di Stefano Falotico
Vita snella? No, la vedo color acquerello, molto acqua alla gola. Boia!
Cosa resterà di noi e del Cinema…?
Periodo, come sovente, di meste, pacate e implacabili riflessioni, indolenzite non tanto dalla malinconia quanto da un perturbante, insistente dolore alle gengive, causato dalla raucedine della gola arrochita per colpa di troppe sigarette rancide e mal aspirate, trattenute, una dolenza dura(tura), severissima che attanaglia il mio flusso mandibolare e furiosamente, in modo quasi ebefrenico, mi fa masticare amaro. Eppur, da tale amarezza cincischiante, di denti corrosi da nottate poco ingorde, in bianco e dunque di ingiallirmi anche nell’animo, apprezzo la purezza franante di me oramai (in)giustamente c(r)ol(l)ato a picco(nate) d’una rabbia che reputo sana perché partorisce arte, anzi Arte, di A maestatica, maiuscola, suprema, scrivente libri che non leggerà nessuno perché son ignoranti e pigri ma così (in)felici, mai ponderata ma eccessiva, di me infoiato che, adirando ancor di più le stesse mie ire, rubicondo, quindi prosciugato nel sangue, vomito nel cesso la merda diarreica d’una società sconcia, chiacchierona di insanabili, continue logorree false, truffaldina, ingoiante, cannibalistica, ché sacrifica le coscienze maggiormente lucide e migliori per far sì che, omologati senza libero… arbitr(i)o, (im)parzialmente (s)cremati si “ottemperi” al “temprarsi” ove devi attenerti alla “normale” crescita del tempo tuo “adulto”, ove, come tutti, si capisce, non puoi fuori dal vaso pisciare ma rispettare, da “cagato”, zitto, ammutolito, amputato, spezzato, infranto, trattato da infante, l’indigestione di massa, ben pettinandoti e portando “(ris)petti” (eh sì, bisogna essere-non essere uno, nessuno e centomila per fottere meglio di apparenza che inganna eppur è scannante, che se ne sbatte) in fuori da chi, “decoroso” e perciò camminando a testa “alta”, oserei dire pagana, atea, molto altera rispetto a ogni valore tradito, non dovrà appunto espettorar “a vedere” il suo malessere interiore, ma (s)viscerarlo solo nell’intimità dei suoi furiosi sfoghi. In una società di stronzi, non ti resta che cavartela per rimaner a galla e non affogare nell’escrementizia raccolta dei rifiuti ove precipiterai se non annuserai il profumo di “vittoria”. Con acume e fiuto? No, rubando a destra e a manca ma non dando nell’occhio perché hai parato il culo. Perché non si può evacuar né tantomeno evadere dalle regole prefabbricate. Ora, capisco perché la mia vicina di casa, un’avvocatessa, tira lo sciacquone cautelandosi che nessun s’accorga come getti nell’acquedotto i suoi clienti mal assistiti, a cui non garantì legittima difesa ma trattò da vermi-ratti solitari a panzetta di suo marito dotto(re) col quale si spaparanza nell’aver sol a codesti poco desti tanti soldi spillato, su suoi tacchi a spilli, ed è già troppo se (non) li ha salvati dai domiciliari arresti, relegandoli ai centri di salute mentale, ove saranno semplicemente “curati” di più inculate sedative e ipocrite, da bavagli formato neurolettici in controtendenza a lei che se la tira dilettosa e fra l’altro con molti amanti di letti altrui da circolo vizioso degli armadi con la borghesia “sana” da fantasmatici scheletri, ché tanto tutti vedono i morti così ammazzati ma stan muti perché lei è (pro)tetta da un amico di parlamentare “immunità”.
Abbiam finito le munizioni, c’han murati vivi. Che Guevara, se ci sei, risorgi.
Sempre più giovani vedo sconsolatamente distrutti, in quanto assillati dalla volgarità cafona oggi riconosciuta invece apparenza (im)bell(ettat)a in cui vige l’obbligo perentorio, insindacabile, quasi (da osso) sacro, che devi sempre, assolutamente, (di)mostrarti figo, altrimenti patirai il luogo comune… dell’esser additato a (giro)vita marchiante la patente… di sfigato, cioè sarai costretto, a causa della violenta emarginazione, che non vuol sentir ragioni né “urla” tua da ribelle, forse sei bello, sì, va ammesso-omesso se non vai a messa ma povero “in canna”, nonostante la mente acuta e le potenzialità di molte frecce al tuo arco, poco di trionfi e molto purtroppo da tonfo, sarai accerchiato a morir di fame, se ti va bene, di sete se resisti allo sciopero (in)volontario per mancanza anche dell’unico tuo frutto dell’amor, la banana del tuo cuor’… sì, se ti sei mangiato pure il cuore, la vedo nera.
Fra poco ti vedrò nerissimo da pompe funebri.
E tutto ciò è causato dalla mentalità “moderna” di tal “meraviglioso” grigiore. Ma questi (im)piegati han da pen(s)ar alla causale.
Un nuovo (im)broglio e guai per chi è a sciolta briglia. Anche sciolta di water.
Amen.
A meno che qualcuno s’incazzi e non riescano a tagliargli il cazzo. Ma sì, andiamo al cinema, “rilassiamoci”, c’è l’acclamata storia amorale, sì, l’amoralità va “di brutto”, “a bestia”, di Jordan Belfort, celebrata anche da Scorsese, che un tempo girava Taxi Driver e ora gliel’ha data su, raccontandoci la fav(ol)a oggi tanto “amata” di un povero stronzo senz’arte né parte che, fregando tutti, ha vissuto da “vincente”, facendo soldi a palate e a “patate”.
Sì, ecco, rimproveriamo a questo film di forse eccedere di “troppa carne al fuoco”. Per il resto, sì, certamente, è un capolavoro.
E dire che mi piange il cuore ad ammetterlo, pensavo Scorsese fosse uno dei pochi sani di mente rimastici.
E invece mastico.
Che grande bellezza…