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Lo SHINING del mio viaggio alla Festa del Cinema di Roma per vedere THE IRISHMAN


23 Oct

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THE SHINING, Danny Lloyd, Lisa Burns, Louise Burns, 1980, (c) Warner Brothers

THE SHINING, Danny Lloyd, Lisa Burns, Louise Burns, 1980, (c) Warner Brothers

shining 3Ovviamente, tutti conoscete la tristemente celeberrima stanza 237. La stanza degli orrori ove l’orco Jack Torrance, incarnato con ghigno luciferino da un mefistofelico, grandguignolesco Jack Nicholson, celò più d’uno scheletro nell’armadio.

Molti di voi, invero, nei loro armadietti nascondono al massimo delle confezioni di profilattici che non mostrate però a vostra moglie. Poiché con lei, essendo bruttina come Shelley Duvall, da tempo immemorabile non più amoreggiate come una volta.

Quando, turbinosamente infatuati, a livello ormonale e non, della sua angelica, diafana atipicità di donna forse, per l’appunto, non bellissima ma affascinante, gustaste amplessi che partorirono Ewan McGregor di Doctor Sleep. Ah ah.

Ebbene, quel bambino oggi divenuto un uomo, eh sì, sono io. Un eterno bambino posseduto dalla luccicanza, gift donatomi da dio al momento della mia nascita in quanto cherubino precipitato in un mondo di folli e psicopatici alla Torrance.

Di mio, sono però uno scrittore esattamente come Jack. Per trovare l’ispirazione, m’isolo e mi segrego, allestendo romanzi dalla prosa barocca e dalle trame labirintiche. Poiché, assiderando nella realtà quotidiana, popolata da uomini cinici e aridi, solamente nello stellato firmamento della mia incontenibile fantasia alta e alata, solo nel turbamento della mia genetica creatività smodata, trovo me stesso.

No, non staziono nella red room, ribattezzata Red Rum. Tutt’al più, bevo fra una digitazione sulla tastiera e un’altra recensione cinematografica non del bourbon, bensì del Cuba Libre con ghiaccio.

Molta gente ipocrita mi dice che sono un barbun’ e talvolta, pur essendo un ragazzo colto, lascio crescermi la barbetta incolta.

No, non staziono in quella camera ove le due povere gemelline furono trucidate dal mostro Jack, bensì l’altro giorno andai semplicemente alla stazione. Quella di Bologna.

Per involarmi, no, non presi l’aereo, per imbarcarmi… no, non presi la nave, insomma per partire alla volta del Festival di Roma. Per visionare l’anteprima italiana d’un film da me atteso tutta la vita, ovvero The Irishman.

Giunto in tal loco, meglio in tal luogo (dai, evitiamo di essere burocraticamente aulici in questa sede), nel pomeriggio di domenica scorsa, gironzolai per Via Flaminia e bevvi molti caffè. Ma non incontrai nessun barista fuori di testa come quello di Shining. Sebbene, debba ammettere che quasi tutti i baristi di ogni città del mondo adocchiano le clienti donne più fighe con sguardo ingordo da lupi.

Sì, se entri in un bar qualsiasi e ordini, semmai, pure un cappuccino e non v’è nessuno al bar in quel momento, il barista vi servirà la bevanda in quattro e quattr’otto. Se invece penetri in un locale in contemporanea con una stangona in minigonna, a meno che tu non sia un pezzo grosso come Martin Scorsese, ammesso che un barista sappia chi sia Scorsese, il barista darà da bere prima alla gnoccona.

Sperando di sorseggiare, poi, al calar della sera qualcosa di caldissimo con lei. Per spalmarsi le labbra di rossetto…

A parte ciò, a Roma incontrai varie persone e amici. Incrociai perfino D. Stanzione di Best Movie. Col quale, tanti anni fa, scrissi un libricino intitolato Nel neo(n) delle nostre avventure, in vendita su lulu.com.

The Irishman è un capolavoro assoluto. Qualcuno scrisse che ha un unico neo, vale a dire la scialba colonna sonora.

La colonna sonora è invece molto bella. Direi che ogni film con De Niro ha almeno un neo. O no? Ah ah.

Se ha solo un neo, è per forza un masterpiece. Ah ah.

No, non alloggiai nella stanza 237 ma all’interno del numero civico 287.

Qui, conobbi perfino un cinese che, essendo stata abbandonata la reception, mi chiese gentilmente come poter accendere le luci della sua camera d’albergo.

Gli dissi che bastava infilare la scheda magnetica nell’apposita buchetta…

Peccato che, a forza di girare per Roma, smarrii la mia scheda magnetica. Probabilmente, mi scivolò inavvertitamente dalla tasca.

E dovetti pagare 50 Euro di rimborso.

Detto ciò, sono un uomo che appare e poi scompare ma non è certamente una comparsa.

Posseggo un carisma degno di Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Sì, spesso vengo scambiato per pazzo.

Ma con me la gente si diverte da morire.

Poiché non indosso maschere e non pretendo che l’altro possa io modellarlo a mia immagine e somiglianza.

Io sono io e lui è lui.

Invece, questo lapidario, facilissimo messaggio non viene capito pressoché da nessuno.

Tutti obbligano gli amici a pensarla come loro, costringono le donne a cambiare nell’animo e le donne, a loro volta, credono che gli uomini le ameranno solamente perché sono donne intelligenti e perspicaci, acculturate come Shelley Duvall ma, tra un film e l’altro, non guarderanno con desiderio Anna Paquin di The Irishman.

Che forse non è una strafiga ma a cui una botta va data.

Se v’illudete che non sia così, The Irishman non è un film che fa per voi.

Stasera, ridanno Torna a casa Lassie! Registratelo.

A me piacciono gli animalisti. Non mi piacciono gli uomini animali.

Invece, siamo attorniati da stupide galline, da elefanti, da pachidermi, da cornuti, da Bambi che non amano Il cacciatore di Cimino, perfino da stronzi come Joe Gallo.

E questo è quanto…

 

di Stefano Falotico

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