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Tutto avrei immaginato nella vita, tranne diventare Harry Angel, Marv, Johnny Walker, Francesco, Henry Chinaski, Stanley White e soprattutto John di Nove settimane e mezzo


01 Feb

rourke marv sin city

BARFLY, Mickey Rourke, 1987. (c)Cannon Films

BARFLY, Mickey Rourke, 1987. (c)Cannon Films

rourke anno dragone

Accadimenti miracolistici sempre più fatalmente si susseguono nella mia (r)esistenza (im)plausibile, forse solo da plauso, anche da applauso scrosciante o dai cinici reputata risibile.

Sino a due anni fa, mi davo per spacciato, per spaccato dentro e spappolato, sebbene non sia mai stato uno spacciatore, nemmeno un drogato. Quindi, non potevo addebitare le mie colossali sfighe a cause, diciamo, “stupefacenti” alla pari di sostanze dopanti come L’LSD. Neanche mi ammalai di AIDS.

Debbo però esservi sincero, sì, per molto tempo il mio cervello, la mia anima e soprattutto il mio corpo si sganciarono dalla realtà comunemente intesa e vissi il mondo solo… attraverso l’ADSL.

Tant’è che per un bel po’ la gente pensò di affidarmi all’AUSL. In verità vi dico che il mio isolamento fu soltanto, all’apparenza, virtuale. Ebbi sempre difatti profondamente coscienza di non essere un essere speciale, bensì un ragazzo uguale agli altri? No, opterei per essere meglio di me stesso, ah ah.

Di mio, protestai da sindacalista autonomo della mia CGIL, CSIL e UIL, confederando da me. Specialmente, fra me e me, confabulando in merito all’essere un uomo da partito comunista contro ogni demone interiore mio fascista che volle, inconsciamente, improntarmi a una visione della vita di matrice capitalistica.

Sì, scrissi come un ossesso un sacco di libri esistenzialistici ma mi sentii ugualmente inutile alla produttiva società in cui, invero, sembra che la gente lavori ma è solo fancazzista. Ci furono attimi, amici, in cui m’identificai non poco in Ed Wood di Tim Burton, malgrado la mia bellezza da Johnny Depp dionisiaco di C’era una volta in Messico. Ascoltando perciò a tarda notte, nel mio cuore auto-ferito auscultando, l’esoterica e metafisica Under the Bridge dei Red Hot Chili Peppers, cantata splendidamente da un Anthony Kiedis in stato debosciato, no, di grazia di/da dio quasi simile alla strepitosa disperazione esistenziale del protagonista di Angel Heart.

Sì, parecchi anni or sono, mi considerai precocemente vegliardo, senesco e canuto, citando Adso da Melk, vergato di prosa sopraffina ne Il nome della rosa di un mai così ispirato Umberto Eco compianto.

Autocommiserandomi in maniera non tanto poetica, bensì patetica, lamentosamente insopportabile, insostenibilmente penosa e quantomeno per me stesso pericolosa e troppo cervellotica. Arrovellandomi per il futile più stupido e controproducente, rinunziando scandalosamente al dilettevole più godibile e brillante.

Furono nottate insonni in cui fui preda del diavolo tentatore, forse Louis Cyphre/De Niro, forse furono serate allucinate e allucinanti, anche allucinatorie, bramanti un’isperata, insperata mia vita romanticamente, possibilmente piacente a una donna bellissima e straordinariamente avvenente da Orchidea selvaggia. Una f… a della madonna.

Sì, fui segreto fan di Carré Otis. Per questo mio peccato veniale, vorreste forse che prendessi l’ascensore per l’inferno? No, non ho né ebbi colpa se mi smarrii nella dissolutezza di me stesso preso in giro, no, rappreso e molto perdente, no, perso nella perdizione più ancestrale, contemplando solo il Creato alla pari del santo di Assisi, non ebbi colpa alcuna se la gente, di fronte alla mia rinascenza impressionante di natura psichiatricamente inspiegabile, non capì nulla e pensò che mi fossi inventato la storia secondo cui, oh me immemore, oh me misero da miserere, oh me miserrimo e tapino, vi fu un tempo della mia vita in cui vidi il mondo nella sua nuda venustà più lieta e dolcemente sinuosa come un seducente serpente della Genesi. Ah, che cherubino tradito e traditore io fui, cornuto e diabolico…

Al che, contro di me peccai e m’imbruttii come Mickey Rourke di Johnny il bello del primo tempo.

Affliggendo e flagellando la mia innata beltà misericordiosa, indiscutibile e, oso dire, perfino gloriosa.

Romanzai ogni tragedia occorsami, chiamarono il pronto soccorso e sublimai tutto, delirando a più non posso, a tutto spiano buttandomi via come un Charles Bukowski di felsinea periferia. Bologna la rossa! Vivendo di cianfrusaglie neuronali tendenti al poco sereno variabile umore della mia anima tumefattasi nella melanconia più ipocondriaca e dolorosa. Quasi lacrimosa, eh già, versai infinitamente amare lacrime angosciose, veramente sterminate e costernanti.

Girovagando, nottetempo, fra consiglieri fraudolenti e bar(i) fetenti, tra deficienti uomini di Bari trapiantatisi a Bologna e il mio incagnirmi, no, incarognirmi, no, incarnarmi in Barfly.

Furono frangenti di acuti, psicologici scompensi, come dettovi, d’inascoltabili e inascoltati lamenti quasi pietistici al limite del cristologico più indicibile.

Non so cosa in me sia accaduto. Nemmeno i più grandi luminari della scienza furono in grado di darsi una spiegazione, razionale e non.

So soltanto che, malgrado tutti noi fummo funestati dal tremendo e nefasto Covid-19, l’anno scorso vissi l’estate più bella della mia vita e amai una donna più bella di Debra Feuer dei tempi d’oro.

Dopo La Mer di Charles Trenet, dopo quella boiata di Tenet, dopo tante amarezze e rabbie parimenti rapportabili all’ira esplosiva del protagonista de L’anno del dragone, voglio ivi, testé e tostamente dichiarare che la favola con la mia lei non finirà come in 9½ Weeks.

Sì, mi guardo allo specchio e non posso mentire a me stesso.

Voi non vorreste un uomo così?

Ah no? Allora siete invidiosi come John Lone. Oppure non siete una donna. Siete degli amici? No, dei gelosi a morte.

Oppure davvero pensaste che fossi mezzo scemo come il protagonista di Homeboy?

In effetti, avete ragione, sono lui.

E, come il grande Robin Ramzinski di The Wrestler, sono ancora sceso sul ring.

Be’, i capelli non sono quelli di una volta, lo so.

L’importante è che qualcos’altro non abbisogni di Crescina…

Comunque, rimanga fra noi, a Mickey Rourke continuo a preferirgli Bobby De Niro.

Sono un camaleonte. Sì, il Chamaeleonidae, essere mutevole, falotico, stravagante, bizzarro, versatile, piacione, all’occorrenza piacevole e recensore di Cinema alquanto invincibile.

Se non vi sta bene, alla pari di Henry Chinaski, i cocktail li offro io.

Aspetteremo una croccante alba e gusteremo anche, tutti assieme appassionatamente, una colazione con passione.
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di Stefano Falotico

Mickey Rourke non smentisce la sua triste fama/e da Joe “Crazy” Gallo del suo Irishman mancato e attacca Bob De Niro, definendolo una femminuccia, idolo “wrestler” impavido


20 Jul

Mickey+Rourke+Mickey+Rourke+Walks+Dog+Plb7e_vE1ZKl

rourke postEbbene, Mickey Rourke, dopo essere andato l’anno scorso dalla d’Urso, abbassandosi le brache nel piangersi addosso coi catenoni d’oro e, malgrado tutto, il conto in banca di Rockefeller, dopo aver elemosinato compassione e forse chiedendo anche, dietro il camerino, di poter incontrare privatamente Gabriella Pession al fine di ravvivare le sue passioni sopite da Mr. Orchidea selvaggia, dopo essersi mostrato nudo e crudo, soprattutto prostituito più di Rocco Siffredi nel suddetto scult di Zalman King ove, oltre a improvvisarsi semi-pornoattore da quattro soldi, conobbe la sua ex fiamma storica, Carré Otis, donna per la quale s’amputò perfino un dito quando lei, dopo mille tira e molla, finalmente gliene mollò tante sulla sua faccia già rifatta, rinfacciandogli di essere diventato solo un puttaniere come Don Johnson (d’altronde, suo lercio “partner” in Harley Davidson & Marlboro Man, di mio preferisco fumare solo le Chesterfield), ecco, dopo aver rifiutato, con sfacciataggine immonda e strafottenza da bisonte unto e bisunto, tanti anni fa, il ruolo di Stuntman Mike in Death Proof di Quentin Tarantino (ruolo, come sappiamo, andato poi a Kurt Russell), dopo aver chiesto scusa anche a Robert Rodriguez per questo suo ignobile affronto, domandandogli umilmente perdono e prostrandosi per riceverne l’assoluzione, quindi sfigurandosi in Marv per il superbo Sin City, film nel quale comunque sfoderò una classe attoriale, malgrado il trucco aberrante da lui esibito, da magnifico figurone, ecco, dopo essere stato a letto con le più grandi figone, qualche sera fa se n’uscì, sul suo profilo ufficiale Instagram (seguito perlopiù, per l’appunto, dalle sue ex andate più di lui a puttane, oramai illanguiditesi nel penoso rivederlo nelle più provocanti foto migliori di scena, forse anche di slacciata cerniera, tratte da 9 settimane e ½ , pellicola in cui appare come un mezzo incrocio fra un interprete di film per adulti di origini canadesi e un fighetto del Liceo Classico Galvani di Bologna), ecco… dicevo… Mickey la fece fuori dal vasetto. Sparando a zero su Bob De Niro. Rinnegando ancora una volta Satana, cioè Louis Cyphre di Angel Heart e poi facendo, come si suol dire e per l’appunto, l’innocente angioletto.

Definendo De Niro un bugiardo e un mitomane.

Dandogli la patente di crybaby, cioè piagnucolone e checca isterica, alzandogli metaforicamente il dito medio e augurandogli il peggior male possibile.

Mickey è definitivamente un genio.

Un uomo il quale, checché se ne dica, iniziò la sua carriera in modo serissimo. Dopo aver frequentato l’Actor’s Studio, difatti incontrò presto Michael Cimino e, dopo il cammeo ne I cancelli del cielo, tirò fuori una performance da urlo ne L’anno del dragone. Capolavoro “rovinato” soltanto dal parrucchiere di Rourke. Il quale, sebbene gli donò un taglio di capelli meraviglioso, per alcune scene gli tinse il bulbo, per altre invece se ne dimenticò del tutto. Cosicché, Stanley White/Rourke appar(v)e inspiegabilmente brizzolato in un frame e, tre secondi dopo, corvino. Poiché, come sapete, le micro-scene della stessa scena vengono spesso girare in tempi differenti per esigenze di tempistica, diciamo, per motivi logistici.

Rourke, in Homeboy, recita meglio di Marlon Brando pur non recitando affatto. Semplicemente inscenando il suo freak vivente e carismaticamente deambulante da sciancato col fascino del disadattato cazzuto che si piega ma non si spezza. Poi, senz’ombra di dubbio alcuno, non abbisognava di recitare. Bastava che lo inquadrassero, di primissimo piano, e coi suoi occhi languidi e al contempo incandescenti, eh già, richiamava immantinente in sala migliaia di donne che, pur di vederlo anche da dietro un grande schermo, avevano già prenotato due settimane di sauna per essiccare la diga incontenibile da lui provocata loro. Sapete dove…

Oggi, queste donne, malgrado la menopausa, rivedono il Mickey giovane semplicemente in sala.

Che fra Rourke e De Niro non sia mai corso buon sangue, si sapeva. Sul set di Angel Heart, pare infatti che Rourke e De Niro litigassero, perlomeno non si sopportassero.

Dunque, di tanto in tanto, Rourke inventa balle per richiamare l’attenzione su di sé.

Continua a menarla da mesi con la storia secondo cui Scorsese lo contattò per affidargli una parte importantissima in The Irishman. Ma, dopo che Scorsese si consultò con De Niro, il quale per l’appunto odia Rourke, Rourke rimase disoccupato, altresì nuovamente sputtanato come attore inaffidabile.

Ecco, io vorrei sapere… ma se The Irishman è incentrato quasi esclusivamente su tre attori e i loro relativi characters, (De Niro, Pacino e Pesci), quale parte così fantomaticamente rilevante avrebbe dovuto avere Mickey?

Quella del Johnny il bello della situazione? Vale a dire quella andata a Sebastian Maniscalco di Joe Gallo?

Premesso che Mickey dovrebbe, oggi come oggi, guardarsi allo specchio e prendere consapevolezza che, oltre a essere molto più vecchio del Maniscalco, le sue chirurgie facciali non hanno sortito lo stesso effetto del grande film di Walter Hill appena succitato, il caro Rourke abbisognerebbe esattamente di De Niro stesso nei panni di Frank Sheeran.

Che dovrebbe andare a trovarlo in un locale notturno di Beverly Hills e suonargliele come Sylvester Stallone de La vendetta di Carter.

Mickey, che cazzo fai? Alla tua età, ancora puttaneggi e a tutto spiano sputtani?

Dammi retta, Mickey. Recati dal fratello di Stallone di Barfly e ordina un Amaro Averna.

Sì, dopo decenni da te trascorsi nel gusto pieno della figa, no, della vita, mi sa che stavolta per te è davvero finita.

Invita al bar anche Jack Nicholson, oramai affetto da fortissima demenza senile, per cantare assieme a lui appassionatamente:

miserere, miseri noi, però brindiamo a Zucchero Fornaciari!

Ora, a parte gli scherzi, Mickey Rourke è un grande. Anche Sugar.

A Pavarotti, invece, ho sempre preferito un panzerotto. Da ordinare soprattutto a Ferrandina, cittadina di amari lucani ove, per rabbia e disagi sociali incommensurabili, la gente deve reinventarsi e può darsi che, fra mille cassaintegrati, nasca uno più bravo di Rourke di
Francesco
.

Intanto, Mickey è stato querelato da De Niro e ha rimosso tutto.

di Stefano Falotico

Sly Stallone la dovrebbe finire di programmare remake e reboot di Cobra e Demolition Man, il Cinema deve rigenerarsi ed evviva Robert Rodriguez!


04 May

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Sylvester Stallone, tramite il suo oramai quasi quotidiano appuntamento fisso coi suoi video del suo stesso canale ufficiale Instagram, c’illuminò, si fa per dire, in merito all’imminente entrata in pre-produzione del sequel di Demolition Man.

Direttamente da una pausa del set di Samaritan, Sly, con pizzetto d’ordinanza e look da maniscalco calabro-lucano, forse dopo aver trangugiato una saporita pizzetta marinara o capricciosa, probabilmente al salame piccante con qualche invisibile fogliettina d’insalata o rosmarino fra i suoi denti placcati d’oro, da buon cariato, no, da ben mantenuta (mica tanto) cariatide, annunciò tale news che ha dell’assurdo più sconsiderato.

Con immotivata baldanza, Sly esibì ancora con robusta sicumera anche la sua folta, capelluta criniera brizzolata. Argentata su tracce di parrucchino mal attaccato e il suo eloquio un po’ pasticciato da uomo leggermente andato che, a differenza del pregiato vino d’annata, appare ora assai invecchiato.

Oserei dire rimbambito, diciamo pure senza vergogna, in zona moscia da rincoglionito tosto. Insomma, Sly è partito…

Piuttosto, Sly fu forte un tempo. Ma i glory days passano per tutti, tranne per me, ovviamente. Ah ah, magari. I miei capelli un po’ ricrebbero, io crebbi a fasi alterne. Sverginandomi tardivamente, risvegliandomi fuori tempo massimo, fermandomi totalmente da adolescente assai vicino a stadi incurabili da infermo demente, dunque precipitando a uno stato infantile per cui regredii in modo imbarazzante. Lasciando tutti esterrefatti, negativamente.

Sì, divenni quasi integralmente stupido ma poi, rialzandomi sempre come Balboa Rocky, da me stesso rimasi stupito. Talmente scioccato dinanzi alla mia rinascita inaspettata, talmente distrutto dall’aver preso coscienza di essermi macellato da solo, da prendermi a pugni e a testate, prima di quelle mie odierne da bravo, freelance giornalista del cazzo, a mo’ di Bob De Niro rovinato di Toro scatenato.

Che riebbe voglie sessuali da Dirty Grandpa… ah, Nonno scatenato non del tutto suonato né trombato, bensì ancora così tanto fascinosamente acculturato, sebbene un po’ sporcaccione e volpone, da ammaliare quel gran pezzo di patonza di Aubrey Plaza. Una gnoccona esagerata.

Recitai lei il mio insanabile rimpianto da mai più indimenticabile da uomo da me stesso dimenticato. Dunque, detta come va detta, avendo bassissima autostima del sottoscritto, fui meno(a)mato pure dalla mia mano di pugno, no, di pug… tte e fui sul punto (non G) di gettare anche la spugnetta.

Diciamo… il fazzoletto.

Persi molte prugne, così come dicono i bolognesi, riferendosi volgarissimamente al succo prelibato e molto succulento ove finisce la maschile banana semmai dopo aver palpato delle lisce pesche vellutate.

Memore della leggendaria Lenore de Il corvo di Edgar Allan Poe, me la tirai… sì.

Mi diedi anche molte arie… fritte. Ah ah. Ah, la mia vita fu sempre una bella frittata.

Una vita mezza disastrata da semi-disagiato, spesso disoccupato, spaesato, disorientato, più penoso di un vero handicappato poiché, tristemente, sono molto dotato. Ah, bell’inculata. Ah ah.

Al che, combattei il mio Grudge Match contro me stesso per far sì che il mio passato da uomo disperso e nell’animo affranto, interamente steso, si riprendesse per ottenere quanto prima una vita più distesa.

Ah, covai infiniti rancori che addolcii in un amaro liquoroso come il bacio ad alta temperatura etilica, no, erotica di una donna che sa ubriacarti con amplessi flessuosi più ginnici di un Muhammad Ali ai massimi storici.

Ah, movimenti di bacino da lasciarti stecchito, da farti dimagrire, rendendoti uno stecchino.

Insomma, a Milano va forte il cognome Brambilla, io rimbambii, anzi, vissi da bambino a vent’anni, da adulto precoce e precotto a quindici, ora che ne ho quarant’anni, sì, credo che riguarderò Demolition Man di Marco, per l’appunto, Brambilla. Repetita juvant e abbasso la Juventus, miei “poveri” Agnelli!

A forza di guardare indietro, mi sto fottendo pure il presente.

Sotto Natale, non faccio più il presepe ma mi piace ancora fare la bella statuina.

Sono, sì, di Bologna e i felsinei sono spesso pericolanti come la torre Garisenda. No, non sono pericolosi ma li vedo vicini al crollo. Ah, son Asinelli e sono dei buo(n)i a nulla.

Il dottor Balanzone lascia crescersi il panzone e fa il trombone. Se la suona e se la canta, non fu mai esteticamente carino e poco, invero, usò l’ocarina. Da porcellino, parlò perennemente di passerine ma, secondo me, deve sempre aver avuto un ignobile uccellino.

E un cervellino più falso e fintamente buonista di Gabriele Muccino.

Ma a parte l’irriverenza e i falsi reverendi, le ottuse reprimende o il far all’amore dietro una tenda, mi pare inutile piangere sul latte versato. Tante me ne combinarono, io ne uscii spolpato, stanco, davvero affaticato. Quasi stigmatizzato però non del tutto vinto o dissanguato. Insomma, fui mal combinato e anch’io, debbo ammettere, di averne combinate tante… che disgraziato, Madonna dell’Incoronata!

Rischiai di finire spappolato e non solo nel fegato inacidito, fui prossimo all’essere davvero da tutti emarginato e credetti che nessuna delle mie ferite si sarebbe perfettamente, mai più, rimarginata.

Cioè, fui realmente demolito, abbattuto, scoraggiato, demoralizzato e quasi murato vivo.

In faccia scoreggiato, schifato e pressoché marchiato, duramente colpito, forse dai vili, nel mio orgoglio virile, umiliato e calpestato. Ma resistetti e penso che sia puerile cercare ancora sfoghi vendicativi.

Stetti, sì, davvero per morire. Caddi, svenni e rinvenni di colpo. Un colpo devastante come il sinistro di Rocky. Esploso di rabbia come Rambo dopo essere stato ingiustamente indagato, oltremodo colpevolizzato, punito e picchiato.

Me l’andai a cercare, va detta, esagerando di reazioni scriteriate troppo poco istrionicamente moderate. Furono le mie le grida arrabbiate di un semi-pazzo esagerato oppure, semplicemente, di un ragazzo stufo di farsi chiamare matto e decerebrato.

Ma, a differenza di Sly, non sono per niente invecchiato né vivrò da persona eternamente rassegnata o amareggiata.

La nottata è ancora lunga, si prospettano nuovamente calorose, bellissime giornate. Non passerò le mattinate a leggere soltanto riviste di Cinema e a sfogliare il giornale. Non m’illuderò neppure che, sfogliando le margherite, sarò amato senza dare niente in cambio.

Ah, l’amore, sentimento dai cinici disconosciuto, ripudiato e bistrattato.

Sono pochi, infatti, i fortunati che possano dichiarare, onestamente, di averlo incontrato.

Nella vita, esiste l’amore puro e innocente della prima adolescenza, l’amore tormentato della fase vicina a quella adulta. E poi quello forse eterno, il più etereo poiché vero. Senza falsi pudori insinceri.

Adoro Lars von Trier per Dancer in the Dark e Bruce Springsteen per Dancing in the Dark.

A dire il mio “Verbo”, non fui mai di mente malato, tutt’al più molto dalla realtà sganciato.

E mi creai un’idea distorta anche degli storpi. Vedendo il mondo come se mi trovassi in un neo-noir distopico. Recitando la parte dello sfregiato Marv ma, in verità, sognando il culo di Carla Gugino e il seno di Eva Green. Cazzo, è enorme!

Passeggiando da duro compassato alla Bruce Willis, imperturbabile ma, nel cuor suo tenero eppur romantico, conservando un istinto da uomo duro e incazzato.

Vidi Sin City quando uscì al cinema, nel 2005. Come già vi dissi, verso la fine del 2003, incontrai una ragazza. Invero, ne incontrai diverse. Ma solo con una funzionò, diciamo, sostanzialmente.

Andammo, assieme a un suo amico (io ebbi sempre, peraltro, il dubbio che non fosse solamente un suo amico) a vedere il succitato film.

Ma la nostra breve storia fu già sul punto di finire. Fu agli sgoccioli, come si suol dire.

Senza una ragione particolare, le ruppi lo specchio di casa, arrecandomi più di sette anni di sfiga.

Dopo di lei, comunque, amoreggiai per più di un anno con una buona figa.

Da allora, fu uno schifo. Persi la testa più di un innamorato fottuto non solo nel cervello.

Fui ricoverato, sedato, d’iniezioni inchiappettato.

Poi fui assolto da ogni mio sbaglio poiché tutti gli esperti s’accorsero, con ritardo vergognoso, d’aver completamente sbagliato. Ne rimasi scandalizzato. Gli altri, sinceramente, se ne fotterono da menefreghisti bastardi.

Insomma, fui non poco raffreddato e raffrenato, sigillato e quasi castrato. Ma sono realista, obiettivo e non vi racconto cazzate. Demolition Man 2 sarà una cazzatona, Su questo possiamo esserne sicuri. Molti mi chiedono se io abbia mai visto dal vivo la tanto celebrata, desiderata e divinizzata Jessica Alba. Certo che la vidi. Alla prima di Machete al Festival di Venezia del 2010. Mi aspettai di vedere in passerella anche Bob De Niro ma avvistai “solo” Danny Trejo, Robert Rodriguez e, per l’appunto, Jessica, detta la passerona sconfinata. Non prendetemi ancora una volta per cretino, sapete invece che vi dico?

La donna per cui sono attualmente innamorato, per fortuna contraccambiato, è molto più bella di Jessica. E molto più matura di lei. Potete anche non credermi, tanto giammai mi credeste. Invece, se osserverete con attenzione i miei occhi neri nei miei ultimi video, dovreste accorgervi che non sto affatto mentendo. Sì, basta con gli stalloni italiani. Evviva Robert Rodriguez. Un grande, quasi quanto Tarantino. Come direbbe Adriano Celentano, parafrasandolo, sì, Robert e Tarantino sono molto in gamba. Ovviamente, dopo di me. Ah ah.

Detto ciò, non voto Salvini ma non sono ancora del tutto savio né salvo. Vedo però gente che, alla sua età, ancora si arrapa dinanzi a Salma Hayek di Dal tramonto all’alba col linguino da Fantozzi.

Altri invece, ah ah, basta che si tatuino il bicipite e pensano di essere George Clooney. I peggiori, comunque, sono quelli che credono di essere Mr. Wolf di Pulp Fiction. Fanno i preti e danno consigli ai giovani semplicemente perché sono più allupati di De Niro di Cape Fear. Quindi, non potendo più scopare la Juliette Lewis di turno, aspettano l’Alba ma, invero, per loro è notte fonda già da un pezzo.

Fidatevi per una buona volta, non fate gli stronzi, gli sfigati, i coglioni e i mal fumati.

Malfamati, siete solo affamati!

di Stefano Falotico

Mickey Rourke, intrepide vene di un wrestler


10 Mar

Mickey Rourke,

intrepide vene di un wrestler

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Una monografia dedicata al grande Mickey, attore sopraffino eppur selvaggio, scalpitante in muscoli tonanti, rifatto, slanciato in funambolico frizzo dei suoi lampi abbarbaglianti e abbaglianti in zampillii   furibondi smaltati, piangenti nella lussu(ri)osa “machine” (imbatti)bile del coriaceo suo corpo mutevole, trasfuso in sinergia dinamica d’iridi luminescenti, miscelate, esplosive, (s)tirate in vulcaniche detonazioni repentine, un flusso ininterrotto d’un purpureo lottatore, tumefatto da tanti colpi spappolanti d’una sua (r)esistenza sempre sbraitante, emotivamente instabile, arcuata a suo ispirato, magnifico attore rotante la gioia del sé stesso (t)esser la fibra ipnotica dell’anima dirompente, eruttante sua illanguidita, romantica posa, diguazzante e smargiasso in un oceano nero del suo intimo cangiarsi potente, impressionante nudità d’uno spropositato ego maniacale a narcisistico perfezionismo attoriale erto a una recitazione carismatica che a lui vien così naturale, timidezza nascosta dietro un abito malsano da ubriacone, com’appare infatti tale, spesso sconcio, marcio, distrutto in molti film, svelante lentamente il suo sex appeal magnetico, un uomo che si martoria, macellante divora il toro che, nel cuor suo feroce, lo sbrana e, angosciandolo, strozzandolo, strepitante rabbia (in)esplosa, vivo lo mangia. Mickey s’incarna nei suoi occhi mangiati vivi dal sé già smembrato e chirurgicamente palestrato, le palpebre sbatte fra mille donne sbattute, scorato poi si lascia andare come dovesse esser presto deceduto, disarcionato della sua dignità, si crogiola nel far nulla vizioso, capriccio personificato della sua immediata venustà cataclismatica, frenesia d’ardori densi di vita roboante, titanica e splendente, pura, suadentissima, simbiotica ipnosi ammaliatrice che trasmette e infonde istintivamente agli affini spettatori che, applaudendolo in gloria del san(t)o elevarlo come il suo Francesco, lo riveriscono quando, sul tappeto rosso, innanzitutto delle sue tremende, sacrosante ire emozionali, irresistibili/e, picchia inesausto nel ring(hiar) con rabbia e inestimabile, vampiristica, sanguigna bravura..

Va giù, poi si “tira a lucido”, su.

 

Un man barfly sui marciapiedi del suo silente star (in)espressivo, bolsa trasparenza d’un corpus attoriale “mortificato” nel suo amar(si)… (in)finito


Forse, Mickey, cereo, (in)certo, scolpito nello sgretolato pianger il sangue zampillante d’un suo mutarsi sempre in dissipato(re) del suo talento (s)confinato, rannicchiato nell’angust(iat)o spacc(i)atore di sé rotto nell’anima illimitatamente (com)battuta, si sbraccia, tutti bacia, si brucia e si buca, s’arrabatta nello scriversi da solo la storia della sua “troia”. Cadendo, d’angelo v(i)olato, in tal putrido squal(l)o(re) del mondo ubriaco… salta di palo in frasca, s’ammorbidisce (forse il pelo) e quindi scappa, sé stes(s)so scopa, scoppiato.

Pugile suonato, libra, lib(e)ro aperto, troppo.

Chiuso poi dalle limitate mentalità borghesi, arroganti ché deturparlo vogliono affinché, tarpato, come tutti i tappi, si recida in ali bruciate e non più brucianti da fiero attore-toro… crolla o solo barcollante, bar-col(l)ante vivente, collante di chirurgia, sì, svenato, (s)venutissimo…, (dist)rutto sputato nel “normal” eloquio ove l’etica falsa, ahinoi imperante, col suo imperioso, inderogabile motto, è non dovere dar di matto mai e star b(u)oni, belli di plastica. E, non (r)esistendo a tal (in)visi finti, fa una brutta fine, facendosi “rozzo” di chirurgia al suo vol(t)o seg(n)ato, si plastifica da bella “figa”.

Nel ficcar il suo orgoglio arrostito, avvilito, gioendo dell’icona immor(t)ale di cangianti suoi sempre conturbanti e perturbanti lineamenti stanchi, lui, giammai allineato, come se “aggiustarsi” la faccia da “culo”, per (parad)osso (sm)unto, da pallido gonfiato “pallone” d’ingrassato faccione come se avesse assunto il cortisone, lo salvasse dal “coglione” andato a ma(ia)le, che fesso-sesso… n’è ossesso, lo (s)mascheri in (ca)muffa, lo (s)vesti e (s)copri da una furiosa… (insana)bile sua troppo malsana, ah, sano o non tanto santo, intanto ancora sul tappeto rosso salta con la saliva salata da lottatore non più zuccherato nei suoi tempi d’oro ma ora arrugginito nei suoi denti cariati e non più a mille carati. Malgrado sia una vecchia cariatide e cera troppo sincera sviscerata nel suo viso macerato, ancora vola come una mosca da bar(o).

Barcolla fumante, Mickey, fischiettando, dentro la sua anima corrugata da mille sfregi ed errori (in)volontari, un motivetto canterino da barbone appiedato col dono però ergente dell’erigersi vanaglorioso, per l’appunto grandioso, grazie al suo letterario talento grandissimo. Chinaski, suo alter ego, no, di Bukowski, da lui interpretato.

Ubriacone, non spegnerti ma accenditi d’animo maudit come un’altra sigaretta rubata alla tua angoscia inaudita. Sfogliala tra le dita, dai, bell’uomo sempiterno, che dio ti maledica.

Delira sinché puoi, insisti su questa sbandata, meravigliosa vi(t)a sregolata, non ammainarti e ammanettarti al destino borghese, vacuo, ricco solo fuori di finti fiori, di dolori immani interiori perforati. (S)colpito, un altro pugno da letterato sfoderi e sferri di classe alta mischiata al tuo (mal)essere… un frequentatore di una prostituta di basso bordo.

Un’altra sconcia storiella importante nel tuo fragile cuore innaffiato d’alcol, lordo, cari lord, un’anima da mille e una notte e cento, cento più botte come un’umana, disumana e immane lode andata a bottane.

Qui, nel brutto letamaio di questo baretto di periferia del borgo, sei rugoso più di una spugnetta da te mai davvero gettata nonostante via ti buttassi in tanti filmacci che sono delle orride pugnette.

Altri pugni e di tutto punto, con qualche ferita in più e suture di punti sempre aperti, non rimarginabili, da emarginato, scrivi la tua storia un po’ da fina troia, tu sto(r)ico, immor(t)ale.

Lasciati andare, lasciatelo stare, Hollywood merita i suoi scritti ma non fa per lui un’iscrizione agli Oscar.

Meglio tirarsela, Mickey. Anche se la tua vita è sbagliata e oramai stirata. Ti sei rifatto il volto ma non rifarti contro chi te lo spaccò, scoreggiando cagate ché son soltanto, cazzo, lucide cazzate di lusso per pochi maledetti eletti.

Un’altra bagascia entra nel tuo letto ed è sempre il solito autodistruttivo leitmotiv, cazzone!

Sempre a letto, sì, con la pancia gonfia e il fiatone da porcellone, sotto lo pseudonimo di Eddie Cook un’altra ne cucchi e lei te lo ciuccia ma rimani un ciuco malgrado tu scriva a perdifiato, oh no, stramazzi al suolo per averle prese in un’altra rissa, per colpa di un potentissimo schiaffo datoti da una sberla coi capelli rossi, hai il volto (ar)ross(at)o perché invero sei timido, biancastro nell’incarnato viso d’angelo ceruleo di pessima cera ma ci sei ancora, però, però che stile.

Bastardo impeccabile.

Quello di Mickey è il pianto disperato di un bambino imprigionato in un corpaccione d’adulto all’apparenza smargiasso, guascone, discolo e da troppe discoteche ove, impenitente, tutte le donne scopasti impunemente.

Sei un po’ demente, Mickey, ma fa niente.

Poi arriva la realtà ed è un incubo a occhi aperti recidente il tuo troppo far il deficiente, ti pialla nella sua dimensione claustrofobica di grandi praterie chiuse solo nell’infinitezza del tuo sognare sempre una realtà sconfinata bigger than life, in verità, scioccamente destinata a collassare in modo mortificante.

Fosti per un po’ disteso poi ancora steso, esser tensivo palpito esistenziale (s)fattosi in un destino poco terso ma sempre nevroticamente teso, sei un languido bacio rubato alla Luna, l’ipocondria e il dolore di esistere da nato bruciato.

Da qui, da questo coacervo di contraddizioni, nasce il combattuto Rourke. Che passeggia sbilenco, inciampa nel suo carattere magmatico o forse scivola nel suo cratere vulcanico, si fa tante facciali plastiche per sfuggire al suo “ritratto da Dorian Gray” come se una strega gli avesse perpetrato un maleficio per scipparlo della sua bellezza, soprattutto interiore, per depredarlo del suo vol(t)o angelico, per turlupinarlo con l’arte ingannevole della seduzione da Nove settimane e mezzo.

Ma, nonostante molte grinze, non perdi la tua grinta e non fai una grinza. Anzi ti fai una e glielo dai tutto tosto e ritto. Tu, Homeboy cavallerizzo, scopi come un riccio. E sei pure ricco.

Sei proprio un dritto.

L’arte insita in Rourke, la sua danza spettrale nel suo mor(t)o vivente tendente al platinato artificiale da dio greco scialbo e putrescente con accenni di forte, indubitabile biondezza lacrimante i sussulti del suo cuore inferocito, poi armonico, l’impeto dell’ardore che scalpita, lo tramortisce, non gli lascia tregua, l’attanaglia, lo corrode, scalfisce il suo stomaco bollente, rigurgiti di endovena in esibirsi di panza oscena, oh, onesto, troppo vivo per l’insincerità d’un mondo ammaestrato a (in)dotte regoluzze stantie.

Prendine le distanze, avanti. Mickey, ordina un’altra stanza del motel e scopatela tutta bell’.

Lui, che si camuffa dietro tanti vol(t)i, pseudonimo di Sir Eddie Cook, scrittore di sceneggiature raffazzonate a cui manca una pezza, lui, sì, pezzo di merda, rabbioso, inesausto, (in)frangibile pazzo. Che cazzo!

Schietta divinità cinematografica ch’è frutto di mille traumi, patimento dell’essenza, esistenza e/o resistenza, oh, sarebbe un delitto incommensurabile, un sacrilegio blasfemo se accantonasse la sua grinta di (non) de-mordere, (non) si lascia andare, viaggia nei suoi crepuscoli, insegue bramoso la preda della sua escoriata, striata anima turbolenta e si ricicla, faccia da schiaffi ch’è incarnazione dello sberleffo contro la borghesia pasciuta di massa, un ammasso di pelle e ossa in muscoli (s)tirati a (non) lucido che è, oh, sempre vagabondo come si confà al suo esser cuore angelico, tenere tenebre sanguigne dell’Angel Heart in lui ardente.

Così, ad ogni alba della sua mistica arte recitativa così masticata, rinasce agli albori della sua ticchettante fatiscenza (dis)organica poco armonica, viso incandescente, purpureo di ferite da vanitoso fetente!

Bile… “palle” in buca d’un biliardo tutto suo, d’un perso binario, dei suoi diari, del suo esser “a bordo” perennemente delle degradate periferie color bullet.

E dopo essersi scopato un’altra biondona, Mickey si fa il bidet.

Poi esce dal motel e fa l’occhiolino a un bambino senz’ambizioni che, da grande, vuol essere un bidello.

Quindi, Mickey lo stomaco ancora si sbudella, roso dentro dall’essere consapevole che ne passò di tempo e oramai non è più tanto bello.

Sì, un attore col don’, col Condom (im)perfetto del roditore… di chi si mangia dentro per (non) soffrire sterminatamente, soffoca, si dilania, persegue obiettivi (mal)sani, si dimena e da solo se le dà, se lo mena, sì, abbrustolisce la sua pelle satanica in sfide accorate, forse mal accordate, al suono e gioco magico del profanarsi sempre, eternamente stronzo.

Risplende, poi si rabbuia con impertinenza, sba(di)glia(to), cartoccio ch’è mosca da bar, del tempo buttato via per noia o perché la vita è troppo piccola, oppure grandissima e dolorosa per chi ha un cuor di ca(r)ne. Come il suo… protraiti, Rourke, inimitabile cazzone.

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Esordirà, dopo lo Sbielberg di 1941…, in una particina con Michael Cimino, suo mentore, “prossimamente”, ne I cancelli del cielo, per poi rifulgere in ver’auge, da protagonista assoluto, nello stupendo L’anno del dragone, firmato al solito da Michael. Nella parte del “furbo”, scafato, iper-decorato capo della polizia Stanley White dalle origini polacche che sta con una brava donna che non è affatto una mentecatta polacca, o forse sì, messosi a rivaleggiare contro un leader del narcotraffico, un magnifico cattivo, John Lone.

Una battaglia senza esclusione di colpi ove non si salverà nessuno, neppure l’anima bruciata proprio d’un Rourke oltre la sfera del tuono nel finale “invincibile” e da duellanti western, simil Ore disperate.

Capostipite, in tal modus, in questo mondo, d’uno stile attoriale unico e immediatamente riconoscibile, con una recitazione tutta “introflessa”, interiore, a captare gli stati d’animo variegati della sua anima in mo(vi)mento dinamico, “ripida”, forte, combattiva, variopinta, stravagante, eccentrica e dalle scelte professionali intinte nella più disarmante stranezza, da villain del videoclip con Enrique Iglesias, “Hero”.

Let me be your hero

Would you dance if I asked you to dance?

Would you run and never look back?

Would you cry if you saw me crying?

Would you save my soul tonight?

 

 88982449_10215897681417791_5143216439242522624_oAllora si punisce ancora, si protrae la sua sofferenza, “intarsiata” in rivoli sudati delle pulsioni meno mansuete. Si “sradica” dal suo corpaccione, “basculante” dondola nel mondo, si dà con furia, fagocita il proprio cuore e se lo divora, lo inghiottisce, deglutisce, sputa, s’infervora e si “sbrana”, sbraita la pelle della sua atroce inviolabilità senza pari.

Seppur attorniato da mille donne, corteggiatore indefesso, (non) ne sceglie una, principe delle punizioni che s’infligge, tormentato, combattente e anche combattuto.

Harley Davidson and the Marlboro Man del suo “ubicato” trash corporale collegato all’anima(le).

Titanico, imperfetto, scultoreo, bronzeo d’una faccia che (non) chiede perdono, un nostro… o mostro fattosi purezza di rozzezza, di famelica (non) voglia di vincere, instancabile wrestler.

Lottatore del suo istinto primordiale, “faceto”, scorbutico, “bassotto” in una società di nani, di Giovani Marmotte, bellissimo, angelo sceso da un “dirupo” di meraviglia.

(In)etto di sudore, perversità primigenia, furore appeso a un corpo che oscilla fra un peso medio e un homeboy.

Sconfitto, “tracima” nelle sue interiora un sacco di fitte, di tagli e cicatrici, di pestilenziale puzza da Bukowski. E suo alter ego Henry Chinaski.

Si mura, muta, fa il “muto”, non parla, biascica dolore, singhiozza, starnutisce la sua alterità, (non) adatto a un mondo che non risparmia colpi nel/al fe(ga)to…

Scorriamo, “curiosamente”, la sua filmografia e “annotiamola” a memoria, un “carnet notturno”, un sogno vivido di birbante, euforica “pazzia”…

1941 – Allarme a Hollywood (1941), di Steven Spielberg (1979)

Dissolvenza in nero, di Vernon Zimmermann (1980)

I cancelli del cielo (Heaven’s Gate), di Michael Cimino (1980)

Brivido caldo (Body Heat), di Lawrence Kasdan (1981)

A cena con gli amici (Diner), di Barry Levinson (1982)

Rusty il selvaggio (Rumble Fish), di Francis Ford Coppola (1983)

Il Papa del Greenwich Village (The Pope of Greenwich Village), di Stuart Rosenberg (1984)

Eureka, di Nicolas Roeg (1983)

L’anno del dragone (Year of the Dragon), di Michael Cimino (1985)

9 settimane e ½ (9½ Weeks), di Adrian Lyne (1986)

Angel Heart – Ascensore per l’inferno (Angel Heart), di Alan Parker (1987)

Una preghiera per morire (A Prayer for the Dying), di Mike Hodges (1987)

Barfly – Moscone da bar (Barfly), di Barbet Schroeder (1987)

Homeboy, di Michael Seresin (1988)

Johnny il bello (Johnny Handsome), di Walter Hill (1989)

Francesco, di Liliana Cavani (1989)

Orchidea selvaggia (Wild Orchid), di Zalman King (1989)

Ore disperate (Desperate Hours), di Michael Cimino (1990)

Harley Davidson & Marlboro Man (Harley Davidson and the Marlboro Man), di Simon Wincer (1991)

White Sands – Tracce nella sabbia (White Sands), di Roger Donaldson (1992)

F.T.W. – Fuck The World (F.T.W.), di Michael Karbelnikoff (1994)

Fall Time, di Paul Warner (1995)

Uscita di sicurezza (Exit in Red), di Yurek Bogayevicz (1996)

Bullet, di Julien Temple (1996)

Double Team – Gioco di squadra (Double Team), di Hark Tsui (1997)

9 settimane e ½ – La conclusione (Love in Paris), di Anne Goursaud (1997)

L’uomo della pioggia (The Rainmaker), di Francis Ford Coppola (1997)

A costo della vita (Point Blank), di Matt Earl Beesley (1998)

Buffalo ‘66, di Vincent Gallo (1998)

Thursday – Giovedì (Thursday), di Skip Woods (1998)

Shergar, di Dennis C. Lewiston (1999)

Out in Fifty, di Bojesse Christopher (1999)

Cousin Joey, di Sante D’Orazio (1999)

Shades, di Erik Van Looy (1999)

Animal Factory, di Steve Buscemi (2000)

La vendetta di Carter (Get Carter), di Stephen Kay (2000)

Invasion (They Crawl), di John Allardice (2001)

La promessa (The Pledge), di Sean Penn (2001)

Sola nella trappola (Picture Claire), di Bruce McDonald (2001)

Spun, di Jonas Åkerlund (2002)

Masked and Anonymous, di Larry Charles (2003)

C’era una volta in Messico (Once Upon a Time in Mexico), di Robert Rodríguez (2003)

Man on Fire – Il fuoco della vendetta (Man on Fire), di Tony Scott (2004)

Domino, di Tony Scott (2005)

Sin City, di Frank Miller e Robert Rodríguez (2005)

Alex Rider: Stormbreaker (Stormbreaker), di Geoffrey Sax (2006)

The Wrestler, di Darren Aronofsky (2008)

Killshot, di John Madden (2009)

The Informers – Vite oltre il limite (The Informers), di Gregor Jordan (2009)

13 – Se perdi… muori (13), di Géla Babluani (2010)

Iron Man 2, di Jon Favreau (2010)

Passion Play, di Mitch Glazer (2010)

I mercenari – The Expendables, di Sylvester Stallone (2010)

Inferno: The Making of ‘The Expendables’, regia di John Herzfeld (2010) – Documentario

Immortals, regia di Tarsem Singh (2011)

Black Gold, regia di Jeta Amanta (2011)

Dead in Tombstone, regia di Roel Reine (2012)

Generation Iron, regia di Vlad Yudin (2013) – Documentario – Voce narrante

Sin City – Una donna per cui uccidere (Sin City: A Dame to Kill For), regia di Robert Rodríguez e Frank Miller (2014)

 

E qui mi fermo… Poi va avanti, non so se io andrò ancora indietro.

Ma comunque vaffanculo!

di Stefano Falotico

 

Attori bolliti: Mickey Rourke, tremila operazioni di chirurgia plastica


09 Jul

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Ed eccoci qua, col “fallito” per antonomasia, il mitico, inaffondabile, con all’attivo tremila operazioni di chirurgia plastica facciale e corporale, Philip André Rourke Jr., comunemente conosciuto come il fantastico, poliedrico, mutevole e imprevedibile, pazzo, vituperato, osteggiato, odiato Mickey Rourke. Nato il 16 Settembre del 1965 a Schenectady, cittadina nello stato di New York, sulla quale aleggiano varie leggende riguardo la strana sua nomea.

Checché ne dicano i suoi detrattori, Rourke è un attore in toto, a tutti gli effetti e non è un performer improvvisato, perché ha studiato recitazione col rinomato Lee Strasberg, un attore da Actor’s Studio, insomma, e ha preso meticolose lezioni di recitazione addirittura insieme ad Al Pacino, uno dei suoi primi mentori, sebbene non abbiano mai lavorato in un film assieme.

Hollywood si accorge di questo ragazzone estremamente fotogenico, dalle gote angeliche e dai tratti del viso quasi efebici, e lo scrittura nei primi film.

Al che lavoricchia come mezza comparsa in 1941 – Allarme a Hollywood di Steven Spielberg e prende subito confidenza con uno dei suoi registi preferiti, il grande Michael Cimino, ritagliandosi un cameo nel magnifico I cancelli del cielo. E sull’affiatamento fra i due scriverò nelle righe seguenti. Nel giro di una manciata di anni, Rourke diventa un divo, e assurge a protagonista assoluto di capolavori come Rusty il selvaggio di Francis Ford Coppola, e d’interessantissime pellicole come Eureka di Nicolas Roed e Il Papa del Greenwich Village. Splendendo anche quando s’imbruttisce e ingrassa per il suo sentito ritratto di Bukowski nel bellissimo Barfly di Barbet Schroeder. Sì, lui è come l’alter ego di Charles, Henri Chinaski, un ubriacone che rimane intatto nella sua purezza nonostante la sua vita affoghi nella melma e, paludare, sprofondi nell’euforica malinconia da canzone dei folli.

Arrivano le grandi interpretazioni, i ruoli cult quasi si sprecano, fra Angel Heart di Alan Parker con un diabolico De Niro, Johnny il bello di Walter Hill, e il suo michelangiolesco Francesco per Liliana Cavani.

Ma è memorabile anche e soprattutto come Stanley White per Michael Cimino, appunto, ne L’anno del dragone. Lui e Cimino cementano la loro amicizia e assieme poi gireranno anche Ore disperate.

Rourke è sulla cresta dell’onda, non lo ferma più nessuno e allora ecco che si trasforma in bello e dannato per la gioia e gli ormoni femminili delle spettatrici, che non resistono dinanzi al suo visino serafico ma al contempo perversamente sexy.

Se lui diventa un idolo sessuale per le donne, Kim Basinger diviene l’oggetto proibito dei desideri dei maschi, con 9 settimane e ½ di Adrian Lyne, e poi Rourke ritenta il colpaccio con Orchidea selvaggia di Zalman King, il re dei softcore, filmaccio girato intrepidamente assieme alla sua compagna di allora, l’ex conturbante Carré Otis.

Al che, già dopo quest’imbarazzante tonfo colossale, la magia si spezza e arrivano davvero altre robacce. Film che se, proprio non vogliamo disprezzare, possiamo tutt’al più annoverare fra i “simpaticissimi”, ruvidezze tamarre e cafone come Harley Davidson & Marlboro Man, ignobili pasticciacci come F.T.W. – Fuck The World, oggetti strambi come Bullet e Double Team.

Ma Rourke non disdegna particine di lusso ne L’uomo della pioggia, ancora di Coppola, in Buffalo ’66 di Vincent Gallo, in Animal Factory di Steve Buscemi e ne La promessa di Sean Penn.

Era fra gli attori anche de La sottile linea rossa di Terrence Malick, ma Malick efferatamente l’aveva fatto fuori nel montaggio.

Il ruolo però che, secondo me, più gli si addice in quegli anni è quello del balordo farabutto de La vendetta di Carter con Sylvester Stallone, ruolo che rispecchia quello che, professionalmente e nella vita privata, è diventato, un puttanone.

Una mimesi che non abbisogna di particolare e perfezionato studio del personaggio.  Quel lercissimo Cyrus Paice è in fondo lui. E gli è venuto immensamente naturale. Senza sforzo, come si suol dire.

Rourke, nonostante abbia perso quota sensibilmente, è uno che ha molti amici di valore, e infatti con Robert Rodriguez gira C’era una volta in Messico e soprattutto si trasforma possentemente in Marv in Sin City e nel suo seguito. Ed è grandioso.

Rourke fa “comunella” anche con Tony Scott, prima che il regista di Domino e Man on Fire morisse prematuramente.

Poi, quando tutto sembra perduto, ecco che arriva un altro ruolo che vale una carriera, un ruolo inizialmente proposto a Nicolas Cage che, per ragioni ancora d’appurare, dapprima accetta e poi rifiuta. E dunque sopraggiunge a sorpresa lui, il nostro Mickey Rourke. Sì, Darren Aronofsky non ha dubbi, e non gl’importa nulla di rischiare su un nome oramai quasi dimenticato di Hollywood. Il ruolo è quello di Randy The Ram Robinson in The Wrestler, film applauditissimo dalla Critica che vince il Leone d’oro a Venezia. Che fa volare altissimo il nostro Rourke. Vince un meritatissimo Golden Globe come migliore attore drammatico e viene candidato all’Oscar, perdendo soltanto per un soffio, ai punti contro lo Sean Penn di Milk.

Oh, sembra fatta. Dopo anni di dimenticatoio e pellicole alimentari, Rourke pare nuovamente rilanciato.

Allorché i distributori italiani, sulla scia del successo di The Wrestler, decidono di rispolverare film che Rourke aveva girato prima, ovvero Killshot e The Informers. E Jon Favreau con la Marvel lo vuole come villain russo in Iron Man 2. E Rourke non è affatto male neanche in Immortals di Tarsem Singh.

Siamo arrivati al 2011. Ma da allora, plof per l’ennesima volta, ancora super trash per Rourke o film decisamente di second’ordine.

Intanto, di frequente viene beccato dal Daily Mail per le strade di Beverly Hills, in mise assolutamente indecenti.

Ma Rourke è questo. Nel bene e nel male.

 

 

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di Stefano Falotico

Quali ruoli sono stati rifiutati da Mickey Rourke, cioè me stesso?


25 Jan

Preambolo allineato alla faccia porcellina, da “salvadanaio” e anche da “salvietta” post operazione chirurgica, di Mickey Rourke. Di Lui parliamo, no?

Tremende socialità nello spargimento di spari terrificanti aspergenti nel detergente dell’assorbirlo nel femminile, lo sconvolto nemico chinò la guardia e sorseggiò un amaro Chinotto, con famiglia inchinata e afferrata dal “cappio” ai piedi caprini

Analisi della nostra tanto vostra amata society, luogo che defenestrerei, gioendo d’una pace da eremita su “ballerine” mobili dentro le cosce mie in minigonna, con “chiuso” di miniatura, da garbare nell’intersecarle a un “sofisticato” tal sofismo:
“Ove soffio, dentro la pelle di te, Donna, ti struggerai depurata dalle impurità di tuo marito, nel beneficio d’una figa vivaddio a te nei diletti sopraffini da cagnolino Fido nella gatta affidabile”.

So che molti m’odiano, attaccabrighe che, scelleratamente, vuoi la vecchiaia lor non coercibile d’una giovinezza nei rimpianti di pantaloni sempre “a modo”, mi furon e fiondaron piantagrane e guerrafondai di granate, il cui “ingegno” culminò negli insulti a me, il sottoscritto, per sottomettermi al non “metterlo”. Invece, fra tante “gaie” ipocrisie, ove gli spergiuri s’affiliano al luogo comune, le verità emersero allucinanti, illuminando proprio le teste di rapa d’ogni “rasata” (al suolo per se stessi), barbarica, appunto, intimidazione ad assoggettarmi a questo delinquenziale status di symbol sempre “prodighi” di mendaci consigli per “merendine” assortite delle tavole (im)bandite.

No, con altisonantissimo, “gentile” sdegno, con “cordialità” senz’alcun timore reverenziale, io scoreggiai a costoro, vilissimi impostori e signorotti di prediche da “buoni pastori”, e di mio “flauto” sarò irrefrenabilmente detonante e irreverentissimo a tali “reverendi” subissati nelle regole fascistoidi, acciuffando i loro moralistici pistolotti e “inveendo”, di vene ben “affinate”, ai lor pistolini.
Tante cartucce “sparano” quanto se lo “parano”, sparlando a destra e a “manico” dietro il ricatto del pezzo di carta a cui, “in culo”, come Totò me ne pulisco d’igienica, ché genio d’una scuola che non necessita d’assetarsi nella loro fame (in)dotta, a mio avviso distorta da torcer di braccini spezzati per spiedini alla brace, senz’amorucoli ruffiani da “Baci e abbracci”. Sì, al taralluccio e al vino, ho sempre preferito il mio “eroino” De Niro, e non intendo rammaricarmi per ammainare il mio ne(r)o a castigarlo nei delitti anneriti dell’omertà perniciosa. La caccia alla pernice, infatti, è per me sinonimo di pietra pomice, a cui prediligo il mio pomo d’Adamo senza calli e caligine, ma urlo a diveller giugulari troppo da giullari. Ah, questi son come una zia da ripulire in lavastoviglie, rotolandola nel “fango” dei suoi lavaggi mentali con tanto di sputo smacchiatore a 360 gradi nell’infilar a 90 una mia forchettata col forcone. Sono Louis Cyphre, amo Angel. Eh già, sono un Rolling Stone che simpatizza per il Diavolo…

Sono un furbone? Certo, amo le volpi quando sgattaiolano nelle “tope”, quando un lupacchiotto le assale affinché non “salga” nelle chiappe. Io salto addosso a tutte di saliva, come Mickey Rourke e non me le ingoio.. Picchiatore, scopatore col trattore, pugile della mia vita, e non tollero chi mette mano al mio viso. Poiché sono trasformista, oggi scompaio, domani ti faccio il “paliatone”, e ieri mi son fottuto tua sorella nella mia riscaldatissima “minestra”.
Poi, siamo andati alle giostre del “Luna pork”, Lei mi chiese lo zucchero filato, ma la spedii nella casettina degli orrori, optando per una farfalla più fresca, “pescata” di sue pesche nell’attrazione chiamata “Il bruco evolve nei buchi, a differenza di chi si buca”.

E il “mio” se la “buscò”. Fra una coccola e l’altra, volle anche la cioccolata della locanda “Mescolando va tutto il frappé”. Un frate geloso ci guardò, e io gli rubai la “monaca”. Suonandogliela di armonica.

A parte questa maialatella, meglio le tagliatelle. Sì, prima o poi, Mickey… incontrerai una che te lo taglierà.

Meglio la panza. La panza si sazia e non corre il rischio del rasoio. Al massimo, se sono lunghe, usa il coltello. E nessuna te lo sminuzzerà.

Fidati, sono l’Uomo che ama il formaggio, non le trappole. Sono come te, Mickey, però mouse.
Ieri Notte, contattai una Escort chiedendole l’indirizzo del suo amante che m’ha denunciato per averlo “cotto” in flagrante e “sformato”. La buttai giù giù, d’altronde è una battona, sebbene provai ad abbattere “lei” e il pappone con tale battutina: “Se la tua Escort entra in menopausa, io sono il tiramisù”.
Non capirono un cazzo, quello dei clienti, però, sì.

48 ore

Rourke nella parte di Nolte. Ci poteva stare. Entrambi sono la cartina al tornasole dei pugni dati e presi.

Brivido caldo

Si rifarà con Orchidea selvaggia.

L’attimo fuggente

Rourke nella parte del professore Keating? Ma che sta’ a di’! Ve lo sareste visti in cattedra?
Perché no? In fin dei conti, ha la cultura della strada. Infatti, è un culturista, parafrasando Nino Frassica. Sì, alla lavagna, egli scrive col “gesso”, delle ossa spappolate da sue concubine che glielo strapparono di “Capperi, mio Capitano!”.

Rourke è uno da “cappelle”. Infatti fu Francesco per Liliana Cavani.

Grindhouse

Prima che andasse a Kurt Russell, Quentin voleva il Rourke. Sì, bello rozzo, stronzo, cafonaccio, puttanierissimo, paninaro, cazzarissimo. Ci stava di “Bruto”.

Gli intoccabili

Elliot Ness al posto di Costner. Ruolo invece calzante. Rourke piglia Capone, sempre De Niro, e urla da meridionale alla sua testa da Lino Banfi un “Cì vulev’  pigghia’ pe’ fess’?.
In carcere, salutam’ mammet’!”.

Quindi, esce dal tribunale e si fotte il giudice, toccando la giuria, composta da varie donne gloriose.

Sì, sono come Mickey Rourke, duro a morire e certi ebetucci me li mangio a colazione, regalando loro le chiavi del carcere a cui li consegnerò se oseranno ancora infrangere le mie perentorie scelte, lontane dalla loro squallida borghesia di amoretti, stronzetti, fetentelli, pasciutelli col ciucciotto, madri castratrici, padri lobotomizzati da una televisione scosciatrice nei loro capricci arricciati di fiacca crassezza ripugnante.

E ostinatamente li combatto, senza batter ciglio. Anzi, rimarcando, per filo, segno e “spago” ogni altra porcata.

Consegnandoli al verdetto finale a modo mio di berretto verde.

Giustizialista d’un impressionante monito pauroso.

Mickey è il posacenere “coniato” dalla tanto biondona Kim Basinger, l’emblema della “bellezza” all’acqua di rose. Ogni mattina beve acqua Evian e poi si depila col “dentifricio di qualche ganzo di Beverly Hills. Non è un’attrice, dubito che sia una donna. Era sposata ad Alec Baldwin, ex “figo” oggi in pigiama stronzeggiante su faccione “simpatico” da “Buttiamola nel patetico”.
Quindi, aveva ragione, come sempre Mickey. Le assaggiò il seno da Joe Cocker, cagnaccio che stuzzica e pizzica di piccantino negli spogliarelli al sesso suo misogino.
Mickey lo vogliamo così, stronzo, animalesco, sudato, sbagliato, semifreddo al gelato di pistacchio sulle fragoline delle pubescenti, cresciuto male, spericolato, guance da guasconcello di guanciali ove tira i capelli in posa da dominatore senz’arte ma in “quella parte”, punto G delle sue nevrosi, arguto bicipite di “deltaplano” strozzato nell’alcol pusillanime a sputarti in faccia. A sputtanarti dalle tue troiette, da Stuntman Mike, incubo peggiore delle sciocche, del suo petto color albicocca a “scoccartelo” nel didietro con fare di tutto tirarselo nel giubbotto che ti dà delle “botte”.

Al che, una mignotta mi s’avvicina, come dico io, da micina. Annusa ma poi “struscia” questo:
– Sei pazzo!
– E del mio cazzo non te ne deve fregare. Altrimenti, non mi freno e fermo le mani del tuo cliente abbottonato nella camicina a quadri. Io glielo squadro, e lo divoro da squalo. Quindi, “pappina”, datti al Plasmon prima di beccarti la sifilide del mio “plasmare” il tuo “amico” di miccia esplosiva.
Insomma, zoccola stai zitta e imbocca lo zietto. Basta, con gli zainetti, ingroppati questa zanna.

Sì, sono un “malato” di buffoneria nelle mie ore disperate.

Turbato, esasperato, dalle ragazze ossessionato che voglion solo ciò che a molte di loro non mostrerò, scrivo in modo ossessivo, patologico, anche scatologico, “defeco” le brutte fighe, faccio il fighetto e poi l’oca nei laghetti, spruzzando a tutt’andare nel “lacustre” mio Uomo Lombroso d’acque apparentemente chete su zigomi adirati per colpa delle zampe da gallina d’una senza ovuli, scovo chi vuol sculacciarmi, m’inabisso come una medusa e trombo anche le corna alle muse mie ispiratrici nell’aspirare, di trombetta, ciò che è “proboscide” quando, pachidermico, eppur spinge nelle muliebri epidermidi, dormo e, nonostante tutto, perdono.

Sì, una coppietta s’apparta, aspetto l’attimo “giusto”, poi spalanco la portiera e assalgo il manigoldo col fazzoletto delle di lei mani lorde, quindi urlo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Il Signore sono io. Tocca a me maledire di ditina”.

Dopo di che, non so come, sgommo e lascio il “marchio”, imbrunendo nella Luna che ulula un’altra inculata.
Non si sa se mia o “preso”.

Ricordate: c’è solo un Uomo che appare come Clark Kent e invece è Superman, doppiatore anche di stesso nella voce radiofonica che è più bella di quelle di Tonino Accolla misto a Filippo Timi più Paolo Villaggio a (t)ratti di Giancarlo Giannini paciniano ed emulazioni alla Diego Abantuono.

Costui è il messia. I quadrupedi sanno sempre la verità. E guardano la miseria umana nel recinto.

 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Domino (2005)
  2. La promessa (2001)
  3. Man on Fire (2004)
  4. Johnny il Bello (1989)
  5. I cancelli del cielo (1980)
  6. C’era una volta in Messico (2003)
  7. Sin City – Una donna per cui uccidere (2013)

Mickey Rourke, l'”Hero” rabbit di Jessica…


11 Nov

Con(s)igli per la lettura…
Tale play è ad alto-basso, “potassio”, tasso di “puttana(ta)”.
Quindi, “agite” di conseguenza, salvo “eruzioni cutanee” del buffo brufolo delle adolescenze assopite di pom(p)ata che pensaste d’aver superato e invece sperano ancor, tardive, d'”attardarsi” nel “tirato”

Ama il prossimo tuo e porgi l’altro “guanciale” fin a “salir” nell’Alba. Attento a non farti male, “una” così scotta e sculetta ma (pre)tende più “filetti” di “manzo” del tuo cagnaccio.
“La” dice tutta di “quanti” (soldi…) “vuole…”

Non è propriamente elegantissimo in queste “gustose” apparizioni e camei. Non molto da torta fresca “Cameo“.
Cattivo, manierista, piacione in quegli anni che poteva ancora “tirarselo”. Adesso, diciamo che la pelle è più tirata… Ti cacciava il “cartone”, e poi finiva nell'”animato” Marv, sì, parliam’ dell'”animal'” Mickey.
L’Uomo della sua sin city da fascino-faccion’ di “posacenere”. Un “bonaccione-bonazzo-“ammazza quanto sei bono!” per le bellissime, che or s’imbelletta perché è (s)fasciato… Curato e anche “trascurabile”, s’oscurò nel pugilato, fu rotto, poi si ruppe, quindi galoppò nonostante i groppi in gola.
E ritornò in sella…
In attesa del seguito, che si sta girando oggi come ieri,  il Rourke vale sempre  il prezzo del biglietto e della canzoncina. Sparatevela a tutto volume. Dovesse scapparci anche un “seghino” al calar del tramonto, eh sì, Jessica Alba (ri)sorgerà, non rabbuiatevi. Verran tempi più “messicani” da Iglesias.
Sì, Enrique non mangia le “orecchiette”, è un “topo” abbronzato e non d'”Alberobello”. Il “suo” tutte “le” abbrustolisce, mica “brustolini”. E tutte, anche in tuta, hanno occhi per “lui”. Il fascino latino dell’esotica barbetta appena appena “fotogenica”. Un romantico di video “gelatinoso” e stimolante.
Jessica, dammi “retto”, fra Enrique e Mickey, dovevi scegliere Danny Trejo.

Uno col “visino pulito” di cuoio, dunque come il cazzo.
E si sa, il genitale quand’è “impresentabile” di “butterato“, è il “Valium“, altro che vaiolo, per la bottana 90-60-90, anche se appena 1 e 50.
Tombola, evviva chi la tromba.
Come la moto…

Vi ricordate di questo culo?
Oh, scusate, volevo dire clip “cult“:

 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Johnny il Bello (1989)
  2. C’era una volta in Messico (2003)
  3. City of Angels. La città degli angeli (1998)
  4. Sin City (2005)
  5. Machete (2010)
  6. Dal tramonto all’alba (1996)
  7. Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988)

 

Rodriguez “imbizzarrito” fra due “sequel”: “Machete Kills” e “Sin City 2…”


17 Apr

 

È la notizia che tutti i fan, trepidanti, “inarrendibili”, “ostinati”, attendevano.

Ma, Robert Rodriguez li “smarcava”, eludendo il “Sì”, immancabilmente a ogni intervista.

“Fuorviando” furbescamente la domanda.

 

Adesso, però, è stato “messo alle strette”, e non può più mentire.

Perchè è proprio la Dimension Films, a darne l’annuncio ufficiale.

 

Sì, il seguito di Sin City si farà, e non dovremo aspettare molto.

Primo “ciak“, infatti, fissato già per quest’Estate.

 

E un “sottotitolo” molto ammaliante: A Dame to Kill, una dama da uccidere.

 

Non ancora svelato il cast, anche se ci saranno, certamente, molti ritorni, a partire da quello, credo, assodato di colui che certo non può mancare, Marv, il meraviglioso Mickey Rourke del primo “episodio”.

Ho sempre voluto tornare a collaborare con Frank Miller e fare ritorno in quell’universo creato nel 2005 fin dal giorno in cui abbiamo iniziato a girare il primo film, ma sentivamo la necessità di attendere il momento giusto, quello in cui avremmo avuto a disposizione un materiale eccezionale, per non deludere le aspettative dei fan. Il nostro nuovo film vale senza dubbio l’attesa.

 

Intanto, Rodriguez sta per entrare nel vivo delle riprese anche del seguito di Machete…

Già, quasi, assoldati Mel Gibson e Michelle Williams.

 

 

Hartigan… Bruce Willis.

 

 

Nancy… Jessica Alba. Wow!

 

 

Dwight & Jackie Boy…, Clive Owen e Benicio Del Toro.

 

 

Marv…, appunto, Mickey Rourke.

 

(Stefano Falotico)

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