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Comprate “Il cavaliere di Alcatraz”, ve lo ordina Amleto
Primi acquisti natalizi, un consiglio perché io possa pagare meglio l’aff(l)itto e curarmi dalle f(r)itte: “Il cavaliere di Alcatraz”, ora anche disponibile sul Kindle. E sul comò, no?
Prefazione delle “torrefazioni”
Son amabile come il caffè dolce, oh miei Alex da Arancia meccanica. Cucù, il clockwork fa, nel vostro culetto, un manicomio da cuculo. Sorridi a modo in tal mondaccio, sghiaccialo a limone con coraggio senz’Orange. Altrimenti, arrangiati!
Il genio vi ha fatto impazzire dopo che tentaste, miei folli, d’atrofizzare le mie idee affollanti, nessun mi prende, le donne il mio sì, oh signori!
Fratelli della congrega, lunga e impervia è stata la mia strada dopo tanto esistenziale smarrimento. Non calcolai, distratto dal cartellone pubblicitario d’una senza mutande ma di pube lampeggiante, la svolta a destra in tangenziale. Beccai un pazzesco sinistro. Mi salvai però in corner. Cornuti!
Ma nonostante già l’incidente grave occorsomi, come tutti i miti, per ascendere all’entità, divina e apollinea, sfidai Zeus l’eterno e vinsi dopo prove sfiancanti. Simile a Ercole, per dimostrare la mia Natura vicina al monte più sacro, dovetti costringermi a innumerevoli esami. E fu smile… dopo le smagliature, lo smagliante aitantissimo e azzannante con qualche rotto dente.
Dopo che me la squagliai in spirituale ritiro, mi tira a quaglia, miei somari stirati con puzza d’aglio. Il mio naso è “lungo”…
Quindi, fu il Giorno al tiramisù. Splendente a ribaldo vostro amato, ripudiato per anni, offerto in sacrificio per “(co)stiparsi” mentre la gente “allegra” si strippava dalle risate a me coprenti appunto di derisioni. Non mi stiperete! Loro però strappa(va)no! L’ignobiltà di tal razza fu da me estirpata impagabilmente con la mia classe, anche se soffrii di fegato e c(r)ol(l)ò la bile su acciacchi all’anca. Dalla biro nacque colui che molti, del porcile d’anatre allearance, vollero evirar di tutta frettolosa mira. Ma dimenticarono che io son stato concepito dalla Madonna in quel di Betlemme, coi Re Magi a regalarmi (l)oro, incenso e proprio mirra. Io, miracolante mistico di cui tanti mistificarono il senso metafisico solo perché, durante una tentennante adolescenza mai ai miranti seni sullo “stante”, non ero molto attratto dalle donnacce e neppur dalle belle fighe altrui “attizzanti”. Voi sì ch’eravate da “piedistall(on)i”. Mai ce l’avevate stanco, macellai! Io il “figliuolo”, io sempre a coprirmi con foglie di fico per romantico sognare così come il puro sfoglia i petali delle margherite e non annusa le strisce di “riga”. Rustico o arrosto? La rosticceria preferisce ilcurry, la cinesina a mandorla fa liquirizia. Oggi, superata l’età del Cristo di un an(n)o indelebile, memorabilissimamente son a voi tornato alla vita aderente. Un po’ stropicciato… annoiato per colpa delle mie palle più e più volte logorate, schiacciate e fatte… a poltiglia, incanalate in viso senza ruga dalla beltà maestosa su ridente vostro più “innocente” invidiarmi. In culo, lo prende(s)te? Roccioso, io rido gioioso, ieri giudicato noioso ché forse, patendomi dentro in malinconie insopportabili, deperii a estemporaneo “moralizzato”, nel futuro chissà ove il Fato mi condurrà. Se al quaquaraqua o a una chiatta. Meglio il Chianti. La piantiamo? Se all’indurito, a impietrirvi d’altro stupefacente, oppure nullatenente. Sì, si prospetta dura, la scala è in salita? Adottai le visioni prospettiche. A chiocciola sarebbe più co(s)mica. Sì, non amo le “torri” per raggiunger le vette gerarchiche, m’accontento del girarmeli. In tondo e attorno allo spermatico girino, qualcuno mi torchierà e io mi plasmerò sol a tornio del Minotauro. Fregandolo col filo d’Arianna alla quale, di zucchero “filato”, infilerò la cann(ell)a, alla faccia dei gelosi mostri. In gelatina e al gelo come Jack Nicholson di Shining. Ah, il mattino ha l’oro in bocca ed è un triste figuro. Così “integerrimo”, ineccepibile, non transigente e “intransitivo” d’ottusità, falso Verbo cristiano, severo e irreprensibile nel desiderio della tranquillità domestica, mi casca questo “giusto” asino “adulto”, pedagogo di tutti tranne che di sé fregato. Perché Jack scordò il sesso, mi urò di non friginare, soffocò l’Eros e si distaccò in Thanatos, intrappolandoselo nel labirinto. Vedi, Torr(anc)e? La vita non si confà delle stolte tue regole ma come stai dopo le batoste al tuo bastonarmi?. Io viaggio col triciclo, son tosto e non puoi battermi. T’adocchio e so. Dietro quei tuoi occhietti, si nasconde l’orco cattivo. Io, Pollicino e Apollo. Anche se preferisco Balboa Rocky. Come si suo dire e c.v.d. ,tre civette facevano l’amore con la figlia del dottore, il dottore s’ammalò, tutti i pesci vennero “a galla” come la palla di pelle di pollo fatta da Apelle, il figlio di puttana. Cari polli, siete rimasti al petto. M’aspettavo più “cosce” da maschioni come voi.
Invece, io incassai, non mi spellaste ma le spelo, adesso incasso in se(n)so (a)lato.
Tieni chiuso ora il beccuccio? O vuoi (s)beccarmi in tal morbida “flagranza” del tuo franare dinanzi a me l’irrefrenabile nelle sode forme fragranti? Uovo e a voi donne. Che lievito, altro che castrato. Nessun più incastrerai. Sei tu che ce l’hai non da uccello, adesso.
Ecco la tua maniaca ossessione. N’eri oss(ess)o e t’impuntasti di chiodo fisso!
Nerone! Verde di rabbia! Sei Hulk?
Guarda come “dondola”, con le gambe ad angolo ballo il twist. E si v(ol)a di qua e di là, un popò e diamoci ancor per non poco. Voltati a me, il “duro”.
Ah ah.
Vi (rac)chiudo dunque in clausura, sono il Mon(a)co come Clint Eastwood
Trilogia del dollaro, Madison County e non pacchiano da Square Garden, Unforgiven e Walt Kowalski di Gran Torino. Perciò il capolavoro di Don Siegel. Tu invece sei un “topo” da Steven Seagal. Sei fermo alle idrauliche seghe, meglio le fughe…
Un’inversione a “u” e cambia la vocale di “i” senza i tuoi “puntini”. Sei sbiancato?
In fighe… bravooo…, parafrasando il Biondo.
Non so se Buono, di certo un “Wanted”.
Quindi, per solo 1 Euro e 99, ora non avete scuse né attenuanti che tengano.
Versate, pure le lacrime del (ri)morso. Me lo sono meritato?
Già, appena poco più d’un caffè. Dai, che vi costa?
Altrimenti, chi mi paga gli alimenti?
E dire che questo libro è universitario. Mamma, neanche tu, che insegni alle elementari vorresti dare a tuo figlio un Falotico? Non mi bastan i danari. Dannami! Dammela!
Tuo figlio deve crescere come me, allevalo subito. E levati la gonna.
Tuo marito non t’ha insegnato i fondamentali? Allora, prima di fiondarti sul “mio” fondente, effondiamoci (s)lavati e ignudi sopra il pavimento.
Il preliminare prevede il leccarmelo.
Ricordate, miei sporchi: per “venir” a Dio di tal sal(ir)e, bisogna innanzitutto, tutto tutto, (a)scenderlo nel fondale. Solo così si può (s)fondare!
Sì, il caffè costa meno del cappuccino, aumentato a 1 30, non vale il mio libro.
Assolutamente!
Stasera, mi reco al solito bar. Luogo poc’affollato, come piace a me.
Il barista è sempre stato gentile. Al che, ordino il cappuccino serale, ben scremato, ben “liscio”, ben con “spicchi” di cioccolatini, e spillo uno e venti.
Lui, all’improvviso, s’incazza e salta su senza ragione apparente: “Cazzo, mancano 10 centesimi! Dammeli o ti ammazzo!”.
Ecco, due anni fa guadagnavo 3 e 10 l’ora per un lavoro pseudo tale.
Che cazzo vuole questo tal dei tali? I dieci dei risparmi? No, me la taglia di accetta solo perché non accettò lo scontr(r)o.
Al che, controllo le tasche, il portafogli e non c’è traccia di “mancia”. Neanche un soldo “bucato” sbuca dalle maniche con le toppe. Una topa mi prende in giro e il suo gringo se la beve come una Peroni. Scopano ringhianti. E il colorante?
Questa è la vita. Erano meglio le lire. Infatti, su Amazon.us, viene pure a meno. E il mio libro non è in rumeno. Scrivo arabo, prometto che non sono albanese. Anche se le complanari letterarie di Antonio mi piacciono. Meglio delle piadine emiliane.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
Comprate “Cuore angelico, tenere tenebre sanguigne”, assoluto capolavoro del Falotico
Evviva il nostro Cuore! Lunga vita e amore!
Cuore angelico, tenere tenebre sanguigne
Da oggi, è ufficialmente disponibile il mio nuovo libro. Complessa e intarsiata miscela dalle squisitezze deliranti innestate e innervate dentro le fratture torturanti, tonantissime, martoriate e poi a volteggiarsi a onirismo d’impalpabilità mia fascinosa, sobria, avvolgente profumo che s’immerge in anima lirica ed eccelsa, elevata eleganza intattissima, superlativ’ascesi mia mistica che si morsica aulica all’effusione di cereo, presto incendiato color marmoreo, esangue e perciò eburneo delle mie versatili, inafferrabili intelligenze poetiche.
Austero decadentismo che abbranco in personal palpito della respirata, abbracciata, baciatissima trascendenza su sangue animato, fiero d’intrepidezza sonante, musicale odore della vita lucente nel vederla suadente.
Vita vera e dunque “virtuale”, fra crepuscolari lanterne ermetiche d’una viva e imbrunita Notte lunarissima e acquiescente, placida come un lago sfiorato dall’alba del primo roseo mattino emozionale, innaffiato ai virtuosi, funambolici dardi solari d’ammorbidito nevischio in mio “demoniaco”, divino Cuore (s)ghiacciato. Altissimo!
Le ragioni, o forse appunto le misteriose regioni divinatorie di tal creazione tinta all’heart letterato più avventuriero d’arcaica, raffinatissima Arte, son enunciate nella postfazione.
Ma non tutto il significato dell’opera in essa svelo. Spetterà allo “spettatore”, ché il lettore chi è se non un “grande schermo cinematografico” dei suoi candori (in)consci abbacinati e meravigliosamente infuocati, fruirne a suo Piacere.
Posso sol qui accennarvi che s’ispira al film “satanico” di Alan Parker con protagonisti Rourke e De Niro il “Lucifero”, ma cambia anima “rubata” e rotta nella sua “detection” appena svolta “manicomiale” nel Johnny Favorite forse “doppio” e reincarnato.
“Amleto” quasi faustiano come d’estratto iniziale di Goethe, un investigatore dalle gote rubescenti, pallide quindi da “deturpato” e turlupinato, quanto “arrossato”. Di vendetta (in)giusta e impossibile?
Oh sì.
Quindi, compratelo. Perché io sono lo scrittore più “rubacuori”. Vanitoso come il Diavolo.
Ah ah!
E mai mi disancorerò dall’accorarmi al me più romantico.
Non disarcionate la Passione!
Applauso!
E che sia scrosciante. Soprattutto spero che diventi “(ap)pagante”.
Un capolavoro assoluto firmato Stefano Falotico
Volatili per diabetici
Lo scorso Venerdì 13 fu il mio compleanno. L’ho festeggiato al cimitero… ecco perché sto dimagrendo a vista d’occhio. Il mio teschio si butterà, sa anche il balcone di quella botta(na) là!
Giovedì sera ebbi una delle mie crisi sesquipedali. Colpa del fatto che ho dedicato tutta l’Estate a curare minuziosamente l’editing della mia nuova opera letteraria, “Cuore angelico, tenere tenebre sanguigne” (di cui siete obbligati a un acquisto cadauno, recandovi su ibs.it, previo colli sgozzati, non ci saranno sconti nonostante il 15% del “risparmio”) ma, dopo tal fatica improba, ancor poca figa. Anzi, molte gatte morte ma la mia mano si sta rattrappendo, tremolante, sulla tastiera “ergonomica”. D’un comfort da far invidia a Jack Torrance di Shining, compreso l’assideramento ormonale del mio attuale stato da Nicholson “ritiratosi”, soprattutto nella zona erogena calda, per labirintiche disamine trascendenti alla 2001. Sì, per risalire alla mia malinconia esistenziale, mi affido spesso a Kubrick. Gli esiti son nefasti e la neve cala impietosa, comprese le torrenziali piogge bolognesi che si “sposano” al mio umoral meteorologo da psicopatologia della mutua.
Quasi muto, per lo shock e il “freddo”.
Sì, ironizzo, sono oramai “benigno” alla Benigni sul mio “inguaribile tumore” maligno per una vita che ricomincia da tre come Troisi ma, realisticamente, non mi resta che piangere.
A meno che Leonardo Da Vinci non copi la mia “Gioconda” e gli chiederò un risarcimento per plagio. Ah ah! Preferisco la mia statuetta di Mosè alla Michelangelo piuttosto che le nature di Sanzio. Ora, silenzio, vi annuncio questa sciagura. Avremo Elio Germano nei panni del nuovo Giacomo Leopardi per Mario Martone, quasi quasi è meglio una matrona che allieti il mio “Infinito” su note del Verdi… pascoli lagrimanti da va’ pensiero sull’ali dorate. Sì,ok, ma il pene non va su quelle da dorare. Non è un bene, è una pena. “Forzata” da Oscar Wilde. Germano conosce suor Germana. Sì, uno da suocere.
Smentiamo le voci diffamatorie su Wilde. Pacino Al n’è fan, sa che Jessica Chastain voleva il suo “Erode” di salame. Ma quale Salomè. Quella è una bionda che fa salir’ molto zero dark thirty. Ti tira di trenta ma scende la temperatura “al gelo” come il bambin Gesù se Jessica non alza la gonna su. Ma quali Torri Gemelle e conflitti in Siria.
Qua è peggio che nella transiberiana. Sai quanto me ne frega delle guerre mondiali. Almeno, vedremo qualche speranza svolazzare dal terrazzo. Finirò nella steppa col mio pollo di “stoffa”. Stopposo quanto il petto di Jessica con uno di maggior “troppa carne al fuoco”.
E, di saliva, Al recita il suo monologo della vagina. Cucinandoselo “addosso”, arrosto e da rustico sguardo versione Dog Day Afternoon.
Sì, sono arrabbiato. Ma che cazzo di comportamento è mai questo?
Mi son fatto un culo come la villa di Arcore, ove però, al contrar mio, Berlusconi di leccaculi protesse la “profilassi” delle sue pute finché potette, perché ricevessi in cambio sospetti, inculate e schiaffi? Sai che “ricevimento”…
Telefono a un mio amico, alla vigilia.
Mi risponde che preferisce alla mia torta la “Serie B”, ove disputeranno un incontro “storico” fra una cadetta telepromozionata su cotoletta milanese e una squadra terrona con tifose “iperdotate” sugli spalti inquadrati di “moviola”. Stoica, ai limiti del porno 8mm più da voyeur.
Con mossa “bugiarda”, gli rispondo che, se così è, la “Pasticceria Delle Rose” di Casara Lina, ubicata vicino al passaggio a livello di Via Zanardì, limitrofa a mia Ca’Bianca su CAP 40131, preparerà per lui un bignè ripieno di merda ma al sapor “cioccolato”.
Dalla diarrea, capirà d’aver mangiato uno stronzo migliore di lui.
Anche perché, di solito, è anche stitico.
Affettivamente, vale un cesso.
Poi, vedo se una delle mie ultime squinzie, molto “virtuali”, è libera per un “lasciapassare” da passerina del Venerdì festeggiante.
Lei replica così:
“Stefano, se mi regali un anello, per te un bacetto Perugina.
Se mi doni un residence, una toccatina e non oltre.
Se ti azzardi a darmi il tuo uccello, lo darò da mangiare agli uccelli.
Ciao. Adesso, non disturbarmi. Sto guardando la fiction Amore e ibridi cazzi tuoi, storia di peste e corna ambientata in Scandinavia, ove il biondino attizza anche se è un eunuco che scopa un’eschimese lentigginosa, oriunda profuga sopravvissuta al Titanic da emigrata dopo la Sicilia con furore per colpa del marito mafioso”.
Come ci devo rimanere?
Poi, dicono che hai gli “schizzi”.
Lo schizzo almeno consola.
Adesso, capisco perché Woody Allen ha sempre preferito le seghe alle donne.
Dal genio elettrico, spunta l’idea dalla lampada.
Basta che non sia della Beghelli. Per quello spot, De Niro paga ancora la reputazione.
Insomma, quella pubblicità poi passò a Giletti.
Onestamente, con tutto il rincoglionimento del Bob di oggi, Massimo è uno che stava con la Clerici. Non scordiamolo.
Al che, spuntata la Mezzanotte fra il 12 e il 13, mi recai alla Certosa.
Era ancora aperta. Il becchino stava facendo il beccamorto con una turista anoressica di “mortadelle” in bocca, su una lapide in cui dilapidò la depilata appena visibile.
Roba che neanche Tim Burton avrebbe immaginato.
In quell’attimo, accesi un cero e compresi che non c’era più nulla da fare.
Sono spento.
Per risollevarmi, Sabato seguente arrivò la bolletta dell’ENEL.
Il suicidio è imminente. Soprattutto dello psichiatra che, quando avevo sedici anni, “dedusse” che andavo curato.
Lunedì gli spedii il mio libro con questo “pacco” regalo incorporato:
“Ecco la diagnosi: abita in via San Donato, probabilmente dall’attico, se si lancia giù, potrebbe non finire con le rotelle…, dicasi bipolarismo depressivo simplex senza paracadute, ci ricascherà e addio materassini salvavita Eminflex”.
Che posso farci? Un cazzo, proprio un cazzo fritto.
Alla rosticceria cinese, puoi ordinare solo gli agrodolci.
A lungo masticarselo, fan male alle pa(pi)lle.
Meglio il riso col curry. Digerente. Da tubo di cagata evacuante.
“Saporito” come la Cina. Quelli lavorano 24h su 24 e trovan Tempo per metter su famiglie di cento figli.
Saranno dei Toshiba. Famoso uragano disumano formato USB con tanto di “chiavetta”.
Attento alla scossa.
Ce la vogliamo dire?
Come si fa a non ammettere che sono un genio?
Solo i pazzi vogliono ancora confutarlo.
Però sono pazzi tutti, tranne me.
(Stefano Falotico)
Federico Frusciante vs Falotico Stefano alla Clint Eastwood
Su Facebook, appare un’immagine dal “nulla”. Sedda e Frusciante “a braccetto” nella videoteca gestita con far “mitomane” da Federico.
La foto è inequivocabile, allarmante, “segnaletica”. Tanto da risvegliare Callaghan dal suo letargo pesante.
http://www.geniuspop.com/blog/index.php/2013/08/federico-videodrome-frusciante-e-francesco-sedda-uomini-non-da-caffettino-segafredo/
Tale foto è incontrovertibile, d’adocchiar per non prender più sonno… e da dedicarle una descrizione secca come il Cinema del Clint.
“Ri-tagliando” i due characters “con l’accetta”, come si suol dire quando non si approfondiscono le sfumature psicologiche dei protagonisti.
Già. Qui assistiamo a due irriducibili cinefili con tendenza incurabile al nerd. Eppure hanno il loro effetto. Uno floreale, l’altro cupo su barba carismatica di sex appeal in jeans secchi.
Il pomeriggio è tardo, il Clint non domo si sveglia dal dormicchiarla. Si reca in quel della Stazione Centrale e ordina una Freccia per recarsi in quel di Livorno.
Arrivo previsto prima dell’orario di chiusura. Previo ritardo, dovuto al freno a mano di una vecchia nello scompartimento “Malinconie a vapore della senile senza più sedile posteriore di quando godevo senza santini a consolazione”, Clint scende dal treno, chiede informazioni in merito al luogo “maledetto” ove, durante i giorni feriali, Frusciante staziona anche di videorecensioni un po’ nel tirarsela.
Ferma una tizia sulla quarantina con tettone da toscanaccia alla “Maremma maiala!”. Lei spalanca gli occhi, Clint “sgrana” il fucile dell’occhiolino e lei la spara fredda. “imbracciando” qualcosa d’indecifrabile che non rispetta l’italiano:
“La giri a sinistra, la vada in vetta alla strada e la si ritroverà in capo”.
Clint non capisce un cazzo di questo semi-dialetto “dantesco” sciacquato nell’Arno, ma si arrangia lo stesso, mangia un “paninaro” figlio di Pupo e, alla fine, scruta da lontano la scritta lampeggiante un “Videodrome” allucinante.
Luci al neon sì… nella penombra del primo tramonto livornese.
Con passo felpato, Clint molla un ceffone a un ragazzo deficiente già sul “claudicante” di cervello malandato, manda un bacino a una squinzia del baretto lì limitrofo “I toscani aman l’ano e fan baccano con Gianna Nannini”, quindi bussa alla porta.
Ad accoglierlo, di “spioncino”, Federico. Che pronuncia un “Non accogliamo emuli di Eastwood, mio fascista, torni fra i militari”.
Il Clint, provocato, sferra un calcio imprevisto, Frusciante cade a terra frastornato, l’amico Sedda prova a sedar Eastwood “infuocato”.
E, nel parapiglia generale, spunta un tenente dalla volante lì appostata, punta l’arma assieme a un carabiniere a la butta in barzelletta, urlando:
“Evviva Schwarzenegger! Ha capito tutto. Noi rispettosi della Legge, noi di moral guidance ma, in quest’Italietta, mancan i soldi, Dio d’un Giuda ladro!”.
Il Clint dice “Bravo…”, Frusciante riprende in mano Atto di forza e scatta l’applauso.
“Il nostro Tempo” di Stefano Falotico e Gianluca Viola
Largo alla giovinezza, senti come arde e s’infiamma dalle agonie che, invece, voi patite. Che morsa attanaglia il vostro patetico lamento. Molta panna, molta pena. E il pene? Il pene va aggiunto.
Cos’è? Siete bisognosi d’affetto? Allora, eccovi serviti: un affettato a quest’opalescente tintura d’abbuffate buffissime e loffie, su, struccatevi, noi indossiam sol la maschera quando ci bruciamo troppo per cagione, e impiccagioni frettolose, di troppo adocchiarci nello schivar chi a voi non si confà e non s’adatta a tal poco davvero vostra lattea galassia. Noi d’acutezza siam grissini e ingrossiamo i nostri sogni. Ampliandoli in allevamenti fra voi, i dementi. V’acciuffiamo e pettiniamo di “ceffoni” chi ci stuferà coi suoi ciuffi! Stufati. Vi stantuffiamo!
Che della vita avete equivocato anche vostra moglie, innamorandovi di tette già da ammuffito latticino e non da peperoncini a carezzar i di Lei capezzoli con sobrio scioglierla in lingua che pretendo sia biforcuta, fornicante, ché dall’angusta sua malinconia svesta il vero gusto, la lecchi con ardore privo di pavidità. Questa vita qua non è un viso pallido, bensì ancora da “montare” calda, bolle! Cavalchiamo in sella, miei prodi. Ecco le pentolate! Il pentecostale alle tue costolette! E tu porco levale le “mance” di dosso. Non è serva che serve secondo “volere è potere”, è sol che servile ai vili come voi, ipocriti sempre nei porcili.
Io e Gian… ce ne altamente e bellamente freghiam’… sgraffigniamo e non invochiamo qualcuna che c’invogli coi suoi capricci di “tovaglia”. Siam metafisici senza doglie e con giustezza siam noi a giudicare questo vostro travaglio e a cucir le bocche coi bavagli.
Se tu ragli, perché io dovrei avallarti? No, mio villano sei sol possidente di tante ville ma io sono il possessore del valore anche se non ho oro da offrire alle tue belle che “belano”.
Io guido da gran pastore e sbeffeggio di sana piantissima, non la pianto mai e, se mi va, coltivo anche delle “piantine”, fumandomela alla grande di “girasole”. Che coito. Che cottura!
Ti gireran le palle ma che puoi farmi? Farmelo? Sì, al massimo ti regalerò un “pacco” regalo con un sano “Vaffanculo” infil(z)ato seduta stante.
E composto devi star(ci). Altrimenti, ne beccherai nel didietro tante. A sangue! Non sculacciate lì nel popò ma si squaglierà il salsicciott’, miei “squali” pienotti, come liofilizzante, già, una pappina.
Tu non hai fatto la gavetta. E allora il gavettone!
Io non credo ai papi e dunque son la bolla papale e anche scrittore con tanto di papalina e Cappella michelangiolesca.
Io dipingo il Creato di nudo e crudo, schizzo pennellate come il Pinturicchio e ti “tiro” le orecchie. Usa i parastinchi, maiale, mafioso siculo e “sicurissimo” di falsi segni della “Croce”. Poi, esci dalla chiesetta e, appena scorgi un buon culetto, dopo tanta acqua “benedettissima”; urli “Minchia, che pezzo di sticchio!”. Fai schifo!
Ti conosco, sei eppur un Uomo, quindi qualcosa abita di “purè” e “aleggia” fra le tue cos(c)e. Non puoi celare la verità, non far il “surgelato”, non sigillarlo quando nessun ti vede poiché a me non sfugge proprio Nu(te)lla. Ti pulisco col bidet. E ti riduco bidello!
Ecco il bignè. A te e a quella venduta di Daria Bignardi. Insipida anche se sta sul “podio”. Sì, per quattro polli. Mah, secondo me è bipolare. Un po’ frigida e non la dà perché “ce l’ha”.
Ah, la Notte viene e va… Guarda com’è finito Francesco Nuti, ammutolito e dir che se “l’è meritata”.
Da me, solo un “maritozzo” per addolcire la sua depressione da fig(li)o di puttane. Tante ne volle senza talento, ed ecco come l’accontenteremo.
Porgetegli dei fazzoletti e un babà pregno di liquor amar’. Ah ah.
Sparatevi questo e zitti state. Se no, altra razione e freddure, miei freddi “capistazione” da decapitazione, nazisti caporali e mie teste dure da testicoli tosti senza “taste”, son io che ve lo tasto e se voglio, appunto, anche “taglio”.
Ficcandovi nel compartimento… stagno.
Ove potrà “svolazzare” a (in)castrato di vostri mostri. Ho perso il treno ma calcolo l’equazione binaria. Io ti sbrino e ti sbrano, in “due”.
Stendendoti in “stazione”. Chiaro, “stallone?”.
Io “sbuffo”, io sono “a vapore”…, ecco la malinconia che ti non ti sconfinfera. Ecco la “bestia” da fiera de “L’Unità!”. Ah ah.
Con stasera è tutto.
A domani, per altri pugni.
- Killing Season (2013)
Un esempio lampante di Cinema reputato “inguardabile” ancor prima che esca dal “guscio”.
A me è piaciuto. Come l’ho “veduto” se non è ancor da noi uscito?
Basta recarsi sul “Tubo” anziché tubare con le troie “conturbanti”.
Grazie. Un film avventuroso con s-cene graziose.
Vale più un De Niro che spacca la mascella del Travolta con una freccia in mezzo alle sue labbra di voi lebbrosi. - Out of the Furnace (2013)
A parte il fatto che Crazy Heart è un grande film e retorica sarà tua sorella, la qual mi sembra una da “quaglie”.
C’è poi Christian Bale, che dà sale e, se rompi, di botte… t’assalirà.
Uomo che non si profuma col Pino Silvestre ma ascoltò Daniele Silvestri e la sua “Salirò” per distruggere la musichetta italiana. Egli voleva l’ano di metallo pesante.
Infatti, rises Catwoman scopò. Come lo so?
Prendete il Dvd dell’ultimo Batman di Nolan e guardate gli occhi di Anne Hathaway ogni volta che “condivide” la “grossa presenza scenica” con Christian.
La sua recitazione si “prosciuga” e par che gli sussurri, sottovoce: “Finito il Ciak, ci diamo di là? Sono una gattina bagnata e va lucidat’. Dai, bel Bale, te la voglio dar’ e di pipistrello esigo che tu risorganello sgorgar’”.Tale dicesi porcata ma ci sta. Ah ah. - Il pesce innamorato (1999)
Finiscila Pieraccioni di frignare. Nei tuoi cazzo di filmacci, ci son soltanto delle fregne che, dietro raccomandazioni, tu (s)freghi.Da me, neanche un soldo. Chiamate i soldati. Tu ami “solidarizzare” col pubblico alla “bona”, io invece mi solidifico nella mia atavica convinzione.
Per far un buon film, non basta schiaffare una figa.Fra l’altro, una cretina del genere non l’hai neppure schiaffeggiata.Sì, si dice che le donne non van sfiorate neppure con una rosa. Ah sì, la rosa ha le spine. Vero! “Verissimo”.
Quindi, attento a scegliere dal fiorista quelle “sbucciate” a patata della tua patonza, mio stronzo. Ai rotocalchi ho sempre preferito non “calcificarlo” ma da calciatore a punizione “piazzante”.
Meglio scaccolarsi, di seghe mentali e non, che bazzicar con delle merdose. Ma quali mimose. Ecco il moro(so).
A me sembra una buzzicona, una da “Maremma bucaiola”.
Almeno, se devi buttarla in vacca, scegli Sabrina Ferilli. Donna romana che non cucina i tuoi “fusilli” ma bucatini e “amatriciane”.
Già, Sabrina non si vede più molto al “Cinema”. Ha da lavar il “bucato” di quanto ha macchiato pure i pann(olin)i sporchi dei bambini dei “produttori”.
Lo sa… il figlio di Cecchi Gori, che col padre se la spupazzò nel “foro” roman(tic)o. Scudettandola con Pupo “viola” a cantar “La porti un bacione a Firenze”.
Una “donna” al prosciuttino. Da braciole, poche coccole ma al detersivo “Coccolino Concentrato”.
Già, quest’affamata necessità d’uno scarface Al “Ferruccio Amendola” (prima di Giannini della Roma e Giancarlo…) Pacino con tanto di “sputo” al pube “spot” della famosa pubblicità.
Una presa in quel posto se te lo sfondan di fust(in)o.Da me, solo che calci. Altro che “orsacchiotti” e “peluche”.
Vlad the Impaler
Mortuario enigma dei miei ludici santuari a stigmate lucide
Stefano Falotico, il poeta per eccellenza, da regista si filma nel recitare il suo splendido componimento, di prossima pubblicazione, decadente nella sopraffina ironia a lingua forbita.
Opera a opera di sue (gira)volte, coperta da un copyright oltre la SIAE.
Volteggiai in epoche remote entro endovene traspiranti di solforiche nitidezze, ad arzigogolo anch’anestetico delle siringhe pensatrici inalate dal mio fumarvela con nostalgie meditabonde nel tenermi saldo in questo Mondo.
M’adorai e mi doro ancora, non dormo quasi mai e, sebben chiuda gli occhi, udii nel tempo già trapassato del Futuro prossimo un’avventura in prossimità del mio sbandare sollazzante in gradevole “lestofante”.
Con qual cortesia, vi rinfaccio la mia eutanasia!
Ah, cavalcai tanti fantini e li montai in sella per “assolarmi” nelle vertebre d’una Notte mai terminata, in quanto terminale del mio tremendo raggelarvi. Fratture composte a bloccarvi, miei impostori.
Lo so, nutrite esagerata sfrontatezza nei riguardi di ciò che concerne il mio sciolto cervo, fresco in serali boschi nei cui meandri m’accheto per assopirvi a satirico inculcarvi quel che (non) sono e giammai sarò, in quanto camaleonte d’aspetto leonino oggi e domani ad aspettarti come una tigre per sbranarmi indomito. Sì, me stesso, ché non si dolga ai vagiti dei vaghi vostri umori volubili ma sia volere del mio e solo Piacere p(i)uma.
Mie scimmie!
Per quanto resisterete, prima di crollare macerati di fronte alle vostre ignobili danze? Sì, danza, sempre si perpetua e ti sfianca quando credi di credere alla “creta” del tuo corpo “piacente” o forse solo un criceto. Come un topino, scappi via, car bambino coi tuoi barboncini.
Ah, ti spiai per anni, ed espierai proprio nel respirar tuo “piaciuto”.
Cornuto, il Diavolo sono Io, quando provasti a provarmi?, Ah, incornato ne sei coronarie. Le mie corone di spine sono immani corridori delle emozioni, fra ossa, sangue ed entrarti, mia Donna frantumante.
Non affrangerai l’Altezza delle grandezze addolorate! Piangendo, svelai il mio visibilio dell’invisibilissimo, prim’inviso tuo, sorriso vanesio. Ah ah!
Tu, invece, povere ceneri di chimera, sempre a riempirti la bocca della parola “amore”, alla quale riconosco solo uno “sterzarla” nello sterile fotterla d’eternissima vederla in sé nostro insinuandoci. Indemoniati noi siamo nel vostro mai sarete.
Mai salendo, ascenderete!
La Donna, per me, è un tutt’uno col “forbito” essermi liberato dalle gelosie che vi perseguitano, e n’accovaccio il seno sventolante a suggerlo in sfregi miei dilettevoli con Lei come io desidero e “osceno” voglio, voglio senz’ossequi e mendace corteggiar solo l’autentica levigatezza della sua figa assoluta e morsicante in catarsi del nostro oltre incarnato.
Le catene dei puri son veli(eri) di com’ero ieri e, anni or sono, sarò di nuovo valoroso.
Ella che asperse i colori della noia a mie baldorie, coriandoli d’orgasmi e irriderci costanti, aitante io Dracula il vampiro fra le mannaie ammainate e tu, Mina, dai denti a leccarci supini.
Suderai a mio disprezzo (ri)volto in tragico eliderli all’eclissi dell’anima mia nell’aprirci incantati di frenesia.
“Ebefrenia” in te ferina e ormoni di mio ferro fortificato negli amplessi dalla lieta litania.
Scopati in me, sì Mina, e dondola quando, legato nella camera da letto della mia dimora, morissima accenderai il bruno liquore del mio strapparti il Cuore.
L’armata è qui, e ora battaglierà a distruttiva spietatezza di fuoco.
Deponete le armi, Dracula non placaste e, vincendovi, v’è sempre più vicino.
Bacini a “vossignoria” e inchiostri neri a vostro incubo sereno.
Firmato Dracula,
il Signore del veleno
Requiescat: Indagine sulle morti di Čajkovskij
Pëtr Il’ič Čajkovskij, figura emblematica della Musica, genio e compositore indimenticabile.
Ottavio Plini e Alberto Luchetti hanno pensato d’indagare sulla sua misteriosa morte, girando questo corto straordinario, che ospito qui nel mio sito e di cui sono anche la voce inquisitrice.
Centoventi anni fa, la notte del 6 novembre 1893, Piotr Ilic Čaikovskij moriva a San Pietroburgo, nell’appartamento del fratello. Le cause della morte sono a tutt’oggi misteriose, con almeno tre ipotesi molto diverse fra loro. Cosa accadrebbe se fossero chiamati tre testimoni vicini al compositore negli ultimi giorni a raccontare ciascuno una di queste versioni? E chi, se non Čaikovskij stesso, potrebbe avere l’ultima parola sulla questione? Le note della sua sesta sinfonia, conclusa poche settimane prima, ci saranno compagne in questo viaggio, dischiudendoci le estreme verità di questo grande uomo.
Regia di Ottavio Plini e Alberto Luchetti da un soggetto di Ottavio Plini. Fotografia di Alberto Luchetti e Marco del Rosso. Aiuti operatori Tommaso de Brabant e Andrea Prandini. Interpreti: Giacomo Beria, Valerio Vannini, Attilio Costantino, Monica Maria Seksich, Stefano Falotico.
Recensione di Stefano Falotico
Ipnotico, “breve” capolavoro che racchiude, in lirismo d’immagini fuori d’ogni epoca, l’assoluta anima di un genio “vergato” nei patibolari ultimi suoi giorni prima dell’addio definitivo ma immortale per l’umanità. Magnetiche presenze s’intersecano a gravitar di congiura e testimonianze discordanti, diluite in plumbei nitori fra inquadrature accorate, soffuse, “al liquore”, avvinghiate all’enigma per sempre misterioso, aura di fascino “arsenico”, dolce-amara visione del Tempo scandito nelle lucenti, incantevoli note della sua impareggiabile colonna sonora colore Bellezza.
Spettralmente, appare dalle nebbie L’Inquisitore, figura “mascherata” flamboyant, voce gotica che s’incarna (in)visibile dalla penombra, si sviscera dalle e dentro le tenebre profonde di quest’indagine maestosa. Quindi, sfilano i suoi amici, i suoi conoscenti, i suoi “assassini”. Il rimpianto dell’amore e di una vita sacrificata per un bene altissimo, estremo. Poi, il Cielo lievissimo s’increspa nella Notte.
Complimenti a tutti gli interpreti, con particolare menzione per il protagonista, nel cui “vegliardo” volto brilla la saggezza vivida di un grande Uomo, per Valerio Vannini, perfetto, stupendo sentire ad aderenza del dolore così elegantemente espresso, e a Ottavio, “fantasma” inquietante da “lugubre” cerimoniere.
Woody Allen contro Falotico: due identici “ai denti”
Stefano Falotico e Woody Allen conversano, disquisiscono sul destino “co(s)mico” di un’umanità non tanto ottim(ist)a, ai piedi di Manhattan, con la Torrei Eiffel a svettare come… Libertà!
A sbafo, sbandati, dal Mondo ottuso schivati-schifati, “schiavi” di regole programmatiche-pragmatiche, insomma sugli ema-tomi artistici “sbaviamo”, chissà cosa ne pen(s)erà Shakespeare nell’essere o non essere Emma Thompson
Io e Woody siamo statue di cera, scolpite nella blu incandescenza immersa a solitudini in qualche modo affini sebbene su sembianti “diversi”, agli antipodi solo del primo acchito… ah, i tacchi solari delle donne per nostra misoginia cavalcante eppur sempre profondamente attratta dal “nervo” focale dell’Eros domato contro il Thanatos che genera melanconia. E anche emicranie per poc’antropocentriche “bersagliere” al centrarle nei loro più “intimi” desideri.
Ah, da lupi depressi le concupiamo, lui spelacchiato e io nelle prime alopecie di “penicillina” alle ferite d’amore.
Che mordenti misantropi, uomini d’altra razza. Oramai, neanche nelle fabbriche dei “giocattoli” “tiran” fuori pezzi erronei come noi. Non adatti alla massa che va per la maggiore… Noi errabondi, vagabondi pensierosi fra una mia sigaretta nervosa e il volto di Woody increspato di fegato “polmonare” sull’osmosi d’asfissie a un’empatia virile un po’ schizzinosa nei riguardi del Sesso, sensuali d’asessuate, nostalgiche visioni “oceaniche” dai colori “nitidi”, natanti, piangenti che planano nel meditabondo sorvolare su “tutto”.
Onirici o neri?
(Ri)flettiamo…
“Livellati” sul mare, appianati ai s(u)oli. Almeno non appiattiti.
Gli omosessuali, appunto, c’osservan con sospetto, la polizia aspetta le ambedue mosse false per “incatenarci” alla prigione dei nostri scatenati sogni “virtuali” repressi, la gente “normale” ci stressa e l’esistenza si fa… opprimente.
Che sgambetto! Che “gobbi” di colpi! Al Cuore!
Ma siamo noi a giudicarli deprimenti. Ah, l’uomo medio logora con la sua lorda, capricciosa voglia “matta”, perennemente mirata al “triangolo isoscele” delle cosce, dunque è molto “mirabile”, da celebrare in “lode”.
Con tanto di allori e “scappellarci” di “Buongiorno”.
Preferiamo un addio mansueto alla consuetudine, anche se la messicana Consuelo ci strizza l’occhiolino ed è peperina di salsa “matata” al nostro “corto… circuito” ballerino ma non “latino”, più “alla francese” nelle rotonde sul mare annoiate da questa oscena liscezza. Che “tonti!”.
Lui, evidentemente “mostriciattolo”, cerebrale accidioso a mo’ del “Ça va sans dire”, io arrugginito come Pacino Lefty Ruggiero nel mio apatico e “Me ne frego fin(i)to” da “Che te lo dico a fare…?”.
Poche carnali donne nel nostro carnet, Woody col Cielo in una stanza autocentrata di maniacali nevrosi proiettate ad altri, adesso anche d’alter ego, io spesso in cameretta romantica come i poemi cavallereschi della mia stessa spada nella roccia da Camelot. Anche da cammello. Non se se son Amleto o se sia un Bene… Carmelo.
Orsi siamo e brindiamo alle “ossa” di Artù, Principe tradito da Ginevra la meretrice, in mezzo alla “foresta” di Lancillotto, un figo più spassoso che la (es)portava in “giostra” e la riscaldava, “avvelenandoci”, nei prati verdi delle ginestre e “corsette campestri”. Ah, Lancillotto lo “lanciava” fra i suoi “corsetti”. Pizzi e merletto.
Cazzo, aiutaci Merlino! Manca la melina! Anche i letti a “castello”.
Così, col taccuino alla mano e appunto il tacchino da Giorno del “Ringraziamento”, causa benedire e basta le “graziose”, telefono a Woody per svegliarlo dal suo recente letargo cinematografico. Lo invito a cena ché, a lume di candele, ammiccheremo a vicenda col frizzantino da geni “brillanti”.
Lui, ancora in canottiera, annichilito in un letto insonne di brutti incubi, prende su la cornetta ma, nonostante risponda-cheto-chieda presto “Pronto?”, fa fatica a riprendersi.
Al che, sgrana la vista e punta la locandina di Die Hard, con Bruce Willis a rammemorargli di non mollare.
Woody, invece, nel naufragare sempre “controcorrente”, mollò quattro pet(ard)i isterici, “modulando” un valzer di sconnesse frasi all’unisono dei “tuoni” piovigginosi ch’echeggian fuori.
La sua vicina di casa, donna pia quanto “spia”, bussa alla porta dell’apparta(men)to.
Domanda che cos’è stato quel trambusto.
Woody, con “proverbiale” (non) lasciarsi andare, ancora in vestaglia, “annuisce” un “Signora, è acqua passata, la ritenzione idrica del mio (re)moto passato”. Come da Verbo che emisi…
La signora, simile a Edwige Fenech infermiera, lo manda a fanculo. Già. E gli tappa la “bocca” con “amorevole cu(citu)ra”.
Woody, in tut(t)a “sveltina”, si veste e, dopo averla cinta di farneticazioni “nullafacenti”, non sa quali cinture scegliere.
Dunque, nel mentre della sua mente, di nuovo si scioglie in (rim)pianto a (di)rotto. Incompreso e “in compressa”.
Frattanto, trascorsa mezz’ora dal mio primo “squillo di tromba”, giungo a casa del mio amico.
Esclamazione!
– Woody, è tardi. Non attardarti di più per colpa della tardona. Si sta facendo… Notte, poi non avremo Tempo perduto… da Midnight in Paris.
– Hai ragione Stefano. Perdonami, alle volte sragiono. Colpa dei troppi ragionamenti da topo senza “top(p)e”.
Dammi… 15 minuti di Andy Warhol e andremo a mangiarci delle uova. M’occorre il lass(ativ)o, anche Lasonil al mio Pinocchio “nasino”, per “risollevarlo” da quella dannosa del “Pronto Soccorso”.
Che andasse ove sempre (non) and(r)ò.
Quindici più tardi, Woody è pronto.
Al ristorante più “rinomato” del quartiere “meglio” frequentato di New York, veniamo accolti dal menestrello di Fracchia la belva umana.
Io vengo trattato come il commissario Auricchio di banfiana memoria. L’incivile canterino infatti comprese subito che non sono uno da Ela Weber. E la buttò su sfottò delle battutine “piccantine” al nostro scambiarci da “toccati”.
Voglio aggredire il troglodita ma Woody mi trattiene e, con più “classe”, ri(t)ma allo stronzo maleducato:
– Non siamo da Gigi il Troione, non siamo frocioni… ma ti facci(am)o un culo così.
– Scusatemi tanto, v’avevo preso per “quelli”.
– No, siamo solo amici. Non s’inimichi “uomini” come noi.
Meglio non trovarseli di fronte in “posizione” orizzontale. Quando le “spariamo”, utilizziamo l’arma Magnum da Callaghan col grilletto… “in sordina”.
Silenzio… di tomba.
Ceniamo. Woody ordina delle “cozze”, io delle ostriche. Ci fermiamo al caffè, il dolce ce lo “rifila” l’oste.
Eh sì, un conto salatissimo di “prima” scelta: 1000 dollari più “bottino” della mancia a strapparci le mani(che).
Senza mutande, senza “speroni”, senza cartucce, senza pall(ottol)e, tristemente c’avvi(t)iamo verso il fiume Hudson. Comincia a grandinare, usiamo l’ombrello e aspiriamo il vento con delle cann(ucc)e.
Buona la “gran(it)a”.
Prendiamo “posto” in panchina, essendo dei panchinari della vita. “Titolari” però della sfiga.
E “contempliamo” senza pronunciare una sola parola.
Dopo tre ore del fissare il vuoto, piglio il “pazzo” al balzo con una balzana cazzata.
– Woody, che frutta preferisci? La banana o la Macedonia di Alessandro Magno?
– L’acido dell’insalata dopo il minestrone “bagnato”.
– Ti capisco.
Anch’io non lo “condisco”.
Quindi, ci baciammo mentre quella passerotta di Gwyneth Paltrow passò in quella “zona” e, a grandi falcate, salutò i nostri “uccelli”.
Non ci rassegniamo e Woody canticchia Nek:
Non è mai com’era ieri,
cambia il senso cambiano i pensieri,
e ti sembra tutto da rifare…
Sbagli se ti guardi indietro,
punta avanti anche se hai mezzo metro,
c’è sempre una strada per viaggiare…
è un’inguaribile follia,
saperti solo mia…
è congiunzione astrale…
– Questa è l’ultima porcata che mi fai, Woody! Adesso, finalmente ci sono arrivato!
Radio Days pensavo fosse un capolavoro ma invece è meglio Glory… di Springsteen!
Tu non spingi per nulla!
Detto ciò, lo spingo, annegandolo e dandolo in pasto agli squali.
In poche parole, “emergerà”.
Annacquato di pene da pirata?
No, da piranha.
Sono sempre a galla, gli stronzi ho scoperto e da me solo merda in faccia. Oltre ai pugni, questo è ovvio!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Zelig (1983)
- Ombre e nebbia (1992)
- Taxi Driver (1976)
I due sopra fan cagare, robetta intellettualotta da masturbatori.Mille volte meglio Travis, tassista come me per la feccia di una manica di lerci che pensavo amici e invece scoprii dei puttanieri sfruttatori, scatenando il putiferio.Non li ammazzai, anzi sì.
Travis li uccise fisicamente, io in modo che patiranno eternamente.
E piansero. Cazzi loro. Se la sono cercata.
- Rambo (1982)
Da collegare al capolavoro sovrastante.
Robert De Niro, lulu.com
Pregate, in silenzio, e ammirate l’inconfutabile grandezza
Affannati, e affaristi senza scrupoli nel monopolio capitalista, decapitaste le anime con “indubbia” arma “non convenzionale” dell’ambizione “ammaestrante” per “saggi” diritti ad affievolir anche le savie ansie.
Mal ve ne sortì, il vostro sortilegio, dirimpetto a cotanto Uomo, il sottoscritto “in calce” e nessun calcificato, “cacciato” e adocchiato, fu un sorvegliarmi solo ispido nel non scagionarvi dai vostri imperdonabili peccati.
Ora, seduti alla mia Destra, baciando le mie mani in “segno” di cordoglio, affranti dalle stigmate del vostro lento, abulico “stingervi” nella Notte a voi più profonda, celebrate costui che (di)scese da (Monte)Cristo robusto per non saziarsi di facezie e inutile “spezia”, ma dotato, per via naturale-Benedizione paterna, e non putativa, al trascendere immane. Oggi asceta e domani, quindi qui, poeta, nel mai ottemperar le “fusioni nucleari” delle vostre atomiche di “bombe” guerrafondaie, sedimentate, dunque avvilite, d’invidie reciproche e “coccole” da invero nemici falsamente amicali.
Sono il Tempo temprato dell’agonia, nella battaglia mai chinata. Rinacqui!
Mai di “varichine” indottrinato. Sono acqua e fuoco!
Lavico e libero, disincagliato dai precetti delle vostre confetture mielose che ebbero la vile pervicacia di volermi smorzare e demoralizzare dietro intenti moralizzanti e prediche da educande.
Son io che ammicco, estraggo l’inchiostro e lo “tasto” al fin d’espandere la vostra plastificata “realtà”, sempre agguerrita, appunto, nel “lusso” impertinente d’abrogar chi, a tal orrenda, crudele “tranquillità”, non s’atterrà mai, ma preferisce atterrar su un giardino segreto colmo e rigoglioso di fantasie ed emozioni, inalando i sonniferi “sommi” degli altri per vegliare sulle coscienze sporche.
All’erta e al comando del suo imbattibile veliero, pirata eccentrico, De Niro Stardust in questo mare di stelle. Vi polverizzo! Feroce contro chi ne annerì la sete d’avorio, pelle mie d’ambra, amatissima e mai livorosa da predatori dei velli “aurei”.
Valoroso!
A voi mi rivolgo, congrega che sogna e non s’ancora alla certezza dei lidi (in)felici. Portatrici solo d’abitudinaria contemplazione. Si sa, ah le sabbie, al primo “scoccar” di vento, verrete tranciati nello scem(pi)o.
Non son blasfemo, l’empio è solo un Uomo che guida il gregge, e carezza i deboli per (indi)rizzarli a nuove e fantasmagoriche leggerezze. Leggete di quando il Messia, (D)io incarnato e non nei vostri canali di “scolo”, scottò la borghesia solo non annuendo alle loro ipocrite ipocondrie.
Di quando girai attorno al Mondo come Jules Verne, pur rimanendo immobile come Novecento–Tim Roth. Di quando m’immersi in tutte le cascate del Niagara e attraversai, anche di traverso, le catene montuose della Mesopotamia, conservando il mio “muso” infrangibile come i samurai Ronin.
Di quando con Robert De Niro al Cuore, letargico e poi finissimo d’energia, abbrancai la mia grinta, spronandola a ribelli pulsioni nelle virtuose “croci” della Luna.
Di quando il suo neo, liscio come l’olio, pindarico, astratto e “volubile”, (non) declinò l’orgiastica offerta dei luridi pranzi ma fu, invece, già (un) prediletto al vaneggiare senz’arietta fritt(ur)a.
Di quando le donne, tutte in fila, posero le loro “sporgenze” che Io, sola(re)-mente, con solerzia erettissima, spiai dal buco della serratura, per non unirmi alle loro orche mammifere e assassine, al loro squallido “ozono”. Non m’accontento d’un patetico abbrustolir nel calore da botanico orto.
Sì, miei orchi, lunga vita al Robert! Siate contenti!
Comprate questa perla (in)trovabile, e la vostra vita sarà più salubre.
Odorerà d’amore, gioia, Bellezza, e dimenticherete le malvagità, inchinati alla sapienza mia color estro e creatività.
Sono o non sono il cratere del vulcano?
Essere o non essere? Questo è il problema. Oggi, divenuto una moltiplicazione di casini…
E tu ne hai molti, fidati. Assonnato, ingerisci pastiglie per dormire ma sei “insoddisfatto”, ululi, maschio assatanato dei tuoi orribili specchi che puzzan di cadaveri nella tua “tana”. Hai perduto la freschezza e t’affidi alla fiaschetta, ma i suoi fianchi non godi, (non) essendo un teschio.
Amami. E la Donna ti porterà consiglio!
Introduzione alla mia forza, segmento già depositato, quindi non plagiatelo ché non potete plasmarmi a vostre immagini, fra l’altro repellenti di fronte al mio gaudio esservi superbamente “tronfio” di repulsione scatenata, come pretendo che Io sia Messia in tal vostra inezia e prosapie da “pii” pulcini solo se non vi s’attacca con le stesse “fragilità”, di cui soffrite ma, nei paraventi, nascondete per altri saccheggi dietro sparviere e furfanti idiozie da “grandi” ceremonie-eri-eravate-non siete a cui invece apparecchiai una pietosa cena in grembo al Tito Andronico mio titan(i)o non attenuto ai comandi dei vostri denti da tenente.
Mi spiace, proseguo nella mia strada che non imboccò scorciatoie “serene” per facili applausi “a scena aperta”. Preferisco la colazione appena sveglio, dopo un’ingorda Notte profumo di Donna e Insomnia a fissare la vostra psicopatia da Robin Williams doppiogiochista.
Amen, rendetemi Grazie. Sono “gratuito”, d’altronde, e la mia fronte è spaziosa d’aleggiare senza ali tarpate. Prego, Signore e non i vostri “signorini”.
Dico a voi, “comodi” e “agiati”. Accomodatevi ché sono scomodo ai benpensanti e, soprattutto, a coloro che “hanno” un pene non tanto “entrante”.
Lama “nitrita” d’un impavido baffo beffardo che (s)filò fra gli assassini con “lacustre” ferita nel meandro lor più a incubo
Inenarrabile delitto, d’un brutal disprezzo ad altezzosi, “attrezzati”, ora tremebondi incauti, affiora l’ossigeno e si minan le “allegrie” d’una vecchia “compagnia”, al bersaglio di mie compagini mentali, usurate da tal “smargiassi”.
Corrode, sì, la filastrocca che li rapirà e, dolenti, d’atroci bagni di sangue, in “rozza” cicatrice slabbrata urleranno, a vibrazione d’ogni sciocca loro “esibizione”.
Con qual “manto” fu alto il desiderio di vacue noie ad “ammattire” il prossimo, ma il “naufragio” dell’emarginato generò una violenza così irreprimibile che oscillan le mani stesse degli impostori tanto “furbi”, architetti d’un complotto sadico a mia “amante” libertà sventolata in totale affliggerli, perseguitarli, un’insistenza d’arco intrepido e arcigno mirino, centro sempre più prossimo alla carne che sarà “scarna” come scannarono.
Il monito avvertirono e corsero fuggitivi. Per adescar altro protrarre dello scherzo “eccelso”, ma non calcolando il tuono dello schianto di lì a breve “rumor” fulmineo.
Imbizzarrito, un taglio lancinante ad affamarmi, e la loro pelle issata a ogni anima “sedata”.
Scatta con più ardore il rinnovato Cuore, e piangeranno di come lo spensero a “spese” del lor “produrre” e tanto addolorare nei pudori..
Esterrefatti, infallibile shock, di bambini “cresciuti” nel frivolo malessere sull’espugnar chi scelse il non immondo viversi fra orrori loro.
Ma non ascoltarono e oppressero con ancor maggiore “giovialità”. Inducendo a “obblighi penitenziari”, ché si prostrasse la vittima ai carnefici, al binario madido del sudore in tinta unita.
“Professori” della “sana letizia”, del futile guadagno, per arginar e infangare chi al “guado”, al bavaglio, alle ossa dell’opulenza esteriore, non fiorisse in sfoggio di sé.
Assediarono, tormentarono, così sicuri che perpetrare non combaciasse con tremare.
Oscurarono!
Mura di portoni divelti, gole ammutolite dell’ammainare prima che rinascessi!
Un fucile desto nella sparatoria dei murati vivi!
Ciondola l’orologeria e “balbetta” il rintocco. Altro allarme, il crollo dei mostri è vicino e io lo odo(ro).
Dinanzi a un genio, morirono nel già trapassati.
La vendetta sarà, fu già un’efferatezza di mia Altezza.
Complimenti, condoglianze vostre!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)