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John Carpenter – Prince of Darkness not lost o unlost in translation
Sì, sto traducendo tutto il mio libro su Carpenter, con puntiglio oserei dire “trigonometrico”. Google Traduttore non è male, affatto. Sebbene bisogni correggere alcuni termini che inspiegabilmente non traduce e lascia invariati. Poi, dopo questa traduzione “maccheronica”, sì, mi affiderò a qualche madrelingua per dei consigli. Ma l’importante è fare il più, il grosso. Dopo si limeranno i dettagli.
Notevole questo video in cui potete vedere il mio desktop, ché io non ho nulla da nascondere, a parte un paio di normalissimi porno di pregiata fattura nell’hard disk, e potrete sbirciare per un attimo tra i miei file e soprattutto notare come ho guardato la video-recensione di Halloween di Alò e ascoltato recentemente Springsteen e pure Ramazzotti
Con tanto di Johnny Stecchino.
Auguri di buone feste da parte di un uomo giocondo
Sì, il tempo passa e so che, guardandovi allo specchio, notate come le rughe vi hanno raggrinzito in una posa putrescente. Sì, il tempo scalfisce, insiste sulla vostra pelle che, corrugata, non è briosamente fresca come quando la giovinezza vi spronava a esser ardimentosi e a intessere le vostre giornate di voraci amplessi. Ah, la giovinezza v’è sfuggita e ora fate “promemoria” di ciò che val la pena vivere, enumerando le delusioni e contentandovi di ritirare soldi mal guadagnati, pen(s)ando ininterrottamente su come ardeste i vostri sogni per “intingerli” nel più bieco moralismo, rinnegando quel vostro essere graziosamente allegri, mentre oggi, intristiti dall’opalescenza di (r)esistenze non più vibranti ma al grigiore virate, malinconici annegate nell’afflizione d’insulsi dì ove fate la lotta al prossimo che vi par disturbante. Nella patetica tranquillità della più gelida falsità. Ah ah. E questo vostro gioco pettegolo e maligno sempre più mi disgusta e, nella mia “nausea” al di là delle fottute chiacchiere stolte, m’immergo in lidi lindi di spensierata vacuità. Una vacuità che riempio d’immaginazione e voli pindarici della fantasia, planando oltre le mediocrità abominevoli dell’uomo castigato nella sua borghese fallacità. Così, “pesco” una sigaretta e la metto in bocca, accendendomi nel bruciar di passioni vere mentre il mondo, cinico e abietto, deteriorato e da me giustamente vituperato, insegue l’effimero, illudendosi che il domani sarà più lieto e migliore. Invece il putrido viscidissimo si attacca alle vostre ossa e prosciuga sempre più le vostre sincere emozioni, sì, il tempo nelle anime vi lussa e oramai vi siete dati soltanto alla più animalesca lussuria. Ah, meglio io che me la russo… Vi conosco, sapete? Sempre a predicare, a favellare e poi poco, concretamente, a combinar qualcosa che sia anche fantasticamente affascinante. Siam invasi da esibizionisti e tutti, galleggiando nel vuoto delle loro mentali, miserrime, orrende “ordinarietà”, sono equilibristi soltanto di una triste erroneità. Persi nel fraintendere il senso della vita, e viaggiando su distorte, bacate mentalità.
Mentre di tutta boria e insipidi eloqui vi agitate con mostruosità, io fumo con placidità nel far sì che le mie depressioni nella fulgidezza sfumino come un gabbiano nella brezza, e godo di questi attimi ridenti di me così soavemente suadente, festante e anche saviamente “farneticante”.
Troneggiante nel mio ber tanti caffè, son uomo di genialità “fai da te”, non ho l’aplomb inglese di quelli che alle cinque del pomeriggio bevono il tè ma a chi mi vuole male faccio tiè e a chi voglio bene do un po’ di me.
Così è. Andate in pace, fratelli, e scambiatevi un segno di pace.
Io vi benedico mentre il fumo della sigaretta annerisce di pece ogni muso e muro ottuso.
di Stefano Falotico
La Critica cinematografica, la “cultura”, Federico Frusciante, il sottoscritto, il fascismo culturale
Ieri sera, in uno slancio orgoglioso dei miei sentimenti voraci, sulla bacheca di un amico, che capirete bene chi è, scrissi questo, testuali parole: ho sentito dire che Federico Frusciante non dovrebbe parlare di Cinema perché non ha una laurea al DAMS. Ma chi è questa gente? Siamo invasi dai fascisti della cultura. Una, su Twitter, mi scrive invece che io non dovrei parlare di Letteratura perché non ho una laurea in Lettere. Ma in che mondo viviamo? La gente pensa, ancora, nel 2017 inoltrato, quasi 2018, che serva la LAURA, come diceva Totò, per parlare di Arte e Cultura? Mi sembrano degli ostracismi ideologici del peggior nazismo.
Al che, come sovente capita, vengo invaso da Mi Piace e commenti di approvazione che comprendono bene il mio sintetico pensiero, e lo apprezzano largamente.
C’è chi scrive questo: Federico mi ha aperto le porte a una conoscenza della settima arte trasversale ed eterogenea. Non è un critico, ha molte sbavature e non è perfetto… difetti che in realtà costituiscono un reale e concreto vantaggio differenziale rispetto a buona parte di quello che circola in rete, spesso patinato e scevro di veri contenuti. Nel Frusciante si può notare l’orgoglio di un proletariato che, come diceva Walter Benjamin, rivendica un legittimo interesse per il cinema: un interesse all’autoconoscenza come individui e alla conoscenza della propria classe. Da qui la critica all’industria cinematografica che corrompe questo legittimo interesse, spronando le masse a partecipare a eventi di contingenza, sulla base di un fittizio ma pervasivo apparato pubblicitario.
Il Frusciante può piacere o meno, può evolversi o involversi come tutti noi esseri umani nella nostra quotidianità, ma se c’è una cosa di cui sono convinto è che, non solo può, ma DEVE poter parlare di cinema, musica, politica etc…
A questo bellissimo commento, che esplicita ciò che io avevo fatto intendere tra le righe, arriva a sproposito, inopportunamente, un intervento che ha dello sgraziato più screanzato, che stona col clima di armonia che si stava instaurando, che spezza gli equilibri soavi del libero scambio di opinioni, un commento che ha dell’incredibilmente faceto e arrogante…
Cosa c’entra il “nazismo” che non esiste ed è un sostantivo inventato?
Guarda che nel Nazionalsocialismo si premiava proprio la vera cultura, si sosteneva esattamente la stessa teoria che stai esprimendo tu…
Innanzitutto, va detto che “nazismo” non è certamente un termine inventato, è il sostantivo che, per facile convenzione, “definisce” il nazionalsocialismo, e non ho certo bisogno di maestrine che mettano i puntini sulle i per insegnarmi cosa sia. Ho perfino scritto un libro, Il cavaliere di Berlino, che narra di una storia nazista. Sì, quindi quando cito questo termine “erroneo” ho piena cognizione di causa e non ne parlo per puro sfoggio retorico, a differenza di questi “sapientoni” che ci tengono a “precisare” con quella meticolosità boriosa tipica proprio di tal sprezzante “cultura”. La stessa a cui alludevo io…
Sì, avrei dovuto essere più specifico, e usare la parola classismo, per non creare confusione, ma non sarebbe suonata così forte. Oppure avrei dovuto dire fascismo. Per “nazismo” intendevo quella “cultura” razzista, superbamente elitaria, che brucia ciò che considera inferiore. Il nazismo, se non sbaglio, propugnava, travisando parecchio Nietzsche e strumentalizzandolo, la “cultura” del superuomo, uomo visto come prodotto della presunta, pericolosissima “superiorità”. Che dunque non accettava, anzi “ammazzava” chi era diverso da lui.
Chi ha letto bene fra le righe, ha inteso benissimo cosa intendevo con quell’apparente “pressapochista” definizione di nazismo.
Poi, giustamente, intervengono persone che ribadiscono che titoli accademici e posizioni cattedratiche raramente vanno di pari passo con la Cultura con la C maiuscola, perché spesso sono funzionali soltanto a far sì che certe persone “colte” cementino i loro privilegi di casta, di autorità che reprime coloro che non la pensano come loro. Un “basamento” del ricatto psicologico per spegnere e annichilire la libera democrazia del pensiero, usando in maniera estorsiva il pezzo di carta per “attestare” che hanno, a prescindere, ragione, e quindi ogni altro tipo di ragionamento non può avere la “credenziale” della credibilità. Insomma, quelli che, sulla base di una presunta superiorità intellettiva, schiacciano il prossimo, non gli danno diritto di parola, e coercitivamente lo vogliono sigillare nel mutismo. Snobbandolo o facendo spallucce “simpatiche”. Avete capito…
Siamo invasi da gente che vuole rimpicciolire gli altri dall’alto della presunzione, dall’alto di facili e invero scricchiolanti piedistalli che poggiano soltanto sulla retorica più insulsa, sulle prese di posizione/i aprioristiche, che basa, essendo appunto classista, il rapporto sociale, già sulla distinzione, sulla schematica scrematura, sull’annientamento dell’individualità secondo parametri assai fallaci e in verità tracotanti e pretestuosi.
Al che, uno mi viene a chiedere dove io mi sia fatto tanta cultura.
Gli rispondo come Max Cady… Prima, l’alfabeto del mago Merlino, poi le avventure di Max il Leprotto…
Ah ah.
di Stefano Falotico
Ma chi è questo Falotico che legge L’irlandese? Un uomo dall’intelligenza “scandalosa”, mente impazza lo scandalo Weinstein
In una zona remota di Bologna, ai confini dell’immaginazione più lieta ai neuroni “in gamba”, vive, vegeta, talvolta poltrisce, quando è arrabbiato “nitrisce”, campa, beve Campari, un uomo d’insospettabile e anche insopportabile genio, il cui acume, talvolta anche ingenuo, è noto dagli Appennini alle Ande, un uomo che non ama gli eventi mondani e le sfilate, un uomo che imbastisce la sua mentale “filanda”, cioè la fabbrica di tessitura intuitiva delle sue capacità al di sopra della norma, egli intavola discussioni amabili ed è un’intelaiatura vivente di arabesche circostanze che lo illuminarono, talmente oltre da diventare un enigma per molti che ne entrano in contatto. Un uomo di cui, dopo la morte, se ne racconteranno di ogni “donde”, un uomo che è come Caronte, poiché traghetta le anime sprovvedute dei comuni mor(t)ali in una landa appunto viaggiante su vette della poesia e della fantasia, un artista dei suoi luoghi e laghi immaginifici più vasti e serpeggianti di quelli della Finlandia. I detrattori di quest’uomo lo accusano di essere un viscido che vivacchia nel “liquame” esistenziale, coloro che lo amano lo descrivono come un uomo non accomunabile alle comuni idiozie, che disdegna la falsa placidità e, “irredento” e al momento molto ridente, sorvola il mar esistenziale con finezza paragonabile a quella di Lorenzo Il Magnifico. Egli protegge infatti le menti creative, le forgia dopo che si abbandonarono alla lascivia più negligente al coraggio, sa rincuorarle quando si rammaricano, e di tanto in tanto beve l’amaro, fra un bar e l’altro ove gusta, oltre a sereni cappuccini, la sua anima prelibata al sapore di caffè zuccherato con panna. Un uomo al cui cospetto le donne s’inchinano in segna di “dovuta” e goduta, ah ah, reverenza, egli è un reverendo infatti che teme solo che il cielo possa tuonare e colpirlo con un fulmine mentre in bagno, durante gli attimi di “pacifica” evacuazione, non potrebbe reagire con “decoro” a eventi naturali al di fuori del suo controllo. Con molto self control, si agita di tutto punto quando vien volgarmente provocato e leso, lui non ledibile per sua natura intoccabile e “inaffrontabile”, dà in escandescenza, possedendo un cuore ruspante, al gusto di frizzante spumante.
In questi giorni, come saprete, il grande Martin Scorsese sta girando The Irishman con De Niro.
E il Falotico non poteva esimersi dal comprare, e naturalmente leggere tutto d’un fiato come l’orgasmo più bello di tutta la vita, il libro da cui questo film sarà tratto.
Eccolo lì, L’irlandese, posizionato nella sua libreria “appiccicata” al muro, ultimo di una lunga serie di letture colte (non le scemenze che leggete voi) che, sin dalla nascita, hanno allev(i)ato il Falotico, elevandolo al di sopra di ogni legge morale, poiché egli è, ripetiamolo a scanso di equivoci, uomo che non può essere paragonato a niente e a nessuno. E in quest’unicità sempre rifulgerà lontano dalle cattiverie e dalle mezze calzette che vorrebbero, con vili, oppugnabili sciocchezze, relegarlo in schemi a cui la mente del Falotico, libera, oseremmo dire giustamente superomistica, non può imprigionarsi.
Egli ama la vita indiscutibilmente ed è “reo” solo del suo genio inaffondabile.
Mentre Harvey Weinstein, dopo aver comprato Oscar e quant’altro, è stato inculato per le sue porcatelle.
di Stefano Falotico
Attimi di “fastidiosa” vanità, momenti in cui l’innovazione stilistica e ideologica crea “scompensi” presso gli ottusi, e un Joe Pesci che ritorna come il mio ardore
Oggi è giornata fausta, sì, mi son svegliato baldanzoso. Non sempre mi capita. Anzi, spesso e “malvolentieri” mi alzo con la cosiddetta Luna di traverso, dopo che la sera prima ho trangugiato le apatie altrui, della solita gente che si fa bella agli occhi degli altri dietro l’arroganza di sorrisi faceti e falsi e poi ti snobba al primo colpo di vento. “Riducendoti” a un sonno in cui il disgusto che “ne” provi è parimenti movimentato al tuo mal di stomaco. Ah, nausea sociale, allev(i)ami in un mar di giusto e aristocratico, autarchico menefreghismo. Cosa deve importarmene di tali boriosi screanzati che annegano nelle ovvietà più “scostumate?”. Portami ove possa nitrir come un cavallo selvaggio fra chete transumanze della mia creatività libera da castranti schemi di tal ciarliero mormorio indigesto. Ah ah. Questi poveretti patiscono la nullità che rappresentano e vanno dunque compatiti, perché lungi da me esser loro indifferente.
Così, di tutto orgoglio, scorsi tutti i libri che ho pubblicato sino a oggi. E ne vado lietamente fiero, anche se ammetto che le vendite non sono “esagerate”, anzi, lo scarso successo m’induce, nei momenti di bassa autostima e pessimismo letale alla mia dignità, a demoralizzarmi. Ma lo spirito battagliero che da sempre m’ha contraddistinto, distintissimo e d’istinto, eh eh, nella mia vi(t)a “peccatrice” e al di sopra delle finte moralità comuni, m’ha portato a “naufragar” in un’altra ottusità!
M’imbattei, ah quanto dovetti battermi per non esser abbattuto, in una che sostiene che dovrei addirittura “vergognarmi” perché mi auto-pubblico. Ella disdegna infatti gli spiriti creativi come me, oramai disancoratisi dalle case editrici “serie” che invero pubblicano solo raccomandati e figli di tal dei tali, e mi consiglia di lasciar stare. Che dovrei, sempre secondo il suo parere “rispettabile”, abbandonare le velleità da scrittore, abbassar le ambizioni e attenermi a quella che invece, senza aver letto nulla di mio, considera folle eccentricità persino ridicola. Insomma, mi deride platealmente, col “consenso” delle sue vecchie certezze e mi sputa in faccia. Da anni insospettabili, di tutto petto, quando le mie armonie esistenziali non vengono (cor)rotte dalla barbarie del pensiero comune, tradizionalista, infidamente conservatore e maligno riguardo alle novità, mi batto invece affinché le innovazioni, come le mie, letterarie e non solo, possan trovar spazio fra mentalità fredde, barricate nel pregiudizio e figlie della falsa “cultura” meno democratica e aperta appunto al nuovo. Forse tal mia intraprendenza cadrà nel vuoto, ma “rinvengo” Joe Pesci sul set di The Irishman, e la giornata si fa di nuovo più bella. Un capolavoro.
di Stefano Falotico