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THE MULE: tra Fabrizio Corona e Jerry Lewis, scelgo Michael J. Fox di Ritorno al futuro 3


05 Feb

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BACK TO THE FUTURE III, Michael J. Fox, 1990.

BACK TO THE FUTURE III, Michael J. Fox, 1990.

 

Sono il Joker Marino, uomo che non ha bisogno di truccarsi per essere sé stesso, nonostante sia pirandelliano, uno, nessuno e centomila, forse un mezzo uomo o un superuomo. Magari… Il giudizio sul mio valore umano spetterà al mio specchio dirmelo quando finalmente ne comprerò uno deformante, al fine che possa davvero osservare davanti a me un man distorto. Credo di essere abbastanza retto, un tipo straight, sin troppo dritto tant’è che la gente, spesso addormentata e lobotomizzata, pensa che sia io a farmi un tranquillo pisolino.

Al massimo vivo in dormiveglia. E comunque vaglio, pagando le bollette e i postali vaglia. Non sempre…

Oggi, vaglierò con oculatezza, di attenta disamina quello che considero uno dei film più grandiosi di tutti i tempi, ovvero Gli spietati (Unforgiven).

Chiariamoci, sono abbastanza di parte. Ho scritto un libricino intitolato Ghiaccio arcano di romantici occhi, che ha venduto otto copie perché le persone sono fintamente buone ma più spesso, soprattutto, brutte e cattive. Ah ah.

Ma in particolar modo, qualche anno fa, ho inaugurato una saga letteraria che va dal Cavaliere di Alcatraz a quello di Madrid. E in quest’ultimo la copertina è eastwoodiana al mille per mille, con tanto di Clint che cammina per un vicolo buio. Via da me i gatti neri. Sì, sono un Joker che caccia il malocchio col potere iridescente delle mie iridi cupe. In quanto uomo notturno che però non è mai stato a Castel Volturno. E che forse, nonostante sia stato molte volte tordo, tornò, è tornato come il revenant Eastwood, William Munny de Gli spietati.

Sì, basta con un’esistenza appartata e taciturna. Parliamo, mostriamoci, mostriamovi la mia analisi di Unforgiven.

Partiamo ovviamente con la messa in scena. Da non confondere mai con la messa in cena. Quella è stata l’ultima predica di Cristo prima di scatenare il cristianesimo e di conseguenza tutte le successive messe.

Di mio, spero di non essere mai messo… sulla croce. E nemmeno in una certa posizione a pecora.

Ecco invece la mia ideologica posizione sulla messinscena. Una posizione non a novanta ma credo a 360 gradi.

Eastwood, nei titoli di coda, ringrazia i suoi maestri Sergio Leone e Don Siegel. Ma Eastwood ha sempre saputo di essere un regista la cui poetica cinematografica è unica, indissolubile, inconfondibile.

Ne Gli Spietati non abbiamo retoriche leoniane né iperboli stilistiche da Siegel.

Eastwood non è Scorsese, non adotta cioè molti dolly, carrellate interminabili e zoomate, né in colonna sonora è postmodernista. Questo è western purissimo. Classico al top. E non al pop.

Eastwood non è Kubrick, è altrettanto geometrico e freddo nelle inquadrature ma al contempo sa infondervi spasmodica armonia romantica nella sua glacialità visiva e secchissima.

Si passa dai grandangoli del pestaggio di Bill Daggett ai danni di Bob l’inglese a primi piani fermissimi sui volti dei protagonisti. Eastwood ama gli spazi (s)confinati, il crepuscolarismo e assistiamo a scene ambientate a mezzogiorni di fuoco ad altre immerse nella notte più livida, profonda e tempestosa.

La messa in scena di Eastwood è magistrale, è come se avesse girato un noir, un semi-poliziesco in mezzo ai saloon, alle bettole da prostitute, alle stelle di latta di sceriffi stronzi.

Non ha bisogno di grossi effetti, è appunto millimetricamente spietato nell’uso sapiente della macchina da presa. Che c’è ma è come se non la vedessimo. Al che inquadra lui e Anna Levine vicini a un casolare come fosse un 70mm e invece è normalissimo Panavision 35. Che occhio di lince, che aquila!

Ciò andrebbe detto a Tarantino. Il cui The Hateful Eight mal tollero.

Una messa in scena prospettica che espande la focalità del campo ristretto d’azione e si dilata nei dettagli di una natura libera e selvaggia.

Prima abbiamo appunto la natura brulla ma selvatica del West e quindi negli ultimi dieci minuti ecco che veniamo soffocati claustrofobicamente nel covo di Big Whiskey. Come fosse un horror kammerspiel, addirittura!

Quindi, la ballata scritta dallo stesso Eastwood che, come nell’incipit, sigilla cimiteriale la fine di un’epoca e la fine di questa storia arrabbiata e cinica.

Eastwood è come se avesse scattato qui un dipinto in movimento a tramonto tombale del suo antieroe.

Messa in scena, dunque, 10 e lode.

 

Personaggi: è un film invero con due personaggi base, il William Munny di Eastwood e il memorabile Bill Daggett di Hackman, premiato giustamente con l’Oscar.

Ma altrettanto importanti e affatto secondarie sono le figure di Ned (Morgan Freeman), di English Bob (Richard Harris), perfino della prostituta interpretata dalla “sfregiata” Anna Levine.

Partiamo innanzitutto da William Munny.

Munny è un pistolero figlio di puttana che, dopo essersi sposato, ha voluto dimenticare il suo passato mostruoso. Perché era uno scellerato uomo senz’alcun scrupolo morale che ha ucciso donne e bambini.

E si è ritirato nella sua casetta in campagna coi due figli piccoli, ove fa ora l’allevatore di maiali.

Munny è un diavolo, un fantasma con la sua precisa etica da samurai.

Appena Kid gli propone di dar la caccia ai due uomini, Munny, allettato dall’idea di poter fare soldi per garantire un miglior futuro ai suoi pargoletti, che vuole preservare dal male del mondo, che lui conosce benissimo e del quale è stato schiavo, ritorna pian piano a ridiventare l’animale che aveva sepolto nella sua coscienza. Non si scappa mai dal proprio infimo passato e Munny, purtroppo, n’è perfettamente cosciente.

Al che, una donna gli dice che il suo amico Ned è stato macellato da Bill. Lui accoglie la notizia senza far una piega, al massimo corruccia la fronte e il suo sguardo s’indurisce all’improvviso. Ma dentro di lui ribolle il ribelle Munny dei suoi ripudiati anni giovanili e si vendicherà biblicamente.

Voto: 10.

Bill Daggett. Un attimo, per favore. Gene Hackman, pur essendo coetaneo di Eastwood, pur avendo già interpretato molti film, più o meno celebri, prima del suo Oscar per Il braccio violento della legge, ha ottenuto davvero popolare successo soltanto negli anni settanta. Ma a differenza di attori, un po’ più giovani di lui, esplosi in quel periodo, vedi Pacino e De Niro (fra l’altro, gli unici due della loro generazione a non aver mai interpretato un western), Hackman non è mai stato figlio del Metodo. Al contrario di Al e Bob, che son divenuti i personaggi che hanno interpretato, Hackman è sempre stato Hackman. Come disse un critico americano, del quale mi perdonerete se adesso non ricordo il nome, non è mai Hackman a trasfondersi nel personaggio da lui incarnato. È semmai l’inverso. È il personaggio che si adatta ad Hackman e Hackman, anche quando interpreta parti assai diverse fra loro, rimane sempre Hackman.

Bill Daggett non fa eccezione. Daggett diventa Gene Hackman. Con la sua celeberrima risatina sadica e strafottente, i suoi modi burberi e maneschi, la sua posa tronfia e cafona. Uno che è difficile fregare con le chiacchiere.

Hackman è sempre stato grande. Bill Daggett è un grande personaggio e in questo film Hackman sembra più grande di quello che è invero anche in film brutti come Boxe.

Voto dunque al personaggio ma di conseguenza ad Hackman che ne fa un suo personaggio: 9.

Ned: Morgan Freeman è uno che ha girato tre film con Eastwood. Questo Gli spietati, Million Dollar Baby e Invictus nei panni di Nelson Mandela. Per Million Dollar Baby si è beccato l’Oscar, per Invictus ci è andato vicinissimo.

Ecco, basterebbero questi soli tre personaggi per considerare Freeman un grandissimo. Ho detto tutto.

Ned è un poveraccio, uno che si crede chissà chi e invece si lascia massacrare come una femminuccia.

Uno che dà consigli di vita a Kid, che lui prende sempre per il culo, è uno che sbeffeggia bonariamente Munny ma che non ha fatto i conti mai davvero con la pura cattiveria di questo nostro mondo merdoso.

Sì, in mezzo a questa pura cattiveria, Ned è un puro. Nonostante l’apparenza da duro. Altro personaggio indimenticabile.

Voto: 8.

Bob l’inglese. Altra presenza impossibile da dimenticare. Richard Harris era già molto vecchio, qui. Incanutito a dismisura, grinzoso, coi capelli sfibratissimi. Eppure titanico nonostante compaia una ventina di minuti e basta. Lui è il baro della morte, anzi, il barone della morte. Uno che millanta di essere stato e di essere ancora, nonostante l’età, il bounty killer più veloce del West, e forse ciò era ed è pure vero, ma Daggett lo sputtana di brutto e lo tratta da pagliaccio cretino. Lo smonta in pochi secondi.

E, con la coda fra le gambe, Bob, spogliato di tutto, rimedia una figura da fesso colossale. Povero Bob.

Che classe, Richard Harris.

Voto: 8.

Anna Levine la prostituta: bella, bellissima, una che svolge il mestiere più antico del mondo e il più “sporco”. Eppure, dal suo viso, sfregiato, più che dalle cicatrici, dal dolore della sua anima infranta, traspare l’angelica rinomanza di una donna volitiva, in cerca di giustizia. Che dolcezza. Io me la sposerei.

Anche in questo caso, gli (riferito al personaggio), le (riferito a lei) diamo voto molto alto, 7 e mezzo.

E sarebbe bello, semmai facendo rivivere il defunto Harris con la computer graphics, un sequel de Gli spietati, con Eastwood, Harris e la Levine diventata donna matura, con Eastwood oramai novantenne che accende il fuoco, Harris che si pettina i pochi capelli allo specchio e la Levine che prepara i tortellini, sì, loro sono gli unici sopravvissuti nella pellicola. Sarebbe altrettanto stupendo un prequel in cui si racconta la vita dello sceriffo-carpentiere Daggett prima della sua ascesa, appunto, a sceriffo. Che cazzo faceva quando aveva quindici anni? Sì, Bill Daggett scopriamo che in realtà è Biff Tannen della trilogia Ritorno al futuro e legge l’almanacco delle scommesse sulle corse dei cavalli, fa soldi con quest’imbroglio, al che si candida, visto il potere pecuniario acquisito, come sceriffo di Big Whiskey. La gente è terrorizzata. Messa in soggezione da quest’uomo potentissimo e pieno di money, lo elegge appunto capo della cittadina. Arriva in città anche Michael J. Fox di Ritorno al futuro 3 e si presenta come Clint, Clint Eastwood. Al che Bill, non Biff, pensa: ma quanti cazzo di Eastwood vogliono farmi il culo?

Meglio. Questo Eastwood mi ha fatto vincere l’Oscar, battendo Al Pacino di Americani, in Potere assoluto invece ho interpretato la parte sognata da ogni americano: quella del Presidente degli Stati Uniti che non fa un cazzo da mattina a sera, eccetto raccontare stronzate e frottole alla gente, e si tromba pure una gnocca della madonna.

 

Coinvolgimento… un film che dura quasi due ore ed è come se durasse invece 10 min. Ipnotico, senza un attimo di tregua. Che semmai ti scappa, mentre lo stai vedendo, di andare a pisciare ma ti fai scoppiare la vescica perché non puoi interromperne la magia che t’ha avvolto.

Uno dei film più appassionanti di sempre.

Voto: 11.

 

Morale: Eastwood non è mai retorico. E la morale de Gli spietati è quella secondo la quale, invero, il mondo non ha morale. Il mondo è amorale. Così fu, così è, così sarà. E così sia scritto. Amen.

Munny, così come tutti gli altri, è una merda d’uomo, non certo uno stinco di santo. Sebbene sia romanticissimo e non vuole tradire sua moglie con qualche “anticipo”.

Daggett è un porco, Bob l’inglese un bugiardo azzimato, Ned un coglione mezzo maniaco sessuale. Ah ah, sì, lo è. Fa battutine sconce, senza sconti e gl’interessa sapere se il suo amico Munny, dopo la morte della moglie, si fa le seghe o va a puttane.

La morale è che gli eroi non esistono, non sono mai esistiti, non esiste bianco o nero, siamo tutti, chi più chi meno, dei falliti, dei luridi vermi. Siamo tutti fregati!

Voto: 9 e mezzo.

 

Epicità: stesso discorso di prima. Gli spietati è uno dei film più epici della storia proprio per il fatto che di epico in questa pellicola non c’è nulla. Anche il finale vendicativo non appartiene all’epica, alla leggendarietà, bensì alla funeraria dissoluzione di ogni finto sogno americano.

Un film epicissimo. Superlativo, in ogni senso, assoluto.

Voto: 10 -. Il meno sta ironicamente a significare che è il massimo dell’epicità nonostante in quanto a epica non siamo proprio al massimo. Anzi, siamo allo zero assoluto.

Epicità super più di lineetta “negativa”. Ah ah.

 

E questo è quanto.

Adesso, scusate, anche il Joker deve mangiare fagioli…

 

di Stefano Falotico

Once Upon a Time in Hollywood nel 2019


01 Jan

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Buon anno di Cinema, i film da me più attesi di questo 2019

Ebbene, siamo nel 2019.

Basta!

Ieri avete festeggiato, stappando lo spumante con quegli ignorantoni della RAI e i loro balletti.

Basta con queste festicciole, con questi trenini, con questa gente borghese che aspetta la mezzanotte per celebrare la ripetizione dei loro patetismi e le loro lasagne alla bolognese. Che lagna!

Questi microcefali che, dopo un anno di un lavoro da loro odiato, di frustrazioni mal digerite, di pasticche contro la depressione, di angosce piccolo-borghesi, di futilità e canzonette da mezze calzette, dopo i loro buonismi consolatori, le loro ipocrisie dolciastre, i loro assistenzialismi, le stampelle di psicologi che hanno tentato di sanarli dal loro disfacimento e imputridimento esistenziale, spronandoli a svuotarli di più e a raggirarli con menzogne del tipo… sì, sei disoccupato, non hai un soldo in tasca ma, dai, balla, la vita è bella, vedrai che il peggio è già passato, ora goditela. Finito il ballo da paese dei balocchi, stai comunque in occhio. Su, pinocchietto.

Come no… e dal 2 Gennaio, dopo l’euforia del cenone, il panone classico, lo zampone e altre frivolezze porcellesche, si riparte con la cantilena dei loro casi umani agghiaccianti. Urlatori morti di figa che, pur di ricevere un po’ di affetto e calore, si fanno “amiche” donne di dubbio gusto, donne di malaffare che allevieranno per quindici minuti di eiaculazione precoce i loro patemi da uomini arrivati… al capolinea.

Basta con le retoriche di quelli di Sinistra. Che fanno la guerra a quelli di Destra, definendoli fascisti solo perché sono indubbiamente più sexy di loro.

Basta col novanta per cento del Cinema italiano. Non è esterofilia di accatto la mia, bensì la presa sempre più maggiore di coscienza che, dopo i fasti di Sergio Leone e di qualche altro coraggioso con le palle, il nostro Cinema è sempre imprigionato, schiacciato, asfissiato da storie di amori insulsi da C’è posta per te, da isterici, patetici piagnistei, da storie di papa re e omosessuali col loro orgoglio del cazzo.

Basta, vivete la vostra sessualità senza sbandierarla ai quattro venti. Abbiamo capito. Basta che vi facciate i cazzi vostri e io me ne sto a gustarmi un film di Bergman. Accoppiatevi, trombate, fatevi trombare, basta… che non mi scassiate i coglioni.

Basta con De Sica e Boldi, con Pieraccioni e altri vari cazzoni, con Paola Cortellesi e con le finte cortesie, con Amendola e figli d’arte che di artistico hanno solo il cognome. Come Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi che io vedrei bene all’ippodromo.

Basta con Genovese e anche con la menata del ponte di Genova. È crollato, è stata una tragedia. Va ricostruito ma non nascondetevi, sampdoriani, dietro questo alibi per celare la verità. Siete invidiosi delle gran fighe che si scopa Fabio Quagliarella e allora, spacciandovi per ingegneri sociali, dimenticate le vostre impotenze dietro le sovrastrutture del ponte… soprattutto della vostra arcata gengivale oramai corrosa da troppi cibi avariati.

Basta anche con Sorrentino Paolo. Del quale, quest’anno, vedremo The New Pope. Per fortuna c’è John Malkovich, uno dei pochi uomini che stimo assieme al mio edicolante. Entrambi hanno la faccia da pazzo, John non è affatto pazzo, è un genio, il mio edicolante invece mi fa risparmiare e mi regala anche alcune riviste “proibite”.

 

 

Sì, in Italia, appena non riuscite a fronteggiare il vostro soccombere quotidiano, ecco che vi affidate alla religione cristiana da voi distorta, ove Dio lo modellate a immagine e somiglianza delle vostre disgrazie giornaliere. Sì, mia moglie non me la dà più, il lavoro scarseggia, hanno aumentato il prezzo della benzina ma Papa Francesco com’è umano!

Bene, mandata a fanculo quest’Italietta con le sue piaggerie, mando pure a fanculo la solita stronza a cui ieri sera ho mandato una poesia d’amore e lei, come quasi tutti voi, involgariti da questo cinismo osceno, mi ha risposto in questi esatti termini da donna di “classe”: Da donna “moderna”.

Grazie Stefano.

Davvero bella e lodabile, pura e non lordabile la tua poesia godibile. Comprendo che hai subito una certa fascinazione nei riguardi della sottoscritta. Ne sono lusingata. A quale donna non farebbe piacere essere corteggiata come in un romanzo bretone?

Sei un ragazzo di valore che crede ancora nei valori, un romantico amabile, ti ho pensato quando, appena scoccata la mezzanotte, un troione, che ho incontrato tre minuti prima dello champagne, ha brindato frizzante nella mia figa già euforicamente artificiale che, come un fuoco scoppiato, ha adorato che lui, al pari di una bomba napoletana, facesse il botto vulcanico nella mia castagnetta pirotecnica.

Sì, Stefano, ti ho pensato quando, ubriaca fradicia e sciupata in questa notte cazzeggiante appena trascorsa, molto da orsa, mi son bagnata come una spugna e, drogata marcia, ho vomitato tutta la mia vita da troietta lercia. Sì, la mia vita è andata un po’ a puttane ma mi faccio quattro risate con Lercio…

Ti ringrazio, ti amo.

Adesso devo tornare a cagare.

 

Ho detto tutto…

Dopo questa introduzione… soprattutto in tal donna discutibile che tanti ne introduce, passiamo a cosce, no, cose serie.

Ecco i film da me più attesi del 2019.

The Mule di Clint Eastwood. Il canto del cigno attoriale di Clint doveva rimanere Gran Torino. The Mule non credo che sia un capolavoro. Un buon film, almeno lo spero.

Comunque, Clint è stato il re dei film ambientati nel vecchio West. Adesso, scopriamo che la sua ex moglie era Dianne Wiest.

Nel film c’è anche Andy Garcia. Uno che fu un mezzo sex symbol latinoamericano da Black Rain e Affari sporchi e ha girato poi la pubblicità dell’Amaro Averna.

Ho detto tutto.

Quindi, rimanendo in atmosfere eastwoodiane e leoniane, Once Upon a Time in Hollywood. Secondo me, dopo quella cagata di The Hateful Eight, Tarantino non deve farsi più vedere. Adesso Quentin rischia grosso. Con una storia che vorrebbe essere appunto un omaggio a Leone ma col sotto-testo di Charles Manson e Margot Robbie che assomiglia a Sharon Tate quanto io sono Brad Pitt che vorrebbe scoparsi Sharon Stone.

Mah, vedremo. Mi auguro che sia un capolavoro. Anche se l’ombra della pacchianata è dietro l’angolo.

Joker di Todd Phillips. Praticamente Taxi Driver e Re per una notte che incontrano quel matto di Joaquin Phoenix che, a causa di De Niro, diventa il principe del crimine.

Io, invece, a causa del mio amore per De Niro, gli ho dedicato un libro monografico. Ognuno fa delle sue esperienze, belle o brutte, quello che vuole a seconda della sua intelligenza.

The Irishman di Martin Scorsese. Sapete che mi stanno sorgendo dei dubbi? De Niro, sempre a proposito di lui, mi pare veramente bolso, considerando le immagini scattategli sul set. Insomma, non ha più forse lo stesso carisma che sfoderava in Cape Fear.

Ma, tornando ancora a Leone, il grande Marty potrebbe aver girato il suo C’era una volta in America ai tempi di Jimmy Hoffa, col coppoliano Al Pacino.

Ad Astra di James Gray. Sì, Sara, la mia ex amica delle scuole medie, commessa ora della Coop orgogliosa di amare Vasco Rossi e la sua Jenny è pazza, amava I Cavalieri dello Zodiaco sognando il principe azzurro, cioè Brad Pitt di Vento di passioni. Ogni mattina, leggeva l’oroscopo. Una Vergine adoratrice dei maschi nati nel segno del capricorno ma, da Brad Pitt, passò al suo emulo corvino, Benicio Del Toro.

Ogni mattina, leggeva cose di questo tipo, consolatrici della sua frustrata topa: credici, il futuro sarà stellare, questa è la settimana della svolta. Sì, svolterai per un’altra vi(t)a e sarà un vicolo cieco.

Basta fare retromarcia e andare avanti…

Comunque, chi si accontenta gode, cara. Perché pretendere un uomo inarrivabile come Brad Pitt quando puoi avere, a proposito di James Gray e del Joker, Joaquin Phoenix di Two Lovers?

Insomma, scendi dalle nuvole e pigliati uno sfigato medio.

 

Chi credo di essere? Io non sono nessuno.

Forse, sono Matt Damon di Rounders.

Gli stronzi alla Teddy KGB si fanno delle gran risate, pensando di avermi coglionato, io aspetto, aspetto, non dico una PAROLA e alla fine ci rimangono con un palmo di naso.

O forse sono Ralph Macchio di questa scena. Il Cinema è Momenti di gloria.

Sì, m’infantilizzo spesso, sono un Joker-ellone.

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di Stefano Falotico

Sarà un altro Natale di merda, per fortuna ci sono gli SAG Awards, ma radiate questi giornalai e Thegiornalisti, Steve è proprio un pezzo grosso…


12 Dec

 

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Sì, son state annunciate le nomination ai premi cinematografici più importanti, subito dopo l’Oscar.

Di solito, l’attore che vince lo Screen Actor, quasi sempre vince anche l’Oscar

Dal 2005 va così. L’unica eccezione è stata Denzel Washington di Barriere. Vinse lo Screen Actor ma fu inculato da Casey Affleck di Manchester by the Sea.

Detto ciò, sono perennemente nauseato. L’altro giorno, l’ho sparata grossa. Leggete quanto segue e capirete che sono un uomo vero, anche quando sgarbato.

Ecco, trascurando questi falsi giornalisti, ora siamo ammorbati pure da Tommaso Paradiso.

Con la sua stupida canzone d’amore. E una ruffiana alla radio, ove la trasmettono, la quale sostiene che tale bischerata smuova delle corde.

A me rompe solo i coglioni. Non ne avevamo abbastanza della sciocchezza precedente ove il Paradiso vomitava di o chiusa, tipo barese, il must per ritardati: come la tua gonna, come la tua gomma?

Ma quale New York! Paradiso e il Cremonini con la nuova stella di Broadway, secondo me, andrebbero ficcati da Satana con tanto di Liza Minnelli che canta assieme a Bob De Niro di sassofono nello spronare la trombata!

Al solito, anche agli SAG hanno escluso Clint Eastwood per The Mule.

Mezz’ora fa, comunque, sono stato come di consueto al bar dei cinesi. Appena ho aperto la porta, un uomo distrutto dal lavoro quotidiano, mi ha guardato male perché io, con aria principesca, ho adocchiato la sua signora e la sua signora si è bagnata, rovesciandogli addosso il tè caldo.

Sì, ho lanciato uno sguardo ammiccante alla signora provocante di gambe slanciate, l’uomo geloso, sapendo che la sua donna si eccitò dinanzi al mio impudico averle tirato… un’occhiata ficcante, tutto stizzito s’incazzò.

Ma io ho continuato a bere il mio caffè, dopo aver mescolato lo zucchero col mio dolce occhiolino malandrino su argentato cucchiaino. E schiuma succosa ancor bollente della sua liquefatta v… na focosa.

Lo so, fratelli, siete angariati da una vita sfortunata e invece a me è concesso il dono dell’onnipotenza.

Adesso, vado a cucinare le bistecche. Perché io amo le fiorentine, giammai le cretine e mi stuzzico i denti coi grissini torinesi. Son un uomo alla cotoletta milanese con tanto di torta caprese, e spruzzo la maionese su patate condite salate e col dito scaldate.

Io sono il pepe, tu invece ti chiami Beppe e ora vai a preparare il presepe.

Comunque, la situazione giornalistica attuale io ho ottimamente inquadrato. Ora, se permettete, devo squadrare quel bel culo lì, per poter studiare da vicino, in maniera tangibile, come ottenere una posizione migliore… per elevarlo di grado. E tutto piacevolmente digrada…

Fino a prova contraria, oggi pigli un’inculata e domani ancor te ne fotti con tanto di ballata e soprattutto belata.

Un giorno sarò pelato, oggi sono soltanto denudato.

Ebbene, dopo questa mia altra sincera presa per il deretano alle ipocrisie di massa, vi auguro Buon Natale e in particolar modo spero nella vostra felicità da uomini castratisi per il volere di una racchia incredibile. Contenti voi, contente le palle dell’albero con la vostra “stellina”.

Luccicanti!

 

 

di Stefano Falotico

Annuario di FilmTV e il mio video promozionale su Clint Eastwood


12 Dec

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The Mule di Eastwood dura quanto Gran Torino. Cominciamo molto bene


10 Dec

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Clint Eastwood è proprio un mule. Come me, incarnazione del fascino superbo della nichilistica arroganza


07 Dec

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Eh sì, ieri alle candidature dei Golden Globe Awards, son state commesse due gravi dimenticanze, a mio avviso.

Aver innanzitutto trascurato vergognosamente la performance di Ethan Hawke in First Reformed. Film, come detto, dal finale assai discutibile, ma Ethan ha sfoderato nella suddetta pellicola forse la sua migliore interpretazione in assoluto. E dunque, ripeto, mi par alquanto scandaloso averlo messo in disparte. Speriamo negli Screen Actors… e naturalmente negli Oscar.

E poi ovviamente Clint Eastwood di The Mule. Il film non l’ho ancora visto. Da noi uscirà soltanto a Febbraio. Ma credo, in tutta onestà, che neppure i giurati dei Globes l’abbiano minimamente guardato.

Perché basterebbe questa clip, a prescindere dal valore ultimo, definitivo, complessivo dell’opera, per poter attestare che Eastwood, fosse solo per la sua commovente faccia raggrinzita, tenera e dolcissima, avrebbe meritato la menzione speciale…

Sì, devo confidarvi quanto segue, carissimi e anche acerrimi nemici (in)validissimi.

Io, da tempo immemorabile, mi son appartato, molto schivo, refrattario alla vita sociale, in una sorta di eremitica, perciò virtuosa, vita iper-coscienziosa al di sopra delle squallide piccinerie, oltre le regole falsamente basiche di un mondo ipocrita e pusillanime. E tengo a distanza le chiacchiere, le possibili calunnie che, inevitabilmente, proprio a ragione di questa mia anomala, bellissima scelta esistenziale, mi attiro addosso. Cattiverie inaudite sputate da vomitevoli bocche stomachevoli. Ché m’han stancato, quindi stomacato, disgustato, in una parola stufato. Anche nauseato.

Beceri luoghi comuni atti a prescrivermi istruzioni per l’uso… di questa vita. Come se la vita fosse un casellario, un questionario, un quiz a crocette, una battaglia crociata di rigidi percorsi a tappe per non venir sbattuti al tappeto. A cui adattarsi, improntarsi conformemente remissivi senza battere ciglio, senz’opporci con la nostra, vivaddio, unica, personalissima anima, perfino impura, masturbatoria in ogni senso, autoreferenziale, ombelicale. E semmai omologarci a narcisistici, morettiani precetti malati di solipsismo.

Sì, è stato immenso Goffredo Fofi quando ha bellamente, sottilmente sputtanato Nanni Moretti e il suo accalorato pubblico di pecoroni finti sinistroidi. Personaggini da CGIL che pendevano dalle labbra di quest’autarchico post-sessantottino e hanno sempre aspettato i suoi mediocri, blandi filmetti come fossero irrinunciabili appuntamenti da concerto di Woodstock. E si scompisciavano dinanzi alle sue battute, alle sue tirate d’orecchie, ai suoi “girotondi” in Vespa, a questa sua magnificazione della piccola borghesia apparentemente schierata politicamente ma invero più fascista della maggioranza del sistema da costoro aspramente criticato, osteggiato ma in realtà accettato, a cui sono stati i primi ad abdicare, celandosi dietro ribellioni di maniera, retorici discorsi pazzi in piazza e sventolio di bandiere rosse, dietro trasgressioni fasulle da uomini insinceri, tristi, appagati, facendosela sotto nella facciata tediosamente intellettualistica di una vanagloria ancora più pericolosa e barbosa della Destra più facinorosa.

Sì, so bene io chi è Moretti. Non fatevi ingannare. È uno che, memore delle scopate che aveva con Bianca, ha ficcato… Laura Morante ne La stanza del figlio solo per succhiarle di nuovo il seno. Con la scusa della scena empaticamente coniugale. E ficcò… il cammeo di Jennifer Beals in Caro diario perché, fanatico delle sue cosce in Flashdance, sperava di corromperla per uno stress da vampiro da Campbell Scott di Roger Dodger. Non poteva esserle franco? Che ne so? Andare da Jennifer e presentarsi così:

 

– Sai, Jennifer, dopo il tuo momento di gloria, a Hollywood non ti cagano molto. Io sono Moretti. Un regista molto cazzuto, portato su un piatto d’argento in Italia. Sai, vorrei sbattertelo di Strange Days perché sei una strafiga. Ci stai? Poi posso darti anche una particina… in Aprile, per farti rifiorire come in una maledetta primavera da Loretta Goggi.

 

Insomma, una merda. Ne ho viste tante. Sono quelle ex professorine, ora in pensione e mi auguro presto seppellite, che guardavano tutti i programmi “culturali” di Serena Dandini, strofinandosi la figa marcia con la mortadella di un marito pasciuto alla Gianfranco Funari. Donne dunque più volgari, classiste e cafone delle troie che odiavano. Disprezzavano e volevano bruciare, mettere al rogo. Delle streghe!

Ma cosa insegnavano ai loro studenti? A adempiere al fighetto inculare il prossimo col potere ricattatorio di un pezzo di carta per pulirsi il deretano?

Sì, secondo queste megere vacche, ogni ragazzo che non frequentava il Classico sarebbe stato estromesso dalla società che “conta”. Perché non aveva formato, anzi, io direi formalizzato la forma mentis del cazzo.

In parole poverette come codeste, donnette che avevano figli come Silvio Muccino di Come te nessuno mai, a loro volta pubescenti idolatri di Tarantino e poi cresciuti a moralismi peggiori dell’inquisizione de Il nome della rosa.

Eh sì, dopo averli indotti e indottrinati al Classico, tal mentecatte hanno indirizzato i figli agli studi da Umberto Eco, obbligandoli a non andare allo stadio, ah, roba da sottoproletari orribili, bensì  inducendoli a mentali stadi da “tribuna elettorale”, sì, ficcandoli psicologicamente, oserei dire in modus ermeneutico, semanticamente semiologico a studiare le teorie illogiche di tal fervido, abietto fautore di una delle più grosse stronzate “sintattiche” della cultura oscenamente “giornalistica”, ovvero Scienze delle comunicazioni, facoltà per futuri imbecilli come il “bot”(taniere) Montemagno.

Ove t’insegnano a comunicare per farci capire. Capire che? Come se un articolo di un giornale fosse un graffito preistorico ove, per far comprendere al tuo simile che non sei vegetariano e sei inserito… al vertice della gerarchica scala alimentare, col sangue di porco dipingi di murale un maiale scannato offerto in sacrificio per Natale al popolino come fosse un grasso, lardoso zampone con le lenticchie…

Sì, l’altro giorno, un tale Frattini mi ha attaccato su Facebook. Luogo in cui avevo condiviso la mia video-recensione de L’avvocato del diavolo. Costui, spregevolmente vigliacco, probabilmente di profilo fake senza foto e “credenziali”, ha messo in guardia, ah ah, i futuri fruitori del mio dissacrante video coltissimo, chiedendo loro di non dar retta a un personaggio come me, da tale idiota definito un clown d’avanspettacolo, un poveraccio senz’arte né parte, un guitto imbarazzante, un misero omuncolo che, a suo (ar)dire, non possederebbe la sensibilità artistica, il tatto, il gusto e la culturale perspicacia per addentrarsi in esegesi e disamine che, sempre a sua detta, esulerebbero dalla mia limitata comprensione della realtà e di conseguenza della sua raffigurazione, neorealistica o meno, surreale o visionaria, il Cinema.

Oddio, sto morendo. Frattini. Uno che, ammesso che sia un profilo vero e non un falsario alla Totò de La banda degli onesti, visionando la sua bacheca, pare un morto di fame che posta solo manifesti politicanti, ridicolmente politicizzati più dei peggiori film di Oliver Stone, inveendo contro tutti, sbertucciando l’Italietta unta e bisunta e poi melensamente glorificando i suoi musicali cantanti giovanili. Per un patetico, senile, pensionistico giovanilismo anacronistico da messia ante litteram poco letterato ed erudito, qualunquista e stupidamente partenopeo, floridamente incattivito nell’odio più oscurantistico.

Frattini, sì, la parodia di sé stesso da vignetta di Giorgio Forattini.

Insomma, in tre secondi netti, rispondendogli in chat, l’ho fatto piangere. Credo che al momento sia ricoverato in qualche clinica psichiatrica di Napoli. Città nella quale dice di aver doverosamente svolto il lavoro di direttore di banca, tifando il Maradona dei bei tempi e drogandosi da mattina a sera di seratine “dolci” come il liquore del suo babà. Ah ah.

Sì, uno che non voleva essere un sempliciotto come il compianto, suo concittadino Troisi ma che, a mio parere, trattava tutti come fosse il direttore del circo Massimo, rimanendo ideologicamente al minimo storico. Simpatica bestiolina questo Frattini. Un frustrato che giustamente frustai.

 

Sì, volevano che rinnegassi le mie scelte e ripartissi daccapo. Mortificando il mio io interiore affinché m’immiserissi nel porcile di massa, mercantile e spaventoso.

Vollero che mi curassi per alleviare le mie pene…

Sì, pene, gliel’ho messo in quel posto, ancora una volta.

Perché sono un colorito, armonioso fiorellino.

 

E al mio mulo non piace la gente che ride…0001_100784 rev-1-MUL-01355r_High_Res_JPEG

 

di Stefano Falotico

The Mule, il poster di Eastwood e i miei libri ai posteri da “mulo”


24 Oct

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Be’, io son sempre stato un mulo. Una persona restia alle regole, ed ecco allora la gente a urlarmi asino, datti una mossa! E invece ho sempre preferito starmene di “traverso”, inseguendo la mia birbante, eastwoodiana poetica. Da uomo delle stelle che, a tarda notte, si alza ed emette una scoreggina che non arrechi disturbo ai vicini. I vicini, dovete sapere, son sempre dormienti anche quando non dormono. Nelle ore diurne, lavorano con forza e vigoria ma il loro cervello, io vi dico, è da una vita spentissimo. Forse, non è mai stato attivato. Un sonno che dura dal momento del loro concepimento, un sonno eterno. E sperano di arrivare alla pensione per riposarsi e dormire del tutto, nella beota vecchiaia più lurida, nella pigrizia mentale più inaudita. Pigliando per il culo i giovani e masticando i fegati lerci della loro pusillanimità.

Io son sempre stato abbastanza, anzi, molto diverso dai miei coetanei. Mentre loro, in “pompe” magne, eran lì, pubescenti, in qualche pub a gozzovigliare triviali, a farselo ciucciare dalle ciucce, io me stavo acquattato, tranquillo e asciutto, come i pannolini Pampers, con la cannuccia in bocca a suggere il vero Cinema poetico di Clint. Sì, ero un grande “poppante”. Un topo brillante, un visionario, diciamocelo, aitante. Tu, invece, quando baci una donna, non esserle alitante. Ma soffiale tutto il tuo cuore con gran calore. Siile ficcante e dentro di lei consenzientemente, leggiadramente v(i)olante come un aliante. Plana su quelle colline e sorvola ogni tettina in maniera spruzzante. Da alcune sarai reputato sprezzante ma l’importante è dar loro del (f)rizzante.

Clint, a mio avviso, è un mito. Gli ho dedicato un libro, un po’ folle nel mio stile, Ghiaccio arcano di romantici occhi, che potrete trovare su lulu.com.

Questa la sinossi, asini…

Un turgido omaggio al Cinema monumentale di Clint Eastwood. Indimenticabili i fotogrammi dei suoi epocali, biblici, titanici capolavori, argentei, plumbei, crepuscolari, plasmati in un magnifico libro autunnale ma potente, che plana nelle sue iridi azzurre e ci abbaglia con classica eleganza. Poetico e intagliato come liquida pietra modellata nel Cuore romantico di Clint. Raffinato, di gran classe.

E la mia saga del Cavaliere, da quello di Alcatraz a quello di Madrid, in vendita sulle migliori librerie online, compreso Amazon-Kindle e IBS.it, trattano di un personaggio che si chiama proprio Clint. In effetti è lui. Come potete vedere nella copertina de Il cavaliere di Madrid.

Un uomo che, con giacchetta di jeans, cammina nei vostri vicoli ciechi e non crede alla superstizione del gatto nero. In quanto uomo “mulo” che se ne fotte con enorme charme. Fregandosene delle vostre maldicenze e dicerie poiché, nella penombra della sua elevatezza, abbisogna solo di un po’ di dolcezza, poi di rudezza e forse anche di sputtanare le schifezze.

Un uomo Falotico. Oggi un po’ zotico, domani patetico, poi fantastico. Un uomo artistico e mai tristemente scolastico. Alcuni mi danno dello psicopatico, del semi-autistico e del nevrotico, altri, quelli che mi amano, mi danno dell’ipnotico.

Mah, di mio, in questi giorni ho la gola a pezzi. Colpa di un brutto raffreddore. E sto prendendo l’antibiotico.

Fratelli, amate il gotico, ché qui si fatica e questa vita “figa” è sempre più caotica.

 

 

di Stefano Falotico

Eh sì, cari muli, è dura svegliarsi, è duro quando ci si sveglia


05 Oct

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Duro svegliarsi

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Pictured: Johnny Depp stars as J.M. Barrie in scene from FInding Neverland.

Pictured: Johnny Depp stars as J.M. Barrie in scene from FInding Neverland.

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Sì, come Matthew McConaughey di EdTV (titolo a volte scritto anche Ed Tv o EDtv), al risveglio, potreste avere un’erezione imbarazzante. No, nessuna telecamera ma lo sguardo puro di vostro figlio di due anni che non capisce l’ingrossamento, in quella zona lì, del pigiama.

Oppure, come Michael Peña di World Trade Center, vi affacciate al crepuscolo albeggiante e guardate la città. Pensando che il mattino abbia l’oro in bocca. E invece sarà il giorno più nefasto della storia, vostra e di quella americana.

Michael Peña, una faccia penosa, appunto, e da idiota come pochi, ma uno che lavora in cinquanta film all’anno e ora è anche in The Mule di Eastwood. La storia di un bravo vecchione, reduce di guerra che, con un piede già nella tomba, deve trovarsi un lavoro da “stagista inaspettato”. E scopre invece di essere entrato nel film Sicario.

Sì, ma gliela farà.

Molti di voi, invece, non ce la faranno. Siete troppo brutti. Al che, o vi date a una carriera da caratteristi come Michael Peña, per tirare a campare, oppure dovete studiare come degli ossessi per potervi guadagnare la vita da pseudo-intellettuali. Semmai inforcando occhialetti di sintomatico mistero come Battiato. Per far colpo sulla racchia del primo banco che segue, bagnata, ogni vostra stronzata di Storia, appunto, su Pipino il Breve.

Di mio, credo che mi farò assumere come controfigura di Johnny Depp per le scene dei suoi film, in flashback, quando era più giovane. Un lavoretto da quattro soldi ma sai che bello, fra un ciak e l’altro, mangiare il cibo in scatola nella roulotte?

La vita è anche una roulette, speriamo non russa. Voi continuate pure a farvi il grande sonno, a russare.

Ché qua c’è da farsi il culo, non prima di un caffè che te lo tira su.

 

 

di Stefano Falotico

The Mule e The Irishman sono da me i film più attesi della stagione, sì, anche The Mule, e tutti questi altri non m’interessano


23 Jun

Eastwood The Mule

Siamo a fine Giugno ma già si fanno i pronostici sulle pellicole da Oscar o, perlomeno, su quelle di maggior appeal, commerciale, critico e non.

I siti espertoni di previsioni stilano già le loro classifiche, dimenticandosi della regola basilare del Cinema: se un film non è ancora uscito, puoi diagnosticarne il prevedibile successo, ma non l’hai ancora visto, quindi la smettessero con questa bischerata dei capolavori annunciati. Anche perché, a ben vedere, io ravviso poche opere davvero meritevoli della mia attenzione. Mi baso su sensazioni a pelle. Sì, come quando cammini per strada e incroci tante donne, soprattutto in questo periodo, che scosciate ti ammiccano ma tu non le caghi, non cogli i profumi pur delicati che emanano, e persino i loro piedi, esibiti in sandali volgarissimi, ti danno la nausea. Poi, ecco che passa una che solitamente non avresti mai cagato. Un po’ bassa, perfino tarchiatella, ma il suo sguardo è luciferino e ti cattura subito. Al che la segui. Entra in un bar, lasciandosi dietro una scia che profuma di donna schiumosa, una di quelle donne, sì, con cui immergersi nell’idromassaggio per eiaculare con avido “massaggio”. Sì, attizzante, ha un non so che di sfizioso e allora entri anche tu nel bar. E, di sottecchi, la sbirci mentre sorseggia un caffè nel tuo già volerla zuccherare, mescendo il cucchiaino del tuo “losco” esserle peperino. Ah sì, a questa va offerta una peperonata e poi impeparla sul letto con l’inzupparla, innaffiarla, aspergerla e, solleticante, eccitarla.

Scusate, mi sono perso, immaginando una notte “frizzante”.

Andiamo avanti. Ah, le donne sono la mia perdizione. Ma ora tuffiamoci nel Cinema dei mesi a venire in maniera orgasmica ma ponderata, senza farci prendere da facili entusiasmi, appunto, senza “venire” prima del dovuto.

1) If Beale Street Could Talk di Barry Jenkins. Moonlight ha vinto l’Oscar perché dopo cento anni e mezzo, nell’anno di Trump, dovevano premiare un film nero. Per par condicio.

Lo cestiniamo subito.

2) Il primo uomo di Damien Chazelle. Apollo 13 è uno dei film più noiosi della storia. Questo è sull’Apollo 11. Insomma, se il tredici, che è peraltro un numero fortunato (eh sì, un tempo si diceva ho fatto Tredici, ah ah) è successivo all’11 ed è tedioso, perché mai dovrebbe interessarmi un numero inferiore? Va be’, sarà superiore a Creed II, film sul figlio di Apollo.

Ma gli astronauti dell’Apollo, durante il lungo viaggio, come facevano a passare il tempo? Cantando Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo e tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo.

Sì, battuta scontata. Ma anche questo film di Chazelle è scontato che sarà candidato agli Oscar. Più i film sono tronfi e stronzi e più vengono candidati. Pensate a John Carpenter, non ha mai ricevuto una candidatura, perché è sempre stato un realista pessimista, non sognava la Luna e non si faceva viaggi pindarici. Ho detto tutto.

3) A Star is Born di Bradley Cooper. Cooper si crede Jeff Bridges da giovane e Lady Gaga si crede una bella figa. La colonna sonora però, mi dicono, che sia da urlo. Sì, quando meditate al suicidio, una canzone di Gaga può farvi vedere le stelle, prima di schiantarvi sul selciato, post-volo dal decimo piano. Sì, nel parcheggio sottostante, un tamarro che adora la signora Stefani Joanne Angelina Germanotta, ma di notte va sempre a mignotte, aveva l’autoradio accesa su Poker Face, hit che lui ascolta quando gioca al pocherino e viene puntualmente spennato come un pollo, tanto che non ha nemmeno dieci Euro per un “pompo”.

4) Widows – Eredità criminale di Steve McQueen. Per me esiste solo il McQueen di Tom Horn.

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5) Beautiful Boy di Felix Van Groeningen. Mi dicono che Steve Carell e Timothée Chalamet siano entrambi papabili di nomination. Sì, è la storia di molte famiglie nel mondo. Il figlio è drogato, il padre un disperato che prova ad aiutarlo ma, anziché salire sul Kodak Theatre, finiscono entrambi al cimitero. Il figlio è morto di overdose, il padre di dolore. Quindi, mi puzza di film ruffiano e falso.bb

6) Boy Erased di Joel Edgerton. Questo è senza dubbio quello che mi sa di stronzata immonda. Russell Crowe e Nicole Kidman (che non abbiamo alla fine mai saputo se hanno scopato nella vita reale) allevano un figlio omosessuale e lo “curano” dalla sua “malattia”, castigandolo e non dandogli la marmellata. Secondo voi è presentabile un film così didascalicamente sfacciato? Piacerà molto ai gay che, appena si sentiranno umiliati, esporranno nelle parate “pride” il Blu-ray.

Nicole Kidman stars as “Nancy” and Russell Crowe stars as “Marshall” in Joel Edgerton’s BOY ERASED, a Focus Features release.

Nicole Kidman stars as “Nancy” and Russell Crowe stars as “Marshall” in Joel Edgerton’s BOY ERASED, a Focus Features release.

7) Backseat di Adam McKay. Christian Bale dimagrì quaranta chili ne L’uomo senza sonno, ma l’Academy non lo cagò. Allora, dopo aver messo su i (non sui) muscoli per Batman, dimagrì un’altra volta per The Fighter. Vinse l’Oscar mentre ad Alessandro Casciutto, tossico emaciato del mio quartiere, danno a stento l’assegno da invalido. Poi Bale ingrassò per American Hustle e De Niro, nel suo cameo, con la faccia beffarda gli fece capire che Toro scatenato è un’altra cosa. Probabilmente, anche quest’anno, Bale perderà, forse battuto da De Niro di The Irishman.

Per la serie… bastasse dimagrire o ingrassare per essere grandi attori. E Bale non lo è. Ha sempre la stessa faccia da culo. Negli ultimi anni, prima dimagrii in maniera anoressica, poi ingrassai trenta chili abbondanti, ma persi in salute e smarrii la silhouette, facendo la bella statuina…

8) Bohemian Rhapsody di Bryan Singer. Nessuno può essere Freddie Mercury.Poster_Ufficiale

9) Welcome to Marwen di Robert Zemeckis. Ancora Steve Carell! E basta, dai! Io ho avuto una storia simile. Sono stato bullizzato e vivo adesso spesso di fantasia. Anch’io vivo la mia guerra personale in trincea e sogno una donna simpatica come Leslie Mann e con le cosce di Diane Kruger.

L’altra sera, mi contatta una su Facebook, tale Sabrina Pascutti:

– Ciao, ho voglia di carne fresca. Mangiami!

– Ciao, stasera mangerò prosciutto di Parma.

 

Bloccata.

 

10) The Favourite di Yorgos Lanthimos. Fra Emma Stone, troppo magra, e Rachel Weisz, che di belo ha solo gli occhi e credo le puzzino i piedi, preferisco Antonella Portobello. Non è male, fidatevi, è la mia preferita al momento. È un po’ scema, ma non più delle altre con la cattedra ad Oxford.

 

Sì, sono un uomo dalle freddure alla Clint.

 

 

di Stefano Falotico

The Mule, il prossimo film di Eastwood è come me


24 May

Clint

 

Non so se avete presente la scena di Essi vivono in cui Roddy Piper va a pranzare nella mensa dei barboncelli. La signora gli porge una specie di zuppa e gli chiede se ne vuole ancora. Qualsiasi uomo di buona educazione avrebbe risposto un cortese no. Invece, lui, caprone, le risponde… sì, ancora. Quindi dopo avergli riempito il piatto, la signora retoricamente gli chiede ancora se appunto ne voglia ancora. Retoricamente perché a quel punto sia lei che lo spettatore si aspetterebbero un gentilissimo NO. Invece Piper, zuccone amabilissimo, con strafottenza da applauso, replica nuovamente un sì, ancora.

Sì, un uomo senza vergogna che, da vagabondo disoccupato, non rinuncia ai piaceri della cucina e mangia come un porcellino. Senza dover rendere conto a nessuno.

Uno dei primi film con Clint Eastwood protagonista, come sapete, è stato Per un pugno di dollari. Eh sì, quel mulo esigeva le scuse. In questa scena storica, da morir dal ridere, vi è incisa tutta la filosofia eastwoodiana. Ma quale reazionario e giustizialista, è un uomo che non ama i vili affronti, odia gli scherni, gli sfregi come ne Gli spietati, e a costo di beccarsi delle pallottole va sotto casa di quei vermi di Gran Torino, a far la sceneggiata “napoletana”.

Walt Kowalski è uno stronzo, un buffone, uno che disdegna questo fottuto orpello della cosiddetta bonjour finesse, sputacchiando in faccia a Cristo e, a costo di schiantarsi e beccarsi pugni in faccia e batoste tremende, finché non ha sviscerato tutta la merda, non è contento.

Ecco allora la storia di Earl Stone, novantenne veterano di guerra, che soffre di “demenza” e quindi non è imputabile di colpevolezza.

Ah, uomo dai mille malestri, uomo maldestro forse persino di Destra, un figlio di puttana come pochi.

 

Mi trovavo al bar oggi pomeriggio. Ordino il consueto caffè. Una donna molto magra, quasi rachitica sulla cinquantina, però di gambe ben tenute, mentre sorseggio il mio dolce caffè ecco che comincia a fissarmi insistentemente. Io finisco di bere, do l’euro alla barista, al che porgo alla signora un sorriso simpatico quanto questa frase da me a lei pronunciata con aplomb eastwoodiano…

– Signora, se vuole il mio uccello, sappia che non è per donne come lei. Io sono un orticultore dei miei piaceri bucolici. Vada ad arare qualche maschione che saprà innaffiarla a dovere.

– Lei è un porco!

– Come lei, signora. Perché a vederla bene mi sembra pure che voglia mettermelo in culo. Ah, frociona!

 

Al che mi son grattato le ascelle.

Inizialmente il personaggio di Eastwood si doveva chiamare Leo Sharp.

 

Finisco col dirvi che sabato una su Instagram, dopo avermi adocchiato, mi contatta “in privato”.

– Ciao, che bel profilo che hai.

– Facciamola svelta. Vuoi che te la lecchi? Mi spiace, non hai la faccia di quella che “lo” incassa.

– Senti, io sono una donna di classe, non accetto queste volgarità. Sono donna prima di tutto di cervello.

– Ah sì? Non si direbbe.

– Cosa vuoi dire?

– Vai a lavare i piatti, forza.

 

Al che l’ho bloccata. Probabilmente è andata a consolarsi con un piatto d’insalata, coltivato nel campo della sua “cultura” del cazzo.

 

Ah ah.

– Perché ridi? Guarda, Stefano, che quello che hai scritto è abbastanza disgustoso. Non fa ridere per niente.

– Invece a me fa ridere, sai? E anche parecchio.

– Ti daranno un’altra ripassata se continui a non mettere la testa a posto. Ma, cazzo, ne vuoi ancora?

– Sì, ancora. Perché voglio continuare a vivere a modo mio.

– Sei proprio una merda!

– Sì, come tutti.

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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