Sì, oramai i cosiddetti addetti ai lavori, gli esperti, per modo di dire, insomma quelli che bazzicano certi ambienti ove le soffiate sono all’o.d.g., i provetti doc, ovvero di origine controllata, vale a dire giornalisti ben sistemati e spesso figli di capiredattori che l’inserirono nel sistema, ah ah, sono oramai sicurissimi.
La lotta per il miglior attore protagonista, ai prossimi Oscar, sarà fra Adam Driver di Storia di un matrimonio e Joaquin Phoenix di Joker. Un testa a testa estremamente agguerrito. Come a Wall Street, le loro azioni salgono e scendono a velocità pazzesca.
Entrambi snobbati però al Festival di Venezia, ove si videro scippare, per colpa del campanilistico volpone Paolo Virzì, la Coppa Volpi, già vinsero molti premi importantissimi. Rivali dunque al massimo, al momento. Chissà se un giorno lontano, quando tutti e due avranno la statuetta, diverranno amici per la pelle come Dan Aykroyd e Eddie Murphy di Una poltrona per due.
Film che, sebbene sia inutile e pleonastico ricordarvelo, programmeranno puntualmente sulle reti Mediaset fra qualche giorno. Forse a Natale, a San Silvestro o il giorno della Befana, cioè l’epifania?
Su questo dubbio che non mi farà dormire nessuna notte con Scarlett Johansson, ah ah, io mi sveglierei invece il 7 Gennaio, giorno nel quale saranno chiuse le votazioni dell’Academy, con la speranza che proprio Eddie Murphy, però di Dolemite Is My Name, possa entrare nella cinquina dei nominati.
Sì, un personaggio simile al sottoscritto quello interpretato da Murphy nella pellicola suddetta. Un uomo che possedette una voce da Tonino Accolla ma si chiuse nel mutismo e fu scambiato per un semi-poveretto, mezzo pazzo e barbone…
Ma proprio dal pauperismo del suo essere preso per Paperino, per sfigato fantozziano imbattibile, dal cilindro del suo Cappellaio Matto, si reinventò genialmente e ora spadroneggia in città come La volpe/Adrian, suonandole a tutti gli allocchi a ritmo di filastrocca anche sciocca mentre, senza dare nell’occhio (non so se nero, ah ha), adocchia un’altra gnocca e dunque si scrocchia le nocche.
Mica noccioline, mica un qualsiasi coglioncino… Un uomo che tiferà per Bob De Niro di The Irishman, escluso dai Golden Globe e dagli Screen Actors Guild Awards, eppur candidato ai Ctitics Choice… Mica pizzi e fighe, no, fichi.
Un uomo, il Falò, che è mutevole nell’aspetto fisico in quanto amante del trasformismo più del camaleontico Christian Bale, un uomo dal carisma alla DiCaprio e dal fascino latino da Antonio Banderas melodrammatico. Un uomo che non si sa mai se “ci è o ci fa”, se qualcuna si fa, se un cazzo fa o si tira solo delle seghe, mentali e non. Un uomo, sì, masturbatorio, onanista del suo essere stato nano e poi equilibrista, resiliente e combattente, con mesi da fetenti e forse ancora una “fetecchia”, però che sa, appunto, il “fallo” suo. È amato dalle racchie con voci da cornacchie, è leccato o forse solo blandito dalle belle che però vanno poi con le bestie e coi banditi, dunque lo fanno incazzare come un bestione che, costretto ad arrendersi dinanzi a tope e tipi violenti, deve buttarla in vacca, per forza, nel recitare la parte del deficiente, gioendo del suo essere saccente ché non sai mai quando s’accende e perciò, in un attimo, è capace di spegnertela…
E quando gira la visiera del cappello, come Stallone di Over the Top, indossando il giubbotto di Ryan Gosling in Drive, la vedo dura un po’ per tutti. Le donne non lo vedono “duro” ma è invece durissimo. Tanto tosto che si spezza con un grissino. Ma fatto sta che il Falò, come dice lui stesso, serpeggia, volteggia, “lupeggia” e inevitabilmente un po’ cazzeggia.
Fuma, si brucia, si martoria, si affligge ma in verità vi dico che nessun ladrone lo crocifigge.
di Stefano Falotico