi-froci.

Ho detto tutto.

No, io non sono nichilista. Ma non credo ai nazionalismi, alla retorica patriottica e neppure alla bioetica.

Stamattina, ho ricevuto peraltro in chat le offese di un trans. Transitava…

Che mi ha definito omofobo. Pensa te:

– Stefano, non devi incazzarti se ti ho rifiutato.

– Pensavi che volessi provarci con te? Guarda che, di punto in bianco, mi son trovato lo spam delle tue esibizioni illegali da prostituta/o online. Ti avevo semplicemente bloccato.

– Sì, ti è andata male. Dunque sei un intollerante sessista. Io vi odio tutti! Non potete capire.

Scusa, ora però ho uno che mi aspetta. Sai com’è, carissimo. Il mondo non mi accetta per quel che sono ma questo è un cliente che può aiutarmi…

 

Ma che voleva questo qui? Oltre a essere pazzo, racconta falsità. Adesso va a dire in giro che c’ho provato con lui e che ho semi-stroncato il film Flawless di Joel Schumacher perché vi è una drag queen.

Ma che dice? Che farnetica? Io adoro A qualcuno piace caldo. Questo qui l’ho bannato non perché sia un diverso, perché è scemo. Gli deve entrare… nel cervello.

Comunque, è un’umanità fredda.

Un altro bimbetto come Augusto Aguilera mi ha scritto su YouTube che si prodigherà affinché io possa essere curato e ricevere le migliori assistenze psichiatriche solo perché non voglio mettere su famiglia.

Ah, mettesse pure lui su la famiglia. Gliela lascio tutta. Compresi i litigi coniugali e i piatti che voleranno. Così, considerando la sua “nobiltà” d’animo nei confronti del prossimo suo e la sua finezza pedagogica, suo figlio a vent’anni si suiciderà in quanto massacrato da un padre perbenista che volle sedare gli altri ma non comprese di essere, dalla nascita, affetto da infermità mentale e da manie sessuali mai sanate.

Per forza, considerando la racchia di donna con cui fece il figlio (de)generato, cosa poteva aspettarsi? Una figlia più scema di lui, più ebete del fratello e più brutta della strega sua consorte?

Sì, uno di questi padri medi italiani. Che schematizzano fin dall’adolescenza la vita dei figli, obbligandoli a scelte e a tappe forzate. Tarpando sempre le loro ali.

Se poi, a trent’anni si credono Thor, cazzo, una ragione imbecille di questo depauperamento era già da addursi all’albero genealogico della mentale loro malattia ereditaria. Di mio, ammetto con enorme orgoglio e spudoratezza sfrontata che gran parte della vita sociale disgusto. Ma non sono Augusto.

Non sono comunque pietistico e non urlo, a differenza degli asociali da asilo, che il mondo sia ingiusto. Sono un uomo giustissimo.

Basti vedere Too Old to Die Young per capire che avevo e ho ragione su tutta la linea.

Sono l’ultimo dei paperini, in fondo un romantico pauperista.

Insomma, ricapitolando, nel mondo e in questa serie non si salva nessuno, tranne io.

Ecco il promemoria. Uomini e donne, tempi bui ci aspettano, tenetelo ben a mente:

Miles Teller/Martin Jones: un poliziotto corrotto sin al midollo, fa l’amore con una minorenne e finisce massacrato da Jesus, il ritardato par excellence.

Nell Tiger Free/Janey: assomiglia alla ragazza tipo, un po’ topa, di una prestigiosa scuola media superiore. Prende bei voti per fare carriera ma sceglie di sverginarsi con uno che non sa manco chi sia Jung, ovvero Martin/Teller.

William Baldwin/Theo, il padre di Janey: tutti i soldi gli sono serviti solo per scoprire che ha avuto sempre fantasie erotiche piuttosto spinte su sua figlia depressa.

Uno schifo d’uomo.

John Hawkes/Viggo: uno che non ha nessun problema ma dovrebbe curarsi dal fumo e comprare una sigaretta elettronica.

Yaritza/Cristina Rodlo: simbolo del femminismo MeToo.

Ovviamente, concludiamo col top(o) già, più e più volte, menzionatovi “lodevolmente”, ovvero Aguilera/Jesus: è Lapo Elkann versione sudamericana che manda in vacca la famiglia Agnelli di Once Upon a Time in Mexico.

E fa pure il porcellino, ammazzando, oltre a Teller, un altro poliziotto che gli aveva forse solamente rubato due euro dal salvadanaio di porcellana.

Insomma, la morale di Refn è questa: siamo tutti psicopatici, tutti marci, tutti schifosi.

Solo che c’è chi vince la Lotteria di Capodanno e fa il signore distinto e chi, la maggioranza, che ha pochi soldi e semmai casca nel crimine.

Chi pensa, insomma, che se si comporterà in maniera rispettosa di tutti, perfino dei più bavosi, ladri e miserabili, dopo la morte andrà in paradiso, be’, dopo la morte… come tutti finirà solo sotterrato.

Chi pensa che un pazzo sia una persona poco dotata, ah ah, è da manicomio.

Chi pensa soprattutto che fra vent’anni esisteranno ancora le arene estive e i cinema non scompariranno, demonizzando Netflix e Amazon Prime Video, è meglio che si spari in testa subito.

Questo è quanto.

È il mondo che avete creato e Refn ha fatto bene a sbattervelo in faccia. Senza ipocrisie.

di Stefano Falotico

Nicolas+Winding+Refn+Old+Die+Young+Photocall+fjqdeLeySTll

 

William Baldwin poteva essere il più grande attore del mondo e io potevo essere De Niro ma rimasi nell’ombra, assalito dal fuoco assassino dei piromani?


01 Jul

baldwin backdraft

No, degli erotomani.

Ora, non so se lo stiate ammirando nella serie Too Old to Die Young. Secondo me, serie vicinissima al capolavoro assoluto. Sto parlando di William Baldwin, ovviamente, detto Billy.

Copia-incollando direttamente da Wikipedia, leggiamo tutti assieme appassionatamente quanto segue:

«Figlio di Carol Newcomb e Alexander Rae Baldwin Jr., è fratello dei noti attori AlecDaniel e Stephen Baldwin, conosciuti come i fratelli Baldwin. Si laurea in scienze politiche alla Binghamton University, dove ha fatto parte del team di wrestling. Considerato il più bello tra i suoi fratelli, ha iniziato a lavorare come modello, apparendo anche in alcune pubblicità. Dopo aver frequentato corsi di teatro, debutta sul grande schermo nel 1989 in Linea mortale e Fuoco assassino, venendo considerato un sex symbol anche grazie alle prestazioni ad alto contenuto erotico nei film Sliver con Sharon Stone e Facile preda con Cindy Crawford, benché ambedue i film non abbiano riscosso un particolare successo al botteghino».

Innanzitutto, essendo io il più grande intenditore di Cinema, oserei dire, del mio palazzo, intervengo di errata corrige.

Wikipedia infatti ha sbagliato. A scrivere questa sorta di prefazione riguardo la carriera del Baldwin, eh già, sarà stato un ragazzino di sedici anni nel doposcuola.

Perché ha scritto delle inesattezze, oserei dire, madornali.

Linea mortale e Fuoco assassino sono del ‘91.

Baldwin, invero, debuttò con una piccola parte in Nato il quattro luglio.

Detto ciò, dal 1991 a oggi, sono trascorsi 28 anni e, se la matematica non è un’opinione, Linea mortale e Fuoco assassino rimangono i suoi film migliori come attore.

Ho detto tutto.

Non che siano dei capolavori, tutt’altro. Ma in quest’annus suo mirabilis il Billy esplose come le case del film di Ron Howard.

Si spense però da solo, senza necessitare dei pompieri. Sapete perché si arse vivo? Poiché, accalorandosi troppo di calore, esal(t)ato come il tricticlorato, si montò la testa e forse anche Sharon Stone e Cindy Crawford e, da allora, (s)pompato al massimo, si sputtanò del tutto.

Segnali di questo suo pervertimento si ravvisarono già nel 1993.

Anno nel quale fu protagonista di Sliver. E torniamo a Sharon Stone, una che l’anno prima divampò nell’olimpo delle stelle di Hollywood, incendiando Michael Douglas in Basic Instinct.

Per anni, molte malelingue mi paragonarono al personaggio interpretato, appunto, da Baldwin in Sliver.

Sì, in effetti ammetto che era un periodo in cui mi piaceva farmi i cazzi degli altri. Essendo molto depresso, era però sostanzialmente la gente che mi spiava e sospettava di me.

Ah, non dovete fidarvi di molta gente. È guardona, adocchia di malocchio e pensa che tu sia un maniaco quando invece stai solo con le mani in mano.

In questo film, c’è Polly Walker. Per anni io divenni suo fan sfegatato. Ne ero innamorato, sfiancato, spappolato.

Guardatela in Roma e 8 donne e ½. Capirete perché quelle della mia età mi facevano ribrezzo. Non potevano competere con una milf così. Qui parliamo di un donnone che… ho detto tutto.

Ero gerontofilo o un uomo incastrato, dunque castrato, in un corpo da nerd?

Le maldicenze su di me si moltiplicarono, fui perfino scambiato per James Woods di Videodrome.

Quello che posso dirvi, col senno di poi, è che ero soltanto a pecora, emotivamente parlando. Nessuno comunque riusciva davvero a inchiappettarmi.

Baldwin, invece, è rimasto tale e quale, spiccicato a prima, cioè un attore e forse un uomo di merda nonostante un po’ di panza in più. Auto-fottutosi.

È veramente devastato in Too Old to Die Young. E non vi dico altro per non spoilerare.

Billy è stato inoltre con Jennifer Grey, quella di Dirty Dancing.

Ho detto tutto.

Be’, sì, se non fossi rimasto tra le fiamme della mia malinconia per molto tempo, oggi sarei davvero il De Niro italiano.

Ma va detto che conservo ancora un fascino da Donald Rimgale.

Insomma, ragazzi, se gente cattiva vi ha bruciato ogni speranza, non diventate hater.

Non fatemi la fine di Donald Sutherland…

Ne ho visti tanti… di ragazzi bruciati.

Non è da una bruciatura che si vede una (ri)cotta, figlioli.

Se è andata male con Jennifer Jason Leigh, fidatevi… andrà bene con un’altra?

No, non andrà per niente.

Eh sì, eh.

Capace che poi incontrate la Sacerdotessa della Morte, Yaritza.

Un consiglio dunque a ogni coniglio: non sognate le conigliette, non avete la giusta faccia da culo… di Baldwin?

No, la mia.william baldwin wikipedia donald sutherland fuoco assassino

BACKDRAFT, Robert De Niro, 1991

BACKDRAFT, Robert De Niro, 1991

 

 

di Stefano Falotico

 

 

TOO OLD TO DIE YOUNG: la realtà non è mai come la immaginiamo, come la sognammo, perfino come la disprezziamo


29 Jun

Yaritza

Ero pervertito, no partito assai prevenuto, come si suol dire, riguardo questa serie di Amazon Prime firmata da Nicolas Winding Refn. Pensavo che si trattasse della solita narcisistica, pretenziosa, autoreferenziale castroneria spacciata per qualcosa di arty in tipico stile Refn.

Regista da alcuni osannato, venerato, elevato in auge. Da altri sinceramente snobbato. Refn è un megalomane nella tradizione dei cineasti più folli e autoriali di cui il Cinema, sin dai suoi albori, è tuttora stracolmo.

Mi mancano alcuni suoi film e onestamente, come già scrissi, ho le mie riserve addirittura su quello che da molti viene considerato il suo intoccabile capolavoro, ovvero Drive.

Che, al di là della strepitosa track Nightcall, di alcune fiammeggianti riprese notturne, malgrado la recitazione piacevolmente catatonica, in stato di trance lisergico, di un impenetrabile e carismatico Ryan Gosling, difetta assai nel finale, essendo a conti fatti una scialba, oserei dire patetica imitazione di Takeshi Kitano in salsa danese-statunitense.

Detto ciò, Too Old to Die Young è una serie magnifica. La sto vedendo, rivedendo, vivisezionando. A prescindere dal secondo episodio, lunghissimo, soporifero e insostenibile, dal quarto episodio in poi ingrana finalmente la quinta, azzecca il giusto, calibrato livello fra adrenalinico intrattenimento e artistico godimento. Assecondato in ciò dall’ipnotica musica di Cliff Martinez, sorretto dalla performance d’un Miles Teller in stato di grazia (in)espressiva, illuminato dall’innocenza angelicamente conturbante di Nell Tiger Free, dalla briosa follia d’un William Baldwin ambiguo e forse incestuosamente onanista (guardatelo qui per non credere ai vostri occhi), dalla venustà soda, capricciosa, maligna di Cristina Rodlo nei panni della stupenda, diabolica Yaritza, dalla presenza ieratica e oserei dire quasi pauperistica di un tosto, immarcescibile, profetico loser, John Hawkes, il cui personaggio è un diseredato a metà strada tra un semaforo ove fermarsi per elemosinare, sì, è un semaforo man, e il tipo/topo affascinante poiché maledettamente barbone con la barbetta incolta e le rughe marcatissime, il viso incancrenito nella perenne ansia oscillante fra il nevrotico vitalistico e il nichilista fottutamente menefreghista, un uomo arcigno, spigoloso e acidissimo con la faccia imbattibile di un equivoco viscido.

Una serie nerissima spaccata sensualmente dai semi-cammei della bomba Jena Malone, figa liscissima. Una che nei film da lei interpretati raramente si spoglia ma a cui basta un movimento inaspettato dei suoi occhi iridescenti per irraggiarci di beltà scostumata, emanando sex appeal a pelle, fottendo in maniera subliminale, forse inguinale, ogni uomo che indubbiamente non può resisterle, illuminandolo da maliarda fatalona di sobrio, elegante eppur devastante erotismo accent(u)ato da un po’ di caldo, provocante rimmel per indurre tutti gli eterosessuali non solo all’indurimento erettivo, bensì soprattutto e sopra e sotto all’intorpidimento toutcourt per i maschi intimamente noir ed eternamente affascinati dalle femme fatale bastarde con le gambe lunghe in tailleur attizzante.

Una donna vera e chi dirà che, vedendola, rimane col braccino corto… è un Pinocchio che fa finta di non amare i suoi occhi, la sua gnocca da notti ove giocarle di grossa oca.

Sì, con lei il gomito da tennista si sviluppa più di quello di John McEnroe e, se non hai i soldi, lei ti lascia a secco. Spompatissimo. Comunque, per ricarburare basta un po’ di benzina e una normale pompa…

Non ci crede nessuno che non vorreste giacere con lei sin all’alba e dopo gli ululati fare i galli, eh già, il naso vi si allunga e anche qualcos’altro.

Comunque, William Baldwin, se già in Sliver fu l’incarnazione del riccone cazzone iper-voyeurista, qui ascende a idolo assoluto prima della sua dipartita grazie alla sua confessione orgogliosa da uomo traviato e debosciato mai visto. Roba che Kurt Russell e De Niro/Ombra di Fuoco assassino l’avrebbero bruciato vivo.

Baldwin, lo scorso mese, è uscito pure con Backdraft 2. Film che, nonostante l’apparizione di Donald Sutherland, hanno visto solo i suoi fratelli.

Kurt Russell e De Niro, appunto, hanno disertato non solo la suddetta boiata pazzesca, bensì la incendieranno perché rovinerà la reputazione del capostipite. Che, comunque, non era poi chissà che.

Chiariamoci, un buon film di Ron Howard, non certo da mettere al rogo ma neppure paragonabile a Inferno di cristallo.

E torniamo a Sliver, film ove le dinamitarde, esplosive gambe chilometriche di Sharon Stone sono quasi più alte del grattacielo ove Baldwin viene arso nell’anima in maniera atrocemente pirotecnica.

In Sliver vi è anche Polly Walker, la donna dal culo più bello della storia. Tornito, modellato delicatamente in forme geometriche oserei dire simmetriche, anzi, perpendicolari a qualcosa che dentro di lei morbidamente e duramente si appaierebbe volentieri in maniera orizzontale o forse verticale. Spingendo in maniera bestiale. Badate a cos(c)e importanti.

Come no?

Una che a quei tempi era capace di uccidere un uomo senza accoltellarlo, appunto, come Sharon Stone di Basi Instinct ma usando soltanto il tritaghiaccio del suo fondoschiena tagliente.

Guardate 8 donne e ½ e poi morirete…

Insomma, a tredici anni pensavo che sarei diventato astrofisico nucleare.

Invece ho scoperto che sono un figo abbastanza atomico. Romantico a cazzo mio.

Il problema è che molte donne non vedono questo.

Per forza, non vedono una minchia.

Sono talmente frustrate che leggono L’insostenibile leggerezza dell’essere. Che poi…

Secondo voi, Antonello Venditti ha mai letto Milan Kundera?

Macché, Antonello sta sotto il cupolone della magica Roma.

Cosa volete che ne sappia pure dell’Inter.

E, tra una Ferilli e una Leoffreddi, è tutta una grande bellezza… tra fusilli e penne puttanesche.

Insomma, Venditti cantò…

quando pensi che sia finita è proprio allora che comincia la salita.

Invece, io sono come Matthew McConaughey di True Detective, un pessimista cosmico a cui fa schifo pure Giacomo Leopardi:

quando pensi che sia finita, sai qual è la verità? È finita davvero?

No, ma è una vita di merda. Oggi va, domani no.

Un giorno morirò e risorgerò.

Sì, se credessi a dio e alla religione cristiana, miei falsi, poveri cristi.

O no?

Notate infine questa finissima, raffinata miniatura ove la ypsilon, ipsilon, la i greca in maniera isoscele si accorda a mo’ triangolare con qualcosa che spara nel grilletto di dolce mitragliare. O no?

yaritzafalotico

 

di Stefano Falotico

 

Elogio della follia, siamo troppo vecchi per morire giovani!


25 Jun

erasmo lentigginoso miles teller

Uomini, diciamoci la verità!

Allora, state guardando o no la serie di Nicolas Winding Refn, Too Old to Die Young?

Macché! Voi bevete sempre il mojito in queste triviali movide.

Ebbene, pischelli, se Erasmo da Rotterdam scrisse L’elogio della follia, io dico che vi sarà sempre uno dell’Erasmus, forse Bill Mumy di un famoso film con James Stewart, che a Brigitte Bardot preferirà una mora di Bordeaux. E Bill Murray poteva sposarsi con Scarlett Johansson di Lost in Translation ma le disse solo qualcosa nell’orecchio, miei ricchioni, con estrema signorilità. Sparendo nel traffico della sua melanconia da volpone.

Ah ah!

Sì, Miles Teller in questa serie è un gigante. L’episodio 5 si apre con un’altra scena sconvolgente. Un ragazzo timido in minigonna, dalla sessualità discutibile o forse non ancora del tutto svelatasi, infatti costui si dichiara vergine, timido eppur svergognato, dichiara a un pornografo maniaco sessuale che vuole essere violentato “in diretta”.

E il pornografo, dopo averlo psicanalizzato, ordina a omaccioni con giubbotti da Village People di stuprarlo.

Agghiacciante.

Quindi, Martin/Miles s’intrufola nel sottobosco di questi uomini sporcaccioni ove forse, di cammeo invisibile, vi è anche Manuel Ferrara con qualche bagascia di Brazzers, oppure Marc Dorcel.

E qui ci starebbe una famosa battuta del mitico Paolo Villaggio.

La conoscete, no?

Credo, se non vado errato, come si suol dire, che al Festival di Sanremo del 1972, Paolo Villaggio disse al direttore d’orchestra Franck Pourcel:

– Sa, Frank, se fosse nato a Bologna, cosa le avrebbero detto? Che lei è il più grande pursel’ della città!

Cosicché, Miles si fa amici questi motherfucker viscidissimi, poi il produttore pornografico gli chiede se vuole girare una scena a luci rosse senza neppure la biancheria degli Intimissimi.

Miles pare che ci stia. Non oppone molta resistenza, lascivo, abbandona la sala da biliardo con le palline e, assieme a una stangona coi boccoloni e al pervertito producer cazzone, entra a passo felpato, di soppiatto, nella cameretta ove vengono filmati gli accoppiamenti dei bestioni.

Al che, il produttore è tutto eccitato, in quanto voyeurista irrecuperabile, la stangona già scombussolata poiché pregusta di accoppiarsi con Miles il palestrato ma Miles spiazza tutti e ammazza sia lui che lei in modo inaspettato.

Grande!

Sì, un folle mai visto questo Miles. Uno che sa cosa vuole dalla vita. Nell’episodio 1, ad esempio, una bella patatona gli dice che vorrebbe farselo subito e lui, dinanzi a quest’offerta a cui pochi uomini avrebbero detto no, appunto dice NO.

Lei, sconvolta, ci rimane malissimo. Non le era mai successo di essere rifiutata in questo modo. D’altronde è una bellissima donna, sebbene drogata marcia.

Miles però, senza battere ciglio, malgrado lei continui a insistere, la saluta e, sottovoce, la manda a farsi fottere in maniera spinta. Senza risparmiarsi in sottili prese per il culo.

Tanto che gli fotte? Sta con una diciassettenne che s’è fatto quando lei ne aveva 16.

E suo padre, un grandissimo William Baldwin, il messia liberale par excellence, anziché denunciarlo, gli fa pure i complimenti.

Come dirgli… ah, non so che fare con mia figlia. È matta, mezza schizofrenica, per fortuna sei arrivato tu a sbloccarla.

 

Sì, ragazzi perduti nelle vostre ipocondrie, non fatevi fottere il cervello da gente neo-romantica falsissima come Tiziano Ferro. Uno che, cazzo, lo guardi e ti sembra un tuo coetaneo, quindi apre bocca, cantando come un maiale scannato, e la sua voce pare quella di un vecchio di novant’anni col vinello.

Per non parlare di Ligabue. Leccaculo delle donne da competizione.

Uno di Correggio a cui io offro sempre e solo le mie scoregge. Un troione da bettole.

Ed evviva Laura Betti!

Tutto ciò, ragazzi, mi ricorda le parole sagge di quella buon’anima di mio nonno:

– Nonno, ma quell’uomo è disoccupato, non fa un cazzo da mattina a sera, sta sempre assieme alle donne mentre gli altri della sua età sono medici, avvocati e si fanno il mazzo, provando a educare i figli e a mantenere moralmente saldo il loro matrimonio.

Quell’uomo è una merda.

– No, affatto. Mi pare giusto che gli altri si fottano la vita dietro onori e gloria e lui invece se ne fotta.

È un uomo vero, non un ipocrita del cazzo.

– Nonno, ma che dici?

– Stefano, è così. Gli altri sono dei coglioni. Quell’uomo va elevato in santità. Va beatificato. Sì, sì, sì.

Anzi, sai che faccio adesso, nipote? Vado dal parroco del paese e gli chiedo se domenica può dedicare a quest’uomo una predica.

Se la merita.

 

 

di Stefano Falotico

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