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THE IRISHMAN | Trailer finale? Cercasi edicola per il numero di FilmTv sul capolavoro di Scorsese


19 Nov

SPLASH, Daryl Hannah, 1984

SPLASH, Daryl Hannah, 1984

lauren cohandaryl hannah avventure uomo invisibile

 

Prefazione che c’entra come i cavoli a merenda ma serve a dare pepe alla rivelazione: Daryl Hannah è davvero autistica?

Ieri pomeriggio, conclusi la scrittura del mio nuovo libro. Che spero di pubblicare entro Natale. Cosicché, potrò essere per voi, per l’appunto, Kurt Russell di Qualcuno salvi il Natale. Film di cui, in gran segreto, pare che si stia girando il seguito.

Ce la vogliamo dire? È una stronzata colossale ma Kurt, grazie al suo carisma indubbio, riesce ad ammantare tale pellicola per bambini di qualcosa di speciale.

Grazie al potere dei suoi personaggi del passato, il mitico Jena Plissken e Jack Burton in primis, riesce a farci dimenticare di essere oggi un simpatico nonnetto sposato a una donna a me mai piaciuta, ovvero Goldie Hawn.

Ma torniamo al mio libro, miei uomini liberi. Trattasi, ovviamente, come sempre di capolavoro assoluto della letteratura mondiale. Sarà, al solito, comprato da dieci persone. Due delle quali i miei genitori.

Ma io non dispero e offro perle ai porci. Inserendo, come vedrete, in copertina un’altra figa straordinaria. Che, modestamente, conosco e voi no. Ah ah.

Detto ciò, mie renne, un tempo la radiocronista Rosaria Renna mi fece drizzare le antenne e avrei voluto scartarla sotto il mio albero con tanto di luminose palline incandescenti.

Facciamo i seri, non lasciamoci prendere dal goliardico ormone dei nostri adolescenziali turbamenti. Sì, Rosaria oggi è ingrassata e forse, il 6 Gennaio, fa la calza…

Ah ah, ma vecchia gallina fa buon brodo e non si butta via niente.

Così come Daryl Hannah non è più la mega-gnocca stellare d’una volta, cioè quella di Blade Runner e di Splash.

Ora, chiesi alla modella del mio nuovo libro, di prossima pubblicazione, se parteciperà in futuro a una mia eventuale presentazione. Lei, meravigliosa e sorprendentemente pudica, mi disse con estremo candore e superba gentilezza, che parteciperà assolutamente ma non vorrebbe parlare in pubblico poiché è molto timida.

– Davvero? E come fai a fare la modella? Sì, capisco, basta la bellezza e tu ne hai da vendere ma pensa a Monica Bellucci. Ora, a mio avviso, non imparò mai davvero a recitare ma, una volta divenuta famosa come mannequin, ricevette proposte cinematografiche a iosa e dovette cogliere l’occasione al volo, frequentando dunque corsi di recitazione per migliorare pure la dizione.

– Stefano, si vedrà. Se son rose fioriranno.

 

Al che, contattai un mio amico:

– Sì, Stefano, è vero. La ragazza della tua prossima cover è magnifica. Come si suol dire, lascia senza fiato e senza parole. Dunque, potrebbe anche essere muta. Lei posa per le fotografie, non c’è bisogno che parli. La sua venustà parla da sola.

Per esempio, lo sai che Daryl Hannah è autistica?

– Autistica? No, non credo. Ha recitato in tantissimi film e l’ho vista in tantissime interviste. Non mi pare autistica. M’informerò. Se mi dici che lo è, perché non dovrei crederti?

Esistono però vari livelli di autismo. Sicuramente, Daryl non è la versione femminile di Dustin Hoffman di Rain Man.

Secondo me, potrebbe tutt’al più essere affetta da una forma particolare di autismo.

Esiste anche l’autismo schizofrenico, “malattia” che ti potrei illustrare perché io ne soffrii. Cioè, mi chiusi talmente tanto da diventare quasi muto, parlando a fasi e dando a tutti l’impressione di essere ritardato e un tontolone.

La matassa, ora, è stata sbrogliata. Diciamo che, ricevendo puntualmente l’insistita, mai redenta indifferenza altrui, non essendoci comunicazione di alcun tipo fra me e gli altri, si crearono nella mia psiche dei meccanismi inconsci di difesa per sopperire alle carenze persino affettive.

Appena mi sbloccai, successe uno zibaldone. Appena baciai la prima ragazza, tutto eccitato, come se avessi mangiato lo zabaione, le persone sospettose vollero farmi il festone.

Accadde un casino della madonna.

– Sì, è vero, Stefano. Credo che sia esattamente così. Conosco la tua storia.

 

Daryl Hannah, come volevasi dimostrare, io non sbaglio mai, soffre della sindrome di Asperger.

Al momento io, invece, soffro solo della sindrome della pipì da asparagi.

Sì, se doveste andare a letto con una donna, non mangiate prima gli asparagi. Poiché provocano l’alito cattivo e se, dopo l’atto sessuale, andrete in bagno per effettuare una minzione, potreste appestare tutto l’ambiente con un cattivo odore bestiale da puzzoni.

La vostra lei vi reputerà dei topi di fogna. Prima si riscaldò col vostro ardente tizzone ma, dopo che la mungeste, no, mingeste nel tazzone, vi prese a calcioni nel culone.

Sì, già dapprincipio, amico caro, ti considerò un minchione. Poiché anche se, al primo appuntamento al buio, non spiccicasti parola ma lei volle assaggiarti lo stesso in un sol boccone per via del tuo fascino da affascinante coglione irresistibile della situazione, constatando con mano e non solo che sei molto dotato, dopo aver depositato nel suo bagno tutto quel fetore, eh già, ti diede del minchione in senso (s)figurato, cioè ti prese a pedate nel culo e ti cacciò via dalla sua abitazione.

Ma, dalle mie avventure da uomo invisibile, che io mi ricordi, Daryl non mi parve proprio tanto chiusa, il protagonista di D.A.R.Y.L., eccome. Diciamo robotico, un Falotico.

Ecco, se continuerò di questo passo, no, non farò la fine di Berlusconi ma io stesso diventerò un manichino esposto degli ex centri commerciali Aiazzone.

Azz’, che sorpresone!

Lasciamo stare adesso, però, le belle donne e la mia prima donna, parliamo invece di Ed Sheeran, il cantante romantico. No, di Frank Sheeran, suo lontano, ingrato parente dinastico…

 

Ogni irlandese è uno scarrafone

Sì, da poche ore, possiamo ammirare il nuovo entusiasmante trailer di The Irishman. Un trailer oserei dire liscio come l’olio, in splendido, roboante HD che m’eccita non poco.

Mi eccita quanto l’attrice Lauren Cohan. Attrice dalle caviglie morbide, dai piedi delicati, donna che non saprà mai recitare come dio comanda ma l’importante è che sappia, con raffinatezza arrapare, come dico io. Io sono meglio di dio, è ovvio.

Bene, sono convinto che, se la Cohan si spogliasse totalmente ignuda dinanzi a me, riuscirei a farle vincere l’Oscar, insegnandole a recitare alla grande, sì, perché la recitazione nasce dall’anima, dunque, più l’anima è accalorata e senziente più, godendone a dismisura, ne verrà anche di superiore, egregia, brillante dizione, perciò sono altresì sicurissimo che The Irishman sia uno dei film più belli della storia.

Ecco, a differenza della Critica statunitense, totalmente concorde nell’esaltare giustamente quest’intoccabile capolavoro, molti critici nostrani, anziché scrivere sui quotidiani nazionali, sarebbe meglio che andassero a coltivare le cicorie, vendendole poi al mercato rionale.

Poiché, stroncare The Irishman, per puro diletto e per presa snob di posizione, così come fece Francesco Alò, equivale a dire, in maniera direttamente proporzionale, che Lauren Cohan non sia una passera enorme soltanto perché non ve la potete permettere.

Sì, torniamo alla storia della volpe e l’uva.

Giacché non siete Scorsese, lo criticare per gelosia.

Anch’io, essendo oramai scrittore inarrivabile e d’inoppugnabile grandezza esemplare, sono preso di mira da tempo immemorabile da gente che non soltanto non sa scrivere neppure con la stilografica, bensì la Cohan la vede solo col binocolo.

No, io giammai feci all’amore con la Cohan né forse lo farò. So però che la commessa della Coin in centro a Bologna, eh sì, si chiama Laura e forse con lei sarò Conan… il barbaro.

Sì, l’arte per me è stata basilare.

In tempi di magra sessuale, se non mi fossi appassionato a Scorsese e a De Niro, avrei fatto una strage come Travis Bickle di Taxi Driver.

Sì, molte metropoli sono dei porcili. Vige a tutt’oggi la prostituzione minorile, alcuni si vogliono candidare a sindaco e molte donne analfabete vogliono ascendere in Parlamento per dettare legge istituzionale.

Mi parve già allora che stessimo esagerando.

Oggigiorno invece impazzano gli hater.

Ieri mattina, condivisi il link della vendita di un mio libro su un gruppo letterario. Al che, un fake mi coprì d’infamie, spacciandosi per esperto editoriale.

Contattai la casa editrice per cui tale malfattore dichiarò, nelle info, di lavorare.

A quanto pare, non c’è nessun col nome fittizio da lui inventato chissà secondo quali strani ragionamenti bacati, che lavori per questa casa editrice della quale, in tale sede, non mi pare opportuno rivelare il nome.

Perciò, altra denuncia al “villain”. Ne collezionò già tre da fine agosto a metà novembre. Veramente un genio, questo qui, non c’è che dire.

Ah, la gente non ama Lauren Cohan, non ama The Irishman, non ama non solo il prossimo suo ma non possiede nemmeno dignità e amor proprio.

Tali persone dicasi poveretti.

Gente che, come si suol dire, senz’arte né parte, sa solo offendere, criticare, stroncare gli altri.

Ma, se fossi in costoro, vale a dire degli impostori, all’FBI delle loro coscienze sporche, eh già, finalmente confesserei la verità.

Tanto, la loro vita è emozionalmente finita, a che servirà fare quindi come Bob De Niro di The Irishman che, nemmeno in punto di morte, volle, anzi vuole confessare a un innocuo prete il suo crimine mostruoso?

Insomma, è gente mafiosa questa, questi qua non saranno mai pentiti ma li metteranno, quanto prima, alla protezione animali.

Sì, attaccano il prossimo perché, anziché fare il barista, fa l’artista e dunque, a loro avviso, non è una persona umile ma un porco.

Sì, visto che a loro piacciono i lavori “sporchi”, a forza di comportarsi da malavitosi ipocriti, li vedremo pulire le latrine… però dei volatili.

Sono delle orche! Fidatevi, a questi preferirò Orchidea selvaggia. Film di merda ma sicuramente meno merdoso di tali merde.

Di mio, ho poco da discolparmi. Furono gli altri ad accopparmi. Sì, gli altri, per via del fatto che s’accoppiarono e io no, vollero pure, come se non bastasse, prendermi a ceffoni.

Non ho rimpianti anche perché, a differenza di Bob De Niro/Sheeran, direi che sono ancora un bel guaglione.

Potrei fare la fine di Sean Penn, sciupafemmine mai visto, celeberrimo ex della signora Veronica Ciccone.

Come direbbe Renato Pozzetto: eh, la Madonna…

Tornando invece a Daryl Hannah. Sì, Joe Pesci, dopo anni di ritiro, in The Irishman fu nuovamente una rivelazione.

Poiché Pesci sa che i pescioloni abboccano.

E con Angie Everhart usò il pesciolone…

 

 

di Stefano Falotico

 

Ammisi falsamente che mi sarei suicidato dopo aver visto THE IRISHMAN: qui devo ammettere il ver(b)o, lo farò dopo KILLERS OF THE FLOWER MOON, mi spiace avervi deluso


13 Nov

scorsese

Sì, ne ero sicurissimo. Forse non lo sapete, forse sì, chissà. Visionai The Irishman alla Festa del Cinema di Roma.

Mi promisi, il mattino stesso in Sala Petrassi, aspettando nauseato in mezzo agli altri accreditati stampa tutti sovreccitati, a differenza di me, impassibile e con la testa da un’altra parte, che tornato in albergo, finita dunque la proiezione di The Irishman, mi sarei gettato giù dalla finestra.

Questo non avvenne poiché, nel momento stesso in cui stetti per lanciarmi giù a volo d’angelo, desistetti? No, squillò il mio cellulare e mi arrivò una notifica di WhatsApp.

Un mio amico mi mandò un vocale:

– Hai letto le critiche negative che sta ricevendo, qui in Italia, The Irishman? A quanto pare, a differenza della Critica statunitense, assolutamente unanime nel definirlo un capolavoro indiscutibile, qua da noi abbiamo già parecchi insoddisfatti.

Non possiamo permettere che questa gente continui a vivere, non credi?

– No, infatti, assolutamente.

– Ti sento affaticato, Stefano. Hai il fiatone. Che stavi combinando? Ah ah, lo so. In camera, da te, c’è una bella donzella tutta ignuda e calda a letto. Non volevo disturbarti. Continua pure…

– No, in verità qui non c’è un cazzo di nessuno. Ci sono io e, se tu non m’avessi chiamato, in questa stanza fra poco non ci sarebbe stato nemmeno il sottoscritto.

– Ah, capisco. Fra poco uscirai dalla camera per andare a vedere un altro film?

– Invero, mi stavo suicidando.

– Ah sì? Quindi ti ho salvato la vita.

– Sì, sei il mio Robert De Niro.

 

Sapete, no, che Martin Scorsese, dopo il rapporto fallimentare con Liza Minnelli, dopo aver girato New York, New York, pensò seriamente di suicidarsi e fu proprio Bob De Niro a salvarlo, praticamente costringendolo a girare Toro scatenato?

Sì, ignoranti, documentatevi.

Scorsese era distrutto psicologicamente ma, grazie a Bob De Niro e a una scopata, forse più di una, con Isabella Rossellini, quest’ultima infatti presente alla cerimonia degli Oscar in cui Bob vinse l’Oscar, si salvò per il rotto della cuffia.

Da allora, non ebbe più pensieri suicidari o suicidi che dir si voglia. Io invece non ho più tanta voglia…

Ora, nelle prossime righe, vi racconterò mille cose che non sapete di me e invece io voglio dirvi. Tanto, come sempre, non mi crederete poiché v’appariranno soltanto il frutto delle fantasie di un malato di mente che inventa balle per attirare l’attenzione.

Vorrei sinceramente che fosse così, invece è esattamente il contrario. Infatti, quanto prossimamente vi narrerò, eh già, corrisponde purtroppo alla più tragica realtà surreale.

Ecco, mi ricordo che il mio primo appuntamento al buio con una ragazza non fu al buio. Era infatti pomeriggio.

A differenza di Griffin Dunne di Fuori orario, non mi dimostrai affatto impacciato e timido con la mia Rosanna Arquette dei poveri.

Sì, che io mi ricordi, lei assomigliava realmente molto a Rosanna. Cioè, a tutt’oggi, sebbene mi sia sverginato con lei, non sono ancora convinto se fosse bella o brutta. Un po’ come Rosanna all’epoca.

Adesso, Rosanna è indubbiamente una racchia. Forse anche questa con cui mi sverginai lo è ma non la vedo più, in ogni senso.

Lei invece, vedendomi così coinvolto, disinvolto, constatando-tastando con mano la mia sicumera, sì, proprio con mano leggera, facendo up and down per tirarmelo sempre più su in modo pesante, allo stesso modo di Griffin Dunne, però, cadde in paranoia.

Sì, non fui io a venire… divorato dalle paranoie, bensì lei.

Poiché ripeto, in quel momento, credette che io le avessi mentito in chat, ove le dissi che ero sessualmente imbranato.

Sì, fu lei a sentirsi in imbarazzo. Lo sentì subito rizzo e ciò la stupefò un bel po’, cazzo.

Detto questo, passiamo alla seconda che incontrai.

Al primo appuntamento, io e lei passeggiamo per circa un’ora. Poi entrammo in macchina.

Solo perché non trovavo più il cellulare. Le chiesi di aiutarmi a cercarlo.

Lei pensò che stessi scherzando ma io la freddai con un:

– Eccolo, ho trovato il cellulare del cazzo. Stava qui, sul sedile posteriore. Adesso che l’ho trovato, direi che posso rincasare.

Sì, ora devo andare. Stasera, vorrei rivedere L’ultima tentazione di Cristo. Ci sentiamo domani, va bene?

– Mi stai prendendo per il culo?

– Un po’ sì.

 

Al che, cominciò a offendermi di brutto come Lorraine Bracco con Ray Liotta in Quei bravi ragazzi.

– Sai che ti dico, stronzo di merda? Sei solo un ghiacciolo!

– Il ghiacciolo si lecca – le risposi con estremo aplomb, quindi aggiunsi: – A duecento metri da qui, c’è una gelateria. Compra una vaschetta di jogurt all’amarena. Succhiatela tutta e, mi raccomando, di’ al gelataio di ficcarti dentro anche la banana.

 

Lei, innervosita oltremisura, minacciò di chiamare l’ambulanza per ricoverarmi alla prima clinica psichiatrica. Dunque, io le risposi sempre con calma olimpica:

– Sì, va bene, ci sto. Se però dall’ambulanza scende Nicolas Cage di Al di là della vita, non so se dovrò accompagnare lui al pronto soccorso. A quanto pare, Nic non gliela può fare, no, non ce la fa da solo. E tu non sei stimolante come Patricia Arquette, sai?

– Sei solo una merda! – urlò lei, inferocita.

 

Comunque, volle rivedermi. Sì, diciamo che, non considerandomi tanto normale, volle appurare se fossi rivedibile.

Ah ah.

Il nostro secondo incontro durò comunque pochissimo.

Lei mi aspettò davanti a un negozio di biancheria intima.

Al che, io fermai dinanzi a lei la macchina, inserii le cosiddette doppie luci, sostai brevissimamente in doppia corsia, scesi in tutta fretta e le dissi:

– Sono venuto… solo per consegnarti il cellulare. La scorsa volta, lo dimenticasti nella mia macchina.

Ora però, prima di lasciarti, toglimi una curiosità. Sai, ho sbirciato nella tua rubrica. Leggendo anche vari tuoi sms mandati a un certo Ernesto.

Da quel che sembra, questo Ernesto ti scopa da dio. Lo riempi sempre di complimenti, ringraziandolo per le impagabili soddisfazioni che ti dà. Mi congratulo con te.

Adesso, scusami, devo proprio scappare. Tu, con Ernesto, torna a scopare.

– Io ti denuncio, figlio di puttana! Dove cazzo è finita la privacy? Porco!

 

Come si suol dire, non c’è due senza tre. Lei volle nuovamente incontrarmi e finalmente scopammo.

Sì, mi ospitò a casa sua e mi offrì un succo di frutta.

– Ti piace?

– No, è acido come te.

– Fuori dalla mia casa, villano!

– Va bene, lasciami però almeno finire di succhiare dalla cannuccia! Sto finendo, dammi soltanto un momento. Hai notato che, quando uno sta per finire di succhiare, avviene il risucchio? Tu sei esperta di cannucce, nevvero?

– Psicopatico, come ti permetti?

 

Scesi frettolosamente le scale di corsa. Al che lei m’inseguì:

– Dove cazzo pensi di andare? Devi pagarmi il succo di frutta.

– Va bene. Tu rientra nel tuo appartamento, non diamo spettacolo. Ti raggiungo subito. Dammi solamente un minuto. Devo riallacciarmi le scarpe.

 

La raggiunsi dopo un minuto e lei s’era nel frattempo completamente denudata come Margot Robbie al primo incontro con Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Al che, tutta accalorata, disse, parafrasando Joe Pesci di Quei bravi ragazzi:

– E ora che mi dici, signor bulletto? Qualche cosa me la devi dire.

– Te la dico.

– Sentiamo.

– Fancul’ a mamm’t.

 

Sì, le dissi proprio così.

Fra me e lei, fra alti e bassi, durò parecchio. Lei non mi amò mai davvero, nemmeno io.

Stemmo assieme soltanto perché, a detta di lei, duravo molto.

Ma non servì a un cazzo per tirarmi su.

La strategia promozionale di Scorsese & Netflix s’è rivelata vincente, quella di Fedez, cantante degli ominidi, altrettanto, poiché l’italiano medio è un mafioso demente, evviva i cinecomic!

Sì, quando Alberto Barbera annunciò, a fine luglio scorso, il programma della sua kermesse, ovvero della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, tutti noi cinefili rimanemmo basiti nello scorrerlo e non vedere in cartellone, come si suol dire, The Irishman di Martin Scorsese.

Eclatante, clamoroso al Cibali, come si diceva una volta.

Il film più atteso dell’anno, forse degli ultimi vent’anni, non partecipò al Festival di Venezia. Assurdo, no?

Festival da sempre considerato leggermente minore rispetto a quello di Cannes ma che, ultimamente, si rivelò d’estrema importanza imprescindibile per la corsa agli Oscar.

Poiché molti dei film, dei registi e degli attori premiati a Venezia furono poi quelli che la fecero da leone agli Oscar. Anche se La forma dell’acqua vinse, per l’appunto, il Leone d’oro, eh eh, mentre il parimenti oscarizzato Birdman assolutamente no.

Scorsese optò per il più intimo New York Film Festival.

Scelta quanto mai oculata, sacrosanta.

Poiché sarebbe stato, come già dissi, assai pericoloso presentare The Irishman a Venezia. Dinanzi a critici agguerriti e infoiati, pronti a scannarlo se ne fossero rimasti, di solito loro snobismo d’accatto e “accatta visualizzazioni stampa”, parzialmente delusi.

Sì, meglio dunque il più piccolo New York Film Festival. Ove Scorsese poté presentare il suo film in maniera più delicata e riservata. Consegnandone la visione a selezionati addetti e cosiddetti operatori del sistema.

Le critiche, come sappiamo, furono entusiastiche. Da qui sorse a tamburo battente il crescente, inarrestabile passa parola.

Al che, The Irishman fu presentato, con altrettanto successo e critico clamore, a Londra e poi a Roma.

Ottenendo ancora una volta consensi a iosa.

Invece, qualora fosse stato relativamente stroncato a Venezia, ciò ne avrebbe pregiudicato la corsa agli Oscar e il suo estremo, ragguardevole, anzi incommensurabile valore sarebbe stato inficiato da qualche presuntuosa, oserei dire pregiudizievole, critica prematura.

Per esempio, oramai a Clint Eastwood frega poco degli Oscar.

Lo dimostra il fatto che, da anni, fa uscire i suoi film a metà dicembre quando oramai i giochi sono pressoché fatti.

Sì, la stampa americana può visionare le sue pellicole prima che escano ufficialmente in sala, quindi, stando a questo discorso, non mi stupirei più di tanto se il suo Richard Jewell venisse nominato in varie categorie, perfino importanti, fra circa un mese ai Golden Globe. Sebbene, come detto, uscirà soltanto dopo le nomination dei Golden, ovvero il 13 Dicembre.

Ma sono rarissimi i casi in cui una pellicola uscita nelle sale a dicembre abbia poi fatto incetta di candidature agli Oscar. Perlomeno, se prima non fu presentata a qualche festival di rilievo.

Come da me poc’anzi spiegato.

In poche parole, Richard Jewell potrà anche essere il film più bello dell’anno, perché no, ma credo che oramai l’Academy abbia già compiuto la sua scelta.

Il film che vincerà l’Oscar, per l’appunto, come Best Motion Picture of the Year, sarà The Irishman.

Stavolta, Netflix ci prese alla stragrandissima.

Agì infatti con lieve, dolce mestizia e sobria furbizia, con indicibile, inarrivabile scaltrezza e ammirabile pudicizia.

Realizzando una campagna promozionale basata sulla leggendarietà del capolavoro annunciato, a piccole dosi, paradossalmente, annunciandolo.

Dispensando, nel corso degli ultimi mesi, solo tre ufficiali filmati.

Creando attorno alla pellicola la giusta dose di mistero e suspense.

Netflix Italia, per esempio, su YouTube non ha ancora diramato il trailer di The Irishman doppiato in italiano. Solo gli abbonati possono vederlo, ascoltando in esclusiva Leo Gullotta che dà la voce a Joe Pesci.

Ora, spostiamoci invece in tutt’altro ambito e parliamo non di Scorsese, bensì di un altro uomo, purtroppo, considerato assai più meritevole di Martin da molti italiani, vale a dire il “fenomeno” Fedez.

Ecco, se io mi presentassi a un produttore discografico con un testo del genere, probabilmente lui chiamerebbe immediatamente la neuro:

mi aspetto che ti piaccia stare

sotto le coperte e non sopra le copertine

l’amore a prima Visa…

un golpe al cuore…

se ti guardo a luci spente, sei un tramonto abusivo…

Ma direi che l’apice, oserei dire l’inarrivabile zenit di tale “genio” dei debosciati, sia questa rima baciata per tutte le ragazzine più cretine:

prima eri un problema di cuore, ora sei il cuore del problema

Sì, Fedez lo vedrei bene ospite di Gigi Marzullo. Ah ah.

Sì, per comporre questi versi lirici, più che altro da due lire, un ritardato medio impiegherebbe due minuti, Fedez invece ne impiega dieci. Ah ah.

Peccato che lui sia più ricco di un astrofisico nucleare che conosce ogni equazione della teoria della relatività e l’Italia ascolti, con la testa fra le nuvole, queste cagate atomiche che io brucerei alla velocità della luce.

Sì, è per questo che abbiamo oggigiorno critici di Cinema che sostengono che The Irishman sia meno bello di Quei bravi ragazzi. Se Scorsese avesse realizzato Quei bravi ragazzi 2, avrebbero detto che The Irishman sarebbe stato uguale a Casinò. Ah ah.

Come dire che il sottoscritto, se ieri fu depresso a morte e oggi stia provando, provatissimo, di darsi uno slancio vitale fighissimo o solo più sfigato, le malelingue affermeranno, anzi con irremovibile fermezza affermano, che lo fa per rispondere a chi l’offese nel vano, deleterio e controproducente tentativo misero di dimostrare fermamente qualcosa. Ma rimane di mente un infermo. Ah ah.

Quindi risulta penoso e patetico.

Se invece avessi smesso di scrivere libri e recensire film, mi avrebbero detto ugualmente che sono penoso poiché mi sarei arreso.

Mettetevi d’accordo perché non ho intenzione di essere recensito da gente che prima offende Fedez perché è povera e il giorno dopo, invece, se vince il SuperEnalotto, frega a Fedez pure Chiara Ferragni, regalandole una migliore Ferrari.

Sono sinceramente stanco di tutta questa gente ipocrita assai italiana.

Di domenica, questa gente va a messa e il lunedì dopo combina le stesse porcate di prima. Tanto la settimana finirà, arriverà di nuovo domenica e basterà una confessione per poter ritornare a vivere alla stessa maniera.

D’altronde, Francia o Spagna, basta che se magna!

Il mio consiglio per i giovani è questo, un consiglio non propriamente ottimista, a dire il vero.

Un consiglio non da coniglio, bensì da uomo saggio come Rust Cohle di True Detective.

Cioè questo: non sposatevi e non mettete al mondo dei figli.

Altrimenti, possono nascervi mostri come Glenn Fleshler/Errol Childress se vostra madre è pazza.

Tanto, anche se vostra madre non è pazza davvero ma vive da pazza poiché chi la mise incinta, ovvero Thomas Wayne, la trattò come Fillipo Timi di Vincere nei confronti di Giovanna Mezzogiorno, vostro figlio troverà un altro Glenn Fleshler che lo caricherà di rabbia, distruggendogli pure la purezza.

Come no?

Ora vi spiego.

Le mie freddure lasciano stecchiti tutti, soprattutto il sottoscritto, ovvero un personaggio da fumetti molto fumantino

Allora, adesso vanno di moda i cinecomic.

Martin Scorsese e Francis Ford Coppola li definirono spregevoli.

Non so se abbiano ragione o no. Da quello che mi risulta, comunque, Rupert Pupkin di Re per una notte è Kick-Ass mentre Dracula di Bram Stoker è Ant-Man.

Come no? Oldman, in questo film, è come Gulliver. Prima è un titano. Poi, in seguito alla morte tragica della moglie, si segregò nel castello e invecchiò di brutto. Dunque, la sua virilità, nonostante si attorniò di tre streghe-damigelle meretrici, fra cui Monica Bellucci, ne risentì potentemente.

Diciamo che si nanizzò. Quindi, riprese possesso della sua armatura da Batman di Christopher Nolan e volò nuovamente come un pipistrello, facendo il culo, come si suol dire, ai moscerini.

Sì, il nerd è un uomo che, dopo aver sublimato le delusioni affettive, credette di essere sublime poiché realisticamente, logisticamente e dunque obiettivamente non gliela può fare con Catwoman.

Al che, come meccanismo di difesa psicologico, anziché diventare verde di rabbia come Hulk, in virtù dei soldi del ricco possidente del padre che lo mantiene, se la tira da Iron Man.

Cioè, detta come va detta, il nerd vive nel seminterrato, nella prigione bunker col culo parato delle sue immaginifiche stronzate, vagheggiando suoi sogni di gloria spesso fantasticati ma raramente concretizzatisi. È invero Birdman.

Sì, dovrebbe in verità spararsi in testa.

Se non dovesse miracolosamente morire, lo acclameranno in piazza come Joker.

Per quanto mi concerne, io fui un uomo già a quattordici anni.

Mi ricordo infatti che non rimasi insensibile, a livello ormonale, dinanzi a Pamela Anderson di Baywatch.

Poi però scoprii che lei se la faceva con il bagnino ignorantissimo de Il commissario Lo Gatto.

Ci rimasi come una merda. Da allora, distrutto, cantai La Mer, recitando, a ogni mattutino canto del gallo, tutte le sillogi poetiche di Giacomo Leopardi.

Ho detto tutto.

Riguardo la recensione di The Irishman, sentii e lessi molti critici affermare che Scorsese ricicla sempre tematiche, da lui stesso generate e sviluppate, oramai già viste, trite e ritrite, ovvero inflazionate e abusate.

Uno disse pure che Scorsese non è capace di rinnovarsi e che è relativista. Cioè, gira soltanto film su preti, su strambi deliri religiosi o sui gangster mafiosi.

Il prossimo film di Scorsese sarà Killers of the Flower Moon.

Un film sui nativi indiani americani divenuti ricchi grazie al petrolio.

Questi critici, invece, pensano di divenire ricchi, facendo lo scalpo a Scorsese?

Di mio, sono Fu Manchu. Cioè, praticamente David Lo Pan di Grosso guaio a Chinatown.

Ma, alle tribù degli Apache, dei Mohicani e dei Comanche, continuo a preferire l’ex pornoattrice Cheyenne.

Sono uguale a Sean Penn di This Must Be the Place ma nemmeno una racchia come Frances McDormand me la dà.

Per fortuna, aggiungo io, quella donna è matta.

È capace di rendere un uomo, macho come Liam Neeson, uguale a Darkman.

Ah ah.

Sì, Frances è un’intellettuale che rompe le palle a dismisura.

È per questo che suo marito, Joel Coen, è un genio.

Non scopa mai Frances. Non sapendo dunque che cazzo fare da mattina a sera, assieme a suo fratello Ethan, passa il tempo a inventare storie pazzesche. Passano notti in bianco nel mettere nero su bianco le loro sfighe disumane. Da cui Il grande Lebowski e A Seriuos Man.

Mentre nell’altra stanza, Frances, sdraiata a letto, si tocca d’autoerotismo feroce, impazzendo ad ascoltare Bob Dylan, uno dei suoi cantanti preferiti, che accarezza il plettro, riproponendo la sua storica Knockin’ on Heavens’ Door.

Sapete che al posto di Frances Conroy, in Joker, doveva esserci la McDormand?

Però Todd Phillips, dopo aver provinato la McDormand, scelse la prima Frances.

Poiché la Conroy è parimenti brutta ma ispira tenerezza. La McDormand, invece, è brutta e basta.

Quindi, non poteva essere credibile nei panni dell’ex donna di Thomas Wayne.

Sì, Thomas fu un frustrato prima d’arricchirsi.

Passò il tempo a cercare donne con cui condividere il suo disagio psicologico su qualche sito d’incontri per cuori solitari.

Non incontrò nessuna disposta a uscire con lui. Solamente la Conroy.

Perciò, Thomas pensò:

– Be’, basta metterle una maschera a mo’ di cuscino in faccia, di corpo non è poi tanto male, le posso rifilare tranquillamente una sonora fregatura, cioè una (mal)sana inculata.

 

Peccato che il profilattico di Thomas si spaccò nel momento meno opportuno e la Conroy partorì il futuro Joker.

Thomas quindi sposò una donna altolocata e assieme misero al mondo il futuro Batman.

Pover’uomo. Divenne come Donald Trump ma non gliene andò bene una.

Da una ebbe infatti un figlio pazzo, dall’altra uno con la doppia personalità.

Deve ringraziare, dall’alto dei cieli o laggiù all’inferno, che qualche teppista l’abbia ucciso nel vicolo cieco…

Se così non fosse stato, adesso Thomas avrebbe dilapidato mezzo patrimonio a pagare gli psichiatri dei figli ché, non essendo costoro capaci d’intendere e volere, avrebbero chiesto al padre di essere mantenuti.

Lui, essendo un pezzo grosso, si sarebbe vergognato di affidarli all’assistenza sociale e dunque si sobbarcò ogni spesa dei suoi scugnizzi.

Infatti, in nessun fumetto, risulta che Batman possieda un lavoro.

Thomas, prima di morire, redasse infatti un testamento ove scrisse testualmente:

– Mio figlio Arthur è irrecuperabile. Se gli donassi la mia vita a Malibu, la distruggerebbe.

Dunque, mettetelo in manicomio. Ma cambiategli il cognome.

Mio figlio Bruce, invece, è altrettanto malato ma, a differenza di Arthur, è più figlio di puttana. Sì, soffre di disturbo borderline ed è un incallito puttaniere irredimibile. Però, in compenso, riesce emozionalmente a gestirsi.

Al massimo, dite al maggiordomo Alfred che, se Bruce avrà dei momenti difficili, di nascosto dovrà infilargli degli psicofarmaci nel tè.

Sì, in Joker, la psicologa di Arthur gli disse questo:

– Arhur, il sindaco, malgrado le battaglie del nostro sindacato, ha tagliato i fondi. Ci hanno castrato. Non posso più curarti. Siamo entrambi inchiappettati.

Comunque, se cercherai su Google, in qualche forum di disadattati, potresti incontrare Iris di Taxi Driver.

Sai, sebbene sia stata salvata dalla prostituzione minorile grazie a Travis Bickle, uno più fuori di testa di te, non si riprese mai davvero dall’essere stata abusata dal suo pappone.

Sposatela e abbiate dei figli.

Tanto, il mondo è già pieno di pazzi. Qualche pazzo in più non sarà un grosso problema.

Ora, Arthur, devo salutarti. Ho perso il lavoro ma sono una donna. Quindi, mi basterà, per tirare a campare, mi basterà dare via il culo sui viali. Addio.

Anzi, ragazzo, prima di congedarmi, ti dirò però questo. Passai tutta la mia adolescenza da sfigata a studiare psicologia per provare a dare una speranza ai giovani provati che, come te, non accettano questa società e ne soffrono terribilmente.

Mi tolsi tutti i piaceri giovanili per riuscire nella mia mission.

Adesso, sono disoccupata.

Morale, figlio mio:

chi lo prende nel culo è destinato a riprenderlo in culo inevitabilmente. Come dice Rust Cohle, ancora e ancora e ancora.

Con l’unica differenza che, d’ora in avanti, quando lo piglierò nel didietro, almeno mi pagheranno.

 

Ah ah. Di mio, posso invece dirvi questo:

se credete che, in questo mondo, possiate essere voi stessi, sì, potete esserlo. Però già sepolti e cremati al cimitero. Il resto è una grande stronzata. L’umanità, dopo millenni di pseudo-evoluzione fasulla, alle soglie del 2020 finalmente comprese che l’uomo è in realtà una scimmia imborghesita. Quindi, l’unica differenza esistente fra lui e la scimmia non è, come si crede, l’intelligenza, bensì il portafogli. Se pensate che non sia così, non siete evoluti. Forse, è per questo che soffrite come animali. Sì, la sofferenza è figlia non della malattia mentale, bensì dell’incapacità di accettare un mondo che non riuscì a cambiare manco Cristo. Figurarsi se, come Gesù, siete per l’appunto dei poveri cristi.

Chi ha orecchie per intendere, intenda. Chi non vuole ascoltare ragioni, continuasse a sbattersene.

Tanto, se ne sbatté pure prima. Altamente fottendosene.

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di Stefano Falotico

JOKER, THE IRISHMAN e RICHARD JEWELL sono film complottisti? Ma che mi tocca sentire!


02 Nov

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Pazzo? No, purissimo pezzo goliardico e al contempo profondamente riflessivo, ilare e tragicomico

Voi tutti vi siete fissati con le teorie del complotto.

Per anni, soffrii di manie igieniche, lo ammetto. Che ci fu di male? Almeno, se mi toccavo, non prendevo malattie veneree. Ah ah.

In tanti credettero, però, che fossi Mel Gibson di Conspiracy Theory.

Al che pensarono, sempre malignamente, che fossi un ragazzino disturbato. E su di me fu praticato un sequestro di persona come al figlio di Nick Nolte di Ransom.

Sì, per via del fatto che non m’attenni ai cattivi stili educativi dei genitori altrui, i quali castrano i liberi arbitrii dei figli così come fa Nick Nolte di Cape Fear con Juliette Lewis, i miei coetanei addussero che prima o poi sarei diventato, per troppa rabbia, De Niro/Max Cady.

Poiché, essendomi estraniato dalla carnascialesca socialità di quelli della mia età, reputarono malinconicamente troppo ingenua e cremosa la mia purezza e, malevoli, sospettarono che la mia solitudine auto-inflittami fosse figlia d’una latente sociopatia che poi, un giorno, sarebbe esplosa come quella di Travis Bickle.

Ah, vedrai. Sarà furioso e violento con le donne!

Ma per piacere!

In tanti m’identificarono con Donnie Darko e mi diedero del vecchio come Al Pacino di Donnie Brasco.

So solo che, già all’epoca, sarei stato l’avvocato del diavolo per una donna angelicamente provocante più del demonio come Charlize Theron.

Oggi, molte ragazze mi guardano e mi dicono che io possieda un certo fascino alla Andy Garcia de Gli intoccabili. Dire, cazzo, che fui scambiato per suo figlio nel film The Unsaid – Sotto silenzio.

Ah ah.

Mi ritengo una persona spiritosa ma intellettuale come Robin Williams de L’attimo fuggente e cerco perennemente di guardare la vita da molteplici prospettive.

Invece, fui spacciato per Williams de La leggenda del re pescatore. Anzi, peggio. Per Robin di Hook e per quello di One Hour Photo. Cioè, un ragazzone guardone assai rosicone. Perfino per Robin Hood. Come no? Ovvero, il principe dei ladri. I ladri, secondo costoro, erano le mie varie personalità. Ah ah.

Sì, mi urlarono: non devi mentire a te stesso ma guardarti allo specchio e ammettere che, al di fuori di te e del tuo riflesso, caro fesso… sei solo come un cane. Sei un poveretto! Anche un perverso!

In poche parole, fui additato sempre frettolosamente per uno schizofrenico e per un ragazzo mal cresciuto molto instabile.

È assurdo tutto ciò.

Sì, secondo questi qua, personificai Mel Gibson dell’Amleto di Zeffirelli. Attentarono alla mia verginità e alterarono, di calunnie, il bellissimo rapporto angelico con la mia prima ragazza. Al che, quando divenni, sì, giustamente furioso come Mad Max in Interceptor, mi urlarono che m’avrebbero d’altre ingiurie asfaltato.

Ma dico? Non è bello essere belli come Leo DiCaprio e sapere che invece vieni creduto Leo di Marvin’s Room e di The Aviator. Anzi, peggio. Quello di Shutter Island.

Sì, si comportarono con me come Bob De Niro di Voglia di ricominciare.

Non ebbi mai Paura d’amare. Tant’è vero che ancora posseggo un carisma travolgente da Jimmy Hoffa e infondo linfa vitale a ogni uomo malpagato e avidamente sfruttato, umiliato e non protetto da nessun sindacato. Incoraggiandolo a ribellarsi come Pacino di Quel pomeriggio di un giorno da cani e Serpico.

Non vado da un ragazzo disoccupato a fargli la morale e a proporgli di fare del volantinaggio o, peggio, del volontariato. Lo incito solo a essere più volenteroso. Soprattutto più voglioso. Ah ah.

Mi diedero del pachiderma tonto come Sylvester Stallone di Cop Land ma ricevettero metaforici pugni allo stomaco più di Tommy Morrison in Rocky V.

Ma li perdono.

Sono ancora bello come Mickey Rourke di Johnny Handsome, ah ah, debordante e giocoso come Jim Carrey di Buguardo bugiardo, ah ah, sexy come Tom Cruise di Nato il quattro luglio prima di finire sulla sedia a rotelle ah ah. E non mi manca nessuna rotella, sono sanissimo come Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ah ah.

In effetti, siamo attorniati da malati di mente.

Qualcuno si credette un genio statista della Politica e mi confidò che voleva scrivere un libro profetico intitolato La seconda guerra fredda.

E io:

– Quale sarebbe? Quella dei tuoi ormoni? Mi pare che, a forza di pensare alla fine dell’umanità, non stai scopando molto. Guarda invece quella là. A me pare la fine del mondo, ah ah.

 

Sì, dopo le ingiuste polemiche su Joker, accusato dai puritani moralisti del cazzo e dai benpensanti della minchia di essere un film sovversivo, poche ore fa lessi pure che The Irishman traviserebbe la realtà.

Poiché Jimmy Hoffa non fu ammazzato da Frank Sheeran.

L’FBI invece ha appena denunciato Clint Eastwood, sostenendo che, in Richard Jewell, il regista di Fino a prova contraria, accusa le istituzioni d’aver distrutto un uomo.

L’FBI, secondo la prassi, doveva accertarsi di tutto.

Certo. Però, finiti i logoranti accertamenti, dopo aver appurato d’aver beccato una cantonata storica, la vita di Richard fu psicologicamente massacrata.

La mia, invece, è ancora intatta. Nonostante tutto.

Eh sì. In questi anni ne vidi tante…

Donne ricercatrici di biologia dalla doppia vita. Di notte, sono come Jennifer Jason Leigh di America oggi e di giorno delle adepte del fascismo antisemita di Salvini.

Sì, come no? Non starò a dirvi chi è ma ne conobbi una così. È sposata, era già sposata. Mi mandava foto di lei semi-ignuda per allentare la noia della sua vita coniugale.

Poi, il giorno seguente, urlava in comizio: per un’Italia libera e pulita, lontana da ogni puttanesimo, ripristiniamo i valori della patria!

Grazie alle sue intime conoscenze, oggi, è comunque arrivata… ah ah.

Cari colonnelli, mi sa che, per mettervi contro di me, avete davvero il cervello piccolo. Mi sta venendo… persino il dubbio che anche qualcos’altro abbiate piccolo…

– Che vuoi dire, ragazzo?

– Quello che ho detto.

 

Insomma, se siete brutti e invidiosi, mettete su la canzone ‘O Scarrafone.

Poiché io non so’ paz’ ma comunque sia non mi dovete più scassa’ ù cazz’!

Ah ah.

Finisco il pazzo, no, il pezzo così. Con una delle mie freddure micidiali in stile Clint Eastwood.

Un ragazzo spaesato e confuso va dal suo psichiatra e gli svuota piacevolmente l’anima, ottenendone un effetto catartico. O forse per niente. Ah ah.

– Professore, dottore mio, l’altra notte m’è successa una cosa sconvolgente. Ho parlato in chat con una ragazza.

– Ah, tutto qui? Cosa ci sarebbe di così traumatizzante in questo?

– Nulla di che, però c’è un ma.

– Dimmi. Spiegami il ma. Oppure il tuo malessere.

– Ecco, vede. Senta. Questa qui è una cinefila come me. Al che, dopo aver parlato per mezz’ora, intrigata dal sottoscritto, è andata a visionare le mie foto.

– Quindi?

– Ecco, lei mi dice… sai che sei un po’ matto? Ma è una pazzia colorata la tua. Assomigli a Modigliani/Andy Garcia de I colori dell’anima.

– Cioè, giudicandoti dalla faccia sua magrissima, scavata e stilizzata, questa ragazza ha creduto che morirai a soli 35 anni di tubercolosi? Oppure, voleva dirti che sembri un creativo un po’ fuori di testa? Ma fuori di testa-cretino, no, creativo in senso pittorico, anzi, pittoresco come Modì?

– Ah, non lo so, ah ah.

– Che cosa dunque t’ha turbato di questo paragone?

– Nulla, a dire il vero. Io però le ho risposto… con te, donna, vorrei usare il mio pennello a mo’ di acquerello sulla tua pelle.

– Davvero le hai detto così? Ma che sei matto sul serio? Non ti ha bloccato oppure telematicamente preso a sberle?

– Macché, psichiatra. Siamo figli di una generazione molto libera, diciamo. Alle ragazze fanno solo che piacere certe avance “figurative”. No, non sono come voi vecchietti. Non badano alle figuracce.

– Ah, capisco. Non mi piace che mi hai dato del rincoglionito ma sono stato giovane anche io, ci sta. Allora, che cosa ti ha doluto l’anima, carissimo?

– Be’, lei dopo questa mia proposta indecente molto sfacciata, anziché prenderla appunto malissimo oppure pigliarla a ridere con ironia, è stata molto seria, sa?

– Cioè?

– Mi ha detto che sono un bell’uomo con un’intelligenza superiore alla norma.

– Perché hai dei dubbi a riguardo?

– Un po’ sì.

– Comprendo benissimo, altrimenti non verresti da me.

– In verità, a volte sono consapevole della mia malattia, vale a dire la bellezza ed esserne amante in ogni sua forma artistica e anche figa. No, scusi, fisica. Sono belloccio, piacione e molto intelligente quando voglio. Soprattutto se la voglio.

– E dunque. Che cosa ti angoscia?

– Ripeto, sono bello ma avrei dei dubbi sul fatto che fra me e questa ragazza possa esservi un futuro economicamente soddisfacente.

Anche perché fra cinque minuti, caro psichiatra, il colloquio con lei finirà e io avrò pure 100 Euro in meno.

– Vorresti dire che non hai molti soldi e non puoi garantire a questa qui almeno una cena al ristorante e il cinema il sabato sera?

– Non volevo dirlo ma lei, essendo studioso della mente, conosce bene il portafogli.

– Non ti preoccupare. Ken Loach continua a fare film. Ti consolerai, guardando Bread and Roses.

 

Pazzo, no, pezzo sui tre capolavori cinematografici della stagione

Innanzitutto, partiamo da Joker. È un capolavoro? Sì o no?

Siamo al primo Novembre, giorno in cui si festeggiano i morti. E molti critici da strapazzo, per l’appunto, gli stesso che l’osannarono a Venezia, ora lo stanno uccidendo per fare i fighi. Poiché, si sa, fa figo dire la cosa controcorrente. Cosiddetta alla moda.

Joker è un grande film. Secondo me, ribadisco per l’ennesima volta, a costo di apparire ripetitivo e scontato, capolavoro lo è. Eccome.

Ma Joker, come tutti i capolavori, sta subendo il classico, inevitabile effetto boomerang.

Dopo l’immenso, sacrosanto clamore ottenuto al Festival di Venezia, ove è stato insignito di un meritatissimo Leone d’oro, ora i critici con la puzza sotto il naso dell’ultima ora stanno cercando il pelo nell’uovo.

Joker non vincerà l’Oscar come miglior film. Nemmeno Taxi Driver lo vinse.

Fra l’altro, Taxi Driver, pur andando benino al botteghino, non fece sfracelli quanto Joker.

La Critica è importante ma un ruolo predominante per l’assegnazione dell’Oscar lo gioca anche il pubblico.

Taxi Driver fu battuto da Rocky.

Taxi Driver, con tutto il bene e l’affetto nostalgico che possiamo volere a Rocky, è superiore alla pellicola di John G. Avildsen. Scorsese è un genio mentre il compianto Avildsen fu al massimo un buon regista con qualche pellicola di pregio. Allora perché vinse Rocky? Per quanto possa apparire incredibile. Avildsen all’epoca era più quotato di Scorsese. Tant’è vero che Mean Streets lo cagarono in pochi, solo la Critica di New York, mentre Salvate la tigre venne considerato erroneamente un capolavoro e Jack Lemmon vinse come miglior attore.

Poi, va anche aggiunto questo. Se gli Academy Award avessero premiato Taxi Driver, tutti i bastian contrari avrebbero affermato: ma come? Premiate un film sovversivo e inquietante, non dando invece l’Oscar a un film di buoni sentimenti?

Fatto sta che, se Joker è un capolavoro o no, lo sapremo fra dieci anni.

Oggi la gente si fa i selfie sulla scalinata in cui Arthur Fleck/Phoenix balla, emulandolo. Se fra una decade, la gente, dopo averlo rivisto di cinquemila passaggi televisivi, il mattino dopo entrerà in ufficio, imitando Joker, Joker sarà un capolavoro.

Passiamo adesso a The Irishman.

Francesco Alò è un ottimo critico. Altrimenti, non avrebbe scritto pezzi meravigliosi su Il Messaggero. Ma, nella sua video-recensione del film di Scorsese, è stato eccessivo per puro spirito provocatorio. Solo per attirare visualizzazioni.

The Irishman è davvero un capolavoro. Alò è stato estremamente superficiale. Perché mai ha detto, per esempio, che non ci si può affezionare a un tipo come Sheeran? Sì, non ce ne si può affezionare. È questo il bello della faccenda. Sheeran è un Forrest Gump al contrario. Attraversa cinquant’anni di storia americana e, alla pari di Tom Hanks, non fa una piega. Forrest Gump non capì però mai un cazzo mentre Sheeran, fin dapprincipio, capì tutto. Ma recitò la parte del fesso per non tornare in guerra. Non lo avevate capito? Alla fine, persino in punto di morte non vorrà tradire vigliaccamente sé stesso, non confessando neppure al prete di aver ucciso il suo unico, vero amico. Morirà con due enormi rimpianti. Quello di aver scelto l’amico sbagliato, Russ Bufalino/Joe Pesci, e quello di non essere stato in grado di aiutare sua figlia. Mentre però poté scegliere l’amico giusto e invece clamorosamente fallì, non poté invece aiutare realisticamente sua figlia.

Finiamo con Richard Jewell.

Io dico che è già capolavoro. Anche se non è ancora uscito. Clint Eastwood è un uomo molto, molto anziano. E sinceramente non ha più tempo né voglia di fare il biondo con Sondra Locke, la sua storica ex bionda. Da trent’anni a questa parte, a Clint piace svelare, con classicismo da uomo d’onore e classe immensa, le verità sepolte delle ingiustizie. Poiché, come Joker, non ha più nulla da perdere.

Termino il pazzo, no, il pezzo così. Mostro questo video a una ragazza e lei:

– Lo sai che, a tratti, assomigli sia a Johnny Depp che a Joaquin Phoenix, a Tom Cruise, a Bob De Niro e ad Eastwood da giovane?

– Sì, però da quel che vedo di te, tu non hai la faccia di quella che lo incassa.

 

 

di Stefano Falotico

JOKER: i migliori pazzi della storia del Cinema, da Jack Nicholson a Gary Oldman ma il Principe jolly di corte rimango io, ah ah


08 Oct

nicholson cuculo

Sì, le somiglianze fra la storia di Arthur Fleck e la mia vita sono veramente inquietanti.

Perciò, bando agli smascherati banditi e alle ciance di chi non sa più come blandire, devo togliervi il mascara e ammettere, un po’ a malincuore ma anche con gagliardezza indomita, che Arthur Fleck sono io. Sì, da piccolo fui fanatico della serie televisiva che, di tardive repliche italiane, andò per la maggiore, vale a dire Happy Days. Spaccato della provincia statunitense degli anni cinquanta, ritratto generazionale forse troppo buonista ma nient’affatto sensazionalista.

Illuminato dalla presenza immensamente ipnotica d’un titanico Henry Winkler, alias Arthur… Fonzarelli, detto più comunemente Fonzie.

Un uomo, un genius.

Un uomo forse ignorante come Adriano Celentano ma capace, col solo potere del suo indubitabile, immenso carisma, d’essere l’unico meccanico in grado di dare consigli di vita a collegiali probabilmente più istruiti di lui. Anche però più conigli.

Sì, Fonzie era uno zotico mai visto che viveva praticamente giorno e notte nella sua officina.

Un uomo però imbattibile in fatto di fascino a pelle. Infatti, indossava sempre il giubbottino nerissimo, assumendo un sex appeal invincibile da Bruce Springsteen del videoclip di I’m on Fire, un uomo che non deve chiedere mai.

Fra l’altro, in questa epocale clip, Bruce si scalda più del pornoattore omonimo, Bruce Venture, appena la milfona gli mostra solo le gambe. E lui, sporco e grezzo, col viso impregnato di sudore freddo ma soprattutto macchiato d’olio ancor bollente, solamente sbirciando di sottecchi le magnifiche cosce di questa patatona caliente, della quale non scorgiamo neppure il volto, parte in quinta con far ardente, sognando di sgranocchiarsela con lingua fra i suoi denti e labbra aperte.

Accende il motore e s’invola notturno verso l’abitazione della bellissima donnona. Sì, Bruce non solo canta la sua canzone, bensì col cuore al “radiatore”, già pensando a lei surriscaldato, nel suo cuore mette su Gianni Morandi… parlami di te, bella signora, del tuo mare nero nella notte scura… signora solitudine.

Sapete, no, che il celeberrimo monologo allo specchio di Bob De Niro/Travis Bickle di Taxi Driver, You Talkin’ to Me?, fu involontariamente ispirato e improvvisato da De Niro stesso, memore d’aver visto un concerto del Boss pochi giorni prima del ciak?

Sì, può essere che la bionda del video I’m on Fire sia in verità nientepopodimeno che Cybill Shepherd/Betsy.

Come no? Come fate a dire che non è lei? Qualcuno l’ha vista, per l’appunto, in volto?

Che ne sai? Potrebbe anche essere Vladimir Luxuria oppure Jodie Foster cresciuta e platinata.

Ma potrebbe essere perfino Maurizio Umberto Egidio Coruzzi, detto Platinette, prima che ingrassasse.

Ah ah.

Sì, comunque e chiunque sia e fosse stata, aveva dei quadricipiti da scosciante show girl televisiva arrapante. Diciamocela.

Una capace di far impazzire quell’angelo di Ron Howard ma anche quel nerd di Keith Gordon di Christine del Carpenter. Entrambi infatti fanno di cognome Cunningham. L’avevate notato?

Ron Howard, dopo essere stato il figlio modello dell’America un po’ falsa, dolciastra e puritana, girò Fuoco assassino, mentre Keith Gordon, anche lui diventato regista come Howard, alla pari di Ron, non però l’omonimo cantante, indubbiamente dell’altra sponda, sognò di scopare Jennifer Connelly del suo film Waking the Dead.

Keith, nonostante impeccabilmente la diresse e la spogliò in una scena particolarmente hot, non se l’ingroppò, mentre Billy Crudup se la trombò sia per finzione nel film che nella vita reale. Come no? Oh oh!

Insomma, ragazzi, a che serve avere A Beautiful Mind se poi le donne ti prendono solo per pazzo e per un così bravo ragazzo che, stringi stringi, desiderano invero solo ù caz’?? Ah ah.

Ciò Fonzie già lo capì. Cosicché, mentre gli altri studiavano per farsi il culo senza mai arrivare a quella, a lui bastava alzare il pollice su per alzarlo a tutte.

Se non è un genio il Fonzie, scusate…

Ora, detto questo, passiamo a fighe, no, classifiche serie. Non perdiamoci in puttanate.

A mio avviso, i migliori pazzi della storia sono Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo e Gary Oldman di Dracula.

Adesso vi spiego perché, un attimo, che cos’è tutta questa fretta?

Pazientate, lasciatemi riflettere.

Ecco, avete presente il detto non fare l’indiano?

Bene, deriva dall’indiano proprio del capolavoro di Milos Forman.

Will Sampson/Chief Bromden è apparentemente muto. In realtà, sa parlare benissimo. Ma si apre soltanto a Jack.

Poiché Jack è l’unico normale in una società d’idioti. Infatti, lo lobotomizzano. Ah ah.

Sì, poiché è un personaggio scomodo e la gente vuole continuare a ridere dinanzi a Virginia Raffaele che imita una più brutta di lei però ritenuta più bona dagli uomini medi, ovvero Belén Rodríguez. Sì, vi sarò sincero. Belen a me fa schifo. Virginia invece la sposerei subito. Innanzitutto, è molto più gnocca di Belen, poi è brillante, intelligente, trasformista. Insomma, non è solo una pazza, no, un pezzo di carne. Infatti, non capisco molti uomini e ragazzi. Che ve ne fate di una come Belen? Tanto vale andare a zoccole direttamente. Sì, è sexy ma, una volta che vi hai fatto sesso, una così la porteresti mai a vedere Joker?

Insomma, Belen è la donna più inutile di tutti i tempi. Voi siete soltanto dei poveri coglioni, va detto. Idolatrate una comune sciacquetta che, con le sue curve mozzafiato, vi fa perdere la testa ma, secondo me, la testa non l’avete proprio dalla nascita. Andavate subito mozzati. Ma, dato che non avvenne, vi mando lo stesso a mori’ ammazzati. Anzi, vi piglio a mazzate. Siete cioè, per l’appunto, delle teste di minchia.

Di mio, sono romantico come Gary Oldman di Dracula.

Infatti, dopo tanta mia senilità, dopo essere spaventosamente ringiovanito, scopo, no, scopro purtroppo che la mia Winona Ryder non riesce a riprendersi dalla morte di Sean Astin di Stranger Things.

Ho detto tutto. Insomma, la mia vita è una tragedia. Ma, rispetto alla vostra, è un capodopera.

 

di Stefano Falotico

JOKER: oramai ci siamo, la prossima settimana esce – Presentatevi in sala in smoking, anzi col papillon


26 Sep

joker mesmerizing

Sì, io fui tra i fortunati che lo videro alla 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Quindi, posso parlarne con cognizione di causa. Non so se di casa. Visto che, se continuerò a guadagnare così poco, nonostante le mie intellettualmente fruttuose collaborazioni giornalistiche, vivrò da homeless. Sì, senza una casa, probabilmente anche dentro una cassa.

Eh sì, senza soldi, puoi essere pure laureato a Cambridge ma fai la fine delle peggiori capre prese in giro da Vittorio Sgarbi. Poiché si sa, sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa.

Non so se molti di voi coglieranno la sottilissima freddura da me qui sopra appena rifilatevi.

Sì, in Italia non possedete quel mood umoristico, diciamo, falotico che permette d’elevarci dalla massa lagnosa, anzi lanosa di uomini e donne penose. Perché lanosa?

Sì, perché l’uomo medio italiano, giunto alla cosiddetta età della ragione, eh sì, sragiona, è solamente in cerca di calore, di donne calorose con le quali fare all’amore per dimenticare le frustrazioni d’una quotidianità arida e cinica, fredda e insensibile.

Aveva ragione, appunto, Travis Bickle di Taxi Driver. lei è come tutti gli altri.

Una catena di montaggio irreprimibile di robot schiavizzati al sistema, piegatisi alle dittatoriali regole ferree del padrone.

Che, per non fomentare rivolte popolari dovute all’ira, scaturita a sua volta dall’esistenziale precarietà oscenamente allucinante, offre alla povera gente panem et circenses.

Lo sa bene Joaquin Phoenix. Colui che spodestò Russell Crowe de Il gladiatore, cazzeggiando da mattina a sera alla faccia dei lottatori, della classe operaia va in paradiso.

Mah, più che altro ascesa, ah ah, nei campi Elisi. E che faranno nei campi Elisi? Non è che anche lì ascolteranno quella moscia di Elisa? Eh no, eh.

Nei campi v’è Giannina Facio, una che dopo essere stata con Rosario Fiorello, nato col Karaoke, ora ama fare l’oca… di Ridley Scott.

Lei capì bene come tirare… a campare.

Giannina, detta anche Gianina. Sì, in Joker, Joaquin Phoenix è doppiato nella versione nostrana da Adriano Giannini.

Va be’, dai. Questa è una stronzata ma prendiamola a ridere. Diamoci al demenziale come John Belushi, irridiamo questa realtà miserabile ove tutti parlano di dignità e di sociale equità ma, in verità vi dico, che oramai la frittata è fatta. E io vedo solo idioti senza qualità.

Sì, non voglio apparire moralista. Il mondo è finito. È irrecuperabile, irredimibile, è sprofondato nella più terrificante trivialità animale.

Tutti, spogliati d’ogni valore intimo e dei loro intellettivi (s)oggetti personali, scorrazzano per le strade, dandosi alla pazza gioia, desiderano essere influencer anche se a stento hanno letto le avventure di Max il leprotto come Max Cady/De Niro di Cape Fear insegnò a Nick Nolte. Nick, un fariseo con la Holy Bible sul comodino, una Juliette Lewis in fiore che lui reprimette con la sua ipocrisia irreprimibile, una Jessica Lange che voleva solo essere scopata dal King Kong prodotto da De Laurentiis e un’amante a tempo perso con cui giocare di squash e succhiare di limonate per poi portare la famiglia a vedere Piccola peste, leccando il gelato. Di sé stesso, soprattutto.

Sì, in Cape Fear, De Niro è Joker. Se la ride di brutto. Ah ah.

Tanto…

Gli psichiatri a che servono, oggi come oggi? A impasticcare le persone per intontirle, per inibirle, per (in)castrarle in ricatti e suggestioni, per comprimerle al fine che s’ammansiscano e s’allineino, appunto lanose e pelose, penose e piene di proiettate paure e indotte pelurie, no penurie… al gregge di pecoroni e dei coglioni senza pavore, in quanto questi esaltati sono dei pavoni. Apparentemente tranquilli, invero hater e facinorosi.

Tromboni e presuntuosi, untori e pungitori. Tanto, basta che regali a una donna una mimosa e, sotto Natale, un pungitopo, e lei t’amerà come dio comanda. Sì, poi la sua topa la darà a uno che legge solo Topolino ma ha i quattrini. E fa il Gastone della situazione.

Ma per piacere.

Sì, poi durante tutto l’anno il marito, quando la moglie e la figlia stanno dormendo, si collega ai siti per adulti e compie gli straordinari. Con tanto di tredicesima al download del film con una indubbiamente figa ma anche talmente moralmente a pecora che andrebbe pure con chi ancora scommette al Tredici calcistico ed è in zona extra time, visto che adesso c’è la SNAI.

Curatori dell’anima che rilasciano parcelle, porcelli che ti fanno credere di essere malato e diverso. Così, mentre loro intascano soldi manco fossero, appunto, delle pornoattrici, tu ti chiudi sempre più nel mutismo, ti barrichi nella metafisica talmente intangibile che, se vedi una bonazza in tanga, piuttosto che tangerla, preferisci buttarti giù dal cavalcavia della tangenziale.

Per sperimentare il vuoto d’un attimo veramente orgasmico. L’adrenalina pneumatica dell’impatto devastante sulla strada ove, a poche centinaia di metri di distanza, batte tua sorella.

Poiché, essendo tu un inconsciente, alla poveretta non garantisti nemmeno la normale fraternità d’un latte caldo sotto le sue svendute tette. No, sotto un tetto.

A quanto viene l’affitto? Ah, cazzo, troppo. Avrai allora delle fitte. Vai a vivere in una palafitta e, già che sei fritto, fatti un fritto misto. Sì, non c’è il mare, lì? Metti a mollo lo squalo. Tanto tutti gli altri pesci abboccano.

Irriditi e irreggimentati, allora, tutti quanti al perbenismo più bieco, in questo mondo ove impera la follia, è giusto che qualcuno abbia detto no.

Visto che è sempre stato considerato un pagliaccio da un mondo di maschere pirandelliane e di clown, è assurto a dio assoluto del collettivo ballo carnevalesco.

Infiocchettandosi e truccandosi meglio di tutti.

Siamo veramente stufi di questo mondo che propugna edonismo a volontà, siamo stanchi di questo mondo di statuine di cartapesta, di gente che i diritti altrui calpesta con l’arma ricattatoria del potere fradicio e impestato.

Mangio delle pennette al pesto e ti do un pestone.

Impazza il sesso più scimmiesco, siamo tutti dentro una burla tragicomica di Eugène Ionesco.

Tu di casa esci? Vedi gente? Non fare più lo struzzo, fai come tutti lo stronzo. Altrimenti, ti strozzano.

Soffochi. Se nasci muta, inizialmente tutti ti vogliono bene. Sei la persona speciale assai simpatica per cui tifare. Ma, arrivata a trent’anni, i ragazzi non ti cagheranno. Prima semmai ti scoparono pure.

Tanto vollero, eccome se vollero, solo divertirsi. Che tu parlassi o meno, a loro non fece né freddo né caldo, ah ah.

Ma poi si adattarono, anzi allattarono alle natiche, no, alle etiche socialmente etniche. Nella società occidentale, un uomo che sposa una donna muta, viene reputato un handicappato. Un fallito.

E tu, muta, sei ora in cura. Già ti mancò dalla nascita la parola, adesso, lobotomizzandoti… non puoi neanche più masturbarti come Sally Hawkins de La forma dell’acqua. Marginalità (im)pura.

Dai, su, cammina con aria sicura, non immusonirti. Non tenere il broncio, sennò agli altri apparirai ancora più scura.

Ah ah.

Questa è la realtà, non ce ne sono altre. Insomma, per quelli con diecimila Euro al mese ci sono sempre altre… ah ah.

È una tragedia. Una delle più grandi tragedie, per l’appunto, di cui l’umanità avrà ricordo. Ancora per poco, essendo al limite. Uomini di core, fate sentire la vostra voce fuori dal coro!

L’infinito di Leopardi è una bella poesia?

Sì, se una di nome Silvia non te la dà, perché ammirare la prima stagione di True Detective e parlare, da filosofo esistenzialista, come Rust Cohle? Devi sorbirti prima otto puntate di un’ora ciascuna.

In poche righe, Giacomo sintetizzò questo…

Ora, se sei Raf e sei sposato a quella gnocca di Gabriella Labate, certamente non sei in un monastero a fare l’abate.

L’hit di Raffaele, uno talmente mieloso che non capirà mai l’amore fra De Niro e Amy Brenneman di Heat:

Ieri, avrei voluto leggere i tuoi pensieri

Scrutarne ogni piccolo particolare ed evitare di sbagliare,

Diventare ogni volta l’uomo ideale,

Ma quel giorno che mai mi scorderò

Mi hai detto: non so più se ti amo o no, domani partirò

Sarà più facile dimenticare… dimenticare…

 

Ah, grazie a ù caz’. Coi soldi che ha, Raffaele, anche se Gabriella chiederà il divorzio, la potrà mantenere e troverà altre che faranno le mantenute. Quando saranno giù, lui lo/le tirerà su.

È come la pubblicità con Pippo Baudo del Kimbo. Più lo mandi giù e più ti tira su.

Sì, tu ora sei soddisfatta, lui ora però è in down perché è già venuto.

L’infinto sai cos’è?

Mostruoso, cattivissimo.

Ora, vi siete redenti, poveri dementi?

Vi si vuole bene. Siete talmente ritardati che vi basta essere laureati per non capire che in verità siete soltanto, appunto, dei trombati.

 

 

di Stefano Falotico

Il JOKER di JOAQUIN PHOENIX: Character Study


03 Sep

joker phoenix

Che cos’è innanzitutto un character study?

Sarebbe da chiedere a quei folli psichiatri così supponenti che, in diagnosi superficiali assai sbrigative, specie quando c’è di mezzo la giustizia che, a sua volta, preferisce agire repentinamente senz’appurare approfonditamente, emettono giudizi lapidari capaci, nell’arco di una misera mezz’oretta in cui l’hanno eseguita, semmai leggendo nel frattempo le notifiche lampeggianti sotto un desktop col logo della Fortitudo, di rovinare tutto il libero, propulsivo potenziale a rinascere d’una persona che, semplicemente, per sfortunate circostanze, fu giocoforza obbligata a ribellarsi furibondamente, reagendo ad affronti e bullismi reiteratisi troppo a lungo.

Come si suol dire, lo scherzo è bello finché dura poco. Quando, invece ostinatamente, scelleratamente persevera nel protrarsi in maniera interminabile e infermabile, poiché nessuno interviene e intervenne a porgli un netto, radicale freno duramente, dall’apparente burla giocherellona si può passare al tentato omicidio o, peggio, all’istigazione al suicidio di un’anima Joker-iellata che, non essendo riconosciuta uguale e conformata ai dettami di massa, non essendo allineata alla carnascialesca cantilena stolta dei luoghi comuni propagati e tramandati di generazione in (de)generazione da una prosapia d’inestirpabili uomini immondi, non essendo ascritta semmai a un gruppo sociale per via d’una sacrosanta, vivaddio, natura inesorabilmente connaturata alla sua alterità troppo dissimile rispetto a un mondo appiattitosi nel pregiudizio e nella svelta supponenza plebiscitaria di una collettività malsana, un’umanità adattatasi alla retorica, ai verdetti esecrabili della propria facile boria merdosissima, un’umanità che impietosamente non solo non prova compassione o s’impietosisce ma perfino nella sua fallacità chiarissima volgarmente insiste, non recedendo dalle sue intransigenti (im)posizioni fasciste, ecco… dapprima quest’anima osteggiata, vilipesa ed emarginata nel silenzio s’ammutolisce, nella melanconia a prima vista pacifica e innocua s’intristisce, nell’amarezza e nell’arrendevolezza, nella mancanza di capacità reattiva si svilisce e nell’abbattuta autostima, dai farisei impostori, dai facinorosi imbattibili impunemente e ignobilmente scalfita, poltrisce o forse soltanto le sue rabbie ancor inesplose tremendamente, segretamente patisce.

Ecco, Joker, a detta dello stesso Todd Phillips doveva essere un potente monito scagliato in barba a questa società oramai irredimibile e barbarica. Che, edonistica, alle gioie più meschine ed egoiste incita, al solipsismo più menefreghista istruisce e ragiona a compartimenti stagni schematici, bigotti e qualunquistici.

Ebbene, Phillips c’è riuscito. Sì, a creare un’opera figlia della New Hollywood che, attingendo dalle cupe atmosfere malinconicamente oniriche di quei tempi tristi o forse soltanto rivoluzionari e stanchi delle baggianate ecumeniste di John Lennon e compagnia bella, combatté il pacifismo.

Sì, può apparire ossimorica quest’affermazione in termini, appunto, contradditoria.

Non dovrebbe infatti la pace regalare serenità e armonia? Non sempre, anzi, quasi mai la pace totale crea universale felicità perdurevole.

Viviamo in tempi ove impera l’ipocrita buonismo, ove tutti si scattano selfie a trentadue denti col drink in mano ma io, dietro questa contentezza tanto ostentata, dietro questa deflagrazione d’allegria a prima vista contagiosa e, appunto, disarmante, scorgo incurabile tristizia allarmante.

Sì, non siete felici ma vi hanno chiesto di esserlo a tutti i costi, costi quel che costi e voi abdicaste, rinunciaste per comodità ai vostri intimi credo inviolabili per non sentirvi diversi e guardati a vista. Cosicché, omologandovi all’andazzo ridanciano e frivolo, al solito putiferio carnevalesco, caciarone e chiassoso, politicamente corretto e improntato agli ordini impartitivi dalla pubblicità dei dentifrici e degli shampoo al balsamo, sembrate adesso tutti dei perfettini manichini appena usciti da un estetista che vi ha reso carini…

Sì, una società da Brazil di Terry Gilliam in cui chiunque, per non sentirsi escluso, (s)fatto come uno stampino, è uguale all’altro in tale processione di uomini e donne schifosi ma esteriormente bellissimi.

In Sala Grande al Festival di Venezia, ah sì, Joker io vidi.

Un evento che conserverò eternamente nella mia memoria. Sì, ancora forse non me ne rendo conto. Io assieme a un paio di migliaia di persone, sono stato fra i pochi fortunati al mondo a vedere uno dei massimi film degli ultimi dieci anni alla sua prima per la stampa. Che culo, ah ah.

E qui ancora spoilero in quanto sono uomo spoglio che tutti polverizzo.

Di Arthur Fleck non ci venne detto di quale malattia mentale soffra.

Notammo solamente che è affetto da un’esagerata ilarità smodata spontaneamente stupidissima. Meravigliosa!

Sì, una risata lontana dagli applause telecomandati e dalle risatine dell’ex Zelig ove spesso le battute in effetti facevano ridere ma altre volte facevano davvero piangere ma per cui la gente, sapendo che apparteneva al pubblico pagante, quindi probabilmente sarebbe stata pure inquadrata per i pochi istanti di celebrità catodica, rideva ugualmente. Eh sì, così se mi vedono nella replica registrata i miei figli, i miei amici e parenti, eh già, penseranno che me la sto ridendo da matti.

Sì, le persone sono pazze. Molti ragazzi venderebbero la loro madre come Anna Maria Barbera (che non è sposata all’impomatato direttore della Mostra, Alberto Barbera), eh sì, povera donna che a causa d’una vita difficile piena di sacrifici divenne appunto grassa e brutta, buttandola a ridere come la Sconsolata, suo nome d’arte, pur di avere una cena a base soltanto d’insalata o da salami con Vanessa Incontrada.

Vengono fuori gli animali più strani… la notte, diceva il profetico folle Travis Bickle di Taxi Driver.

Il mondo non è cambiato più di tanto. I cinquantenni stanno a casa d’estate mentre la moglie è in vacanza e sono talmente fedeli che, in assenza di quest’ultima, non la tradiscono con la prima sguattera incontrata in un bar. No, portano la fede al dito. Al massimo, si collegano, liberi da occhi indiscreti sul sito blacked.com.

Poiché, come dice l’imbecille detto italiota, non è mai vero tradimento anche se è stato un onanismo praticato con sentito, voglioso ardimento.

Però questi uomini pasciuti ed economicamente sistemati, cazzo, scoprono che la moglie non è andata a Rimini con le amiche come invece lasciò supporre loro.

E fanno la fine di Martin Scorsese sempre di Taxi Driver.

Ah ah.

Eh sì, la moglie fu stufa di tutti i suoi gelidi inverni da professoressa “tu mi stufi”, altezzosa e sempre tirata in tailleur da dottoressa Wendy Carr di Mindhunter (e ho detto tutto…), al che si diede a una seratina con Lexington Steele o con un mandingone come Dredd, uomo col martellone a riempire il vuoto pneumatico della donna da lui stantuffata per sbiancarla da una vita, più che nera, ingrigitasi nella noia più bruciante da strega-megera.

Ah ah.

Vedo giovani d’oggi assolutamente incoscienti che s’improvvisano commedianti da cabaret per 15 minutes di popolarità esibiti in bettole frequentate da Emil Slovak e Oleg Razgul di 15 minuti – Follia omicida a New York.

Sì, con Ragzul che li filma, brindando alla Vita è meravigliosa di Frank Capra, per poi spedire il tutto al Maurizio Costanzo di turno, ovvero Bob De Niro/Murray Franklin.

Sì, giovani inesperti, totalmente inconsapevoli di essere pagliacci d’avanspettacolo che, dopo aver inventato due barzellette che hanno fatto sganasciare soltanto la cerebrolesa bagascia con cui stanno, si credono Murray.

Non De Niro, però. Quello de Lo sbirro, il boss e la bionda.

L’uomo saggio da Broken Flowers che potrebbe tranquillamente ingropparsi Scarlett Johansson di Lost in Translation ma sa che Scarlett è ancora giovane, è una bimba. Forse lei si divertirebbe, anche lui, parecchio.

Ma poi, dopo che saranno venuti entrambi, cosa davvero tangibilmente ne sarebbe concretamente venuto?

Lei, a lungo andare, infatti, stando con un uomo molto più maturo, si rattristerebbe poiché lui ama Leonard Cohen e L’uomo che non c’era dei fratelli Coen mentre a lei, in fondo in fondo, piace ancora fare la troia, la Black Dahlia. Divertendosi a sfottere i ragazzacci che adorano le fighe di plastica come Black Widow.

Sì, la classica tipa laureatasi a pieni voti, col suo bagaglio dunque anche sessualmente da 110 e lode, dunque una che pensa di essere già arrivata e, prima di dartela affinché tu possa inserirglielo, pretende che tu la posso inserire come Harvey Weinstein…

Ah ah.

Ecco, verso metà del film Joker, questo Fleck malato non si sa di cosa, se di disturbo borderline, di deficit cognitivo, di complesso di Edipo, di schizofrenia ridens, ah ah, di psicosi compulsiva o forse solo di mal di schiena ipocondriaco grazie al quale si fa passare per invalido, rubando i soldi allo Stato, viene ferocemente aggredito in metropolitana da tre storpi nel cervello.

Questi tre minorati mentali assai robusti fisicamente pensarono d’aver di fronte a loro Ugo Fantozzi con una maschera da carnevale di Viareggio, invece scoprirono che Arthur Fleck non volle più lasciarsi infinocchiare come Tom Cruise di Eyes Wide Shut.

Sì, esasperato da una società di potenti che, per rincoglionirti e tenerti lontano dal loro porcile, ti fanno credere, con la suggestione psicanalitica e l’ipnosi alla tua debole ipofisi, che non avrai mai una donna con la mask veneziana, compie una trasformazione inaspettata, impressionando perfino la psicologa presso cui era in cura.

Sì, la psicologa di Fleck pensò, essendo lei donna che capisce tutto, che Fleck fosse un ragazzino timido come Jean-Louis Trintignant de Il sorpasso e invece scoprì che ebbe sempre di fronte il figlio di Bruce Lee, cioè Eric Draven…

Eh sì, al povero Fleck, gli uomini e le donne col cervello grande, ah ah, fecero credere che lui persino fosse cieco o che, perlomeno, soffrisse d’una visione alterata rispetto alla norma della realtà.

In un baleno, Fleck fu stanco d’essere sempre servile e di rispondere a un bocca al lupo o un odioso, falso in culo alla balena… prego, grazie, crepi.

– Ciao, Arthur. Hai preso, oggi, le medicine? Bravo. Il lavoro come va?

– Be’, non mi assume nessuno.

– Non disperare, figlio mio. Vedo che non ti tieni informato. Si sa, la situazione economica attuale è questa. Non sei mica il solo.

. Lei però guadagna centomila Euro all’anno.

– Mi sono fatta il culo. Vedrai che con un po’ d’impegno tutto si metterà a posto.

Viviamo in una società evoluta. Un lavoro adatto alle tue caratteristiche lo troverai. Non viviamo più negli anni settanta ove bastava un diploma per trovare un posto fisso. Oggi, anche per pulire i cessi, devi avere tre lauree in igiene mentale. Siamo progrediti.

– Appunto.

– Eh, ma non disperare. Non piangerti addosso. Forza e coraggio. Basta rimboccarsi le maniche.

Un tempo, donne malate di mente come Frances Conroy non si sarebbero mai sognate di avere un figlio così figo come Batman dal sindaco di Gotham City.

Be’, c’è da dire che lui non riconobbe la loro maternità e si comportò nei loro confronti come Mussolini.

Ma almeno a Thomas Wayne/Benito, tu e tua madre dovete una casa con un tetto.

Sì, è come Trump, Thomas. Sempre meglio di Matteo Renzi che, col suo concetto di dignità, s’è fatto fregare da Di Maio coi suoi utopistici redditi di qua e di là.

Sempre meglio di Salvini, uno che promise e promette mare e monti solo se lavori già alla Rai come la sua ex, la Isoardi.

Mentre a chi ama un’extracomunitaria come Zazie Beetz gli prescrive cure mediche a un centro di salute psichica.

Dimmi la verità, Fleck? Non auto-ingannarti. Senti molto la mancanza di una compagnia femminile?

– No, guardi. Conobbi una che al posto di un ragazzo volevo un modello dei profumi.

– Capisco. Quindi cos’è che ti turba tanto? Non ti piace Joker di Todd Phillips? Reputi che sia un film diseducativo da segnalare al team di Facebook, una giuria composta da Gene Hackman, appunto, di Runaway Jury, formata cioè da uomini e donne che bloccano uno se gli sta antipatico e non corrisponde ai loro background di razza, sesso e religione, mentre lasciano pubbliche le oscenità scritte da uno del loro social?

Che cosa ti angoscia? Il fatto che il novanta per cento della gente legge i libri e acclama Apocalypse Now ma non conosce Joseph Conrad? E alla Conad preferisce la Coin?

È questo che ti dà tanto fastidio? Guarda, stasera prendi il farmaco neurolettico di cui ora subito ti faccio la ricevuta. Vai dal farmacista, ficcati in boccale le pillole da me assegnateti e vedrai che sarai talmente rimbambito che ascolterai anche Meraviglioso nella versione dei Negramaro.

Vedi? Basta così poco per essere un ritardato come tutti.

 

Una delle più grandi tragedie di cui l’umanità abbia avuto e avrà memoria…

Joker, signore e signori, indubbiamente un capolavoro. Il migliore Cinema fintamente mainstream che è anche Arte purissima e celluloide vérité memore perfino di Born to Win e Bang the Drum Slowly.

di Stefano Falotico

LA DIVINA COMMEDIA dei social: non demonizzate Facebook, discriminandoli. In verità vi dico che curano da Beatrice e dai beoti


20 Aug

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Ho il carisma di Matt Dillon, stessa faccia da schiaffi contro ogni consigliere fraudolento

Sì, il fascino di Matt, anche del matto, io l’ho sempre avuto.

Comunque, malgrado i miei trascorsi da Rusty il selvaggio, nonostante per anni frequentai degli amanti del grunge come nel film Singles, ho notato che molti uomini che si credettero virili, eh sì, ora cantano Macho Man dei Village People. S’immedesimano in Al Pacino di Cruising ma in verità vi dico che resusciterei Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti per zittirli.

Basta, non se ne può più di queste vostre lotte sessiste.

Sì, chiariamoci, non nutro particolarmente stima per il gentil sesso. Sono un Factotum come Dillon/Bukowski.

Le donne, soprattutto quelle italiane, sono state rovinate dalla religione cattolica. Hanno sempre divinizzato la vergine Maria poiché nel nostro Belpaese del cazzo fa sempre virtù angelicata spacciarsi per san(t)e quando invero la maggior parte di queste femmine sono più meretrici di Louise Veronica Ciccone, detta “in arte” Madonna.

Sì, guardate, sono insopportabili. Vai da una e le dici che è una bella guagliona, che è onestamente molto figa e bona e lei prima incassa il complimento, poi puntuale come un orologio svizzero ti sciorina la solita stronzata, ovvero:

grazie del complimento ma sai, ecco, vorrei essere apprezzata per la mia cultura e il mio cervello.

 

Mah, come già scrissi, come farò mai a conoscere la sua cultura e il suo cervello se nemmeno mi permette di bere con lei qualcosa di liscio e gassato?

Sì, di mestiere non sono un radiologo, dunque non dispongo degli strumenti per la Tomografia Assiale Computerizzata, detta comunemente TAC, nemmeno dell’ago per calcolare le variazioni di frequenza dell’elettroencefalogramma di questa qua.

Per me costei è solo toccata, nel senso che è matta, sì, sarà una schizofrenica che odia ogni contatto fisico, eppure col mio tocco la curerei da ogni sbalzo anomalo del cuore.

Stabilizzandole l’umore. Lei, facendo la superiore o forse la suora superiora, mi dirà che ho la testa piccola.

Dunque, le canterò la hit d’Ivano Fossati:

È un rock bambino 

Soltanto un po’ latino 

Una musica che è speranza

 Una musica che è pazienza

È come un treno che è passato 

Con un carico di frutti 

Eravamo alla stazione, sì, ma dormivamo tutti

 

Sì, la devono finire queste donne di voler essere apprezzate solo per il loro cervello quando in verità vi dico che sono rimaste solamente delle coglioncelle.

E codesta mentecatta, da me citata, forse anche eccitata ma non lo vuole ammettere e dunque non permise che potessi metterglielo, è una falsa, è come la Monaca di Monza. Sì, prima sostiene di non essere una donna da Motor Show, sì, una di queste zoccolone bombastiche con le tettone e le coscione che attirano, eccome se tirano, tutti i fanatici delle macchine e del motorino, del trivellatore martellino pneumatico, poi fa la gran signora della minchia.

Sì, prima indossa il burqa ma dopo 5 min. inserisce su Instagram la foto di lei in topless a Riccione.

Gli uomini sono pure peggio.

Molti di essi sono machiavellici. Sì, per loro la figa, no, il fine giustifica i mezzi.

Vale a dire che giammai doverosamente studiarono ma, leccando di qua e di là, a Bologna dicono… andando avanti a “cucci e spintoni”, ora si son sistemati da panzoni.

Sì, da adolescenti copiarono i compiti da ogni secchione. Tanto l’importante era avere il pezzo di carta per dettare legge da tromboni. Sì, prima non sapevano scrivere nemmeno sotto dettatura, adesso si son dati alla dittatura.

Per loro, per tali impostori è importante solo quella…

Ovvio, si capisce. Loro ricattano dietro le lauree ogni Laura, ragazza un po’ arretrata, rimasta un po’ indietro ma che comunque ha un gran didietro. Dunque, le fanno da educatori e la imboccano…

Sì, il novanta per cento della gente è nel cervello bacata. Molti disagiati invece solo nelle braccia bucati. Sì, la loro testa va bene, è l’uccello che non funziona. Allora si danno alle sostanze artificiali poiché, detta come va detta, cioè in buona sostanza, vivono orgasmi da Il cielo in una stanza.

Mentre io ringiovanisco a ogni ora, seguendo la filosofia di Benjamin Button, vedo molte persone che si sbottonano soltanto arruffianandosi il padrone. Poiché, senza fare i crumiri, non si può mangiarsele in un sol boccone. Sì, son furbi, sanno che non bisogna farla fuori dal vaso, perciò non si slacciano mai i pantaloni se non con la segretaria dei miei bracaloni.

Sono come il dottor Balanzone. Uno che si spacciò per dottore ma in verità vi dico che anziché fare il sapientone coi destini altrui, eh già, l’avrei visto bene in Piazza Maggiore, qui a Bologna, nella notte di San Silvestro.

Già, a Bologna, alla mezzanotte della vigilia dell’ultimo dell’anno, dunque già a Capodanno, ah ah, minuto più minuto meno, bruciano il cosiddetto vecchione. Un fantoccio di cartapesta gigantesco per ardere ogni frustrazione dell’anno oramai andato a puttane.

Sì, una volta invitarono pure Roberto Vecchioni che si esibì con le sue canzoni.

Tutta la folla di rincoglioniti cantò a squarciagola Samarcanda.

Mah, io l’ho sempre detto che è meglio Piazza San Marco di Venezia. Almeno lì c’è il leone, mica questi poveri bambagioni.

Ebbene, si sa, è arcinoto che io innanzitutto sia un tipo arcigno, spesso orgoglioso ma so rivedere le mie posizioni all’apparenza così inflessibili.

A differenza di molti di voi che si barcamenano e si barricano frettolosamente nel pregiudizio e stigmatizzano il prossimo soltanto sulla base di personali, solipsistiche congetture, io mangio un altro po’ di confettura, leccandomi i baffi poiché so che nessuno può darmi la fregatura, al massimo Titti la canarina vuole sfregarmi l’ocarina.

Sì, posso dichiararmi coerentemente un critico di Cinema in quanto, prima di tutto, io sono il critico più intransigente e severo con me stesso. Sì, sono al di là pure di ogni sesso, io sono asessuato in quanto lento come una lumaca.

Come no? Avete mai visto l’organo genitale di una lumaca, miei lumaconi?

Ma che volete vedere? Io invece vi vedrei benissimo, piuttosto che con le tartarughe dei vostri addominali da palestrati senza nulla in testa, onestamente fuori dalla finestra.

Ma quali feste! Smettetela! State sempre a ballare ma non conoscerete mai il ritmo musicale del vero uomo tropicale, l’uomo che non ha bisogno di scaldarsi poiché sa cucinare anche a tardo inverno delle rosolate patate bollenti senza bisogno di fare alcuna dieta speciale come queste donne anoressiche. Le quali, ossessionate dalla forma fisica, manco mangiano l’insalata.

Sì, a forza di non mangiare niente, pesano trenta chili. Non le vogliono neppure gli uomini con gli uccelli di 3 cm.

Laddove ravviso nella trama della mia vita degli errori di montaggio, appena adocchio qualche ignorante blogger, no, impresentabile blooper, riguardo la scena minuziosamente, apportando tagli e correzioni, limandone dettagliatamente l’intaglio.

Interpello l’editor di questo mio errore evidente, cioè me stesso, sistemando la pacchianata che salta all’occhio e assieme, dopo lunghe, profonde, ponderate riflessioni su come agire per apportare delle migliorie, concordiamo che la scena va rifatta daccapo. E non basta usare il tasto “split” per ricucire i tagli oramai non più raffazzonabili d’una vita che sta prendendo una brutta piega.

Donna, con me non allargarti. Chi ti ha dato tutta questa confidenza? Comunque, se vuoi che te l’alla(r)ghi, dammela, no, dimmelo, sì, confidami tutto a un orecchio. Non sono un ricchione.

Ora, mi spiego meglio. Che c’entra Facebook? Datemi tempo, non mettetemi fretta, mai più affettatemi coi vostri giudizi impietosamente lapidari e troppo drastici, radicali e irremovibilmente ottusi.

Sì, basta con lo starmi addosso col fiato sul collo. Sinceramente, è un momento della mia vita in cui bramo soltanto una donna, da me agognata, fortemente desiderata, segretamente sospirata, onanisticamente fantasticata nella vertigine delle sue cosce colossali, nel quale anelo solamente (a)i miei baci sul suo culo.

Non so se lei sia vergine ma vorrei spremerle sopra il mio olio d’oliva. Anche nella sua vagina penetrarla con spinte sopraffine.

Sì, in passato fui troppo schietto con le donne e da costoro lo ricevetti in quel posto con tanto di supposta da me usata per curarmi il mal di fegato amaro, avendo ricevuto rifiuti piuttosto tosti.

Sì, quando si dice… ah, tu hai fiuto, sì, peccato che lei non abbia voluto il tuo tartufo.

Ora, ve ne racconto una…

Una, sì, perfino davvero mi amò e desiderò che io e lei desinassimo assieme. Ma io mi comportai da asino e questa mula fu solo francobollata da un impiegato che lavorava alle poste.

Sì, a lei m’approcciai in maniera troppo sfacciatamente esuberante e sincera e, in quella sua calda sera per me invece gelida, mi servì una freddura, lasciando che un pretendente suo, più tiepidamente a lei corteggiatore, la invitasse a cena, arrivando poi alla frutta e al dolce d’una notte ingorda con tanto di crema e pene di spagnola.

Sì, la mia franchezza spesso mi fotte, sono troppo romantico come il Cinema di Andrzej Żuławski. Ah, sogno L’amore balordo in quanto uomo polacco che non pagherà però mai una polacca anche perché, diciamocela, se davi baci alla francese Sophie Marceau, cazzo, non avevi bisogno di andare con una dell’est o con un’asiatica.

– Ciao, Francesca, sei molto bella. Stasera pensavo che potresti accendermi la candela. Evviva la cannamela! Vai, Carmela!

 

Ricevetti una pacca sulla spalla ma soprattutto un calcio nelle palle.

Ora, gli adulti pontificano e se la tirano da Vittorino Andreoli quando in verità vi dico che sono più ipocriti di Giulio Andreotti.

Sì, passano le giornate ad esecrare i social, dicendo a destra e a manca che, anziché creare maggiore fratellanza, questi strumenti di comunicazione senza semantica hanno generato soltanto profili di merda/e dietro una finta maschera.

Un po’ è vero. Pullulano infatti i fake, coloro che non avendo le palle di dirti le cose a viso aperto, eh già, stanno acquattati nella trincea delle finte identità per bombardarti d’offese dietro una tastiera vigliacca.

In verità vi dico che tali vili, spregevoli soldati di lor sventura non valgono un cazzo. Battono solo la fiacca della meschina viltà bastarda.

Secondo me, questi se la fanno sotto pure con le puttane dei viali, dette bastarde. Sì, son talmente cacasotto che pure quella poveretta prendono per il culo. Sì, basta che aggiungano 30 Euro e possono farle la “sevizia” completa.

Eppure, Facebook servì a me per capire che ero indubbiamente pazzo.

Soltanto venendo a contatto, infatti, con la moltitudine di pazzi che impazzano, appunto, su Facebook, compresi di essere il più sano.

Dunque, prima di questo momento, debbo esservi sincero. Oggettivamente ero fuori come un cavallo. Però non da quello dei pantaloni. Sì, solo un pazzo lontano dalla realtà non poteva capire di essere meglio di questi pagliacci senza dignità.

E dire che m’ero fatto davvero un’idea strana di chi fosse realmente questa gente che mi trattava a pesci e torte in faccia. Appunto.

Gente che già prima dell’avvento di Facebook, eh sì, si celava dietro la giacca e la cravatta di profili all’apparenza inappuntabili. Poi, con l’arrivo di Facebook, queste persone aggiunsero al loro abito che non fa il monaco, eh sì, citazioni letterarie a mo’ di didascalie sotto ogni loro foto con sorrisi a trentadue denti. Estrapolando testi di libri che manco lessero. Neppure a letto!

Dubito perfino che abbiano loro stessi capito il senso dell’estratto affisso sotto ogni loro immagine ove s’atteggiano ad attori di Hollywood.

Sì, frasi usate a sproposito, utilizzate quando fa comodo per giustificare ogni loro borbottio esistenziale da paraculi.

L’italiano medio, eh sì, poi è un qualunquista. Durante tutta la settimana lavorativa, piange miseria, scrivendo post in cui, pur di elemosinare un po’ di solidale compassione, in forma diaristica, con tanto di emoticon umorali, ci propina e illustra pateticamente ogni sua giornaliera emozione più scontata e cretina.

Ci aggiorna perfino sui nuovi sovrapprezzi dei prodotti della Conad. Veramente, non se ne può più. Una cantilena ripetitiva di lagne, di urla vergate nella stilografica di maiuscole incazzature sbandierate ai quattro venti. Così, a mo’ di vanto, vomitano a raffica puttanate a vanvera.

Ci sono poi donnacce con le poppe che, dopo due mi piace, pensarono di essere delle dive e ora passano tutto il tempo libero a farsi selfie in bagno, mostrandosi semi-ignude. Sì, come dice il detto, andate da una, datele un dito e si prenderà tutti gli uccelli. Non era questo il detto? Ah no?

Sì, è una realtà davvero spettrale e animalesca quella che sta là in mezzo alle strade…

Ove gli uomini pensano solo a farsi belli per infilarlo dentro e le donne penano e tutta la pelano pur di prendere ancora più inculate nel far pen’ poiché, dopo anni di lotte femministiche, hanno come sempre ceduto al maschilismo che le vuole soltanto come oggetti sessuali. Ma, in mezzo a questa baraonda, a questo mercato rionale di fruttivendoli, di pennivendoli e di pescatrici con lisce e vellutate pesche, v’è anche tanta gente che non avrei mai immaginato che esistesse e che fosse come me.

Cioè due persone su miliardi di abitanti del pianeta Terra. Ah ah.

Sì, grazie a Facebook, ho instaurato amicizie e rapporti sentimentali davvero insospettabili. Con persone degne di nota e anche con donne degne delle mie notti che sono più belle dei vostri giorni.

Sì, ovvero ho trovato un amico e una donna. L’uomo dice che però è la mia donna e la mia donna dice che non è amica mia.

Mah. Finisco con questa perla, con questa super chicca:

– Ciao Sara. Allora, siamo amici da molto tempo ma solo virtualmente. Che ne diresti se io scendessi a Roma per incontrarci dal vivo in maniera molto viva e intima, forse tinta?

– Stefano, non credo nelle conoscenze tramite Facebook.

– Capisco.

Poi, lo sai, sono fidanzata.

– Sì, ma toglimi una curiosità. Il tuo ragazzo come l’hai conosciuto?

– Tramite Instagram.

 

Ho detto tutto.

Ricordate: Dante è il più grande, Matt Dillon è un ottimo attore, tu invece, se continui così, finirai spurgato.

Fidati: sei solo un ignorante che si diplomò al liceo classico ma, grazie a Internet, ho scoperto che, dopo il diploma, inseristi un pezzo davvero notevole dentro le calze a rete, no, solo in rete, intitolato Ho due diti medi.

Ecco, diti si può anche scrivere ma soltanto nel caso che costui avesse voluto riferirsi al singolo, singolare mio dito medio alzatogli dinanzi alle sue bugie immeritate in merito alla mia persona.

Sì, un demente del genere va sfanculato. A un babbeo del genere io non avrei dato nemmeno la licenza elementare.

Sì, è un uomo mediocre come Alberto Sordi de Il tassinaro e mi considera un fenomeno paranormale incontrollabile.

Va in giro a dire che io sia pazzo poiché non concepisce una persona, ovvero il sottoscritto, che anziché essere come lui, cioè un cafonaccio, riesca ad amare pure Franco Califano.

Mi reputa un coglione antiquato che non fa da mattina a sera un cazzo.

Sì, ho scritto cinquemila libri ma costui pensa che lavorare sia solo venire salariati da chi ti sfrutta.

Mi tratta da salame poiché lui paga a metà le tasse!

Di mio, continuo a leggere anche Torquato Tasso.

Anzi, sapete che farò? A questo burino toglierò pure la licenza del tassì.

Se non capirà come si sta al mondo, lo darò in pasto ad Harvey Keitel di Taxi Driver.

Da dentro la casa chiusa urlerà che io sono un porco e un puttaniere.

Al che, busserò di toc toc alla sua porta, presentandogli la mia faccia da culo, sussurrandogli dolcemente:

– Ok, salutam’ a mammat’. Sono venuto a farti visita. Ti ho portato della marmellata.

Ciao.

 

Sì, so che costui mi vuole vedere morto.

Invece, mi sa che dal Festival di Venezia gli manderò un regalino. La foto del mio Moro assieme a tre more.

Ah, allora non è mai contento. Gli donerò, per tenerlo buono, una Morositas. Sì, una bagascia negrona come lui.

A posto?

 

di Stefano Falotico

JOKER Origins: al festival di Venezia vedrò davvero e dal vivo Joaquin Phoenix e De Niro – La mia vita ha rivisto la luce dopo il tunnel di un viaggio al termine della notte


15 Aug

Joker poster

Tutti quelli di cui avete sentito parlare, ogni essere umano mai esistito… ha vissuto la sua vita su un granello di polvere sospeso in un raggio di Sole. E vostro figlio ha cavalcato quel raggio… e voi due gli avete dato una vita che gli ha permesso di vivere quel sogno.

(Sean Penn, The First)

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti, purtroppo o per fortuna, è terribilmente vero

Ora, la situazione si fa merdosa.

Vi spiego bene, con molta calma. Datemi tempo. È quello che vi chiesi anni fa quando invece, standomi col fiato sul collo, mi faceste impazzire.

Dispongo già dell’accredito stampa per la 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ove, come sappiamo, uno dei titoli di punta, sarà Joker di Todd Phillips.

Invero, ancora non ce l’ho. Ho pagato 60 Euro a Banca Sella, attenendomi alle oculate prescrizioni comunicatemi dalla direttrice dell’ufficio stampa, appunto, della Biennale.

Sì, chiariamoci. A meno che voi non siate uno del New York Times, vale a dire il critico pagato a peso d’oro più del cachet miliardario ricevuto da Phoenix e De Niro per essere rispettivamente il protagonista e il suo antagonista nella succitata pellicola su Joker, non potete permettervi di avere l’accredito gratis.

Sempre 60 Euro dovete e sino alla fine dei vostri giorni dovrete sborsare. Comunque, è un bel risparmio.

Anzi, pure di più. Il prezzo della benzina aumenta a ogni ora, ci vorrebbe Adriano Celentano di Svalutation per non farci credere che esista l’inflazione. Come dice Totò a Peppino ne La malafemmina… ah ah.

60 Euro comunque non sono, a ben pen(s)arci, una gran cifra, infatti senza… sarebbero circa 500 Euro, bonus permettendo.

Col mio accredito potrò, innanzitutto, sedere a fianco di critici di spicco ma soprattutto loro avranno l’opportunità di avere accanto a essi un uomo che forse non è un uomo. Sì, sono un essere anomalo, la peculiarità esistenziale fa parte della mia natura tanto fascinosamente abissale, in virtù del mio carisma a pelle bestiale, quanto rompiballe in modo insostenibile.

Mi hanno detto di salvare la ricevuta fiscale allegatami in mail, di stamparne il PDF e di presentarmi al Palazzo del Casinò con in mano tutta la documentazione.

Ora, sorge però più che un casino, ecco, un Casinò. Si potrebbe ovviare a questa sfumatura non da poco se io fossi l’incarnazione del capolavoro di Martin Scorsese del 1995, appunto, con De Niro, Sharon Stone e Joe Pesci.

Non è da una o accentata o no che la sostanza cambia. Casino in originale, Casinò in italiano, rimane pur sempre un tragedia di persone che, incasinatesi a vicenda, fanno scoppiare le loro vite che perdono tutto più di un incosciente alla John Malkovich di Rounders. Il quale, sopravvalutando le sue mosse, ritenendosi imbattibile, provetto gambler, ah che poveretto, scommette tutto al tavolo da gioco, convintissimo di avere in mano la carta vincente, ma scopre che il suo avversario ha la stessa mente di Will Hunting – genio ribelle.

Piovono soldi… sì, bisogna vedere da che parte, caro Teddy KGB.

Da circa vent’anni, forse di più, invero esattamente dall’anno successivo a quello in cui crollarono le Torri Gemelle (sì, le Twin Towers precipitarono l’11 Settembre, a festival già finito del 2001), l’intera zona attorno alla Mostra del Cinema, durante il periodo festivaliero, viene perimetrata neanche se fossimo in 1997: Fuga da New York.

Dunque, per poter accedere al Casinò, essendo quest’ultimo ubicato nella zona nevralgica e protetta da eventuali attacchi terroristici, prima bisogna consegnare la carta d’identità agli uffici della detectionreception.

Perciò, come farò a dimostrare, una volta che sarò dinanzi alla bigliettaia della baracchina della biglietteria del Casinò, che sono Stefano Falotico se, come dettovi, avrò appena lasciato in deposito le mie generalità al di fuori del “ghetto?”.

Sì, la Mostra è piena di gente che si dichiara appassionata di Cinema. Ma di che?

Alcuni hanno delle facce da criminali mai visti. Sì, vanno al festival solo per imbucarsi a qualche festino. Fra giri di prostitute e droga a tutt’andare. Sì, ne ho visto cose che voi non umani non potreste immaginare.

Critici che criticano solo i film dei sogni che s’erano fatti prima di diventare critici o pseudo tali.

Sì, il critico odierno, soventemente affiliato a giornali il cui caporedattore è ammanicato col produttore del film da recensire, sono dei falsi, dei corrotti e dunque, ça va sans dire, dei falsari della Settima Arte.

Scrivono che il film è bello soltanto perché altrimenti la loro vita non sarebbe più tanto bella. Eh certo, sennò li licenziano.

Ah, ne ho viste, vidi e spero di vederne tante… critici cinematografici che obiettarono sulle cosce della passerona Gwyneth Paltrow in passerella, sputtanandosi poi nei bagni dei parties con “reginette” decisamente meno belle di questa principessina sul pisello.

Sì, a Venezia v’è un giro di mignottelle e troioni pazzeschi. Indossano la maschera degli uomini irreprensibili e moralmente retti. Camminano tutti ritti. Tant’è vero che la prima mondiale di Eyes Wide Shut si tenne, appunto, a Venezia. E quest’anno riproporranno il capolavoro postumo di Kubrick…

Ho detto tutto.

Fatto sta che riuscirò a ficcarmi… per ottenere il pass.

Sì, per me, a dire il vero, questo problema non sussiste. Oramai mi conoscono tutti. Sono un personaggio sulla bocca di chiunque. Come si suol dire, un attore che non abbisogna di presentazioni.

Già, immagino la scena:

– Buongiorno. Guardi, dovrei ritirare la tessera, munita perfino di mia foto profilo, già precedentemente inviatavi nell’apposito formulario, da me pagata un mese fa. Son stato però costretto a lasciare i documenti fuori dalla Mostra.

– Ah, ma lei è il Joker Marino, alias Stefano Falotico.

– Sì, è vero. Come fa a conoscermi?

– Suvvia, bambagione. Lei è riconoscibilissimo anche a un miglio di distanza. La sua faccia da culo la conosce mezzo mondo.

Pigli questa tessera e buon Festival. Ah no, scusi solo un secondo. Lei, stasera, dopo aver visto il film, sarebbe disponibile per giocare un po’ con me? Lei è proprio un pagliaccio, sa? Poi, starmene chiusa qua dentro tutto il giorno con tutto questo caldo, vede, a notte tarda mi rende una monella.

Insomma, fra clown tristi la vita è più felice. Sì, io e lei, anzi tu, ti do del tu e poi te la darò tutta, siamo carcerati psicologicamente. Siamo un po’ come Steve McQueen e Dustin Hoffman di Papillon. Qui a Venezia c’è il mare, stasera che ne dici?

Andremo al ristorante, ordineremo delle vongole, faremo un giro in gondola, poi in albergo tu mi sfilerai la gonna e, tuffandoci nei sensi più profondi, prenderemo il largo a prua e a poppa.

Il mattino dopo, mi servirai la colazione con tanto di cornetto alla crema.

– Sì, ok cornuta. Ciao. Fottiti. Al massimo, posso invitarti a prendere assieme un caffè senza zucchero. Ci stai? Offro io, non ti preoccupare.

 

Invero, questa qua non era male. Però il mio albergo prenotato a Venezia è impresentabile. Non posso portare una bella donna in un tugurio fatiscente e diroccato. Perderei tutto il mio fascino alla Tom Cruise.

Sì, torniamo alla questione iniziale. Detta come va detta, non trovo un buco mango a pagarla, no, pagarlo.

Tutti gli alberghi del Lido, anche quelli più scalcagnati, sono già tutti occupatissimi.

Detto ciò, la tessera mi darà l’esclusivo diritto di poter vedere tutti, dico tutti, i film in Concorso e Fuori Concorso, quelli delle sezioni collaterali, i classici delle retrospettive e anche quelli senza una cinematografica prospettiva.

Sì, fra tanti film belli selezionati, ci saranno come al solito anche delle stronzate micidiali senza capo né coda, senza poetica e senza neppure una bella figa che valga, come si dice in gergo goliardico, il prezzo del biglietto. Insomma, i cosiddetti film improponibili. Oggettivamente da voltastomaco, messi lì per riempire gli spazi vacanti.

Sì, è praticamente impossibile assistere a un Festival qualitativamente omogeneo e perfetto. Ogni anno, su dieci film di grande livello, ce ne sono trenta che, se fossi stato il regista, non avrei mai mostrato, appunto, nemmeno a mia moglie.

Ora, Todd Phillips è sposato?

Ecco, credo che sua moglie abbia già visto, assieme a quelli della Warner Bros, il Joker.

Dunque, probabilmente la pratica di divorzio fra Phillips e la consorte è già in atto. Ah ah. Come no?

Se invece così non fosse…

Sala Grande, prima internazionale di Joker.

In verità vi dico che al pubblico sarà presentato il 31 ma la stampa lo vedrà il 30.

Finisce comunque la proiezione.

La follia, no, la folla è in visibilio, Phoenix è paonazzo dalla commozione, il neo di De Niro, da nero che è, diventa rosso per via del flash dei fotografi. Il pubblico sovreccitato si scalmana, una ragazza, fanatica di Phoenix gli urla: la tua interpretazione in Quando l’amore brucia l’anima è niente in confronto al mio calore per te, sto bruciando!

La gente applaude, insomma un’ovazione. Con tanto, appunto, di esaltati che, in barba a ogni pudore, hanno in diretta delle incontinenti eiaculazioni e donne ninfomani iper-appassionate di Joaquin in stato fermentante di febbricitante ovulazione.

Insomma, un delirio collettivo!

La moglie di Phillips però è sconvolta e, fra sé e sé, pensa… cazzo, è il film di mio marito.

Io pensavo che fosse un brav’uomo e invece ha realizzato la pellicola su un matto ma forse la pazza son stata io a sposarlo. Oppure siamo tutti impazziti.

In verità vi dico che dubito riguardo il fatto che De Niro possa presentarsi al Lido.

Innanzitutto, il suo ruolo è minore. Poi, per quanto io ne sia fan sfegatato, De Niro è uno stronzo.

Io e tutti gli altri stemmo ad aspettarlo dietro le transenne per Shark Tale.

Lui passò e non cagò nessuno.

In tanti anni di Festival è l’unico attore che non si è fermato a firmare gli autografi.

È il mio attore preferito. Sono uguale a lui.

Ho varie ammiratrici che mi scrivono su Facebook, sinceramente vogliono scoparmi.

Al che, mi decido a incontrarle dal vivo. Loro, alla mia vista, rimangono estasiate.

Io dinanzi a loro, manco per il cazzo.

E sparisco di nuovo nella notte come Travis Bickle di Taxi Driver.

Detto ciò, caro Travis, Cybill Shepherd ci rimase di merda.

La lasciasti in mezzo alla strada come una puttana qualsiasi.

E dire che, poco prima, combinasti un macello per rendere questo mondo più pulito.

Ma poi a che sarebbe servito? Jodie Foster, una volta salva(ta) dal pappone, comunque rimase fottuta. Perciò, per non farsi pappare dagli uomini lupo, non riuscendo a superare il suo trauma, studiò psicologia con il master in criminologia.

Da cui la sua Clarice Starling de Il silenzio degli innocenti.

Be’, che vi debbo dire? O meglio che volete che vi dica?

D’adolescente, mi opacizzai nella notte più fosca. Smarrendomi come lo straniero Travis nei dedali della mia solitudine nera.

Mi consolai dallo stress nell’orgasmizzarmi. Sì, calato ogni sole, mi resi solare, registrando tutte le più grandi fighe che passavano, a luci rosse, via cavo.

E ora vi racconto questa…

Nel 2003, nonostante già fossi più colto di ventimila laureati a Oxford, m’iscrissi a una scuola di recupero.

Lì conobbi un certo Enrico col quale ci recammo a Chieti. Per diplomarci privatamente.

Nei giorni antecedenti il nostro viaggio, Enrico, nonostante io a quei tempi avessi già incontrato Roberta di Trieste, notando che ero molto triste, a inoltrata sera suonò a sorpresa a casa mia.

Svegliando i miei genitori.

– Ehi, che ci fai a quest’ora?

– Stefano, facciamoci un giro. Sono in palla.

– Ma è tardissimo.

– Appunto. La notte è lunga e io voglio renderla calda.

 

Indossai il giubbotto, afferrai le chiavi di casa, aspettai l’ascensore e, uscito che ebbi dal mio stabile, trovai Enrico nel mio cortile. Piuttosto instabile. Con una faccia arrapatissima:

– Stefano, stanotte ho voglia di darci!

– Ma tu non sei fidanzato con Micol?  (sì, la sua ragazza si chiamava Micol e non Nicole).

– Sì, ma ho voglia di qualcosa di più. Accompagnami. Anzi, sono talmente in tiro che voglio farti un regalo. Dai, seguirmi, entriamo in macchina.

 

Al che, spedito a tutta velocità, si fermò al Bancomat più vicino e io gli chiesi:

– Dove cazzo vai?

– Vado a ritirare i soldi che m’occorreranno per la donna che sceglierò, girando per istrada. Anzi, ritirerò anche qualche soldo in più poiché desidero che pure tu possa godertela. In poche parole, te la pago io.

 

A quel punto, salutai Enrico e chiamai un taxi.

Non sono mai andato a zoccole in vita mia e giammai vi andrò.

Andare con una donna di malaffare significa dichiararsi più che falotici, no, fallici, eh sì, falliti.

È un’umiliazione mortificante che non potrei sostenere. Cioè, fatemi capire bene. Voi pagate una purché vi renda contenti? E vi rende contenti dietro i contanti?

Io, al massimo, ho cinquemila film pornografici in casa mia. Ma sono un romantico.

Fatto sta che, pochi giorni dopo, salii nuovamente in macchina di Enrico. Che caricò me e due donne, una ragazza più piccola di noi e una signora di una certa età, per recarci nel luogo ove avremmo effettuato l’esame di maturità.

Anzi, ora che ricordo bene, in macchina con noi c’era anche Armando. Uno che in quel periodo cantava sempre ad alta voce il ritornello Anvedi come balla Nando di Teo Mammuccari, tormentone del 2004.

Enrico, come avrete capito bene, aveva quel vizietto lì. La sera prima degli orali, ecco, s’ubriacò e ancora con una puttana, segretamente, andò.

Gli telefonò la sua ragazza per sincerarsi se stesse bene e se fosse pronto per l’interrogazione del giorno dopo.

Al che, Enrico il telefono mi passò:

– Stefano, sono Micol. Enrico è impazzito? Che fa? Si sbronza la sera prima dell’esame?

– Sì, in effetti è un po’ brillo. Ma ora lo mettiamo a dormire.

– Stefano, tu sei molto sincero. Dimmi la verità. Enrico s’è solo ubriacato?

– Sì, certo. Perché?

– Ora, io credo che mi tradisca. Sai com’è… lontano da me potrebbe… ora, mi garantisci che ha solo bevuto?

– Vuoi la verità, Micol? La sai già.

 

Partì un urlo immane.

Be’, Enrico e Micol si lasciarono.

Ma non fu per colpa mia. Lei invero era già cosciente che Enrico amava molto incoscientemente le altrui cosce.

 

Ho trovato finalmente la sistemazione. Circa 500 Euro per sole 4 notti.

Ora, per molto tempo la gente pensò che io fossi Tom Hardy di Warrior.

Invece, ha scoperto che sono Joel Edgerton.

Sì, un tipo apparentemente fantozziano che non ha nessuna possibilità di vincere.

E invece, a differenza degli idioti, io faccio funzionare la testa.

Sono colui che ha ribaltato ogni prospettiva.

Dunque, mi spiace per il demente che continua a offendermi su YouTube perché non ci sta.

Che posso dirgli? Andasse a Lourdes.

Sì, davvero. Certe offese puerili sono accettabili se hai 16 anni. Alla mia età, fanno i ridere i polli come lui.

Capito? Questo s’è sparato un trip sulla mia persona mai visto. Se non appunto nella sua mente.

Adesso, vi spiego bene come vi vede lui. Sì, lui capisce tutto, non lo sapevate?

Mi grida che sono pazzo, solo, senza amici e una vita sociale. Che sono un disagiato, un mostro, un repellente abominio, come dice lui… un aborto.

Be’, in effetti un mostro ha bisogno della sua altra metà identica a lui di sola diversa desinenza femminile.

Mi pare dunque ovvio che il mostro vada alla Mostra. O no? Ah ah.

Credo che costui abbia sempre delirato su di me.

Trattasi di ragazzino gravemente disturbato.

Va a dire in giro… ma come fate a dar retta a quel Joker Marino? Ma non lo vedete che si filma sempre da solo? Non ha un cane. È un cretino.

Tale idiota di ciò n’è veramente sicuro?

Bene, se l’è andata a cercare… rendiamolo felice. Diamogli il contentino come si fa con gli scemini.

Dal 2003, costui non sa niente della mia via intima e privata, diciamo personalissima.

Nell’anno appena succitato, uscì il capitolo 1 di Kill Bill. Che costui mi creda o no, non chiedetemi, vi prego, come riuscii ad uscirne, ecco, uscii con una tizia che abitava in un paesino di Bologna.

Che si fa con una ragazza? La si porta a vedere un film.

Durante tutta la proiezione, questa ragazza rimase impressionata.

Non tanto dal film. Questa qui di Cinema non sapeva un cazzo. Rimase scioccata, più che altro, da me che non la cagai. Un altro, al mio posto, anziché concentrarsi su Uma Thurman, avrebbe pensato a qualcosa, diciamo, di più tangibile e corporeo.

Ora, questa qui non era bionda come Uma. Anzi, era mora. Ma non era male. No, no, no. Un bel bocconcino.

Lei, finito che avemmo di vedere il film, mi fissò negli occhi e, accortasi del mio turbamento, mi domandò un po’ allarmata:

– C’è qualcosa che non va, Stefano?

– Un po’ tutto non va. Ma sto bene. Non ti preoccupare.

 

In verità, la scena finale del film m’aveva pietrificato.

Lei m’invitò a casa sua. I suoi erano a letto. Ah, fra l’altro, non era la prima volta che io e questa qui c’eravamo incontrati. Il nostro primo appuntamento era avvenuto… in una zona losca del paese in cui abitava.

Lei mi portò in un pube, no, in pub.

Dopo dieci minuti, seduti al tavolo, uno di fronte all’altro/a, lei mi sospirò:

– Non hai caldo? Fa caldo, cazzo, fa molto caldo.

– Sì, in effetti questo è un pub di provincia. Ma non hanno i soldi per un ventilatore?

 

Lei scoppiò a ridere. Anzi, sogghignò…

In verità, s’era accorta che io non avevo per niente capito a cosa volesse alludere per alluparmi.

Ma uscì con me, come detto, ugualmente la seconda volta. Anzi, credo che le piacesse la mia ingenuità.

Che culo, infatti. Trovarsi di fronte a un ragazzo completamente vergine da ammaestrare a proprio volere.

Ma io avevo la testa da un’altra parte. Volevo vendicarmi, sì, volevo vendicarmi perché, a differenza di quello che questa qui poteva aver creduto, dopo aver visto Kill Bill avevo compreso tutto…

Cosa voglio dire con questo?

Facciamo un passo indietro. Torniamo al Joker.

Secondo voi chi è Arthur Fleck?

Io me l’immagino così. Dev’essere uno oscuratosi nella notte. Anche delle Stelle. Cioè degli Oscar.

Sì, durante l’adolescenza deve aver sofferto di disturbo ossessivo-compulsivo e, prima della serata di premiazione degli Academy Award, cazzo, questo qui si faceva pure il bagno come se dovesse essere lui il premiato con la statuetta.

Amici, quello che vi posso dire è di non assumere mai questi psicofarmaci:

1) Depakin: uno stabilizzatore dell’umore. I suoi effetti collaterali sono devastanti.

2) Risperdal: un neurolettico, adesso sostituito dal più “moderno” Invega. Gli effetti collaterali, se assunto in forti dosi, sono l’alterazione del metabolismo, una forte stipsi, un ingrossamento del fegato e un enorme calo della libido.

3) Fluoxeren: antidepressivo e antipsicotico terribile. Può provocare addirittura shock anafilattico, vomito, nausea e profonda sonnolenza.

Ragazzi, non assumeteli mai, per nessuna ragione al mondo. In ciò, ha ragione Eros Ramazzotti di Parla con me:

non si uccide un dolore, anestetizzando il cuore…

Ora, in caso di violenta sofferenza psicologica, i farmaci e i tranquillanti bloccano il dolore. Sì, ma fermano anche il piacere.

La persona può allora ammalarsi di catatonia, eccessiva rigidezza muscolare, fissità esagerata dello sguardo, oppure sconfinata apatia.

Mettiamo anche che si ammali in un’età troppo giovane in cui non possa autodeterminarsi e, intorno a sé, gli ruotino solo adulti superficiali e ragazzi indifferenti che preferirono appioppargli un’etichetta. Non volendo mai appurare…

Ma che appuraste? Più puro di Fleck non ce n’è!

Era ovvio che Arthur Fleck, una volta marchiato e stigmatizzato, sarebbe andato incontro, poi ripresosi, all’incomprensione degli ottusi.

Che, anziché stringergli la mano nel momento del bisogno, lo incriminarono persino per il semplice fatto di avergli rotto il cazzo.

Ecco, con questa ragazza non andò proprio benissimo. Con Roberta, sì. Anche troppo.

– Stefano, toglimi una curiosità. Tu e Roberta come vi siete conosciuti?

– Attraverso una chat.

– No, fammi capire bene. Questa qua è scesa da Trieste a Bologna per conoscere te? E tu chi sei Superman?

IO SONO IO.

 

Morale della favola: il mio calunniatore è rimasto molto, molto indietro. Quando mi scrive cose come… esci dal guscio…

Ah, il famosissimo guscio dello struzzo o del suo fare lo stronzo?

Comunque, l’assolvo. Lo compatisco. Trattasi di persona, oltre che a dismisura inconsapevole, gravemente sospettosa e diffidente.

Dovrebbe aggiornarsi. Invero, vergognarsi. Sì, a volte mi sembra un ignorante come Totò della famosa scena della lettera de… La malafemmina.

Dice a me che devo studiare e prendermi la LAURA…

Costui, il quale parla tanto di vita sociale, non è che sia un venditore del suo culo?

No, per chiedere, eh. Sembra, a sentirlo parlare, un maniaco sessuale. Non è che domani lo vedrò fra i protagonisti negativi della seconda stagione di Mindhunter?

Sì, questo qui non è mai sicuro che io dica la verità. Mi scrive sempre:

– Dov’è che sono queste donne? Fammi vedere.

 

Cioè, vuole che gli realizzi un porno. Più maniaco di questo guitto d’avanspettacolo, manco Charles Manson.

 

Finale: sì, ma Joker chi è?

Certamente, non io. Come ha detto il canale YouTube L’IMPERO DEL CINEMA, che qui ancora ringrazio infinitamente, Joker è un archetipo che noi tutti amiamo.

Simbolizza tutta la bontà più pura nella sua forma più splendidamente angelica ma allo stesso tempo è l’incarnazione di Satana.

Sì, ma perché lo amiamo?

Ora, il film di Todd Phillips, stando alle premesse e alla trama fornitaci, guardando il suo teaser, è impostato su un canovaccio scritto da Scott Silver, a prima vista, perfino piuttosto canonico da Bignami della psicopatologia.

Arthur Fleck, a quanto pare, è affetto da complesso di Edipo. Vorrebbe la sua vita ma, a livello inconscio, un po’ come fa Jason Miller de L’esorcista, non riesce mai davvero a staccarsi dal cosiddetto, a livello metaforico, cordone ombelicale. Per di più che sua madre è adesso malata e necessita con la vecchiaia di assistenza.

Forse, in un certo qual modo, è simile proprio a Travis Bickle. È uno “schizofrenico” esistenzialista.

Molti della mia generazione vissero parecchi stati di coscienza definiti vuoti a perdere. La generazione a cui io appartengo veniva infatti definita, oltre che generation x, quella del vuoto…

Ma poi siamo sicuri che questi ragazzi sognassero davvero di essere Re per una notte?

O questo invece fu il sogno dei loro genitori? I quali, non riuscendo a concretizzare le loro ambizioni, scaricarono le loro frustrazioni, idealizzando distortamente la vita futura dei figli? Pianificandone le scelte?

Sì, perché se Joker avesse voluto diventare un personaggio dello spettacolo, se ne sarebbe fregato della batosta ricevuta da De Niro. E avrebbe insistito come se nulla fosse stato.

Per quanto possa apparire, appunto, folle e insensato, grottesco e assurdo agli occhi della gente “normale”, Joker non vuole mettere su famiglia, non vuole nascondersi dietro la maschera della dignità sociale volgarmente intesa. Cioè non crede che il valore di una persona dipenda dal valore stesso che gli altri possano più o meno attribuirgli in misura del suo reddito e dei suoi trionfi.

Una tipica, retrograda, sbrigativa frase che viene rivolta ai “malati di mente” è la seguente: me non mi freghi, coglione. A cui vuoi darla a bere? Vedi di rimboccarti le maniche come tutti e ora ti becchi un sacrosanto calcio in culo.

Oppure: non fare il furbo.

Che poi è sostanzialmente la stessa cosa.

Quando invece stetti assieme a un’altra ragazza, mi ricordo di questo mio rapporto assai strano.

In quel periodo ero davvero un saltimbanco un po’ patetico. Come Sean Penn di This Must Be the Place. Un film a mio avviso concettualmente sbagliato nell’ultima mezz’ora.

Innanzitutto, caro Paolo Sorrentino, la vendetta non serve. Non si vendica un padre con la legge del Taglione. Il nazista ha già condannato la sua anima al demonio. Cioè è già morto.

Poi, Sean Penn/Cheyenne, ottenuta la catarsi vendicativa, torna da sua madre. Sua madre è pazza. Sean si presenta a lei con un taglio di capelli da perfetto uomo normalizzato.

Ah, che brutta caduta di stile, Paolo.

Cioè, fammi capire bene. Cheyenne ha rinunciato alla sua unicità, al suo magico candore per essere uno stronzo come tutti?

No, non ci siamo.

Peraltro, Sean Penn è uno degli uomini più affascinanti, misteriosi ed enigmatici di sempre, secondo me.

Cioè, fatemi capire bene. Questo qui ha un fisico da palestrato, è stato con Madonna, con Charlize Theron e chi più fighe ha più ne metta, ed è però amico di Terrence Malick, ha vinto l’Oscar per Milk e Mystic River, ha girato un film con Woody Allen?

Uhm, c’è qualcosa che non va.

Sì, Sean Penn non è l’omaccione che lui stesso, forse, vorrebbe far credere di essere.

The First è stata una serie televisiva piuttosto mediocre. Ma appartengono proprio a Sean Penn/Tom Hagerty le parole forse più belle di quest’anno di Cinema e tv.

Quando, dinanzi ai genitori distrutti per la tragedia occorsa al figlio, il quale doveva essere uno dei primi uomini a mettere piede su Marte, Sean Penn, con infinita saggezza, li consola, dicendo loro quella che è la verità.

Ecco amici e, come dico io, (a)nemici, s’è fatto tardi. Spero di aver detto delle cose sui cui io stesso possa riflettere.

Mi aspettano 5 giorni di Festival in compagnia.

Non mi credete?

Perdonatemi solo per l’audio molto basso. Ma ho registrato da WhatsApp. Potete scusarmi?

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di Stefano Falotico

TOO OLD TO DIE YOUNG: ne vogliamo parlare della recensione apparsa su Rolling Stone della serie di Nicolas Winding Refn? E del JOKER?


10 Aug

joker

Guardate, ogni altra parola sarebbe superflua, oserei dire pleonastica.

Colui che ha scritto tale recensione, secondo me, vista la figuraccia, non si salverà nemmeno con mille facciali plastiche.

E questo è pus underground da Nanni Moretti di Caro diario!

Copiamo-incolliamo qui tale recensione assurda in maniera integrale, senza dunque apportare editing alle virgole di cui questo recensore abusa più del minutaggio lunghissimo della suddetta serie di Refn, senza correggergli alcun errore di battitura.

Una recensione cult, più che altro scritta col culo, contro la quale anche il mitico Pino Farinotti di C’era una volta il West si deve arrendere.

Sì, dinanzi a questo campione dell’esegesi cinematografica, non possono esistere al momento rivali.

Speriamo che la maggior parte delle persone si stia approcciando a Too Old to Die Young, la serie televisiva fottutamente pulp del regista danese per Amazon Prime Video, in quanto fan o qualcosa di simile. O, per lo meno, come spettatori semi-consapevoli della sua filmografia. In bocca al lupo nel caso invece questo sia il vostro debutto nel mondo di Refn – è la peggiore introduzione possibile al suo marchio di fabbrica di noir al neon stilizzato e sotto steroidi, o la “migliore” introduzione nel peggiore dei modi possibili. Buona fortuna a chiunque sia caduto nel suo paesaggio di anti eroi stoici, violenza e ritmo lento e doloroso come la tortura dell’acqua senza una mappa.

Ma torniamo alla domanda iniziale: il vostro film preferito fa parte della trilogia di Pusher, il racconto in tre parti e a tre prospettive, che ha contribuito a lanciare Refn a livello internazionale e ha introdotto il futuro criminale Hannibal Lecter / cattivo di Bond / Mads Mikkelsen nel mondo? Oppure è Bronson, biopic incredibilmente brillante del condannato britannico Charles Bronson che vede Tom Hardy raggiungere i livelli di teatralità del kabuki? Con tutta probabilità è Drive, il riff stellare guidato da Ryan Gosling sugli autisti per la fuga; quasi sicuramente non è il film successivo del duo, Solo Dio perdona (anche se questo thriller ambientato in Thailandia è migliore di quanto la sua reputazione suggerisca). O forse è The Neon Demon, il suo benvenuto all’Inferno, una parabola sulle modelle che si mangiano da sole.

Ok, ora immaginate che il vostro film preferito duri 13 ore. Con la stessa trama però. Potrebbe essere diviso in narrazioni parallele, forse qualche deviazione extra qua e là. Ma lo stesso materiale narrativo di base. Stiracchiato. Su. 13. Ore.

A meno che non ti chiami Ken Burns o David Lynch, forse devi pensare bene se quel tempo, suddiviso in più di 10 puntate con una durata media di un’ora e 15 minuti, sia una necessità o semplicemente un’indulgenza. (Alcuni episodi durano fino a 90 minuti, l’ultimo una mezz’ora, chiamatelo coda). Specialmente se il motivo principale per lavorare a un prodotto serializzato più lungo è: “Sembra che tutti stiano facendo roba in streaming, dovrei farlo anch’io!”. Questa è stata più o meno la scusa che Refn ha accampato a Cannes, dove ha mostrato due episodi centrali, per dare uno sguardo esteso ed esistenziale sia nell’abisso che nel proprio ombelico, dove ci sono poliziotti, truffatori, cartelli e modi creativi di torturare forme di vita basate sul carbonio. Ha anche detto che questa non era tv – un mezzo che definisce “tutto reality show e notizie” – ma un lunghissimo film. Ovvio. Certo, sua maestà. La sensazione di guardare qualcosa di un autore che in qualche modo crede virtualmente di abbassare i propri standard proviene dal tuo schermo.

Cosa dipinge il nostro uomo su questa grande tela? Iniziamo con un poliziotto di nome Martin (Miles Teller), un tipo forte e silenzioso che suggerisce un blocco da sofferenza post-traumatica o una lavagna intenzionalmente vuota. Il suo partner (Lance Gross) ha la capacità di trasformare un controllo del traffico di routine in una situazione alla Cattivo tenente in un batter d’occhio. In ogni caso è sorprendente quando qualcuno si avvicina semplicemente a lui e gli spara una pallottola in testa. La tragedia fa guadagnare a Martin una promozione a detective, ma non la libertà da un gangster locale (Babs Olusanmokun), che lo costringe a ricoprire il ruolo del suo defunto partner come sicario. Né vi impedisce di essere scettici sul fatto che il protagonista frequenti una studentessa delle superiori di 17 anni (Nell Tiger Free).

Seguiamo poi chi ha sparato, Jesus (Augusto Aguilera), a sud del confine. Il poliziotto aveva ucciso sua madre, una famigerata signora della droga. Suo zio (Emiliano Díez) lo accoglie e lo introduce al cartello. Quando c’è uno slittamento di potere, Jesus e la pupilla del vecchio – una giovane di nome Yaritza (Cristina Rodlo) che ha salvato dal deserto e cresciuto come sua figlia, non senza alcune implicazioni spiacevoli – sono sposati. La coppia viene quindi mandata in America, con l’intenzione di proteggere gli interessi dell’organizzazione. Ci sono anche questioni incompiute riguardo a quell’omicidio per vendetta. Ci sono sempre. Ah, abbiamo detto che Yaritza potrebbe essere l’incarnazione di un’antica leggenda folcloristica / pilastro dei tarocchi conosciuta come l’Alta Sacerdotessa della Morte?

Altri personaggi vengono buttati nella mischia, in particolare un ex agente dell’FBI con un occhio solo (John Hawkes di Deadwood) che diventa mentore di Martin e una guaritrice New Age (Jena Malone) che assume l’ex federale per dare la caccia a criminali sessuali particolarmente efferati. Ci sono anche magnati fissati con il rape-porn, pedofili, tossici, casi di molestie da studio del #MeToo, più controfigure di Trump di quante non ne riescano a far entrare in una registrazione di Access Hollywood e, qua e là, solo ordinari stronzi. In altre parole, un sacco di mascolinità tossica – e il punto è questo. La galleria di parassiti della malavita, molestatori seriali di bambini e misogini violenti che Refn e il suo co-creatore, il fumettista fuoriclasse Ed Brubaker, hanno inventato non rappresentano solo il peggio di quella società quanto della Società del 2019, un “chi è chi” quotidiano di degenerati e miserabili. E come per il mondo in cui viviamo, molto di ciò si riduce al male che fanno gli uomini. ‘Bravi ragazzi’ qui è un ossimoro.

Ci vorrà un angelo della morte per ripulire il mondo dai maschi abusivi, ed è per questo che la serie e l’attenzione continuano a tornare a Yaritza. È il veicolo per le inclinazioni più soprannaturali e surreali del regista, che sono cresciute dai tempi di Solo Dio perdona e la sua decisione che preferirebbe essere una nuova versione di Alejandro Jodorowsky piuttosto che un povero Michael Mann. Aiuta anche che a interpretare Yaritza sia Rodlo, un’attrice che sa come tenere uno schermo, indipendentemente dalle dimensioni. È una grande osservatrice con un occhio killer per i dettagli, un’artista che sa come far sì che la calma e il tocco minimalista contino in un pasticcio splatter massimalista. Va da sé che Refn, un cineasta che non ha mai incontrato una luce colorata che non abbia amato biblicamente, e il leggendario direttore della fotografia Darius Khondji (La città perduta, Seven) immergono tutto in colori allucinogeni, ombre da notte oscurissima e atmosfera infernale da night club. Vale anche la pena sottolineare che il personaggio di Rodlo è l’unico che sembra davvero adatto al tono e alla visione dello show; nemmeno Teller, che offre la migliore imitazione di un Robert Mitchum del XXI secolo, può sincronizzare il piglio alla Raymond Chandler del suo protagonista alla narrazione. Un giorno, qualcuno realizzerà un super-montaggio delle scene di Rodlo e ci regalerà un incubo cromosomico XY di tre ore.

Nel frattempo, abbiamo questa lagna zoppicante e sgraziata che non giustifica la sua durata da maratona come qualcosa di più di una follia autocompiaciuta e durissima senza giustificazioni. Naturalmente puoi trasformare una crime story pulp in qualcosa di immoralmente magnifico dal punto di vista visivo, ammucchiando varie cose, dal costume da narco chic agli schemi visivi della Pop Art. Puoi dare al tuo gangster un tocco di stranezza facendolo diventare un fanatico dello ska vintage e puoi inscenare un inseguimento in auto ridicolmente lungo sulle note di Mandy di Barry Manilow, l’action-flick dito medio del giorno. Puoi ingaggiare Morgan Fairchild come White Privilege e dare a William Baldwin un pasto da sette portate da masticare, completo di mosse onanistiche di potere. Puoi usare l’immaginario misogino in nome dell’innalzamento della vendetta e dell’empowerment femminile, anche se ogni singola persona sulla faccia della terra vorrebbe davvero che non lo facessi. Puoi perfino usare la violenza estrema come esercizio di carneficina feticizzata. Chi non ama un cinemassacro ben fatto? O guardare un Nazista farsi sparare nel cazzo?

Ma quando ti viene data la possibilità di impegnarti in uno storytelling di lunga durata e lo traduci nel nulla, in scene che si estendano all’infinito semplicemente perché puoi farlo, o scambi il concetto di lentezza al cinema con quello di istantanea profondità, o non riesci a capire che forse “meno è meglio” quando si tratta della tua estetica art-to-grindhouse, potresti essere chiamato a risponderne. Refn ha ragione: questa non è tv. È auto-parodia. E non ci vuole una mezza giornata di visione per capire che forse stiamo diventando troppo vecchi per questa merda.

In attesa del trailer 2 di JOKER, immaginiamo Arthur Fleck al Murray Franklin Show con tutti gli altri ospiti della società (im)bandita

Sì, ecco che Robert De Niro, cotonato come Mike Bongiorno, invita in trasmissione il mezzo disgraziato, sciagurato, completamente devastato e rovinato, handicappato, scalognato, super sfigato mai visto, schizofrenico irreprimibile e not responder incallito Arthur Fleck. Sottoponendolo a delle domande da terzo grado derisorio per far ridere di gusto la platea gozzovigliante di applausi purtroppo spontanei e non telecomandati.

Sì, gente che ride dinanzi a ogni più sconcia, stolta provocazione di cattivo gusto, si scompiscia e sganascia di fronte alle sentenzianti stereotipie dei luoghi comuni espulsi malvagiamente dall’infernale orco catodico incarnato da Murray, inquisitore da Il nome della rosa con Connery, impomatato e in giacca e cravatta, in smoking impeccabile abbigliato. La gente va matta per tale tremendo mega-direttore, no, solo presentatore galattico del network di massa sparato negli occhi e nelle orecchie dei telespettatori paganti, ovvero l’uomo medio italiano, filoamericano che si beve tutte le stronzate della Rai, pagando anche il canone. Crepando di risate quando parte la donna cannone, mangiando nel frattempo, stravaccato sul divano, un cannolo.

– Ecco a voi, ladies and gentleman, signore e signori, un fenomeno della natura. Un ragazzo apparentemente anche di discreto aspetto fisico che però, ah ah, quando apre bocca pare afflitto da dislessia, epilessia, catatonia espressiva perché non si capisce un cazzo di quello che dice. Tartaglia, mugugna, si esprime come Benicio Del Toro de La promessa.

Questa sua deformità lessicale lo rende simile agli occhi della gente, oh sì, perché noi amiamo le apparenze, vero, a Joseph Merrick, elephant man, colui che soffrì della distrofica malattia muscolare denominata sindrome di Proteo. E non basterà il dottor Frankenstein per rigenerare questo Fleck, per garantirgli nell’anima una protesi, in quanto lui non è Prometeo, in verità è solo uno che si crede un poeta ermetico ma è sinceramente, obiettivamente, senza falsi inganni, senza consolatori buonismi ipocriti, senza velare nulla, un coglione plurimo. No, non dobbiamo usare con lui una piuma, se vuole però gli rimbocchiamo le lenzuola del piumino perché è paragonabile a Tom Hanks di Forrest Gump.

E io, parimenti al demone del trash contro ogni ottava meraviglia del mondo improponibile, appunto impresentabile ma strepitosamente impressionante, ah ah, ovvero Demon Killian di The Running Man, gli sarò implacabile.

Oh oh. Ah ah.

Applause!

Ma non perdiamoci in chiacchiere. Diamo subito il benvenuto al demente per antonomasia, a questo mezzo uomo auto-flagellatosi ridicolmente nella rupe, anzi nel dirupo del suo esistenziale buio ai confini del mondo? No, nel suo pozzo senza fondo da confinato, ghettizzato, emarginato ma soprattutto immoralmente linciato da noi, figli dei giganti. I quali demoralizzeranno imperituramente ogni suo ardore vitalistico. Spegnendo ogni sua ribellione che, da essere piccolo e nano qual è, s’azzarderà, vanamente e pateticamente, a scagliare contro il nostro indomito potere forzuto da fascisti rocciosi, ferrei e duri stronzi.

Ah ah.

Sì, se questo Fleck spererà di avere una seconda chance nella vita, speronandoci, gliel’arderemo… ancor prima che possa solamente sperare di rivedere una pur minima, debolissima fiammella.

Sì, se dai sepolcri della sua malinconia tristissima s’illuderà di captare un fievole eppur speranzoso bagliore della luce del giorno, anneriremo questo suo rinascente, dolcissimo, chimerico fulgore, soffocandogli anche ogni alba e tutti i crepuscoli e, più che Ugo Foscolo, lo renderemo del tutto fosco. Buttandolo ancora nel fosso.

Sì, Fleck è un fesso e noi sempre lo affosseremo. Forza. Ora lo distruggerò. Mi raccomando, coi vostri clap clap, datemi manforte. Ah ah.

Questo qui non è Prometeo di niente, non ha neanche mai visto il film Prometeus. Stasera, crede che sarà Re per una notte ma, al solo tintinnare delle sue iridi accesesi estemporaneamente dal flash dei fotografi, ah ah, io lo tratterò da straniero della società. Vivrà la sua eterna, tetrissima vita nella scura agonia dei suoi tormenti da Travis Bickle di Taxi Driver dei poveretti!

Ok, partiamo con la distruzione.

Buonasera, signor Fleck. Si accomodi. È di suo gradimento la poltroncina o forse desiderava essere al posto di quella ove è seduto a dieci metri da lei, qui sul palcoscenico, quel gran culo della modella che può vedere vicino a noi?

Scusi, riesce a vederla? Ah ah.

Partiamo con le domande. Si sente pronto? Ah, a proposito, lei qualche volta ha coscienza di essere tonto? Ah ah.

Aspetti solo un secondo. Riesce a pazientare? D’altronde, lei è dalla nascita addormentato, in un centro di salute mentale ben sedato. Dunque, sì, lei è un paziente che ha molta pazienza.

Mi lasci riflettere. Oh, ecco la domanda. Risponda, mi raccomando, solo dopo una profonda, lenta riflessione ponderata.

Lei è solo come un cane, nessuno e nessuna la ama, nemmeno sua madre, mio mammone, poiché sua madre ora è fortemente malata. Dato che nessuno la ama, lei qualche volta riesce ad apprezzare il film Paura d’amare o perlomeno sé stesso? Insomma, detta come va detta, pratica l’autoerotismo? Si fa qualche sega?

– Sì, qualche volta me la tiro.

– Avete sentito? Se la tira pure di brutto. Sei veramente il mio idolo. Ecco, tutti noi ti amiamo. Non odiarmi per questo ma, vedi, ti beatifichiamo e glorifichiamo qui tutti da morire. Vero, pubblico? Un bell’applauso caloroso per incitare un po’ il nostro Fleck.

E tutti assieme appassionatamente, al mio via, urlategli: bravissimo, sei un grandissimo!

Ha sentito, Fleck, che roba? Sono tutti qua in platea e anche in galleria per lei. Non è quello che voleva? Scusi, non mi mandi a fanculo, le ricordo che mi mandò piuttosto anche una lettera di auto-invito come fece Valerio Mastandrea, quando ancora non era famoso, per partecipare al Maurizio Costanzo Show…

Che vuole di più dalla vita? Ah, capisco. Il suono degli applausi non sono musica per le sue orecchie.

Perfetto. Maestro, dedichi al nostro Fleck il celeberrimo ritornello di Jovanotti:

sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno. Sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno e quando viene sera e tornerò da te… è andata com’è andata, la fortuna è d’incontrarci ancora. Sei bella come il sole. A me mi fai impazzire…

all’inferno delle verità,

io mento col sorriso…

Sentito, mio bel giovanotto?

Mi tolga una curiosità. Riesce a vedere almeno, seduta al suo fianco, Eleonora Giorgi? La saluti, forza. Che fa? Le pare il modo di starsene impalato vicino a una signora?

Lei usa come Carlo Verdone il Borotalco? Non è che mi farà la fine invece, coi suoi auto-inganni, di Paolo Villaggio de Il volpone?

No, sa, è per chiedere. Lei è davvero Troppo forteUn sacco bello.

– Signor Franklin/De Niro. Potrei cortesemente farle io una domanda, adesso?

– Ma certo. Non vedevo l’ora. Voleva chiedermi se potessi essere il suo unico amico come il ragioniere Filini? Ah ah. Mi dichi! Ah ah.

– No, se gentilmente mi permette, vorrei farle una domanda alla Tom Cruise di Collateral.

– Ah be’. Mi pare ovvio che lei s’identifichi con Tom Cruise. Visto che, da tempo immemorabile, sogna la sua Mission: Impossible. Ah ah, comunque chieda pure.

– Da giovane, la soprannominavano Bobby Milk per via della sua carnagione molto chiara, per via del suo pallore latteo. Giusto?

– Sì, è vero. Quindi?

– Lei ha dichiarato, nelle sue interviste, che è sempre stata una persona molto timida nella vita di tutti i giorni. Tant’è che, appunto, da giovane, l’affibbiatole nomignolo Milk forse si riferiva anche al fatto che qualche bullo, lì, nel Bronx o a Little Italy, deve avergliele suonate molte volte, cantandole pure… fatti mandare dalla mamma a prendere il latte di Gianni Morandi.

– Non capisco, signor Fleck. Che razza di domanda è mai questa?

– Infatti, questa era solo l’introduzione. La domanda è:

come mai lei nella sua vita sentimentale-sessuale ha sempre avuto una predilezione per le donne nere, per anni considerate diverse in base alla segregazione razziale che imperò negli Stati Uniti dai tempi di Amistad e non si è invece mai accorto che il suo famoso neo nero sulla guancia la rende unico?

Ecco, se ora io glielo strappassi, lei rimarrebbe sempre Robert De Niro, uno dei più grandi attori della storia.

Ma avrebbe perso la sua unicità. E sarebbe uguale a tutte le facce di merda omologate e fatte con lo stampino.

L’è piaciuta la domanda?

 

di Stefano Falotico

JOKER sarà da Oscar? Ma davvero Arthur Fleck è fan di Shannon Tweed?


06 Aug

vendetta shannon tweed

Inizio a scrivere questo pezzo alle 2 e 44 di oggi oramai avviato. Ovvero il 6 Agosto del 2019.

Ecco, non mi va più di scrivere nulla.

Vi lascio a questi due linkhttp://www.geniuspop.com/blog/index.php/2019/08/il-caso-thomas-crawford-mi-fa-un-baffo-sognai-per-anni-cindy-crawford-e-shannon-tweed-ma/

http://www.geniuspop.com/blog/index.php/2019/08/de-gustibus-non-disputandum-est-anche-se-i-miei-gusti-son-sempre-quelli-giusti-soprattutto-in-fatto-di-cinema-e-di-donne-tu-invece-sei-una-locuzione-vetusta-che-meriti-la-distruzione/

Soppeso alcune considerazioni e, dinanzi a me, si staglia il buio rischiarato da tale luna già sbiadita in un sole sbadato che le soffia addosso.

Se penso alla follia ch’è stata la mia vita, penso altresì che, dopo aver gustato a codesta tarda ora un gelato Cucciolone, potrei gettarmi anche giù dal balcone.

Tanto, come dice il grande Tom Cruise di Collateral…

ehi Max, un uomo sale sulla metropolitana qui a Los Angeles e muore.

Sì, se m’ammazzassi in questa notte d’inizio agosto, chi se ne fregherebbe di me?

Liquiderebbero la faccenda come fanno con quei titoli estremamente superficiali dei telegiornali di Mediaset:

ragazzo depresso non è riuscito a far fronte alla vita e ha deciso di farla finita. Fu in cura in un centro di salute mentale.

Sì, un epitaffio lapidario che, nella sua brevità sconvolgente, avrebbe sintetizzato schifosamente la mia vita in poche parole scarsamente esaustive.

Della serie… chi s’è visto s’è visto, condoglianze. Quando finisce il funerale? Suvvia, stasera devo andare a fare l’aperitivo. Si muove il prete a dare l’estrema unzione?

Che grandissimo film, Collateral. Lo vidi al Festival di Venezia del 2004. Non riuscii però, in quell’occasione ad avvistare Tom Cruise. Arrivai tardi all’imbarcadero. Ove gli attori scendono dai motoscafi-taxi per farsi fotografare, accedendo poi al Palazzo del Casinò ove tengono la conferenza stampa. Salendo poi sull’attico per il photocall.

Non lo vidi neppure in passerella perché la prima di Collateral, in Sala Grande, come sanno gli habitué del festival, si tiene mezz’ora prima della proiezione per il pubblico al PalaBiennale.

Anche in Sala Grande può accedere il pubblico, diciamo, normale. Cioè quello meno abbiente. Non c’è bisogno di essere dei vip per guardare il film nella stessa sala ove sono presenti il regista e gli attori principali.

In Sala Grande, ad esempio, ho visto tanti film, tanti attori. Che io mi ricordi… vidi dal vivo Sylvester Stallone e Ray Liotta di Cop Land, erano però assenti Harvey Keitel e Bob De Niro, vidi New Rose Hotel alla presenza di Abel Ferrara e Asia Argento. Assenti Christopher Walken e Willem Dafoe. In compenso, Abel e Asia, ubriachi marci, infatti a stento si reggevano in piedi, diedero spettacolo da morti viventi.

Ho visto Julianne Morre di Far from Heaven. Fu una visione meravigliosa. Lei indossava un vestito nero trasparente. Le si vedevano tutte le gambe e il suo culo immenso.

Ne vidi tante…, no, tanti.

Tom Cruise lo vidi, assieme a Nicole Kidman, per la prima mondiale di Eyes Wide Shut.

Federico Frusciante, su Facebook e nei suoi video, continua a sostenere che Tom sia un nano, non solo di statura, cinematograficamente parlando. Gli dà dell’incapace.

Ora, Tom Cruise non è un attore ai livelli di Marlon Brando ma dobbiamo essere sinceri. È un grande.

Soprattutto suoi due personaggi sono per me memorabili.

Il suo edonista-maschilista guru di Magnolia e, appunto, il suo Vincent di Collateral.

Come hanno fatto questi due uomini a ridursi così?

Il primo, Frank T.J. Mackey, ha sublimato i traumi, credendosi un dio del sesso. Poi alla fine crolla dinanzi a suo padre, uno stronzo che gli ha rovinato la vita, ma pur sempre suo padre. Un po’ come De Niro del Frankenstein di Branagh.

Vincent, a tre quarti di Collateral, sembra Paolo Crepet. Quando, nel silenzio e nel brusio della notte losangelina, confida a Jamie Foxx che i figli non hanno colpa se sono diventati le merde d’uomini che sono. È stata colpa dei genitori che hanno riversato le loro aspettative sui figli, caricandoli di troppe responsabilità quando forse i figli, non ancora coscienti della vita adulta, aderendo ai (dis)informativi precetti istituzionali dagli adulti impartiti loro, si sono lasciati condizionare malamente. Non rispettando le loro anime per non scontentare i padri e le madri, rinnegando le loro indoli nel castigarle pur di farli felici.

Genitori i quali, come Nick Nolte di Cape Fear, colpevolizzarono le adolescenze ribelli, ovattandole nell’ipocrisia, solamente perché temettero che i figli potessero soffrire quanto loro.

Agirono in buona fede, pensando di fare del bene. Invece, punitivi e troppo repressivi, frenarono gli istinti sanamente fiorenti dei loro figli più belli.

Mi ricordo che, verso i quindici anni, assunsi la fluoxetina.

Come esattamente sostiene Wikipedia: la Fluoxetina è un farmaco appartenente alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina utilizzato, al pari degli altri SSRI, per il trattamento di disturbi psichiatrici di varia natura come depressione maggiore, disturbi d’ansia (disturbi ossessivo-compulsivi e attacchi di panico) e bulimia; viene però sempre più utilizzato offlabel anche per altre patologie non prettamente psichiatriche come il disturbo disforico premestruale e l’eiaculazione precoce, solo per citarne alcune.

Sì, è vero. Ma come mai assunsi questo farmaco?

Ecco, mi ricordo che all’esplodere della mia adolescenza, cominciai a provare turbamenti superiori alla media. Sì, subito dopo le scuole medie.

Tante cazzate furono dette sul mio conto. Cioè che lasciai, a quei tempi, gli studi perché mi andò male un tema d’italiano. Dico, ma state scherzando?

Avevo nove in italiano. Piuttosto, quel luogo liceale di fighetti altolocati già così volgarmente marci dentro, con le loro continue allusioni di natura bulla a sfondo sessuale, mi costernò.

Da allora, divenni fan di Robert De Niro. Per me Taxi Driver fu illuminante.

Travis Bickle, quest’uomo che sparisce nel buio, che comincia a vedere la vita nella sua nudità sepolcrale, che respira i vagiti delle sue ipocondrie torbide.

Sopraggiunsero anche i miei deliri da lupo mannaro. Sì, tutti i film a tematica notturna mi eccitavano.

Si andava da I guerrieri della notte, appunto, di Walter Hill a Fuori orario sempre di Scorsese.

Ero una creatura a metà strada fra Giovanna d’Arco e Kevin Costner/Robin di Locksley.

Avevo disdegnato la compagnia dei miei coetanei, viziatissimi e corrotti come lo sceriffo di notte, ah ah, no, di Nottingham.

Al che, nel putiferio delle mie melanconie profonde, arrivò a casa mia una lettera da parte dello Stato secondo cui, a breve, mi sarei dovuto presentare all’esame di leva.

Sì, ora non c’è più la leva obbligatoria, io la feci.

In quei due giorni in caserma, m’affiliai a un tizio simpaticissimo. Fra una visita e l’altra, ovviamente, gli parlai di tutti i film con De Niro. Soprattutto di Sesso & potere. In quei giorni, questo film m’ossessionava.

Ah, nelle caserme ci sono i sergenti istruttori di Full Metal Jacket.

Ti spogliano e ti misurano le dimensioni del pene e controllano anche i peli dell’uovo, no, del culo come fanno con Alex di Arancia meccanica.

Sì, tutti i ragazzi entrano nello spogliatoio per essere presto loro stessi degli spogliat)o)i.

Cosicché, optai per il servizio civile. Io obietto sempre. Dinanzi ai guerrafondai pazzi e abietti, io mostro loro il poster de La sottile linea rossa.

M’assunsero in Cineteca. Arrivai che facevo pena. Ero infatti ancora afflitto da manie e cazzi vari.

Lì mi sbloccarono. In particolar modo un tizio, uno che era il contrario di me. Tanto io infatti ero perfettino e pulitissimo, tanto lui era uno scoreggione che badava al sodo. E mi obbligò a fare un lavoro davvero duro.

Finito che ebbi il servizio civile, totalmente riformato… come uomo, richiesi l’amicizia ad alcune persone.

Non l’avessi mai fatto. Cominciarono a insospettirsi della mia metamorfosi, m’adocchiarono malignamente e addivennero, nelle loro congetture tardo-adolescenziali, che fossi schizofrenico e soffrissi di teorie del complotto.

Ma che cazzo combinarono? Ero in casa solo a gustarmi quella gnoccona di Shannon Tweed e stavo scrivendo i miei primi libri.

M’ero già elevato dalle cazzate dei ragazzini.

Al che venni emarginato in malo modo, in maniera screanzata, vile e villana.

Capito? Questi erano rimasti fermi al me che ascoltava a dodici anni Eros Ramazzotti e fantasticarono di sana pianta. Ah, la dovevano piantare subito e finirla di fumarsi l’erba.

Per loro ero un bambino. Un’assurdità raccapricciante.

Quando infatti ebbi le prime ragazze e dissi loro che stavo facendo la mia vita in santa pace, risero di me, urlandomi: chi, tu con una donna? Tu sei matto, questo ti vuole entrare nel cervello? Lo capisci almeno che sei matto, cervellino piccolo di uno scemino?

 

Partii in quinta, ricevendo denunce a raffica.

Successe, diciamocelo, quella che senza se e senza ma ha un solo nome: tragedia.

Ma io sono io.

A proposito di Tom Cruise, anche in Nato il quattro luglio e in Jerry Maguire è bravo forte.

Dunque ora, mi rivolgo a questi psicopatici.

Come vi siete permessi di offendere la mia sessualità, la mia intimità e i miei dolori, i miei umori, le mie sensazioni e i miei primi carnali amori? Io, a differenza vostra, non m’ero mai permesso di giudicarvi.

Vi ho scarrozzato per mezza Bologna e voi mi maltrattaste, m’offendeste, mi riempiste delle peggiori offese, voleste punirmi con le più stupide reprimende.

Foste, siete e rimarrete eternamente dei criminali.

Mentre io ho dimostrato a tutti che sono come Liam Neeson di Schindler’s List.

Per anni abbracciai la vostra filosofia di vita fascista e nazista. Perché, soprattutto in Italia, la gente ignorante ragiona come i gerarchi. E tramanda quest’ideologia malata ai figli. Chi non s’attiene alle regole, va bruciato vivo…

Come Oskar Schindler, da anni ho compreso che questa gente non merita niente.

Ci sono tanti diversi in questa vita, tanti “ebrei” ritenuti lebbrosi da questi maniaci esaltati.

Ne posso salvare tanti.

Adesso, vi mostro anche un video.

Ad anni di distanza dal misfatto scandaloso, c’è un tizio nell’ombra che mi sta ripetutamente provocando per rifare la porcata che ai miei danni perpetrò anni fa.

Stavolta però dall’altra parte non c’è più un ragazzo timido, c’è un uomo che in tribunale lo incenerirà.

Distruggendolo completamente.

Ora, peraltro, alla luce dei fatti, sono tutti dalla mia parte.

JOKER sarà un grande film. Perché queste cose non devono mai più succedere. Dobbiamo vivere tutti felici, lontani dai ricatti stolti, dalle malvagità e dai bullismi degli idioti.

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