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Che bello, nonostante tutto, l’involontario franchise su Hannibal Lecter


25 Feb

red dragon norton

Sì, Red Dragon non è un grande film anche se in alcuni momenti lo è. Ma sono momenti sparuti in mezzo a circa due ore ove, più che spaventati, ci sentiamo spauriti da tanta sciatteria e facile commerciabilità.

Detto ciò, Red Dragon di Brett Ratner, come da me già sottolineato, non rappresenta il coronamento e il completamento di una trilogia incentrata sull’assai inquietante eppur irresistibilmente affascinante figura antropofaga dello psichiatra killer Hannibal Lecter. È una sorta di reboot sui generis e allo stesso tempo un mediocre remake dilatato e molto più cinematograficamente ed emotivamente piatto di Manhunter.

È un prequel dunque, altresì, de Il silenzio degli innocenti ove però, malgrado alcuni trucchi per ringiovanire Anthony Hopkins, Hopkins appare svogliato e stanco. In cui l’altro Anthony, cioè Heald, nella sua parte storica dello stronzissimo Dr. Frederick Chilton, prima ovviamente di essere cannibalizzato e assassinato, trucidato fuori scena da Lecter del sequel, per l’appunto, The Silence of the Lambis, appare sformato e anche lui bolso. Anzi, pare pure ritardato e tutta la sua smagliante, bastarda forma del precedente, dunque succedente (se preferite successivo, era per fare la rima baciata, eh eh) personaggio combaciante al suo stesso, da lui dapprima incarnato e poi scarnificato, ah ah, character, si perde in espressioni da semi-handicappato. Forse solo da attore quasi mai dal Cinema di serie A cagato e dunque ritornato nella Hollywood importante poiché solamente di cachet ben pagato.

Harvey Keitel rimpiazzò Scott Glenn nella parte di Jack Crawford. Ed è poco credibile poiché, se in Cop Land fu assolutamente pertinente la sua recitazione con accento newyorchese di Brooklyn, in quanto natio e quindi originario esattamente di quei luoghi, risulta invece stonato nei panni del super agente speciale dell’FBI.

La colpa fu di Dino De Laurentiis, detentore dei romanzi di Thomas Harris alla base di questa anomala trilogia semi-quadrilogia. A quei tempi, cioè pochi anni prima di morire, il grande Dino s’affezionò a Keitel, ficcandolo dappertutto. Lo inserì anche, di altro mostruoso miscasting, in U-571, sempre da lui prodotto.

Edward Norton, per quanto sia un attore potenzialmente molto più talentuoso ed espressivo di William Petersen, non regge il confronto col Will Graham, per l’appunto, di William.

In molte scene è magnetico. In tante altre sembra solo un viziato studentello di Yale col ciuffo platinato per piacere a qualche bombastica di Playboy.

Ralph Fiennes, di cui poi vi parlerò meglio, più che Lupo Mannaro/Dente di fata, sembra Johnny Depp/William Blake di Dead Man.

Cioè una Songs of Innocence senza Experience (capita la citazione?), ovvero Spider di Cronenberg con degli occhi da pesce lesso che ha appena assunto trecento gocce di Valium che però vorrebbe fare il macho da Grande Fratello con tanto di tatuaggio da burino, ex buon’anima di Pietro Taricone.

Philip Seymour Hoffman si vede pochissimo e devono avergli dato milioni di dollari per farsi crescere la panza più di quella che ebbe, facendo qui peraltro un cazzo. Anzi, denudandosi a torso nudo.

Ebbe ragione allora il cieco Al Pacino di Scent of a Woman a smutandarlo, no, a sbugiardarlo.

Bisogna essere proprio ciechi per fingere di terrorizzarsi così come invece fa lui, recitando malissimo, dinanzi a un Ralph Fiennes ignudo che non farebbe paura manco a mia nonna paterna coi mutandoni.

Sì, dirimpetto a questo Ralph, ci voleva la Sora Lella di Bianco, rosso e verdone. A dirgli ma che gnoccolone che sei. Ma che te credi che so’ così decrepita che me la faccio sotto?

E, a proposito di cecità, Emily Watson interpreta la parte di una cieca.

Lo è anche nella vita reale? No. Ma dovrebbe esserlo. È un’ottima attrice ma non deve guardarsi molto allo specchio. È veramente brutta forte.

Solo nella finzione, Daniel Day-Lewis si tolse/rese The Boxer per lei.

Ah ah.

Tutti i personaggi di Ralph Fiennes che, purtroppo, un adolescente medio è costretto a interpretare poiché glieli appioppano

Ma partiamo con Richard Gere. Per molto tempo le donne desiderarono appiopparselo ma lui non le vide proprio.

Di mio, posso affermare di aver vissuto una vita appagante. Poiché credo di non essere mai nato. Quindi, non me la sono mai davvero goduta. Meglio così. Avrei avuto troppe responsabilità se fossi stato identificato come un figo.

Già così come sono messo, faccio fatica a entrare in un locale affollato di grandi fighe. Sento i loro sguardi addosso. A volte sono di derisione, altre volte per niente.

Se fossi Richard Gere, andrei sempre in bagno. Per farmele? No, per farmela sotto. Cazzo, come fa un uomo solo a soddisfare l’intero genere femminile?

Non gliela popò, no, po’ fa’, infatti.

Sì, la vita di Richard Gere dev’essere stata una merda.

Io, al massimo, ebbi degli attimi durati a loro volta istanti infinitesimali nei quali m’angosciai, godendo. E viceversa.

Sì, ricevetti a mio danno molte diagnosi sbagliate. La patologia di cui evidentemente soffro è depressione bipolare con trascorsi, tutt’ora non sempre superati, di atimia e anedonia.

Ora, per essere un po’ goliardici, posso dire che l’atimia, erroneamente confusa con timidezza, è quell’atteggiamento che ti porta a non esternare le tue emozioni.

E che di conseguenza scatena l’anedonia appaiabile all’apatia. Anche all’abulia.

Cioè, puoi essere Richard Gere di Pretty Woman e incroci Julia Roberts che esibisce delle bellissime gambe inguainate da topa al top da spot Calzedonia, di cui fu, non so se sia ancora testimonial.

Di primo acchito, istintivamente, vorresti corteggiarla in maniera signorile eppure virile ma comunque da marpione come Gere di American Gigolo. Non importa se non hai il suo stile.

Ma sei affetto pure da disistima nei confronti di te stesso e non le sei affettuoso come vorresti. Sinceramente, come la vuoi in maniera impeccabile e al contempo peccaminosa.

Insomma, sogni sempre una vita in prima linea, da premier in pectore e da premiere in pompa magna ma rimani un ghiro alla Gere da L’incredibile vita di Norman.

Cioè, sostanzialmente uno che s’arrangia come può, alla bell’è meglio. Fra imbranataggini, effimeri sogni di gloria, un amico che ti fa la morale come Steve Buscemi e, semmai, pure una figlia che ti rivolge la parola solo trenta secondi prima dei titoli di coda del film Gli invisibili.

Ah, bella roba. Se a ciò aggiungiamo il fatto che non vuoi neppure avere figli ma, a differenza di Mr. Jones, neanche una sexy psichiatra come Lena Olin può salvarti e in bocca salivarti poiché non rinunci al tuo lato oscuro da The Jackal, conservando un fascino bestiale pur stando rinchiuso nella tua prigione, spesso non solo emotiva, mi dareste un motivo valido perché mai non dovrei sentirmi un invalido?

Sì, sono troppo intelligente per soccombere e darmi al suicidio. D’altronde, conosco molte persone che vanno matte per un film dolciastro e mielosamente strappalacrime, dunque insopportabile, come… Come un uragano.

Sì, esistono. Parlo degli uomini. Sognarono per anni la Diane Lane di Unfaithful, cioè una milf da pellicole softcore di Adrian Lyne ma non soltanto non incontrarono una Lolita ma adesso si sono ridotti a cantare, al plenilunio, con Joe Cocker di 9 settimane e ½. Denudando i loro pudori fottuti.

Ma sono uomini da pediluvio, dai. Nelle loro anime è un diluvio!

Sì, sono diventati come Mickey Rourke… di oggi. Semi-barboni che, per sanare i loro istinti lupeschi da volponi animaleschi e porcelleschi, si danno al Cinema più cazzuto di Joe Dante, eccitandosi da cinofili, no, da cinefili esaltati dinanzi alle scene da zoofilia, quasi da incazzosi e permalosi pensionati alla bocciofila più sporca, de L’ululato.

Lo dico da una vita. Molti uomini, da giovanissimi, furono puri come il Mowgai. Quando alcune donne li inzupparono nei loro bagnetti dopo la mezzanotte, la loro purezza andò a farsi friggere. E divennero dei Gremlins. Ma almeno vennero…?

Mah, degli Small Soldiers, diciamocela. Sanno tirare fuori le palle solo quando vivono nelle loto miniature da Benvenuti a Marwen. Degli uomini, più che danteschi e romantici come il sommo poeta Alighieri, sognatori d’un utopistico Ritorno al futuro dei loro conigli da Chi ha incastrato Roger Rabbit.

Insomma, dei castrati.

Ecco allora che, nostalgici e passatisti, rammemorano tutte le volte che da adolescenti furono davvero innamorati. Sebbene, vada detto, fossero stati anche integralmente, (in)consciamente deficienti.

Perlomeno furono, sono e forse sempre saranno dei dementi. Beati lori che non capiscono un cazzo e pensano, ahinoi, di essere invece degli dei scesi in terra.

Sì, sono talmente limitati che sanno commentare le foto delle modelle su Instagram con commenti veramente fantasiosi. Cioè… sei una dea.

Non è che vadano molto oltre.

Ma che Zeus vi fulmini! Ah ah. Anzi, come disse Christopher Lloyd di Ritorno al futuro, grande Giove!

Cioè, si credono fighi come Richard Gere ma in verità sono schizofrenici come i tre coprotagonisti di Three Christs. Cristo santo! Lo/i chiamavano Trinità

Che c’entra Ralph Fiennes?

C’entra eccome. Per anni costoro videro e bramarono Juliette Lewis di Cape Fear ma, anziché diventare dei lupi cattivi come Max Cady/De Niro, si diedero a fantasie virtuali come in Strange Days.

Poco erotiche e, a dircela tutta, poco eroiche. Autoerotiche, sì, però.

Pensano ancora di non avere nemmeno un tallone d’Achille di Troy ma se la tirano da Brad Pitt quando invece manco vanno a troie e continuano a tirarsela e basta, cazzo.

Almeno, Lenny Nero/Ralph trascorse veramente dei momenti piuttosto spinti con Juliette. Questi qua invece, anche se li spingi, non si sparano nemmeno. Se ne sparano e basta. Ah ah. Se li spingete però giù dal balcone, potrebbero anche non morire. Ed essere stati offesi e basta. Ah ah.

Sì, sono dei Francis Dolarhyde di Red Dragon. Si considerano diversi ma superiori e perfino ammazzano gli ebrei, metaforicamente i diversi veri e i diversamente abili, poiché pensano di volare alto/i come le aquile reali.

Loro, capisci, si sono evoluti. Sì, con la panza da Fiennes di Schindler’s List.

Un giorno si redimeranno come Magwitch di Grandi speranze?

O peggioreranno ancora di più? Oltre a essere dei mostri nell’anima, saranno demoni, no, deformi anche in viso e maggiormente terrificanti come Lord Voldemort degli ultimi Harry Potter?

Sì, loro sono cresciuti. Sono così cresciuti che praticano bullismo dietro una maschera.

Non è che siano invero le donne a cui Dolarhyde cavò gli occhi? Si mettessero gli occhiali.

Sono mentitori peggio di Pinocchio. Il quale, perlomeno, fu un burattino di legno creato da Collodi.

Sperano di fare all’amore con le belle donne laureatesi con lode ma, in tutta onestà, li vedrei bene in manicomio psichiatrico.

Sì, disprezzano i finocchi, ce l’hanno con tutti. Si accaniscono contro la società.

Se posso dare loro un altro coniglio, no, consiglio… basta che telefonino al centro di salute mentale loro più vicino e troveranno certamente una scema psicologa apprendista che, per fare esperienza, saprà imboccarli con un po’ di zucchero.

Sì, la maggior parte delle psicologhe sono delle frustrate sessuali. Oppure delle paracule. Coglionano i pazienti per prendere più… soldi. Che cazzo avevate capito? Ah, abboccate facilmente, eh?

Qualche volta, però, dal cielo scende uno più bravo a scrivere di Tarantino. Cioè Martin McDonagh di In Bruges – La coscienza dell’assassino. Al che avete ora di fronte un sensitivo come Will Graham unito al genio di Hannibal Lecter.

Non vi vedo benissimo. Voi che dite? Oh, se vi sentite troppo male, per radio passa ancora Eros Ramazzotti con La nostra vita. Sì, la canzone di un altro stronzo. Da quando vinse Sanremo con Terra promessa, pigliò tutti per fessi. Pure quella gran fessa che fu di Michelle Hunziker. Adesso Michelle non è più un’oca, prese tante oche. Avrà capito come cazzo vanno le cosce, no, le cose. No? Oh, tenerezze, vi si vuole bene, eh? Non solo non capirete mai un film di Bergman perché dentro certe cosce, no, cose non vi passaste, secondo me non capite manco che vivete felici perché siete da neuro.

Ci siete arrivati ora, finalmente?

Il più grande film di Cronenberg non è La mosca né A History of Violence, è Scanners. La storia di un diverso. Ma non diverso nel senso di matto o malato di mente o meno(a)mato. Un diverso superiore reso “cieco”. Perché neanche uno strizzacervelli… più cattivo di Michael Ironside riesce più a tenergli testa.

Ora, amici e (a)nemici, devo lasciarvi fuori. Mi sa che sono troppo grande per voi.

Buonanotte, idioti.

Andate tutti a letto e salutatemi le vostre madri. Le conobbi a fondo.

di Stefano Falotico

Non siete Lynch né Scorsese, non siete Stephen King né Thomas Harris, abbassate le creste


29 May

deniro irishman

 

Ancora consigli per giovani scrittori di belle speranze e per inesperti cineasti alle prime armi, abbassate il tiro, pure Scorsese ha ora dei ripensamenti sugli effetti speciali del ringiovanimento in CGI di The Irishman.

Sì, avete letto l’intervista di Scorsese al Guardian?

Scorsese, visto il protrarsi inimmaginabile della post-produzione di The Irishman, ritardo imprevisto e assai spropositato dovuto al massiccio, sesquipedale, faraonico impiego sconsiderato degli effetti speciali deaging di De Niro, Pacino, Pesci e compagnia bella, ha detto che non avrebbe mai, appunto, pensato che il tutto sarebbe risultato così difficile.

Avrebbe potuto semplicemente realizzare un’epopea gangsteristica da C’era una volta in America, forse scegliendo il sottoscritto come “sosia” di De Niro da giovane, eh eh. Anziché affidarsi alla Industrial Light & Magic.

Sì, The Irishman sarà un film epocale e storico sia nel senso di sviluppo narrativo e filologico di un’era oramai appartenente al passato, sia nell’accezione di storico in senso propriamente figurato del termine. Cioè, un film che con tutta probabilità entrerà di diritto, da instant classic fenomenale, nella storia.

Perlomeno, considerando le credenziali di uno come Scorsese, un regista pazzesco, noi tutti amanti della Settima Arte più alta ed eccelsa, vivamente ci auguriamo che questo possa gloriosamente avvenire e che The Irishman, di conseguenza, nel suo avveniristico alternarsi di flashback proustiani, rappresenti immediatamente il futuro a venire del Cinema stesso.

Sino ad ora, il ringiovanimento attoriale è stato limitato a pochissime scene di scarsissimo minutaggio ove l’Anthony Hopkins di turno di Westworld o Michael Douglas di Ant-Man sono apparsi ritoccati e rinverditi dai fasti computeristici delle super moderne tecnologie più futuristiche e avanguardistiche.

A quanto pare, per metà della durata di The Irishman, invece vedremo De Niro e Pacino giovanissimi come ai tempi de Il padrino e del suo sequel.

De Niro che è l’unico interprete nella storia del Cinema, appunto, ad aver vinto l’Oscar, come miglior attore non protagonista, per lo stesso personaggio oscarizzato di Don Vito Corleone interpretato dal suo putativo padre dell’Actor’s Studio, ovvero Marlon Brando.

E Pacino, come sappiamo, di entrambi è stato il loro figlio ereditario Michael.

The Irishman, strepitoso meta-cinema alla massima potenza. Il primo film in assoluto ove De Niro non viene interpretato da giovane, che ne so, da un clone che vagamente gli possa somigliare, come avvenuto per esempio in Red Lights, bensì da lui stesso in carne e ossa digitalizzate.

Scorsese, in questa suddetta intervista, ha ammesso che pensava sarebbe stato più semplice ringiovanire gli attori.

E i primi risultati non l’avevano convinto affatto. Un conto è, appunto, ringiovanire un attore per una scena di pochissimi secondi, come lo stesso De Niro di Joy, ove l’attore semmai non ha nemmeno delle battute e fissa per impercettibili istanti il vuoto con un’espressione catatonica, tutta un’altra storia… invece riuscire a ricreare l’espressività mobile e polimorfica di un attore che prima è incazzato e poi, alla Marlon Brando, improvvisamente parla unicamente, malinconicamente con lo sguardo, stando muto e senza proferire nulla.

Brando l’ha sempre detto. Un grande attore non si vede solo quando recita lunghi monologhi, bensì anche e soprattutto quando, pur stando zitto, riesce a parlare alle anime degli spettatori solamente con un’occhiata.

Brando, Pacino e De Niro sono campioni in questo.

Vale a dire nel saper comunicare enormi emozioni soltanto tintinnando il capo come lo stesso De Niro/Noodles del capolavoro succitato di Sergio Leone.

Una bella gatta da pelare, Martin. Siamo sicuri che riusciremo a vedere The Irishman prima che tu, De Niro, eccetera eccetera, sarete già nella tomba e vi ringiovaniranno solo i cinefili passatistici e nostalgici del Cinema delle memorie perdute?

Invece, cambiando discorso ma rimanendo in tema di storia però attuale…

Voi, belli miei, che continuate a idolatrare le Strade perdute di Lynch e vi sdoppiate come in Mulholland Drive, vivendo segregati in casa come Elephant Man e sognando di accarezzare à la Velluto blu la vostra Isabella Rossellini, ex compagna di Lynch e Scorsese, peraltro, non è che mi diverrete, oltre che frustrati, anche asmatici e pervertiti come Dennis Hopper?

Sì, la dovreste veramente finire di credervi psichiatri indagatori della mente umana come Hannibal Lecter, a proposito di Hopkins, cannibalizzando voi stessi in vampirismi degni di un becero horror di Stephen King.

Sognate di essere i nuovi anfitrioni e i rivoluzionari padri della letteratura più profetica e millenaristica, invece non avete capito né Snowpiercer né perché, con due lauree all’attivo, avete meno soldi del vostro vicino di casa.

Il quale non sa neppure chi siano Scorsese e Lynch ma è più ricco e porco di Ed Harris del film appena menzionato di Bong Joon-ho.

Sapete perché è avvenuto questo? Perché siete i classici tipi che, anziché aiutarsi a vicenda, emarginate il prossimo solo perché, d’ingenuissimo refuso trascurabilissimo, scrive Basilicata al posto di Basilica e avete passato la vostra giovinezza a pontificare sul mondo manco se aveste ottant’anni suonati come il Bergoglio.

Che è un grand’uomo, a prescindere che voi siate cristiani o no, mentre voi siete solo dei moscerini moralistici e più rincoglioniti di un rintronato in stato avanzato di demenza senile.

Sapete come ho fatto io a ringiovanire nel viso ma soprattutto nell’animo?

Ho capito che avevo sbagliato tutto. E che soprattutto voi state continuando a fraintendere la vita coi vostri sogni di gloria con le pezze al culo.

Vi credete dei geni e forse lo siete realmente. Non voglio metterlo in dubbio. Ma non allontanate Viggo Mortensen di Green Book. E non fate neppure come Mortensen di Carlito’s Way. Insomma, non fate i traditori e le merde.

Magnificate C’era una volta in America. Va benissimo. Un film indiscutibilmente magistrale ed emozionante. Però, se a vent’anni avete già dentro i vostri cuori l’amarezza di Leone, a novanta sarete messi a pecora, miei uomini Buffalo Bill da Silence of the Lambs.

Continuate pure a ballare davanti allo specchio come Buffalo, denudandovi per avere due Mi piace in più sui vostri selfie da figoni e fighette. Credendovi sapientoni, bellissimi e intelligentoni.

Sì, ha ragione il grande Joe Pesci di Casinò quando il tizio al bar gli parla di progetti forse non nobilissimi ma che comunque richiedono la necessità impellente ed evidente di farselo tostamente.

E lui, senza badare a sottigliezze e a sofismi da quattro lire, gli risponde: – Sì, ma dove cazzo stanno i soldi?

Un mio amico mi chiede di leggergli un libro e di recensirglielo, un altro vuole che gli realizzi un video d’immagini sue in slideshow, un altro povero cazzone, per dirla sempre alla Pesci, mi costringe quasi con la forza a condividergli tutti i suoi filmati e filmini in cui scoreggia per avere più visualizzazioni.

Ecco, ora basta fare San Francesco e Santo Stefano, il primo martire storico.

In questi anni, ho aiutato gente semi-analfabeta a ritrovare la sua fiducia persa, regalando loro dizionari di sinonimi e contrari. Reggendo il loro gioco, sostenendoli nei loro sogni.

Ma ancora una volta anche questi qua mi hanno voltato le spalle, dicendomi che sono un senza palle.

È davvero uno scandalo che io debba essere continuamente inculato a raffica in questa maniera ruffiana e ipocrita.

Per tutta l’adolescenza ho scarrozzato la gente come Travis Bickle di Taxi Driver, regalando perle ai porci. E mi son pure preso la patente di coglione schizofrenico. Mi pare giunto il momento di smetterla con le assurdità.

Mi hanno pure detto che vivo di riflesso… non credo e comunque sarebbe sempre meglio che vivere come voi, idioti molto fessi.

Urge sterzare bruscamente, cambiare marcia come Sly Stallone di Over the Top.

di Stefano Falotico

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