Da quando son tornato a parlare, a interagire e ad amare persone in gamba, anche amoreggiando con donne dalle bellissime gambe, la mia vita ha ripreso il volo. Mentre molti idioti esaltati, troppo aff(r)ettati nelle offese loro volgarmente precipitose, hanno fatto la fine di Leo DiCaprio in The Aviator. Eh sì, poveri mongoli-mochi, vi siete bruciati come Icaro. Le vostre case son piene di acari e voi siete scoria. E nei vostri animi escoriati. Non vi è storia.
di Stefano Falotico
Posts Tagged ‘The Aviator’
Il Falò delle vanità: le carriere di WILL SMITH & BRUCE WILLIS sono finite? My curriculum vitae?
Previsioni Oscar 2020 Best Actor, sì, avete letto bene, vincerà l’interprete di Re per una notte
Se non volete divertirvi coi miei calembour e giochi lessicali, passate al capitolo 2.
Quando il sottoscritto comprese le ipocrisie del mondo e partì come una furia, una lince
Chiariamoci molto bene. Se qualcuno mi ha scambiato per Leo DiCaprio di The Aviator, è meglio che si ammutolisca subito. L’unico disturbato ossessivo-compulsivo è lui che ripete sempre le stesse cose, un profluvio stancante di frasi fatte, di stereotipie, di una visione limitatissima, angusta e angustiante, della vita. E non sa volare se non nella fantasia più illusa.
Perché io assomiglio molto di più a Colin Farrell di Miami Vice. Futurista, talmente veloce da essere iper-nevrotico. Mi son talmente velocizzato che l’ascensore del mio appartamento, quando compie il tragitto da piano terra al quarto, cioè quello in cui abito, mi pare che impieghi mezz’ora e invece impiega 30 secondi. È lentissimo. E io non ho più da tempo da perdere con quelli che stanno nello scantinato.
Una corsa contro il tempo, una dinamitarda velocità recettiva mai vista. Un’elevazione pazzesca. Che se ne frega totalmente degli schemi, delle sovrastrutture e delle etichette.
La dignità non è un lavoro da quattro soldi da avere affinché l’altro, ingannato dalla nostra finta rispettabilità, possa stimarci.
Come Superman, tu sei a pagina due e io ho già finito altri due libri. E non m’importa se tu guadagni diecimila Euro, facendo semmai lo psichiatra che non ha mai visto un film di Carpenter.
Sì, che stanchezza questi uomini di Sinistra. Da Festa dell’Unità con la porchetta in bocca, i loro spettacolini teatrali da asilo nido, anzi, da ospizio. Per farsi compiacere da veltroniani già andati.
Via, il mondo va svecchiato. La loro filosofia ha reso soltanto i giovani tristi e depressi.
E quelli di Destra? Cattivi, sembrano Michael Ironside di Scanners. Vogliono sempre fare il lavaggio del cervello a chi non la pensa come loro. E vogliono comandare in maniera dittatoriale. Per essere i dominatori.
Io non sono plagiabile.
Ieri sera, ad esempio, ho finito di vedere Il nome della rosa con John Turturro. Oh, già l’avevo detto nella mia recensione. Parafrasando Nanni Moretti, ma sai che non è male affatto?
Sarà mica un caso che Turturro ha lavorato con Nanni? Oh, John è un grande. No, non ha il carisma di Sean Connery, è un mezzo cesso d’uomo. Ma è bravo, cazzo è bravo. Guardatelo anche in The Night Of e ne riparliamo poi.
Alla fin fine, Giacomo Battiato non ha fatto un brutto lavoro. Consideriamo che è una fiction e, tutto sommato, deve aderire ai canoni RAI. Oh, perlomeno, se proprio dobbiamo pagare questo canone, almeno che ci abbiano messo lo streaming su Ray Play. Ché di guardare varietà con scosciate di sceme e programmi sui cuochi, no, cocchi, mi son rotto da un pezzo.
Siamo chiari. Antonella Clerici? Ma ha un seno pazzesco questa qua, è debordante. Ma non sono il tipo da Antonella Clerici. Quando, dopo averlo fatto, sono a casa con lei, di cosa le dovrei parlare? Se il barattolo di pomodoro costa 3 Euro e invece i fagioli ieri venivano a 2?
A proposito, i vostri fagioli vengono? Mah. Ah sì? Meglio così.
Ecco, chi pensa che io viva nel mondo delle nuvole, mi sa che farà la fine di questi falsi monaci dell’abbazia. Una congrega di malati di mente, di untori, di loschi figuri abbastanza putridi come Bentivoglio. Di spioni, di pettegoli.
Sì, davanti ti dicono… quanto bene ti voglio e poi sperano che tu, demoralizzato, perda ogni voglia.
Siamo pieni di moralisti invidiosi. Fa bene Adso. S’innamora della “selvaggia” del villaggio e se ne frega dell’abito che fa il monaco.
Ecco, vorrei indurvi al sorriso. Voi, sì, incellofanati in vite che si professano allegre ma, invero, so che sono tristemente soltanto accasciate a una finta ironia di facciata ove, sfacciati e appariscenti, esibite le vostre sensualità, comunque discutibili, affinché il prossimo di voi possa ammirare la vostra più sciocca, frivola apparenza.
Oggi, ad esempio, di punto in bianco, mentre stavo mettendo a posto la mia recensione di Scanners, un mio conoscente è “saltato” in chat, con far da esaltato. Parlandomi delle sue serate salate e del suo salame.
– Ehi, amico. Ora ti dico questa. Venerdì scorso… ah, che roba. Ho conosciuto una di San Marino ed è stata una nottata da favola.
Al che, con aplomb mio proverbiale, continuando a fumarmi una sigaretta scacciapensieri, a mo’ di Clint Eastwood di Per qualche dollaro in più, gli ho risposto in maniera freddamente simpatica e al contempo un po’ sanamente menefreghista:
– Bravo… E a me sinceramente cosa potrebbe fregarmene?
– Be’, posso vantarmi di questa sc… a sesquipedale, no?
– Certo. Vai allo specchio, adesso, guardati attentamente e vedrai il tuo sorriso a trentadue denti, no, scusa, a 29, te ne hanno cavati tre cariati marci, che si compiace del suo piacersi. Ah, che bellezza, eh?
Ma per piacere! Son contento per te ma qui ho da fare cose serie, oggi. Delle tue avventure erotiche, non so se intrepide o tiepide, sono c… i che riguardano te e le tue amanti del c… o.
Dunque, se permetti, ora mi congelo, mi congedo. Me lo concedi?
– Certo. Ci sentiamo un’altra volta. A risentirci. Poi ti aggiornerò.
– Non ci aggiorneremo proprio su niente. Ti ho detto che dei tuoi memoriali erotici, non so se eroici, non può sbattermene assolutamente. Chiara l’antifona o devo chiamare l’Amplifon?
Sì, la vita sociale, anche quando solo virtualmente complice di esperienze toste, non è che abbia mai attirato molto il mio interesse.
La gente parla, favella, ci racconta delle sue fiabe, delle fate, delle fatalone, dei loro complessi fetidi e fetali ma, onestamente, possiamo dircela? A me che ne viene?
Non viene proprio nulla. Tutti alla ricerca di soldi e sesso. Sono venali, veniali. Questi si sventrano, si svenano, si svendono e poi donano pure il sangue a quelli che hanno appena avuto un’emorragia cerebrale.
A voi pare normale tutto questo? Questi sono davvero, più che scopati e accoppiati, dalle loro turbolenze gastrointestinali, turbati, accoppati e nella testa scoppiati.
Sì, col tempo ho capito che ogni inc… a passata non era attribuibile a una mia inferiorità o infermità, bensì a una marcata superiorità. Come Stephen Lack. Vi ho già spiegato questo.
Il gigante, in mezzo ai nani, diventa lui il nano e viceversa. E in questo bordello totale nessuno ci capisce un c… o. Nemmeno io. Ah ah.
Insomma, è un mondo di falsità, di verità capovolte, di gente che andava premiata e invece è finita cassa-integrata.
Così come agli Oscar.
Vince Rami Malek e avrebbe dovuto vincere Christian Bale. Ha vinto Olivia Colman e Glenn Close, dopo sette candidature, è rimasta ancora a mani vuote. È il colmo!
Ne abbiamo colme… avete capito.
Io non sono uno scanner e non sono veggente. Mi piacerebbe esserlo.
Gli Oscar sono un giochetto, un magheggio, un marchingegno di calcoli statistici, d’an(n)ate fortunate, di colpi di culo bestiali.
Avreste mai pensato, sino a dieci anni fa, che McConaughey avrebbe vinto la statuetta?
E avreste mai pensato, allo stesso modo, che ora avrebbe interpretato un film di Harmony Korine? Be’, regista carino? Insomma. Provocatorio? Ma de che? I suoi film non sono né carne né pesce e McConaughey non è Big Lebowski. Quindi, cestinate subito quest’immondizia e chiamate il netturbino.
Allora. O la provocazione si fa con eleganza alla Luis Buñuel oppure il signor Korine è meglio che la finisca con le sue trasgressioni d’accatto e si sposi Antonella Clerici. Che gli preparerà qualcosa della Bonduelle. E, il mattino dopo, gli darà un Buondì Motta.
Gli Oscar sono fasulli ma se tu, ipocrita, dici che, se vincessi la statuetta, te ne fregheresti, ti mettiamo in compagnia di Pinocchio
Ora, facciamo i seri. Quali sono gli attori che, almeno sulla carta, potranno essere con tutta probabilità candidati come Migliori Attori ai prossimi Oscar, appunto?
Dunque, prendete carta, penna, calamai, miei Calimeri, non leggete Camilleri e non mangiate, quest’estate, troppi cocomeri. Non fate con le ragazze i merli e non date a me del nero, sennò vi faccio ascoltare all’infinito Mahmood, vincitore di Sanremo. Il mio non è razzismo, ci mancherebbe, ma questa canzone fa veramente schifo. L’hanno premiata tanto per dire… sì, così diranno che non siamo razzisti ma che cattivi intenditori di musica. Non è un grosso problema, pensate che gli U2 ancora guadagnano miliardi. E ho detto tutto.
Partiamo dai soliti noti.
Ancora lui, Christian Bale per Ford v. Ferrari.
Brad Pitt per Ad Astra e Once Upon a Time in Hollywood.
Leonardo DiCaprio per Once Upon a Time in Hollywood.
Gary Oldman per The Laundromat e The Woman in the Window (fra parentesi, appunto, dopo l’Oscar è partito in quinta e quest’anno esce con 6, ho detto 6, film!).
Tom Hanks per A Beautiful Day in the Neighborhood.
Willem Dafoe per The Last Thing He Wanted.
Edward Norton per Motherless Brooklyn.
Ce ne sarebbero altri da citare ma mi fermo qui.
Ovviamente, voi sapete per chi io tifi? Nevvero? Non l’ho messo nell’elenco. Ma, conoscendomi, non ci vuole Einstein per fare due più due e arrivare a Frank Sheeran. O no? Basta, date questo terzo Oscar al Bob e vergognatevi ché manco lo candidaste per C’era una volta in America. Dico, son porcate che si fanno? Ma guarda un Bob, no, un po’.
Ve lo dice il Genius-Pop. Ohibò! Ora, vediamo gli annunci di lavori sul giornale Il Bò. Boh, nulla di attizzante. Vedo solo annunci di massaggiatrici e stiratrici. No, questo puttanaio non fa a casa mia, no, al caso mio.
E io tiferò per Bob.
E sapete perché?
Christian Bale? Trasformista strepitoso, Leo DiCaprio? Sì, ottimo. Pitt? Troppo bello. Ah ah. Gary Oldman. Ha vinto un anno e mezzo fa. Stia calmo, ora. Edward Norton. Mah, sì, potrebbe starci. Ma non vincerà.
Willem Dafoe. Ma sì, nessuno lo ha mai cagato. Ci potrebbe stare questa sua ultima tentazione da povero cristo.
Eppure quante stronzate mi hai girato, Bob.
Però, se vogliamo essere proprio sinceri, mi guardo attorno e Travis Bickle non ne vedo. Tu sei il solo. The Greatest Actor of All Time.
Aveva ragione il suo amico Harvey Keitel quando alla domanda: – Perché secondo lei Robert De Niro è il più grande?
– Ah, c’è pure da spiegarlo? Vede, Bob non è più bravo degli altri. Ma quando appare lui, chissà perché, i film acquistano qualcosa di magico. Qualcosa d’irripetibile, immenso. Gli altri non sono capaci di questa magia.
È per questo che lui è il più grande. Quando parliamo di Bob, non parliamo più di un attore, parliamo di qualcosa di favoloso che gli adulti raccontano ai bambini, come nelle più fantastiche storie leggendarie.
Bob è l’incarnazione di un poema di Omero. Qualcosa che non sai se è mito, realtà o aldilà.
Quest’ultima frase non l’ha detta Harvey.
L’ho coniata io.
E ci sta da Dio.
Se non credete che sia così, andate su Instagram e lasciate stare il Cinema.
Secondo me, dovreste lasciare un po’ tutto.
Tanto non ci arrivate.
di Stefano Falotico
Auguri a Leonardo DiCaprio, mentre io, Da Vinci di oggi, non vinco da “leone”
Eh sì. Quanti fessi ci stanno al mondo. Invece che festeggiare la propria vita, pensano ai compleanni delle star, in vite che sono una brodaglia di patimenti, lamenti, in una parola vite da escrementi. Sì, il bel Leo, dopo tanta gavetta e molte fighette, compie gli anni. Inutile ricordarlo nelle sue migliori interpretazioni. Hollywood e noi lo conosciamo a menadito, e paiono lontani i tempi in cui veniva rimproverato dal suo genitore in blue jeans, o veniva redarguito da De Niro che lo provocava a base di penose smorfie, affinché crescesse e maturasse. Oggi è maturo eccome, un Ercolino, e si attornia di donnine che lo rendono un pimpante porcellino. Egli infatti non è sposato, non ha figli, e da due anni e mezzo non ha più lavorato in alcun film, conservandosi ottimamente mantenuto per riunirsi con Scorsese, e forse ancora De Niro, in Killers of the Flower Moon. Mentre la nostra Italia decaduta vien abbattuta anche dalla Svezia, in un’avventura azzurra in cui tal Ventura è stato la più nostra grossa sventura, mentre Bettarini si rimette con Simona, roba da farci rimettere, cari peccatori che rimettiamo i nostri peccati, mentre i giovani illusi vanno al cinema sognando vite che mai avranno e poi rincasano ascoltando J-Ax, mentre i cassaintegrati fanno fatica a integrarsi e disintegrano le loro mosce panze mangiando pane integrale e consolano la moglie afflitta da pene, mentre tutto scoppia, mentre un’altra giornalista “seria” in tv scoscia e molto di noia scoccia, mentre una vecchia si fa il lifting con lo scotch mentre il marito arricchito, che vota Destra neonazista, picchia un barbone, scolandosi un bourbon, c’è gente che non ha meglio da fare se non “rimembrare” la carriera di DiCaprio. Che sarà forse Da Vinci e comunque sempre vince. Veni, vidi, vici, come disse Gaio Giulio Cesare, uno che molto “venne”, (s)battendo tutti, essendo vivacissimo sessualmente, promiscuo-bisex e amante di Marlon Brando di suo “marcantonio”. Eh sì, pare che Brando fosse un ingordo del sesso e abbia avuto relazioni con James Dean e Montgomery Clift, mentre i maligni sostengono che DiCaprio si affianchi a giunoniche signorine per mascherare la sua omosessualità latente. Qui il dubbio latita e in Italia siam pieni di latitanti, anche di latinisti. Sappiatelo, voi che, ingenui, ragionate da lattanti.
Comunque sia, questa vita è stata un Titanic per molti. Ai più cattivi fanno l’antitetanica, ai più buoni danno un buono per la Coop, ai cani danno le bastonate, alle cagne danno “calore”, e in questo freddo polare-artico non si salvano neanche gli aviatori…
Che dire di me? Sono uno che conosce la Mona Lisa, cari mona(ci).
Insomma, caproni, qui non si salvano neanche capre e cavoli, guarda te se devo pensare a DiCaprio.
di Stefano Falotico
Duri, quasi “germanici”, spietati
Orrore di un allampanato che non s’è attenuato: “potatura” di albero ad alto “fusto”
Anno 1995, verecondia issata nelle ramificate mie “zoologie” d’una spietata, quantomai atroce “concretezza”, dopo i sincretismi “astratti” d’astral viaggiar in soavi nuvole “insaponate” da ricattatorie menzogne. Splende come ieri, e m’illuminò da chi lo “suggestionò”
Sì, i minuti scandiscon “cardiaticamente”, il Tempo che non m’ossida nel mucchio ischeletrito di zombi pingui nel “pastasciuttarla” di pasciutezze asciutte in anime che han spellato l’animismo “animalizzandolo”.
Di come, per sciagure “cerebrali” che involsero ad avvoltolarmi in cervellotica, perenne abulia, incontrai un balordo che capeggiava la sua tribù di bui “classisti” per evirar il mio gaudio e “clericarlo” alla varichina, o peggio acclararlo nella “follia”.
Di come tentò di traviar la mia vita “aviatrice“, spezzando le “ali” da Icaro perché non s'”accalorassero”.
Quella spontaneità repressa e indotta a deprimersi, quei pudori castigati dall’acuminato livore di proibizioni “probatorie” delle mie presunte “pazzie”.
Tutta la sana ferocità degli istinti, ammansita da quello “sguardo” un po’ paternalistico, un po’ “analistico” da schifoso guardone, da chi si vezzeggiava in compagnia a “mafieggiar” d’emozioni altrui, “legiferandole” con sferrar pugni alle loro dignità.
Le crasse risate “indagatorie” ad avvizzir anche il più tenue “boato” che voleva solo “beatificarlo”, conficatto di paletti d'”avorio”, di avida malignità a sgualcir la poderosa brillantezza d’un corpo e di una mente amante perfino delle sue “dissipatezze” o del gusto profumato dell’ansimar “vaginandola” in un’identità virile anche quando, onanista, si tergeva di lubrificazioni “vagabonde” per fornicarsi senz’esserne soggiogata da donne di “godereccia” goliardia o da lardosi “puledrelli” dall’uccelletto vivace. L’essenza scarnificata del “ragazzismo” becero di chi, incosciente, fra loro, si macera.
Orripilante macelleria!
Sì, m’appare l’angoscia d’un incubo che raccapriccia, ancora, una famiglia che mi “torniva” d’avvilente boria, con la presunzione manichea di “dotti” saputelli per intinger la “brace” nel sangue di chi era vivo o, di vividezza, rifulgeva d’ogni ardita bramosia, senza mai incenerirla in lavori mendaci e in fameliche corse al guadagno, ove il materialismo si “permeava” di bavose “tragicommedie” da frivoletti col pensiero stampato nello “stapparlo”.
Ah, come li assediai, per aver solo pensato d'”affrangermi” e infranger quei sogni che m’erigon nel mattino “marmoreamente” arcobalenico contro il loro Mondo libidinoso e di flatulenze sessuali, e di quel putrido grasso che cola. Ne siete avvinti, ne siete paurosamente, ah, come ne fuggo…, “vittoriosi”.
Ah, quanto rabbrividisco, or che son immerso nella lietezza dello spensierarla, nel tramonto sempre acceso di rossastre evasioni.
In cui le lagrime son scalpitio del tormento dei miei abissi.
La “marinità”, una soffice carezza nel vento che mormora.
Le crudeltà, l’arrocco difensivo dei deboli.
E la mia magnificenza, di grido irreprimibile, la vigorosa forza delle mie membra, o di un’altra mia ombra che non sarà più, mai più, offuscata.
La catarsi nella sua resurrezione, la prelibata sorgente d’esser ancor allibito dinanzi agli abomini, ed eternamente nella purezza che, di decadenti brezze, fischia dentro un grandioso ululato da “martire” che li ha martoriati.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Gli spietati (1992) Un torto troppo grave, imperdonabile, e l’antico guerriero, in una piovigginosa Notte vendicativa, “sfregerà”, a nitidissimi colpi di pistola, una mortifera allegria di “sceriffi” o solo un “califfo” con le sue caraffe e puttanelle che “arraffa”.
- Mystic River (2003) Mai dire “buono” se è un lupo, e mai sparare su chi è innocente.
- Debito di sangue (2002) Il tuo “migliore” amico, è colui che voleva “assassinare” la tua vita.
Perché, ha sempre saputo, che lui è una merda. - The Aviator (2004) E se cambiassimo il finale?
Howard Hughes, dopo la “malattia”, spaventa di nuovo tutti con la sua titanica grandezza da gigante Orson Welles.