Posts Tagged ‘Taxi Driver’

Il primo Ottobre era il primo giorno di scuola, una volta: invece, il Joker, il sottoscritto, è un Ferdydurke, e mi hanno anche curato male le carie, super video


01 Oct

Joker-Movie-Set-Video-Joaquin-Phoenix-Crying 9788807812309_0_0_300_75

Ferdydurke è una comicissima allegoria dell’infantilismo moderno: un trentenne si trova sbalzato indietro nel mondo dell’infanzia, in una ridicola classe scolastica. Cerca di ribellarsi ma scopre che essere di nuovo “immaturo” non gli dispiace affatto. La nostra società che anela a rimpicciolire gli adulti e a mutarli di nuovo in bambini è il bersaglio del feroce umorismo del grande scrittore polacco.

Questa la sinossi del capolavoro letterario di Witold Gombrovicz, che io ovviamente ho letto e voi no, capre e caprette. Eppur DiCaprio è un ottimo attore, ah ah.

Sì, son state svelate le location del Joker con Phoenix, reminiscenti di Taxi Driver. Opera magna di Scorsese e naturalmente mio film preferito, essendo io, oramai da tempo immemorabile, l’alter ego vivente, reale, toccabile, possibilmente, mie donne, scopabile, di Travis Bickle.

Sì, il fantasma di Travis Bickle, verso i quattordici anni, dopo che il capolavoro assoluto di Scorsese mi folgorò, s’impossessò della mia anima. E, per anni insormontabili, ne assunsi le fattezze fisionomiche e non, divenni l’angel heart di Bob De Niro. Ah ah. Trasfigurandomi nel suo straniero e divenendo un God’s lonely man.

Pura essenza metafisica che, anche se vedeva passare davanti a lui una super figa, manco se n’accorgeva, preso esclusivamente da “deliri” burroughsiani che occupavano ogni mio neurone, (in)castrandomi in una zona di dormiveglia esistenziale… più che esistenzialista, un po’ fancazzista. Da istrione che si pavoneggiava da solo, ballando nel vento.

Ma fu un’adolescenza comunque amabile. Poi, di colpo, questo dolce dormire sparì come per miracolo. E venni aggredito senza soluzione di continuità perché accusato di essermi interrotto. No, è una versione sbagliata. Fallata. Poco falotica. Io mai m’interruppi, al massimo gigioneggiai. Di qua e di là, danzando fra una crêpe alla Nutella, con la gente che mi diceva… , tu per vivere così, credi di essere il più bello?

Che io fossi il più bello mi pareva ovvio. Infatti, come Travis Bickle, parlavo allo specchio delle mie brame e, dal riflesso dell’essere il più bello del reame, non ero nessuno, essendo gli altri molto più brutti e invidiosi. E dunque escludendomi dal piacere delle loro stronzate.

Ah, stronzate di “gran” livello. Si procacciavano le bimbette nei disco-pub(i). Ah, che discoli, io lo sapevo, facendo finta di non aver visto nulla. Occhio non vede, cuor non si duole, soprattutto per la sanità di me stesso e del mio fegato. Ah ah.

Eppur mai me ne dispiacqui e sott’acqua navigai nelle zone lombrosiane del mio Amleto ecceziunale veramente. Sì, mi pettinavo malissimo, simil Diego Abatantuono misto a Javier Bardem di Non è un paese per vecchi. Ma questa spettinatura (sì, esiste, è sulla Treccani) era facente parte del mio personaggio, un cerbiatto, un furetto, vilipeso da chi mi considerava solo un furbetto. Va be’, sì, qualche masturbazione, non solo mentale, ci scappava. Anni straordinari di (moto)seghe migliori di quella di Bruce Campbell de L’armata delle tenebre.

Ah ah.

A parte gli schizzi, no, scherzi, un tempo le scuole riaprivano il primo Ottobre. Mah, di mio le avrei proprio chiuse. Soprattutto quelle superiori. Sì, come sosteneva Carmelo Bene, sono inutili, atte a diseducare con libri di Storia falsissima, scritta da un fascista che esaltava Mussolini, e a rincitrullire con versioni di Latino e Greco, con poemi omerici per esser trattati come Calimero da insegnanti boriosissimi e per creare l’uomo italico “ellenico”. Basta, guardate invece quella troia di Elena su Instagram, lei sì che sa come “raddrizzarvi”. Ah ah.

Sì, Elena è molto buona. Ma accetta scopate solo da uno col conto in banca di un banchiere. Ho detto tutto…

Le donne sono la mia croce e delizia. Tutte mi cercano, mi angustiano con le loro richieste ma io voglio soddisfare soltanto Emily Blunt. È un bel problema, cazzo, a questa Mary Poppins non basta certo il mio “supercalifragilistichespiralidoso”.

Sì, va detto, non per essere misogino, ma le donne credono alle favolette. Basti pensare che la figlia della mia vicina di casa è ancora convinta che la parola più lunga italiana non sia precipitevolissimevolmente ma, appunto, supercalifragilistichespiralidoso.

Questa qui come sta messa? A forza di andare a messa, nessuno gliel’ha messo. È una bigotta! E, a forza di vedere troppi film della Disney, è diventata Raperonzolo. Sì, è l’incarnazione di una favola iper-buonista, dovrebbe invece darsi alla fava del marito. Un saldatore che sa bene come “incollare”. So che il marito è un buon “incollatore” perché me l’ha confidato quello del terzo piano. Sì, quando le mogli sono in vacanza, questi due cantano il Triangolo di Renato Zero. Due tonti mai visti che non sanno neanche calcolare l’area dell’essere tanto sistemati e inquadrati nella società del cazzo, a furia di scambiare il film Rambo per un rombo… di tuono con Chuck Norris.

Comunque, precipitevolissimevolmente non è la parola più lunga dell’italiano.

La parola più lunga è esofagodermatodigiunoplastica, operazione di ricostruzione plastica, che si esegue dopo l’asportazione dell’esofago e dello stomaco.

Praticamente quella che le malelingue annali nei miei confronti stanno eseguendo dopo la figura di facce di merda che hanno fatto col sottoscritto.

Tornando invece a Ferdydurke, tutti i rimbambiti vecchi e tromboni dovrebbero riprendere posto sui banchi di scuola.

Per imparare come si sta al mondo.

E per pigliare lezioni di classe.

Si chiama sdentata.

Mie care cariatidi, io son brillante a mille carati. Ah sì, Lilli Carati, che passerona. Vi pare una volgarità? Why so serious?

 

Eh eh, adesso sgattaiolo nella notte, nel senso che, quando scende la notte, ci son molte gatte da pelare. E mi allupo. Bevendomi la bionda con ottimo “luppolo”. E lei, succhiandomi, fa glup glup.

Miei Don Chisciotte, al galoppo, mangiamo tutte le scaloppine al limone!

Ah ah.

Sono proprio un Joker-ellone. Talvolta iellato ma comunque giammai al gregge di belanti pecoroni ancor omologato.

Sono uomo dal pelo fino e pregiato. Spesso inculato ma non maciullato e vieni a me, donna, sarò per te tutto eiaculato. Introiettato!

Mi date dello psicopatico? Macché! Semplicemente, ho smesso di essere apatico.

Son lunatico, inimitabilmente Falotico.

 

 

di Stefano Falotico

 


Visualizza questo post su Instagram

Dal dentista

Un post condiviso da Stefano Falotico (@faloticostefano) in data:

Attori bolliti: Robert De Niro, aspettando The Irishman


27 Jun

attori-bolliti-robert-de-niro-01 attori-bolliti-robert-de-niro-02 attori-bolliti-robert-de-niro-copertina-660x330

Eh sì, non sapete quanto mi pianga il cuore a scrivere questo post. Ma la mia morale coerenza cinematografica e ideologica non può astenersi dal redigerlo. Proprio io, inguaribile aficionado di De Niro, imbattibile suo accanito ammiratore che gli ha dedicato un libro nel quale, oltre a magnificarlo giustamente (perché De Niro per me non è stato soltanto uno dei miei attori preferiti in assoluto, bensì addirittura un mentore, un imprescindibile modello di classe recitativa sopraffina), arrivavo a giustificare le sue professionali scelte sbagliate, perdonando i suoi passi falsi.

Ma mi trovo adesso nella condizione, ineludibile, di essere rigidamente obiettivo perché l’altra sera ho rivisto in splendida definizione C’era una volta in America, nella versione con la voce di De Sando. E mi è parsa ancora una volta, ça va sans dire, una delle migliori performance attoriali di tutti i tempi. Una prova superlativa. Un capolavoro nel capolavoro ove De Niro ha recitato con una tale sfumata gamma di espressioni, di piccoli gesti, di movimenti cauti degli occhi, dondolando la testa con superba, magistrale tempistica, perfetta, sobria, inappuntabile mimica impressionante, da lasciarmi senza fiato. E perfino la voce forse troppo “vecchia” di De Sando, al posto di quella storica e originale di Ferruccio Amendola, mi è sembrata impeccabile. Perché, ribadisco, è stato talmente insuperabile che, in fin dei conti, qualsiasi voce gli sarebbe stata appropriata. E poi, paradossalmente, mi son tornati in mente i suoi ruoli recenti. A ben vedere degli ultimi venti/venticinque anni. Eh sì, forse dai tempi di Ronin, De Niro non solo non è mai stato più così convincente ma ha stupito tutti in senso profondamente negativo.

Nel 1995, credo che avesse toccato il vertice, lo zenit titanico della sua leggendarietà, uscendo in contemporanea, per quello che è stato un suo indiscutibile, altissimo, insuperabile annus mirabilis, con due capolavori impareggiabili, Heat di Michael Mann e Casinò di Martin Scorsese, cementando una volta in più la sua stupenda nomea, cioè quella di the greatest actor alive. Poi, interpreta film leggermente minori rispetto ai due succitati, ma egualmente di valore, come Cop Land, Jackie Brown, Sesso & potere, diversificandosi anche, come nel film di James Mangold o in quello di Quentin Tarantino, in ruoli marginali ma al solito recitati da Dio.

Quindi Ronin, ultima vera perla del compianto John Frankenheimer. Ed è una delizia vederlo in azione in questo filmone. Malinconico, misurato, adrenalinico, grintoso, spericolato e con un aplomb magico nel suo ineguagliato stile.

Arriva poi l’anno Duemila e, con l’avvento del nuovo millennio, De Niro, incagliatosi nei facili successi della saga di Ti presento i miei, allettato dai milioni di dollari che gli offrono per ogni cazzata, sperpera il suo immane talento, addirittura facendosi coinvolgere da Giovanni Veronesi (!) col suo Manuale d’amore 3, film finanziato da De Laurentiis che deve aver attratto De Niro perché, oltre a essere stato pagato faraonicamente, gli è stata offerta la possibilità di baciare vigorosamente Monica Bellucci… sì, oltre alla mera questione “alimentare”-economica, non so darmi altri spiegazioni in merito alla sua partecipazione se non quella, appunto, che potesse girare perfino una piccola scena di sesso bollente con una delle donne più belle del pianeta.

Poi, De Niro incontra David O. Russell e un po’ la musica cambia. Partecipa a tre pellicole di O. Russell, Il lato positivo, per il quale a distanza di ventun anni da Cape Fear, pensate, riceve una candidatura agli Oscar, sebbene come non protagonista, American Hustle, ove sfodera un cameo da applausi, e Joy.

Non tutto ciò che ha girato negli ultimi anni è da buttare, tutt’altro, alcune sue prestazioni sono abbastanza lodevoli, come quelle in Stone di John Curran, in Being Flynn di Paul Weitz, in Malavita di Luc Besson, come il suo spassoso senatore in Machete di Robert Rodriguez, il suo “nonnetto” à la Up de Lo stagista inaspettato di Nancy Meyers, ma soprattutto il suo potente e spettrale Bernie Madoff di Wizard of Lies di Barry Levinson.

Ma niente di benché, minimamente paragonabile al De Niro mito…

Ora, tutti noi lo aspettiamo con The Irishman di Martin Scorsese.

Saprà dimostrare, come trepidanti ci auguriamo, che a settantacinque anni (li compirà ad Agosto) è ancora Robert De Niro, uno che, come avete visto nel mio post, non ha bisogno di presentazioni ed era perciò inutile che vi stessi a citare, che ne so, Taxi Driver o Toro scatenato al fine che comprendeste di chi stiamo parlando?

di Stefano Falotico

VENGONO FUORI GLI ANIMALI PIÙ STRANI, LA NOTTE


17 Jun

35476433_10211492202003559_8684007385238339584_n

Robert De Niro

Robert De Niro

Dal sito Caffè Scorretto che non linko apposta, perché non è mio e quindi un giorno potrebbe anche decadere e il link non funzionerebbe più.

Trovatelo nel net. Vi basta digitare parte del titolo di questo scritto, il mio nome e cognome, et voilà. Ognuno lo interpreti come vuole.

craig-whitehead-648768-unsplash

Mi sveglio. Bologna è imbattibile per quanto concerne l’afa. Sì, in questa città si patisce il caldo come in poche altre città italiane. Bologna non è ventilata dal mare, è incassata fra le colline, è claustrofobica e lo smog nelle giornate torride si appiccica addosso e strozza i polmoni. L’aria diventa irrespirabile e un senso ancor maggiore di compressione asfissiante pervade le membra e le intirizzisce. Al che, appena ridestatomi dopo una notte comunque abbastanza insonne, mi specchio. Il caldo è una naturale forma dimagrante, brucia i grassi e infatti ho perso già qualche chilo da quando questo battente, imperterrito caldo si è fatto tanto insistente. Sono le dieci di mattina. La gente sta cominciando ad andare al mare e la città si sta svuotando. Mi affaccio alla finestra e, come volevasi dimostrare, non scorgo anima viva, nonostante sia giorno oramai inoltrato. Scorgo solo qualche vecchietta che cammina anchilosata con le borse della spesa, che per l’appunto suda sette camicie.

Vado a prepararmi un caffè anche se, con questo caldo, la caffeina, che è un eccitante, non è proprio l’ideale. Ma di prima mattina un succo di frutta non aromatizzerebbe il mio innatamente ribollente come invece io desidero che avvenga sempre. Amo essere reattivo, e il caffè sa donarmi la giusta carica di sano nervosismo scattante. Perché domare le ansie quando si può essere ben equilibrati in vigorosa destrezza? Mentre, a torso nudo, con indosso soltanto i pantaloni dello sgualcito pigiama, eroso un po’ dalle zanzare, avidamente sorseggio il mio caffè rovente, ecco che squilla il cellulare.

È una ragazza delle mie parti che ho conosciuto per caso su Instagram. Fra noi due non c’è niente, e come potrebbe esservi qualcosa? Io, melanconico e con l’anima perennemente in trambusto, lei, florida ed estatica, per così dire, sempre solare e gioiosa. Ma forse, proprio in virtù delle nostre antitetiche differenze caratteriali, lei è rimasta attratta da me, e mi scrive continuamente messaggi in chat. Dice che non ne può più del suo ragazzo, uno spregevole industriale arricchito che la tiene in scacco e la sfrutta soltanto per la sua bellezza. Ma lei è disoccupata, ha perso i genitori dallo scorso anno, e quel suo ragazzo ritiene che, nonostante la maltratti e la umili, sia l’unica persona che le permette di vivere. Sta con lui perché ha questo qui fa soldi a palate, ovvio, me l’ha confidato, e al momento non ha alternative. Meglio farsi mantenere da uno così che patir la fame o davvero ridursi a elemosinare qualche spicciolo sui viali delle prostitute. Io non condivido il suo atteggiamento, credo che farebbe bene a cercarsi qualche altro, meno ricco ma decisamente meno stronzo. Questo con cui sta, a quanto pare, si comporta esattamente come un pappone. Sta con lei soltanto per via della sua purissima bellezza, ma non la considera neppure. E la tratta da sguattera. Soltanto per andarci a letto e godersela.

– Ne ha combinata un’altra delle sue. Adesso sono in ospedale, al traumatologico. Ho il viso cosparso di lividi.
– Non l’hai denunciato? Che aspetti?
– No, non voglio beghe. Ho detto ai dottori che sono caduta dalle scale.
– Hai paura di lui?
– Certo. Lui è un uomo molto potente nel suo ambiente. Se lo denunciassi, non avrei prove in mano, e sarebbe poi lui a rovinarmi del tutto. L’unica cosa che posso fare è lasciarlo, una volta per tutte. A costo di morir di fame. Ma ha oltrepassato ogni limite. Ha varcato ogni soglia moralmente accettabile del pudore. E dire che, quando mi stringe nelle sue braccia, mi chiama… la sua bambina. E mi sussurra dolcemente all’orecchio che io sono la luce dei suoi occhi. Ma non credo sia la scelta giusta, in fin dei conti…
– Che bastardo!
– Senti, quando puoi vieni a trovarmi.
– Va bene. Dove ti trovi?
– Al Rizzoli. Mi hanno fasciato tutta la faccia e dato dei punti di sutura, e rimarrò qui per settantadue ore.
– E poi dove andrai? Non hai una casa.
– Andrò dove mi porterà il cuore.
– Davvero non ti capisco. Ti ha picchiato e non è la prima volta che succede. Eppure tu non ti decidi a lasciarlo. Sappi che è un figlio di puttana. Un aguzzino, uno strozzino delle anime. E tu devi quanto prima allontanarti da un farabutto del genere. Ti sta solo sfruttando, lo capisci?
– Certo.
– Adesso lui dov’è?
– Ah, sarà certamente in giro con qualche sua amante.
– Con qualche amante? Ma che dici? Tu quindi non sei la sua unica donna?!
– Ci mancherebbe. Ne ha tante sparse dappertutto.
– Capisco le tue difficoltà economiche ma non puoi continuare a farti del male. Devi allontanarti da lui, senza aspettare un istante in più. Scappa, vattene via!
– Sì, è un maledetto. Ma, sai, io sono irresistibilmente attratta da lui.
– Come fa ad attrarti un manigoldo così? È una sanguisuga. Un mostro.
– Lo so…

Le ore vengono scandite dalla più apatica monotonia, il caldo batte sempre più robustamente e decido di prendere la macchina e fare un giro a zonzo per la città. Esploro in lungo e in largo, dal mio abitacolo, i quartieri periferici, percorro su e giù la tangenziale, e alla fine sosto nel parcheggio dell’aeroporto. Stranamente, nonostante sia già periodo di ferie, non è affatto affollato e non vedo partire nessun aereo. Ma, fermo qui, seduto nella mia macchina, medito e rifletto infinitamente. Le nuvole nel cielo si stanno pian piano addensando via via più nere, e da lì a poco comincia a piovere con violenza. Il classico acquazzone di questo periodo? No, questa mi pare proprio una tempesta destinata a durare sin a tarda notte. Rimango in macchina, mentre la pioggia si abbatte sulle strade. Sono un uomo senza meta, mi sento uno straniero in questa città di decumane e portici, di chiese antiche e di grigissimo cemento armato. Anima senza una precisa direzione, non sbandata però, estremamente cosciente nella sua folle lucidità profetica…

Accendo il cellulare e mi collego a Instagram. Sì, questa ragazza l’ho conosciuta su Instagram, è molto bella, un angelo biondo, ma fin da subito mi è parsa diversa dalle altre. È come se possedesse ed emanasse un’aura di leggiadra pudicizia, di sensuale candore innocente. Invece, guarda queste qui… si scattano selfie in pose molto provocanti, quasi tutte in abiti succinti e perfino si compiacciono quando ricevono apprezzamenti spinti e volgari. Anzi, più spinti sono i commenti che ricevono e più vanno in brodo di giuggiole. Impazza l’esibizionismo più edonista, il culto dell’apparenza sta maledettamente vincendo, siamo dominati da una casta sguaiata di manichini che, artefatti, si mettono in mostra per i loro assurdi 15 minuti di celebrità. Quasi tutti e tutte scrivono che sono degli influencer. Influencer di che? Del mercimonio estetico di massa? Della bassezza elevata a stile di vita? Della bellezza gridata e plastificata, patinata e falsa dell’appiattimento totale a canoni omologati del consumismo frivolo e mendace di un’umanità così tristemente vivandata e sputtanata? Ma pare che questo sia il gioco che va per la maggiore e chi non s’adatta a quest’andazzo rimane tagliato fuori. Preso a mali parole, offeso e trattato da poveretto. Tutti coi visi lindi, coi fisici modellati, muscolosi e con finti sorrisi stampati su gote e pose che aspettano soltanto dei like. Per sollazzarsi nel più fetido eudemonismo. Come se la felicità si comprasse, svendendosi al ludibrio carnale e stupidamente ludico. Ah, questo mondo va ripulito da questa zozzeria spacciata per giustezza e contentezza. La vera bellezza sta anche nella savia, creativa inquietudine, non nel bugiardo buonismo. Non nelle sciocche gentilezze e nei modi ruffiani. Ma tutti, anche i più temerari, son stati vinti da questo nuovo, osceno modello di vita. E prima o poi crollano e si adattano a questo piacere plasticato. Sì, plasticato, come se li drogassero e impasticcassero di cazzate, dell’ossessione per la ricchezza, e via dicendo. E io a quello lì dovrei fargliela pagare. Non può usare questa ragazza soltanto per i suoi porci comodi. Non può rimanere impunito. Ma non siamo in Taxi Driver, non posso recarmi a casa sua e sparargli nelle palle. Questa è la vita reale e i giustizieri della notte, nella vita reale, fanno una brutta fine. Son presi soltanto per pazzi pericolosi, per invasati e disadattati. Bisogna che adotti una strategia diversa. Non so ancora quale ma la notte mi porterà consiglio. Forse.

La notte scende turbolenta e la luna occhieggia dall’alto, minacciosa e arcigna, posando il suo sguardo traslucido. Piove. Comincia a piovere. La pioggia scende giù implacabile. E io non so che fare. O forse sì.

Aspetterò che arrivi l’alba e poi, quando sopraggiungeranno le prime luci del mattino, mi recherò sotto la casa di questo verme.

Continuo a gironzolare, insonne, per questa città. Vengono fuori gli animali più strani, la notte: drogati marci e spacciatori e sfruttatori e questa tristissima Via Stalingrado di tale Bologna fetida ne trabocca. Guarda che ceffi, che brutte facce. Sono la feccia più feccia, la vergogna di questa città e mi stupisco che nessuno faccia niente. Ecco, è passante una volante della polizia, come sempre i poliziotti hanno chiuso un occhio. Ho appena avvistato una prostituta che avrà, su per giù, soltanto sedici anni. Si è fermato un cliente grande e grosso e in quattro e quattr’otto l’ha caricata in macchina. E, nulla, la polizia ha visto eccome e ha lasciato correre. Questa città meriterebbe una bella, potente ripulita. Puzza di lercio e questo lercio è vomitevole.

Ah, ecco il primo Sole che spunta. Bene, adesso vado da questo qui. Tanto so dove abita, me l’ha confidato lei più volte.

Nel tragitto, scorgo una videoteca proprio col poster appeso in vetrina di Taxi Driver. Che coincidenza.

Arrivo davanti al palazzo in cui abita, uno dei palazzi più in vista del quartiere San Donato. Parcheggio, scendo di buona lena e aspetto che scenda. Sì, dev’essere un tipo mattiniero costui. Con tutti gli intrallazzi che ha. Attendo per mezz’ora abbondante, oramai si son fatte le otto e mezza di mattina. Non vedo anima viva. Chiedo al portiere.

– Buongiorno. Sa per caso, di solito, quando va a lavorare quello del settimo piano?
– Non sono informazioni che le posso dare. Poi al settimo piano ci sono cinque appartamenti. Lei a chi si riferisce?
– Non posso fare il suo nome. Ma lei ha capito benissimo a chi alludo. A quel riccone industriale che possiede un mucchio di aziende.
– Guardi, in questo palazzo sono tutti ricchi. Comunque, non dica che gliel’ho detto io. Questo mio lavoro non voglio perderlo, m’intenda… lui è già uscito, molto presto. Saranno state le sette. Sa, io e lui siamo molto amici. Sapesse quante belle ragazze che mi fa conoscere… ecco, mi ha detto che alle nove dimettono quella con cui spesso passa le notti, lei gli ha telefonato e lui è andato a prenderla. Si amano davvero, sa? Non so quando rincaseranno.
– Grazie, buona giornata.

 

Stefano Falotico

 

Meglio essere invasati di De Niro che essere invasati dal denaro, evasori della vita sentita, invadenti delle sensibilità altrui


18 Mar
A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993, hands in pockets

A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993, hands in pockets

La scuola d’obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell’autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio). Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po’ di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro, e la loro funzione dunque altro non è che creare, col loro insieme, un piccolo borghese schiavo al posto di un proletario o di un sottoproletario libero (cioè appartenente a un’altra cultura, che lo lascia vergine a capire eventualmente nuove cose reali, mentre è ben chiaro che chi ha fatto la scuola d’obbligo è prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novità). Una buona quinta elementare basta oggi in Italia a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un avanzamento che è una degradazione è delittuoso: perché lo rende: primo, presuntuoso (a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso contemporaneamente), angosciamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza. Certo arrivare fino all’ottava classe anziché alla quinta, o meglio, arrivare alla quindicesima classe, sarebbe, per me, come per tutti, l’optimum, suppongo. Ma poiché oggi in Italia la scuola d’obbligo è esattamente come io l’ho descritta (e mi angoscia letteralmente l’idea che vi venga aggiunta una “educazione sessuale”, magari così come la intende lo stesso “Paese Sera”), è meglio abolirla in attesa di tempi migliori: cioè di un altro sviluppo. (È questo il nodo della questione).

Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: cioè che ho detto a proposito della scuola d’obbligo va moltiplicato all’infinito, dato che si tratta non di un insegnamento, ma di un “esempio”: i “modelli” cioè, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? È stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo), concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore). 

Ora, ogni apertura a sinistra sia della scuola che della televisione non è servita a nulla: la scuola e il video sono autoritari perché statali, e lo Stato è la nuova produzione (produzione di umanità). Se dunque i progressisti hanno veramente a cuore la condizione antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a pretendere l’immediata cessazione delle lezioni alla scuola d’obbligo e delle trasmissioni televisive. 

(Pier Paolo Pasolini…)

 

Sì, un tempo non si diceva scuola dell’obbligo ma scuola d’obbligo e Pier Paolo, penso volutamente, anziché scrivere angosciosamente scriveva angosciamente… che in italiano è decisamente scorretto. E poi l’edonè cos’è? Il compiacimento di essere edonisti?

Comunque sia, il suo discorso non fa una piega. Oggi, e non voglio essere moralista ma lucidamente obiettivo e realista, viviamo in una società che mette i brividi. Eppure il carrozzone cazzone va avanti come sempre, si consumano tragedie e tutti stanno zitti, per paura di dire la verità, e per timore di essere incolpati rifiutano la ragione o meglio la silenziano in un mare angosciante d’ipocrisie. Tutti presi freneticamente dalle loro quotidianità di massa, inconsapevoli o, peggio, e qui li addito, coscienti di perpetrare il male anche solo essendone conniventi, complici e testimoni oculari che, terrorizzati da possibili ritorsioni (e perché dovrebbero arrivare mai?), si nascondono nelle frasi di circostanza, tutti afflitti dai loro insulsi mal di panza.

 

No, ogni giorno assistiamo ai più efferati e ripugnanti crimini, ma tutti paiono essere abituati alla spettacolarizzazione del dolore, e via di sciacallaggi, più il mondo fa schifo e più la gente pare divertirsi sulle disgrazie altrui, alimentando così in maniera disgustosa questo ludibrio carnalmente putrescente e orrido.

Un ragazzo si suicida a scuola perché bersagliato e massacrato da coetanei imbecilli che apertamente derisero la sua sessualità “non condivisa”, le sue alterità emozionali, le sue giuste timidezze e le sue sane ritrosie, ma la faccenda viene liquidata con una scrollatina di spalle. Perché oramai il danno è fatto, indietro non si può tornare, andavano fermati prima che succedesse il pasticciaccio, ma è acqua passata, mettiamoci una pietra sopra, con un “bel” colpo di spugna facciamo finta di dimenticare. E ce ne laviamo la coscienza. Su, tutti a ballare.

Una donna viene stuprata e da quel momento non si riprende più, e allora passerà tutta la sua vita a imbottirsi di farmaci sedativi, prescrittile da uno psichiatra che non ha intenzione di psicanalizzarla e discendere alle spaccature emotive che nel suo animo si sono create dopo il violentissimo trauma. Sì, non “delira” più, per forza, oltre al danno la beffa. Dopo essere stata violata nel suo corpo macellato, adesso, per il “bene di tutti”, del “quieto vivere” della collettività, l’hanno quasi lobotomizzata, ed è diventata la madre di Undici di Stranger Things. Come si chiama pure quell’attrice? Ma sai che non mi viene in mente? Vabbe’, chi se ne frega…

Sì, freghiamocene… di tutto. Domani esce il nuovo film di Paul Thomas Anderson. Ah, splendido-splendente, che capolavoro, e che recitazione superba. Dico? Ah, Day-Lewis è sempre lui, che classe, che portamento, un Dio. Oggi pomeriggio con chi gioca la Juventus? E il Napoli arriverà davvero secondo? Ma sai, la città del Vesuvio, ma sì, mi sta simpatica. Io sotto sotto spero che vinca lo Scudetto. Come si può non tifare per quella gente tanto buffa e caciarona? Sì, in fondo a Napoli ci sono i mariuoli, ma è pittoresca, la città di San Gennaro e Pulcinella, appena esci in strada ti borseggiano e sbatti la testa sul marciapiede. Che simpatia! Non facciamo di tutta erba un fascio. A Napoli c’è tanta gente perbene, eh sì. Grandi teste…

Ah sì, lei ha la sua vita. Sì, quel che a lei importa è un lavoro “rispettabile”, tanti scheletri nell’armadio, un paio di spaghetti alle cozze la domenica, e poi i suoi figli, ah, che sono giovani e devono “crescere”, andassero pure fuori il sabato sera a combinar cazzate, a prendere per il culo i paraplegici, sì, son bravi guaglioni sostanzialmente, cambieranno. Basta che non rompano i coglioni a chiedere soldi, se li guadagnassero… Certo, adesso sono un po’ stronzetti, domani diverranno stronzi “puri” col conto in banca grassissimo, e ricatteranno quelli che non si sono “adattati”.

Ma sì, continuiamo così.

 

Abbasso questi malati e invasati, sono solo dei “cospiratori”, ma che vogliono? Di che si lamentano? Insomma, ci arrivano a fine mese? E quindi? Ma che stessero zitti, ché la vita è una merda per tutti. Inutile che piango/ano sul latte versato, è colpa loro se si trovano male. La vita è bella, bella, bella!

Uno splendore!

 

Sì, meglio essere come me, amante di De Niro. Non vi è una spiegazione logica nella mia adorazione per il Bob, soprattutto dopo che ha girato un sacco di cazzate immonde. Ma, d’altronde, c’è una spiegazione logica per il mondo “perfetto” in cui viviamo?

Invero, la Juventus ha già giocato e ha pareggiato, ah ah, e il film di Anderson è uscito da un pezzo.

Taxi Driver

 

di Stefano Falotico

 

Il più grande attore di Cinema del mondo, ah ah, Victor Argo, e io non gli sono da meno


26 Feb

MV5BMTQ3MTk1OTEzNF5BMl5BanBnXkFtZTcwMDI0MTk5Nw@@._V1_SY1000_CR0,0,652,1000_AL_

https://www.youtube.com/watch?v=bdRrh7p2k7g

MV5BOTg3ZWQyYmItNzNlYy00NGZhLWJkNzUtYmY5ZWQ2ZTIxMWMxXkEyXkFqcGdeQXVyNjUxMjc1OTM@._V1_SX1777_CR0,0,1777,962_AL_

Oggi voglio parlarvi di un attore il cui sex appeal, ah ah, non è mai stato messo in discussione, un uomo di caratura raffinata e bellezza impareggiabile, e per via del suo fascino magnetico ha lavorato con alcuni dei più grandi maestri della Settima Arte, in primis Martin Scorsese ed Abel Ferrara, ma anche con Woody Allen, diventando il loro fido “scudiero”.

Wikipedia dice questo: Victor Jimenez (New York, 5 novembre 1934 – New York, 7 aprile 2004) è stato un attore statunitense di origini portoricane.

Victor iniziò la sua carriera come attore di teatro. Durante gli anni sessanta conobbe Yoko Ono e Harvey Keitel con i quali lavorò. Nel 1977, Argo divenne un membro del Riverside Shakespeare Company nell’Upper West Side. Andò in tournée per i diversi parchi di Manhattan recitando la parte di Lord Montague.

 

Sì, in maniera analogica, potremmo dire che Victor ha sempre avuto un carisma alla Falotico. Un uomo che sta nel suo negozio e incontra il Bickle, che lo aiuta ad acciuffare un negrone, quindi sta nella tavola calda di Fuori orario e serve il caffè ai cretini mentre la gentaglia dà la caccia a quel povero sfigato capitato nel mondo sbagliato nelle ore notturne più scorsesiane. La storia della mia vita.

Sì, io credo di possedere una bella voce, flessuosa, sinuosa, morbida e vellutata come le gambe di Bo Derek quando era al top della sua topa.

E, stamattina, a proposito di topini/e sono uscito presto. Vicino alla farmacia San Martino, in mezzo a tante facce di cazzo che aspettavano l’autobus, adocchiai una ragazza di buon culo con lo sguardo vuoto. E pensai che quel vuoto andava “riempito”.

 

di Stefano Falotico

Il cazzone dei folli, no, la bukowskiana canzone


25 Mar

iron_man_3_foto_HR_robert_downey_jr_1_

 

Società frenetica, che non balla però più con Fred Astaire, ebefrenica, schizzata, lobotomizzata nel Cinema di supereroi dove quattro fessi pendono dalle labbra delle affermazioni di questi registi “avengers”, che usano effetti speciali di CGI per far contente le pa(pi)lle “gustative” di occhi che, oramai stressati dalla vita quotidiana, trovano figate e sfoghi in quest’esplosione di colori, di Downey Jr. de ferro, che si prende pause per girare Dottor Dolittle, questa società io ripugno e la mia follia, contro questa folla, impugno. Sì, svolto altrove nel mio volo d’isolamento POP che cinguetta d’usignolo libero di sguinzagliarsi nella pace contemplativa dei suoi cazzi, perché ne posseggo molti, di ogni specie e dimensioni, di colori differenti e mai “condomizzabili” in preservativi di questo mondo buonista che ama tali fregnacce. E le fregne? Chi le frega se i giovani vecchi di oggi se ne fregano e a un “bel piatto” di sventola preferiscono la cultura morta di questi mascherati culatoni? I culatelli, i tortellini, il brodo e il Buddha che va fra palazzi alti e cattivi aliti, solfeggiando la sua melanconia che “eiacula” sincera e sfacciata repulsione verso questo mondo assorbito da questo cinemino di cazzate. Evviva Travis Bickle, vero iron man di mohawkiana solitudine ancestrale, “orgasmizzato” nelle sue ansie, nel suo co(r)vo, senza puttane che lo angoscino, che se lo vogliano ingollare.

Thor

Lo sguardo di una che conosce tutti i muscoli non minuscoli e sa che il toro spinge.

taxi18

 

Il leccaculo.

 

 

di Stefano Falotico

I pensieri di Travis


21 Mar

taxi23

 

Quel film che passeggia cheto nella mia memoria e, dagli anfratti “irresistibili” di una coscienza mia però mai acchetatasi, ticchetta tambureggiando nel ripristinarmi giustamente “disadattato”, così come si confà alla mia anima angelica da san(t)o bevitore che non deglutirà neppur sotto sforzo le intestina d’una società che saviamente ripudio e, dal podio di questa belligeranza ostile ai buonismi, si eleva a giudice inappellabile che sfodera la sua ira funesta e la sua arroganza non mesta. Li vedo uscire da università del “pen(s)ar bene”, incravattati già come sono a una socialità “progressista” che puzza anche di sessismo, del solito “fiero” e ferreo maschilismo “produttivo”, ove le donne si “laureeranno” in attività pedagogiche, vuoi la lor innata indole materna insanabile che le costringe sin dai primi vagiti e respiri a sentirsi educatrici, vuoi l’uomo che le incatena al ruolo di eterne mamme. I maschi camminano impettiti, già proiettati al sentirsi figli del reddito capitalista, uomini laboriosi nel coacervo di pretenziosità a me stantie, che puzzano di gente “buona” a darti dei consigli e, se te ne ritrai, a trattarti da coniglio. Sì, io fuggo e sempre li rifuggirò, contento e dunque tristissimo dell’aver preso consapevolezza di quest’agghiacciante condizione (dis)umana, remoto dalla catena di montaggio dei giorni “lavorativi” e poi delle feste per ubriacarsi e riempirsi la panza di stronz(ay)e. Sì, sono oltre che misantropo, misogino convinto di acutezza insostenibile, vivo di solitudine maestosa, l’impero della mia mente fantastica e, “fanatico”, farlocco aguzzo il mio cerv(ell)o per starmene sempre più solo, al soldo di nessuno. Padrone della mia ossessione per De Niro, sperando azzecchi un ruolo ancor di gran delfino, no scusate, destino. E son sempre desto in questo “dormiveglia” che guarda con disprezzo la pornografia e alla carne sostituisce la mia “malattia metafisica”. Un po’ oltre, un po’ sottoterra. Ma tanto creperemo tutti. E anche il muro della tua cas(t)a ha già delle visibili crepe. Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la mia capra, se creperà, sarà perché non amo gli espiatori capri. Non voglio dar la colpa a chicchessia. Abbasso anche la chiesa con le sue penitenze. Non l’avete capita? D’altronde, io sono incompreso. E mi auguro di non finire come quelli che prendono le fesse, no scusate, le compresse. Sì, si reprimono, cari depressi.

 

di Stefano Falotico

De Niro is The Comedian


10 Feb

De Niro

Lui è De Niro. Taxi Driver ha compiuto 40 anni.
Le rughe asimmetriche, gli occhi mobilissimi, la barba canuta, il viso di un mito.

Abbiate rispetto per costui anche se sarà Nonno scatenato!

Il Cinema negli occhi di uno scrutatore sofisticato, Amazing from YouTube


08 Apr

Ad Iron Man ho sempre preferito Batman


11 Mar

Downey Jr. Iron ManBatman

“Marcio”. Marcissimo di marcia sul “pipistrello”, ch’è sempre meglio usar l’“attrezzo” della “carrozzeria” a(r)mata piuttosto che celarsi dietro una faccia di bronzo…

Nessuno si salva da solo? Forse sì, anche no, sicuramente non si salverà da Scamarci(o) con una che “Trinca”, bevendosi l’ennesima delusione di Castellitto, a cui preferirò sempre un castello con le streghe rispetto alla moglie Mazzantini, da prendere a mazzate, regalandole il “premio” Strega per averci ammorbato con un’altra storia di “peste” e corna da Lipton Ice Tea, la bevanda prediletta da chi adora i piccolo borghesi più noiosi degli inglesi all’ora del mio “Tiè!”.

La solitudine, invece, rende l’amarezza zuccherosa ed è meglio la mia cap(r)a da zucca rispetto alle zucchine e alle feste di Halloween, ché Berlusconi è stato assolto dalle concussioni e dalle prostituzioni minorili mentre io vengo “accusato” di essermi (pro)sciolto per una vita da non prostituito alla massa di “prosciutti”. Vita di fighetti, ricottine e cottarelle, meglio la “bruciatura” di scottarsi con chi non (s)conta la realtà di bolliti e “Cotto e mangiato”, ricette per “casalingue” ero(t)iche quanto una Parodi semi-“scocciata” di cosciotte al “pollo” tifoso della “Zebra”, Caressa, uomo “caro” a chi ama i telecronismi appunto da “Te” negli spogliatoi e non darsi, di fair play, il “Tu” in campo, perché i calciatori, di “palle” e (at)tributi con le tribune piene, si svuotan le “palle”, (s)calciando sui menischi ambidestri di “falli” in regola “piena”, compresa la punizione dell’area di “rigore” non tanto (im)morale quando (s)batton sotto l’incrocio dei “peli” una “velina” comprata durante l’intervallo pubblicitario, (s)vendente il “Pibe” di “modelli” in mutande per il pubblico pube(scente).

L’amore è stucchevole, lo sanno i “Coldplay”, il cui cantante ha chiesto il divorzio all’oziosa Gwyneth Paltrow perché troppo innamorato di Tiziano Ferro, una coppia da “(In)canto”.

Gelo lo stupore nella mia “psicopatia” da uomo di notte, passo le serate senza passere e non credo che mi passerà, miei passerotti solitari.

Robert Downey Jr. mi sta infatti, in “fallo”, sul cazz’. È un puttaniere “mascarato” a cui va sempre “dritto” tutto tutto…, mentre il bel Bale non se lo caga nessuno/a, tranne la gatta morta di Catwoman, una andata da un pezzo di manzo alla Incredibile Hulk, non è Balotelli ma il “vendicatore” di ogni donnetta alla Scarlett Johansson, dalia nera che te lo fa “venir” scarlatto, “scardinando” ogni difesa da “scudiere” alla Captain America.

Sì, sono cinico, dunque notturno, idolatrante la misantropia misogina e il fascino di chi non deve chiedere mai… alla Luna di esser fastidiosamente solare.

Meglio la solitudine alla Solaris a questo “lampadato” di Iron Man.

Meglio l’uomo “debole” che ama il suo “gentil sasso” scagliato alle finestre degli “estrosi”, quelli che si dichiaran creativi e poi s’indeboliscono soltanto se i lor capelli perdon il pelo e non il vizio della Cre(a)tina.

Con questo mio, “deposito” la mia ur(i)na, spero che i poster(i) mi sian amici da perenni teenager senza manifest(ant)i politici.

Meglio una vita fredda da Polo Nord rispetto all’“Isola dei Famosi” di Siffredi mai freddo “lì”, ficcante un po’ ad Est(e) e anche a “sud(ato)”, offrendo alle sue concubine una tazzolina di “macchiato” caldo.

Come si sta bene senza “pene” da uomini “vin(cen)ti”.

Come si sta da Dio nel dolce fa(r) niente.

A temperatura (in)stabile, zero gradi Fahrenheit, senza donne “in gamba” che si “scaldan” con la farina della tua sacca scrotale.

Prendiamo a pugni un “Saccottino”, questa vi(t)a non è da Mulino Bianco.

Io lavo i miei panni (s)porchi, il mio film preferito è Taxi Driver, tu guarda Porky’s.

“Cari” cafoni porcelloni pazzi da quelle di porcellana, meglio un “porcellino” alle par(ti)celle vostre, meglio un salvadanaio (s)carico rispetto ai pet(t)i delle vostre ai(uol)e.

Ahia!

Faccio male? Meglio che mangiar le marce mele.

Facciam Melin(d)a?

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)