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Prince of Darkness è l’opera magna di Carpenter e voi vi siete giocati tutto il cervello, anche qualcos’altro, a mettervi contro un mago


06 Mar

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Ebbene, il capitolo 3 del mio libro su John Carpenter inizia così ed è indubbiamente un pezzo straordinario.

E me ne sbatto il cazzo che siate invidiosi.

Ecco il pezzo che spacca il culo:

A volte la nostalgia s’impossessa di me e la mia anima viaggia nel tempo, addentrandosi nei ricordi che si oscurarono nel caravanserraglio ch’è la vita nel suo avanzar di baldorie e pensieri torbidi, e addento con vividezza bruciante tempi che, vivificandosi nella memoria ritornata, granitici ancor si stagliano adamantini a risorgimento di mie emozioni così vivamente resuscitate in gloria.

Ecco allora che rammento e rivedo un film di cui m’era sfuggita memoria, che vidi a noleggio, quando ancora imperavano le magnifiche videoteche a custodia di un mondo remoto eppur giammai perduto, esimie biblioteche di VHS mastodontici, da riscoprire nell’intimità sobria e afosa di una serata estiva. Assieme ad amici o ancor meglio da soli, per gustare e inalare ogni terrorizzante paura da lor emanata e rabbrividirmi incantato.

 

Ora, come vi sto dicendo, sto allestendo la versione per il mercato mondiale, vale a dire in inglese.

Un lavoro certosino, di sofisticato intaglio. È pressoché impossibile riprodurre perfettamente, nella traduzione appunto, ogni più sottile sfumatura poetica. Ma sto realizzando comunque un lavoro più possibilmente aderente all’originale.

Avevo chiesto in giro, a qualche traduttore professionista, una mano, come si suol dire. Ma mi hanno tutti proposto delle cifre esagerate.

E, a differenza di quello che possiate pensare, non sono il figlio di Berlusconi.

Quindi, come ho sempre fatto, da autodidatta, sgombrando la mente da fighe e figotte che potrebbero non poco distrarmi da questo preciso, pregiato lavoro che richiede attenzione meticolosa e non può permettersi morbose pause “pubiche” che m’indurrebbero a perdere di vista non “quella” e l’erezione bensì l’impaginazione eretta a simmetrico coronamento di qualcosa di mistico e assolutamente intoccabile, mi son dato alla metafisica assoluta.

Non voglio sentire voci di vicini. C’è quella vicina del mio appartamento, ad esempio, che fa un casino pazzesco sempre verso mezzogiorno con le padelle. E io faccio drin drin alla sua porta.

 

– Allora, gliel’avevo già detto ieri. Ma lei, a quanto vedo e sento, soprattutto, è tarda di comprendonio. La deve finire di fare questo rumore pazzesco. Comunque, ora mi faccia assaggiare il ragù. Sì, è buono. Scusi, le frego anche le lasagne.

 

Quindi, sgattaiolo con tanto di besciamella e una leccata sotto i baffi da Victor Wong su occhio malandrino, semi-strabico.

Detto ciò, per fortuna un mio amico mi è stato sincero. Molti invece, infingardi e rosiconi, hanno mentito sulla portata sesquipedale di questa mia opera, oserei dire, enciclopedica, ciclopica. Dicendomi, stizziti dalla maestosità della sua bellezza inviolabile, pari forse alla venustà della cinesina con gli occhi verdi di Grosso guaio a Chinatown, che è buona ma non eccelsa.

Qui mi pare che abbiano fatto gli stronzetti. Basta, adesso.

Sì, questo mio amico, fottendosene delle gelosie, mi ha sfacciatamente detto che è un capolavoro.

– Hai davvero scritto un grande libro. Inattaccabile. Flawless. Meravigliosamente editato, senza una sola sbavatura e neanche un refuso. Masterpiece.

 

Quando ci vuole ci vuole. E, talvolta, al fiorire del mattino, coi capelli scompigliati da una notte turbolenta e insonne, mi reco in bagno, faccio una pisciatona come questa…

 

E dunque mi guardo, specchiandomi orgoglioso.

So che siete invidiosi e, non capendo la mia altezza nobiliare, mi date del vecchio come Lo Pan.

Posso garantirvi che il mio pen’ invece è molto succulento e gradito dalle migliori assaggiatrici…

È un pene che s’impenna, infornato abbrustolisce come levitante pane aromatico, pneumatico sgomma calibrato e quindi, tutto eiaculato, esce dal guscio e cammina a testa alta, pavoneggiato.

Insomma, è un pene da vero Lupin. Ah ah.

 

– E che lei è un uomo molto pericoloso. Ora, se vuole proteggere Jack Burton.

– Le ho detto di lasciarlo in pace, Jack Burton. Perché noi siamo in debito con lui. Ha dimostrato un coraggio da leone.

– Uhm, va bene. Come crede. Però se vuole che io sia il suo avvocato, devo sapere ancora alcune cose che per me sono completamente assurde. Come… lei crede davvero alla magia?

– Parla della magia nera cinese?

– Sì.

– Oh, assolutamente sì.

– Dice sul serio? Quindi crede ai mostri, ai fantasmi, eccetera, immagino.

– Sicuro. E anche alla stregoneria.

– Quindi, devo supporre che lei si aspetti che anch’io creda alla stregoneria, non è così?

– Certo, naturale.

– E perché?

– Perché è una realtà.

– Ma chi me lo dimostra?

– Chi?

– Già. Chi? Ahahah. Me lo dimostri lei. Per favore, avanti.

– Visto? E questo è niente. Ma è così che tutto inizia sempre. Dal molto piccolo…

 

Dal molto piccolo tutto s’ingigantisce, fruscia, fermenta e striscia serpeggiante, sgusciante e inchiappettante, in calde zone pacifiche starnutisce e poi, fatto che s’è fatto quel che s’ha da fare, si rilassa e poltrisce, si diluisce ancor in piaceri lisci e, nuovamente, liso e giammai più reciso, dipinge il suo capolavoro michelangiolesco, pura Cappella Sistina da seme della follia. Per un’altra Creazione.

Abbeveratevi alle mie opere e introietterete la conoscenza grandiosa e amorosa, focosa e sanamente rabbiosa, quasi sabbiosa e di altre rose a iosa, lontana da ogni brutta senescenza ingloriosa e dai permalosi, da stupide, psichiatriche scienze della nostra anima golose.

La mia vita è stata un big trouble ma anche la vostra fa, diciamocelo, schifo al cazzo.

Elevazione!

E per Pasqua piazzerò questo mio libro sul mercato internazionale.

Scartate le uova e ovulate.

Voi invece che fate? Farneticate e nemmeno fornicate una fata?

Ed è questo il guaio.

Fidatevi.

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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