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Alla gente da Zampaglione, preferisco Keanu Reeves, bello e dannato, proprio un gran guaglione


06 May

john wick 3

Sì, in John Wick 2 c’è Claudia Gerini.

Claudia tradì Federico Zampaglione con un vero Tiromancino sotto banco. Lo famo strano…

Sì, questa non la sapete. Non c’è neanche negli extra del Blu-ray delle deleted scenes e dei contenuti speciali.

Ecco, la storia è questa. Claudia arrivò sul set, vide Keanu e comprese che il profumo del mosto selvatico di suo marito non poteva competere con questo marcantonio bisex che fu protagonista de I ragazzi del fiume.

Sì, suo marito combatte questo sistema deprimente con le sue canzoni che istigano al suicidio.

Canzoni da pompe funebri. Sì, ah, mettono un’allegria che neanche le musiche delle bande di paese che accompagnano il morto durante i funerali.

Sì, basta, davvero. Sono delle lagne mortali. Adatte a gente che si piange, appunto, sempre addosso.

Melodrammatica, pietistica. Gente che cerca sempre compassione e legge Niccolò Ammaniti.

Invece io, parimenti a De Niro e col mio Neo in stile Keanu Reeves, con tanto di faccia cadaverica da Dracula di Bram Stoker, sono ben consapevole che il mondo sia un enorme Matrix ma non si lotta, nascondendosi nei piagnistei.

Bisogna sfoderare la grinta da puro Johhny Utah.

Per essere persone libere nell’anima non bisogna mai credere alle tristezze dello Zampaglione.

Liberi? Una moscezza tremenda. Diciamocelo, una monnezza.

Be’, che vi devo dire, amici?

Ho un cervello pazzesco, roba che Johnny Mnemonic si caga nelle mutande.

Molte cose non sono andate bene nella mia vita. Mi arrabbiai e fu tutta una Reazione a catena.

Spesso ho pensato di farla finita ma, a proposito di libertà, a questo punto sempre meglio la ruspante Liberi Liberi di Vasco Rossi.

Eh già, sono ancora qua!

Devo forse ringraziare L’avvocato del diavolo.

Dio mi ha regalato un Gift. Sì, un dono enorme. Il genio. So che siete invidiosi…

Ah, Parenti, amici e tanti guai.

No, a differenza di John Wick, non sono il babau. Ma quale Boogeyman.

E ho smesso di abbaiare.

Adesso, voglio solo abbacinare. Se uccidete il mio “cane”, so’ cazzi vostri, però, eh. Perché come Keanu sono un solitario lupo. Molto cupo. Ah, che attrice, Ida Lupino. Miei volpini.

Ah ah.

Comunque, cari friends, buona vita a tutti. Sono più basso di Reeves ma il carisma dell’uomo cazzuto c’è tutto. C’è anche il cazzone… però…

di Stefano Falotico

Essere uno scrittore significa essere un tennista, essere un regista, uno sceneggiatore o un attore significa giocare a football


09 Mar

rourke wrestler

Sì, so che è una metafora sportiva alquanto banale. Ma è anche veritiera.

Scrivere è bello, piacevole. Può iniziare, come inizia d’altronde per tutti, per una sorta di memoriale diaristico in cui si scrive per far chiarezza dentro sé stessi, cercando di arrivare a verità profonde del proprio animo. Nel tentativo di esternarle al prossimo e cercare di entrare in empatia col vissuto altrui, per condividere delle esperienze emotive, cerebrali, intellettive, metafisiche o persino carnali che possano trovare, nella specularità del confronto con l’eventuale lettore, una qualche ragione di esistere, oppure semplicemente la propria strada. Nel reciproco scambio. Ah, si può anche inciampare. Cazzo, dite al sindaco che qui ci sono delle buche.

Non vorrei apparire retorico nell’affermare quanto ora dirò, e infatti tale apparirò.

Ma chi scrive, a prescindere dal risultato, lo fa, al di là anche dei possibili introiti derivati dalle vendite, per puro piacere personale. Sebbene io attribuisca un significato particolarmente specifico, in tal caso, alla parola piacere.

Si tratta infatti di un piacere, sì, emozionale, viscerale se non filtrato soltanto, appunto, da logiche affaristiche e da furbe strategie promozionali, eppure anche di un piacere che provoca molto dolore.

Perché scrivere, soprattutto con onestà morale, non abdicando ai mendaci ricatti del possibile guadagno, obbliga a trivellarci il cuore, a denudarci, a spiare le profondità arcane, misteriose, perfino imperscrutabili a noi stessi, prima di allora mai avvenute, dei nostri meandrici spazi bui.

Misticamente ancora inesplorati. Ci costringe, insomma, a rivelarci. E non è quasi mai una rivelazione studiata e programmatica. Bensì un’auto-rivelazione stupefacente, a costo pure di essere, appunto, dolorosa, addirittura, oserei dire, esiziale per il nostro cuore. Ché, così facendo, divelliamo, scarnifichiamo, pugnaliamo per sputare il sangue della nostra passione per l’arte ma soprattutto per la vita.

Ma, a lungo andare, per quanto stratificato, complesso, periglioso e minuzioso questo nostro pur lodevole lavoro di scavo possa risultare catartico, diventa stancante, in una parola frustrante.

Come dice il grande Bob De Niro/Capone ne Gli intoccabili:

Guarda, lancia, acchiappa, corre ma è solo parte di una squadra. Battono per sé stessi tutti i grandi campioni che applaudiamo allo stadio. Ma, se la loro squadra non funziona, che cosa sono? Mi seguite? Nessuno! C’è un bel sole, le tribune sono piene di gente. E lui che cosa può dire? Vado là fuori e gioco per nessuno? Mah… Non arriverò a niente se la mia squadra poi non vince!

Be’, a dire il vero, Bob lo dice per un preciso scopo. Per dare poi una micidiale mazzata “in capa” a un suo scagnozzo traditore.

Ma il discorso comunque regge a un livello anche, diciamo, più umano e artistico, toutcourt.

Be’, amici, e se non mi siete amici non me ne sbatte un cazzo, siete allora solo degli stronzi, in questi anni ho scritto davvero tanto. Ma davvero tanto.

Ed è stato bellissimo passare molte serate in compagnia del mio valentissimo correttore di bozze. In un affiatamento produttivo estasiante e fortemente creativo. A controllare e ricontrollare parola per parola tutti i singoli testi. A impaginarli, a mettere, come si suol dire, apposto le virgole e i puntini.

Sì, cazzo, anche i puntini di sospensione. In un testo, fatto come dio comanda, devono essere tre e poi bisogna cliccare INVIO per “restringerli”, altrimenti la battitura diventa esteticamente brutta, editorialmente impresentabile.

Cioè, vi faccio un esempio: … vs

UNDERSTAND?

Ma il lavoro dello scrittore è spesso autoreferenziale anche quando in cuor suo non vorrebbe esserlo.

È come, appunto, giocare a tennis. Uno può essere bravissimo, anzi, il più bravo di tutti.

Ma vincerà solo per sé stesso.

Quando si lavora nel Cinema, be’, parafrasando molto alla larga Samuel L. Jackson di Pulp Fiction:

forse il tuo metodo di massaggio è diverso dal mio, ma sai, toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport…

Ecco, scrivere è come farsi una sega e giocar con le proprie palle. Che poi siano anche balle, cioè cose romanzate e frutto di fantasia, è un altro paio di maniche. Anche di mance se chi acquista, ah ah, ti dà un extra di buona manica. Oh, ci mancherebbe. Me la devi dare, donna. E, se non me la dai, sarà una delusione tremenda. Ah ah.

Scusate, i tennisti non sono dei segaioli?

Ecco, fare il regista presuppone discutere scena per scena con lo sceneggiatore, col direttore della fotografia, con gli attori. Eccetera…

Per un fottuto, grandioso gioco di squadra.

Come dice Al Pacino di Ogni maledetta domenica:

io non posso obbligarvi a lottare. Dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che, quando sarà il momento, voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, signori miei.

Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente.

 

Al momento, amici, sto lavorando a un progetto cinematografico di squadra.

Spero che tutto possa andare per il meglio.

Altrimenti, come voi, teste di cazzo, chiederò il reddito di cittadinanza e passerò le giornate a farmi le seghe.

Ma non sono il tipo. Non lo sono mai stato.

Be’, arrivi a un certo punto e capisci che devi inseguire sia te stesso che gli altri. Non sono il tipo che si accontenta di fare una vita grigia e aspetta il sabato sera per sciacquarsi l’uccello nel bidet dopo una scopatella con una che sta più a pecora di te. Oppure, ancora peggio, fare l’avvocato oppure il chirurgo, no, torni a casa esausto, col giramento di coglioni e metti su i Tiromancino.

Piccoli miracoli?

Che cosa? Senti, Zabaione, zampognaro, maionese, Zabaglione, bello guaglione, Zampaglione e dei miei stivali coglione.

I buonismi consolatori andranno bene per le massaie. Io ancora non sto messo così.

No, non sono un wrestler. Anche perché, se lo fossi, tradirei quanto appena scritto sopra, perciò, anzi, la mia vita sarà questa. Ah, però!

A proposito, chi dice che da Nebraska in poi Bruce Springsteen abbia fatto solo robetta, ah ah, andasse a prenderselo nel culo.

E io non voglio essere al posto suo quando lo prenderà.

 

di Stefano Falotico

Avete mai pensato che il Cinema di Nanni Moretti è uguale alle canzoni dei Tiromancino? Stessa atmosphere fra il nauseabondo e lo speranzoso tristarello


15 Apr

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Lo so, certi giorni mi piglia male e divento abatantuonesco, inveendo su qualcuno.

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Oggi è il turno di Moretti, qualcosa non mi ha mai convinto di tal ecce bombo.

Meglio, forse, la guasconeria ribalda e spensierata del grande Bombolo, homo non sapiens eppure ridens.

john_rambo_splash01097403Un Cinema, quello di Nanni, che gira attorno a drammi esistenziali sf(i)oranti il patetico, da brioche con cappuccino amaro e una sachertorte per risollevar gli umori altalenanti, un Cinema lento che si (sof)ferma, da pause e menopausa, senza la virilità di Sylvester Stallone. Clicca sul Bombolone, dai, è più dolce!

Un Cinema (a)politico, ambidestro, senza gancio sinistro ma da Tiromancino.

Io sto pensando questo, mi lincerete, lo so. Il Cinema di Nanni Moretti è tristemente melodrammatico come le canzoni dei Tiromancino. Non so perché, canta ZampaGUAGLIONE e mi ricorda il Nanno!

 

di Stefano Falotico

 

 

Zampaglione e le sue immagini che (non) lasciano il segno, una merda di cantante


25 Apr

Cosa penso di “Immagini che lasciano il segno” dei Tiromancino? Ad ascoltarla, non è male, poi vedi Zampaglione e sinceramente emerge l’evidenza, uno che non merita di essere famoso. Sganciata da lui, la canzone non è male, discreta, anche se al solito scopiazzante Battisti. Ma poi capisci che è l’auto celebrazione di uno che ha avuto del culo spropositato nella vita, compreso quello della Gerini, la quale comunque rimane un’attricetta antipatica e stronza. Questo commento l’ho messo nel canale ufficiale dei Tiro. Se Zampaglione volesse denunciarmi, dovrà vedersela con l’avvocato della mia anima, ché dice sempre la verità.

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