Eh già, hanno veramente rotto quelle persone che si credono intelligenti e si ritirano da ogni confronto, che offendono senza chiedere scusa e vogliono sempre avere ragione.
Sia sul Cinema che sulle persone, sulla vita e sull’arte.
Strucchiamoli un po’.
La Palma d’oro di Cannes quest’anno va alla superbia dell’italico uomo moderato, elitario ma radical–chic. Soprattutto nei confronti della sua immagine allo specchio
Sì, in radio impazza ancora una volta quella cornacchia di Francesco Gabbani. Uno che vorrebbe fare il Daniele Silvestri di turno. Nella sua nuova canzone, opera magna dei poveri ma soprattutto dei magnaccia, canta codesta strofa come una scrofa:
La marjuana puritana non funziona
Promette poi non fa
Io per partito preso non son più partito
Ci credi che non credo se non ficco il dito?
Indubbiamente, quest’uomo di Carrara, che ha vinto Sanremo con Occidentali’s Karma, ama le assonanze soprattutto del suo ciuffo di banana, ben allineato alle doppie punte della sua voce gracchiante e stonata.
La marjuana puritana cosa sarebbe? Quella che si fumano tipi alla Sean Penn di Carlito’s Way? Cioè personaggi loschissimi ma con una maschera impeccabile da avvocato del diavolo?
Io per partito preso non son più partito invece è un’anafora sui generis di questo degenerato, debosciato, decerebrato, dunque cerebroleso, sinonimi e variazioni sul tema esegetico di costui che potrebbe sembrare un participio passato della sua musica inclassificabile, dunque non collocabile in nessuno spazio tempo delle sue tempie, o è piuttosto è un prefissoide di un cantante che vorrebbe essere ellenico ed eclettico e invece ama essere solo ellittico?
Non vi fissate con questo Francesco. Questo qui è un esaltato, meglio Lucio Battisti…
Francesca non ha mai chiesto di più
Chi sta sbagliando son certo sei tu
Francesca non ha mai chiesto di più
Perché lei vive per me
Gabbani invece campa per gabbare gli uomini che si comprano i suoi dischi e per far sì che il suo gabbiano venga… fra le gambe ingabbiato da donne gabbianelle che se lo girano.
Come diceva Totò dinanzi a personaggi del genere… in galera ti mando.
Sì, al Gabbani preferisco i gabbiani. Al rumore del mare, un peto nell’acqua di un oceano di notte quando la gente s’addorme e il tempo delle mie memorie fa a botte con Jung e Freud. Sognando fra le stelle non una stellina di Hollywood, bensì una giornata seguente con qualche normale donnina.
Scindo io me stesso e il mio medesimo sesso alle origini della mia scimmia ridens, sapendo che la società occidentale è cosmogonica, innanzitutto tragicomica come la pellicola Tree of Life o come Hidden Life di destino filmografico d’un Terrence illuminato, soltanto forse bucolico o involontariamente ridicolo?
Ah, capisco, eremitico. Probabilmente anche rincoglionito.
I critici cosiddetti moderni fanno bene o male a stroncare il metafisico Malick e invece ad apprezzare le super fighe dei film con De Sica? Una questione anale, no, annale su cui pendo dalle vostre labbra. Ditemi voi. Imboccatemi.
C’era una volta a Hollywood è il nono film di Tarantino. Per alcuni è bruttissimo, per altri è un capolavoro.
Molta gente in Italia vuole sempre avere ragione, spacciandosi per intellettuale. Invero, questa si chiama superbia e arroganza. E, più che pensatori liberi, mi sembrano spocchiosi come Vittorio Sgarbi.
Uno che ebbe il culo di avere il culo di diventare famoso come il paroliere Gabbani oppure semplicemente quello di Casalegno Elenoire?
Sì, me lo vedo Sgarbi che ora, rimpiangendo quella Venere di Botticelli, dopo tanti suoi video da bottana sul suo canale YouTube, medita psicologicamente come il corvo gabbiano, no, Gabbani, oppure come quello di Edgar Allan Poe? Sì, adesso Sgarbi è come De Niro di Nonno scatenato che, per corteggiare le donne giovani come Aubrey Plaza, cita Lenore nei suoi discorsi in piazza e si trucca il viso alla Brandon Lee di The Crow o alla Mickey Rourke dei salotti televisivi per far colpo su una starlette come Angie Everhart di Another 9 ½ Weeks.
Secondo me, Sgarbi vuole mettere il becco su tutti ma non ne imbrocca più una. Sono imbeccate barocche che al massimo andranno bene a qualche brocca. Sì, di vino…
Sì, Sgarbi è un uomo sgarbato soprattutto verso sé stesso. Perché si reputa il migliore critico d’Arte della storia, invero non sa neanche farsi l’autoritratto. Sì, in Italia sono tutti critici dopo che hanno visto tre film. Anche dopo che ne hanno visti tre milioni ma non ne hanno capito uno perché, avendo miliardi, sono a Cannes e, fra parties e puttan(at)e varie, danno da ubriachi i voti da 1 a 10, dimenticando che la vita non è un Decalogo di Krzysztof Kieślowski, ma scordando soprattutto le valigie di cocaina nella stanza d’albergo ove l’acclamato Pierfrancesco Favino sta scopando le loro donne da vero Traditore.
Io vi avevo avvertito.
Amo l’ipocondria, dormirmela.
Ma se fate gli stronzi, divento il miglior Joker di tutti i tempi.
Sì, ho rivisto Will Hunting.
Ve l’ho raccontata questa?
Io assomiglio molto a questo Matt Damon, demone indubbiamente un po’ matto.
Lei stava con me perché era affascinata dalla mia mente:
– Sai, mi attiri perché vorrei scoprire come funziona la tua mente.
– Tu invece, donna, mi tiri perché vorrei sapere come ti funziona qualcos’altro.
Sì, gli opposti si attraggono.
Per questa mia misantropia, misoginia conclamata, sono un caprone, farò la fine di Al Capone o di Truman Capote? E mi cappotterò? Non lo so.
E ricordate: la vita è come il film di The Doubt. Quando pensi che sia stato il prete a farla sporca, forse è stata semplicemente la finta suora…
Quando pensi di avere incontrato un coglione, cioè il sottoscritto, hai appena invece incontrato chi ti fa ora davvero paura. Voi continuate a impalmarvi. A imbalsamarvi. Sì, giudicate con troppa severità i film e le persone e avete perduto il dono burlesco dell’autoironia. Datevi al burlesque.
Il mondo, vedete, si divide in due categorie. Chi a forza di abbozzare va giù e chi, a forza di provocare, trova un pagliaccio migliore di lui.
– Bravo, mi stupisci sempre, complimenti. Sei imprevedibile.
– No, non sono imprevedibile. Io ho sempre ragione. È diverso.
– Sì, infatti. Più che chiamarsi mentalità elastica, si chiama superbia.
– Ma che cazzo dici, povero idiota? La superbia è credere di avere ragione. Avere ragione significa essere superiore a tutti.
– Hai ragione. Sono stato impreciso. Non soffri di superbia, bensì di delirio d’onnipotenza. Oh, non prendertela, si scherza, eh.
– Io no.
– Allora confermo la prima. Sei superbo.
– Ora ti distruggo! Ti spedisco in manicomio!
– Siamo sicuri? Anche su questo avrai ragione?
Guarda, abbozziamola qui. Non voglio farti male. Poi, sai, se per crisi psicotiche finisci sedato come un cavallo e a Ottobre non potrai vedere con occhi lucidi il Joker, sarà perché avrai perso lucidità.
di Stefano Falotico