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Chloé Zhao, è nata una grande regista – NOMADLAND: un film che mi ha scioccato, immensamente doloroso e al contempo soave, il grande Cinema distruggerà ogni tempesta pandemica, ogni turbinio traumatico


20 Jan
Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Prefazione acrimoniosa verso i lockdown morbosi

Ho assegnato quattro stellette su 5 a Nomadland. Ma mi sono mantenuto cauto. In attesa di dargliene sei. Ah ah.

Film magnifico, uno dei pochi, veri capolavori da me visti recentemente. Anche perché il 2020 è stato funestato da qualcosa di terribile che c’ha schienato, schiantato, lasciandoci tumefatti e disossati, spellati nell’animo e infreddoliti.

Giunse infatti dal cielo, forse dal laboratorio di qualche cinese scienziato pazzo, un virus influenzale assai sottovalutato. Dicesi, fantozzianamente, no, dicasi Covid-19.

Morbo virale che contagia anche di depressione abissale, svuotandoci dentro e imprigionandoci in quarantene uguali agli arresti domiciliari. Opprimendoci in casa ad allietare la melanconia, si fa per dire, più che altro ad allentare la noia esistenziale, imbrigliandoci nell’oramai fievole speranza che qualcosa cambi. Quando si suol dire, ah, c’auguriamo che a ciel sereno un fulmine ci miracoli e folgori… chi sbagliò a non chiudere la Lombardia e tutti i fronti. Poche frottole. A frotte siamo segregati. Sudiamo freddo di fronte rugosa, sdrammatizzando a mo’ di Non ci resta che piangere, ambientato nell’immaginaria Frittole.

Nel frattempo, rannicchiati e ibernati nelle nostre case, patendo un freddo polare da eschimesi negli iglù, altri bocconi amari mandiamo giù e la vita non va up. Però, lecchiamo un dolce tiramisù.

Molte donne, sull’orlo dell’assideramento, azionano il riscaldamento… del marito e “aspirano” calorosamente qualcosa di più duro d’un ghiacciolo fortemente “resiliente” d’un mondo intirizzito, oserei dire stizzito, insomma incazzato.

I ristoratori stanno morendo di fame poiché non hanno più i soldi per comprare il cibo da dare ai figli, non quello dai loro cuochi cucinato alla gente oramai ridotta come una pera cotta. Sì, scioperano al contrario. Cioè fanno i cremini, no, i crumiri e si ribellano non al padrone, bensì allo Stato che ha tolto il lavoro anche ai mega-direttori galattici coi super attici.

Al che, mentre io sono impossibilitato a incontrare la mia lei poiché abita fuori regione e non siamo ufficialmente conviventi, canto l’intramontabile Clandestino di Manu Chao ma ugualmente patisco dei momenti di frustrazione incredibile. E, con enorme “decoro” da John Travolta di Pulp Fiction, vado di là e… avete capito.

Anche perché la mia lei è più bella di Uma Thurman e dunque, uomini, come potete biasimarmi? Quando ho terminato di darmi da fare, leggo un fumetto nell’attesa che Bruce Willis mi ammazzi. Forse, Bruce Venture, pornoattore che non vale un cavolo…

Comunque sia, sono Die Hard. Anzi, Willis di 58 minuti per morire. Fuori si gela, c’è il Coronavirus e, qui a Bologna, sembra inoltre di stare in Fog di Carpenter. Raggomitolati nelle nostre trappole di cristallo…

Accoccolati e accovacciati nel tepore delle nostre nostalgie mai sopite.

La nebbia agli irti colli (bolognesi da Cesare Cremonini?) piovigginando sale…

Ah, vita mia salita, ancora salata. Addolcita, rabbonita, riassestata dopo tanti tormenti e spiacevoli, burrascose tormente. Dopo mille afflizioni, è ora giunta per me la definitiva resurrezione, la beltà dell’infinita, immacolata illuminazione.

Cosicché, fra un’amarezza zuccherata con della Nutella in mancanza del cioccolato della mia bella, fra un gelato all’amarena e un’emotiva, glaciale marea, mangio pure un cornetto, sperando che lei, lontana, non mi renda cornuto. Spingo quindi di streaming e mi pappo Nomadland.

Mica un polpettone. Comunque, i polpettoni di mia madre, fidatevi, sono più buoni de Il paziente inglese.

Kristin Scott Thomas di questo film perse contro Frances McDormand di Fargo.

E fu premiata da Nicolas Cage di Arizona Junior. Grande Frances! Da non confondere con Coppola Francis… Ford, zio di Nicholas Kim Coppola…nomadland poster

NOMADLAND, a proposito di Quarto potere e Mank, è questo il film che vincerà tutti gli Oscar possibili e immaginabili!

Questo film mi ha distrutto, sì, Nomadland.

Da tempo, forse dai tempi di Cuore selvaggio, no, di Una storia vera di David Lynch, non piangevo alla fine d’un film.

Durante la giornata, invece, piango sempre come Bob Wells di tale capolavoro inaudito di Chloé Zhao.

Sì, il mio dolore è immane. Sognai di essere Nicolas Cage ma, mi spiace per lui, la mia bella è più bella della sua ex Patricia Arquette. Eh eh.

Sì, possiedo una fortissima ironia cinica da fratelli Coen. Uno dei due sta con Frances. L’altro con chi sta? Con nessuna? Però scrive e dirige i film col fratello. Che gli vuole bene.

Sì, Ethan Coen è come il fratello di Christopher Nolan. Uno incassa, cioè quest’ultimo, l’altro si fa il culo ma non si fa nemmeno la McDormand.

Ora, Frances è bruttina. Anche se, ai tempi di Fargo, l’avrei riscaldata dalla sua neve. Ammantandola di delicate carezze, amandola anche in modo turbinoso e nevoso, no, nervoso, focoso. Donna deliziosa, donna che sa rendere un uomo qualcosa di emozionante come Nomadland, film davvero eccezionale. Poche palle… di Natale.

Film intimista, film neo-realista, pubblicato dalla Rizzoli, no, con una locandina da Adelphi e musica di Ludovico Einaudi. Un film meraviglioso.

Che ve lo dico a fare?

Date questo terzo Oscar alla McDormand.

Anche se Vanessa Kirby di Pieces of a Woman non scherza.

Sì, la Kirby è mille volte più bona di Frances. Ma Frances è l’attrice par excellence.

Donna che lavorò con Bob De Niro in City by the Sea, film nel quale interpretò l’amante di Robert. Il quale stava per perdere suo figlio.

In Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Frances perde chi? L’avete visto? Me, invece, mi vedeste. Ove di vista mi perdeste?

In Nomadland, è vedova.

Perde anche il lavoro di Amazon ma è grintosa e volitiva come un’amazzone.

Recita una poesia da pelle d’oca a un ragazzo rimasto solo e ascolta, commossa, il racconto di Bob Wells.

Ma che bello. Bob Wells qui interpreta un “guru” che non avendo potuto salvare suo figlio dal suicidio, cerca di resistere, aiutando gli altri. Riunendoli attorno a sé con dei camper frastagliati in mezzo alla nudità di deserti punteggiati da roveti e da selvatiche piante simili ad erbe delle Pampas.

Le riprese non sono da peggior Terrence Malick di To the Wonder, cioè da National Geographic, il film non incede in inquadrature fighe e paesaggistiche su leccata, ruffiana musica cool e finto-grezza dei Pearl Jam come nell’estetizzante Into the Wild, qui viaggiamo veramente su altri livelli molto fini, poco grunge, imbattibili.

Alcuni reputarono Kurt Cobain un genio. Moderiamoci subito. Mozart non lo vide neppure. Per forza, morì prima. Ah ah.

Metafisica celestiale, lacrimosa immensità allo stato “brado” più alto.

Mi sono commosso. Capolavoro!

Signore e signori, dopo Jane Campion, abbiamo trovato finalmente un’altra grande regista donna, cioè Chloé Zhao.

Roba da annientare Shinya Tsukamoto, uomo sopravvalutato, e Banana Yoshimoto, scrittrice stupenda, con atmosfere che non vedono neanche cagate come Tetsuo, c… zi affini e Amrita.

Ah ah.

Ma quale Parasite, parassiti. Film furbissimo più di una volpe imprendibile. Cioè il sottoscritto, ah ah.

Diciamocela, Frances McDormand è la più grande attrice vivente. Mi fanno ridere quelli che osannano Margot Robbie. Quelli che ancora ci tediano con Meryl Streep. Quelli che strepitano per Kate Winslet. Anche se, a proposito della Campion, Holy Smoke docet…

Tornando a Chloé Zhao. Ha soltanto 38 anni. Amatela, custoditela, appoggiatela. Siamo dinanzi forse a tutto ciò che Kurosawa immaginò di essere ma non possedette mai il cuore di questa donna straordinaria. Smettiamola anche con Yasujirō Ozu.

Ma quale Ozu. Ma quale Zizou, cioè Zidane. Ehi, Zhao, mica Zorro.

McDormand di Nomadland, da non confondere con Promised Land. Se non vi piace, amate vostra moglie. È brutta e non è due volte premio Oscar. Quasi tre… quasi record. Credo inoltre che Einaudi sia più bravo al piano di David Strathairn in questo film straordinario.

E che scena è quella in cui Fern va a trovare il personaggio interpretato da Strathairn perché ne è segretamente innamorata? Mamma mia, che classe, che pudore, che candore!

Scende le scale e, di nascosto, lo osserva suonare. Ma non riesce a dimenticare suo marito e, malgrado fuori si geli, nonostante abbia bisogno di essere abbracciata e avvolta dal calore di un uomo, lascia stare…

Poi, prima della fine, piange ancora con estremo decoro e pudicizia. Ma s’incammina nel vuoto così come il grande Bob De Niro del cortometraggio Ellis. Sparendo nel suo furgone.

Mentre lentamente, cullati da Einaudi, piangiamo anche noi spettatori. Nomadland, un film gigantesco.

Ripeto, il racconto di Bob Wells è da pelle d’oca. Sa che suo figlio non tornerà più ma sa anche che, un giorno, lo incontrerà per strada.

Perché la vita è un sogno, un incubo, una tragedia, è piacere e sofferenza. Dai, stavolta vinciamo anche noi, italiani. Perché la colonna sonora di Ludovico Einaudi, ribadisco, è immensa!

E Nomadland è uno dei più grandi film della storia del Cinema! Date il terzo Oscar a FRANCES! Grande attrice, grande donna. Come la Zhao!

di Stefano Falotico

 

 

Siamo tutti Joker, chi più chi meno, siamo un jolly, forse domani di nuovo polli, non male Polly


26 Apr
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Ma quant’è bel, sembra Mabel, non è un giochino della Mattel, non è affatto matto, indovina chi è

Non voglio sentire ragioni. Questa canzone spinge. La cantante è bellina, anzi è Mabel e con lei giocherei di alte maree come Mont Saint-Michel. Come in To the Wonder, un amore malickiano, puro, romanticissimo…

Michelle, ma belle, sont des mots qui vont très bien ensemble…

Come cantava Paul McCartney, il più bello dei Beatles. John Lennon era la mente, Yoko Ono invece fornicava, no, forniva la materia prima…

Don’t Call Me Up, sì, è una gran canzone.

Come le migliori canzoni, appunto, del gruppo musicale di Liverpool più famoso della storia.

Che, fra l’altro, sono tre e basta. Quella succitata, Yesterday e la terza la prendi te, visto che piace più a te che a me. Sì, per te va bene, io pretendo qualcosa di meglio.

Noi tutti di questa generazione aspettiamo Joker con Phoenix.

C’è pure da chiedersi perché?

Questo Phoenix è proprio un attore monstre.

Lunga vita e grande Cinema a tutti.

 

di Stefano Falotico

“To the Wonder”, nuovo Trailer


18 Mar

Datevi al Wonder di Terrence Malick, metafisici dimenticherete il vostro fisico anche se la Kurylenko è una gran figa e, fra le “alghe”, è la mia Olga, sì, le po(r)go nella marea di…

Mont Saint-Michel(in), il “pneumatico” alza e “sommerso” dell’uccell’

Dopo molta depressione, compresi che la compressa era solo una “spremuta” per non “premerle addosso”, così riemersi e “lo” misi

Prefazione per le “azioni”

 

Fight Club, rivoluzione scatenata di scalpi anche “nobili” ai nubili e agli scapoli, e alle scapole delle s-palle messe a mollo e “ammogliate” al mio “molo”, banchina serena contro…

… il branco nel sedere sedatissimo! Adoro il mare e non le merde!

Non arretro un istante dinanzi all’ostinazione dei fascisti. Oh, fasciano e sfasciarono, ammutolirono e vollero ammainare. Invece, ordino una pizza marinara e varie “pizze” a mozzarella del condimento a tali dementi “alla romana” con le rumene, che corron a tutta birra, nascondendosi ché impauriti dalla mia “capricciosa”. Sì, io rumino e son gramigna. Vuoi estirparmi ma cresco con più folta “foschia” ove pascoli le tue nebbie

Che sia una società di stronzi “galleggianti” che sbatton in galera chi non è escremento… si sa, dunque, se la salsa è lo sfottò contro il saltimbanco che “imbalsamarono”, io saltai “balsamico”, “al basilico” esaltato della zizzania, sui banchi delle scuolette dalle regoline rigide, e ammansisco le “scolarità” di quest’ilari che tante arie si dan(na)no. Anali e ingordi, soffron della goliardia più perniciosa a cui spruzzo il pesticida su ogni altro “bianco” omicidio. “Fumata nera” del mio aspettare la proclamazione del mio Papa, irriverentissimo nell’“intonacarli”, scardinando i codici vetusti di chi scardinò i gradini del mio “Altare”. Ah, la Patria e Mussolini, d’affinità “elettiva” molto “encomiabile” a Hitler, il progenitore di tutte le teorie che inneggiarono per il “movimento”… “ardente” della razza “superiore”, e bruciaron vive tante anime. Coi denti! Sì, condiamoli! “Cotoniamoli”.

L’ovatta è “ometto” ai tuoi elmetti. Chi volevi omettere? Mettiamo la tua testa a posto!
Comando io, sono Schwarzenegger di Commando! Implacabile come Ben Richards, mio “caro” richie. Io t’arriccio e ti “striscio”. Altro che le tue camicie “da quadro”. T’accerchio e patirai i cerchi alla testa. Tu non credi più a nulla, neanche a quelli di grano come in Signs.
Sgrani gli occhi e lanci “granate”. Io ti segno, io ti marchio, io ti rado al suolo. Tabula rasa contro l’appiattimento dei tuoi “caldi” piatti! Ti sparecchio, ti sparo e t’assordo nelle orecchie. Ecco il “tampone” al timpano!
Ecco le “campane”.

Da animali saran puniti dalla Bestia. La Bestia vive di Notte e “vegeta” sulle streghe con le scarpe tutte rotte, è dirompente e ti rompe il musino, a cui “affibbio” appunto, e non cicatrizzerai con punti di sutura (so che “sudi freddo”), la fibra mia di tutta libbra. Non valgo una “Lira?”. Sì, infatti son lirico, ho sempre privilegiato la poesia agli avamposti e la trincea a chi trancia. Dunque, due più due fa quattro, e io ti spezzo in cinque. Potrei anche esagerare, moltiplicando il “fuoco” all’ennesima potenza ché, “elevata”, come la tua “nobildonna”, domino, fregandomene dei tuoi monopoli.

Sono un “pollo?”. Sì, mi rosolo da apollineo, e ti appiopperò il mio “cappero” in te che m’hai “stufato”. Affarista “afoso”, arido che non affabuli, con la fabbrichetta “regolatrice” dei pian(t)i.
Tu e le tue “linee”, t’allineo io! Ecco chi va contro le “mode” e a modo suo è smodato al tuo “galateo”, mio “galantuomo”… al galà, al tuo Jerry Calà canterino, al tuo gagà. Al tuo “gelato”, preferisco il “pistacchio” che pastrocchia, accecando i tuoi “occhietti”.
Ai mielosi, il “caramello” dello sbudellarli! Il carro armato ai tuoi “bombardamenti” da damerini.
Alla dama, gli scacchi. Ti scaccolo “matto”.

Vuoi mettermi i paletti? Recintarmi? Ecco il paletto. D’avorio e di tutto mio livore, proprio conficcato nel tuo Cuore, “eretto in san(t)ità” per noi, vampiri e licantropi, ancestrali e “celestiali”.
Mi reco dalla tua ragazza, non vale un cazzo:

ciao, a parte gli scherzi, m’osservo allo specchio. Sono di viso carino e di “visiera” sportiva ma le tue gambe già spezzano il sogno di baciarti con fluidità. Corporea… “accorpami”. Ne estrarrei il mio oro e non piangerei notti amare, diluendo il lubrificante in carburanti “a scoppio”. Ma cosa ne sortirebbe? Il “mio” di malasorte.  Mia Venere di Milo, non farmi la fine di Sandra. Da felliniana a rifatta. Si sa, quando s’incunea, allegro e birbantone, dentro lo scivoloso triangolo dell’amore, da te esposto, esibito di libido “depilata”, otterrei “torreggiante” una Donna non terragna di chiatta ma a inchiappettarmi nella “dieta” ai miei testosteroni. Come Schwarzenegger uso l’anabolizzante, in quanto Governatore della mia testa con un solo muscolo da pompare, il cervello. Se pompassi “atleticamente”,  in te “gonfiata” d’amplesso, saresti sicura che non scoppierei? A piangere? Sì, sempre di liquido si va a parare quando “lo fai” o quando non me la dai. Mi “liquidi”. Pretendi il quid pro quo, cioè il maschio per gli “scambi(smi)”.  Dai dai, sono un folle che cavalca con spirito “ignobile”, non essendo un milite ignoto e di notti spesso tragicomiche. I miei amici contattano il manicomio ché a tutte le “pantere” vorrei “sfilar” i guanti, per carezze di mano “fredda” a surriscaldare il mio palmo di naso, sempre agghiacciato da un rimaner all’asciutto con tanto di pastasciutta, cioè gli spaghetti dell’americano a Roma, Sordi e perfino “mutilato” con una sola forchetta e non il forno di prelibatezze “attorciglianti”, dicesi conchiglia del ripiegare al primo, (da) solo, e mai procedere a “spezzettar” la carne con le patate fumose di focoso “speck” affumicante.
Al fulmicotone, invece, continuo a fulminarvi di ogni Donna. La Donna, coi suoi tacchi direttamente proporzionali, quando alti, ad alzarmi… l’umore, amo le bassotte cagnoline, le pienotte da cannolo, le mezze misure quando “eccedo” di troppa durezza non livellata alla media della “norma”. Sono eccelso, t’accendo, basta con le domestiche tranquillità d’incensi… “e gloria”. Ficcati il mio “glorioso”. I normali, no dico, soffermiamoci. Non fermare questi calori. “Odora” nella sinuosa tua rosa. Normale è un impiegato che spende la vita a guardare film “romantici” in cerca delle pratiche di divorzio. In pratica, è diviso già a metà, e non lo “spartisce”. “Va messo” bianco su bianco, in caso di eteri della stessa razza ipocriti col manifesto di Campbell Naomi, sul nero se omosessuale, sulla giapponesina nel “caz’” se  preferisce e “alliscia” le letture di Mishima per il
missile Tsukamoto.

In poche parole. Quando t’ho vista, ho avuto voglia di correre. Basta col “Corriere”. Sì, tu maratoneta, in bicicletta su pants a provocare quelli con la panz’, minigonna  fotomodella in casa sulle pos(at)e dei “pattini” per attizzare il ragionierino in pattine che vuol “posartelo”.
Come posso dirti che, dopo ciò, uno Sputnik è partito d’embolo ai miei vasi dilatatori?
Vuoi sputarmi?
“Fallo”.
E lecca con garbo.

Firmato, l’Uomo che incula

Non aspetti altro.
Morale: l’umanità è morta dentro, vai a morire ammazzato!
Altrimenti, da me, riceverai mazzate!

Ecco il “mazzolino”.

A parte le “porcate”, Donna apri il “boccaporto”, sono il tuo Ben “pene” Affleck nei tramonti “rosso” di sera

Amo Malick Terrence ma ho una mia teoria su costui, cineasta che non discuto ma che (non) fotte.

I suoi film sono “impalpabili”, immagini bellissime quasi “cartoline di Venezia” innamorata fra canali e barchette. Sono eleganti, non ci sono teppisti con le borchie né le “borse”… sotto gli occhi.

I suoi attori, da Richard Gere in primis, sono dei figoni per store ai confini della realtà.
Rabbie giovanili, a metà fra la pazzia e lo spupazzarle, ma Malick è un depresso cronico.

Sfatiamo molti falsi miti sulla depressione, oh mia “Dea”.

Per anni ne patii, soffrendo come un cane, fra l’altro mi bastonavano. Poi, urlai “Basta(rdi)!” ma m’azzannarono da lupi. Così, mi rifugiai concavo nella spelonca, tutto spelacchiato e dal pelo poco rizzo.

Ma rizzai in piedi, sì, sono un feticista delle caviglie muliebri. Appena una Donna “bascula”, “crollo”.

Svengo e le son “veniale”. Se “trascina” il piedino per solo 30 secondi “netti”, tutto tutto “viene” senza bisogno neanche di toccarmi.

Più metafisico di così, non (ci) piove. Che “piovra”. Duro come il piombo. “Volante” come gli aerei a Piombino.
Sognando di piombarle addosso a mo’ di un razzo nella sua “Luna”. Ah, che calotta, ti chiami Carlotta?
Ti darò… calore in quella “zona”, non lamentarti del buco dell’ozono.

– Stefano, stai in forma, ma ti avverto. Allarmati. Avrai una ricaduta.
– Ah, per forza. E che sono Ercole? Anche Ercole, dopo 50 sui cui culi “affondò”, s’ammosciò.
Non puoi resistere per sempre… “a lungo”.
C’è anche la pausa “caffè”. Per ora, premi sul “Red”. Registrami nel tuo formato “archivio” di chiavetta.
– Non sei cambiato. Sempre il solito marpioncino.
– Sì, posso toglierti il maglioncino? Preparami i “maccheroncini”.
– Toglimi le mani, schifezza!
– Evviva Lavazza, più lo mandi giù e più ti tira su!
– Sei un porco vizioso!
– Viziami dai. Sevizia. Fammi da zia!
– Zotico!
– Ne ho piene degli antibiotici. Ora voglio, “erba voglio”, la “canna” della tua “bioetica”.
Devo imboccarti. Fatti rimboccare le coperte. Scopriti. Scopami.
– Ma io ti distruggo, cazzo.
– Hai capito. Distruggilo!

Sì, il Cinema di Malick è un surrogato.

Occupiamoci, da “disoccupati”, di cose serie.
Insomma, le cosce son “deserte” per colpa di troppi lavoratori in miniera che non posson “badarle” ma sbadilano. Non darmi del bidone, ho risorse impensabili. Infatti, mi trovi nella città perduta. E tu, deperito, non fare il tecnico. Ho dell’edilizia da “mattone” su ancor più matti e mattarello in testa alle tue matrone da poltroncine, da “piastrellare” sulle mattonelle, in quanto, se pisci fuori dal vaso, io ti cago da pipistrello. Nessuno mi caga? Allora, andassero a cagare!

Come procede, dottore, il nostro, speriamo non impervio, ma focosamente spericolato, avventurarci in Poe Edgar Allan. Non è che incontreremo un alano nella grotta in prossimità della Rue Morgue? No, la strada è irta per il successo, che è il participio passato di “succedere”, quindi, se succederà saremo non dei cessi da Sanremo.
Perché odiamo i “Salirò” e di saliva non saliamo. Non assaliteci, vassalli. Forza, “monchi”, il vascello ci salverà. Salpiamo per nuovi lidi, basta con questi “idoli”. Idolatri, Iddio vi bruci, noi ardiamo di Passione, ma Cristo non è povero, mai. Velli d’oro, svelti, vi divelleremo. Credete in qualcosa o no? Ah no? Allora, annacquateli nel fiume, questo è il Comandamento numero undici:

“Se non credi, crepi, travolto dall’apnea”.

Se non mi credi, sei già morto.

Ricordate: come vi affogo io, neppure le fighe che “innaffiate” con foga.

Ah ah. Sono una forza. Sono la forca.

Non sopporto molti bolognesi. Parlano così: “Ha lasccciiiaaato una sciiia”.

Sono uno sciatore, io lascio e, se m’incazzo, t’allaccio pure.

Senza “Sì” di pronuncia “SCI”.

Mollo la presa, sono un cliffhanger. Amo Lee Van Cleef nella Fuga.
Ci “bendiamo” assieme e beviamo.

Evviva la Sicilia, Terra del Sole!

Ove, da dietro le colonne, spunta chi t’incolonna.

Oh, mia Donna, son un po’ stempiato, ma ti sacrific(c)cherò nel Temp(i)o, con tanto di “piano” alla Bontempi.
Che bontà!

Che limonata di agrumi. Ah, si raggruma il sangue! Forza, saraceni, chiudete le saracinesche.
C’è una puttana per cena!

E tu, mentecatto, “accattatela!”.

Finale col “botto!”

In fin dei conti, son sempre stato un maledetto. Mi ricordo che i miei coetanei raccoglievano le “farfalline” dal prato mentre io, “stuprato” sul divano, “infilavo” Fuoco cammina con me del Lynch “linciavo” su quel fondoschiena madornale di Sheryl Lee. “Liscio liscio” andava ch’era un Piacere “arrostito”. Ah, quella bionda drogata, da “sottosopra” fra doghe di legno, altro che i “Malavoglia”, una da Verga e basta, senza dolori di Werther.

Una Sheryl così, ti rendereva irruentissimo e bisognoso di “morfina”.

Oggi, di tutte le gnocche son il nocchiere. E, se qualcuno mi critica, invidioso della mia “potenza”, gli spacco le nocche in quanto son “premuroso di coccole”.

Mi chiamano il “Cioccolato fondente”. Sì, fra poco si celebra la Pasqua e le uova fan brodo di galline.
Ah, ne avete di zampe. Io le scarto e “ovulo” senza lasciar “macchia” fra le lenzuola.

Sono l’“Ascensione” in Maddalena perché v’insegno una regola: se non “lo” alleni, poi si allenta la “tensione”. E finirete con le “cere” in processi(one).

Sì, la mia candela è “fiammante”. Sono il “fenomeno” in mezzo alle mutande.

Lo so, Lei lo sa, lo sanno tutte e le “benedisco”. Con tanto di “abluzione”.

Miei deficienti da polluzioni notturne, datemi una Sheryl e non m’accontenterò.
Voglio anche Sharon Stone dei bei tempi, quando lì in mezzo era bollente, accavallante per il “cavallo”.

Ora, non avalliamo alibi, ce l’ho solare come il Sole a Mezzogiorno, risorgimentale come dalla Mezzanotte in poi.

La mia proprietà intellettuale è indelebile, e non la cancelli coi tuoi sorrisi “al bianchetto”, meglio una “Notte in bianco” dei bianchi col colletto e bavosi, i ludri son luridi, io son arido a costoro, ai quali riderò in faccia, sputando anche “in-vis(t)o” a Cristo!

Il dialogo medio dell’italiano “alto” è questo.
Immaginate quattro scamorze incravattate al ristorantino “Spumantello del manto d’orzo”:

– Hai visto che figa?
– Dio mio. Da schianto, da urlo. Ululo. Mio Gesù, ce l’ho già duro. (S)vengo, ordinando polpette.
– Che poppe. Da “brindare”.
– Sì, un brindisino “portafortuna” ai nostri “gioielli”.
– Com’è ingioiellata. Sarebbe tutta da “disgelare”. Chi azzarda la prima mossa?
– Io. Si “scioglierà” subito. Le presento il conto, da “Conte” a raccontarle frottole per la sua “frittella”, grazie alla mia carta di credito. Me la cremo tutta! Di “canini”.
– Sì, al sapore “mascarpone”.
– Affonda il Savoiardo!

Ecco, tale schifezza è la società, non solo italiana. In Italia, son sinceri. In America, si nascondono dietro il “trollare” ma “rullano” più droghe per le troie.

Nello spazio “Commenti” delle attrici “adulte”, leggiamo robe come “I want fuck you, my darling, so badly!”. Poi, come lavoro, sono i messi di Barack Obama.

Sì, il bed and “breakfast” su “furious”. Sezione Vin Diesel, cosce e motori “lussuosi”.
Ove il lust fa rima con “pasto”.

Di mio, sono un impiastro, preferirò sempre Quei bravi ragazzi al “pentirmi”.
E Joe Pesci al “pesce”. Le donne te “lo” friggon in padella. Prima vogliono la Cadillac, poi pure la lacca e l’“H” di quando “entri” e “spingi” sull’acceleratore, fra preliminari, orali e i soliti “rituali”.
Giochi d’attrazione a cui “ripiego” nel “dispiegarmelo”. Dicesi fottute seghe che mi fanno una pippa.

Una mi “riverisce”: – Uno come te becca a boccali di birra.

Risposta secca, di labbra secche: – Becco solo un lavoro da becchino. Ai morti dentro, preferisco il cimitero. Almeno, vicino ai loculi, puoi leggere un buon libro senza farti distrarre dai cul(aton)i.

– Ah, figurati. Sei molto interessante, invece.
– Sì, ascolto Bruce Springsteen. Infatti, sono come De Niro, un Boss sotto stress.
Ah ah, come “uomo” non interesso mai. Prima o poi crollerò. Sono un poeta e romanziere, forse la mia atipicità piace a livello intellettuale ma non a livello “fisico”. La mia mente è troppo grande per i miei trenta centimetri.
Che credi? La sofferenza delle “astinenze”, prima o poi, induce alla metafisica. Come già avvenne da anni in cui non “venni”. Mi sveno per una “mission”, la Letteratura e il Cinema.
Sono Mendoza nel Jeremy Irons. Un gesuita bello ma, alla cui vista, le donne, chissà perché, urlano “Oh Signore, per carità!”.

Quindi, oltre a non beccare, non “pecco”.

– Ma se non pecchi, finirai “spaccato”.
– Sì, amo le spaccate delle arti “marziali”.
Dovresti averlo notato?
– Cosa?
– A forza di “aprirmi” troppo, non apro la cerniera.
– Te la apro io. Stai calmo…
– No, guarda ma non toccare. Tocca ma non gustare. Sono Al Pacino…
– Il Diavolo
?
– No, alla diavola. Cotto allo spiedo.

Stamane, ricevo un’ammonizione, ma com’è possibile? Sono io a usare il “cartellino rosso”

Avvertenze per l’uso, dunque avvertimento, Falotico. Varie ragazze son state tempestate da messaggi troppo carini. Viviamo nel 2013, non nell’Ottocento. Quindi, o manda lettere come “Voglio fotterti”, oppure la elimineremo dal sito perché questo è l’andazzo. Che a lei piaccia o meno. Non giochi al pagliaccio se non vuole finir ghiacciato.
Sia meno romantico e più fig(li)o di puttana. Le ragazze amano il lesso non il lessico. Col lesso, che le mantiene, posson pensare al cesso da pulire senza sbattersi troppo. Son delle fesse ma non giri attorno alle fessure, fessacchiotto! Le ragazze esigono l’orsacchiotto per i ciucciotti, non le labbra raffinate. Affili il “tiro”.

Come “la vedi?

Lo vedo.

Cosa? Il “visone”. Non posso “comprarle” però la “pelliccia”.

 

Raramente, un trailer viene allestito dal regista in persona. Ma il regista è Terrence Malick, factotum anche della promozione alle sue pellicole.

 

Molto discusso all’ultimo Festival di Venezia, ecco le nuove immagini della Magnolia Pictures di To the Wonder.

 

Molti critici, forse frettolosamente, l’hanno stroncato, pensando erroneamente, a mio avviso, che non si possa girare solo un film “cartolina”.

 

Che ci vuole una trama, un “traliccio” dei personaggi e che, per quanto la fotografia sia magnifica, non si può basare la Bellezza solo sulle sensazioni visive.

 

Perché no?

Questo metro di giudizio chi l’ha stabilito?

 

Da malickiano puro, affermo il contrario e lo sosterrò, sempre, a spada tratta.

 

 

“To the Wonder”, il Trailer ufficiale


05 Jan

 

Magnifica perla incompresa.

Immaginazione, impressioni sonanti, eruzioni “assonnate” e percezione “isolata” della detonazione urlante


18 Sep

 

Un Principe non morirà mai, né ieri né (nel) domani… L’ignorante s’inteporisce in un cantuccio di “calducci”, e fenomenologie da baraccone, da “baracchine” e da baraccopoli si districan (s)fumando in un gemito doloroso, costernato di “meteorologie” dell’anima che si raschia nelle intimità patite, nel color soffuso di variegate schegge ove la stella, offuscata, si spegne nel “patibolar” (rim)piangersi e latrar per “abbindolare” un altro po’ l’asma che, un Tempo recondito fa, si sfamava, amò e negli ansimi si “deturpava” d’una Bellezza anche melanconicissima di “cristalli liquidi” nel tuo plasma “criogenico”, “igienicissimo” e mai sbavato al pudore da equilibrare per non essere disintegrati da una meta solo acrimoniosa e da meteore di lagrima “corrugata” nell’adirato volto “patetico” da buffone di “classe” senz'”arte” dell’erta, artefatta, costruita pantomima ove ogni maschera è celata dietro geli agghiaccianti, e si (s)posa nel “riposo”. Spossati. Così, la vita avvolgendo va, fra ricordi appesi al tracollo e chi decollerà… anche nel “collare” di ghigliottine a reciderti e stremarti col fin, “affinato”, di temprarti per inorgoglirti o solo, invero, “impoltrirti” e impoverirti dentro per adombrarti e “adorarti” secondo l’idolatria di massa di un tuo “santino” senza imperfezioni… ché difetterà sempre dell’amore e degli affetti, anche “infilato” nel “sacro” sesso d’una promessa da fedi nuziali. Così, ronzando, airone del mio arcobaleno e dei miei aquiloni, falco e rapace, “inetto” e “non adatto”, gabbiano solitario di libertà maestra su lidi e scogli di “scoscese” rive imbrunite e “incarnate” nei tuoi granuli polverosi, Donna desiderata o solo “ariosa” per vanitose “burle”, seduzione inarrivabile di frammenti levigati, ardimentosi e “labili” di sabbia (im)mobile, m’inarco e prostro senza più frecce. Scagliando una pietra, come una roccia (in)felice d’un pacato tramonto, ai sogni che ambii, rifuggendoli per “nascondermi” com’esigo che io non mi (s)trucchi d’apparenze da aperitivi “tranquilli”. Oh, chi scorgo laggiù. Il mio amico dell’infanzia, guarda guarda come è intonato all'”intonnato”. Come corteggia la sua collega e la “squadra” da “feticismo” con lo zuccherino su “galanterie” furbette d'(ig)nobilissima altezzosità da “elegante”. Estro o solo pedestre della solita corsa per l'”aiuola” campestre? Che bel cravattino e che risata “impareggiabile”, come beve “leggero” e come muove la bocca di “delicatezze” sorseggianti il già “prossimo” (m)assaggio. La genetica (s)radicata, la ribellione mai castigata, violentata eppur ancor sono puma indomito. Senza spalline, “spalluccia”, “palle”, e non sgomiterò ma, sgommando, andrò affondando. O solo riaffiorato e da voi, sfioriti, neppure sfiorato. Ancor non “forgiato”, ancora non “adagiato”. Non imputtanito e neanche “(fianc)ancheggiante”. Fin a quando, in una serenità “dolomitica” di montagna “a strapiombo”, non sprofonderò nel vostro sonno. Tragico addio o coraggio? Interruzione o miraggio? Viaggio o “lavaggio?”. Forse, solo i raggi…

Firmato il Genius (Stefano Falotico)

  1. To the Wonder (2012)
  2. Taxi Driver (1976)
  3. Ronin (1998)

“To the Wonder” – Recensione


09 Sep

 

(In)visibili onde em(p)atiche

 

Venezia è il porto della mia anima quando, scoraggiato spesso da un Mondo vigliacco, attracco “ai bordi” d’un Mar Adriatico ch’è “scala mobile” dei miei pensieri, come le acque a sommerger le antiche, adamantine ville nelle sue “lenzuola” meste, modernità “sincronizzata” a un Tempo d’incanti e atavica, splendida nostalgia che balugina nelle sue profondità trasparenti, ove i miei neri occhi si “tuffan” nei vicoli della memoria, fra vetuste nevrosi dell'”uomo” contemporaneo, avvezzo alla frivolezza per scacciar le noie e raggranellar solo aromi appassiti.

 

Qui, affogo le autodistruttive pulsioni e, nel tramonto sfocato di gondolieri “canterini”, son infuocato nel battito alato dei miei falchi “licantropici” a irradiar il Sole “smorto” delle rigide piogge autunnali, nella neve “rugiadamente” abbagliata da mistiche contemplazioni.

 

Seduto col mio giubbotto, respirandogli polmonare, mentre sfila una ragazza in pantaloncini corti e strizzato seno nel “balconcino”, ne “alliscio” il profumo delle sue gambe nei chilometri delle ruote della sua bicicletta flessuosa a evocar l’orgasmo fruttuoso ché, assieme, ne fruiremo, roteando vicino agli scogli del nostro Eros più “grezzo”.

 

Ma poi, appunto, “annacquo” il “livello” e m’infilo solo in una sala affollata da gente che non merita il mio saluto. Anche qui, “(l)odo” donne snodate, dai culi perentori che saran solo “aculeo” al mio (g)orgoglio virile. Nello “snobismo” più “selettivo” del maschio meno metafisico ma dalla taurina fisicità, ché la proteggerà accalorandola senza indolenzirla con le sue depressioni e la solleciterà, sollevandola d’umor ad “amarla” anche nel “Meteo” della mestruazione, nel solletico “affascinante” d'”arguzie” lessicali spesso “infurbite” dal poter goder tale “alta”, l’ambita “vessillifera” di tacchi a spillo che lambirà, invece, solo il mio dolore troppo recondito per baciarla di “gentilezze” squallidamente carnali.

 

Impiegati, preoccupati dal mut(u)o, ecco che adocchian Malick sbuffando e, dopo circa mezz’ora di proiezione, “elevan” un grido infastidito da una storia “senza tra(u)ma”, pretendendo “spiegazioni” perché “non capiscono”.

Solo una signora, stravaccata nella poltroncina “dietro di me”, ha il coraggio d’esser sincera sino in fondo e allora, quando Ben Affleck, anziché recitare monolohi interiori che poco s’addicono a un “carino” tanto distante dalle filosofie immaginative (e in immagini liquide) di Malick, scioglie tutte le sue illanguidite iridi in un più ben più “materico” amplesso, sfoderando addominali piatti e un bicipe dal tatuaggio “carismatico”, la senti eccome “eruttare” in un “Era ora che ti spogliassi, Cristo! Almeno, noi del gentil sesso godiamo un po’, ché qua non c’è piaciuto neanche Javier Bardem in veste talare, poco consona alla sua sciupafemmine robustezza, non c’ha attizzato così conciato pateticamente e fuori ruolo in abiti da ieratico prete triste e perplesso, insoddisfatto della sua vocazione” (tanto che, quando verso il finale, proprio il grande Bardem accetta la sua “missione” e si prodiga, senza più dubbi, nella cura degli anziani e dei bisognosi, la stessa “signora”, “in linea” con la sua “spiccata spiritualità religiosa”, “sbrocca” in un “Oh Dio, oh Signore e Madonna Santissima, di Male in peggio, ora sembra lo spot dell’otto per mille alla Chiesa cattolica, ma vai in mona(co) davvero, espressione molto di moda, appunto, fra le vecchiette della zona).

 

Si tira sempre in ballo il “National Geographic” quando si vuol ironizzare su una fotografia all’apparenza troppo “di cartolina”, ma Malick crea la prima opera senza alcun dialogo, se non nell’onirica (messa in) scena in cui la nostra italianissima Romina Mondello incita la sua amica “melanconica”, e noi spettatori, a fluttuare nel Mondo, come zingari, come streghe, come vampiri, come “mostri“. A viverci rendendoci visibili… altrimenti passerà in un lampo…

 

Malick, oramai, non ha più bisogno di “esternare”, e decanta aforisticamente dentro (“sventrandoci” da ogni orpello e agghindata falsità) l’anima dell’amore.

 

Nel suo Grazie alla Bellezza. E dei pochi che ossequiano e, a loro viverla/lo, questa pellicola e il Mondo, ne applaudono l’unicità.

 

Poi, esco sconsolato, mentre fuori “dardeggia” una Notte di Luna meditabonda.

E, mentre il motor “impazzito” del mio “abitacolo” mentale, è diluito nell’asfalto morbido, mi sento “spaesato” come Bardem, d’allucinazioni di coscienza in una società barbarica travestita nella “vivacità” più superficiale.

 

E sono io a non capire, tentennando di “farneticazioni” violentissime, come se un ignorante si fosse alzato dal suo “comodo” seggiolino e avesse scheggiato, con “frantumanti” pugni disgustosi, lo schermo, le emozioni e lo sguardo di Terrence. Credendosi per altro intelligente col suo umorismo “satirico” e acido.

 

E tutto ciò, quando poi mi vien mente che quasi tutta la sala ha “inveito” di fischi e “Buhhh!” ridanciani, mi rattrista ma, all'”unisono” trascendente ed “enigmatico”, son Bardo-amatamente felice di me, a passo leggiadro fra chi, osceno, distrugge le armonie.

E ne annerisce o annerirà ancora le luci. Nel frastuono del loro madornale buio.

 

Chi ha stroncato questo film, è giusto che si meriti una vita da “pizzaiolo” che vorrebbe “piazzarsi”.

 

(Stefano Falotico)

 

 

 

 

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