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31 LUGLIO 2019: giornata memorabile, il mio viaggio a Firenze con Max, il trailer di THE IRISHMAN e la giacca di DRIVE da me indossata, super video epico


31 Jul

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Sì, dopo la serata fresca e avviluppata nell’involtino di un menù al ristorante cinese-giapponese Oishi, ubicato a Toscanella, cittadella del circondario imolese, in compagnia di Giovanni, dopo aver fatto le due di notte a montare il cortometraggio kitaniano, sì, alla Kitano di Takeshis’, pura follia visiva da gustare in maniera energetica più del migliore Bruce Lee che fu, ecco che nella mattinata di codesto dì antologico, eh sì, il Genius-Pop è salito, dalla Stazione Centrale di Bologna, in direzione di Firenze.

La città preferita dagli artisti rinascimentali, adorata da nientepopodimeno che Hannibal Lecter/Anthony Hopkins, il luogo della culla del Dolce Stil Novo che diede i natali a quel grand’uomo di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, uno che però morì a Careggi ma che comunque, ah ah, ebbe la fortuna di non ascoltare quel cretino di Correggio, Luciano Ligabue, detto il peggio. Un cantante da balera per donne balene e cannone col cannolo di tuo “babà”, autore della schifezza Radiofreccia, amarcordiana bischerata (classico termine toscano elargito alle cretinate più scimunite) tenuta poca in gloria da Stefano Accorsi, l’attore mediocre per eccellenza.

Uno che fece l’amore però con una delle donne più belle della storia, la sposò pure. Ovvero Laetitia Casta.

C’è un motivo. Laetitia è il francesismo di Letizia, classico nome campagnolo dato dalle famiglie più abbienti alle genite nate vistosamente, immantinente deficienti.

Sì, l’ostetrico prese in mano la neonata. Consegnandola fra le braccia della madre.

Lei, dinanzi a una bimba tanto letiziosa eppur già precocissimamente smorfiosa, esclamò come il celeberrimo natio di Asti morto, appunto, nella metropoli delle fiorentine al sangue:

– Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli dar alla nascitura il nome Tiziana, primo amore del Genius-Pop, in onore a quella che fu la sua pubertà già più romantica di un film di Michael Mann. Ma, dirimpetto a questa creatura sboccata e impresentabile, simile alla fantozziana Mariangela, ci vuole La pietà vaticana del Buonarroti che risiede a San Pietro, chiedo aiuto pure a San Gennaro, mia figlia è già una reliquia, un relitto, oh, dio mi maledica. Povera me che quella notte di nove mesi fa, cazzo, a letto fui inseminata da mio marito. Assieme generammo un orrido delitto. Costei, da me già scomunicata, diseredata e ripudiata, non sarà mai la Venere di Botticelli, più artisticamente nota come La nascita di Venere, nemmeno con un michelangiolesco scalpello. Anzi, dinanzi a tale obbrobrio irreparabile m’arrendo e darò lei il nome di Letizia. Letizia che fa rima con avarizia, con futura donna amante troppo della liquirizia, Letizia che puzza già di puttanesca malizia.

– Signora, lei offende sua figlia solo dopo due minuti dalla nascita.

– Pensi alla Casta. Donna bellissima che rovinò ogni residua, virginale castità, dandola al Maxibon per antonomasia delle donne fraudolente che si accontentano della besciamella di Mr.  Du gust is megl che uan. Quel felsineo dongiovanni dell’Accorsi, uno che a ogni donna di scarso gusto offre il suo gelato al limone da Antica Gelateria del Corso.

Sì, Accorsi, l’inettitudine (s)fatta persona, l’uomo adatto per ogni donna che odia le sofisticatezze di David Cronenberg e dunque la perfezione di una mente superiore alla Scanners. Accorsi, la nemesi d’ogni eroe biblico, vale a dire del David sempre del Michelangelo.

Che cosa? È il David di Donatello? Ma va… quello appunto lo danno ad Accorsi. Ah ah.

Misera Laetitia, adesso, come se non le fosse bastato l’Accorsi, s’è sposata con Garrel. Un altro che vorrebbe avere il carisma di Vincent Cassel, un attore bravissimo e un bellissimo uomo che perciò si meritò Monica Bellucci, ah, Laetitia, pessima star a stare con un attore grezzo che anche ad Alvaro Vitali fa ribrezzo.

 

Così, nelle gioie ritornate con prepotenza delle mie dimenticate ebbrezze, di vita ebbro, volai nell’estiva brezza per raggiungere Firenze.

Poiché non sono un mecenate come Lorenzo de’ Medici né un mentecatto, bensì son uguale a Jean Reno e Bob De Niro di Ronin, dei puri mercenari che se ne fregano del padrone.

Sì, sono un freelancer.

Non sottostò a nessuna regola editoriale in quanto uomo liberissimo e tostissimo.

Molte persone vollero attestare che fossi un cavaliere, anzi, un vivente cadavere senza testa. Mi trattarono da zombi e vegetale ma è testé che si vede chi ha avuto i testicoli e chi invece, dietro tante ipocrisie, è rimasto una capa di minchia.

Che giornata, ragazzi. Fra bar vicini a Firenze Santa Maria Novella senza mangiare il gelato al cioccolato di Pupo, bensì gustando lisci, vellutati caffè come il migliore sguardo torbido di un Al Pacino parzialmente scremato. Cioè il top. Pacino, quando rende la sua recitazione troppo caricata, eh già, rischia di stare sullo stomaco. Tranne in Scarface. Quando invece, come in Sea of Love, gioca di sguardi evocativi, allusivi, ammiccanti e carismatici, è dio. Va (d)ritto come l’olio. Un uomo ficcante.

Sì, ci siamo sbizzarriti, imbizzarriti, oramai robustamente corazzati dai gelosi, noi siamo sani malati soltanto di golosità spizzicate in pizzerie-ristoranti ubicati a Ponte Vecchio con le anime forgiate nella spericolata giovinezza torrida e sempre morbida. Giammai vetusta, dunque indomita.

La gente sgomitò per assistere a questi spettacoli della natura, il sottoscritto e il mio amico, unici nella loro mirabolante destrezza da far paura.

Uomini che se ne fottono delle cattive streghe con le loro assurde, maligne congetture. E di quelle stupide che ti danno solo, sì, la dolce confettura ma anche, diciamocela, la stronza fregatura.

Voi siete invecchiati, (non) mi spiace, perché siete stati dei bugiardi. Avete offeso gli altri per far carriera molto disonestamente. Imputridendo!

Ma noi, eh no, non ci fregate.

Abbiamo le corna da angeli diabolici, miei cornuti.

Sgranocchiamo dei buonissimi cornetti e non siamo mai scaramantici.

Ci sono quelli che mi chiamano pazzo ma tale epiteto orrendo è partorito da superstiziosi, arretrati, assai lenti-malatissimi di mente, ovvero la maggior parte della gente

Ché si crede chissà chi e non avrà mai l’anima di Martin Scorsese, la forza di Bob De Niro, la classe di Pacino, appunto, la simpatia a pelle del mitico Joe Pesci.

Ma soprattutto, eh sì, se in Caro Diario il nostro Nanni Moretti indossò in piena estate la mantellina invernale-autunnale, fregandosene del giudizio proprio della gente, perché mai io non posso indossare il giaccone di Drive con sex appeal bestiale?

Sì, per colpa delle vostre fasciste, farisee regole da bacati che siete nel cervello, stavo incancrenendo nella malinconia e nella mestizia più sconsolata. Nella più agghiacciante inerzia.

Da quando ho deciso di vivere a modo mio, è cambiata la musica.

Son un astrattista come Kandinskij, un cubista surrealista come Picasso, mie teste di caz’, ficco a tutto volume una delle più strepitose canzoni di sempre, Nightcall firmata Kavinsky.

Ora, versate a me e al mio vero amico del superbo whisky.

Ricordate:

solamente chi non rischia non vince e rosica, chi spinge, a costo d’impazzire del tutto, è già un neoclassico come il genio Igor’ Fëdorovič Stravinskij.

E dire che venero anche Dostoevskij.

So che volete dirmelo ma siete troppo vigliacchi per ammetterlo, sì, potrei essere davvero un grandissimo ma voi siete, appunto, troppo falsi e patetici per certificarlo.

Ora, detto ciò.

Federico Frusciante sostiene che Scarface di De Palma sia solo un ottimo film ma non un capolavoro come l’originale.

Mi spiace, dovrebbe rivederlo. In questo do ragione a Paolo Mereghetti che gli ha assegnato 4 stellette piene.

Io gliene do oltre ogni indicibile.

– Pacino è un uomo volgare. Sempre più basso…

– Sì, Moretti mi sta simpatico ma secondo me dovrebbe lasciare stare Aprile e amare il 31 Luglio.

 

Ah ah.

Sono un uomo heat!

Non mi butta giù nemmeno un drago perché io sono un drugo, ah ah.

No, non ho il fisico di Stallone ma sono un “pazzo” autistico, no, strepitoso autista della mia anima come il magnetico Ryan Gosling di Drive.

Non fatemi incazzare. Sennò, come diceva Lino Banfi, saranno volatili per diabetici.

Cioè i vostri cazzi amari.

Calmissimo, ascetico, romanticissimo, notturno, una furia.

Be’, amici, vi avevo detto che sarebbe stata una delle estati più belle della mia vita. Io non mento mai, neanche quando dico le bugie.

Incarno il paradiso, no, il paradosso del mentitore fatto persona ma non scherzo mai quando sono me stesso. Se vi dissi, appunto, che sarebbe stata un’estate rinascimentale, non vi mentii.

Sapete, la mia vita non so quando finirà, se mai finirà. Mi riserverà ancora batoste e inchiappettate a raffica, statene certi. Se pensate che sempre filerà… liscio, state freschi.

La vita è dolore e gioia, poveri illusi. Dunque prevedo molte soddisfazioni, almeno vi spero, ma anche terribili, nuove prese per il culo.

È la vita, non ce ne si può sottrarre.

Comunque, se Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato riferì ad Helen Hunt quel complimento un po’ “strano” e lei gli rispose, quando capì cosa voleva dirle, che aveva ricevuto il più bel complimento della sua vita, sebbene le fosse stato, appunto, sussurrato in maniera un po’ ermetica ed equivocabile, be’, posso dirvi che il migliore complimento da me ricevuto, sin ad ora, mi fu fatto da una donna nel 2013 circa.

Non scherzo, sono serissimo. Lei era totalmente presa da me. Non so perché. Si comprò tutti i miei libri e, su Facebook, ogni notte me ne recitava dei passi.

Fra me e lei non accadde niente. Io ne ero indubbiamente molto attratto, non lo nego. Era ed è ancora molto bella. Ma era troppo grande per me.

Lei, dinanzi al mio rifiuto, ci rimase molto male ma capì che avevo ancora molte esperienze importanti da fare prima di mettermi con una come lei.

Prendetemi pure per coglione. So che, forse, all’inizio, sarebbe stato stupendo ma poi?

Avevo ancora bisogno di carburare.

Siamo ora solo amici. Lei si congedò da ogni altro corteggiamento, bisbigliandomi impercettibilmente questo al telefono, pochi istanti prima di mettere giù la cornetta.

– Stefano, era quella la tua ex ragazza?

– Sì, perché?

– Ha avuto un gran culo.

 

Ora, in effetti, quella mia ex aveva un lato b piuttosto sexy ma lei voleva dire che era stata lei, ovviamente, quella molto fortunata.

Le risposi che io sono di statura bassino e campo con du’ lire.

Lei aggiunse:

– Non c’entra niente…

 

Quindi, lasciò sfilare le sue melliflue, carezzevoli parole impercettibili nel silenzio di una serata che mi stordì alquanto.

Io penso spesso di non valere un cazzo.

 

di Stefano Falotico

Notizia straordinaria: quest’anno sarò al Festival di Venezia non da comune spettatore bensì in veste di giornalista coi fiocchi, brindiamo!


26 Jun

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Quello che sta succedendo alla mia vita è veramente incredibile.

Dopo disagi psicologici tremendi, roba che i più devastanti libri di Chuck Palahniuk non sono niente a confronto delle mille spaccature mentali ed emozionali del mio turbolento passato mai visto nemmeno da me stesso, ah ah, la mia vita si sta miracolosamente innalzando, giorno dopo giorno, ora dopo ora.

Grazie alla mia instancabile verve letteraria, al mio acume prodigioso, alla virtuosa mia prosa da cinematografaro sui generis, quest’anno ho ottenuto giustamente l’accredito per la prossima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Ebbene, dopo i miei inspiegabili forfait delle scorse edizioni, comunque spiegabilissimi in quanto cagionati dalle mie depressioni inguaribili eppur sanate, causati dalla segregazione razziale, oserei dire, che masochisticamente m’inflissi, costringendomi a un autoesilio figlio dei miei capricci da asilo, non sono morto a Sant’Elena come Napoleone Bonaparte ma, con buona pace dei miei detrattori, posso qui attestare che mi vedrete al lido veneziano, ove spadroneggerò da critico-imperatore della Settima Arte più elevata. Monopolizzando con amenità ogni pittoresca donna sexy. Infilandomi in qualche festa e forse in qualche sottana suggestiva come un tramonto rosso sul mare, corteggerò, che ne so, una diva di Hollywood e lei capirà che è meglio George Clooney di me perché io sono più bello e giovane di lui ma lui è più ricco, ovviamente, del sottoscritto e dunque ha più voce in capitolo per scritturarla come sua nuova amante se dovesse divorziare dalla moglie di cui s’è sinceramente annoiato.

Intanto, stamattina ho rinnovato la carta d’identità.

Adesso, figlioli, le regole sono cambiate. Nella nuova carta d’identità, elettronica fra l’altro, non compaiono più alcune voci. Come il colore dei capelli e lo stato civile, oppure la professione.

Infatti, che senso aveva? La carta d’identità dura dieci anni. Nel frattempo, uno può cambiare lavoro, sposarsi altre mille volte oppure farsi monaco, perfino biondo.

Il ragazzo, quasi mio coetaneo, che mi ha posto delle domande per rinnovarmi, appunto, il certificato, mi ha solo domandato:

– Altezza, 1 e 70. Vuole che le aggiunga due tre centimetri?

– No, guardi. L’altezza è questa. Anzi, 1 e 68. Uguale a quel nano di Tom Cruise. Ma facciamo come per Al Pacino. Che ha chiesto a quelli di Wikipedia di inserire come statura, appunto, un metro e settanta.

Non ci crede nessuno. Basti vederlo in Scarface. Lui e Steven Bauer camminano, in questa pellicola di De Palma, quasi mano nella mano e vengono inquadrati dunque uno a fianco dell’altro.

Bauer si dice che sia alto uno e ottantacinque. Dunque, Pacino non può essere uno e settanta. Peraltro, oggi molto meno. È ingobbito.

Bauer, nella suddetta pellicola, lo sovrasta di almeno mezzo metro anche se Pacino, dal punto di vista recitativo, gli è una spanna decisamente sopra.

 

Vi racconto anche questa. Dopo di me, sono entrate nello sportello comunale, altre due persone, un uomo grassissimo e una figa bestiale.

Sempre il ragazzo burocratico, diciamo:

– Buongiorno. Prego, si accomodi. Può rilasciarmi gentilmente la vecchia carta d’identità?

– Tenga.

– Non è la sua.

– Come no?

– Scusi, lei sembra un lottatore di sumo. In questa vecchia carta d’identità, dunque la foto non è la sua.

– Come no?

– Impossibile. Lei qui pesava al massimo 40 kg.

– Sono passati dieci anni.

– Capisco. Vuole che le ritocchi la foto del visone con Photoshop?

– Va bene, se per lei non è troppo impegno.

– Si figuri. Ci metto solo 5 min. Mi dica solo… come vuole che le rifacci il look della faccia? Le piace questa foto di Johnny Depp a trent’anni?

– Johnny Depp è figo.

– Allora vada per il Depp. Vuole anche che le faccia il ciuffo di banana?

– No, meglio rasato a zero come in Paura e delirio a Las Vegas. Sa più di uomo vissuto.

– Ecco, tenga. Firmi qui, arrivederci.

 

– Buongiorno, carissima.

– Buongiorno. Sta bene?

– Certo.

– La vedo sul paonazzo forte.

– Onestamente, lei è una donna stupenda. Non nego che, vedendola a mezzo metro da me, non abbia provato un certo imbarazzo. Scusi, bevo un bicchiere d’acqua.

Glup glup. Perfetto. Procediamo.

Mi potrebbe cortesemente consegnare la vecchia carta?

– Sì, certo.

– Questa però non è lei.

– Come no?

– Scusi, non vorrei apparirle offensivo. In questa foto sembra la strega di Benevento.

– Come si permette? Villano.

– No, guardi, ha frainteso. Anzi, le rinnovo ancora i complimenti. Ha fatto un notevole cambiamento.

Scusi, non vorrei sembrarle inopportuno, ma, mi dica la verità, è stata otto ore in palestra tutti i giorni e ha trovato un chirurgo plastico da premio Nobel?

– No, sa. Lì avevo solo diciotto anni. Ero bulimica e sempre incazzata col mondo. Ora mi sono sposata. Ho trovato uno che mi mantiene. Non faccio un cazzo da mattina sera. Sa, senza preoccupazioni, con la mente libera, si dice che si diventi più belli.

– Ah, questo si dice?

– Ovvio, non lo sapeva?

– Pensare, carissima, che a me mia madre ha sempre detto il contrario. Mi diceva che le donne e gli uomini che non lavorano, eh già, non hanno dignità e si lasciano andare.

– Retorica da Costituzione italiana. Invero, sono quelli che lavorano come degli schiavi a finire, oltre che imbruttiti, pure nell’anima, senza più ardori vitali perché, dopo dieci ore passate in fabbrica, sono talmente distrutti che non sanno più cosa sia l’amore.

– Signora, a lei piace Elvis?

– E a chi non piace? Ho quasi tutti i suoi cd. Ma mi mancano solamente due suoi album.

– Capisco… Vorrebbe venire a casa mia dopo il mio lavoro? I due mancanti glieli posso regalare, se volesse…

– Ci sta provando?

– Un po’ sì, detta come va detta. Per lei è un problema insormontabile?

– No, tanto mio marito torna sabato. Non lo saprà mai.

– Grande! La nuova carta d’identità è pronta. Deve solo mettere due firme. Una su questa ricevuta e una su questo documento.

– E questo documento che sarebbe?

– Oh, niente di che. Burocrazia. Lei, firmando questo documento, mi dà il nullaosta affinché possa un giorno attestare che siamo entrati, diciamo, in confidenza intima, come posso dire.

– E a che le serve attestarlo?

– Sa, quando morirò, sulla mia lapide vorrei mettere la seguente iscrizione: qui giace un dipendente comunale che fu sfigatissimo ma ebbe una notte da Elvis con una donna da favola.

– Tutto qui? Vuole che le faccia questo piacere? Il documento sarà reso pubblico?

– No, lo archivierò nel cassetto dei miei segreti inconfessabili.

– Allora a che le serve la mia firma?

– Be’, non si sa mai.elvis

 

elvis presley

di Stefano Faloticopaura delirio las vegas depp

I morti non muoiono, i dementi per fortuna sì


08 Jun

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Ora, a quanto pare, già l’avevamo capito dalle prime recensioni arrivateci direttamente dal Festival di Cannes, The Dead Don’t Die pare essere davvero il film, non dico più brutto, ma più irrisorio, irrilevante e soprattutto irrisolto di Jim Jarmusch.

Regista che tengo in auge e che, a mio avviso, sino a oggi non ha mai sbagliato un solo colpo. Ancora stupendamente infatti m’immalinconisco, silentemente gemo nello specchio languido d’una bellezza soave e inaudita soltanto rammemorando alcuni frame di Dead Man.

Emozionandomi al solo scoccare nei titoli di testa della musica di Neil Young, incantato dalla prodigiosa, turbinosa, rugginosa fotografia in b/n oserei dire morbida e ondosa del compianto Robby Müller.

Opera capitale di Jarmusch. Assai incompresa e non poco ostracizzata dalla cosiddetta intellighenzia, ah ah, ai tempi della sua uscita. In pochi infatti immantinente s’accorsero di essere di fronte a un film stratosferico e accusarono Jarmusch di essere stato troppo meditativo e lento.

Sono le stesse critiche, espresse nei medesimi termini, peraltro che vengono scaraventate addosso adesso a I morti non muoiono. Accusato, oserei dire imputato da più parti di essere una pellicola, appunto, soporifera che affastella troppi temi senza riuscire a centrarne efficacemente nessuno.

Staremo a vedere.

Ma torniamo a Dead Man.

Un film che, per le sue abbaglianti, funeree, cimiteriali e tristi atmosfere mortifere, eh sì, ricorda La morte corre sul fiume.

Lo stesso Jarmusch fu molto chiaro a riguardo. Dicendo espressamente che The Night of the Hunter è stato per lui un film imprescindibile nella sua formazione artistica.

Non solo per lui, anche per me. La morte corre sul fiume è uno dei più grandi film di tutti i tempi. Un film che, in un sol boccone come il lupo cattivo Harry Powell/Mitchum, si mangia vivo ogni Elephant Man lynchiano e tutti i possibili Twin Peaks.

L’aggregatore di medie recensorie metacritic.com, sito comunque alquanto inattendibile date le cantonate tremende che spesso, tuttora piglia, gli assegna un incredibile, insuperabile, imbattuto 99%.

Cioè, inutile evidenziarlo e peccare di pleonastico trionfalismo, La morte corre sul fiume è forse il film, permettetemi sfrontatamente di dirlo, più bello di sempre.

Sì, non lo sapevate? Assieme a Taxi DriverRusty il selvaggioL’infernale Quinlan e forse Mulholland Drive, ah ah, secondo il mio modesto dunque superbo parere insindacabile, è uno di quei film che m’ha cambiato la vita e, nella fattispecie, diciamo, ha positivamente sconvolto e stravolto la mia percezione della realtà.

Unico film da regista del grandioso Charles Laughton, perla fra le perle d’incomparabile, mastodontica, immane bellezza suprema.

Dominato dalla spettrale figura gigantesca d’un Mitchum da incorniciare, oserei dire titanico.

Ecco, a mio avviso, inoltre sono davvero pochissime le interpretazioni che possono, se prese singolarmente, elevare un attore a mito immortale.

L’interpretazione di Mitchum è una di queste così come quella di Marlon Brando in Fronte del porto, quella appunto di De Niro in Taxi Driver, quella di Matthew McConaughey, eh sì, in True Detective, quella perfino di Christoph Waltz in Bastardi senza gloria.

Attori che, trasfondendosi illimitatamente nei loro rispettivi personaggi iconici, sono ascesi in un batter d’occhio a monumentali anfitrioni della Settima Arte tutta più ribalda. True Detective, così come Twin Peaks stagione 3, infatti non è una semplice, ordinaria serie televisiva.  Così come non lo è The Night Of.

Ah, scusate, avevo dimenticato di citare nel sopraccitato, succitato, super eccitante, ah ah, listino anche Scarface e dunque Al Pacino.

E ora permettetemi di essere maschilista, forse femminista, misantropo e un po’ De Niro di Cape Fear.

Sì, Johnny Depp in Dead Man si chiama esattamente come uno dei poeti più maledetti della storia, ovvero William Blake.

Bene, cazzoni e cazzoncelli, cazzari e bovari, se avete quarant’anni e non avete mai letto integralmente Songs of Innocence and of Experience, ecco prevedo per voi una vita da falliti come Steven Bauer di Scarface, appunto.

È inutile che v’impomatiate alla vostra età per una febbre del sabato sera da John Travolta della riviera romagnola. Siete oramai andati a puttane. Diciamocela.

Io non ho letto, nella loro interezza, i due masterpiece umanistici par excellence sopra menzionativi del Blake ma io so, sono io e io posso. Voi no, ah ah. Perché avete solo sonno.

Così come posso gigioneggiare al pari di Max Cady/De Niro di Cape Fear, stuzzicando le voglie peccaminose e, ahinoi, ancora illibate di giovani ninfee come Juliette Lewis.

Per provocarle, cito loro Henry Miller e il suo Sexus – Plexus – Nexus.

Non ho mai letto questa roba ma sogno anche una notte da motherfucker con la Jessica Lange dei bei tempi, parlandole tutte le lingue di Babele e salvandola dal cancro della sua privata vita piatta, regalandole fantasie erotiche da Tropico del Capricorno.

Con me Jessica Rabbit, no, scusate, Jessica Lange capisce che il King Kong di John Guillermin non è nulla in confronto alla potenza da gorilla del mio sexy beast da mandrillo. Io non ho bisogno di stupirla con effetti animatronici e speciali da Carlo Rambaldi ma so che, con Nick Nolte, lei fa la brava signora imborghesita, mentre con me capisce di essere Jane poiché Tarzan è solo una scimmia in confronto al sottoscritto, sopra di lei ritto.

Non dovete ridere come scimpanzé dinanzi alle stronzate che puntualmente vi dico, io ho carisma e dunque basta che mi diate sventole in faccia.

Sì, le prendiamo tutte. Quella sberlona lì di nome Giovannona e anche quell’altra figona di nome Susannina.

In verità, io e le donne non leghiamo molto. No, altro che liane da amori selvaggi nella giungla. Le donne mi fanno girare solamente i coglioni e le mando sovente a farsi fottere. Stanno sempre a cucire le maglie di lana d’estate e d’inverno hanno caldo, sessualmente parlando.

Sono cioè delle ipocrite.

Sì, le donne sono falsissime. Noi uomini invece siamo più alla bona.

Vi racconto questa.

Una scrittrice-poetessa-attrice teatrale scespiriana con cinque lauree in Letteratura Arcaica, specializzata nell’arabo, soprattutto in quello odiato da Salvini ma da lei (a)dorato, in sanscrito, esperanto, francese della Papuasia e celtico di Bombay, ha esibito la sua magnifica minigonna su Facebook:

– Complimenti, sei una donna molto bella.

– Grazie. Guarda però che oltre alle gambe c’è di più. Non mi fanno piacere certi complimenti. Io voglio essere apprezzata, venerata per il mio intelletto.
Insomma, questa qui era mezza smutandata. Se voleva essere ammirata per il suo cervello, dico io, perché mai s’è mostrata a ogni u… lo spensierato con tale posa sbracata e forse svaccata?

Insomma, non ci crede nessuno.

Sì, le donne sono come Michelle Pfeiffer di Scarface. Consapevoli di essere molto belle, capiscono altresì che Robert Loggia è oramai un rincoglionito sputtanatosi e allora sposano Al Pacino. Un tipo losco e alla Fabrizio Corona con cui hanno ancora molto tempo per divertirsi e spassarsela.

Le donne non sanno che farsene di Dante Alighieri, vogliono il macho volgare che le riempia, soprattutto di soldi, che le porti a ballare e a cui non devono dimostrare di essere Rita Levi Montalcini o di avere la mente di Margherita Hack.

Che se ne fanno queste super patonze dell’astrofisica e della neurologia quando invero desiderano solo un nuovo, brillantissimo orologio e uno yacht ove esporre nudamente la propria merce e tutta la pregiata bigiotteria stronza?

Oggi, nessuna donna vuole diventare astrofisica. Vanno tutte in palestra per divenire fighe galattiche.

E di quell’altro povero cristo di Bob De Niro di Casinò ne vogliamo parlare?

Un genio dall’intuito infallibile la cui unica, vera colpa è stata quella di essersi affiliato alla mafia.

Per il resto, è intoccabile quasi quanto Kevin Costner di The Untouchables.

Ah, che testa il Sam Rothstein/De Niro ma finisce peggio di Al Capone. Uh uh.

S’innamora pure perdutamente della troia per antonomasia del locale, Ginger/Sharon Stone, ed è emotivamente legato a quel matto scriteriato di Nicky Santoro/Joe Pesci.

Ginger lo tradisce platealmente col figlio di bagascia Lester Diamond/James Woods ma ogni volta Sam chiude un occhio anche se, su queste scopatelle-scappatelle, non ci dorme la notte.

Alla fine, Ginger va pure con quel nano del suo amico del cazzo. Roba che, in confronto a Pesci, il grande, deceduto Verne Troyer di Io, me & Irene è elevatissimo, non solo di statura. Sì, Verne fu decisamente più alto di André René Roussimoff, ex lottatore artisticamente, si fa per dire, conosciuto col soprannome The Giant.

Gli uomini, comunque, sono peggio. Ci sono gli operai disperati che non sanno che Joe Pesci, no, pesce pigliare e allora vendono lo squalo al mercato. Ci sono dunque gli intellettuali della minchia che, avendo molto tempo per cazzeggiare, parlano di film che manco hanno capito.

Mentre io sto sempre più diventando Mel Brooks, John Belushi e pure Bill Murray. Io so benissimo chi sono. Io non sono. Voi invece, oltre che pazzi, siete idioti. Pensate di essere vivi ma siete già nell’anima da una vita morti.

Ma davvero vogliono fare lo scambio fra Ancelotti e Conte? E quella veramente è una scambista?

È una cubista? Nel senso che ama Picasso? O s’è ritoccata il culo con Picasa?

Che tragedia mostruosa.

Terrificante, agghiacciante.

Non importava quanto uno fosse grosso, Nicky partiva alla carica. Se lo attacchi con i pugni, Nicky torna con una mazza. Se lo attacchi con un coltello, lui torna con una pistola. E se lo attacchi con una pistola, ti conviene ucciderlo, perché continuerà a tornare e tornare fino a quando uno di voi due non è morto.

(Robert De Niro con la voce di Gigi Proietti)

di Stefano Falotico

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Scarface di De Palma è un capolavoro forse più dell’originale anche se Frusciante non è d’accordo


05 May

In tarda serata di sabato, s’è scatenata una faida cinefila.

Federico Frusciantone ha, come di consueto, inserito nella sua bacheca il trailer del suo film del giorno. In tal caso, Scarface di Brian De Palma.

Non starò qui a farvi tutto il reportage dei vari e svariati commenti che gli sono arrivati di lì a poco.

Fra cui la mia opinione secca, oserei dire abrasiva.

Ecco due screenshot che attestano il mio intervento chirurgico, da meticoloso operatore sanitario delle inesattezze oserei dire slabbrate.

Federico, in buona fede, ha asserito, come potete leggere, che Scarface, appunto, di De Palma sia un ottimo film ma il vero capolavoro rimane, a suo avviso, l’originale di Howard Hawks con Paul Muni.

È la quarta volta che sono totalmente in disaccordo con lui.

Ecco le tre volte precedenti su film per cui abbiamo avuto e abbiamo pareri discordanti.

The Ward di Carpenter, che lui considera un filmone, secondo me è un filmetto. L’ho pure scritto nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness. E non rinnego una sola parola da me vergata in questo libro che dovreste quanto prima acquistare, collezionare e spolverare un giorno sì e un giorno no, rispolverando soprattutto Il signore del male, appunto, come da (sotto)titolo in originale di tal intarsiata mia opera molto calibrata, ponderata, oggettiva e giammai agiografica.

Sì, Il signore del male è la vetta spropositata, inarrivabile di John.

Autore indubbiamente di opere mastodontiche che conoscerete meglio di me, anche se ne dubito, poiché io conosco il Cinema meglio di voi, ah ah, che qui però ha proprio toccato la perfezione oserei dire più sibillina, certosina, adamantina!

Se lo reputate un horror alquanto noioso, vi prescrivo subito una colazione a base di pancetta affumicata indigesta, simile a quella fatta da quegli obbrobriosi, ingrati critici da quattro soldi degli Stati Uniti, malati di panza e di putrescenze gastrointestinali vomitevoli propagatesi nelle loro tastiere, i quali continuano ostinatamente a non comprenderne la grandezza impari.

Critici americani, se continuate così, vi trasformerete come la donna scarnificata nel finale de Il signore del male e la Bestia vi possederà come ne L’esorcista.

Vi rendete conto? Di questo ne siete coscienti, poveri panzerotti da Malibù delle vostre idiozie sesquipedali sparate insipientemente in merito a quest’intoccabile, venerabile, eccelso e iper-mirabile masterpiece assoluto del maestro nostro travolgente?

Già l’idea secondo cui dio e il diavolo siano la stessa creatura è qualcosa di geniale. Poi che classe, che finitura nelle inquadrature, che atmosfera fuori da ogni spazio-tempo, parliamo della stessa metafisica di cui discetta il grande Victor Wong in tale pellicola al di là di ogni cinematografica scienza esegetica.

Detto ciò, mi spiace per John e per Frusciante, The Ward è un film decisamente minore.

Quindi, Mission e Donnie Brasco sono due film strepitosi. Retorici quanto volete, certo, ma è manierismo di altissima scuola.

A Federico non piacciono molto. A me sì. E anche parecchio.

Dunque, arriviamo alla questione Scarface.

Io sono mereghettiano, nel bene o nel male. Paolo Mereghetti ha detto e scritto molteplici scemenze nel suo biblico Dizionario dei film. E la sua idiosincrasia nei riguardi di Sergio Leone è inesorabilmente oggetto di studio psichiatrico.

Acclarato questo, su Il signore del male la pensa esattamente come me. E nell’ultima edizione del suo tomo ha portato a quattro stellette, cioè al massimo, la sua valutazione critica a riguardo.

Stesso discorso dicasi per Scarface.

Prima gli aveva assegnato tre stellette. Ora è arrivato a dargliene 4 piene. Quasi con lode.

Le stesse che ha dato ovviamente all’originale.

Scarface è un film cresciuto col tempo e non è un remake nel senso più stretto e letterale del termine.

È semmai un rifacimento dell’idea originale a misura e mistura grandiosa della poetica eccessiva di De Palma.

Con un Pacino d’antologia.

Un film talmente volgare, nel senso migliore della parola, da divenire colossale.

Fabrizio Corona ha sempre sostenuto che Tony Montana è il suo idolo e che lui stesso avrebbe voluto di Scarface realizzarne un remake. Il signor Corona di questo film credo che abbia capito ben poco. Ha semplicemente, solamente compreso le stesse coroncine e catenine d’oro, gli anelloni al dito di Montana/Pacino che lui orribilmente indossa ma non possiede la cultura introspettiva per potersi nemmeno avvicinare a un film così.

Sì, caro Fabrizio, so che con le donne ti comporti alla stessa maniera di Tony. Vai, a bordo piscina, dalla tua bella fighella ignorantona e, come se lei fosse Michelle Pfeiffer, donna invece molto raffinata, parimenti ad Al Pacino le dici platealmente, senza filtri: voglio scoparti.

Senza se e senza ma.

Lei, come Michelle in questo film, accetta. Perché hai gli stessi soldi di Tony.

Ma adesso, a parte gli scherzi, davvero Fabrizio, bello di mamma, credi di valere soltanto l’unghia del mignolo anellato di Pacino? Stiamo parlando di un padrino vero, di un Corleone molto Carlito. Del futuro Jimmy Hoffa di The Irishman. Di uno che conosce Shakespeare a memoria. Di un puro uomo Scent of a Woman. Mica di un discotecaro imbrillantinato che, oltre a non conoscere la dizione, non sa neanche parlare in italiano accettabile. E recita pure male la parte della vittima.

Detto ciò, Scarface è un capolavoro immane. Come diceva il giudice Sante Licheri di Forum, la seduta è tolta. Se Corona non ci sta, dategli altri tre mesi di lavori socialmente utili. Se Frusciante rimarrà invece della sua idea, ci sta.

Scarface, al di là della magnificenza kitsch, varrebbe anche solo per due frasi mitologiche:

Elvira è sempre in ritardo: passa metà della sua vita a vestirsi e l’altra metà a spogliarsi.

Se avessi preso la strada del prete, di sicuro sarei diventato papa!!!

Ma non c’è mai due senza tre.

Ed ecco la frase a 4 stellette: io dico sempre la verità, anche quando dico le bugie.

Su Scarface però sono sincero, si tratta di una bomba fenomenale quasi quanto quello che ho in mezzo alle gambe.

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Siamo tutti cornuti, Christopher Walken docet, anche Scorsese, da cui Toro scatenato…


23 Apr

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Io credo che Christopher Walken sia Lucifero.

Una faccia da angelo ma un maledetto.

Anche se nel film L’ultima profezia fa la parte dell’arcangelo Gabriele.

Io avevo un amico delle scuole medie di nome Gabriele. No, angelico non lo era affatto. Tentò subito di spronarmi verso una sessualità troppo precoce.

Non so che fine abbia fatto. Forse ora fa il pornoattore oppure ha interpretato un remake casareccio di A distanza ravvicinata. Sì, oggi probabilmente è un padre dalla moralità assai dubbia. Ah ah.

Sì, volete sapere perché Christopher Walken, ne Il cacciatore, si suicidò? Perché rimase sconvolto dall’orrore della guerra in Vietnam? Sì, ovviamente.

Ma la goccia che fece traboccare il vaso, diciamo, la vera ragione fu perché Michael/De Niro, in sua assenza, andò a letto con la sua donna.

Lì, non resse e perse il cervello, completamente.

Voi, sinceramente, avreste retto? Mah, non credo. Assistere a tutte quelle morti, a persone trivellate, a cadaveri putrefatti e apprendere pure che il tuo migliore amico, nel frattempo, ti ha reso cornuto, non penso che sia molto piacevole.

Sì, Chris Walken ha le corna in testa. È un tipo sveglio ma oramai fra lui e il diavolo non c’è alcuna differenza.

Entrambi, appunto, come i cervi di The Deer Hunter, presentano sulla fronte delle sporgenze, delle appendici ossute abbastanza evidenti.

Quelle di Chris non le vedete perché, prima che escano i film da lui interpretati, gliele tolgono con PhotoShop.

Corna enormi quelle di Chris. Ma anche delle cornee bellissime. Languide, ceree. Lui ha gli occhi verdi, io neri.

Ma la somiglianza fra noi due è impressionante.

Un altro specializzato in fatto di corna è Martin Scorsese.

Guardatelo in questa clip.

Come saprete, dopo che Liza Minnelli lo tradì, Scorsese tentò il suicidio. Strano. Liza ha una gran voce ma è sempre stata una racchia da competizione.

Comunque, fu il suo amico Robert De Niro a salvarlo. Cosicché, girarono Toro scatenato. E qui, infatti, quando Bob impugna la statuetta come Best Actor dell’anno, è evidentissimo che Scorsese nutra per il suo pupillo un’ammirazione sconfinata.

A fianco di Martin, la figlia di Roberto… cioè di De Niro? No, del Roberto di Roma città aperta e Paisà.

Quando si dice, infatti, tutte le strade portano e Roma e tutto il mondo è paese.

Sì, la figlia di Roberto, Isabella, stava con Scorsese all’epoca. Dove si saranno conosciuti?

Fatto sta che, di lì a poco, Isabella mise appunto le corna a Martin.

Girando Velluto blu con David Lynch e Cuore selvaggio. Girando soprattutto con mr. Twin Peaks le lenzuola poco candide della loro stanza da letto. O no?

Ora, vi racconto questa. Nel 2008 fui ricoverato per devastanti crisi depressive.

Venne a trovarmi una ragazza che bazzicavo all’epoca. Bazzicavo è un eufemismo. Praticamente, in quel periodo divenni Al Pacino di Scarface e appunto De Niro di Raging Bull.

Fui colto da crisi di gelosia pazzesche. Pensavo che i miei amici se la volessero fottere. Sì, mi comportai con loro come Pacino con Steven Bauer.

Come De Niro con Joe Pesci.

Lei venne a trovarmi in ospedale.

Con una sensibilità e un tatto veramente lodevole, come no, dopo un mese mi disse:

– Ecco, appurato che ora stai bene, sai che amo essere sempre sincera, devo dirti una cosa.

– La so già. Sono come Ben Chaplin de La sottile linea rossa. Mentre ero nella mia guerra di trincea, diciamo che tu, invece, non sei stata propriamente l’incarnazione metafisica del Cinema di Malick e ti sei data, più che altro, al Cinema di Tinto Brass. Potrebbe essere?

– Sei ermetico. Che vuoi dire?

– Non volevo essere volgare. In poche parole, senza panegirici sofisticati, ti sei trombata un altro? Togli pure il punto interrogativo. La domanda è retorica.

– No. Vedi che sei paranoico e superficiale?

– No? Me lo giuri? Perdonami, allora. Ho pensato male.

– Certo. Non sono stata solo con uno. Direi molti di più.

 

Ecco, ora è stato svelato l’arcano. Ma quale disturbo delirante!

Io ho sofferto di un tradimento più bestiale di Chris Walken.

In fondo, chi più chi meno, siamo tutti cornuti. Anche dio lo è.

A me, ad esempio, non ha mai convinto il fatto che San Giuseppe fosse, diciamo, casto.

Mah, Il dubbio c’è.

Comunque, fratelli, rimanga fra di noi. Se avessi continuato a frequentare quella tipa, avrei smesso di amare Scorsese e David Lynch.

Mi sarei ridotto a essere fan di Riccardo Scamarcio.

Pure Riccardo è cornuto, peraltro. Valeria Golino è stata con Sean Penn. Mentre Madonna, quando stava con Sean, ha fatto poco la virgin con altri.

E ho detto tutto. Dunque, uomini e donne, se pensate che non siete mai stati cornuti in vita vostra, guardate appunto Uomini e donne della De Filippi.

Contemplerete i finti amori degli altri e possiamo perciò mettervi subito in convento.

Che poi, anche nei conventi… a voia… succedono cose ben più oscene.

Parola di un santo peccatore.

Sì, la gente mi guarda e urla: oh, che peccato!

Perché sono pazzo e così si dice ai pazzi?

No, il contrario.

La gente pensa: oh Signore benedetto, questo potrebbe essere dio sceso in terra e invece si fa cornificare per troppa bontà.

Ma sono cose da matti!

Io vi benedico. Vi dichiaro marito e moglie. Tanto poi tua moglie verrà con me e sarà un Casinò.scorsese casino

 

di Stefano Falotico

Quando litigo con Amy Adams, divento Marlon Brando e Al Pacino, super video


03 Mar

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Sì, sono sposato ad Amy Adams. Non lo sapete? Insomma, mi avevate preso per anni per uno della Famiglia Addams e invece guarda un po’ con che pezzo di figa esagerata mi sono maritato.

Sì, ma non pensate che Amy sia poi tutto questo spasso.

Ieri, ad esempio, stavo riguardando il mio libro in inglese su Carpenter. Saranno state le undici di sera.

Al che lei, dopo essersi smanettata da sola, bruciando a letto di preliminari da chi fa da sé fa per tre, ha bussato violentemente alla porta del mio studio, provocandomi a man bassa, appunto.

– Hai finito? Sono lì da due ore con le mani in mano… sai, stasera avrei un certo languorino e vorrei che tu mi fossi fighter. Avvinghiami, picchiami pure, sculacciami. Lascia stare questa traduzione pesante, siimi pressante. Ti do solo altri cinque minuti. Intanto, mi svesto. Ti sta entrando, a forza di amare Carpenter, troppa fog nel cervello e, se non ti dai una mossa, mi sa che mi scoperò Lo Pan… insomma, o mi sbatti presto con foga oppure rimarrò sempre una donna alla finestra. Razza di paralitico James Stewart. La verità è che sei solo un guardone come Hitchcock!

– Va bene, accetto le offese e i tuoi improperi. Ti perdono. Mi sto elevando nella metafisica di John. Scusami, cara. Fra cinque minuti non posso, però. Mi mancano ancora venti pagine e devo farle adesso. Per fare te, posso aspettare. Verso mezzanotte, direi che avrò finito e potrò leccartela se dio vuole.

– Nooo! – urlò la Adams, inferocita da questo chiederle di aspettare… – Non posso aspettare cinque minuti di più. Non ti sopporto davvero. Sei una merda! Che vuoi che mi faccia suora come ne Il dubbio? Farabutto. E sai che ti dico? Sì, te lo dico. Fottiti! Ieri sera, quando tu non c’eri, mi sono scopata Christian Bale. È un trasformista-camaleontico. Ha cambiato posizione, sì, tutte le posizioni ogni tre secondi e io ho perso dei chili mentre lui ingrassava, no, lo ingrossavo a tutto gas. Quindi, fallito, prenditi i tuoi libri e ficcateli dove dico io.

 

E a questo punto partì lo show.

Fra il Pacino iper-geloso di Scarface, il De Niro di Toro scatenato, Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio, perfino Sgarbi con le sue “invettive” storiche, poco artistiche…

Ecco la scenetta!

La povera Amy, annichilita, stordita, sconvolta da quest’attacco maschilista sfrontato, dalla mia ira folle da Joaquin Phoenix di The Master, capì che gli alieni di Arrival sono meglio degli uomini.

Gli uomini e le donne sono soltanto Animali notturni abbastanza schifosi, litigiosi, perniciosi e permalosi.

Insomma, meglio il Falotico.

Uno che delle vostre crisi da gelosi, da uomini ingordi, da donne golose, preferisce la sua pelle rosa e intonsa.

Un uomo che, per avere il coraggio di compiere una scelta così radicale, fuori giustamente dal normale, deve avere du’ palle che farebbero impazzire Amy Adams anche solo ad annusarle da lontano.

E invece vaffanculo! Bagascia, baldracca!

Un uomo in canottiera, nera, dal carisma brandiano.

 

di Stefano Falotico

La leggenda dell’uomo lupo, detto anche uomo furbo, insomma…


26 Feb

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Sul mitico Wolf Man, sono stati realizzati tanti film.

E ciò che leggerete, nelle righe seguenti, sarà uno scritto di rara idiozia ma anche di eccelsa fantasia.

Un’analisi cinematografica sulle più memorabili pellicole inerenti la licantropia. Almeno su quelle che il sottoscritto ha visto.

Il sottoscritto, durante la sua vita, da vari luminari invero poco illuminati e anche da diversi marpioni che si credevano volponi, sì, è stato accusato di numerose patologie: in primis, d’ipocondria, ovvero di uno stato mentale di forte apatia mista ad abulia, anoressia, dislessia, epilessia e via via vai che è tutta una zia.

Dunque di schizofrenia. Nevrastenia, sclerosi multipla dei neuroni e anche perciò di catalessia, acefalia e perfino di acciaieria. Sì, Man of Steel mi fa un baffo. Cado sempre e mi spacco la testa ma in realtà sono invulnerabile come Bruce Willis di Unbreakable. Come si suol dire, una capa di minchia imbattibile.

Sì, ho avuto come tutti il morbillo e la varicella ma son stato anche a Baricella, provincia di Bologna. E ho fatto l’amore con una di nome Marcella. Una a cui comunque interessava poco il mio cervello ma qualcos’altro che fa rima sempre con quello…

Che iella. Eh sì. Nerissima.

La donna può rendere un uomo una bestia. Lo sa Jack Nicholson di Wolf – La belva è fuori.

Sì, Michelle Pfeiffer era una che rovinava gli uomini. In Ladyhawke, Rutger Hauer diventava proprio un maledetto, bell’uccello, un falco pregiato. Altro che quell’aquila bianca di Blade Runner… ho detto tutto.

In Batman – Il ritorno, Michelle profumava di gatta. Puzzava anche un po’ di zoccola, diciamocela.

E ne vogliamo parlare di quel povero fesso di Pacino in Scarface? In paura d’amare gli è andata ancora peggio. Da macho che era, ovvero Tony Montana, si trasformava in un cuoco con le torte di limone e un mieloso romantico rincoglionito che vuole sempre la Pfeiffer a lui montata.

Sono cos(c)e per cui un uomo, dopo tanto ben di Dio, nauseato da tanta esagerata magnificenza, può diventare un frocio come De Niro di Stardust. Anche se, in Cose nostre – Malavita, il nostro Bob non ha perso l’onore…

Le donne possono davvero traviare un uomo. Pensate a quell’anima pia di Griffin Dunne. In Fuori orario di Scorsese (e non è L’età dell’innocenza!), cazzo, si fa coglionare da Rosanna Arquette. E sarà una notte lunghissima da penare e pelare.

Quattro anni prima, con Un lupo mannaro americano a Londra, perso che fu nella brughiera come Lon Chaney Jr., vide l’Inferno, altro che Beatrice.

Fu morso e furono cazzi. Da cui la dantesca perifrasi… nel mezzo del cammin di nostra sfiga…

Ma il top della topa, no, del deficiente per antonomasia è ovviamente Benicio Del Toro. In Wolfman non riesce a scoparsi Emily Blunt per colpa della maledizione sciagurata. In Sicario potrebbe scoparsela come un lupo assatanato e invece preferisce mandarla a fanculo ed elevarsi a santo vendicatore di questo par de pallottole, no, palle. Ma che gliene fotteva? Tanto i boss della droga… ne ammazzi uno e ne nasce un altro. E, ripeto, sempre a ca(u)sa di Michelle Pfeiffer. Secondo voi è normale questo Benicio?

In verità vi dico che esiste solo un uomo lupo in carne e ossa, no, abbastanza spellato, cioè questo:

 

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Un uomo focoso, altamente spiritoso, libidinoso, perfino permaloso e non fate più i maliziosi. Perché tanto io sono vizioso, viziato e giustamente ozioso. No, non cambio. Resto amabile e odioso.

 

di Stefano Falotico

Fabrizio Corona, un estratto del libro o meglio fac-simile del suo autoincensarsi di donne di “valore”, sì, è uguale ad Al Pacino, un vero Scarface…


04 Feb

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Ecco, voi vi chiedete come sia stato possibile cadere così in basso. La risposta è lapalissiana ed è da ricercare in anni e anni di condizionamento televisivo, di coscienze triturate, deglutite, metabolizzate e cagate dalla più sconcia tv mercantilistica ove il valore esposto è l’edonismo più volgare e futile.

E come mai sia potuto avvenire che gente valente, valida, intelligente, poetica e visionaria sia finita nella merda e invece personaggi di dubbio gusto siano miliardari, assurgendo addirittura a guru, ah ah, non solo erotici ma ideologici, sì, non sto scherzando, a influencer della minchia delle coscienze spirituali di un’Italia che pende dalle labbra di questi pagliacci da circo. Obbedendo, passivamente, alla loro carnascialesca, esibizionistica, oscena visione del mondo.

Come mai siete ossessionati, in radio soprattutto, dalla Ferragni, da Fedez e da compagnia “bella”.

Ma, naturalmente, il campione numero uno, imbattibile, ché non lo butta giù neanche una carica di tritolo nel culo, è mister “sobrietà” per antonomasia, il Corona nazionale.

Uno che ora ha preso in prestito il titolo della canzone di Moro ed Ermal Meta, peraltro davvero brutta, retoricamente insopportabile, per allestire il best seller che sta spopolando alla grandissima, ai primi posti oserei dire inviolabili delle vendite librarie.

Sì, la differenza fra un clown e un pagliaccio, inteso in senso lato, forse per Corona solo B, è che il clown, a eccezion fatta di quello di Pennywise, un mezzo bullo-pedofilo, fa ridere i bambini e, nel caso di Patch Adams, donava un sorriso ai malati terminali.

Costui invece, il quale da ogni foto bellamente sbattuta… su Instagram pare essere appena uscito dal barbiere Jean Louis David, si presenta così alle bancarelle. Alle sue bretelle. Alle sue pecorelle.

Questo un “mirabile” estratto, veramente da nuovo Salvatore Quasimodo, del suo appunto sbattercela in faccia senza alcun ritegno del pudore.

Ma non si tratta di un godibilissimo libro raffinatamente erotico e trascendentale come ad esempio Il diavolo è un giocattolaio del sottoscritto del qui presente-assente sottoscritto, bensì di un resoconto an(n)ale delle passerine da passerelle che si è trivellato, corrompendole prima con un paio di diamanti e un giro sul Ferrarino.

Ripeto, io non sono un moralista, non me ne sbatte un cazzo di quante donne e di che tipo di donne, se belle, brutte, strafighe esagerate o racchie sesquipedali, si fa un uomo.

So’ cazzi sua, come dicono in Toscana.

D’altra parte, i miei attori preferiti sono spesso uomini anche molto belli. Ve l’ho detto. Non sono omosessuale ma vado matto per Richard Gere. Che, a dispetto delle sue pratiche buddistiche, propriamente ascetico non mi pare proprio. Infatti, poco tempo fa, alla sua veneranda età sembra che abbia spinto… non poco, mettendo incinta la sua nuova, caliente consorte.

La sessualità è qualcosa di profondamente intimo, a meno che non sia un porno, e raccontarci di scopate e inculate affini, di colpi di culo o di portafogli inchiappettanti, in un libro o pseudo tale, cosa volete che me ne importi?

Già trovo infatti estremamente noiosa la biografia, apocrifa peraltro, di Marlon Brando. In cui nei dettagli ci viene raccontato delle sue trombate.

Brando io l’ho sconfinatamente ammirato nei suoi film. Della sua proboscide e di come l’abbia usata, non me ne fotte, son cos(c)e pallose, come dico io.

Sì, anni fa, il Corona dichiarò pubblicamente che è il Pacino italiano. Sì, Al Pacino, alla soglia degli ottant’anni, viene fotografato a Beverly Hills con crocifissi vistosi che gli pendono dal collo.

Ma lui è Al Pacino.

Mica un puttaniere qualsiasi.

Di mio, va. A volte no.

E, fra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare? No, il tamarro.

Dopo quest’incontro ravvicinato con questo scimpanzé, vi racconto ora delle mie più grandi scopate.

No, non ho avuto Zoe, donna da zoo, ma i miei “marcamenti” son stati comunque a zona.

Io sono magnetico con le donne. Soprattutto con le attrici di Hollywood. Appena ne vedo una che m’attizza, non può scapparmi. La punto, la miro e dopo tre minuti preparo l’ambaradan.

Vi ricordate l’ex di Jude Law? Sadie Frost. Faccia così così ma seno che mi prese subito. Sì, non esitai un secondo. In Flypaper le sue tettine son da Oscar, da vera statuetta dorata. E me lo fece a fettine. Dimagrii tre chili ma recuperai mangiando trecento grammi di fettuccine.

Fu una cavalcata selvaggia. Il giorno dopo andai a comprarmi addirittura un paio di jeans nuovi. Sì, suonarono improvvisamente alla porta nel momento topico, come si suol dire, al che schizzai e, dalla fretta, tirai violentemente su la lampo e si spaccò. Fortunatamente non quello. Ma si creò una toppa e dovetti tirar in giù la felpa perché sennò il postino ci avrebbe provato con me. Nel mio rione, sanno tutti che il postino ha un debole per le botteghe aperte. Tant’è vero che, oltre a imbucare, scassina pure.

Comunque, la mia scopata per eccellenza (av)venne nel 2001 circa. Una vera odissea in quello spazio.

Sì, con la moglie di Gene Simmons. Shannon Tweed. Durai tantissimo. Riuscii a venire con questa gnoccona immensa su tutte le scene dei suoi softcore. Non lo dimenticherò mai. Che donna, che culo.

Un gradino più sotto ma sempre memorabile fu quella notte con Madeleine Stowe. Ottima, me la gustai da cima a fondo. Lei compiacque ogni mio desiderio. Premetti il tasto pause durante i suoi “spogliarelli” in Revenge e mi sentii Kevin Costner. Quando si dice che la vita è una questione di sentire… di trasporto.

Fu un rapporto videodrome oltre ogni Crash. Da puro demone sotto la pelle. Fantastico. Da M. Butterfly di passione travolgente. Poi usai il fazzoletto per pulire tutta la mia intimità debordata, la mia covata malefica sudata, sterile e quindi sterilizzata in maniera detergente.

Sì, poi ci fu la mia prima ragazza. Fu bello. Ma avevo già comunque dato. E non durò molto.

Ieri, ho scritto che la masturbazione è quasi sempre meglio di un rapporto sessuale a due. Mi ha risposto una su Facebook, ovviamente desiderosa di farmi assaporare con lei qualcosa di più condivisibile, dicendomi… fare sesso da soli non è la stessa cosa.

– Infatti, è meglio. Capace che poi mi chiedi di mantenerti.

 

Le donne sono fatte così. A sedici anni vanno col primo stronzo per fare esperienza. A cinquant’anni vanno con uno che le faccia sentire felici. Ho detto tutto.

Di mio, basta che non mi rompano i coglioni e tutto andrà tranquillo, dritto e asciutto. Fidatevi.

 

 

di Stefano Falotico

 

Il cuore rivelatore di un uomo che non mente mai, nemmeno quando dice le bugie


22 Dec

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Sì, amici, io non ho mai mentito a nessuno. Mai e poi mai. Credo di aver sconfessato però il mio caro uccello per molto tempo. Un uccello or libero e ancor felino in mezzo a quest’umanità maligna e ferina.

Per anni, fui denominato Stefanino. Perché la gente, poco conscia di quel che invero son sempre stato, e soprattutto del mio arnese assai vorace ancora tosto e attrezzato, si creò delle strane idee attorno alla mia persona, combinando danni immani. Rattrappendomi in una dimensione talvolta da infante in quanto non capiva perché non volessi attenermi a questa cosa assai insulsa chiamata realtà schiacciante.

E, a forza di voler dar a tutti gl’ignoranti spiegazioni inutili, mi sbriciolai nella malinconia più pura, perdendo l’aroma del mio erotismo purpureo, castigandomi in colpe mai commesse soltanto per compiacere una borghesia stagnante nelle sue certezze bacate da malmessi che, manomettendomi, volevano imprigionarmi in qualche stupida diagnosi strafottente.

Ma il mio core fu divelto all’improvviso e mai mi sarei dovuto azzardare a mostrarlo in tutto il suo inferocito urlo sovrano e scucito, tanto angelico quanto magnificamente luciferino. Poiché addosso altre infamie mi piovvero e, per discolparmene, non poco faticai, nello sbudellarmi, a chiarire e certificare ogni mia assoluta, indiscutibile normalità straordinaria da uomo che adora l’imene di qualità. Sì, sono He-Man. Ah ah! Non più dovete menarmela!

Sin da piccolo son stato dotato… troppo oltre per esser capito e accettato. E dunque fui precocemente equivocato, le persone varie malattie mentali invocarono per riuscire a spiegarsi tanto fenomeno così armonico e florido. Valgo oro, luridi!

Dovreste evocare voi stessi e non vociare di volgare sbracare. Fate cagare!

Perché, da esistenzialista romantico, io soventemente disdegno la vita ruffiana del puttanesimo quotidiano e mi rannicchio nel segreto, anche nelle segrete, delle mie ansie. Donna, accoglimi fra le tue cosce prelibate, angosciami come solo tu sai fare nello strazio e nello struscio di un amplesso soffice, avvolgente, avvinghiante, avviluppante, forse solo inculante. Ah, lo so, non son stato elegante ma, suvvia, sii a me salivante. Succhiami e salirà. Baciami e s’innalzerà. Fottiti!

Ma son uomo che sa unire a questa stupenda virtù sognante, come detto, qualcosa che ora fa rima con gigante. Da enorme amante. E batte, batte, delle vostre idiozie se ne sbatte. Sbattendomene, da imbattuto, vado cremoso, caloroso e perfino poderoso. Cammino alto tra i furfanti irosi dal cattivo alito che si consolano con le battone mentre io, con piccanti battutine, son sempre ficcante, me la tiro… con classe da intoccabile uomo galante, voi siete rimasti degli elefanti e io, fantino, in sella cavalco ancora col mio simpatico pisellino ottimamente penetrante. Ahia, ahia, ahia, ah ah, gatta ci cova anche in questo caso? No, è sol gattona da pelare perché, se Poe scrisse il Gatto nero, io posso accarezzarla, bagnarla e scaldarla, inumidirla e sbiancarla mentre, ingrossandolo, lucidamente e lucidissimo, soffia e (s)pompa colando, probabilmente ancor indurendosi con tanto piluccare e poi, eiaculante, sfiancante, morbidamente danzante nuovamente risplende indistruttibile come il più pregiato diamante.

Insomma, altro che bambino. Ho una voce da Al Pacino, nient’affatto possiedo un uccellino e so muovere bene il bacino. Se non mi credete, chiedete in giro. Le donne con me diventano la Gioconda.

Ma attenzione ai girini. Potrebbe scapparci un altro Stefanino e sarebbero per voi cazzi ancor più amari e piccini. Questa si chiama volgarità? No, è solo una delle mie imbattibili specialità. E io posso permettermelo! Donna, è permesso? Ah no? Allora, pigliati un cinepanettone e buona pensione!

Che stronza! Le ho rivelato il mio cuore, mi ha offeso a morte. Sapete che vi dico? Era solo un troione!

Solo i POE-ti non deludono mai. Fidatevi.

di Stefano Falotico

TOP TEN Al Pacino


05 Nov

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Ebbene, oggi parliamo di Alfredo James Pacino, indubbiamente, e sfido chiunque a smentirmi, uno dei più grandi attori della storia del Cinema.

Quali sono a mio avviso le sue dieci più grandi interpretazioni?

Partiamo col dire che è difficile trovare, nella sua filmografia, una brutta interpretazione. Semmai, ovviamente, con l’andare dell’età, di ruoli migliori gliene sono stati offerti sempre meno, quindi negli ultimi vent’anni è incappato in film assai mediocri e abbastanza invedibili. Eccezion fatta per i suoi superbi lavori per la HBO.

Anche se, come sapete, il prossimo anno, quando compirà la bellezza di settantanove anni, uscirà con i due film più attesi in assoluto della stagione, vale a dire The Irishman di Scorsese e Once Upon a Time in Hollywood di Quentin Tarantino.

Mica male per un vecchione, eh eh. Che poche settimane fa si è messo assieme a una che potrebbe essere la sua nipotina. Ci dà, Al, ancora un mandrillone!

Dunque Al, nonostante l’inesorabile trascorrere del tempo e nonostante non sia più quello di una volta, ha ancora il suo ottimo perché.

Ma passiamo alla classifica. Otto nomination all’Oscar ma, scandalosamente, solo una statuetta. E nel suo carnet può dire e vantarsi di essere uno degli attori con più candidature ai Golden Globe di sempre, ben diciassette!

La sua migliore performance, a mio parere, è quella di Cruising. Specie nella seconda fase della sua carriera, Al è stato famoso per i suoi lunghi monologhi, vedi L’avvocato del diavolo e Ogni maledetta domenica. Gigioneggiando a briglia sciolta. In Cruising, invece, parla poco, è molto sulle sue e comunica quasi esclusivamente attraverso lo sguardo.

Come diceva Marlon Brando, un grande attore non ha bisogno di troppe parole. È nella forza del suo sguardo che si vede la potenza recitativa.

Al secondo posto, il mitico, terrificante Michael Corleone della saga de Il padrino.

Al terzo e quarto posto, Scarface e Carlito’s Way.

Quinta posizione per il suo Vincent Hanna di Heat.

Non so se ci avete fatto caso, eccezion fatta per Il padrino, ho citato sino a questo momento tutti film per cui è stato oscenamente ignorato dagli Academy Awards…

Settimo posto per un film del quale non parla più nessuno: Lo spaventapasseri.

Dunque ci mettiamo Sonny di Quel pomeriggio di un giorno da cani.

Passiamo al magnifico Donnie Brasco.

E finiamo con Seduzione pericolosa. Ah ah.

Come? E che fine ha fatto Scent of a Woman? No, secondo me non entra fra le prime dieci posizioni.

Se non vi sta bene, andate a fare in culo. Uahh!

E ora sparatevi pure questo video!

 

di Stefano Falotico

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