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Percorsi d’individuazione – JOKER/DRIVE analizza Victorlaszlo88, Federico Frusciante e la società


09 Nov

padre-Loomis-Donald-Pleasence

Che dire? Da una vita la gente ritardata mi dice… erase and rewind.

Ma non ci penso proprio. Sono il feto galleggiante di 2001: Odissea nello spazio e, sinceramente, di tornare fra gli ominidi rachitici sortirebbe una mia regressione masturbatoria come nell’incipit de La pazza storia del mondo di Mel Brooks.

Il mio cosiddetto compiere forzatamente, controvoglia dietrofront, ingenerò soltanto la mia maggiore consapevolezza di essere indubbiamente un uomo superiore e coscienzioso, dunque non adatto a questo mondo spericolato di chiacchiere, di vacche scosciate e di scimmie arrapate, di meme, d’uomini che si mimetizzano e di donne che fanno le immacolate ma sono invero ben lungi dalla verginità consacrata.

Uomini e donne da marmellata, caramellosi, zuccherosi nei loro buonismi dolciastri e dunque falsissimi più di Giuda.

Ma non siamo carnali. Parlo della virginale loro purezza di cervelli oramai corrotti. Annacquati e infangatisi nella putrefazione di massa fecale. Da vomito bestiale.

La donna merda, no media, crede difatti di elevarsi, recitando la parte della santa ma io vi dico che oramai non è affatto sana, è rimasta solo nana.

Sì, le donne di quarant’anni biascicano nenie a tutt’andare. Appena le approcci per discorrere lungamente… di Cinema a tarda notte, si congedano da te, dicendo che il mattino dopo devono alzarsi presto e dunque debbono andare quanto prima a nanna.

Ma scopri che, dopo aver messo i figli a letto, coscienti che il marito non è rincasato perché sta pagando una raccattata sui viali che i loro stipendi sta incassando, si consola dall’inculata d’una vita matrimoniale andata a puttane, chattando con un ragazzo innocente per provocarlo a tamburo battente.

Da cui il termine battona o forse solo matrona.

Sì, sono sempre stanche. Più che altro sono acide e accidiose. Sono talmente stanche che, non sapendo che minchia fare da mattina a sera, dopo il loro lavoro da segretarie annoiate, posano davanti ai loro specchi in selfie oserei dire repulsivi, moralmente riprovevoli. In cui, pur di far sì che qualche gonzo del sesso opposto infil e ficchi un mi piace sotto le loro immagini eccitanti, corroborandolo e arredandolo di commenti velatamente romantici, più che altro da frustrati cronici, eseguono boccacce a briglia sciolta per tirarsela da simpatiche e brillanti. Vestite in maniera casual ché fa molto trendy e figa cazzuta, attillata e attizzante.

Sì, semi-pants su plastiche facciali e labbroni micidiali con l’aggiunta del sopracciglio sinistro rifatto e alzato su fronte aggrottata da burina de no’ a(l)tri.

Sì, poi esibiscono perfino tutto l’apparato gengivale per sembrare donne di bocca buona da otorinolaringoiatra.

Gli uomini sono pure peggio. Poiché se la tirano… da esperti di Politica e Sociologia, dissertano di ogni argomento e parlano per frasi più fatte di queste strafattssime.

Io vissi un’adolescenza in cui gli altri studiarono al Classico, giocando ai videogames nel tempo libero e poi aspettando il sabato sera per farsi du’ canne e limonare una minorata mentale adatta alla loro visione oscenamente minuscola, giocosa, ripetitiva e squallidamente focosa del porcile a me odioso.

Di solito, un ragazzo normale non vede l’ora di sverginarsi. Da allora, si animalizza e poi indossa la maschera di Daredevil. Cioè finge di essere cieco, coprendosi dietro un lavoro socialmente rispettabile per non dare nell’occhio se poi, in privato, combina porcate sottob(r)anco.

A me, questa tizia che ebbe l’immane (s)fortuna di farmi crescere, capì che io impazzii nell’attimo stesso in cui lei, essendomi corporalmente senziente, di gioia impazzì.

– Non capisco. Mi sembrava che ti fosse piaciuto.

– Può essere. Sì, ma ora che mi rimane da vivere? Sono come Alessandro Magno. Mi dai qualsiasi testo di letteratura, scienza, filosofia e matematica e, come Will Hunting/Matt Damon, lo imparo a una velocità supersonica.

Tu sostieni inoltre che non ti parve che fossi vergine.

 

Insomma, è finita.

No, non mi vedo proprio a cantare con Rocco Hunt, a realizzare video-recensioni a scopo educativo e maieutico, istruttivo, didattico e pedagogico.

Non mi vedo nei panni di un chirurgo del reparto di cardiologia che salva, poiché obbligato a livello deontologico a rispettare il Giuramento di Ippocrate, un assassino e/o stupratore malato di cuore. Più che altro di mente.

No, io lo lascerei morire infinitamente.

Non mi vedo a fare l’insegnante per aspettare la ricreazione e mangiare i cracker. Rigirandomi i pollici e osservando una gioventù già bruciata in partenza.

Non mi vedo nei panni del papa. Uno che pontifica ma che, a livello pratico, fa solo il viaggio del mondo in 80 giorni come il protagonista dell’omonimo libro di Giulio Verne.

Non mi vedo come papà. Anche perché cosa potrebbe pensare mio figlio se scoprisse che ho comprato tutti i dvd delle maggiori pornostar americane? E manco posso fare ‘na sega poiché sono sposato e poi mi sentirei in colpa?

Lo so, Jena Plissken in confronto a me è The Ward, il peggior film di John Carpenter.

Sì, diciamo che il mondo reale m’interessa sempre meno.

Sono un metafisico.

Non vedo l’ora di trovare qualcuno che, libero da discotesche, fighe e figotte, cretini e scemotti, voglia girare con me il remake de Il signore del male.

Questo capolavoro ancestrale di portata sesquipedale, questo film enorme ove viene distrutta ogni regola teologica e confutata ogni teoria ontologica.

Questo masterpiece antologico.

Devastante.

 

di Stefano Falotico (fa pure rima e ficcatela in culo)

 

Venezia 76: JOHNNY DEPP, la pura estasi mistica della bellezza


08 Sep
JOHNNY DEPP in Pirates Of The Caribbean Filmstill - Editorial Use Only Ref: FB sales@capitalpictures.com www.capitalpictures.com Supplied by Capital Pictures

JOHNNY DEPP
in Pirates Of The Caribbean
Filmstill – Editorial Use Only
Ref: FB
sales@capitalpictures.com
www.capitalpictures.com
Supplied by Capital Pictures

Ah, che piacere rivedere il Depp in splendida forma coi capelli corti e il ciuffo sbarazzino, con l’occhio morbidamente languido e il sorriso in totale relax, fra il torvo, l’imitazione de Il corvo e il rimmel forse leggermente sbavato a intonazione e detonazione dei suoi occhi scuri come le sue emozioni romanticamente sincere.

John Christopher Depp II, più vecchio di me di quindici anni. Eppur pare un mio coetaneo.

Sì, Depp stipulò un patto col diavolo. E forse, nello stesso anno in cui uscì al cinema con Donnie Brasco, tenendo testa a un Al Pacino leggendario, malinconicamente epico, carismaticamente malinconico, l’avrei visto bene anche al posto di Keanu Reeves in The Devil’s Advocate.

Ora, qualche anno fa rimasi impressionato quando, sul red carpet del lido veneziano, presentò in pompa magna, ma anche in panza da uno che troppo mangiò, Black Mass. Da ritradurre con grassoccia massa d’adipe figlia di pericolose maniglie dell’amore. Eh sì.

Sì, all’epoca stava con Amber Heard. Donna dalla venustà impressionante, poco dotata di seno ma dalle gambe chilometriche dalla rara, pregiata qualità. Basamento portante d’una magrezza longilinea davvero disarmante. Culminante in un viso fotogenicamente magnetico, splendidamente rifulgente in due iridi che tramortirebbero anche l’ultimo zombi vivente.

Sì, una donna bellissima. Peccato che sia un’attrice dalle dubbie qualità interpretative e che poco, a mio avviso, fosse appaiabile a un tipo come Depp.

Sì, infatti la loro relazione, dopo numerosi, furibondi litigi, dopo l’iniziale, turbinosa irruenza travolgente e forse selvaggia (galeotto fu il set del bruttino, irrisolto e pasticciato The Rum Diary – Cronache di una passione, appunto), finì con un’anale, no, annale causa giudiziaria che rischiò di bruciare entrambi più di Frank Langella de La nona porta. Ah ah.

Con la Heard che postò a tamburo battente le foto del suo viso escoriato a dimostrazione che il Depp la picchiò ripetutamente.

L’immagine di Johnny ne uscì piuttosto malconcia, Johnny sprofondò nella depressione, allontanandosi momentaneamente anche da Hollywood e ingozzandosi di musica a tutto volume. Scatarrando e schitarrando con la sua band.

Waiting for the Barbarians, presentato in Concorso alla 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia non è andato benissimo. Usiamo ora il passato prossimo.

Le critiche sono state perlopiù freddine, come si suol dire.

Ma Depp, in passerella, s’è dimostrato non solo un divo, bensì un dio. Facendo ciò che deve fare un attore quando presenta in prima mondiale un film di cui è protagonista.

Sì, i fan, scemi o esaltati che siano, sono venuti per applaudirti e tributarti il loro affetto. Ti hanno designato eroe delle loro speranze, dei loro intimi, impossibili, forse irrealizzabili sogni, tu rappresenti per loro l’incarnazione del discorso di Clint Eastwood a Hilary Swank di Million Dollar Baby. Sì, la maggior parte della gente non avrà mai una sola chance, alla gente comune non verrà offerta alcuna possibilità. Non sono tutti (s)fortunati come Rocky Balboa…

Uno su mille ce la fa, diciamo anche uno su un miliardo si fa i miliardi. Gli altri, per quanto costoro possano essere stati volenterosi, talentuosi, studenti diligentissimi e gentili, affettivamente parsimoniosi, solidali e nient’affatto facinorosi, per quanto abbiano sempre desiderato la donna d’altri, no, di personificare, appunto, il grande sogno, non solo americano, arrivati a una certa età, quando il gioco duro della realtà lentamente sopprimerà in maniera progressivamente violenta ogni loro ideale di purezza, commovente verginità e valorosità intonsa, vedranno smaterializzarsi le loro stupende, utopistiche illusioni e saranno costretti, a meno che non vogliano sacrificarsi come Depp de Il coraggioso, a ottemperare alla squallida ipocrisia d’un mondo ove impazza ancora la falsa demagogia.

Vale a dire, pur di non crepare disidratatati e privi di cibo, tireranno a campare come meglio potranno per sbarcare il lunario. Adattandosi a un lavoretto che svilirà ogni loro potenziale, piegandosi a un sistema meschino che oblierà le loro anime adamantine, obbligandoli ad obliterare il viaggio di sola andata verso un’esistenza piatta e grigia.

Alcuni vivranno nel raccontarsela, cercando di smorzare le loro frustrazioni nell’abbonarsi a qualche rivista di new age, altri, essendo crollati a pezzi, pur di giustificare a sé stessi i propri malesseri e i loro insanabili disagi, s’affideranno agli psicoterapeuti.

Sì, così se già hanno pochi soldi per pagarsi il biglietto d’un cinema ove proiettano l’ultimo film con Depp, arricchiranno pure il dott. Gerald Stringer, alias Jared Harris di The Ward.

Uno che dev’essersi comprato la Laurea con la raccolta punti della stazione di benzina gestita da zio Nino.

Ecco, fra lui e Ben Kingsley di Shutter Island, non so chi sia peggio.

Ora, da lunghe esperienze sul campo, dopo milioni di colloqui con coloro che si ritengono i maggiori luminari in materia freudiana, sono addivenuto alla lapidaria conclusione che la psichiatria, sì, è/sia una scienza esatta, nella maggior dei casi.

Ma non serve ugualmente a un cazzo. Sì, povero Leo DiCaprio di Shutter Island. Questo brav’uomo impiegatino che non volle corrompersi come Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street. Al che, dopo una giornata di merda, rincasò e trovò i due figli assassinati dalla moglie. Una che, a forza di sognare le ville di Beautiful e a furia di guardare le puntate di Porta a porta sul delitto di Cogne, ammazzò ogni sogno infantile.

Prima dicendo ai figli che non fu la cicogna a regalarli al mondo, bensì fu qualcosa che, dopo che lei si tolse la gonna e si sfilò collant, scivolò dolcemente in forno come Chocolat tutto colante.

La vita è sempre dolorosa. Dal parto alla morte è un’eterna sofferenza poco eterea. E torniamo a The Brave e al monologo di Brando.

Semmai, sei un adolescente figo come Johnny Depp, ogni Winona Ryder farebbe carte false affinché tu possa liberarla dai “demogorgoni” partoriti dalle nevrosi dovute alle sue Stranger Things, dette anche mestruazioni, ma non avevi fatto i conti con Edward mani di forbice in versione villain, ovvero Freddy Krueger di Nightmare.

Oppure, te ne stai bello tranquillo per i cazzi tuoi, ti sei appena diplomato, non hai nessuna rompiballe che ti scassa la minchia ma ti arriva la lettera di Stato secondo cui sei stato chiamato in guerra, da cui Platoon.

Non muori, sopravvivi e decidi di festeggiare. Peccato che il tuo amico migliore sia quello sciroccato di Benicio Del Toro di Paura e delirio a Las Vegas.

Mah, di mio, cerco di non mettermi nei guai come Depp in Nemico pubblico.

Stando bene coi piedi per terra. So che sarà altamente improbabile che scoperò Charlize Theron. Ma chi lo/a vuole? Guardate The Astronaut’s Wife e poi ne riparliamo. Ah ah.

Però, non dobbiamo essere troppo materialistici ma neppure dobbiamo sganciarci del tutto dalla realtà.

Prendete il film Transcendence, miei cultori dell’esoterismo. A parte il fatto che il film fa veramente schifo al cazzo, va detto anche che, a forza di non trombare, più che metafisici, potreste poi dar di matto come Jack lo squartatore di From Hell.

Ho detto tutto…

Sì, ho visto le migliori persone apparentemente probe e dignitose che, a forza di ricevere inculate, ammazzarono Depp di Assassinio sull’Orient Express.

Ora, un pezzo di merda mai visto questo Depp. Ma anche gli altri non scherzavano. E dire che sembravano tutte persone distinte, appunto, impeccabili.

Siamo tutti colpevoli, siamo tutti peccatori.

Viviamo nella planetaria City of Lies.

Mi pare giusto che sia arrivato l’uomo dell’ora della verità.

Sono io?

Magari. Avrei la villa a Beverly Hills.

Invece, essendo uno che non mente mai, non potei permettermi nemmeno di stare in albergo per gli undici giorni del Festival di Venezia.

Ho detto tutto.

Insomma, cazzoni, esiste una sola realtà insindacabile: si fa quel che si può.

Se potete ma non volete, fatevi le seghe su Chiara Ferragni.

Quindi, chiariamoci. Chiara non è un’attrice, non è una modella, non è niente.

Ma una botta gliela darei. La darei pure a Claudia Gerini. Non è più quella di una volta ma è ancora bona come in questo video.

Adesso, vi starà pure antipatica perché è stata con lo Zampaglione. E perché oggettivamente, in John Wick 2, avrebbe recitato meglio la condomina del terzo piano del mio palazzo. Una che, diciamocela, non è che sia molto fotogenica. Non è neppure brava.

Infatti, prende sempre da sola l’ascensore. La gente non riesce a sopportarla neanche per venti secondi.

Ma Claudia Gerini ha delle gambe immense e un seno immane.

Se mi venite a dire che non è così, da me non riceverete nessun autografo.

E soprattutto non verrà nulla…

 

di Stefano Falotico

SMOKE: Avventure di un uomo invisibile che ha scritto una monografia su John Carpenter ma è meno ricco di Harvey Keitel del film di Wayne Wang


30 May

keitel smoke

Sì, sono io l’autore di John Carpenter – Prince of Darkness, opera oserei dire capitale e magna della bibliografia del Falotico. Puro masterpiece che ogni amante della letteratura complicata e raffinata dovrebbe possedere in casa sua se non vuole impazzire e finire come Michael Myers di Halloween.

Vi conosco, sapete? Voi non amate voi stessi e ora passate il tempo a fare gli spaventapasseri, spaventando ragazze super passere come la Jamie Lee Curtis di True Lies.

Non dovete raccontarmi bugie. So che gironzolate nei quartieri periferici, spuntando da dietro i cespugli come il Pennywise. Ma non terrorizzate nessuno, solo voi stessi, sempre più idioti.

Di mio, sono un essere altamente pagliaccesco. Riesco perfino a essere e a incarnare Harvey Keitel, William Hurt, Forest Whitaker e il ragazzino in cerca di un lavoro di Smoke.

Cioè quattro characters in un colpo solo: il tabaccaio cafone che filosofeggia, l’intellettuale sobrio, il mezzo storpio e lo sfigato.

Sì, grazie alla mia visione neorealistica alla Paul Auster, minimalista alla Jim Jarmusch, amante dei piccoli gesti quotidiani che riscaldano il cuore e forse donne più sexy di Jamie Lee Curtis, pur non essendo laureato a Oxford, ho già pronta pure la falotica versione factotum in inglese del suddetto saggio monografico su Carpenter. Con traduzione di alta scuola, pregiata e da fuoriclasse che mi ha fatto sudare sette camicie. Un lavoro estremamente certosino e improbo. Terminato che lo ebbi, stavano per ricoverarmi in un ospedale psichiatrico come Sam Neill de Il seme della follia.

Un libro alla Sutter Cane, sì, di In the Mouth of Madness. In cui sviscerando, scorporando in maniera cronenberghiana la poetica carpenteriana, ho enucleato perfino me stesso, arrivando a percezioni della realtà talmente elevate da non riuscire più, adesso, a vederla con occhi da Roddy Piper di Essi vivono prima che indossasse gli occhiali magici.

Cazzo, un bel macello, che casino.

Per molto tempo, fui scambiato per Nick Halloway/Chevy Chase, appunto, di Memoirs of an Invisible Man.

Tutti pensarono infatti che fossi un nababbo e un cocco fortunato che poteva permettersi il lusso sfrenato di ciondolare nella noia e nel dolce far niente. 

Già, fui preso per il figlio di Berlusconi quando invero, amici, fui solamente un grosso coglione.

Sì, anch’io bramai la mia Daryl Hannah. Di questo ve ne parlai già, giusto? Il mio primissimo, grande, irripetibile amore platonico si chiamava Tiziana ed era bionda come Daryl, forse perfino più bella di questa sirena a Manhattan.

Ma cominciai a deprimermi fortemente, splash, a eclissarmi, a perdere di vista la realtà e anche Tiziana. Che oggi è sposata col mio amico delle elementari e ha pure avuto da lui dei figli.

Mi consolo da questa (s)figa clamorosa, ammirando le scosciate dell’omonima Tiziana Panella di Tagadà. Donna, a differenza di Tiziana la biondina, corvina. Ma che riesce sempre ad alzare il mio umore un po’ supino e anche qualcos’altro da volpino nei miei momenti di massimo languore da lupino, attimi paradisiaci in cui per un po’, lontano dai libri, come un uccello in volo libro, mi libero con atroce, onanistica mancanza di pudore, sfoglio una donna che mi fa battere il cuore e che vorrei sbattere di gran calore, (s)fregandomene di ogni residuo candore.

Sì, appena la vedo, mi ricordo di essere un uomo.

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster come Ray Liotta di Goodfellas?

Macché!

Sì, credo che gli altri mi vedano parecchio bene, mi sappiano inquadrare alla prima occhiata. Anche Tiziana, non la Panella, bensì quella bionda della mia primissima, virginale infatuazione, ah, che magnifica fata, che lievissima patata, a 13 anni voleva rendermi corporeo, assai tangibile con lei.

Ma io, non so perché, la mandai a farsi fottere.

Sì, finalmente ho compreso la verità. Potevo essere l’uomo con più amici, soldi e donne della storia. Ed è stata solo colpa mia se non ho il conto in banca del marito di Tiziana Panella. E dunque non posso regalarle una vita da elegante signora.

Se dovessi, mai sia, essere invitato alla sua trasmissione, lei potrebbe ammiccarmi di occhiolino, forse verrebbe anche in diretta, fissando le palle dei miei occhi. Ma finirebbe lì.

O forse interromperebbero momentaneamente l’imbarazzo mio e di Tiziana, bagnatissima, con i consigli per gli acquisti degli assorbenti, miei conigli.

La mia vita è stata spesso un’inculata, una mega-sfighissima da figone sfigatissimo, no, una foga, The Fog, una fuga non solo da New York bensì dal mio The Ward. Lasciate che mi sfoghi.

Sì, come Amber Heard, trascorsi praticamente tutta l’adolescenza nel nosocomio delle mie ipocondrie.

Una volta che io stesso mi dimisi, capii che la realtà vera è un manicomio. E che i pazzi sono quelli che si credono sani. Per forza. Più che pazzi, sono scemi. Non capiscono nulla e pigliano tutto a culo.

Al che, per via della mia eccessiva sensibilità, del mio romanticismo alienato rispetto alle triviali animalità dell’uomo assai medio, vengo tuttora preso per Starman.

Alcuni miei amici, quando m’isolo troppo ancora, sospettando della mia buona fede, mi dicono che sono/sia Il signore del male. Sì, pensate, ora devo stare attento a non fare la fine invece di Keith Gordon di Christine. Dopo una vita da nerd mai visto, appunto, vengo corteggiato da pezzi di carrozzeria femminile al cui confronto Alexandra Paul dei tempi d’oro è una Cinquecento.

Comunque, molte donne sono da rottamare. Sì, che palle queste qui. Aspettano sempre l’estate per farsi il bagnetto. Come se poi durante l’anno facessero altro…

Sì, su Facebook, Instagram e altrove, donne stupende mi contattano affinché io possa avere subito con loro fisici, potenti contatti. Ma che è successo? Ho indossato delle miracolose lenti a contatto o, per troppo tempo, la gente subdola, meschina e ipocrita, rivolgendomi a me senza tatto, non capendo del sottoscritto un cazzo, mi aveva scambiato per David Lo Pan e invece oggi tutti scoprono, compreso me stesso, che è stata solamente una Big Trouble in Little Bologna?

Non facciamone, suvvia, una tragedia. Potevo scoparmi pure Kim Cattrall ma rimango una testa di minchia come Kurt Russell. Basta, adesso.

Sì, Smoke è un capolavoro. Il miglior film di Wayne Wang. Mentre io, diciamocela, rimango un bravo ragazzo soltanto come Dennis Dun, ovvero Wang Chi.

Forse, la mia vita non è il racconto di Natale di Smoke, bensì quello di Dickens filtrato dalla visione simile a Ritorno a futuro di Robert Zemeckis con Jim Carrey.

Uno Scrooge così giovane nel cuore da rendervi tutti misantropi.

Signore e signori, spero di avervi allietato col mio libro e con questa bella storia. Adesso, se vorrete tradirmi ancora fottetevi.

Fra amici ci si scambiano confidenze e favori. Dunque, a tutti i cattivoni, or dico ma fatemi il piacere!

 

Firmato Paul Auster?

No, Stefano Falotico

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Ragazzi, fottetevene… della collettività, tanto alla gente non andrai bene lo stesso anche se sei un playboy con tre premi Nobel


10 Jul

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Ci sono molte cose che mi danno fastidio ma una delle cose che più mi dà fastidio è quando si vuole snaturare qualcuno per far piacere non alla persona snaturata ma agli altri.

Che così possono dire: ah, bene, ottimo, ora è produttivo ed economicamente stabile, questa è la vita, si diverte, ride ed è felice.

No, gli altri sono felici se esponi questa falsa maschera, ma tu no.

Immaginiamo un piccolo dialogo fra uno psichiatra e un paziente:

– Quindi, secondo lei, professore, io sto benissimo.

– Sì, certamente. Sei lucido, sveglio, con tante idee geniali, un vulcano, forte e gagliardo, però il tuo stile di vita non si addice a uno della tua età.

– Cioè? Si spieghi, per favore, meglio.

– Be’, non c’è tanto da spiegare. Di solito uno della tua età parla di ragazze dalla mattina alla sera, va in giro a divertirsi e, nel bene o nel male, si guadagna da vivere come può.

– L’ultima parte…, del bene o nel male… come può, è di una tristezza infinita. Sembra che pur di ottenere il rispetto del prossimo, se non riusciamo a realizzare i nostri sogni, tutto sommato per sbarcare il lunario va bene anche prostituirsi nell’anima.

– No, macché. Scusi, lei mica vorrà andare avanti tutta la vita a guardare film e a scrivere libri. Non sente la voglia di farsi una sana trombata, una bevuta in compagnia, e pigliare questa vita un po’ più a culo?

– La verità?

– Certo, e di che stiamo parlando, sennò? Della verità. Suvvia, un po’ di senno e anche un bel paio di tettone. Ah, il seno…

– No.

– No? Come no? Guardi, lei avrà rimpianti immani se non si affretta ad adattarsi un po’ di più. Il mondo va così e non sarà certo lei, con le sue idee “bellicose”, a cambiarlo.

– Ma a me ciò che fa piacere non è svegliarmi con una accanto a cui puzzano i piedi.

– Non ho capito. Con chi vuole svegliarsi, scusi?

– Di mio, mi sveglio anche se ci sono nel letto solo i miei piedi. E poi amo bere la birra, ma è meglio condirla coi pensieri della propria mente. Non è bello, sa, bere la birra con delle teste di cazzo ché poi dai di stomaco.

– Lei è un bel tipo, sa?

– Sì, lo so.

– Sto scrivendo un libro su Carpenter.

– Onestamente, non so chi sia.

– Ovvio che non lo sa. Lei dice ai ragazzi di diventare degli edonisti trombatori e di pensare solo a far soldi.

 

In poche parole, faranno di tutto per cambiarvi, voi non cambiate. Finirete morti di fame, sempre meglio che morti deficienti!

 

 

di Stefano Falotico

 

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