Eh sì, guadagno cifre “pazzesche”, infatti anche il salvadanaio più piccino piange. Ma son scrupoloso, esigente, letterato e non m’arrendo. Al Diavolo se non mi daranno il Nobel, m’accontento di qualche spicciolo per non finire a “elemosinare” dagli strozzini più picciotti. Esco e mi cagan in testa i piccioni. Ma, dopo doveroso umorismo, un po’ nero voglio pedissequamente volteggiare, in tutto ardir sfamarmi di questa vita, goloso, insaziabile, euforico e giovialmente contagioso.
Voglio, anche coi fronzoli, piazzar un altro “sereno” frontale a chi m’affrontò in Passato, schernendomi del blandir più incolto e superficiale di sue “fighelle” smpre a magnar’, per poi vomitar marciume su mia faccia intonsa.
Sì, scusate se è poco, tornisco, anche superbo d’edonismo (os)curato, il mio corpo bel che da restaurare, dopo malignità a tutto andar’ che furon lì lì per nel “lutto” frenarmi.
Ah, rimpiangessero codesti, che si professan “professori” e son invece dottorini nell’indurti ai suicidi. Gentaglia che ti dà del pazzo, e quindi posso scaraventar’ in tutto mio strafare.
Divoro i loro invidiosi livori, son io l’incarnazione trasparente, senza vergogne a differenza di lor sempre “fighi” di “sfogliatelle” e baldanzosi nell’ozio dei più perversi vizi, che acuminò l’ingegnò, sorpassò ogni vetusta regola ottusa, e qui plano oggi a Dio, mentre i calunniosi di stessi spergiuri stan crepando, oh oh non eravate degli schianti. Sono il vostro “santino”, saltimbanco e ballerin sempre più di voglietta assatanato. Attentaste tanto per assassinarmi, perché deperissi e d’amar lagrime sanguinassi.
Invece, mie sanguisughe, ecco il sugo da Tito Andronico. Di par(zial)i cannibalismi, state cenando con le vostre viscere sbudellate.
Vi consiglio, se la digestione sarà cattiva e d’aerofagia vomitante, d’evacuar il vostro abissal dolore, non solo inchinandovi davanti all’abside, a mo’ di confessionali per i vostri “crocifissi” didietro “luculliani”, m’anche(ggiar… da cui la scoreggia se il “bacino” è, nonostante calmanti, troppo “scaldato”, miei scalmanatissimi a “venir” di “mani”…, oh, rallegravi col triste domani e “gioite” del dubbio più punitore al vostro mai farmi domande ma giudicar di troppo “comando”…, per di più ad assumere appunto dei “soavi” antidoti…
Lo so, odiarmi non servì a Nu(tel)la, ché addolcisco solo il mio erotismo se Lei si spoglia belante, e alla mia savia aggressività non v’è resina perché m’arrenda.
Ah, v’ho combattuto per mille e più stagioni, al fin di cambiarvi ma ottenni solo crudeli offese sempre più reiterate. Mah, perché adirarsi se, in tiro, posso stirarvi?
Cammin impettito, a testa alta, fra voi che “martirizzaste”, aizzati in tutto desiderar che m’arricciassi per tener “eretto” il di voi “alzabandiera”. Oh, state sventolando quella bianca, mai “sfoderata” da vostre notti in bianco già luride, miei lerci, ché delle sporche federe già scremavate “lattei” e “crematori” da federalismi e an(im)alismo. Ah ah, ecco servito il primo piatto, il secondo di contorno e quindi la torta “dolce” di torni.
Sinceramente, in tutta “infedeltà”, mi tradiste e vi siete meritate la merdosa meringa delle mie (in)ascoltate arringhe. Un’altra riga da drogati in camuffa, sotto falsi vesti aspirate… di bocca buona, ma v’ho sradicato nell’inalazione del vostro stesso veleno.
Con quest’altro mi congedo. E soprattutto buona “cena”.
Come si suol dire… chi di pancia mangia, d’abbuffata è ora buffo e mi fa un baffo. Ridermi “sotto” non è godibilità or che siete esplosi di bile.
Scusate, alla vostra “capricciosa”, manca la birra. E io, lupone, posso anche regalarvi il luppolo.
Ricorda, scemo: t’appioppo e se mi dai del malinconico, non m’arrabbio, t’appendo per il labbro. Mio simpatico lebbroso.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)