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Una nuova intervista del mio Il cavaliere di Berlino


01 Jul

Non metto il link perché un giorno questo potrebbe scomparire e il blog potrebbe dunque essere chiuso.
Cercatela, se volete, eccome se ne vorrete, sul web.

– Trattandosi di un autore emergente, Stefano fatti conoscere parlandoci di te.

Bene, sì, parliamo di me. Stefano Falotico, il qui presente, assente spesso dalla realtà, o forse più coinvolto in essa di tanti fantasmi che vivono solo di fatue, illusorie, mentitrici maschere sociali. Che dire? Sono nato il 13 Settembre del 1979 a Bologna, città decadente o per meglio dire opalescente, spesso tetra nei giorni invernali e “lugubre” anche nei giorni estivi, quando il Sole, qui spesso offuscato dalle nebbie persino ad Agosto, si rifrange pallido nelle celeberrime Due Torri, appannando la vista dei turisti e molte volte accecando di bagliori oscuri chi ci vive tutto l’anno. Credo mi si possa definire un menestrello, un “saltimbanco” che vive di suoi estemporanei attimi esistenziali spesso sganciati dalle logiche comuni, e in tali stati iridescenti quanto “impervi” trovo la mia felicità così come attingo alle feroci inquietudini che ne sorgono. In passato, mi nutrivo in maniera onnivora di Cinema, col tempo ho “diluito” questo mio interesse, aprendolo, “squarciandolo” a prospettive che fanno della sua Arte una convergenza, cioè “afferro” la celluloide per imprigionarla volentieri nelle fantasie che poi elaboro in scrittura e “vergatura” del mio animo “canterino”, malinconico ma anche notevolmente pimpante di “screanzata”, incompresa euforia. Il resto è il mio cuore mai domo, come dico io, frizzante-mente malato di ricerca di verità.

-In poche parole raccontaci del tuo libro, cosa ti ha ispirato? Quale autore, libro, artista ti ha fatto emergere la passione per la scrittura?

Orbene, Il cavaliere di Berlino. È la continuazione della mia “saga”, definiamola così, incentrata sul personaggio di Clint, dichiaratamente ispirato al grandioso Eastwood, regista-attore che ho in estrema, perenne auge, modello appunto ispiratore inesauribile, col suo concentrato di storie violente, moralmente ineccepibili, una guida per me quasi spirituale. Un’altra avventura, dopo il capostipite, che era ambientato ad Alcatraz, tutti gli altri sono ambientati in qualche “capitale”. Questa è la volta di Berlino. È accaduto un vile rapimento e Clint, con la sua congrega di fedelissimi, credenti a loro modo a un Dio sia delle carneficine che della pietà amorevole, s’imbarcano diciamo in una sfida pericolosa con gli assalitori. A chi m’ispiro? Be’, cambio sempre genere e non ho modelli particolari. Diciamo che per le mie bizzarrie deliranti linguistiche, prendo spesso spunto dalla letteratura di Burroughs e, cinematograficamente parlando, avendo i miei libri sempre una matrice di questo tipo, a Lynch. Ma come detto a Eastwood, grande, ineguagliabile storyteller.

– Il tuo libro è ambientato in un contesto particolare, stiamo parlando dei massacri e degli abomini compiuti da Hitler e chi come lui, come mai questa scelta? Credi che l’amore, la purezza possa sempre trionfare sul male in qualsiasi forma come il nazismo?

Chiariamo, il mio libro non è ambientato ai tempi di Hitler né è una requisitoria esplicita riguardo i suoi abomini. Diciamo che i rapitori sono suoi seguaci, quelli che possiamo definire dei naziskin sui generis, il resto è da leggere. Una storia, spero, coinvolgente e di natura salvifica, anche catartica. Sì, la purezza trionferà, ma le zone oscure dell’animo umano perverso e cattivo sono comunque parte dell’esistenza e purtroppo non si estingueranno mai. E in questo risiede parte del mio realistico pessimismo. Non voglio anticipare nulla, ma la mia storia, sebbene aperta alla speranza, ha in “controluce” un fondo di obiettiva, giusta amarezza. Perché il male lo si può combattere ma forse non sconfiggere del tutto e, come detto, striscia serpeggiante laddove non crediamo possa invece celarsi abominevole.

-Che cosa muove il protagonista ad essere un eroe, ad inoltrarsi nelle lugubri vie di Berlino ?

Cosa muove il mio eroe ad “agire?”. La risposta è nel suo essere vivo, uno che ha passato molte avventure, anche tristi ma al contempo fortificanti, al suo desiderio d’insopprimibile giustizia, alla sua voglia anche personale di riscatto che si riflette nei suoi moti coraggiosi e innestati sulla ricerca, come dico nel libro, del Ver(b)o. Giocando con le parole, potremmo dire che nel Verbo si riverbera, si muove, cammina e lotta.

– Se dovessi dare un colore ai tuoi protagonisti, quale sarebbe e con quali aggettivi li definiresti?

Il nero ma anche il bianco. Sono anime oscure, nerissime, e i miei libri sono a loro modo dei noir. Bianco perché sono dei puri e spesso agiscono con quell’incoscienza tipica di chi forse non sa neppure a quali maligne conseguenze andrà incontro.

– Il personaggio che più ti rispecchia?

Be’, Clint. Non si può dire che sia “autobiografico”, ha infatti tanti “elementi” che non mi appartengono, ma in linea generale mi rispecchia. Diciamo che in molti punti lascio che sia lui a dire le cose e non io. È lui che se ne assume le responsabilità, e ciò che dice non può essere usato contro di me. Eh eh.

– Progetti per il futuro ? Continueremo a leggerti?

Innanzitutto, un altro Cavaliere, ma non posso svelare altro. Certo, mi “rivedrete” assai presto.

 

Intervista a cura di Rosanna Sanseverino

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Ora, vi saluto col BOB!

Qui, mi vedete in versione donna fumettizzata in sua compagnia sul set di War with Grandpa.
Lo invitai dopo a prendere una pizza al salame, quale noi non siamo.DDqsvo-XgAA4R7b

Una critica molto negativa fa sempre “paciere” col mio Clint


16 May
TRUE CRIME, James Woods, 1999. (c) Warner Bros..

TRUE CRIME, James Woods, 1999. (c) Warner Bros..

Ora, chi ha letto i miei romanzi sa che Clint è un personaggio cardine imprescindibile della mia filosofia di vita, un uomo “spetezzante” e anche spezzettante che vive di sue declamazioni e spesso, rabbioso, contrasta polemicamente un mondo infausto, un mondo in cui bisognerebbe essere come Faust perché, (non) vendendo l’anima al diavolo, si trova la bellezza delle piccole cose. Ecco, oggi Clint, cioè me stesso, ha trovato una recensione negativa di uno dei suoi libri e qui copio-incollo. Una recensione che fa rabbrividire e induce alla “calma” riflessione, induce a placarsi come Paul Vitti di Terapia e pallottole e poi “sparare”.

 

Commento:

Ci sono libri che adoro e che riesco a leggere nonostante la quantità di pagine. Penso dipenda dall’autore, perché se per leggere Io sono leggenda di Matheson ho impiegato due giorni, non si può dire per L’orrore di Dunwich, nonostante adori entrambe le opere alla stessa maniera. Poi ci sono libri brevi per cui impiego addirittura un mese come Fantasmi Principeschi di Stefano Falotico ma il motivo per cui perdo tanto tempo a leggere un’opera così breve non è da ricercare nel desiderio di volersi gustare un capolavoro bensì nel costatare che si tratta semplicemente di un brutto libro. Non godo nello stroncare gli autori emergenti e prima di dare un giudizio così negativo cerco sempre di trovare dei punti positivi. Fantasmi Principeschi, purtroppo, non ne ha.

L’idea è interessante: impersonare come fantasmi personaggi reali e di fantasia e raccontare in prima persona il fardello che essi portano. Peccato che il modo in cui esso venga raccontato sia pessimo, sia per quel che riguarda lo stile di scrittura che per la mancanza d’interesse che donano le storie.

Cominciamo intanto dalla forma, principale motivo per cui cercherò di cancellare il ricordo di quest’esperienza al più presto. In tutto il libro viene fatto un uso smodato delle parentesi per dare un doppio significato ai termini. Per esempio, la frase pur stando chiuso nel suo guscio di cuculo diventa pur stando chiuso nel suo (g)uscio di cu(cu)lo. Potrebbe sembrare una cosa interessante, ma il continuo utilizzo di tale tecnica di scrittura inizia presto a infastidire, principalmente quando si utilizza:

– negli avverbi: (non) vi cago;

– più volte nella stessa parola: tetrissimo e avvilente fe(re)t(r)o;

– troppo spesso nella stessa frase: di pet(t)i di freddo pol(l)o o in f(u)ori;

– separare le sillabe per creare due parole: (di)vino;

– per sottolineare che, togliendo un prefisso, la parola avrebbe un significato diverso: (dis)armante.

Provate a immaginare un intero libro scritto così, dove questa “tecnica” viene usata persino nei titoli dei capitoli!

Riguardo alle trame non sono rimasto per niente colpito. Se riuscite miracolosamente a sopravvivere alle parentesi, vi ritrovate a leggere storie di poche pagine che non hanno nulla di epico e che, per la loro banalità, non lasciano nulla al lettore.

Prendiamo per esempio uno dei nostri fantasmi, Dario Argento, il modo in cui viene presentato sembra quello di un commesso alle prime armi di un videonoleggio. Riporto il passo proprio come viene presentato nel libro, comprensivo del corsivo e del grassetto utilizzato

Perché io sono immortale anche se ancor (non) morto, sono il regista di Profondo Rosso, io sono Dario Argento. Della paura il maestro per eccellenza, la suspense (s)carnificata dei vostri terrori più profondi.

Prima di scrivere questa recensione ho dato un’occhiata a quelle scritte da altri siti e ho trovato voti positivi, gente che vanta questo piccolo tomo (cinquanta pagine scritte con caratteri enormi) come se fosse un’opera d’arte. Ho provato a rileggere alcuni capitoli, ma ancora non riesco a capacitarmi di come possa piacere un libro simile.

Mi dispiace per l’autore, ma ho trovato il suo libro insopportabile. Non ho mai compreso il bisogno di alcuni autori di voler creare stili e tecniche di scrittura nuove. L’originalità, quando non è presente nella trama, va cercata nel modo nella scelta dello stile di scrittura non nella creazione di uno completamente nuovo. Tra le altre cose, non possiamo prendercela nemmeno con la casa editrice visto che Fantasmi Principeschi è stato stampato con un servizio a pagamento.

 

Indubbiamente, il mio uso smodato delle parentesi, lontane comunque dai serpenti parenti e anche dal “cinema” di Neri, può spazientire e disgustare il lettore medio che, non sapendosi raccapezzare nel mare d’incisi, mio “escluso”, inclusi(oni) e uomini (non) al quadr(at)o, troverà difficile, ostica la lettura e dunque irascibile scaraventerà i miei tomi per aria, anzi per l’aia, intesa/o come spazio del cortile e anche come dolore psicofisico. Ecco, non voglio spacciarmi per genio-innovatore, anche se dovrei, essendolo e di lodi tessendomi, ma ribadisco la mia scelta dell’auto-pubblicazione ché permette creatività a non finire e non “burocratizza” lo scrivere nelle regole “manichee” di ciò che sarebbe (pubblica)bile e ciò che andrebbe (o)messo.

In fondo, è una pubblicità in più e mi vanto di queste stroncature, perché rendono onore al mio uomo perturbato, alle volte “sovraccaricato”. Non è stato un “caro” ma di offese “carico”, comunque sia è stato un avaro. E io son sempre più (br)avo.

 

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di Stefano Falotico

I miei booktrailers, filmati incantati di me che decanta/o


14 Aug

Sempre più pervaso da dubbi amletici, quasi aristotelici, “rivango” fra le memorie delle mie creazioni, alla ricerca, forse vana e un po’ vanitosa, di speranzosa lucentezza che in me, spesso appannato, in panne e col cuore mai di pietra ma di montata panna, nella suspense non sempre ludica dei dì, si rattrista per il notevole, mesto poltrir dei giorni, alle volte vacui, altre danteschi di principesca “faloticheria” stramba come esige e vuole il mio dolermi per i problemi di questo mondo “volentieri” molle e immondo.

Al che ripesco questi miei esercizi di diaframma “rifrangente” nella mia voce fra lo spettrale, l’ironico, il drammaturgico e il teatrale, gustandomi in sfoggio esibizionistico che vale le sue storie narrate con indubbia creanza del mio (ri)crear(mi). E me ne sto nel mio (non) essere. Ad alcuni, molti, piacciono, ad altri no, ma chi se ne frega. Me ne fregio.

 

Tutti li trovate nel canale del Tubo.

 

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Il mio Canto di Natale a fine Giugno


29 Jun

Mentre impazzano gli Europei e attendendo la disfida fra la nostra maccheronica Italia e la teutonica Germania di Sabato prossimo, oggi, in Estate oramai inoltrata, ripropongo questo mio vecchioRacconto di Natale, sapendo già che vi piacque e sempre vi piacerà. a_christmas_carol_splash

I lib(e)ri di Stefano Falotico


07 May

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Medito sulla putrescenza di molta gente che le mie genialità vorrebbe ostracizzare per catalogarmi in qualche compartimento, o “dipartimento”, “mentale”, e si danna in diagnosticanti etichette d’appiopparmi per svilire la mia creatività “veemente”, insistente, generatrice di una marea oceanica di libri che potrete in vendita trovare online se una ricerca effettuerete nell’indagare…

Spunta un fake su Facebook che mi “addebita” la malattia di allucinare sulle sue plateali, eppur criminosamente celate prese in quel posto. Avanzando l’ipotesi che m’immagini tutto e sia lui… “venuto” senza d(i)ritto nella mia privacy solo per “vivacizzare” un po’ la “discussione”. Io pacatamente, moderato, misuratissimo, poi con brio e giovialità euforica, gli anticipo i miei progetti letterario-cinematografici e lui, quando “scocco” la mia nuova freccia all’arco del mio esser vulcanico, presentandogli la mia prossima opera, Il cavaliere di San Pietroburgo, attualmente in fase di editing, m’apostrofa con un clamoroso, proocatorissimo: “Falotico, scriva il cavaliere di Roma nord”. Sbertucciando quindi la mia “precarietà” economica e dandomi, sempre nascostamente di chat pusillanime, irriguardosa, mentecatta, “rissaiola” e offensiva al massimo, la patente di “accattone” che si “prostituirebbe” pur di far valere il suo “millantato” talento. Insulto facile. Che sia appunto lui quello “facilone?”.

Io non ho da svendere il mio genio, da costui (pres)unto, e non biasimatemi se ancor i miei libri, di mente libera qual possiedo, desidero vendere. Perché mi par lecito voler che vengan letti. Cosicché possa scardinare (de)menti invece imprigionate/i da vetusti schemi (il)logici, che si nascondon “bene” dietro Laure(e) e altri pezzi di carta che, come Totò insegnava, se son solo il “baluardo” per definirsi “superiori”, posson servire solo per spazzarsi il culo. Meglio una serva che serve/a a questi “severi inservienti” delle banalità scolastiche… che piglian per il sedere.

Di offese come queste, più s’accresce la mia biblioteca di nuovi titoli, più dai detrattori, molto ratti invero, non a tratti ricevo. Sì, da costoro, impostori della verità, persone profondamente disturbate e in verità frustrate, le ricevo spessissimo. E son “pesissime”, enormi “prese” appunto. Un “gran” pressing alla mia dignità da questi saccheggiata, ripudiata e “apertamente” derisa.

Ma tali infimi “personaggi” poco meritano le mie attenzioni. Io mi rivolgo a coloro che possano apprezzarmi. Perché i miei lib(e)ri non han prezzo.

E questo è un gran pezzo.

Alla faccia dei mer(da) di pezz(ent)i.

 

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Effetto freddo


19 Mar

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DE NIRO mi fa una smorfia


10 Mar

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Ronin | John Frankenheimer di Stefano Falotico su Superba di recensione superba/o Cinema


06 Mar

Ronin Falotico

Costui, su Twitter, sostiene che The Irishman di Scorsese, con De Niro, Pacino e Pesci, inizierà le riprese a Maggio


26 Feb

Twitter The Irishman

Paffuto o puffo, meglio dei prof.


20 Feb

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