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THE IRISHMAN docet: siamo tutti i perfetti sconosciuti delle nostre ambiguità, dei nostri desideri sopiti, non confidati, onirici e sepolti nei nostri emotivi rispostigli anche quando ci confessiamo ai migliori amici svegli


01 Aug

irishm-768x427O che come noi, all’apparenza, se la dormono…

Ecco, qualche anno fa, come sappiamo, uno dei film fenomeno della stagione fu Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese.

Regista furbissimo, ovviamente, plateale leccaculo della piccola borghesia di ascendenza mucciniana da lui arruffianata, realizzando pellicole che giocano appositamente coi rancori, i pettegolezzi, le sotterranee e (dis)sotterrate vite private di un’umanità che, tutto sommato, sta bene.

Agiografie di piagnistei di gente con la panza piena, metaforicamente parlando. Ove il lardoso Giuseppe Battiston, comunque un ottimo attore che, al di là dell’aspetto da lottatore di sumo, non essendo Valerio Mastandrea, invece paladino, capostipite, imbattibile re dei somari, fa sempre la sua porca figura.

Appena si muove nell’inquadratura, abbiamo perennemente paura che, al pari di un elefante, possa però spaccare i cristalli di Svarovski delle case di Alba Rohrwacher e Kasia Smutniak.

Sì, Svarovski fa rima con donne da matriosca.

Sì, sia Alba che Kasia sono delle bamboline al cui interno, soprattutto psicologico, da cui Woody Allen e Diane Keaton d’Interiors, spuntano nuove, interminabili, enormi femmine oppure donnette sull’orlo di una crisi di nervi.

Sì, Alba è un’attrice che sa il fatto suo, comunque. Muta forma più della figlia del signor Rosselli. Ah, ragazza bravissima a scuola, laureatasi con lode ma, a esser sinceri, un mese è sovrappeso e solo tre giorni dopo è dimagrita più di Christian Bale de L’uomo senza sonno.

Sì, perché è nevrotica.

Adesso, abita con suo marito. Torna dai suoi genitori solo quando deve magnare a sbafo e consegnare loro la figlia piccola. Poveri nonni!

Sua figlia è simpaticissima, appena m’incrocia assieme a sua madre, mi saluta. Poi, rivolgendosi a sua madre, esclama:

– Anna, hai visto che bell’uomo? Perché ti sei sposata papà?

– Figlia mia. Perché papà è come Christian Bale di Vice – L’uomo nell’ombra.

 

Ecco, a volte mi chiedo come mai una donna così bella come Kasia Smutniak sia stata l’ex di Pietro Taricone.

Taricone, pace all’anima sua, ragazzo di rara simpatia e ruspante tartaruga su bicipiti da Vin Diesel di Fast and Furious, chiariamoci.

Ma, detta come va detta, a prescindere dal giusto mio rispetto nei riguardi della sua morte tragica e commovente, come attore non valeva un cazzo.

Sì, dopo le sue passioni selvagge nella casa del Grande Fratello con Plevani Cristina, una che non è andata mai per il sottile e a cui non fregava molto del cervello ma adorava e ancor tiene in auge, appunto, l’uomo di sana e robusta costituzione che fa rima baciatissima e succhiata con la massa encefalica poco falotica, Pietro adescò la polacca Kasia.

E, nella loro casa, furono amori pirotecnici più degli spari che si vedono in quella cazzata di From Paris with Love. Rara, tamarra stronzata con un John Travolta che riesce a essere più burino del Taricone appunto peggiore.

Kasia Smutniak è esattamente un mese più giovane di me.

Io sono nato il 13 Settembre del ‘79, lei il tredici agosto dello stesso anno.

A proposito di Battiston, io faccio un baffo a Silvio Orlando de La passione del compianto, mica tanto, Carlo Mazzacurati, lei è sempre più la versione moderna della Maddalena.  Comunque, a Kasia e a Maddalena, preferisco la Bellucci di The Passion of the Christ del Gibson ma soprattutto quella di Malèna.

Guardate infatti Kasia in Loro e poi ditemi se non vi sentite come Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo.

Ah ah. Fra l’altro, mentre Kasia Smutniak diventa sempre più ricca e dunque unta, nonostante migliori come figa da monta, Willem diviene sempre più smunto.

Giada Colagrande è la moglie di Willem. Ma Willem è talmente spompato che, quando incontra la sua bell’italiana sposa, poco cola dal glande.

Di mio, molti mi considerano un grandissimo, altri un nano. In tanti non mi considerano proprio.

Ah ah.

La verità è che gli altri non conoscono molto del mio intimo, la maggior parte delle donne non conosce neppure la mia biancheria intima.

Io però conosco la loro. Come no? Appena vedo una che mi piace, penso subito a toglierle gli Intimissimi.

Sì, vado da lei:

– Stasera, gnocchissima, guardiamo assieme un film intimista? Uno di questi film da gustare intimamente, un film che ci sciolga dolcemente in modo cremosissimo?

– Che fai, minchione? Ci provi?

– Sì, perché no? Anzi, ti dirò di più. Opterei per un film proprio di primordiali conoscenze carnali da nudisti come Laguna blu. Ci stai?

– Ci sto.

 

A questo punto, punto g che non mi sarei mai aspettato, pensavo infatti solo di fare il guascone cascamorto, me la faccio sotto.

Lei volle farmi sopra ma ero stanco e stetti, fra le sue tette, come un baccalà. Lei mi sbatté, sguazzante, di qua e di là. Io, a dir il vero, non è che molto quagliai, anzi, me la squagliai.

Ah ah. Lei dunque affogò nel plancton, essendo stato uno squalo, forse sono solamente io che ora la rimpiango.

In verità, fratelli e sorelle cinti in raccoglimento, donne con le cinture di castità, vi dico che gli uomini peggiori sono quelli che sembrano gran signori.

Sì, su Facebook inseriscono solo le foto migliori, cioè di quando avevano vent’anni.

Ma prima o poi vengono scoperti poiché arrivano le notifiche dei loro compleanni. E dunque arrivano di conseguenza poche giovani fighe.

Di mio, che posso dirvi?

Siate sinceri e non sleali con gli amici.

Pensiamo, appunto, a Bob De Niro di The Irishman. Jimmy Hoffa/Pacino pensa di aver trovato un tesoro, cioè un amico che non l’avrebbe mai tradito.

Invece Frank Sheeran/De Niro lo ammazza.

Ma perché Sheeran ammazzò Hoffa?

Perché Jimmy era un sindacalista e dunque doveva ascoltare canzoni cazzute per camionisti da Over the Top e invece scoprì che in casa di Hoffa erano presenti, su uno scaffale segreto, tutti i cd di Ed Sheeran?

E questa storia, fra l’altro, che Ed Sheeran firmerà la colonna sonora del prossimo James Bond?

Ma che puttanata è?

Sì, più vado avanti nella vita e più capisco che le regole della società, anche di quella che sembra apparentemente più altolocata e intoccabile, sono pressoché uguali a quelle della mafia italoamericana.

Della serie… tu fai un favore a me e io lo faccio a te. Così siamo amici.

Peccato che qualcuno tradisca gli accordi per far carriera come James Woods di C’era una volta in America. Sposa, dunque scopa, la donna amata da Noodles per tutta la vita.

C’è però un piccolo problema. Deborah fu scopata pure da Noodles. Alla fin fine, Deborah non si rivelò poi questo granché di nobildonna virtuosa.

Ecco, invero Noodles la stuprò, cosa gravissima, ma lei, pur di avere la casa da Beautiful, si mise con un figlio di puttana impari. Come si permise?

Sì, fu e rimane una conclamata zoccola.

In questo ha ragione Paolo Mereghetti quando definisce misogino C’era una volta in America.

Lo è. Ma anche no.

I maschi gangster c’appaiono come dei bambini viziati e capricciosi che ammazzano, per un nonnulla, gli amici solo perché hanno fatto le femminucce.

Quindi, non so quale dei due sessi ne esca peggio.

Nessuno dei due.

Sia gli uomini che le donne, quando vogliono, fanno veramente schifo.

Si scannano di bassezze, si sferrano luridi, bestiali colpi mancini e a vicenda combinano porcate belluine, anzi solo belle e (non) buone. Che bovi.

Guardate, un macello!

Dunque, diffidate quando qualcuno vorrà etichettarvi come un maiale.

Forse, il porco è lui.

 

Probabilmente Scorsese, già decenni anni addietro, profeticamente comprese i meccanismi sociali, le ferree intransigenze che dominano le caste.

Avete presente quando il “mohicano” De Niro di Taxi Driver si reca ai piedi del covo del pappone Harvey Keitel?

Chiedendogli… Come ve la passate voi ruffiani adesso?

E, come secca risposta, ottiene uno sprezzante… tornatene nella tua tribù…?

 

Credo che qui ci sia da rivedere tutto. Da scandagliare come antropologhi-sociologi-polemisti alla Scorsese e alla Pasolini.

Qui la gente si maschera nei titoli, s’impalma, si lecca dietro le cornici delle false referenze.

Degli attestati non solo di carta e non soltanto di stima. Sì, c’è perfino gente che se viene derisa pubblicamente, cazzo, ne va pure fiera e sventola orgogliosa la sua stolta bandiera.

Finisco col dire che quell’esaltato di Christopher Nolan la dovrebbe finire coi suoi titoli da latinista nato a Londra.

Sì, altro che MementoInsomnia e Tenet.

Che ne sa costui del vocabolario-dizionario Castiglioni-Mariotti? Secondo me sa poco anche di Mariotta, donna marina della Versiglia spesso senza vestaglia che, comunque, ha più prestige di tale cineasta delle vettovaglie. Sì, i suoi film sono un caravanserraglio di cagate a vanvera, non mi fotte. Gli firmo adesso un vaglia. Basta che non rompa più il Cinema di gran gusto e dunque di mia tovaglia. Basta! Quest’uomo va smacchiato col sapone di Marsiglia! Sì, si fa il viaggio ma a quest’uomo da carnevale di Viareggio, eh sì, prenoto subito un andata senza ritorno, cioè un volo in caduta libera, da Dunkirk alla Cornovaglia. Se non dovesse schiattare, gli scoreggio.

Suvvia. Ma quale erede di Kubrick? Questo suo Cinema ipertrofico, di grandeur boriosa e idiozie a iosa, è peggio di quel bomber di Vieri Bobo, uno che stava con Maddalena, appunto, Corvaglia. Sì, Christian è stato pure con la Canalis e altre mille. Ma cristiano di che? Sì, questi uomini e donne li ficchiamo tutti in C’era una volta in Italia. Infine, Nolan dovrebbe girare il suo prossimo film, scegliendo un titolo più lungo d’Interstellar, simile ai titoli di Lina Wertmüller, vi faccio un esempio: Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico. Un titolo che vale mille volte di più dei voli, appunto, pindarici delle sue inquadrature.

– Stefano, davvero pensi questo di Nolan?

– No, scherzo, dai.

– Ah, allora cosa pensi?

– Penso peggio.

Ah ah.

– E invece del mondo in generale?

– Il mondo non esiste, non è mai esistito. Sarebbe stato meglio se non fosse mai nato.

– Dunque sei misogino?

– Abbastanza. Le donne però non sono con me femministe.

 

Detto quanto appena scritto, come mia dolce, leggiadra consuetudine, verso mezzanotte afferrai il volante della macchina e mi recai al bar cinese ove sono solito bere il caffè.

Lo bevvi, pensando che voi invece, cazzo, vi bevete il peggior Cinema del mondo e lo considerate pure un superbo alcolico, poiché vi fate ubriacare da gente come Nolan. Al che pagai, ammiccai alla barista, alludendo di occhiatina furbetta alle sue notevoli cosce che, soprattutto in questo caldo periodo estivo, lei mostra generosamente, quindi salutai pure il ragazzo altrettanto barista.

Non ho mai capito se questo ragazzo sia il figlio della barista con la minigonna, se sia suo nipote o il suo toy boy. Mah.

Ah, i cinesi comunque non barano mai, nemmeno al bar.

È un’altra cultura, a mio avviso, superiore alla nostra.

I cinesi, così come tutti gli orientali in generale, a prescindere dalla yakuza e vari cazzi ché, purtroppo, i criminali spuntano come funghi dappertutto, sono persone migliori di noi italiani.

L’italiano medio è un coglione oppure uno stronzone, un falso e un viscido. Lecca il culo all’amico per ottenere vantaggi, è solamente dunque un opportunista. Se l’amico va giù, lui al massimo gli offre un tiramisù. Poi, pure lo deride, ringraziandolo della cioccolata. Sì, perché se qualcuno ti tira su, cazzo, dopo devi sdebitarti. Dandogli un profiterole.

Ah, si strozzasse questo strozzino.

Sì, l’italiano è fissato coi debiti. Pure alle superiori, devi pagare il mutuo. Sì, se sei una ragazza che parla poco, perciò un po’ muta, ti rimandano con tanto di debito.

Classico pensiero mafioso. I mafiosi fanno così. Tali e quali anche ai camorristi.

Pensate a Riccardo Scamarcio di John Wick 2. Scamarcio regalò il villone a John/Keanu ma poi gli fece una proposta indecente. Volle liberarsi, cioè, della sorella Claudia Gerini che, a quanto pare, era stufa del vento del sud dello Zampaglione. Uomo che non sa più farla godere, servendole le sue canzoni più dolciastre dello zabaione.

Keanu, a differenze di De Niro/The Irishman, gli dice NO. Secco, imperioso, principesco. Da uomo che si piega ma non si spezza. Incorruttibile.

A quel punto, Scamarcio lo ringrazia, si allontana e con un bazooka gli fa esplodere la Kasia, no, la casa.

Keanu sopravvive. Mamma mia, che sfiga questo John. La moglie gli morì di Cancro, gli ammazzarono il cagnolino, non poté manco godersi di essere rimasto solo come un cane che gli arrivò, appunto, in casa quell’attore cagnissimo del Riccardone nazionale.

Comunque, torniamo a ieri notte.

Queste qui che vedete in foto non sono due mignotte, due passerone, sì. Ve lo posso sottoscrivere senza vergogna.

Sì, stavo rincasando dopo il caffè zuccherato e avvistai, nei pressi di casa mia, queste qua. Una più bella dell’altra.

Fui colto da un dubbio amletico imponderabile: me le scopo entrambe, ne rimorchio solo una oppure svolto a destra, apro il cancello della mia proprietà privata col mio telecomando elettronico e vado a letto?

Da dove son spuntate? Non le avevo mai viste prima di ieri.

So per certo che, come v’ho appena scritto, non sono due prostitute.

Come faccio a saperlo? Abitano nel palazzo di fronte.

Ecco, se svoltai subito a destra, come feci a sapere che loro salirono nei loro rispettivi appartamenti ubicati nel palazzo al mio adiacente o, che dir si voglia, antistante?

Vi lascio col dubbio.

Vi dico anche che forse non abitano in appartamenti diversi.

Sono studentesse universitarie che hanno affittato un monolocale, sono due lesbiche?

Non sono cazzi vostri.

Detto ciò, nella triviale, famosa scena del caffè di Once Upon a Time in America, James Woods/Max si rivolge alla sua donna come Vittorio Sgarbi.

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di Stefano Falotico

EVA DE DOMINICI: lasciate stare Osho, il buddismo, i budini e le burine, gli psichiatri, le pasticche, Nanni Moretti, Morelli e le morette


28 Jul

Eva del peccato

Sì, son particolarmente ispirato in questo periodo. Son risorto come il Sole ogni giorno.

Sì, il Sole sorge ogni giorno. Alba Parietti invece sta declinando al tramonto mentre io respiro aria solare tre volte l’anno. Quando, dopo nottate mie insonni da lupo solitario della brughiera della nebbiosa periferia bolognese, non avendo preso sonno, apro la finestra, cammino fuori come un balcone con in mano un caffè da vero nevrotico dall’aspetto smunto simile a Nosferatu e brindo agli amori perduti e agli albori dardeggianti d’un crepuscolo da Ugo Foscolo sui generis o forse reincarnatosi, in lui generatosi.

Sì, sono io l’autore del carme Dei sepolcri, essendo oramai senza carne eppur vivendo di totale karma.

Da tempo immemorabile, infatti, non faccio una scopata, se non a terra. Visto che, durante la mia notte turbolenta, nella quale mangiai di fame chimica il mio risotto in bianco, indistruttibilmente funereo come il metallico, più duro adamantio, rimango nonostante tutto una persona romantica.

A differenza di voi che, malgrado ogni notte vi siate imboscati e (im)bucati con qualche lucciola, il mattino dopo già vi disperate con le vostre esistenze poco adamantine, affliggendovi nel più inconsolabile, nefasto, nero pianto.

Sì, state sempre a lamentarvi. Non ve ne va mai bene una. Sì, ieri vinceste alla SNAI una cifra pazzesca, al che sperperaste tutta la vincita, appunto, con una mignotta che, col sen(n)o di poi, vi rimase sullo stomaco quando prima vi stette sul cazzo. Cosicché, al risveglio, siete sempre rimasti poveri in canna e non avete ora neanche non solo una dea ma neppure tre deca per rifornirvi dallo spacciatore che ha il doppio lavoro. Sì, il vostro pusher non soltanto vende illegalmente sostanze stupefacenti, ovvero un campionario di droghe che vanno dall’eroina alla cocaina sin alle più misere canne, invero nel tempo libero fa come Harvey Keitel di Taxi Driver, sì, è pure il pappone delle belle bambine…

È un uomo che si chiama Sport e, coi soldi guadagnati dalle vostre tasche, s’è fatto addirittura l’abbonamento completo a Sky per guardarsi Ronaldo alla tv e Il cattivo tenente.

Sì, il losco figlio di zoccola s’è sistemato alla faccia vostra.

Già, vedo i ragazzi migliori della mia generazione oramai assaliti dalle più misteriose, non diagnosticabili patologie mentali.

Al che, ecco il disoccupato che si auto-dichiara affetto da disturbo borderline soltanto perché è stato lasciato da una malata di anoressia. Forse solamente frigida oppure ninfomane. Cosicché, nella bulimia delle sue irose crisi depressive, prende di mira tutti gli invalidi. Da quelli psichici a quelli meno(a)mati fisicamente.

Non fa altro per tutto il giorno, se non inveire su tutti, senz’eccezione alcuna nella sua smania delirante d’onnipotenza, tranne quando va dallo psichiatra che, coi soldi da lui elargitigli, chiama Sport/Keitel per impasticcarsi di sesso freudiano con la minorenne da lui educata come Michael Fassbender nei confronti di Keira Knightley di A Dangerous Method.

Un troiaio generale di caporali che dettano regole e sbattono pure tegole in testa ai senzatetto. Anche a quelle senza tette.

Comunque, persino i barboni si sono infurbiti. Adesso, non elemosinano più ai semafori.

Dalla loro camera iper-tecnologizzata, diffondono in rete le loro richieste assistenzialistiche da veri informati(ci) aziendalisti. Sì, ora domandano con insistenza soldi da gigolò, no, a gogò tramite il crowfunding delle risorse umane. Questo il messaggio tipico:

questo sono io. Ho la connessione ADSL e non ho l’AIDS. Pago tutte le bollette della luce e del gas e mangio piuttosto bene. Però, non ho i soldi per stare alle Seychelles e dunque per farmi un selfie come vanno di moda oggigiorno su Instagram. Ne va della mia dignità.

Perciò, vi chiedo cadauno almeno venti Euro.

 

Sì, le persone sono impazzite. Vivono di autocommiserazioni, cercando solidarietà da chi sta messo più a pecora di loro.

Si rivolgono allora ai filosofi d’oriente ma non ne cavano niente. Si recano quindi dagli occidentali curatori dell’anima, oserei dire incidentali. E cacciano più accidenti!

Psichiatri dei miei coglioni li rabboniscono, sedandoli come cavalli quando, prima di recarsene, almeno erano imbizzarriti stalloni come Rocco Siffredi.

Guardate, è penoso Siffredi. No, non sono un moralista ma, cazzo, uno che non ha problemi d’erezione com’è possibile che sia così impotente nella dizione? Gli occorre il Viagra per curare la sua difficoltà a parlare in italiano retto, no, corretto.

Una fica bestiale, no, fa una fatica incredibile. Suda freddo appena deve recitare la pubblicità delle patatine…

Di mio, sono appena reduce dalla visione del film Sangue nella bocca.

Una porcata rarissima. Non perché questa pellicola contenga scene sessuali ai limiti della pornografia più casareccia, semplicemente perché aveva ragione Orson Welles.

Il sesso filmato nel Cinema di “serie a” non serve a una minchia.

Il piacere nasce dal non detto, dagli sguardi sottilmente ammiccanti, dall’aura magnetica della seduzione invisibile eppure corposamente pugnace.

Non c’era bisogno dunque di spogliare la bellissima Eva De Dominici e sottoporla alle perenni sodomizzazioni del regista. Che, dopo una vaccata del genere, a mio avviso s’è infatti auto-inculato.

Sì, Sangue nella bocca è un American Beauty argentino mischiato a una telenovela, appunto, sudamericana con scene molto spinte e sudate. Talmente reiterate e interminabili che comunque devo stringere la mano appunto al suo regista. È riuscito a curarmi dall’insonnia. Dire, cazzo, che le avevo provate tutte.

Ah ah.

Pensavo che sarebbe finito almeno come Million Dollar Baby. Manco questo.

Il protagonista, detto Il Tigre come Vittorio Gassman, viene lasciato dalla moglie e dunque dai figli, perde il match della sua rinascita e la ragazzina con cui sta lo cornifica con un bisteccone…

Sì, Sangue nella bocca è lo scult di fine stagione.

Vale comunque per Eva.

Sì, la fine di ogni uomo partì per colpa di Eva. Adamo docet.

Di mio, che posso dirvi? Voi v’indiavolate a fottervi a vicenda ma a me piace, come Lucifero, mettere la mia lingua serpentesca fra moglie e marito. Ecco, avrei due domande da porvi. Voi conoscete Rambo? Chi non lo conosce? Mentre in questa foto cosa si vede? Un cotton fioc piantato nell’orecchio?

Bravi. Mi compiaccio nel sapere che ancora dementi del tutto non lo siete diventati.67682919_10214159488604057_6823429897663283200_nEVA DE DOMINICI FIGA evadedominici Eva sbaraglia De Dominici

 

La burocrazia è il male ma noi siamo cuori selvaggi


27 Jun

cuore selvaggio cage

Io conosco questo passo a memoria, ovvero:

la burocrazia è un male come il cancro, un allontanamento dalla direzione dell’evoluzione umana di infiniti potenziali e azioni differenziate e indipendenti, verso la parassitarietà completa del virus.

Passo strepitoso di William Burroughs de Il pasto nudo, il libro preferito di Kurt Cobain e pure il mio, escludendo ovviamente i miei, oserei dire superiori ai libri di chiunque.

Burroughs è stato il maestro per eccellenza del delirio più squinternato fattosi genialità pura.

Come vi scrissi qualche giorno fa, la Historica Edizioni ha pubblicato nella sua antologia di racconti un mio piccolo scritto, intitolato Disturbo denirante.

Sfacciata e sofisticata presa in giro nei confronti degli arroganti e superficiali psichiatri che, sulla base di un paio di mie dichiarazioni sentite e sincere, addussero sbrigativamente che soffrissi di disturbo paranoico delirante. Io dissi loro semplicemente che mi ero creato il mio mondo di gioie e che delle gioie di molta gente, apparentemente felice, invero abominevole e cinica, non ne volevo sapere.

Io non ho paranoie, mai avute. Quelle le ha il novanta per cento delle persone, in particolar modo di questo Paese ove tutti spettegolano, bramano malignamente il male altrui affinché il prossimo, assediato dalle loro crocifissioni e dalle loro perverse persecuzioni, abdichi alla loro religione ideologica all’insegna della falsità morale più ipocrita, dunque illogica.

Sì, sono Andrew Garfield di Silence. Ma, a differenza del suo personaggio di nome Rodrigues, neppure Liam Neeson di Taken mi persuaderà a soccombere all’idiozia collettiva.

Potrà puntarmi una pistola contro e io, dirimpetto al suo giustiziere della notte, pronuncerò quest’esaustiva, lapidaria frase, freddandolo subito:

– Signor Liam, giri altri film come Run All Night e Un uomo tranquillo e veda di non farmi girare qualcos’altro.

Non sono la sua Preda perfetta, sennò sarà lei a farsi una bella passeggiata cimiteriale come il titolo originale del film appena citatole, A Walk Among the Tombstones.

 

Ferreo, integerrimo, moralmente intransigente, nessuno mi convincerà ad accettare le regole naziste di un mondo andato oramai da tempo immemorabile nel loculo ma soprattutto a culo.

Sì, se perfino Liam Neeson di Schindler’s List mi volesse salvare e dunque mi consigliasse vivamente di rinunciare ai miei valori per non essere bruciato nella fornace di una società che screma ed emargina, spella e arde ogni speranza romantica, a costo di venir distrutto dalle mie stesse utopie ardimentose e ardenti, a costo di rimanere solo come un cane bastonato nell’implorare pietà a dio, non mi lascerò macerare dai macellai dell’anima.

Detto ciò, sì, nel mio racconto Disturbo denirante narro brevemente di come fui ammaliato da colui che meglio di chiunque altro incarnò God’s lonely man, ovvero Bob De Niro/Travis Bickle di Taxi Driver. Consequenzialmente, ipnotizzato dal suo carisma esistenzialista e dostoevskijano, mi ammalai profondamente di melanconia lontana anni luce da ogni frivolezza mondana.

Furono anni di manie ossessivo-compulsive nei quali, agonizzante, sognai soltanto un angelo biondo che mi riscaldasse in maniera paradisiaca per addolcire tutte le mie scottanti ansie.

Per molte ragazze presi bestiali cotte ma anche oggi mangerò pane e cicoria, pastasciutta con la ricotta…

 

Sì, non fatevi fottere da queste ragazze squillo che, dietro falsi profili, su Facebook vi contattano per fregarvi i soldi:

– Ciao, mi sembri una brava persona. Mi piacerebbe conoscerti.

– Piacere, Stefano.

– Il piacere sarà reciproco assai presto se vorrai…

– Tu che fai nella vita?

– La parrucchiera. Vorrei farti barba e capelli.

 

Bannata. Trattasi, come sapete, di prostituta che si spaccia per acconciatrice…

Dunque di una donna sconcia che elemosina notti squallide pur di arrivare a fine mese quando, in realtà, la sua vita è già finita dopo la prima volta…

Sì, diciamo una sciampista delle doppie punte moralmente in conflitto fra loro e del punto G della sua personalità doppia da donna apparentemente bella di giorno e coi clienti più brutti e frustrati di notte.

Detto ciò, ecco…

Ho inviato il bonifico alla casa editrice ma non è bastato. Hanno voluto la scansione digitalizzata con tanto di conferma di lettura.

Eh già, bisogna sempre attestare.

– Lei, Falotico, è critico cinematografico. Ma non è laureato al DAMS. Lei lo deve attestare, testone, altrimenti io la prenderò a testate, non giornalistiche.

– Scusi, eh, io sono giornalista amato perfino dai giornalisti. Chieda al giornalaio la copia de Il Giornale ove è stato pubblicato un servizio spettacolare, nella pagina degli Spettacoli, riguardo il mio libro su Carpenter.

– Allora lei è un Genius romantico!

– Non si era capito?

– Mah, non tanto a dire il vero. Mi tolga una curiosità, però. Qual è secondo lei una delle migliori interpretazioni di Nicolas Cage?

– Ovviamente quella in cui Nic canta questa.

 

 

Vi era bisogno di chiederlo?

 

di Stefano Falotico

dodici fatiche asterix maguire casa del sidro

La critica moderna, guidata dagli youtubers Joker Marino, Federico Frusciante, victorlaszlo88, Lorenzo Signore, Mr. Marra vs la Critica accademica


17 Jun

james-deanOra, saltate questo lungo preambolo se non amate l’autoironia, la Critica sui generis e passate al capitolo 2 che verte sulla questione enunciatavi nel titolo…

Comunque sia…

Lo spettatore amatoriale che critica i critici veterani è triste quasi quanto Paul Schrader che girò un film con James Deen e più moscio di Richard Gere de Il primo cavaliere?

Sì, ho scritto James Deen, non James Dean.

James Deen è la nemesi di James Dean. Tanto Jimmy fu la simbolizzazione, per quanto mitizzata volgarmente, romanzata, empiamente stilizzata della gioventù bruciata piena di palpiti romantici, d’eterna inquietudine combattiva, d’incandescente purezza sentimentalmente travolgente, ovvero l’incarnazione della rabbia giovane quasi appunto malickiana, oscenamente mistificata però dai cultori e fautori bassamente giornalistico-giovanilistici, appunto, cioè adulti rincoglioniti idolatri e nostalgici delle giovinezze lor perdute nella panza e nella corruzione da riempire e infangare di triti luoghi comuni insopportabili ché, a loro squallido ardire, è bello ardere e identificare in modo pressapochista nella distorsiva nomea iconica d’una idealizzata, forte, eterna sindrome da Peter Pan e nella stupida magnificazione bambinescamente cazzuta de Il selvaggio, quindi a erezione, no, elevazione di nostalgie ed elegie brandiane e coppoliane, Rumble Fish docet, santificanti e dunque limitanti, al solo scopo… mercantilistico e superficiale, agiografico e banale, semplicistico e oserei dire scandaloso, scostumato, vergognoso di alzar in auge quella… che è invero l’emotiva complessità di un periodo importantissimo della vita di noi tutti, cazzo, dicevo… mi son perso fra anacoluti dal costrutto sintattico più articolato di un infinito rutto brutto… in parole povere, James Deen, il pornoattore osceno, è un misogino edonista mostruoso e marcio, un sodomita violento e ai limiti della legalità delle donne comunque più vicine alla femminilità animale, quindi di Dean ha solo il nome.

Deen è uno sgorbio e ha storpiato pure il fantastico cognome del protagonista della Valle dell’Eden.

E The Canyons è un film impresentabile non perché io sia un moralista che fatica/chi a digerire l’idea che lo sceneggiatore de L’ultima tentazione di Cristo abbia ficcato… Dean nella sua porcata per rendere Autofocus la sua bischerata, no, capisco benissimo che dietro questa sua scelta di casting via sia un’idea meta-cinematografica pari quasi alla metafisica di Taxi Driver, comprendo appieno che, così facendo, Schrader abbia voluto eccentricamente omaggiare appunto sé stesso, essendo lui un calvo cineasta solipsista e calvinista, ossessionato dalla carne, da temi come il peccato, l’irredenta natura ambigua del sesso e dell’amore in una società andata a puttane più delle clienti di Woody Harrelson di The Walker o del super figo Richard Gere di American Gigolo, no, non è questo il punto. Nemmeno G.

Il grande Cinema è splendida finzione. American Gigolo è un bellissimo film proprio perché non c’era John Holmes a interpretarlo. Non so se mi stiate seguendo. Bensì appunto v’era Gere.

Forza, sveglia, non dormite da ghiri!

Un sex symbol, certo. Che peraltro sarebbe divenuto totalmente tale soltanto dopo questo film. Richard Gere, un celeberrimo donnaiolo incallito che è stato sposato a Cindy Crawford, l’unico stronzo di classe che poteva permettersi la lussuria, no, il lusso di essere il protagonista della pellicola All’ultimo respiro, remake neanche tanto malvagio, a darla tutta, no, a dirla tutta, di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard, recitando spesso semi-ignudo in piscina assieme a quell’ex Femme Publique immane e stra-gnocca di Valérie Kaprisky, donna impudica e pubica, senza far rimpiangere del tutto l’originale puro.

Evviva le guerre puniche!

Ma Gere è un attore coi contro-coglioni, non schizziamo, poveri idioti schizofrenici, e soprattutto… non scherziamo.

Guardatelo ne L’incredibile vita di Norman oppure ne Gli invisibili. E capirete che, oltre al sempiterno fascino virile da piacione, v’è sempre stato molto di più, miei cazzoni.

Richard Gere è uno che ha sempre saputo eccome il fallo, no, fatto suo. Un attore con due palle così.

E qui ci vorrebbe, a gridarvelo in faccia, Mario Brega di Un sacco bello, così come urla infatti al figlio scemino che Don Alfio è uno di Chiesa che la sa lunga.

James Deen è il peggio del maschio, roba che Bobby Peru di Cuore selvaggio, cioè Willem Dafoe, vale a dire uno degli attori preferiti di Paul Schrader, neanche a farlo apposta, se lo tromba più velocemente di un’eiaculazione precocissima senza neppure cagarlo di striscio.

Paul Schrader, che film merdoso che è il tuo The Canyons. Per fortuna, ti sei rifatto con First Reformed. Sennò ti avrei spedito a fumarti un cannone…

Sì, un tempo, ai due giorni di leva, chiedevano ai ragazzi se amavano i fiorellini. A me chiesero come mai mi piacevano i tortellini ma non gradivo molto le bolognesi.

Se qualcuno rispondeva sì ma, alla domanda se gli fosse piaciuto fare il fioraio, rispondeva che, altresì, amava la natura colorata e bella eppure al contempo non si sarebbe mai sognato di fare il giardiniere contento o di vendere rose rosse alle donne innamorate non solo di Richard Gere per una vita apparentemente felice, ecco, a questo qualcuno prescrivevano la visita dallo psichiatra.

Io sono il Joker, anche Matthew Modine di Full Metal Jacket.

Se costui si opponeva a questa sorta di castrazione psicologica assurda, lo riformavano. Ma non rilasciandogli la patente di uomo troppo dolce ed educato, dalle buone maniere sensibili non pronto a un mondo guerrafondaio manieristico di fascisti-filonazisti, bensì lo rispedivano al mittente con la patente discriminatoria di frocio assai prossimo alla demenza.

Sulla lettera, diciamo, di dimissione non v’era scritto esattamente frocio bensì eufemisticamente lo si mandava a cubiste, no, a cubitali lettere, a quel paese poiché non ritenuto macho abbastanza e dunque adatto, oddio sto morendo, a una vita da duro che tutti incula.

È questo che ci ha insegnato la nostra Italia. Complimenti, valori di “sana e robusta Costituzione”.

No, non ho nulla da dissentire in merito. Come no? Infatti io ho svolto il servizio di obiettore di cosce, no, di coscienza.

Detto ciò, non traviate le mie parole, non travisatemi.

Tutto quest’ambaradan, questo pen(s)oso panegirico per arrivare a una questione che mi sta sinceramente più a cuore.

Sì, tutti questi damerini, questi (ig)nobili figli di papà di vent’anni che non se lo sono mai fatto a dovere, mi stanno sul culo.

Se avessi detto che mi stanno in un posto simmetricamente perpendicolare allo sfintere, mi avrebbero pure tolto la possibilità di obiettare e dire la mia. Vi pare normale?

A noi, critici e figli della generazione X, forse con una Lancia Ypsilon, uomini “Smart” insomma, chi spezzerà delle lance in nostro favore? Ah, non ci disprezzerete e dunque l’anima non ci spezzerete.

Vi faremo a pazzi, no, a pezzetti, a pezz(ent)i. Paz e devi avere Pazienza, anche Andrea…

Dobbiamo mettere i puntini sulle i e anche forse su quelle greche, non siamo probabilmente dei latinisti e amanti dei peplum ma forse adoriamo i piedi femminili, siamo feticisti di e come Tarantino?

Siamo misogini come James Deen o come Stuntman Mike di A prova di morte?

Odiamo gli attori cani, dunque non siamo dei cinofili, bensì solo dei cinefili?

La domanda sarebbe da porre al mitico Ignazio La Russa. Vi ricordate?

Incorre in un frequente lapsus il candidato di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa mentre si rivolge a Luca Miniero, regista del film Sono tornato che ha come protagonista il Duce: “Un film troppo commerciale…”.

Alcuni sostengono che io meriti molto più successo E che i miei circa 370 iscritti al mio canale YouTube Joker Marino siano davvero pochi. E sul modello 730 abbia poco da recensire…

Ora, noi siamo bravissimi, in effetti. Spesso, lo dico orgogliosamente, siamo più intuitivi, colti e preparati di gente che scrive, dietro fior di quattrini, per quotidiani nazionali.

E mi riferisco naturalmente, oltre che a me stesso, ai succitati Frusciante, Victor, Signore, forse anche a Willy Signori e vengo da lontano.

C’è chi ha mille iscritti al suo canale e chi invece 100 mila. Chi invece ne ha tre, ovvero sé stesso e i suoi genitori. Io non sono invidioso di chi ha più di me. Chi fa da sé…

Dunque, lunga vita a Fede, nostri fedelissimi.

È meglio insomma Falotico, detto Falò delle vanità, oppure Francesco Alò?

È meglio Mereghetti o le sorelle Laura e Luisa, figlie di Morandini?

Chi è nato prima? L’uovo o la gallina?

E Falotico è una gallina dalle uova d’oro? Cioè, quasi (a) gratis, continua a fare le video-recensioni di film altissimi ma, se fosse andato, ogni santo giorno, al semaforo di Via Prati di Caprara, per elemosinare du’ lire, forse oggi avrebbe più soldi?

È un critico amatore pur non essendo un armatore, è un amante della più elegante Ars Amandi e un adoratore del Cinema bello, non bellico, quanto i migliori film di Elia Kazan? Oppure era meglio se fosse nato davvero come Antonella Elia?

O è invece un cazzaro, un casinaro, un coglione, per farla breve e sveltina?

Siamo tutti pirla in questo mondo?

E perché mai sfruttarono la virilità grandiosa del magnifico Richard Gere a uso e consumo delle donnette che hanno sempre utopisticamente sognato di vederlo nei panni di Lancillotto?

Tornando a La Russa, stamattina uno in radio, un lavoratore stacanovista e bravissima persona, a tale domanda fattagli, ecco, ha risposto così:

– Che cosa faceva nella vita jean-Jacques Rousseau?

– Russò.

 

Invero, non fu una domanda ma una barzelletta raccontata dallo stesso radioascoltatore che, finito di spararla, volle puntualizzare che lui, oltre che lavoratore duro, è un grande musicista.

Ci siamo capiti. Ho detto tutto. Noi siamo più bravi dei cosiddetti critici da cui tutti pendono dalle labbra ma forse ha fatto bene James Deen a buttarla in vacca.

Se proprio ci andrà grosso, no, grassa, potremmo pure campare con un mezzo stipendio ottenuto dalle visualizzazioni, ma non potremmo mai permetterci di avere la villa a Mulholland Drive.

Noi continueremo però, resilienza e Resistenza permettendo, ad amare alla follia Lynch, vedendo Naomi Watts e Laura Harring col binocolo e invece il Pinocchio Deen vedrà gnocche a tutt’andare, sgranocchiandosele, le gambe sgranchendosi, scrocchiandosi le nocche, pieno di balocchi, no, baiocchi.

Chi ha occhio, no, orecchie per intendere, intenda. Altrimenti, se non volete starci a sentire, c’è sempre la RAI.

Evviva noi, youtubers a cazzo loro, gli altri sono tutti troioni.

Perciò, arriviamo al punto cruciale, alla morale della fav(ol)a:

se James Dean interpretò Il gigante, se James Deen è un cane e La Russa un cinofilo, perché Falotico non può essere un cinefilo normale?

Dio can’!

 

di Stefano Falotico

01 Jan 1955 --- James Dean --- Image by © Sunset Boulevard/Corbis

01 Jan 1955 — James Dean — Image by © Sunset Boulevard/Corbis

Il Joker era a Castel San Pietro Terme assieme a un suo amico, forse Robin di Batman


16 Jun

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jokerSì, domenica assolata. Un caldo micidiale.

Al che, dopo una lavata bestiale, presi la macchina e m’infilai una maglietta, azionando la quinta, sollevando la leva del cambio e guidando come un dannato. Ah, sono un futurista-trasformista che odia i Transformers, l’edonismo e pure gli Avengers.

Sono il figlio delle mie mille metamorfosi, fi(si)che non, da uomo che fa del perenne cambiamento la sua filosofia a volte pure da demente.

Un uomo bracalone che odia il Dottor Balanzone, un uomo che incarna sia Gassman che Trintignant de Il sorpasso, è il mattatore de L’armata Brancaleone, uno insomma che detesta le persone ipocrite e venera Il monello di Chaplin. Di secondo nome faccio Pierrot, no, Piero, non sono un tipo da film di Pierino, conobbi però da piccolo un ragazzo di nome Pierre che si scopò molte P.R. Ora è sposato con una pura.

Di mio, non so che farmene delle pubiche, no, pubbliche relazioni. Amo isolarmi e gridare come Totò ne L’imperatore di Capriisolani, i solisti…

Ah, voi siete solo solipsistici. Quelli del PD raccontano balle e hanno la panza piena. Walter Veltroni ancora fa il Pinocchio e Beppe Grillo resta sempre un Mangiafuoco parlante.

Fra notifiche del cellulare che squillò, una squillo che adocchiai sul marciapiede, uno che mi strombazzò e un’altra con un gran didietro che, all’uscita nella quale svoltai, m’urlò che voleva trombarmi, continuai come sempre per la mia strada. Imboccando l’autoradio e ficcando il cd della colonna sonora di Lost Highway.

Sono oggi il Richard Farnsworth di Una storia vera e domani Sailor di Cuore selvaggio.

Cosicché, mi diressi in direzione di Castel San Pietro Terme. Cittadina amena con molti segreti di Twin Peaks al suo attivo. Una località intrisa di storie paesane condite da sindaci equivoci, da maestre elementari dal passato discutibile, piena zeppa di palazzi fatiscenti e posti degradati, di uomini deficienti e di altri molto abbienti, di abitanti che invero a Castel hanno solo la cantina ma stanno parcheggiati, poiché arrestati, alla Dozza di Bologna, d’un celeberrimo luogo termale ora colmo di formiche e termiti, non frequentato quando il caldo fa morire d’infarto la gente per colpa dell’ipertermia, un posto di donne scosciatissime, di biblioteche che furono ex macellerie, di distinte signore che mettono le corna al marito della prostituta più famosa che se la fa col parrucchiere, col commendatore e forse anche, appunto, con un qualsiasi puttaniere.

Uomo che non abbisogna della maschera sociale per esserle senza filtri ma comunque la ama a metà col preservativo.

Ah, questa gente che sotto Natale fa il presepe, va a messa di domenica e il lunedì mattina tifa per Salvini, io la metterei in ginocchio, genuflessa nel recitare il Mea Culpa.

Sì, gente che Fabrizio De André faceva bene a mettere alla berlina. Sì, sono persone che si dichiarano ecumeniche ma invero, oltre che fasciste nell’anima, sono senza cuore razziste.

Sì, questi qua, questi quaquaraquà vanno internati come quelli dello zoo di Berlino. La dovrebbero finire di demonizzare i giovani disoccupati quando l’unico lavoro che hanno fatto, cazzo, è stato guardare per otto ore le cosce della segretaria.

Dopo otto ore, costoro, talmente rincoglioniti dalla Juventus, non le hanno timbrato neppure il cartellino rosso.

Questa è gente peggiore di Antonio Cassano. Cassano fece solo casini e si divertì un casino con donne di bassa lega, simili a Nadia Cassini.

Donne che ebbero culo a non fare un cazzo, appunto, ma a essere più ricche di Cassano stesso.

Come fu possibile? Facilissimo. Essendo facilissime, oltre che con Cassano, andarono anche con l’intero Real Madrid.

Che posso dirvi?

Le persone religiose dicono di amare il prossimo come sé stesse ma molte di esse si suicidano per bassa autostima.

Gli psichiatri sono atei, non credono a Gesù ma vogliono salvare i lebbrosi nel cervello, pigliando parcelle da porcelli.

Sapete che vi dico? Mi comprerò il dvd di Marisa Tomei: Core & Curves.

Sì, io non sono un ipocrita.

Vi racconto persino questa.

Un mio amico venne a casa mia. Al che aprì, senza chiedere il permesso, un cassonetto ed esclamò scandalizzato:

– Cristo, ma questo è un porno. Stefano! Io pensavo che tu fossi un intellettuale. Hai un porno in casa tua.

– No, figurati. Ti sbagli. Ne ho cinquemila.

 

Ah, quante dicerie e maldicenze. Quanti esseri calunniatori.

Poi, diciamoci la verità. Non è vero che in un paese tutti sanno tutto di tutti. Questa dicasi massima popolare assai falsa. Non sanno niente, diciamo piuttosto che amano passare il tempo, spettegolando.

Potrebbe essere così?

Il mondo comunque è piccolo.

Anche a New York, il sindaco sostiene di aver fatto la scelta giusta ad arrestare uno di Harlem ma è maritato con la moglie di Martin Scorsese di Taxi Driver.

 

di Stefano Falotico

 

tomei core e curves

joker phillips

twin peaks

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

È morto Franco Zeffirelli ma io no e ieri sera a Ravenna è stato presentato il mio racconto Disturbo denirante


16 Jun

Anton Giulio Onofri, su Facebook, ha sostenuto che Franco (non) sia stato niente.

Sì, questo regista non era un granché. E chi lo acclamò prese un granchio.

Al suo Romeo e Giulietta, gli ho sempre preferito quello di Baz Luhrmann.

Al suo Gesù di NazarethL’ultima tentazione di Cristo.

Al suo Fratello sole, sorella luna, Massimo Troisi di Ricomincio da tre quando sostiene che la migrazione degli uccelli sia avvenuta per colpa di San Francesco.

Gli uccelli ne avevano le palle piene di questo qui che parlava loro. Le donne invece, a quanto pare, si riempiono quando migro in loro.

Sì, possiedo il fascino di Mickey Rourke nel biopic sul santo d’Assisi di Liliana Cavani.

E, a proposito di Chiara, Helena Bonham Carter è stata Ofelia nell’unico film, a mio avviso, bello di Franco. Perlomeno vagamente passabile. Il suo Amleto con Mel Gibson.

No, non ho gli occhi celesti di Gibson ma adoro viaggiare in tangenziale a tutta velocità neanche se fossi in Interceptor.

Quando sollevo i pesi, acquisisco anche un sex appeal bestiale da Tom Hardy di Mad Max: Fury Road.

La mia vita è stata tragica, una Callas Forever ma, nonostante le sfighe colossali e qualche figa amabile, nel senso che sarebbe stato possibile amarla tutta la vita ma sono troppo capa rossa per sposarmi, diciamocela, la tragedia non solo scespiriana è incarnata/s’incarnò in me.

Me ne incarnai, sono incarnito, ah ah.

Sì, ho i capelli rossicci da Rosso Malpelo, altro che Storia di una capinera, famoso volatile “passeriforme”.

Già, malgrado abbia perso molto in questa mia esistenza, non vado con la prima Traviata che possa capitarmi a tiro…

Ah, le donne vogliono un(a) Verga ma qui ne vedo poche di femmine vere.

Sì, la mia vita ha seguito un percorso introspettivo, formativo, sentimentale-erotico da fare un baffo a Jane Eyre.

Comunque, il mio amico Gennaro, di professione pizzaiolo, sta messo peggio di me.

Molti uomini, dopo la prima volta, si montano oltre a quella con cui l’hanno fatto, eh già, pure la testa. E diventano fascisti. Bevono insomma un Tè con Mussolini ogni giorno.

Di mio, per alcuni anni ho fatto la fine di Ida Dalser/Giovanna Mezzogiorno in Vincere.

Altro che Filippo Timi, soffrii di atimia.

Sostenni che fui rifiutato dai fascisti e fui accusato di soffrire di disturbo delirante.

Sì, fui scambiato per un personaggio manicomiale solo perché asserii che miei ex amici gelosi a morte del sottoscritto, degli Jago insomma, persone che cercarono nel pagliaio l’ago, non vollero che scopassi la mia Desdemona.

La mia donna non era una Ricciarelli, era una ricciolina molto più bona di Cicciolina.

Scusate, sono un bello e impossibile con gli occhi neri dal sapor medio-orientale come Otello o forse un incosciente che non ha fatto i conti con l’oste del sociale hotel, dunque un povero sfigato adatto a una racchia come Gianna Nannini?

Dico!? Si fanno questi scherzacci da bambini?

Sì, io amo Shakespeare, sono Il mercante di Venezia. Film mai girato da Zeffirelli che, in compenso, filmò La bisbetica domata.

E qui ci rifacciamo agli occhi di Mel Gibson. Sì, questa gente mi urlò come Celentano… chi non lavora, non fa l’amore.

Allora, da ragazzo della via Gluck, anche con in gola il glup o forse solo in bocca un chewinggum, non credetti in me stesso e fu tutta una personale svalutation.

Mi depressi e, mentre gli altri mi sfotterono e trombarono… pure le loro Claudia Mori, io rimasi solo un Moro senza morosa. Mi consolai, mangiando una Morositas e cantando… azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te. Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.

Il treno di Giada Desideri nel treno di Luca Ward va!

No, non presi il treno. Il treno, dalla nascita, lo persi. Pigliai la macchina e mi feci un giro in cerca di qualcuna. Ma trovai solo trans che sapete benissimo dove lo prendono. O no?

Mi resero, dunque, un uomo invalido. Quasi muto, nonostante avessi e abbia una bellissima voce.

Mi fecero credere che nessuna Ornella Muti sarebbe venuta con me. Venne eccome. Io sarò pure un bisbetico domato a volte, oltre che misantropo, un po’ stronzo e misogino ma, basta che una donna mi pensi e va’ pensiero sull’ali dorate. E sicuramente lei viene a squarciagola.

Con me le donne divengono delle soprano anche se il mio stile di vita, detta come va detta, non mantiene un gran tenore.

Sono un Nabucco, un Verdi di rabbia come Hulk e appunto un uomo rosso che tutte le arrossa. Arrossiscono, certo. Appena mi vedono, provano imbarazzo. Non ho mai capito se sia perché sono attratte da me o per il fallo, no, fatto che mi prendano per un coglione.

Già, perché sbattersi una comune scema ché poi diventi nuovamente malinconico quando puoi battertela con Carmelina?

Sapete cos’ho scritto, nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness? Che The Ward non è un grande film ma…

Come diceva al solito illuminatamente Carmelo Bene… a sua volta citando Deleuze:

On n’échappe pas de la machinenon si sfugge da-alla macchina.

Chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente, è mera demagogia…

Non si scappa. Uscendo dalla catena di montaggio, la macchina, la catena di montaggio si fa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia… aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della vita. L’oppressione… financo nell’amore, nella rivoluzione ancora di più e, soprattutto, l’oppressione si sente, si risente, nell’entusiasmo…

Dunque, mi pare giusto che il sottoscritto rimanga un Joker amante di Bob De Niro. Se pensate che sposarvi vi renderà persone felici, state freschi. Anzi, state al fresco.

Ogni istituzione serve solo a istituzionalizzarvi. Io credo che l’uomo sia una scimmia dotata della facoltà di credere a Dio. E, dai suoi credo, nasce la civiltà. Per il resto, è un film retorico da Zeffirelli.

Sono stato Re per una notte.

Anche Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Sì, non sto scherzando. Come già scrissi, il mio breve racconto intitolato Disturbo denirante è risultato fra i vincitori del concorso letterario indetto da RuleDesigner e inserito nel primo volume di un pregiato, nobilissimo libro della Historica Edizioni. Attualmente già in vendita. Racconto ch’è stato inserito assieme a quello di altri 19 autori-colleghi.

Negli altri volumi, sono stati inseriti gli altri vincitori.

Ora, la domanda d’uopo che vi sovverrà subito, lo so, è questa.

Stefano Falotico, autore del succitato Disturbo denirante, si è presentato alla manifestazione o ha dato forfait come suo solito e secondo il suo inappuntabile, discutibile stile?

Ça va sans dire, il Falotico incarna la parola schivo, è infatti talmente riservato da assomigliare ai migliori film intimistici di Nanni Moretti e, al momento, è molto simile al suo personaggio di Ecce Bombo. Infatti, a molti, per questo suo ritroso atteggiamento, Falotico risulta fastidioso, addirittura permaloso e a tratti odioso. Insomma, ad alcune persone fa schifo, essendo lui schivo. Ma del giudizio di chi non ci vuole bene non dobbiamo divenire schiavi. O no?

Falotico appare, scompare, vede gente, fa cose, poi si isola, ama la solitudine eppur non tanto non regge, malgrado voglia distinguersi dal gregge, la mancanza troppo protrattasi nei mesi di compagnie, anche di una bella, dolce compagna. Questo lo manda in fasi mentali di scompenso. Al che in lui si alternano momenti di gloria a frangenti oserei dire st(r)ingenti, vi si accavallano crisi depressive, malinconie galoppanti che lui cura coi film di Bergman e con Silence di Scorsese. Ah ah.

Insomma, Falotico ci è o ci fa? Ci è andato o no?

Non vi svelerò l’arcano. Dovete indovinare voi. Secondo voi, quindi, ha preso su il microfono sul palco e, come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, ha dato sfoggio del suo istrionismo, facendo il gigione, imbrodandosi sopra le righe, oppure al pari di Woody Allen, proverbiale (in)giustificato assente agli Oscar, è rimasto in casa a scrivere, semmai, un altro racconto?

Non posso rispondervi e fornirvi delucidazioni in merito.

A volte, non so nemmeno io dove mi trovi. La gente meschina mi calunnia, dicendomi che non esco mai dal mio guscio come Tim Roth de La leggenda del pianista sull’oceano e invece, proprio in quell’attimo in cui la maldicenza viene espulsa da esseri calunniosi, in verità soltanto gelosi, ah, fottute malelingue, sto usando la mia lingua con un’amante di Baricco.

Quello che posso asserirvi con certezza scientifica è che non sono ricco come Baricco, nemmeno come De Niro. Che ora, a quanto pare, deve dare all’ex moglie ben 500 milioni di dollari di risarcimento.

Ma risarcimento di che? Questa donna, Grace Hightower, non era nessuno prima di sposare De Niro. Ma che vuole?

Anche io non ero nessuno prima d’incontrare Bob.

Da quando sono coniugato, di affinità elettive, ai suoi migliori personaggi, posso affermare orgogliosamente di essere migliorato molto come persona.

Sì, prima di adorarlo e venerarlo, idolatrarlo in Taxi Driver, ero davvero solo come Travis Bickle.

E passavo il tempo a credermi Sylvester Stallone di Rambo. Ridendo coi film con Christian De Sica.

Anche ora non ho tantissimi amici, a esservi proprio sinceri. Ma è colpa mia. Sono molto introverso anche quando me la tiro… da duro come Max Cady di Cape Fear.

Comunque, Disturbo denirante, a mio avviso, altrimenti non l’avrei scritto, è un ottimo racconto.

Dato che ne detengo appieno i diritti d’autori, posso pubblicarlo quasi integralmente anche qui.

Se vi va, leggetelo. Se vi va di sapere come va questa storia, compratelo.

Disturbo denirante

Ecco, ho necessariamente l’impellenza d’alleggerirmi la coscienza e sgravarmi dal gravame stesso di assidue preoccupazioni che, da tempo immemorabile, mi stanno affliggendo infinitamente, inducendomi in un imperterrito circolo vizioso di resilienze emotive assai dannose.

Sì, da tempo infinito, son assillato da perenni, turbolente, assillanti incognite che, strisciando e aleggiando angosciose nella mia anima, disossandola e scarnificando il mio cuore, ininterrottamente mi tormentano. E m’han lasciato spossato, svilito, svuotato. Essiccato come se fossi completamente arso e denudato, totalmente inerme dirimpetto al crescente, strozzante lor martellarmi dentro irrefrenabile, morboso, ferente. Come se, non potendo io contrastare questo lor salirmi nel cuore in maniera ardentemente focosa e crudamente nodosa, mi stessi dissanguando e sciogliendo vivo, strangolato da lancinanti, infermabili dolori interiori.

Come se all’improvviso, questa mia vita, rimanifestatasi in tutta la sua slanciata e poderosa, dinamica irruenza portentosa, ancor la temessi e, impaurito dal troppo esperirla d’emozioni tanto violentemente gioiose quanto avidamente conturbanti, col suo carico di spine inevitabilmente taglienti e maliziose, pregna di delusioni sempre latenti e tremende, non la sapessi vivere nuovamente.

Come se, per sopperire a quest’ansia ciclopica, per rifuggirla codardamente, perennemente mi trascinassi in un malinconico delirio sognante dentro cui, immaginando una realtà più serena e soave, poi danzassi nel suo immaginifico ventre, lasciandomene felicemente trasportare, irradiato di fulgida, illuminante estasi che, da tanta straziante angoscia e quotidiana vita livorosa e feroce, mi consola.

Un delirio piacevole, certo, sebbene illusorio.

Anzi, a essere più precisi un De Niro.

Sì, avete letto bene. Non è un lapsus. Ho scritto De Niro. Robert De Niro.

Io credo di essere suo ammiratore sconfinato e impareggiabile da tempo insuperabile.

Sì, divenni suo fan e strenuo seguace moltissimi anni fa.

Quando, al tintinnare dei primi, ferali fremiti adolescenziali, allo scoccare nevralgico dei primissimi turbamenti ansiosi, egualmente acuminati ed efferatamente selvaggi, per caso guardai Taxi Driver alla televisione.

Il suo protagonista, come sapete, è Travis Bickle, un uomo del sottosuolo, interminabilmente insonne e pensieroso. Una sorta di straniero iper-nervoso. Schizofrenicamente forse pericoloso.

Un ectoplasma martoriato dal suo esistenzialistico, doloroso ed esiziale navigar nelle fluorescenti luci della più cupa notte di New York, una specie di Caronte macilento, un teschio vivente, uno zombi magrissimo ed emotivamente assai instabile e poi furiosamente incandescente, forse solo un diavolo innocente a traghettare anime dannate lungo la dedalica capitale mondiale dei disagi metropolitani per eccellenza.

Un angelo infernale, un tassista cherubino che, nella sua anima, distrutta e flagellata da mille demoni, sta indubbiamente male.

Ecco, all’epoca, subito in lui m’identificai. Perché, parimenti a Travis, in quel periodo così emozionalmente complicato che è l’adolescenza col suo ineludibile, frenetico accavallarsi di purezza rabbiosa, mi sentii tanto similmente speculare alla sua anima spettrale.

 

Detto e fattovi leggere ciò, amici, nemici e anche emotivamente anemici, andiamo tutti quanti al cinema a vedere The Irishman appena uscirà di casa? No, scusate, volevo dire se non lo proietteranno, in versione da pochi pollici, solo per visioni casalinghe da Netflix ma lo distribuiranno in grandi sale per un super pollice SU?

Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

bisbetico domato celentano

onofri zeffirelliscespirelli

 

 

 

concorso ruledesignergibson close amleto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

stefanoandrini de niro taxi driver gif

 

 

Il principe cronenberghiano vive al di sopra dei comuni mortali


10 Jun

racconti emiliani romagnoli

 

Sì, io sono un personaggio cronenberghiano, anche bergmaniano. Una metamorfosi kafiana oserei dire incarnata e non mi fregherete più poiché ora son anche maestro del fregolismo e me ne fotto…

Sono io l’autore del saggio monografico David Cronenberg – Poetica indagine divorante.

Capolavoro letterario-meta-cinematografico che, più che essere un saggio, rappresenta la mia poetica saggezza. Leggerete e finalmente mi crederete.

Fra pochi giorni, ovvero sabato sera, sarà presentata a Ravenna un’importante racconta antologica.

Ovviamente, in questa raccolta è contenuto un mio racconto, intitolato Disturbo denirante.

Plateale presa per il culo agli psichiatri che, essendo ciechi, addussero, eccome se dissero che soffrii di disturbo delirante.

Gli psichiatri non sono come Freud e Jung. Questi, sì, dei veri geni e degli attendibili luminari.

Gli psichiatri odierni sono dei fascisti. Si pigliano la laurea, imparando a pappardella due teorie della minchia, eh sì, son fissati con l’Eros, dopo di che sono distruttivi delle giovinezze in divenire, applicando loro il Thanatos. Anche farmaci chiamati Prozac, Atreios (famoso figlio di Troia) e Superbos.

Non vorrei fare di tutta erba un fascio ma loro si drogano di orge da Eyes Wide Shut e criminalizzano i giovani se non si vogliono adattare alla loro visione ammorbante di questo mondo ove pare che sia importante classificare ogni anima.

Li ho annichiliti. Esausti, hanno compreso, dopo avermi represso, che i malati di mente sono loro. Sì, a forza di stare coi matti, per deformazione professionale, si sono ammalati di grave depressione.

Essendo rincoglioniti e vecchi tromboni, colpevolizzano i giovani che trombano e accusano chiunque di soffrire di qualche patologia del cazzo.

Sì, loro stanno fermi immobili dietro una scrivania, simmetricamente monomaniacali a espellere con facilità sesquipedale diagnosi allarmanti ma, nell’altra stanza, la moglie riceve il porcello, no scusate, la parcella di un cliente più in gamba…

Sì, Stephen Lack di Scanners mi fa un baffo. Se uno psichiatra vorrà ancora fare con me lo strizzacervelli, stavolta non accetterò più nessuna compressione farmacologica ma diverrò molto cattivo come Michael Ironside. E il suo cranio esploderà come il teschio ambulante del suo morto demente.

Sì, chiamate per tutti questi capoccioni l’ambulanza. Li ricoveriamo di trattamento sanitario obbligatorio in quanto codesti saranno pure ricchi ma sono altresì ignobili. E vanno educati. Peccarono di squallida arroganza.

Vomitando idiozie da schizofrenici con troppa panza.

Christopher Walken de La zona morta mi stringe la mano. Tom Stall di A History of Violence è Madre Teresa di Calcutta in confronto a me.

Da quando do retta solo al mio cuore e alla mia mente, la vita va ch’è una bellezza, grandi donne mi vogliono ma, scusate, adesso devo mettermi calmo.

Donne, vi darò un tranquillante e anche una camomilla se esagererete con le richieste. Non sono James Spader di Crash.

Insomma, son sempre stato un prodigio della natura. I miei coetanei erano invidiosi a morte. E cercarono in ogni modo di farmi incazzare perché così, se avessi dato di matto, mi avrebbero continuato a trattare come il bimbetto-enfant prodige di Maps to the Stars. Ridendosela da matti, appunto.

È sempre piacevole assistere a come ora se la fanno nelle mutande neanche se avessero visto Viggo Mortensen de La promessa dell’assassino.

Ora, in tal mondo formato perlopiù da ritardati, mi pare giusto che frequenti gente con più sale in zucca e soprattutto donne con più cervello.

Sono Birdman e un uragano come quello di uno dei pochi premi Nobel più meritati di tutti i tempi.

Sì, sono un futurista, tosto come De Niro di Taxi Driver e sexy come Colin Farrell di Miami Vice.

Se siete invidiosi, sul canale uno stasera danno un film retorico di Bertolucci e un film tristissimo di Fellini.

Se non sarete soddisfatti, curatevi.

Se vorrete darmi un freno, io allora divento pure Bruce Lee.mortensen dangerous method

 

di Stefano Falotico

 

I morti non muoiono, i dementi per fortuna sì


08 Jun

robert mitchum night of the hunter

Ora, a quanto pare, già l’avevamo capito dalle prime recensioni arrivateci direttamente dal Festival di Cannes, The Dead Don’t Die pare essere davvero il film, non dico più brutto, ma più irrisorio, irrilevante e soprattutto irrisolto di Jim Jarmusch.

Regista che tengo in auge e che, a mio avviso, sino a oggi non ha mai sbagliato un solo colpo. Ancora stupendamente infatti m’immalinconisco, silentemente gemo nello specchio languido d’una bellezza soave e inaudita soltanto rammemorando alcuni frame di Dead Man.

Emozionandomi al solo scoccare nei titoli di testa della musica di Neil Young, incantato dalla prodigiosa, turbinosa, rugginosa fotografia in b/n oserei dire morbida e ondosa del compianto Robby Müller.

Opera capitale di Jarmusch. Assai incompresa e non poco ostracizzata dalla cosiddetta intellighenzia, ah ah, ai tempi della sua uscita. In pochi infatti immantinente s’accorsero di essere di fronte a un film stratosferico e accusarono Jarmusch di essere stato troppo meditativo e lento.

Sono le stesse critiche, espresse nei medesimi termini, peraltro che vengono scaraventate addosso adesso a I morti non muoiono. Accusato, oserei dire imputato da più parti di essere una pellicola, appunto, soporifera che affastella troppi temi senza riuscire a centrarne efficacemente nessuno.

Staremo a vedere.

Ma torniamo a Dead Man.

Un film che, per le sue abbaglianti, funeree, cimiteriali e tristi atmosfere mortifere, eh sì, ricorda La morte corre sul fiume.

Lo stesso Jarmusch fu molto chiaro a riguardo. Dicendo espressamente che The Night of the Hunter è stato per lui un film imprescindibile nella sua formazione artistica.

Non solo per lui, anche per me. La morte corre sul fiume è uno dei più grandi film di tutti i tempi. Un film che, in un sol boccone come il lupo cattivo Harry Powell/Mitchum, si mangia vivo ogni Elephant Man lynchiano e tutti i possibili Twin Peaks.

L’aggregatore di medie recensorie metacritic.com, sito comunque alquanto inattendibile date le cantonate tremende che spesso, tuttora piglia, gli assegna un incredibile, insuperabile, imbattuto 99%.

Cioè, inutile evidenziarlo e peccare di pleonastico trionfalismo, La morte corre sul fiume è forse il film, permettetemi sfrontatamente di dirlo, più bello di sempre.

Sì, non lo sapevate? Assieme a Taxi DriverRusty il selvaggioL’infernale Quinlan e forse Mulholland Drive, ah ah, secondo il mio modesto dunque superbo parere insindacabile, è uno di quei film che m’ha cambiato la vita e, nella fattispecie, diciamo, ha positivamente sconvolto e stravolto la mia percezione della realtà.

Unico film da regista del grandioso Charles Laughton, perla fra le perle d’incomparabile, mastodontica, immane bellezza suprema.

Dominato dalla spettrale figura gigantesca d’un Mitchum da incorniciare, oserei dire titanico.

Ecco, a mio avviso, inoltre sono davvero pochissime le interpretazioni che possono, se prese singolarmente, elevare un attore a mito immortale.

L’interpretazione di Mitchum è una di queste così come quella di Marlon Brando in Fronte del porto, quella appunto di De Niro in Taxi Driver, quella di Matthew McConaughey, eh sì, in True Detective, quella perfino di Christoph Waltz in Bastardi senza gloria.

Attori che, trasfondendosi illimitatamente nei loro rispettivi personaggi iconici, sono ascesi in un batter d’occhio a monumentali anfitrioni della Settima Arte tutta più ribalda. True Detective, così come Twin Peaks stagione 3, infatti non è una semplice, ordinaria serie televisiva.  Così come non lo è The Night Of.

Ah, scusate, avevo dimenticato di citare nel sopraccitato, succitato, super eccitante, ah ah, listino anche Scarface e dunque Al Pacino.

E ora permettetemi di essere maschilista, forse femminista, misantropo e un po’ De Niro di Cape Fear.

Sì, Johnny Depp in Dead Man si chiama esattamente come uno dei poeti più maledetti della storia, ovvero William Blake.

Bene, cazzoni e cazzoncelli, cazzari e bovari, se avete quarant’anni e non avete mai letto integralmente Songs of Innocence and of Experience, ecco prevedo per voi una vita da falliti come Steven Bauer di Scarface, appunto.

È inutile che v’impomatiate alla vostra età per una febbre del sabato sera da John Travolta della riviera romagnola. Siete oramai andati a puttane. Diciamocela.

Io non ho letto, nella loro interezza, i due masterpiece umanistici par excellence sopra menzionativi del Blake ma io so, sono io e io posso. Voi no, ah ah. Perché avete solo sonno.

Così come posso gigioneggiare al pari di Max Cady/De Niro di Cape Fear, stuzzicando le voglie peccaminose e, ahinoi, ancora illibate di giovani ninfee come Juliette Lewis.

Per provocarle, cito loro Henry Miller e il suo Sexus – Plexus – Nexus.

Non ho mai letto questa roba ma sogno anche una notte da motherfucker con la Jessica Lange dei bei tempi, parlandole tutte le lingue di Babele e salvandola dal cancro della sua privata vita piatta, regalandole fantasie erotiche da Tropico del Capricorno.

Con me Jessica Rabbit, no, scusate, Jessica Lange capisce che il King Kong di John Guillermin non è nulla in confronto alla potenza da gorilla del mio sexy beast da mandrillo. Io non ho bisogno di stupirla con effetti animatronici e speciali da Carlo Rambaldi ma so che, con Nick Nolte, lei fa la brava signora imborghesita, mentre con me capisce di essere Jane poiché Tarzan è solo una scimmia in confronto al sottoscritto, sopra di lei ritto.

Non dovete ridere come scimpanzé dinanzi alle stronzate che puntualmente vi dico, io ho carisma e dunque basta che mi diate sventole in faccia.

Sì, le prendiamo tutte. Quella sberlona lì di nome Giovannona e anche quell’altra figona di nome Susannina.

In verità, io e le donne non leghiamo molto. No, altro che liane da amori selvaggi nella giungla. Le donne mi fanno girare solamente i coglioni e le mando sovente a farsi fottere. Stanno sempre a cucire le maglie di lana d’estate e d’inverno hanno caldo, sessualmente parlando.

Sono cioè delle ipocrite.

Sì, le donne sono falsissime. Noi uomini invece siamo più alla bona.

Vi racconto questa.

Una scrittrice-poetessa-attrice teatrale scespiriana con cinque lauree in Letteratura Arcaica, specializzata nell’arabo, soprattutto in quello odiato da Salvini ma da lei (a)dorato, in sanscrito, esperanto, francese della Papuasia e celtico di Bombay, ha esibito la sua magnifica minigonna su Facebook:

– Complimenti, sei una donna molto bella.

– Grazie. Guarda però che oltre alle gambe c’è di più. Non mi fanno piacere certi complimenti. Io voglio essere apprezzata, venerata per il mio intelletto.
Insomma, questa qui era mezza smutandata. Se voleva essere ammirata per il suo cervello, dico io, perché mai s’è mostrata a ogni u… lo spensierato con tale posa sbracata e forse svaccata?

Insomma, non ci crede nessuno.

Sì, le donne sono come Michelle Pfeiffer di Scarface. Consapevoli di essere molto belle, capiscono altresì che Robert Loggia è oramai un rincoglionito sputtanatosi e allora sposano Al Pacino. Un tipo losco e alla Fabrizio Corona con cui hanno ancora molto tempo per divertirsi e spassarsela.

Le donne non sanno che farsene di Dante Alighieri, vogliono il macho volgare che le riempia, soprattutto di soldi, che le porti a ballare e a cui non devono dimostrare di essere Rita Levi Montalcini o di avere la mente di Margherita Hack.

Che se ne fanno queste super patonze dell’astrofisica e della neurologia quando invero desiderano solo un nuovo, brillantissimo orologio e uno yacht ove esporre nudamente la propria merce e tutta la pregiata bigiotteria stronza?

Oggi, nessuna donna vuole diventare astrofisica. Vanno tutte in palestra per divenire fighe galattiche.

E di quell’altro povero cristo di Bob De Niro di Casinò ne vogliamo parlare?

Un genio dall’intuito infallibile la cui unica, vera colpa è stata quella di essersi affiliato alla mafia.

Per il resto, è intoccabile quasi quanto Kevin Costner di The Untouchables.

Ah, che testa il Sam Rothstein/De Niro ma finisce peggio di Al Capone. Uh uh.

S’innamora pure perdutamente della troia per antonomasia del locale, Ginger/Sharon Stone, ed è emotivamente legato a quel matto scriteriato di Nicky Santoro/Joe Pesci.

Ginger lo tradisce platealmente col figlio di bagascia Lester Diamond/James Woods ma ogni volta Sam chiude un occhio anche se, su queste scopatelle-scappatelle, non ci dorme la notte.

Alla fine, Ginger va pure con quel nano del suo amico del cazzo. Roba che, in confronto a Pesci, il grande, deceduto Verne Troyer di Io, me & Irene è elevatissimo, non solo di statura. Sì, Verne fu decisamente più alto di André René Roussimoff, ex lottatore artisticamente, si fa per dire, conosciuto col soprannome The Giant.

Gli uomini, comunque, sono peggio. Ci sono gli operai disperati che non sanno che Joe Pesci, no, pesce pigliare e allora vendono lo squalo al mercato. Ci sono dunque gli intellettuali della minchia che, avendo molto tempo per cazzeggiare, parlano di film che manco hanno capito.

Mentre io sto sempre più diventando Mel Brooks, John Belushi e pure Bill Murray. Io so benissimo chi sono. Io non sono. Voi invece, oltre che pazzi, siete idioti. Pensate di essere vivi ma siete già nell’anima da una vita morti.

Ma davvero vogliono fare lo scambio fra Ancelotti e Conte? E quella veramente è una scambista?

È una cubista? Nel senso che ama Picasso? O s’è ritoccata il culo con Picasa?

Che tragedia mostruosa.

Terrificante, agghiacciante.

Non importava quanto uno fosse grosso, Nicky partiva alla carica. Se lo attacchi con i pugni, Nicky torna con una mazza. Se lo attacchi con un coltello, lui torna con una pistola. E se lo attacchi con una pistola, ti conviene ucciderlo, perché continuerà a tornare e tornare fino a quando uno di voi due non è morto.

(Robert De Niro con la voce di Gigi Proietti)

di Stefano Falotico

bill murray lost in translation dead man johnny depp de niro cape fear

 

 

Bruce Springsteen fan sfegatato di Scorsese? Sapevo di You Talkin’ To Me?, ma questa mi giunge nuova o forse no


07 May

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Domenica scorsa, a Los Angeles, vi è stata una strepitosa discussione fra Bruce Springsteen e Martin Scorsese.

Che cosa? Sì, avete letto bene. Ciò vi stupisce?

Si dice che siamo amici dal lontano 1975.

Come molti di voi sapranno, la celeberrima frase iconica You Talkin’ To Me pronunciata da Travis Bickle/De Niro di Taxi Driver fu involontariamente ispirata da Springsteen.

Sì, De Niro e Scorsese improvvisarono questa scena. Non sapendo che fare, a De Niro venne tale balzana e al contempo geniale idea.

Pochi giorni prima, per puro caso, era stato a un concerto di Springsteen. E Springsteen, fra una canzone e l’altra, s’era rivolto alla platea in tono scherzoso, pronunciando a incitazione del pubblico la frase suddetta.

Il resto è storia del Cinema.

Taxi Driver è stato scritto da Paul Schrader, regista peraltro de La luce del giorno.

Titolo tradotto in italiano della springsteeniana Light of Day. Che è infatti il titolo originale della pellicola che contiene proprio quest’omonima, ispiratrice, famosa track del Boss.

Taxi Driver e Al di là della vita, il cui script è sempre firmato da Schrader, sono due film cupamente notturni, sull’oscurità soprattutto dell’animo nostro umano.

Eppure, se non vado errato, Scorsese non ha mai utilizzato, in una delle colonne sonore dei suoi capolavori, nessuna canzone di Springsteen.

Fatto molto strano. Sì, nei suoi film, quelli più folli, visionari, incendiari, impazzano Eric Clapton, i Rolling Stones, i Clash e via dicendo.

Tutte rockstar di richiamo ed epocali. Ma, così come non mi risulta, correggetemi se sbaglio, che Scorsese non abbia mai usato canzoni, che ne so, dei Beatles, altresì non ha mai palesato e reso omaggio a questa misteriosa amicizia con Springsteen, tributandolo nell’inserire nei suoi film qualche suo pezzo pregiato.

Alla stessa maniera, Springsteen non ha mai fatto riferimento a questa conoscenza, un po’ segreta, con Martin.

Ebbene, io ero entrato in fissa con Springsteen verso il 2000. Ho tutti i suoi album nelle varie edizioni. Molti libri e biografie.

Ecco, becero luogo comune italiota è quello secondo cui chi ascolta Springsteen sia un cafone e ignorantone

Perché, nella limitatissima cultura appunto italica, superficiale e ridanciana, si accosta Springsteen a Born in the U.S.A. E dunque s’immagina un suo ammiratore nostrano in abiti molto sbracati con tanto di bandana da Troppo forte di Carlo Verdone.

In Italia, la gente canta spesso le canzoni inglesi e americane solo perché orecchiabili e, infoiandosi su pezzi grintosi, a squarciagola si dimena in grammelot che, a confronto di quelli di Dario Fo, sono questi sì da Nobel, degli idioti però.

Born in the U.S.A. non è una canzone per maschioni rambistici che pure di Rambo non hanno capito un cazzo. È una bellissima canzone contro il Vietnam e i suoi orrori, quindi una canzone rabbiosamente pacifista.

E Springsteen non è affatto un burino. Nebraska è uno degli album più malinconicamente poetici ed elevati di tutti i tempi.

Sì, dovrei fare un mockumentary sulla mia vita.

Inconsciamente, coi miei fanatismi su Scorsese e Springsteen, avevo già visto giusto riguardo la mia anima.

Da uomo dancing in the dark…

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di Stefano Faloticotroppo forte verdone

Il vaso di Pandora dei social, la sciagurataggine dell’umanità odierna ove ogni scheletro nell’armadio ha rivelato il Joker dentro ognuno di voi


06 May

de niro joker

Sì, fremo, fibrillo, non sto nella pelle, son convulsamente eccitato nell’attesa che il Joker con Joaquin Phoenix esca sui grandi schermi.

Ah, questo Principe dei clown, questo viveur bukowskiano fuori da ogni schema che, dopo mille delusioni e ambizioni massacrategli da uomini intellettivamente più preparati di lui in tal gioco della scherma ch’è la vita, dopo che appunto è stato infilzato, sbudellato nell’anima, angariato, vilipeso, nell’amor proprio infranto, dopo che è stato accusato di essere semmai un infante perché troppo puro, s’è dato alla follia più esuberante con tanto di papillon variopinto su trucco esilarante.

Divertendosi da matti a prendere in giro un mondo più folle di lui che s’è permesso il lusso sfrenato di deridere la sua anima diversa e non omologata al porcile di massa.

Dopo tanta cinica baldoria, la sua euforia e ogni suo slancio spontaneo son stati castrati dall’arroganza farisea di uomini di panza.

Sì, il Joker dev’essere un sociologo, un antropologo di questa società iper-cinetica figlia di un montaggio allucinato da peggior Cinema del compianto Tony Scott, un nemico pubblico Gil Renard di The Fan che erroneamente credette ingenuamente all’idolo chiamato mito, alla cultura ellenica, al culto di ogni venerazione della bellezza artistica. Ma, tradito dalle scelleratezze di un’ipocrisia stagnante, ciclicamente punitiva nei riguardi delle persone troppo sincere e dunque senza maschere, ha smascherato a sua volta, attraverso la sua irridente, strafottente mask grottesca, un mondo pirandelliano, compiendo prodigiosamente e stoicamente una metamorfosi alla Kafka, da mosca cronenerghiana, sputtanando di brutto la pirotecnia folcloristica d’una società frenetica come un film prodotto da Jerry Bruckheimer, diretto da quel cazzone di Michael Bay, destinato a lobotomizzare ragazzi già innatamente deficienti, cresciuti a botte di anabolizzanti ed edonismo da robot coi cervelli poco Transformers, vuoti e stolidi soltanto nello svuotare il portafogli, rinnovando l’abbonamento in palestra per mettere su muscoli da Boogie Nights.

Sì, un mondo oramai andato a zoccole.

Falsissimo. Ove tutti si professano sani di mente e sani. Invero son sporchi, corrotti, in una parola porci.

Ben venga allora l’onestà (im)morale, la pornografia da collezionare con tanto di HD nel prendere tutto a culo in 1080p con tanto d’ingrandimento orgasmico sull’inculata collettiva.

Sì, siete tutti fottuti.

Oggi non potete più nascondervi nei vostri trucchetti. Sì, basta spiare i vostri profili. Siete una contraddizione vivente. Che voyeurismo!

Sì, gente che inneggia al Cinema di Sokurov e a quello metafisico di Malick e poi, al contempo, inserisce post peggiori di Così fan tutte.

Abbiamo allora uno spopolare di medici senza frontiere, sì, sessuali però, abbiamo turisti del Louvre, tornati da Parigi, che si fanno i selfie in zona Fiera con una Gioconda, leggasi prostituta di bassa sega, no, lega che ti fa il sorrisetto se le sganci un centello.

Sì, siete il più grande museo vivente delle bugie da imbalsamati mentitori delle vostre coscienze. Le vostre mentalità sono più immobili di una statua di cera di Buster Keaton.

Ecco allora quello col reddito di dignità che, in preda a manie di grandezze, dopo una vita vissuta nel buio della sua notte più fonda, disegna a matita la reggia di Versailles, sognando di essere il Re Sole per sconfiggere una solitudine da colui che dovrebbe solo ghigliottinarsi.

No, invece, non pago della sua tristezza, motteggia per far ridere ancora di più la gente. In modo che qualche anima pia, più ingobbitasi di Quasimodo del Victor Hugo, almeno possa benevolmente, pateticamente compatirlo.

Sì, grazie alla sua autoironia e al suo pietistico sarcasmo, spera pure di rimediare una scopata fra un antidepressivo e l’altro, una canzone di Elisa e qualche risata da rimbambito con i film di Vincenzo Salemme.

Di contraltare, in questa chiesa materialisticamente fatiscente, in questo mono destrutturato e bruciato più della cattedrale di Notre-Dame, abbiamo anche gli influencer.

Cioè degli idioti leggermente più furbi degli altri imbecilli.

Sì, donne che hanno letto solo la pagina degli oroscopi della Guida Tv, le quali dispensano saggezze a un loro pubblico di fanatici, poveri cristi che però, a differenza di Cristo, il quale morì vergine e, a parte la tentazione per la Maddalena, comprensibile in quanto super patonza mai vista da trombarsela a cazzo durissimo, era completamente disinteressato al sesso, sì, ah ah, pendono dalle labbra ma soprattutto dai glutei di queste massaggiatrici delle dure balordaggini più fisicamente appetibili.

Se a voi questo mondo di oggi piace, buon appetito.

Evviva la pazzia.

Vai, Joker. Buttati nelle strade, datti all’idolatrica ilarità sconsiderata, gigioneggia e scoreggia, cazzeggia, quindi immalinconisciti e canta al plenilunio con Jimmy Durante.

Ché la tua vita distrutta sia di monito a un mondo di ritardati e furfanti, di troie e bastardi.

Sì, tu sei The King of Comedy, tu sei Travis Bickle.

Beccati questa, pappone, lurido maialone.

E andate tutti a farvelo dare nel culo.

Siete venuti a galla, miei galli. E io sono Asterix. Ah ah.

Vi siete smascherati per i miserabili che siete sempre stati ma, prima dell’avvento di Facebook e Instagram, andavate in giro in giacca e cravatta. E gli altri davvero pensavano che non vi guardavate i film con Nicole Aniston.

Laureati! Con tanto di lode. E, come dico io, di lorde. Cioè quelle che, abboccando ai vostri soldi, imboccavate…

La verità del mondo è una sola:

Ed Sheeran ha sempre avuto una faccia da scemo. Durante l’adolescenza, non poteva farci niente. Se, all’ennesimo affronto e presa per il popò, assalito dalla rabbia, gli fosse saltato in mente di fare del casino, l’avrebbero internato come Arthur Fleck.

Ora, dopo due tre canzoni, ha i soldi che gli escono pure dalle orecchie da Dumbo. Sì, ha una faccia da cretino più di prima. Ma, se qualcuno l’offende pubblicamente, questo qualcuno viene contattato dall’avvocato di Sheeran. E il coglione finisce in mutande con tanto di rehab. Con tutti gli altri possibili, futuri e immaginabili Ed Sheeran, non ancora arrivati a un successo Perfect, che lo trattano da pagliaccio.

Molto triste, vero? Why so serrious?

E dai, non fare il musone, ce l’hai un lavoro? E una ragazza con cui guardare A Star is Born? E smettila… ma che vuoi dalla vita? Non mi dirai che ti fai i segoni su quella lì, eh? Ma che schifo!

Vergogna!

The Show Must Gon On.

Ricordate. Resiste e vince il più puttaniere e motherfucker.

Quindi, dateci dentro!

 

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di Stefano Falotico

Genius-Pop

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