Posts Tagged ‘Takeshi Kitano’
77.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica: inaugura Lacci di Luchetti mentre io slaccio ogni lucchetto del passato e voglio ringraziare tutti, anche i cattivi, per il mio miracoloso ringiova(ni)mento
Innanzitutto lei, anzi, Lei con la l maiuscola. Fulgida e soave, superlativa e acuta, lei il mio cuore ausculta e la mia anima ascoltò.
Eh sì. Edizione veramente particolare quella di quest’anno del Festival di Venezia. Pregiata kermesse giunta alla sua settantasettesima edizione.
77, come gli anni da pochissimo compiuti di the greatest actor alive.
Che te lo dico a fare? Al Pacino, incluso Donnie Brasco e la sua magnifica performance doppiata, in tale film di Mike Newell, da uno strepitoso Giancarlo Giannini al suo massimo storico?
No, il suo antagonista, nemico-amico storico di sempre. Ovvero, anzi, ça va sans dire, monsieur Bob De Niro. Soprannominato, ai tempi della sua adolescenza schiva e riservata, as Bobby Milk, per via del suo pallore congenito.
Sì, è vero. Gli assomiglio. Peraltro, non poco. Ma non credo, sinceramente, che questa mia rassomiglianza sia derivata dall’essermene identificato tantissimo tempo addietro. Quando, adottando una tecnica d’identificazione-trasfusione attoriale fra lui e me, spettatore nei suoi riguardi adorante oltremodo, in maniera simbiotica sostituii il mio Falotico, dotato inoltre di medesimo suo neo sulla guancia però opposta, al suo volto. Compenetrandomene à la Videodrome cronenberghiana di mimesi talmente assurda da sembrare, a sua volta, un ambiguo, inquietante e al contempo pazzesco, funambolico body horror incredibile ed estremamente affascinante.
E, a proposito di uno dei tanti capolavori inarrivabili di uno dei maggiori, imbattibili cineasti viventi, vale a dire David Cronenberg, da qualche anno a questa parte, sono divenuto amico di Federico Frusciante. Auto-ribattezzatosi l’ultimo dei “videotecari”, stazionante in via Magenta e gestore, proprietario, soprattutto factotum del suo negozio di noleggio di dvd.
Un locale ove, anacronisticamente, ora che impazzano lo streaming, Amazon Prime e Netflix, ancora si possono “affittare” i film, restaurandoci all’antico lindore di una memorabilia cinefila fra l’ante litteram più nostalgico degli anni novanta, epoca in cui spopolarono le VHS, e la Naïve art di pellicole soltanto “arty”, cioè pellicole che, nelle intenzioni, vorrebbero essere assoluta arte memorabile e invece sono ed eternamente rimarranno pacchianate kitsch delle più scontate e programmaticamente studiate per un pubblico idiota di radical–chic finto-sofisticati, cioè una congrega di esaltati intrinsecamente ignoranti, e… dicevo, scusatemi, per l’ennesima volta mi sono perso. Dicevo, datemi un attimo di tregua e di Respiro (che fine ha fatto, Emanuele Crialese?), devo compiere mente locale, ecco, ci sono. Pardon!
Locale, quello del Fruscio, ove si passa dalle ultime mega-cagate con Nic Cage, attore da Fede detestato, alle più bieche furbate, dicasi altresì gigantesche porcate in formato colossal soprattutto della scemenza più abissale, firmate da Michael Bay, dai film muti a quelli più sregolati, folli e geniali di Takeshi Kitano. Regista dal Fruscio giustamente venerato, forse solo un tantino da lui magnificato.
Io vidi Beat Takeshi dal vivo. Come no?
Ah, ne passai tante e vidi tantissimi attori e registi. Pure lo stesso Nicolas Cage durante la prima de Il cattivo tenente di Werner Herzog.
Dopo aver fotografato Nic, mi recai a un chiosco. E, dinanzi a me, in camuffa, scorsi Vincent Gallo.
In questi anni, credo di aver affrontato qualcosa che un comune mortale non dovrebbe mai fronteggiare e contro cui nessun uomo dovrebbe giammai battagliare.
Dovetti scagionarmi da accuse infondate sulla mia persona, sconfiggendo ogni ordine psichiatrico e dimostrando di essere più intuitivo di Rust Cohle di True Detective per non venire cannibalizzato da carnali persone ingorde della mia anima.
Sì, sono Hannibal Lecter. Non lo sapevate? Con l’unica differenza che furono gli altri a volermi mangiare vivo mentre io continuo a pensare che, se Jodie Foster soltanto mi avvistasse davanti a lei in un pub, dopo tre secondi netti non sarebbe più lesbica.
Sì, Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti fu un uomo invero originariamente, innatamente e dannatamente innocente, scarnificato da maniaci sessuali. Al che, spolpato a sangue nel suo pudore stuprato, da pecora da poesie di Umberto Saba, si trasformò in un lupo cattivo, desiderando di amare le donne in modo saffico.
Di mio, malgrado ogni violenza psicologica subita, ripeto, divento sempre più buono, soprattutto bono forte.
Tant’è che la mia attuale lei è sull’orlo della pazzia, in quanto del sottoscritto gelosa a morte.
L’altra sera addirittura mi disse:
– Stefano, per non soffrire pene… d’amore, mi sa che dovrò cambiare sesso.
Lei, inoltre, crede fermamente che io piaccia molto anche ai gay. Una bella situazione del cazzo, non c’è che dire. Ah ah.
A parte gli scherzi, il Festival è stato inaugurato da Lacci di Daniele Luchetti, grande amico di Nanni Moretti.
Mentre io, grazie alla mia personale psicanalisi, assai più valida di ogni teoria freudiana ed elucubrazione lombrosiana sulle principali istanze della personalità, tematica al centro di Tre piani, abito al quarto piano e, ultimamente, io e la mia lei, quando ci amiamo e ci denudiamo, non è che, a dirla tutta, ci andiamo pianissimo.
Diciamo che io spingo abbastanza anche se, finito che abbiamo io e lei di amoreggiare in modo selvaggio, lei sostiene che Al Pacino sia sempre stato più bravo di De Niro.
E io, a mo’ di Moretti di Aprile, le rispondo:
– Sì, ed è sempre più basso.
No, non sono ancora a Venezia. Me ne recherò il 5 da accreditato stampa. Non posso permettermi tutto il Festival. Gli alberghi non poco costano.
Davvero pensavate che fossi figlio de Il caimano?
Sono un pasticcere trozkista e, a mio avviso, Silvio Orlando è un grandissimo.
Vi ricordate la sua battuta in Ex?
– E con questo stai? È pure brutto!
– Ha parlato Brad Pitt!
Io mi differenzio da Silvio per due motivi. I seguenti:
Brad Pitt non ha mai scritto un libro, recita peggio di me e, al Festival, vi va da piacione.
C’è una grandissima, immane differenza fra un sex symbol e un Falotico.
Io, se fossi in voi, sceglierei il Falò.
Se dite che non è così, beccatevi questo mio video e ci vediamo alla prossima.
Sì, non sarò mai Brad Pitt e C’era una volta a… Hollywood non è un granché.
Ma io batto Leo DiCaprio di Titanic soltanto di mia Voglia di ricominciare.
Comunque, fidatevi, This Boy’s Life è un film mediocre.
È meglio il film che sto concependo in tale mio momento esistenziale. Intitolato provvisoriamente Voglia di fottere…
Ve ne do un’anticipazione. Sarà la storia di vari uomini invidiosi del Falotico. I quali, malgrado molti universitari titoli, non sono accreditati stampa, non hanno nessun libro all’attivo, non sono combattivi ma hanno crescentemente i fegati distrutti.
Al che, in preda alla follia più totale, perseguitano il Falotico nel tentativo patetico di volerlo destrutturare e abbattere.
Peccato che io ami anche Ronin.
E, con morbida nonchalance, passeggio vellutatamente, leccando un gelato e non solo…
Non so cosa farò del mio Falò in questa vita ove ce n’è sempre una…
Intanto, faccio cose, vedo gente.
Sono un Ecce Bombo, un Bombolo, un uomo che ama un bombolone alla crema ma anche una donna più dolce delle facce da cioccolato scaduto di molti di voi.
Sì, ho capito una cosa importante in questa mia stranissima vita.
Io devo aiutare gli altri quando vanno giù e loro parimenti devono aiutare me.
Solo attraverso ciò si è veri amici. Così come insegnano Nanni Moretti e Daniele Luchetti.
Altrimenti, se continuerete a essere egoisti e narcisisti, stronzi e qualunquisti, canterete solamente La Mer.
Non sarete artisti di niente, sarete solo delle mer… e.
E mi spiace davvero deludere tante persone.
Avevo ragione io.
Sono un poeta, un romantico. A dirla tutta, non vi vedo neanche. E mi pare giusto che i dementi abbia io sputtanato.
DiCaprio è vincibile da me e l’isola di Capraia è fighissima…
Abbiamo pure visto, in questi giorni, il poster ufficiale di Diabolik.
Hype alle stelle! Ma mi faccia(no) il piacere. Ci mancavano solo i Manetti Bros. Con quel trimone di Luca Marinelli, con la regina delle sciacquette, ex Miss Italia dei suoi stivali e dell’italiano medio da stivalone italicus, ovvero Miriam Leone, cioè per dirla alla Carlo Verdone, un puttanone. E, a proposito di “top” delle tope da Bianco, rosso e verdone, abbiamo pure Claudia Gerini.
Ah, questi mi fanno girare i co… i, odio questi “girini” da girotondini raccomandatissimi. Di mio, mangio un grissino e sono versatile come il principe Antonio di Totò Diabolicus.
di Stefano Falotico
La top ten dei miei film preferiti dello scorso anno: siamo sicuri che sia così insuperabile il Cinema orientale? Mah, forse sì
Premettendo che ancora non vidi (sì, uso il passato remoto apposta) Parasite, domenica scorsa assistetti al colorato discorso di Federico Frusciante su Tetsuo di Tsukamoto. Che è giapponese come Takeshi Kitano. Fuori dal Mikasa Club, ove si tenne la sua presentazione cinematografica, gli accennai brevemente proprio in merito a Kitano. Chiedendogli espressamente se consideri Achille e la tartaruga un grande film. Lui mi rispose:
– Be’, è Arte pura.
Il che significa tutto e significa al contempo nulla. Vi fu un tempo in cui Kitano fu un regista indiscutibile.
Ci furono però annate, prima della sua sottovalutata trilogia di Outrage, in cui molti dubitarono della sua genialità. Poiché, sebbene largamente apprezzate, pellicole troppo personali come Takeshis’ e Zatôichi, più che Arte pura, apparvero sinceramente coma masturbazione mentale impura, nel senso non di atto impuro, bensì di opere imperfette e/o irrisolte.
Forse, concettualmente geniali ma talmente, per l’appunto, ermeticamente agganciate alla sua poetica soggettiva che, agli occhi anche dei suoi fan più sfegatati, sembrarono di primo acchito, più che figlie del genio, partorite semplicemente da un neuronale blob kitaniano di matrice ghezziana.
Infatti, al caro Enrico Ghezzi piacquero da morire e, più del dovuto, le magnificò ed eresse, forse erse, ah, i dubbi da Hermann Hesse, in auge.
Ora, chiariamoci. Non è vero, a differenza di come, in tal caso non semplicemente, bensì un po’ semplicisticamente, generalizzò Frusciante, ma lo capisco, fu costretto per brevità a eccedere di sbrigatività, che i film provenienti dall’Oriente siano superiori a quelli occidentali per il semplice fatto che, nelle terre del Sol Levante, non s’è avvezzi all’italiota manicheismo e al più becero qualunquismo. Spesso relativistico.
Dobbiamo dirci la verità senza farci prendere e assalire da esterofilie e orientali manie connotate di semplicismo e superficiale esaltazione anti-patriottica. Non facciamo i leninisti, sì, è vero, basta coi vetusti latinismi ma dovremmo smetterla anche col dire che, a proposito de L’insostenibile leggerezza dell’essere, l’ex stupenda modella tedesca Tatjana Patitz, solo perché diretta da Philip Kaufman in Rising Sun con Sean Connery e Wesley Snipes, sia meno affascinante di Céline Tran, in arte, qui eccome se impura, ribattezzata Katsuni.
Nel lontano 2006, per esempio, chiesi a un mio amico di Monselice, del quale già vi parlai innumerevoli volte, perché mai considerò Katsuni più sensuale delle super statunitensi attrici altrettanto non geografiche ma solo pornografiche.
– Perché mai – gli domandai, infatti – Katsuni ti piace di più delle sorelle Ashley e Angel Long?
La sua risposta fu questa:
– Perché sono un uomo da Tokyo Fist e da Tokyo Decadence. Sto anche scrivendo un libro intitolato Tokyo nera in cui parto da Paperino della Disney per arrivare a un delirio e trip visivo-letterario da Cinema di Takashi Miike.
Gli replicai così:
– Non è che invece, più che uomo da Sonatine, sei già molto suonato e, più che amante della bellezza non solo femminile, bensì artistica e in senso lato, non intendo quello b, inoltre più che essere tu un esistenzialista malinconico alla Hana-bi, sei invece in fin dei conti il miglior amico del Beat de L’estate di Kikujiro?
– Che vorresti dire, Stefano? Che sono un bambino?
– Voglio dire che la bellezza non ha confini erotici, no, esotici. È bona Katsuni ed è molto buono il romanticissimo Dolls, però sono buone anche le sorelle Long.
– Ah, Stefano, tu la sai lunga…
Ecco, detto ciò, dopo questa mia spiritosaggine, più che da Philip Kaufman, da Jim Carrey di Man on the Moon, cioè Andy Kaufman, a essere proprio sinceri, i film di Ki-duk Kim sono noiosi non perché noi siamo italiani e quindi fatichiamo a capirli. No, non è per questo. I film di Chan-wook Park sono decisamente più belli. Ed entrambi, guardate bene, sono cineasti sudcoreani.
Ora, in Italia abbiamo quella merda del Festival di Sanremo, le polemiche su Morgan, i cachet esagerati a Benigni da Zio Paperone, l’esagerata e plastificata, esaltata Diletta Leotta (comunque una carina Minnie con grosse minne per ogni Mickey Mouse che si crede un latin lover come il Mickey Rourke che fu), abbiamo gli improponibili Gabriele Muccino, troppi cappuccini e quella Nonna Papera, che si crede pure figa, di Paola Cortellesi.
Dobbiamo però anche dire che l’Italia e il nostro Cinema possono vantare film, sebbene pochissimi, che riuscirebbero benissimo, già peraltro alla grande riuscirono, a rivaleggiare nelle maggiori competizioni perfino coi migliori film cinesi, thailandesi, nipponici e via dicendo.
Per esempio, Lo chiamavano Jeeg Robot, solo perché fu scritto da un guaglione dal cognome Guaglianone, non potrebbe battere, secondo voi, in un solo colpo da Ken il guerriero, maestro della sacra scuola e disciplina di Okuto, Ronin di John Frankenheimer? In effetti, no. Ah ah.
Ecco, ciò per dire che esistono i grandi capolavori della Settima Arte orientale ma non è vero che il Cinema migliore sia soltanto quello oltre i nostrani confini e quelli statunitensi.
Non facciamo di tutta erba un fascio, amico Frusciante.
Ecco comunque la mia top ten in ordine sparso:
Joker di Todd Phillips: quando Arthur Fleck, poco prima di ammazzare sua madre, cammina con l’impermeabile in stile Unbreakable sotto la pioggia notturna, la fotografia acquosa e molto piovigginosa, su luci al neon fluorescenti e melanconiche, batte ogni frame di tutte le pellicole di Kar-Wai Wong.
Dunque Richard Jewell di Clint Eastwood. Con tutto il bene che voglio a Scorsese e a Tarantino, il film di Eastwood è più struggente, in una parola, più bello di The Irishman e più tragico di C’era una volta a… Hollywood.
Ecco, finita la top ten.
– Che cosa? E gli altri otto film dove li hai messi?
– Ecco, ragazzo, conosci il dialogo finale di Per qualche dollaro in più?
Colonnello Mortimer: Che succede ragazzo? Il Monco: Niente vecchio, non mi tornavano i conti. Ne mancava uno.
– Qui ne mancano otto, però. Stai scherzando, vero Biondo… tu… mi vuoi fare uno scherzo, eh?
– Non è uno scherzo, è una corda. Su, avanti, mettici dentro il collo, Tuco.
Insomma, Il buono, il brutto, il cattivo è onestamente più bello de La tigre e il dragone.
– Ma che risposta è, amico? Che pensi di essere il più bello?
– No, figurati. Non lo penso affatto. Ci mancherebbe. Lo sono.
Toglimi però una curiosità. Davvero tu pensi che ogni film orientale, anche il più trash, sia sempre inappellabilmente meglio di ogni altro film di un altro continente?
– Sì, credo proprio di sì. Perché sono più intelligente degli altri e questa è la verità.
– Perfetto, apposto. Dunque, sei più scemo di quello che pensavo.
Spesso, amico, assomigli a Kitano. Non come regista ché non si discute. Per quanto invece riguarda la sua recitazione come attore, eh sì, è più espressiva la facciata di una stampante degli anni novanta.
– Ma che ne vuoi sapere tu di Cinema orientale?!
– Mi ricordo che vidi Exiled del grande Johnnie To al Festival di Venezia del lontano 2006. Magnifica storia d’amicizia girata con riprese alla Michael Mann e un finale tarantiniano alla Sergio Leone.
Amico, invece che ne pensi di Windtalkers di John Woo? A me ha sempre commosso la scena nella quale Joe Enders/Nicolas Cage osserva, stupito e incredulo, Ben Yahzee/Adam Beach che prega il suo dio. Insomma, due culture agli antipodi che d’empatia si compenetrano. Poiché forse l’amicizia e l’umanità, l’amore e il dolore della condizione umana sono un libro di Yoshimoto Banana.
– E noi due invece chi siamo? Jean Rochefort e Johnny Halliday de L’uomo del treno (L’homme du train) di Patrice Leconte?
– Mah, amico, a me dicono che sia un bimbo favolista da Fantaghirò. Detta come va detta, Alessandra Martines, la donna del Leconte, m’ha sempre eccitato oltre ogni Racconto dei racconti da Garrone.
Quindi, vedi di non farmi girare i coglioni perché, altrimenti, potrei diventare Johnny Halliday di Vendicami.
– Ah, certo che tu ne sai di Cinema. Comunque, è meglio Ryan Gosling di Solo dio perdona.
– Può essere, non lo so. Adesso, ficca nel lettore dvd il film Brother.
– Ah, te la tiri da Alain Delon di Frank Costello faccia d’angelo, invero sei solo un coglioncello.
– Invero, Alain annunciò il suo ritiro ma dovrebbe invece presto girare il nuovo film del Leconte con Juliette Binoche.
– Che vuoi dire?
– Che Juliette è bella.
di Stefano Falotico
Omaggio al grande Rutger Hauer, la mia vita da replicante ricorda la Total Recall delle mie origini da Paul Verhoeven
Sono specializzato, d’altronde, nelle freddure.
Ebbene, lo sappiamo. Se n’è andato anche un altro maledetto per antonomasia.
Ovvero, il grande Rutger Hauer, protagonista di tante pellicole memorabili, altresì onnivoro, cinematograficamente parlando, d’innumerevoli schifezze.
Born:
January 23, 1944 in Breukelen, Utrecht, Netherlands
Died:
July 19, 2019 (age 75) in Netherlands
Ora, nato a Breukelen, vale a dire in Olanda, cioè i Paesi Bassi ove purtroppo abitano a tutt’oggi molti italiani che, semmai, stazionano fisicamente a Milano ma nel cervello sono poco statuari, diciamo.
Breukelen, da non confondere dunque con Brooklyn, chiamata a sua volta da quelli di Little Italy as Broccolino.
Voi siete sempre brocchi e poi, umiliati da voi stes(s)i, sbroccate. Dando voce al peggio delle vostre bocche sboccate.
Abbisognate di più bocciature.
Di mio, sono bassino, solo uno e 68, portabile al metro e settanta se indosso scarpe da ginnastica coi tacchetti e potabile a uno e sessanta dopo una giornata di merda per cui ho la schiena a pezzi.
Sì, m’ingobbisco, mi rannicchio e soffro tutte le osteoporosi possibili.
A me furono fatte peraltro varie diagnosi totalmente erronee e ora erro, anti-eroe, in una zona di prognosi riservata, in uno spazio-tempo melanconico simile al celeberrimo monologo finale di Blade Runner.
Per cui s’utilizzarono molte scene di Shining. E ho detto tutto…
Sì, vago da Lupo solitario come il primo film da regista di Sean Penn, ricordando che fui young e ora sono un Indiana Jones solo delle mie tempie maledette, distrutte da emicranie che mi donano, si fa per dire, una semi-paresi facciale da Ryan Gosling di Blade Runner 2049.
Questo Ryan, cazzo, non muove un muscolo facciale ma riesce a essere più carismatico di Takeshi Kitano.
Kitano soffre, per caso, della paralisi di Bell? E allora come mai non è bello come Gosling?
Sì, l’ho già detto ma lo ripeto. In Drive, Gosling ha recitato invero il remake di Hana-bi – Fiori di fuoco.
In realtà, la storia è molto diversa. Ma le atmosfere di Nicolas Winding Refn ricordano molto quelle malinconiche del capolavoro kitaniano par excellence.
Insomma, se proprio vogliamo sintetizzare, alla buona, la trama di Drive:
un uomo che, a prima vista, potrebbe sembrare Kurt Russell di A prova di morte, si dimostrerà esattamente il contrario. Laddove Kurt fu misogino e testa di cazzo sfasciacarrozze, Gosling sogna invece con Carey Mulligan solo un amore pirotecnico da fuochi passionali assai poco artificiali, dei fiori di figa per farla breve, ma fanno fuori il suo unico amico, quello sposato con la sua prediletta con cui non finì mai a letto e scoppiò un bordello.
Sì, su per giù, questa è la trama.
Abbiamo anche quel brutto uomo di Hellboy, Ron Perlman. Ancora una volta nella parte dell’uomo a cui nessuna donna assennata, di sesso assetata, direbbe… ehi, sei un playboy, di nome Nino.
Mentre ne Il nome della rosa fu Salvatore di nome ma non di fatto per sé stesso. Tant’è che lo bruciarono vivo.
Ah ah.
Di mio, per anni m’hanno ridicolizzato, trattandomi da bambino quando invero avevo già un ottimo cosino, mi sfottevano, urlandomi:
– Ehi, Stefanino, anche oggi l’hai pigliato nel c… ino?
Sì, guardate, uno schifo. Una vita piena di botte…, mie mezzeseghe.
Ma andiamo con calma. Sempre meglio comunque che finire come quei minchioni esaltati che vanno soltanto, da mattina a sera, a mignotte.
Vado dallo psicanalista e mi sdraio sul lettino. Lo psicanalista è un uomo, non è dunque Lorraine Bracco dei Soprano…
– Allora, qual è la diagnosi del cazzo, dottorino?
– Falotico, lei non soffre di nulla.
– Ah no?
– No, ma se continuerà per la sua strada, farà la fine di Ray Liotta di Quei bravi ragazzi.
– Non è un grosso problema. Sempre meglio che finire come Joe Pesci.
Guardi, le sarò franco. Se io fossi davvero un gangster come James Gandolfini, lei sarebbe la mia Lorraine. Potrei pure innamorarmi di lei. Ha delle gambe stupende. Ma Lorraine è una gatta da pelare. Ottima figa, per carità, ma l’ha mai visto Tracce di rosso? In quel film, Lorraine tocca l’apice della gnocca, ma che zoccola…
– Dunque, che vuole fare nella vita?
– Non lo so. Canterò Luna di Gianni Togni e Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano. Anche Gianna!
– Un po’ pochino, Stefanino.
– Sì, ma vale la pena elevarsi? Ci si brucia presto. Pensi a Roy Batty…
Io ne ho viste cose…
– Ah sì? Mi racconti. Sono interessato. Mi tolga anche una curiosità. Ha visto anche molte cosce?
– Sì, gliel’ho detto, Lorraine Bracco ha un paio di cosce, almeno le aveva, da guinness dei primati. Sì, vai da Lorraine, lei è mora sebbene spesso si tinga di biondo, le offri una bionda, lei ci sta e diventi un primate.
Forse, sei talmente eccitato, da battere pure ogni primato.
– Cioè? Questa non l’ho capita.
– Ah, lei non ha di questi problemi. Con quella faccia… sembra Billy Crystal di Terapia e pallottole, lo sa?
– Ecco, a parte gli scherzi, mi dica. Lei mi ricorda la ragazzina di Ecce Bombo…
– Sì, faccio cos(c)e, vedo gente…
– Sostanzialmente, non fa niente.
– Diciamo che mi arrangio. Non sono un Soldato d’Orange.
Che poi, caro mio, uno crede all’amore e a dio ma è capace che un vescovo gli lanciai una maledizione da Ladyhawke.
Sì, ad Aguillon, preferisco gli aquiloni.
Comunque, è un casino essere un uomo, sa? Ci sono dappertutto degli attentatori dei nostri volatili…
Per dirla alla Lino Banfi, sono volatili per diabetici, cioè cazzi amari.
In Ladyhawke, Hauer è un falco, in Nighthawks è uno psicopatico che ammazza quelle più bone come Michelle Pfeiffer.
Al che interviene lo Stallone en travesti.
Cioè, per ammazzare questo porco che uccide come ne Il silenzio degli innocenti, indossa i panni di Buffalo Bill.
Il silenzio degli innocenti è un film reazionario, peggiore di Cobra.
Scusi, lei è uno psicanalista, giusto?
Mi spieghi il finale.
Allora, questa Clarice Starling va in manicomio… da Hannibal Lecter. L’unico che può aiutarla a capire la mente di Buffalo.
Che cazzo se n’è fatta di tutte quelle splendide delucidazioni, se poi, anziché aiutare Buffalo e curarlo, lo ammazza come una Furia cieca neanche avesse di fronte il protagonista di The Hitcher?
Buffalo non era un matto incurabile come John Ryder, era un uomo con dei problemi. Lei doveva salvarlo.
Peraltro, Jodie Foster è pure lesbica… sa com’è? Poteva addirittura sposarsi Buffalo. Avrebbero vissuto felici e contenti.
– Secondo me, Falotico, di lei nessuno ha capito chi sia davvero.
Lei è forse Andreas Kartack de La leggenda del santo bevitore.
Ma non voglio santificarla. Lei è un peccatore come tutti.
Sa che Anthony Hopkins, prima di vincere l’Oscar per il menzionato film di Jonathan Demme, era come lei, in questo momento?
Sì, pensava sempre al suicidio. Era perfino alcolizzato. Lei non è alcolizzato ma tabagista, questo sì.
Ora, il nostro colloquio è finito. Alla prossima.
Ma, prima di salutarla, mi dica… le piace ancora Cristina Quaranta?
– Certo. Come fa a saperlo?
– Ho appena visto il suo video su YouTube. Quali sono le sue bionde preferite?
Anche Katarina Vasilissa de L’uomo che guarda è stata un mio must per an(n)i.
Gliela faccio io, ora, una domanda.
Che ha da guardarmi?
– Lei mi piace, sa?
– Ah, ora capisco il significato del termine psic-ANAL-ista.
Non mi rilascia neanche la ricevuta fiscale.
Morale della favola:
mai pensare di avere a che fare con un agnellino quando invece hai dinanzi uno con una mente che ti sbrana.
di Stefano Falotico
Dario Argento presenta i mostri di Stranger Things 3 ma nella vita come si sconfiggono i mostri veri? O forse fake? Di mio, sono un guerriero da Sol levante
Quanto hanno dato a Dario quelli di Netflix per recitare delle banalità in cui, con aria ieratica da monaco del Tibet, aplomb da lord un po’ rincitrullito e aura da regista altisonante di Suspiria e Inferno, con lentezza disinvolta snocciola sciocchezze a buon mercato, citando John Carpenter, Tobe Hooper e George Romero?
Dario Argento, un uomo, un mito.
Molti credono che Argento sia di Torino. Dario è romano al cento per cento. A Torino ha girato solo alcuni suoi capolavori. Perfino non integralmente.
Ma voi, italiani, ragionate per luoghi comuni. Accostate l’esoterico Cinema avanguardistico che fu di Dario alla città dei misteri per antonomasia, vale a dire appunto Torino.
Scambiando la Mole Antonelliana per una mula veneziana di nome Antonella.
Sì, leggo commenti su Facebook, sotto le foto delle belle donne, da raccapricciarmi. Poiché fingete di essere incapricciati di una donna riccia e le scrivete le solite frasi da ciarlatani con in mano la pizza e sulle maniglie dell’amore tanta bisunta ciccia.
Io posso essere capriccioso, in quanto malmostoso e anche, se voglio, bello e focoso.
Voi invece non sapete corteggiare le donne e ululate insonni le vostre scemenze sotto le immagini di quelle che si scalderanno, quest’estate, con uomini più alti di voi, poiché siete omuncoli che state sempre al livello del mare.
Cioè siete terra terra…
Ah, che lato b immortalato mentre il tramonto scandisce l’attimo della tua poesia in movimento.
Questo è il commento tipico del vostro italiano cafone che si crede Casanova e invero vive in una casa vetusta. In una catapecchia. Meglio allora il mio amico di Civitavecchia. Uomo senza peli sulla lingua.
Mentre voi siete pericolanti come un tugurio fatiscente pericoloso, in quanto presto crollerete e colerete a picco. Guardate, non vi picchio perché mi sporcherei le mani.
Sì, la dovreste davvero finire. Siete perfino imbarazzanti. Io invece posso permettermi di parlare con donne marine forse di Igea Marina, in quanto io affogai nell’oceano della depressione più nera, al cui confronto i thriller psicologici di Dario sono pellicole comiche da bagnomaria, sì, mi tuffai nella perdizione di me stesso e poche volte al sole steso, ma riemersi abbronzato e ancora amato. In una parola, fui teso e, miei tesori, con le donne tesissimo. Miei tenerissimi.
Vado infatti da una donna e l’approccio così…
Se lo fate voi, lei vi annega in un fiume d’insulti.
Io invece posseggo il carisma dell’uomo che può tutto, in quanto galleggio a Viareggio con una donna carnevalesca e poi ancor non mi correggo, facendo l’amore anche con una di Correggio.
Fra le vostre mascherate, io non uso trucchi ma tutte le strucco, io ho il classico, magico tocco.
Sono insomma incorreggibile.
Adombrato nella notte più cupa che gorgogliò nel blu dipinto di blu dei miei pleniluni senz’apparente speranzosa luce diurna, uscii dalla mia catacombale urna e, come Dracula, non quello però di Dario, divenni ancora un uomo 3D.
Io sono io.
Mi spiace per voi, blob (non) viventi come il Mind Flayer.
Leggete anche questa.
Sì, ho molte persone che mi odiano. Mah, l’odio, lo iodio, il mar ionico.
Questi mi paragonano a Fantozzi. Non direi proprio.
Insomma, se uno è Bruce Lee, non può essere come quel panzone lì.
Scusate se sono successe cose strane…
Sì, sono anche come Takeshi Kitano.
Ieri, al bar cinese-giapponese-coreano-pechinese è successa una mezza rissa con me protagonista.
Chuck Norris le ha prese. Io, anche nel cesso, divento sempre più giovane. Voi rimanete dei cessi pure nei bagni di Rimini. E ho detto tutto. di Stefano Falotico
Visualizza questo post su Instagram
A domani #tonight #tomorrowland Un post condiviso da Stefano Falotico (@faloticostefano) in data:
Fidatevi, è meglio essere un latinista che un latin lover, meglio essere un Kitano che una cagna
Sì, nella mia vita, fratelli e sorelle della congrega, ne ho viste poche ma ne ho ascoltate parecchie.
Il novanta per cento delle donne vogliono solo i soldi, tutti gli uomini vogliono quella. E su questo non ci piove.
Nella mia vita, ho visto e sentito uomini dire che Tony Scott era meglio di suo fratello Ridley e che Benedetta Parodi è più sexy della sorella Cristina.
Davvero un’umana parodia. Come si può soltanto paragonare un filmaccio come Revenge col peggior film vendicativo di Ridley, ovvero Il gladiatore?
Revenge col Costner valeva il prezzo del biglietto solo per le gambe fenomenali di Madeleine Stowe. Una per cui, anche se saprai di essere l’ultimo dei Mohicani, accetteresti pure lo scalpo e il fallo, no, fatto di rimanere scapolo pur di passare con lei l’ultima notte ficcante della tua vita.
Sì, Cristina Parodi ora è un po’ invecchiata ma, al pari di Madeleine, possedeva un paio di cosce tali da corrompere anche il bravo Giorgio Gori. Uno che forse non ha lo stesso sex appeal di Richard Gere ma che con Cristina non è mai stato certamente un ghiro. Sì, di notte, fra le loro lenzuola pullulavano orgasmici ghirigori. Fidatevi.
Stesso discorso dicasi per l’antipatica ma indubbiamente notevole Ilaria D’Amico. Una che ha reso Buffon proprio un buffone e che l’ha data persino a Bruce Willis ma non a Fabio Caressa. Che sta appunto con la sorella di Cristina, Benedetta.
Sì, Fabio, così come proverbialmente dice alla fine del primo tempo delle partite di Calcio ai telespettatori, ovvero, le squadre vanno al riposo e i giocatori si bevono un tè caldo, dopo aver fatto l’amore con la sua compagna, dice lei che, dopo essersi riposato, gli deve preparare una colazione secondo le sue storiche ricette. Solo dopo aver mangiato come un ludro, può concedere a Benedetta i supplementari.
Sì, noi uomini siamo dei coglioni, abbocchiamo alla prima che mostra un bel paio di quadricipiti e tifiamo per gente pallosa che prende a calci le palle, spezzando i menischi dei disoccupati che li riempiono pure di soldi.
Le donne sono perlopiù delle stronze. Vanno dal loro maschio dopo che sono andate con altri cinquemila individui elaboranti i gameti col testosterone e anche i gemiti per gli estrogeni, e sono gelosissime se il loro uomo guarda le altre donne. Però, nel frattempo, amano farsi guardare pure dalle lesbiche in un gioco di provocazioni interminabili.
Insomma, delle pazze isteriche al servizio di leccaculo.
Sì, io commisi un solo errore nella vita. Quello di aver scopato.
Ah ah. Sì. Da allora, persi ogni passione per il Cinema di Miyazaki e divenni un Porco Rosso.
Tutte le mie malinconie da Takeshi Kitano e il mio adulto infantile come ne L’estate di Kikujiro, cazzo, andarono a farsi fottere.
Lei, in preda a paranoie incredibili, mi telefonava in piena notte, chiedendomi se mi stavo scopando un’altra. Per tranquillizzarla, le dicevo che stavo riguardando Hana-bi quando invero stavo rispolverando sia Anna che Julianne Moore di Boogie Nights. Una che mica si accontenta di un cazzone qualsiasi, pretende il massimo.
E qui ci sta tutto il mio umorismo nero da vero Beat.
Lei sapeva benissimo che stavo mentendo. Sì, sinceramente non stavo né guardando il capolavoro di Takeshi né scopando nessuna. Stavo solamente sognando.
Ah ah.
E lei mi aveva appena rotto i coglioni.
Sì, per me è stata una tragedia andare a letto con una. Da allora, tutte le donne vogliono venire a letto con me. Peraltro, pure gli uomini, questi omosessuali maniaci e bisex.
Sono cazzi davvero amari, fratelli e sorelle.
Devo diventare come Gesù Cristo, donarmi all’intera umanità e moltiplicare il mio pesce.
Faccio quel che posso, non chiedetemi un miracolo che non sta né in cielo né in terra.
Ha fatto bene Bob De Niro a rifiutare la parte dei due ginecologi gemelli omozigoti nel film Inseparabili.
Di Bob De Niro ce n’è uno solo, unico e inimitabile.
Di uomini come me non c’è nessuno.
Già, è stato un errore essere nato in questo mondo di uomini e donne, di animali e alberi, di gente inalberata e a vicenda inculata.
È solo un porcile.
Sì, sono un uomo antico, di un’altra epoca, un uomo latino.
Che vive nel suo temp(i)o.
A me di questi fottuti tempi moderni non piace niente.
di Stefano Falotico
Sfatiamo tutti i luoghi comuni, senza eccezione alcuna, evviva il Beat!
Partiamo col dire che ho capito che, nonostante mi sforzi e menti a me stesso, per quanto disordinatamente tenti di fare la persona normale, la normalità non mi si addice. Per mia natura imbattibile e incurabile, sono sempre attratto dai matti, dalla gente povera, dalla gente disperata che ha perso il senno da parecchio, e passa le sue giornate a vomitare i suoi dolori, veri o presunti, sono affascinato dagli ipocondriaci, dai malati di mente, da chi è convinto che il mondo non sia riducibile soltanto ai soldi e alle scopate. Sì, furiosamente li cerco, mi annetto alle loro problematiche, li capisco, li osservo e un po’ condivido i loro stati afflittivi, le loro vite asfittiche, sfortunate, incazzate, vite di uomini gelosi che sbraitano, di gente che lavora per un po’ e poi molla tutto per godere della solitudine dei cazzi propri, la gente che non si copre di maschere per farsi accettare, la gente che inveisce, poltrisce, gioca col suo cervello sin a spaccarlo in mille pezzi, gente delirante, naufraga del proprio destino irreversibilmente spezzato, tranciato, gente che si è buttata via e starnazza, si commuove per una canzone stupida, che non misura il tempo, gente che ha amato farsi tagliare fuori, perché tanto non aveva l’anima per mercificarsi alle etichette, alle regole false di un mondo ipocrita, gente che non ti ammicca per farti contento, che non torna indietro sulle proprie scelte, e persevera negli errori, perché paradossalmente sta meglio nella sofferenza che nel godersela. Per loro godere significa essere persone inquiete, irrisolvibili, complicate, fastidiose, sempre fuori posto, incoerenti, contradditorie, che disdegnano la maggior parte della socialità perché sono stanchi di leccare il culo al prossimo, e quindi si tengono i loro sogni fustigati, contratti, compressi e umiliati nelle proprie viscere, e poi si sviscerano esplosivamente, dichiarandosi veri, umani. Persone ricattabili, perché non hanno quel titolo di studio che permette loro di tirarsela, di giocare coi sentimenti altrui, gente che non si prostituisce alle fasciste istituzioni per ottenere migliori vantaggi, gente che tossisce, latra e di cazzate si stordisce. Gente difficile, sempre con qualche guaio, quasi mai nel pollaio, anche se viene presa per polla, per fessa, per tonta, per matta.
Sì, son sempre più annoiato. Su FilmTv esce la recensione di Gervasini su Hostiles. Gervasini, uno specializzato nei western. Anche Gervasini credo sia pazzo, tutto sommato. Non me lo vedo in una palestra a tirar su di pesi e a far il gallo. Me lo vedo triste, incupito, a sognare la Monument Valley di John Ford, rifiutato dalle donne che lo reputano troppo romantico per soddisfarle. Perché le donne sono quasi tutte delle puttane. Vogliono stare “bene”, infatti la maggior parte di esse, se non riesce a farsi mantenere da uno che “tiene la fatica”, si dà a lavori “pedagogici”. Sì, non riuscendo a risolvere i loro buchi esistenziali e anche sessuali, dicono di stare bene nel fare del bene al prossimo. Ma la smettessero e amassero James Remar dei Guerrieri della notte, una merda d’uomo, un folle! Ah ah! Mito!
Sì, m’invitano a una festa. Non c’è dubbio che ci vada. La gente dovrebbe smetterla di sballarsi e ballare, tutte queste bellocce con le bocce che non son mai state bocciate perché la davano ai professori, che stanno con dei tamarroni e poi dicono che leggono Freud. Via dal cazzo! Una sana cura Ludovico servirebbe a queste qua. Ve lo dico io.
E poi questi maschi donnaioli, che pur di trombare fanno i simpatici. Anche questi vanno spediti in manicomio, fidatevi.
Poi ci sono i maniaci del fitness. Secondo me sono dei pornoattori, e non si può obiettare sulla mia affermazione. Se qualcuno obietta è abietto.
Sì, i cretini pensavano che se avessi scopato mi sarebbe piaciuta la vita. A me, a modo mio, è sempre piaciuta la vita, ma non sono un fanatico della figa, e neanche del culo. Preferirò sempre Val Kilmer de L’uomo di neve, completamente partito col cervello, alle barzellette.
Non può esistere amicizia fra uomo e donna? Invece sì. E vi dimostro perché. Kathy Bates è grassa, obesa, fa schifo, ma è una grande attrice e mi dà l’idea di essere una persona affabile. Ci perderei ore in chiacchiere e, se mi chiedesse di scoparla, non accetterei neanche a peso d’oro. Però sarebbe un’ottima amica e ci faremmo un sacco di risate. Quindi, l’amicizia fra uomo e donna può esistere solo se non c’è attrazione sessuale? Mah, per quanto mi riguarda, è già troppo che qualcuno mi attragga, sulla questione sesso lasciamo stare. Perciò, diciamo che secondo me può esistere. Potrei essere amico anche di una stangona 90-60-90. Che scopasse chi vuole. Sono un uomo da Le onde del destino.
– Sai, abbiamo passato del tempo spassoso assieme ma ora il mio uomo mi aspetta. Posso andare?
– Vai, forza su, e fattene anche altri. Basta che non mi rompi i coglioni. Dai dai.
Sì, sono fatto così, oramai non c’è verso… vado da un bambino e lo incito a guardare i film con Van Damme. Sua madre mi dice che sono poco educativi.
– Ah, scusi, a quell’età che deve guardare? Cenerentola? Ma per piacere. Un bel filmaccio di calci e pugni ci vuole, e suo figlio crescerà sano. Mi dia retta. E se, a dodici anni, lo scopre che inizia a masturbarsi, lo sproni a masturbarsi di più Si fidi, è tutto grasso che cola.
Ma che razza di visione del mondo è mai questa? È la mia visione, e non indosso il visone. E sparatevi questa collezione.
Guarda che cesso che è Kitano. Un pazzo, come piace a me. Che non sai mai cosa aspettarti da un deficiente di questo livello. E questo è genio puro!
Lei vada a lavare i piatti, che aspetta?
– Ma lei è fuori di testa, lo sa?
– Lo so. E peraltro l’ho sempre saputo. È lei che è un puttaniere e pensa di essere Bergoglio. Questo lo sapeva? Se non lo sapeva, la informo io.
– Lei si deve adattare!
– Vada ad adattare quella zoccola di sua moglie. E glielo “adatti” come si deve. Lei mi ha detto che non riesce più ad “adattarglielo”.
– Come fa a saperlo?
– Lo so e basta.
– Lei è da curare!
– Sì, inculati.
di Stefano Falotico
Venezia 74 sta per finire e sfinirvi, John Woo e Kitano, io sono Takeshi’s
Sì, non so se avete visto quel film del Takeshi, perla che Ghezzi amò più della sua cura dal Parkinson. Ritrae, in mirabile perfezione disordinata, il caos entropico che il mio cervello rappresenta agli occhi di molta gente che (non) mi conosce. Un gioco strabiliante di cazzate talmente folli da apparire come un capolavoro imprescindibile. Sì, come me, capodopera di fattura “anomala” da uomo che naviga nella realtà attaccandosi spesso al tram a differenza di molti che si attaccano ai trans. Siate “tranvieri”, non traviati, fate della vostra vita un travaglio, si spera non Marco, quello è troppo polemico e dimagrisce a “macchia d’olio” di Ricino che non beve. Io uso quello di semi di arachidi, cibo preferito dalla scimmie, da cui mi elevo per un indubitabile naso pronunciato e, quando prendo dei chili, per un doppio mento che però non si appesantisce mai di mente grassa. La mia mente è snella, fluida, e attraverso le mie corde vocali pronuncia Javier Bardem come XAVIER, alla francese, per vezzo personale del render lo spagnolo qualcosa di più elegante delle giocate del grande ex centrocampista Javi. Kitano ha finito la sua trilogia, qualcosa di non impeccabile ma di forza stilistica parimenti stronzeggiante un rutto libero dopo tante malinconie alla Hana-bi. Sì, ieri notte ho fatto un sogno, che ancor nei suoi strascichi mi devasta e intorpidisce la solarità cupa del mio animo così come una figa aperta di una vecchia turba la mia pace col Mondo. Ero regredito all’adolescenza mia più tormentata, e mi volevano “appioppare” la patente di studente in ritardo. Allorché conobbi un uomo di strada che mi disse che la mia mente è qualcosa di prezioso e va “tutelata” come quella degli X-Men. E che in vita mia, libero da obblighi di ogni “topo”, avrei fatto quel cazzo che volevo. Rimasi stupefatto, “stupido” e anche stupito, e mi risvegliai in un bagno di sudore. Mentre facevo quell’incubo una donna mi aveva trombato.
Insomma, amate John Woo e, se non siete felici della vostra faccia di culo, riguardate Face/Off.
Takeshi Kitano vi fotte, miei piccolo borghesi del cazzetto, lui cazzeggia spar(l)ante
di Stefano Falotico
Amo il Cinema di Kitano quando arriva la “poesia” dell’estate estenuante, perché sto morendo come in Hana-bi, f(u)ori di “pes(c)o” e (s)fiori di “fuoco”
Sì, con l’inoltrarsi della stagione estiva, io divento meno estatico. Molti, in spiaggia, succhian dalla cannuccia d’Estathé per rinfrescarsi dai caldi ormoni. Poi, dietro le frasche del pineto, vengon allattati dai sen(s)i delle donne, dando loro del “tu” d’un amore dondolante in mezzo al “boschetto” di tette. Eh sì, cari senzatetto, i lor letti d’estate son insaporiti al “salmone”, miei salami, fra pompelmi “bagnati” nell’olio di olive… “abbronzanti” le vagine che prima arrossiscono e poi la salsiccia allo spiedo arrostiscono. Eppur “venne” dapprincipio, non tanto da prìncipi, il corteggiamento di piedini e bikini su prova costumino ché dev’esser tonico, “tirar”… da tonno la pancia in dentro e solo allora, una volta che la donna ha (ap)preso che il suo predatore è un toro che (si) dà un (in)certo t(u)ono, posson “incor(o)narlo” in lui “piovigginando sale sugli irti colli”, cornificando il marito all’asciutto che sta affogando al largo mentre l’amante le “alla(r)ga”. Sì, a mar aperto il marito affogò e, nel frattempo, l’amante esplose di frappè in mezzo al “frutt(et)o” dell’amor proibito. Finito che ebbero di trombar(lo), con tanto di “risucchio” degli abissi voraginosi che di trombe ondanti travolsero il marito già nel (pro)fondo, andarono a mangiar un altro “gelato”, condendo il “lutto” con del Liuk, ghiacciolo di stecchino come l’amante magro e crudo, limonante in quell’Algida donna non più frigida. Quindi, ancora un “affogato” servito amaro. Alla faccia del cameriere che dà da bere a questi “perbene”.
Questo è il mare, invece amare può voler dire, se va in culo alla “balen(otter)a”, un gusto all’amarena quando ti (s)contenti, se va giù, non sempre c’è il tiramisù. Ed è perciò che, in quei chioschi, miei “duri” come il cocomero e miei mer(l)i, servono bibite congelate ma soprattutto “bile” con tanto di biliardino a “metterle” in “buca”. Perché quel barista sa che la tiepidezza delle “leccate” alla moglie presto traditrice, porta spesso a un altro sesso e devi (t)remar di “cont(r)ocorrente” non al verde se non vuoi rimaner senza moglie, dall’amante derubata con tanto di deflorata, glaciale di sasso nell’oceano (non) Pacifico che “cola” a picco su “volanti” altrui gabbiani da gioco delle palle nella “rete”. Non piagnucolate, questa è la Piña Colada. Siete stati pescati, “pesciolini” su mia noce da cocco bello! Che rompe tutte le g(i)nocch(i)e.
Sono lo squalo che tutti e tutte squaglia.
Evviva D’Annunzio, amante solo del “Fatemi il piacere”.
Che c’entra Kitano? Mai dire Banzai.
Visto che mi ammazzerò prima del tramonto, non mi raffreno più.
Evviva il raffreddore. Permette di starnutire senza bisogno di chiedere scusa.