Posts Tagged ‘Taxi Driver’

Stefano Falotico ha pubblicato “Noir Nightmare – L’ombra blu del fantasma”


27 Sep

 

Lo straordinario esistenzialismo di un Uomo leggendario

Ventricoli alla “rinfusa” di fuse accorate a un ventre che s’obnubilò, di boati “lagrimò”, intrecciato a una mistica incendiara d’imbruniti riflessi e arcane libagioni, soffuse nei teneri liquori di “spigliata” oscurità, buio inacchetabile, assetato di Luce nelle profonde maree di Lune oscillanti, pagliaccesche di beffardo Cuore alla Georges Méliès.
Quando un razzo scheggerà anche le vostre anime, illuminandole di magia e lindi ardori nelle iridi che s’appannarono di troppe palpebre assonnate, “appartate” nelle prigioni dei sensi.

Passeggerei nudo per strada, e m’addobbo solo per non incupirmi nello “spogliarello” d’una massa “farfallona” d’impiegatizio incravattar il “sospiro” della gola.
Soffocati dentro, “appariscenti” di soliti rituali per ingraziarsi facili applausi retorici, “telecomandati”, sospettabili di falsità e e mendacissimo buonismo sdolcinato.

“Svenevolezze” e la solita smorfia di smanceria. “Macerati” soltanto, solitari in una foll(i)a che li corteggia e li carezza di lusinghe ipocrite. Ma paion “appaiarsi felici”, e appagarsi di tal “letizie feline”. E tutto (s)corre, maratoneti della superficialissima corrività. Manichei col coltello dalla par(e)te del manico “(s)par(l)ato”.

No, le mie scelte di vita han gioito di notti bislacchissime e adamantine senza prostituirmi mai nello schiavismo da facili lacchè. Quelli che son contenti… “a conti fatti”. Quanta insoddisfazione. Ammettelo, disfatevene. Non sbuffate e non “stufatevi”.

Tanto non cambierete mai. Arrivisti per amarezze ipocondriache, malati immaginari, “saggi” dell’ultima ora della “scatologia” triviale di battutina volgare, appunto, “cotta” di “ricotte” per “stemperare” l’idiozia di fondo che “raschia i barili” della bile soprattutto, della carne in scatola “cranica” di teste appallottolate nel “mito” delle “palle”.

Oh, ma che “attributi”,  io vi tributo sempre un “No” perentorio e ingrato, “sgradito” che scardina e scoordina le vostre certezze aggrappate sempre a manuali di psicologia spicciola(ta) di “cioccolate” e forme fisiche esteticamente “attraenti” quanto repellenti. Pelli, sì, (s)tirate “a lucido”, nel “look” che strizza l’occhio per piacere a uno più brutto di voi. Nel dentro che avete ucciso da tantissimo Tempo.

Lotte intestine, politicanti corrotti, “cerotti”, cerume, già.
E il solito balletto ove si sfoggiano inamidate facce d’emozioni bugiarde.

In questo posto, deputato all’isteria collettiva, dunque deturpato, sommerso in modo “sommesso” nel chiasso, “innalzato” alle tribali maldicenze e al luogo comune delle immonde dicerie, un Uomo è venuto a voi in segno di Pace.

Dilaniando le bugie, da Joker che brinda sotto i ponti.
Egli è favola sua eccelsa e cosmica cometa che vi libererà dal dolore e da ogni trauma.

Lo chiamano “Il più grande di tutti”.
Poiché lo è.
Eternamente…

NOIR

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  Taxi Driver (1976)
  2. Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno (2012)
  3. Apocalypse Now (1979)
  4. The Master (2012)

Il Cinema di Martin Scorsese, cos’era, cos’è, forse (Dio) c’è


18 Jul

 

Rivedendo Cape Fear, si ha come l’impressione che la magia della mente “contorta”, arzigogolata, fascinosissima dei respiri magmatici del Cinema di Martin Scorsese, paragonato alle sue ultime pellicole, sia “sbiadita” in una commerciabilità (im)palpabile, eppur fastidiosa, un ronzio disturbante, un fremito che scalpita, poi (ci) raggela quando, tremolanti, asfissiati da troppa pulizia formale che non si lascia andare, veniam divorati dalle memorie indimenticabili delle sue perle.

I suoi viaggi notturni, spasmodici, a rimarcar che il dolore è insito nella Natura “brada”, istintivissima, animalesca dell’Uomo, e non si può fuggirlo.
Si deve ruggire, anzi, rugginosi dobbiamo sfamarcene, aizzarci e sguinzagliar il lupo che giace sotto coltri borghesi di retaggi moralisti, di virtù innocenti depredate dalla pubblicità e dal “platinarci”, plastificati, “pattinarci” ipocriti e lordamente zuccherosi nella zona più buia delle nostre apparenti illusioni “bianche”.
Mercificatorie, sedate, sepolte.
Vive…

Pretendiamo che si risollevi, che risorga.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Taxi Driver (1976)
    L’allucinazione è all’ordine, imperituro, della Notte (tras)lucida.
    Battiti cardiaci, “sterilizzati”, anestesia per non soffrire, “estraniazione” dalla realtà per vederla troppo bene e non soggiacerne, “deflagrare”, eruzion assassina a chi è omicida e losco nel “bosco” e prostituisce le innocenze.

    Quando Martin azzardava, anzi, azzannava di flash, di stroboscopia nel turgido e nel torrido torbido.

  2. Toro scatenato (1980)
    Bianco e nero spettrale, una storia dall’oltretomba, un horror mascherato da “dramma” sportivo.
    Un tuffo nelle contraddizioni della follia di Jake, della sua “sacra”, animosa, affannata, affamata, irosa e lagrimosa “fame” di vittoria, nel “vincerci” come noi tutti.

    Diaframma fratturato nello specchio, Luce e dark.

  3. Cape Fear. Il promontorio della paura (1991)
    Autoriale in tutto, remake agli antipodi negli anni tutti suoi della stagione d’oro di Martin.
    De Niro come (non) ce lo ricordavamo, vendette (mal)sane, (in)giustizie, malattia, l’ombra onnivora d’un tatuaggio ove Cristo “eresse” il veleno ai suoi cospiratori.
    Che inalò affettando la sua stessa pelle dissanguata.

“Taxi Driver”, never before seen photos


17 Apr

 

Sì, son io…

Intendo, con tutta calma, quando ne avrò diletto e ispirazione, (im)permearmi in excursus cinefili.

A omaggio… primaverile d(e)i grandi capolavori.

 

Per i quali allestirò “memorabilie” che c’incantino d’un déjà vu da rivederli ancora, e incantarcene… ricordi nostalgici.

 

Naturalmente, non potevo che iniziare con questo:

 

 

In una poesia che pubblicherò molto presto…

 

Ogni Uomo, ha il suo film.

Ogni sua vita, nelle mie tante che furono, fumarono, s’infiammeranno e vibreranno, s'”annacquerà” per ergerla ancora ed “esser-non esserne” trainata e “irata”, lassù, anche nel nero “lagrimoso”, impercettibile di “neonascerci”. Accenderci, ascenderci.

O “nei” tentacolari…

 

(Stefano Falotico)

Il film della (mia) vita


11 Dec

 

Passan, “infingardi”, i giorni, pedissequi o a inseguirti, ma non ti scalfisci, e quella folgorazione è ancora viva.
Voce, la mia, soffusa, d’un film che non s’offusca mai.

 

 

Taxi Driver…

Di notte vengono fuori gli animali più strani

Iris del gruppo Mediaset propone da stasera un ciclo di nove pellicole dedicate a Robert De Niro, che, ripetiamolo, per i tardi di comprendonio e per i detrattori che ancora brulicano (purtroppo esistono anche quelli e dobbiamo sopportarli), è indiscutibilmente uno dei massimi interpreti della storia del Cinema.
Si parte col capolavoro immortale di Scorsese, quel Taxi Driver, Palma dOro al Festival di Cannes del ’76.
Immerso nella fotografia di Michael Chapman, è un film che non ha bisogno di presentazioni, a ogni nuova visione acquista sempre più fascino e valore.
Travis, Uomo della Notte, “straniero” in un Mondo “ostile”, angelo marchiato nella solitudine, ombra adombrata dalla sua ansia e da un insostenibile male di vivere che lo condurrà a un gesto salvifico, quasi una catarsi per rinascere.
Non mi soffermerei a elogiarne i meriti, mi parrebbe pleonastico, su questo film epocale si è scritto di tutto e di più.
È un dovere innamorarsene, amarlo, ed essere eroi metropolitani delle luci al neon, delle strade malfamate di un’America alienata che guarda le depravazioni, lo Sguardo febbricitante di un Uomo “solo” anche in mezzo alla folla, della furia che lo possiede nel suo trasformarsi in giustiziere, il cowboy col taglio da mohicano, in un’America che non dorme sogni tranquilli, soffre d’insonnia.
Magnifico, insuperabile, una perla fra le perle del grande cineasta Marty e del suo sceneggiatore “di fiducia” Paul Schrader. Oltre il capolavoro, oltre tutto e l’immaginabile.

Cowboy notturno

7 Dicembre 2011, ore 21:10…

Ripassa sul canale, Iris, o da pronunciar “airis” come Jodie Foster…

Ermetici, nottambuli, svagar nell’ammansito pudor che s'”orgasmizza“, “lacerato” a pelle o in sé allacciato, di stentorea fame in un marmoreo grido che fu tetra, feral oscurità dell’anima incupita o nelle tiepide luci lunari “assolata” nella sua pacata solitudine che si “crepuscolò” nell'”evanescendola”, assiderato da battiti cigliari nei “gracchii” del gelo o d’una maschera funerea a scolpir le cardiache levità sempre assopite, i tenui grovigli ad avvinghiarla per auscultar solo profumi mai incendiati, selvaggio crepitio d’offuscate danze nella Notte e nella sua immersione opaca in sulfurei colori per abbagliar la nudità mai abbigliata o le palpebre timorose d’accecarla nei “vitrei” fremiti.

Passeggero di nera cupezza o di suo puledro ero(t)ismo, nell’incendio di “cristalli” tonanti di densa foschia “glaciale” o di morbidezze innamorate di angeli biondi a temprar la lussuria avvincendola all’ischeletrica insonnia che “martirizza” il sonno e anche il risveglio, l’imperioso boato dei madidi labirinti a giacer con le iridi nei loro “liquori” più sibillini o liturgici nel soffice romanticismo di graffi intinti nel buio di represse ferocità, il suono della violenza è un vampiro che si squarta “vitorioso” nella catarsi, nel risorgere d’una rinascenza che si terge d’ogni suo peccato, “lagrimandolo” di sangue o d’un altro “nitido” bang dagli affreschi lividi di porpora.
Vitale, ansima di respiri eterei, immortalmente, è vividezza. Alba nel suo urlo magmatico.
E, si strugge, poetico d’un altra “sua” New York.

(Stefano Falotico)

“Denirizziamoci” ancora un po’, “delirar” è desinar nel “denirare”


21 Oct

 

Sì, mi “bobbizzo“, mi rendo virile in Lui, tanto maschio che potrebbe scapparci un borderline.
E, Lorena Bobbitt, potrebbe evirarmi. Ah, Donna che “tagliuzza”, castratrice come pochi.
Nella mia lunga, dunque brevissima vita, incontrai “saccenti” insegnantucole a “professar” d’Arte col vinello in mano e il “vitello” fra le gambe, signorotti “altolocati” a “localizzarsi” sempre per la ninfetta che già sniffava a quindici anni, sì, codesti qua eran anche pedofili, oltre che a infilar in piedi in “camosci”-mocassini. E, più che ammirare il fondoschiena di Polly Walker, mi parevan “elagantoni” a brindar per culi alla Nadia Cassini.
Meglio, molto meglio la mia vita “incasinata”, talvolta “asinata”, che esser il “re” che “torreggia” sulle Asinelli.
Meglio esser torero per un “torello” fra amici, anche al bar, “imbirrati” a sangue freddo, “imbicchierati” in esistenze talvolta pallide & solitarie, forse eastwoodiane che guardano al Sole dell’Est con lo spirito western.
Sì, conobbi amanti del Cinema indie che, come dico io, poi non son affatto “indiani”, all’apparenza paion una tribù in via d’estinzione, in verità vi dico che “sbuffano” solo “imbufaliti” con una fidanzata “pelle & ossa”, mai “pellerossa”, ah sì, il calore è tutto, che tifa “Forza America” col poster di Buffalo Bill, quello di Jonathan Demme, però.
Meglio fumar davvero, “accovacciati” in sigarette Chesterfield tendenti al Blu del Cielo paradisiaco della mia anima “saracinesca”, talvolta nella Cina o solo nel “circo”, che canta:

 

‘O sarracino,
‘o sarracino,
bellu guaglione!
‘O sarracino,
‘o sarracino,
tutt”e ffemmene fa suspirá…

 

 

M’assalirono e gozzovigliaron di feste “lussuriose” della libidine che mi voleva veder morto, “annegato” nel mio piatto “freddo”.
Ah, gente che mi prese per “pazzo” e non comprese che son loro i compressi.
Ma quale depresso! Son mica fesso! Ma quale malinconico, sono iconico!
Aspettaron che varcassi la soglia perché m’assottigliassero “illimonandomi” nelle loro “sogliolette” per farmi a sottiletta.
Aspettaron che “oltrepassassi” l’uscio di casa perché “crescessi”.
E cosa dovrei raccontar a questi qui?
Conobbi il tradimento quando un Pendragon fregò la moglie “imprincipata”, madre poi dell’Artù di Excalibur.
Mi masturbai, ah, la masturbazione tende all’onirico, è il sogno che s’incarna in te, scarnificato d’ogni pudore, anche quando sei solo (con) te stesso. Te, nel Sesso, davvero, datemi retta e non pensate al mezz’etto in più, alla forma-“filetto” e che bada solo a metterlo nel retto.
È la perpendicolare alla nostra anima che bisogna intersecare col Cuore. Di gran foga, anche quando ti daran dello “sfigato”. Si sa, lo sfigato ama la sua parte gatta, ed è un po’ “ratto”, dunque “formaggizza” senza formalità che lo “intrappolerebbero”.

Giocai a Calcio e li soggiogai con dribbling “saporiti”, inserendo sempre le “palle” nel “cartoccio”.
Ma quale cantuccio. Io, il “ciuccio”, lo ficco in bocca alle bacucche!
E “ciuchizzo” a modo mio, rastrellando nella “polvere” in cerca dell’oro e del petrolio, sono un Daniel Day-Lewis avido della mia “magrezza” affamata.

Ma, vi chiederete voi, cosa c’entra tutto ciò con De Niro?
C’entra, perché Egli, supremo, insuperabile, è alle origini del mio perdermi nelle sue “brame” & lame, d’amarlo ed esser ora “vittima” di perenni tormenti, oh, quali spaventosi nubifragi.
Meglio delle fedifraghe, comunque.

Volevano che non volassi, volevano ammutolirmi perché ero già “muto” e desideravano che m’ammutinassi perché ero mutato.
E mi stavo “smutandando”.
No, “sputtanando”, no!

 

A questi borghesi fritti non “servo” più, ma quale riverirli, a esser cortesi s’appar idioti a questo Mondo! Già!
Ma, a loro, poco “pesciolanti”, “padellizzo” un vero Bob, pedalando attorno alle loro teste con la sua energia, in camici(a), da Notte anche, “incanutito” o al “canotto”.

Eccolo, “abbigliato” assieme alla Hightower, una nera che è tutta per il suo “pezzo”.
Pare che Lei facesse l’hostess su un volo di linea e, quello del Bob, volò, (ri)succhiato.

Dopo aver anche divorziato, si son riconciliati, e Lei ora lo veste con la Polo, anche “apolide”, e col blazer.

 

 

 

Mi depurai e m’epuraron, anche vivo, giacqui e poi rinacqui, ma ancor m’avvolgo, anche nel “volgo”.
È tutto un volger lo Sguardo.

È il mio anniversario, non ho proprio 35 anni, ma sono “invecchiato” col Bob, “tassineggiando”.

 

 

 

Firmato il Genius

 

Genius-Pop

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