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C’era una volta a… Hollywood: di chi è figlio Tarantino? Lo sanno i Blues Brothers


18 May

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Sì, nelle prossime ore sarà presentato a Cannes il nuovo lavoro, si spera capolavoro, di Quentin Tarantino.

Sinceramente, come già scrissi, non nutro molte aspettative, a differenza di molti di voi, riguardo quest’opus n. 9 del Quentin.

Sebbene, cazzo, riconosca che io e Quentin ci assomigliamo parecchio. Abbiamo vissuto di folli immaginazioni, di voli pindarici assai romantici, introiettandoci nella celluloide, respirandola più di come Lexington Steele ansima con le sue pornoattrici.

Ci siamo svenati per il Cinema, ci siamo resi personaggi da James Woods di Videodrome. E dovrebbe saperne qualcosa Federico Frusciante. Fede tiene molto in auge Quentin. Certo, Quentin praticava la sua stessa professione, quella del proprietario e gestore di una videoteca. Da cui spargeva il suo scibile cinematografico, sperando un giorno di compiere il grande passo verso Hollywood.

Sarebbero arrivate molte sceneggiature potenti come quella di Natural Born Killers e, fra il dire e il fare, forse c’era anche di mezzo il mare d’inverno, tanta rabbia per una vita “sfigata” come nelle canzoni di Bertè Loredana. Una che quando devi scriverle il cognome, non sai mai che tipo di accento usare, cioè se è o é. Un po’ come accade, senza sbirciare su Wikipedia, per Fabrizio De André. O per Gian Maria Volonté. Cantanti e attori irosi, incazzosi, che sputavano e sputtanavano giustamente tutta la verità su questo lurido, sporco mondo.

Non so, ad esempio, se come Loredana, Tarantino, figlio chiaramente d’italiani, conosceva, oltre ad Alvaro Vitali, la musica nostrana di quel tempo. Non so se, tra un film di Fernando Di Leo, non immaginando mai che un giorno avrebbe lavorato con DiCaprio Leonardo, anche perché il bel Leo non aveva ancora girato Titanic ed entrambi non erano nessuno. Forse Tarantino, afflitto dalla solitudine più cupa e polverosa, nella sua video library asfittica, in preda alla malinconia più atroce, ascoltava le musicassette di Loredana, cantando Amici non ne ho a squarciagola!

Oppure, pensando che presto sarebbe affondato come il celeberrimo, succitato transatlantico, crollato cioè psicologicamente a pezzi, stanco di raccontare a tutti true lies per mantenere la sua dignità, pensava che di lì a poco sarebbe appunto colato a picco, schiantandosi contro la quotidiana, dura realtà fottuta.

Sì, Quentin non era e non è certamente un tipo cerebroleso come Terminator, no, non è grande e grosso come Schwarzenegger Arnold. Però più grasso, eh eh. A forza di curarsi il mal di pancia e il fegato amaro con i buoni spaghetti cucinati da sua madre. Volete sapere chi sia/è la madre di Quentin?

Ma è facilissimo, è questa. Classica donna siculo-calabrese da Amaro Lucano trapiantata a Los Angeles.


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Di chi è figlio Quentin Tarantino? #danaykroyd #johnbelushi #johnlandis #bluesbrothers

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Certo che è lei! Ah ah!.

A parte gli scherzi, no, Quentin doveva essere emarginato da tutti. Era un Tarantino che non veniva mai invitato a una festa. Neppure a un festino. Certamente, si era proiettato nel proiettore, danzando il valzer d’una reservoir dog.

Una vita fantasiosa, non c’è che dire, molto alla Pulp Fiction, però non ballava neppure la tarantella con qualche passerina bella.

Poi la botta di culo. Ah, che filastrocca, come adesso ti filano le super gnocche. Dopo tanta fame ecco la fama. E che fauna!

E vai di capolavori! Tanto che Quentin, questa sorta di mostro di Frankenstein, questa specie d’uomo che non gli daresti una lira, s’è scopato pure Uma Thurman.

Voi dite di no? Io dico sì.

E adesso che fa? Il gigione, cazzeggia a tutto spiano. Inserendo in Once Upon a Time in Hollywood persino il sosia di Bruce Lee, ficcandoci dentro la sua nemesi, Brad Pitt, lavorando appunto con Leonardo e potendosi permettere lo smodato lusso d’iper-accessoriare il suo film con un pezzo di carrozzeria liscia come l’olio, Margot Robbie.

Una che, secondo me, nella parte di Sharon Tate c’entra comunque come i cavoli a merenda. È una bellezza troppo Baywatch per attizzarmi come diceva il mitico Charlton Heston proprio di True Lies.

No, non sono un moralista, non sono Mosè de I dieci comandamenti eppure, rispetto alle bellezze perfette ma sciapite come quella di Margot, ho sempre preferito donne forse non fisicamente eccezionali ma con quello sguardo da Carrie Fisher che ecciterebbe(ro) pure il cagnaccio Chewbecca.

Cazzo, in The Blues Brothers alla fine compare anche Steven Spielberg. Pappa e ciccia con George Lucas.

Mi spiace molto per Carrie. Ammalatasi di grave depressione e poi morta in maniera ingloriosa.

Ma vedete che i conti tornano? Lo sa bene Clint Eastwood di Per qualche dollaro in più di Sergio Leone, maestro ispiratore di Quentin… o no?

In The Blues Brothers c’è anche il cammeo di Frank Oz. Che poi avrebbe diretto Robert De Niro in The Score. De Niro, come saprete, si drogò assieme al suo geniaccio amico “demenziale” John Belushi nella sua roulotte.

E John morì fatalmente per overdose, a differenza di Chris Walken de Il cacciatore. Quella fu solo una maledetta, russa roulette.

Ecco, credo che per molto tempo io sia stato scambiato per Ray Charles. Cioè per un cieco.

Io vedo la realtà e il Cinema meglio di voi. Anche sulla figa avrei da insegnarvi.

Sono come Aretha Franklin, Freedom!

Quindi tu, povero pidocchio, forse pure finocchio nel senso peggiore del termine, cioè rompipalle, non ci provare mai più.

Perché, cafone ignorantone, questa è la mia vita. Prova a toccarla un’altra volta e te le suono come la banda.

Mi vuoi spedire, per questa mia accesa ribellione, a un istituto correzionale o addirittura in carcere?

E qual è il problema?

Qui si balla!

Ed è epica!

Ecco a voi servito, cazzo, un “demente” vero, reale, in carne e ossa.

Ehi, biondo, lo sai di chi sei figlio tu?

 

di Stefano Falotico

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Provocazione del giorno: Coppola è superiore a Scorsese, pure De Palma, Spielberg non lo prendiamo neppure in considerazione, le femme fatale, eccome, anzi, eccomi


22 Apr

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Sì, fra i grandi registi della nuova Hollywood, c’è sempre stata una rispettosa rivalità acerrima fra questi quattro: i tre italoamericani Francis Ford Coppola, Martin Scorsese e Brian De Palma con l’aggiunta del quarto incomodo, lo statunitense di origine controllata più del vino del Chianti, Steven Spielberg.

Infatti, in questa tavolata di mangia spaghetti, che ci fa questo WASP di origini ebree sposatosi con Kate Capshaw?

E perché c’è anche George Lucas? Per stupire il cameriere con effetti speciali della Industrial Light & Magic a base di antipasti a forma di UFO?

Sì, George, fra una portata e l’altra, intratteneva tutti gli ospiti della trattoria, stimolandoli all’appetito:

– Non ce la facciamo più. Abbiamo le panze piene – urlavano tutti.

George: – Che la forza sia con voi. Siete solo al primo! Quando arriverete al dessert, sarete grassi quanto Francis e Brian.

 

Francis e Brian abbozzarono l’offesa riguardante la loro obesità, mentre Scorsese e Spielberg, da vecchie volpi, ridacchiarono, leccandosi i baffi.

Sì, fra questi quattro vi è stata enorme amicizia ma anche una competizione da ludri.

Avevano sempre fame di gloria. Appunto, la famosa fame da lupi. Rispettivamente volevano primeggiare sull’altro per mangiarselo vivo.

Steven Spielberg risolse subito la questione, girando Duel e Lo squalo. Ho detto tutto…

Rincoglionendosi poi col Cinema didascalico per vincere gli Oscar. Schindler’s List? Capolavoro, certo.

Ma il sopravvalutato Munich, no.

Sì, credo che, dopo Schindler, Spielberg si sia preso troppo sul serio. Dimenticò il sincretismo culturale del suo Cinema sognante a favore di un palloso Cinema impegnato più retorico della Costituzione redatta da Daniel Day-Lewis, cioè da Lincoln.

De Palma, poveretto, genio inaudito, è l’unico di questi che non solo non ha mai vinto un Oscar bensì non n’è stato neppure candidato.

Uno di questi giorni, di quest’oltraggio immondo, si vendicherà come ne Il fantasma del palcoscenico.

Perché, ad esempio, Coppola ha vinto per i primi due Padrini, Scorsese per il rifacimento in chiave Mean Streets proprio di The Godfather, in variazione sul tema a mo’ di poliziesco di Quei bravi ragazzi, con The Departed, uno dei suoi film più brutti, e invece De Palma per ScarfaceCarlito’s Way e Gli intoccabili l’ha preso in quel posto?

Brian Russell De Palma, il più grande voyeur di tutti i tempi. Vero man, ah ah, altro che Antonio Banderas di Femme Fatale. Comunque, fra Brian e il bell’Antonio (che non è Cabrini, nemmeno Mastroianni del film di Bolognini), io preferisco Rebecca Romijn.

Credo anche voi. Se dite che non è così, vi consiglio SilenceKundun e L’ultima tentazione di Cristo.

Sì, più che uomini timidi come Griffin Dunne di Fuori orario, voi siete dei buddisti radicalizzati nel cristianesimo più castrante.

Eh sì, eh. Se non vi piace Rebecca Romijn, le possibilità sono solo due: o siete detrattori del film Un’altra giovinezza e siete contenti di essere invecchiati, oppure siete attualmente ricoverati presso il manicomio diretto dallo psichiatra Ben Kingsley di Shutter Island.

Sì, sto riflettendo. Si dice che non ci sia due senza tre. Vi chiedo gentilmente di pazientare. Datemi cinque minuti. Sto cercando la terza spiegazione plausibile.

Ah eccola. Scusate se vi ho fatto aspettare. Avete avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo. Da allora, non siete più molto umani.

Adesso, a parte gli scherzi, questi quattro sono degli alieni, degli extraterrestri. Altro che E.T. Pure extra-terroni come diceva Lino Banfi di Al bar dello sport. Sì, hanno origini siculo-lucano-calabresi. Qui la Terronia c’è tutta.

Però, mi spiace deludervi e deluderli.

Io sono più bravo di loro.

Ridete da matti e non mi credete?

E allora la vedremo! Sì, io quella di Rebecca vidi.

Se vi dico che è così, oh, è così.

Guardate che non è fantascienza e non è neppure un trip da Ready Player One. In quasi tutti i suoi film come attrice, Rebecca è ignuda.

Non era difficilissimo vedergliela.

Ora capisco la presenza di George Lucas.

Mise in guardia come Obi-Wan Kenobi il suo amico Brian dalle possibili tentazioni delle donne concupiscenti:

– Brian, attento che quella ti renderà come Chewbacca.

 

Di mio, sono spesso un uomo Solo, un vero Han.

Uomini soli, lanciamoci alla volta dell’impero del sole. Speriamo almeno che, dopo quella bomba da crepacuore di Rebecca, non ci scopi, no, non ci scoppi un’atomica da Hiroshima e Nagasaki per troppe emozioni terremotanti come un sisma devastante. Dicasi anche più semplicemente cataclismatico infarto spappolante.

Rebecca, diciamocelo, è bona. Ma è scema.

Di mio, ora vado a far merenda.

Ah, vorrei ordinare anche un ciuffo-banana come quello di Antonio Banderas oltre alle fragoline.

Si può?

di Stefano Falotico

I registi dementi che non voglio più vedere: Vincent Gallo, Lars von Trier, persino Spielberg, Luciano Ligabue e affini bovari


05 Mar

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Sì, partiamo con Vincent. Attore che non mi sento di discutere.

E vi racconto questa. Poco prima dell’anteprima veneziana dello sciapito remake di Werner Herzog de Il cattivo tenente di Abel Ferrara, ordinai un toast a una baracchina di hotdog. Al che, mentre lo stavo sgranocchiando, a un metro da me, ci credereste? Stava tutto in camuffa, con tanto di barbona e look trasandato per non farsi riconoscere, quel bell’uomo del Gallo. Proprio un Gallone a sessanta centimetri da me. Nessuno, combinato e acconciato com’era, l’aveva riconosciuto. Mentre io, ovviamente, sì. E cominciai a guardarlo di sottecchi. Come diceva Totò a Peppino, ne La banda degli onesti, guardi quello là, quel tipo, guardi ma non guardi. Insomma, guardi ma non faccia vedere che guarda.

Ma Vincent si accorse che lo stavo guardando in maniera trafelata e cominciò parimenti a fissarmi. Poi, ridacchiando sotto i baffi, mi annuì in silenzio, come per dirmi…

– Sì, sono io.

 

Dunque, si eclissò in sala, assieme a una bagascia di quart’ordine, forse raccattata al molo del Canal Glande, no, Grande.

Credo, se non sbaglio, che l’anno dopo avrebbe vinto la Coppa Volpi per la sua prova in Essential Killing.

E, fra l’altro, sapete che fine abbia fatto? Sono quattro cinque anni che non gira più un cazzo.

Ma sì, oramai ha dato. Vincent ora starà in qualche tugurio con qualche zoccola che gli lecca le sue palle da bowling da Buffalo ‘66. Qualche Christina Ricci che glielo arriccia e glielo rizza.

Ecco, questa sua regia è buona, molto bona.

Ma mi soffermerei piuttosto su The Brown Bunny. Film ove il nostro Gallo non ha lesinato in pornografiche vanità, facendosi succhiare tutto il caldo ciddone (leggasi uccellone) dalla Sevigny, un ottimo figone. Va dentro, no scusate, va detto.

Devo ammettere che l’uccello di Vincent è da competizione ma devo altrettanto essergli onesto. Il mio è molto più grosso (e qualcuna lo sa, può tangibilmente testimoniare e, da allora, è ricoverata in manicomio per l’irreversibile shock profilattico da crisi ninfomane molto anale, no, anafilattica) ma non mi sarei mai permesso di filmare un lungometraggio, presentato a Cannes (!), con tanto di pompino durissimo da bestione.

Non sono, come sapete, un moralista, anzi. Ma sono per la teoria di Orson Welles. Il sesso al Cinema non serve a un cazzo. Non è compito dell’arte mostrarci ogni minimo dettaglio, ingrossamento e attizzamento, indurimento, allungamento e succhiamento. Sono cazzi che non c’interessano.

Quindi, sia lui che la Sevigny andassero a fare, come dicono in Sicilia, i “suca-minchia” altrove. Questi due minchioni. Sì, anche la Sevigny lo è. Le sue gambe non si discutono ma la sua faccia sembra, alle volte, quella di un uomo.

Bannato lui e lei rimane una lecca-banane.

A proposito di altri idioti… voi dite che Lars von Trier è un genio.

Ma de che? Questo è sempre stato molto ma molto male. E, visto che sta male, ha preso a pretesto le sue psicopatologie per spacciarsi come provocatore geniale. Imbavagliatelo!

In verità vi dico che Lars provoca solo i suoi turbamenti. È un pazzo a cui non darei da girare, in Dogma, neppure il filmino della prima comunione.

Capace che poi rovini l’armonia innocente della festa con qualche sua alzata di testa.

Prendete i resti di torta che sono rimasti come avanzi e… ho detto tutto.

Spielberg se n’è uscito con la campagna anti-Netflix. Per forza, lui ha la Dreamworks e Netflix gli rompe i maroni.

Quindi, castrate anche Steven il prima possibile. Questi falsi non li vogliamo più vedere.

Su Luciano Ligabue non sarei impietoso. Dategli una piadina romagnola e ficcatelo fra i drogati della Montagnola. Famoso parco di strafatti e bolliti di Bologna.

Finirei con altri due bovari invincibili. Il primo è Russell Crowe. Che si è cimentato con la regia! Uno la cui panza aumenta a vista d’occhio, anzi, ad occhio di bue. Poiché Russell, da gladiatore della buona cucina, una vera Arena come l’omonimo pollo fritto, mangia tante uova e bistecche alla Bismarck.

E poi con Ben Affleck. Oscar regalati. Ma l’avete visto nel trailer di Triple Frontier?

E questo sarebbe un bove, no, un bono? Ma questo ha mangiato polpette a tutt’andare.

Ora, voi ci credereste che costui, nella foto immediatamente sotto, il 13 Settembre di quest’anno compirà quarant’anni?

Lo so, io sono sempre bello e giovane, voi sempre più rincoglioniti.

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di Stefano Falotico

Ready Player One, la patetica nostalgia degli anni Ottanta di una generazione di beoti


31 Mar
CATCH ME IF YOU CAN LEONARDO DICAPRIO Ref: AW Supplied by Capital Pictures *Film Still - Editorial Use Only* Tel: +44 (0)20 7253 1122 www.capitalpictures.com sales@capitalpictures.com f/sd016

CATCH ME IF YOU CAN
LEONARDO DICAPRIO
Ref: AW
Supplied by Capital Pictures
*Film Still – Editorial Use Only*
Tel: +44 (0)20 7253 1122
www.capitalpictures.com
sales@capitalpictures.com
f/sd016

Sì, Spielberg è stato un grande, un accentratore del sincretismo culturale, un fantastico manipolatore dei sogni, perfino uno dei primi, nel Cinema, ad asserire l’inconfutabile verità che, al di là della nostra triste vita terrestre, oberata da etichette formali, da imperiosi obblighi perniciosi, da un Occidente sempre smanioso di privilegiare il culto dell’apparenza, afflitto dal materialismo più insulso, può esistere e sicuramente esiste la vita aliena. In maniera incantevole, giocando con l’infanzia di tutti, con la bellezza dolce di quell’età sognante, ha girato quel capolavoro immane che è E.T. e chi sostiene che non lo è… oh sì, è solo un adulto che ha perso il suo Peter Pan, un Hook meschino che non sa più amare la poesia degli stupendi miraggi fantasiosi della vita nella sua cristallina limpidità, al di là di ogni sovrastruttura, di ogni falso e capitalistico adattamento mendace, una vita che solo a quell’età può volare alta, anche quando vivi in una cittadina sperduta americana e ti abbagli della semplicità grandiosa del tuo microcosmo costellato di stelle roboanti dell’immaginazione ancor non inibita, sfrenata, gioviale, sincera come può essere il sorriso lieto di un bambino che non sa che i suoi padri fondatori sterminarono gli indiani…

E sono capolavori Lo squalo, Incontri ravvicinati…, Duel, la dimostrazione di come si possa girare un film solo con una macchina e un camion, I predatori dell’arca perduta, un film che dal nulla inventa un mito, Indiana Jones, e ci fa credere davvero che un uomo prestante, come lo era all’epoca, Harrison Ford, possa essere un “professore” archeologo esperto di antichità. Assurdo… sì, Han Solo nelle mani di Spielberg diventa un atletico uomo fascinoso un po’ alla 007 dotato di una cultura immensa. Inconcepibile, ma lui lo rende credibilissimo.

Quindi, al di là di qualche parentesi godibilissima ma non perfetta, vedi alla voce Jurassic Park ed epigoni, Spielberg decide di “crescere” e inizia a girare tutta una serie di film “impegnati”, da Il colore viola a L’impero del sole (film magnifico), da Schindler’s List, col quale viene consacrato finalmente dagli Oscar, ad Amistad a Salvate il soldato Ryan, film in cui abbonda la retorica ma che a loro modo funzionano lo stesso, e poi gioca parodicamente col grande Sogno Americano, scherzandoci crudelmente sopra ma sempre con la delicatezza “infantile” di un uomo moderato, elegante, e materializzando questa sua disillusione in Prova a prendermi, l’ultimo, vero colpo del nostro Steven.

Poi tantissimi film, A.I. da Kubrick, Minority Report da Dick, La guerra dei mondi da Wells, e tanta altra roba “inclassificabile”, Munich, che alcuni considerano un film gigantesco e altri, fra cui io, un film troppo “serio” per essere suo, come se Steven in questo caso avesse voluto dimostrare di essere, che ne so, un Frankenheimer. Invece, Spielberg è Spielberg e funziona alla perfezione quando è sé stesso, indiscutibilmente un genio, uno che è un factotum, creatore della Dreamworks, che ha prodotto Zemeckis e tante favole appunto spielberghiane, appoggiando Joe Dante e continuando a creare una realtà fatta della pura materia dei sogni.

E ora “bestemmierò”, permettetemelo: se abbiamo avuto una generazione di nerd inconsolabili, di trentenni-quarantenni ancor col ciuccio in bocca, intellettualmente impressionanti, non si può obiettare che non lo siano, eh, dai su, citazione incarnata essi stessi di tutto il “marasma” percettivo che hanno introiettato nell’infanzia e nella prima adolescenza attraverso film e televisione, lo dobbiamo a Spielberg.

Impazza la Stranger Things mania, no, non è un male, Stranger Things è il top di questo tipo di “cultura”. La vetta sincretica, appunto, di tutto quell’immaginario, una serie fondata sul citazionismo a piene mani, che plagia dichiaratamente un po’ tutto, e nel suo insieme è una meraviglia, un toccasana per l’anima.

Ma come è iniziato tutto questo? Da quando è partita questa “storia?”. Forse eri un bambino che adorava The NeverEnding Story (sì, neverending tutto attaccato, non a caso), La Storia Infinita, ed eri già un Bastian… contrario al mondo adulto, e sognavi di svolazzare con un cagnolone assieme ad Atreyu e di poter baciare la tua Principessina…, oppure eri Young Sherlock Holmes e fantasticavi nella tua Piramide di paura. No, il primo non è prodotto da Spielberg, il film di Levinson sì, ma potrebbe esserlo pure il primo, appartiene di diritto a questa filosofia…

C’entra anche Chris Columbus in questo “delirio” e, mio nerd, non gridare Mamma, ho perso l’aereo se vedi i tuoi coetanei sistemati e tu invece non hai i soldi per comprarti nemmeno una Smart, è la vita che hai voluto. Sei un uomo da Xbox che non ha mai praticato la “boxe” della vita vera e tu il Cinema di Barbet Schroeder non sai neanche cosa sia.

Quindi, non venirmi a far la predica.

Io sono un barfly, sì, come Bukowski il mio motto per vivere felice è sempre stato: meno gente vedevo, meglio stavo.

Sì, la gente è noiosa, prevedibile, va dal prossimo e la prima domanda che gli fa è: ma che lavoro fai? Hai una ragazza? Ah no, e come fai a campare? Sarai pazzo. Non sei normale.

Poi legge un mio libro e pensa che io abbia cinque lauree e invece scopre un “blackout istituzionale” che non si spiega! Ma com’è possibile? E rimane scioccato.

 

Insomma, il ready player one sono io. Non si tocca!

 

Eh sì, molti dicevano: una volta che tornerai nella realtà, puoi anche scavarti la tomba. Di questo ne sono ancora molto sicuri?

Ecco, potrei mettervi in cuffia Forever Young degli Alphaville, e invece io sono figlio delle streets o f fire… a rock & roll fable incarnata, in another time, another place…

 

NOWHERE FAST!

 

Insomma, qui parliamo di un uomo di un’altra categoria e catch me if you can, se ci riesci, devi sapere che poi impazzirai. Ah ah.

Ah, a proposito, lo squalo sono io.

Il Genius naviga sott’acqua e a volte affiora, poi ritorna nel plancton, mentre gli altri rimangono coi loro (rim)pianti e hanno radici piantate nel mondo delle trombate, dei soldi e di altre “bambinate” del genere.

Cazzo, guardiamoci in faccia. Siete messi di merda. Siete dei pescioloni! Oramai l’unica cosa in cui credete è che dovete pagar le bollette.

– Cristo, ma tu sei un bambino.

– Sì, a morire nella vita grigia ci penserò poi. Però devo svelarti qualcosa di “mostruoso”. Ho un uccello abbastanza grosso…

– Le tue, bello, sono solo fantasie.

– Le tue invece sono troie. Ti saluto.

 

Strade di fuoco Diane Lane

 

 

di Stefano Falotico

De Niro in The Kidnapping of Edgardo Mortara by Production Weekly


28 Jan

De Niro Mortara

La pace del Papa Re, cioè me, contro i papponi rei, cioè i They Live


15 Sep

Ecco, oggi ho sparso nel net la mia notizia su De Niro nel film su Edgardo Mortara, avendola appresa da THR e subito, nelle mie elucubrazioni inventive, rielaborata di mie parole. Le mie parole sono perle e voi dovete ringraziare un Papa come me che, ascetico, estraniatosi da anni da una realtà miserrima e cinica, “coltiva” le sue unghie con inevitabile sex appeal che non lo dà neanche mor(t)o, tendente al cast(an)o. Ridere, ridere, trombate, fratelli della congrega. Io, in an(n)i lontani, sverginai la mia proboscide “inoculandola” là ove il “lilla” florido si aprì al mio organo “sonante”, armonioso di ero(t)ica armonica. Che musica quando liscio, vellutatamente “oleoso”, in “ella” ficcò con piacevole, “brillante” scodinzolio di “acque” germoglianti al mio candore, allora, rubato. Divenne rubino e, incandescente, fu in quel tempo mio da peccatore che ebbi l’illuminazione rosea. La vita, “apertasi” alla magnificenza del mio caloroso ardore, mi fece comprendere che la mia (s)figa sarebbe stata altra. E giammai più scopai, rimanendo vergine nonostante più non lo fossi. Studiate a memoria questi miei passi “pudici” quando soffrirete “pene” dell’inferno e Tom Hanks non girerà più stronzate con Ron Howard, meditando sulla sua e vostra vecchiaia da “buoni” James Stewart perché condannati al miglio verde. In quei momenti di senile disperazione, rimuginerete sul vostro passato e capirete quanto gravemente sbagliaste la vostra esistenza. Sì, v’adattaste per “cheto” vivere alla noia dei giorni impiegatizi, piegandovi al padrone nazista che volle il vostro “ebreo” lavoratore “duro”, rammollendo la vostra vita(lità) dietro una scrivania di ufficio e cappuccino “zuccherato” nelle prese pel culo alla collega scosciata sul (di)vano della vostra mediocrità. Allora, quando capirete che “istruiste” i vostri figli alla vita casina, casino e lavoro, verrete da me in adorazione del mio san(t)o di mente, e gioirete, anche se tardivamente, della mia e vostra capacità di aver capito il tutto.

E ricordate: la vita degli uomini “normali” è un lutto, e io sono oggi lupo, domani cupo, e più avanti nel tuo cu(cu)lo. Sappiatelo quando verrà il giorno…

di Stefano Falotico

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Jess (Ashlyn Sanchez, left), her father Julian (John Leguizamo) and Elliot (Mark Wahlberg) watch the latest news about a widening crisis. Photo credit: Zade Rosenthal

Jess (Ashlyn Sanchez, left), her father Julian (John Leguizamo) and Elliot (Mark Wahlberg) watch the latest news about a widening crisis.
Photo credit: Zade Rosenthal

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Daniel Day-Lewis e Steven Spielberg presentano “Lincoln”


22 Oct

Ecco alcune immagini dalla Press Conference.

 

Il più grande attore del “Regno Unito” con Sally Field, la madre di Forrest Gump.

Qui, moglie del Presidente.

 

   Steven rilassatissimo e Daniel, di pettinatura “brezzolata-sparata a spazzola”, conversano placidamente con bottigliettina d’acqua.

 

 

L’intervistatore chiede  a Daniel: – Ce lo portiamo a casa il terzo Oscaretto?

Daniel, sogghignando volponissimo: – Mi sa di “no”. Quest’anno, non vincerò. Ho avversari molto forti, cazzo.

 

 

(Stefano Falotico)

“Lincoln”, il Trailer


15 Sep

Questo Daniel Day-Lewis “spielberghizzato” nel più Grande… Presidente degli Stati Uniti della Storia è già oscarizzabile.

Ecco, finalmente, il trailer:

Qui, invece se ve lo siete persi, il teaser.

Il magniloquente, inarrendibile “Butcher”: quel magnifico attore di nome Daniel Day-Lewis


23 Aug

 

Sì, ieri ho postato il primo poster ufficiale del Lincoln di Spielberg.
E oggi, invece, dedicherò un’ode all’agiografia delle sue geografie incarnate, “sanguigne”, alla celluloide.

Screanzati e irrispettosi, porgete il vostro saluto a sua Maestà: Daniel Day.Lewis, mio “pargolo” prediletto e “prodigo” solo di talento, come s’sige a chi è schierato sempre “in battaglia”.

E di rabbie mordaci “accetta” chi osa e osò sfidarlo con squallide “rose”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. L’ultimo dei Mohicani (1992)
    Figlio “adottivo” d’una tribù in via d’estinzione. Cavallo “matto” meno del fratello non consanguineo ma di stesso Cuore.E l’orripilante cattivo viene “lasciato” al massacro vendicativo dell’ascia del padre.
    Perché quando si toccano le innocenze e le si “suicida”, l’unica “moralità” che esiste è un “tagliar la testa al toro”.
  2. The Boxer (1997)
    Ah, così si ringrazia chi ha sofferto? Con infamazioni e lotte intestine? Pettegolezzi e chiacchiere? Bisbigliate. Io combatto e io amo! Vigliacchi, sparatevi voi!
  3. Gangs of New York (2002)
    Le strade si costruiscono nel “sangue“. L’America del nostro candore fu trucidata prima ancora della colonizzazione nella Big Apple. E ci si sparava azzannandosi.
    Come nelle “macellerie“.
  4. Il petroliere (2007)
    Dimesso, “calmo”, trafelato. Avreste mai sospettato che, oggi, quella “lumachina” avrebbe divorato chi pensò d’essergli “potente?”.
  5. Lincoln (2012)
    Sono il più grande Presidente della Storia. Il resto è Fuga da New York.

 

 

– Ah, ancora qui Macellaio? Ma non ti avevo detto di “smammare?”. Questa è la mia bottega da barbiere, ove la gente onesta e lavoratrice, a differenza di te che sei un lurido porco “fascista-nazista”, viene a tagliarsi barba e capelli, poi rincasa e “ricama” con mogli “generose”.
Sparisci immediatamente o ti sparerò!

– Oh, sto tremando tutto, sai? In questa città, dovresti saperlo, usiamo i coltelli al posto delle pistole. Come pensi di “tagliarmelo”?

– Ma va va, levati dalle palle.

– Vuoi provocarmi? Vuoi far ridere questi poveretti che si stan godendo il tuo “numero?”.

– Ho da lavorare io, caro “Buccero”.

– Ecco… lui non mi accetta e Io “gliel”‘ho accettato! Applauso, signori, mi son tolto anche il cappello.

– Ah, tu pensi che io sia semicieco, vero? Ed è qui che ti sbagli di grosso. Il mio occhio di vetro è più sveglio delle vostre miopie, miei “pasciutelli”.
– Sei un buffone!

– Sì, un pagliaccio che si vanta di vestirsi così, coi pantaloni di “tela”. E vi mangio vivi, tutti, e ora mi “magnerò” pure questa bisteccona. Carne al sangue.

“Lincoln” – Il Poster


22 Aug

 

(Stefano Falotico)

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