Posts Tagged ‘Sam Rockwell’

I più bei film romantici di sempre: ovviamente, sono per l’appunto solo dei film, mentre il più grande “film” del mondo è il nostro amore infinito che ha distrutto tutti i pregiudizi


13 Jun

femme fatale de palma

https://drive.google.com/file/d/15h0dMfu2wJ4-RB3lKEEdbjqhFT-yv-IK/view?usp=sharing

Ora, iniziamo con la prefazione semi-goliardica su freddura da Falò d’ordinanza. Puntuale, impeccabile, diciamo (im)prevedibile, sostanzialmente “inconcepibile” e impagabile, oserei dire ineccepibile, dunque di sinonimo, diciamo pure inappuntabile.

Molta gente pensa che, dopo tanti miei durissimi travagli esistenziali, dopo essermi arenato anzitempo e dunque dai miei coetanei soventemente inchiappettato notte e dì, a ogni ora e secondo delle mie uscite da Joker nel loro mondo da nerd, io covi atroci, recondite voglie vendicative assai patetiche e capricciose.

Sì, molti cretini, i quali ragionano col culo, sono fortissimamente convinti che, dalle sedate e poi rinate profondità del mio animo in passato sprofondato, riemergano or allarmisticamente dei segnali di preoccupante desiderio di revenge.

Ma smettiamola. Non siamo in Kill Bill.

Io non sono Russell Crowe/Massimo Decimo Meridio de Il gladiatore e neppure quello che scoperchiò tutte le verità nascoste dagli ipocriti à la Russell di Insider.

La mia attuale lei è decisamente più figa di Jennifer Connelly di A Beautiful Mind.

Ah ah.

Per molto tempo, va detto, mi coglionai da solo, diventando Nicolas Cage de Il genio della truffa. Il mio “miglior” amico si rivelò uno stronzo impari e alla fine, a mo’ di Sam Rockwell di Confessioni di una mente pericolosa, assolutamente convinto che io fossi Paul Walter Hauser di Richard Jewell, prima che quest’ultimo giustamente venisse scagionato totalmente da ogni falsissima accusa scabrosa, cazzo, rimediò una figura da white trash alla Rockwell di Tre manifesti a Ebbing, Missouri.

Devo esservi sincero, il mio ex amico mi considerò un malato di mente. Ah, molto intelligente costui. Se davvero io fossi stato matto, perché mai lui uscì con me per tantissimi anni?

Sì, direi che la parte di Jeff Daniels di Scemo & più scemo gli calza a pennello. Anche quella di Jeff Daniels di Debito di sangue.

Ah ah. E siamo giù alla seconda freddura devastante.

Di mio, sono Jim Carrey di Bugiardo bugiardo, di Yes Man, di The Truman Show e di A Christmas Carol.

Piaciuta la terza freddura?

Ah no? Ah, ma allora insistete, cristo!

Perché mi gridate che dovrei togliermi la maschera? Ok, la tolgo subito. Leviamoci The Mask dalle palle e pure Cameron Diaz. Da anni non gira una minchia ma, secondo me, se ne gira più di quando era al top della topa.

Siamo onesti, non cazzeggiamo, alla Cameron dei bei tempi avrei certamente offerto la mia faccia da culo, no, da lupo.

Ma io sono, invero, Nic Cage di Con Air e anche di Cuore selvaggio.

Quarta freddura. Quinta? Non lo so.

Nic Cage è da sempre fissato con Elvis Presley. Sposò pure sua figlia, Lisa Marie. Mentre Tim Burton scopò sempre Lisa Marie.

Allora, non facciamo del casino! Di quale cazzo di Marie stiamo parlando? Di quella di Mars Attacks!?

Oppure della semi-diseredata figlia, per l’appunto, del re del rock?

Allora, per evitare confusione, scegliamo Sarah Jessica Parker di Mi gioco la moglie… a Las Vegas?

Demi Moore di Proposta indecente o Elisabeth Shue di Via da Las Vegas?

Guardate, a scanso di equivoci, optiamo per Laura Dern. Quale? Quella di Wild at Heart?

No, quella di Twin Peaks: Il ritorno.

Invece, al Kyle MacLachlan/agente Cooper, scegliamo Matthew McConaughey di Killer Joe o d’Interstellar?

Ah, certo è che gli sceneggiatori di Hollywood hanno proprio poca fantasia. Sempre con questo cazzo di cognome Cooper.

Di mio, preferisco il protagonista di Mezzogiorno di fuoco.

Comunque, con Elizabeth Berkley di Showgirls io passerei ancora delle mezzanotti di acqua… e basta.

Ma quale Cooper e uomo cupo! Io, al massimo, sono Cary Grant di Un amore splendido ma non sono affatto un puttaniere come l’interprete principale di Love Affair.

Non sono neanche Eric Draven/Brandon Lee de Il corvo.

Non sono mica morto, eh? Anzi, il mio uccello va alla grandissima. Un “volatile” che volteggia nella notte da vero pipistrello come in un piano sequenza spettacolare di Alex Proyas. Sì, quello di Dark City. Ah ah.

Pare che Jennifer Connelly abbia scopato pure Rufus Sewell. L’unico che non ha scopato è Robert De Niro. Grazie al cazzo. Avrebbero denunciato Bob per aver violentato la minorenne Deborah di C’era una volta in America. Elizabeth McGovern, dopo lo stupro da Bob/Noodles orribilmente perpetratole e praticatole in macchina, avrebbe potuto sbatterlo in carcere come in Cape Fear. Ma s’innamorò, si fa per dire, di uno più corrotto di Nick Nolte…

James Woods! Quello che ci dava e ci dà di Cocaina…

Ora, lasciate stare i drogati. Non volete mica finire come James Woods di Casinò? Lasciate pure perdere Sharon Stone di Basic Instinct. Lasciate soprattutto perdere… Joe Pesci, anche di The Irishman. Lasciate forse pure perdere Carey Mulligan di Drive. Potreste innamorarvene alla follia, poi tornerà suo marito e voi diventerete il suo miglior amico. Ammazzeranno il vostro miglior amico e potreste vendicarvi come ne Il mucchio selvaggio. Dai, suvvia. Queste cose accadono solamente nei film. Nella vita reale, se ti vendichi in maniera violenta, ti sbattono in galera? No, in manicomio giudiziario. Ah, roba da matti! Amate invece una storia d’amore abissale. Che è già stata minuziosamente, straordinariamente narrata in un libro coming soon.

Vi piace la copertina? E invece la locandiera? No, volevo dire la locandina. È bellissima, è magnifica. Anche io lo sono. Se siete arrabbiati e volete fottermi, su Iris stasera ridanno il film Femme Fatale di De Palma. Ma per chi mi avevate preso? Per Black Dahlia? Basta con le puttanate. Sono molto più bello di Josh Hartnett. Anche assai meno ricco, però.

Sono però più giovane di Antonio Banderas.

Io e la mia lei, oltre che fantastici, siamo entrambi poco autoerotici ma molto autoironici.

Sappiamo prenderci per il culo sino allo sfinimento.

La adoro! La venero! La sbatto anche in cover. E lei mi sbatte tutto in faccia. Sì, questo è amarsi. Trovarsi, ingelosirsi, arrabbiarsi, vivere con intensità ogni emozione.

Se non vi piace, se non ce la fate, passerete tutta la vita a farvi i film. Solo quelli.

E sapete perché? Non valete un cazzo.
di Stefano Falotico

speculareipnosicop

2 Giugno 2020 – Festa della Repubblica: quale? Quella di Don Luchese di Malavita di Luc Besson? A parte gli scherzi, buona vita a Clint Eastwood, un mio racconto letterario, che fantastica storia che è Il Falò delle vanità, ah ah!


02 Jun

eastwood the mule

Partiamo subito con una freddura:

Anyone is an enemy for a price. Chiunque è/diventa un nemico che non ha prezzo. Cioè, se lo paghi, ti fotte.

Per un Jonathan Pryce?

Lo scorso 31 Maggio, ovvero domenica scorsa, compì 90 anni il più grande regista vivente. Sì, lo è.
Un tempo, in una landa solitaria delle mie notti lugubri e insonni, il mio regista preferito fu Martin Scorsese. Questo lo sanno anche le pietre. Ma, col tempo, sapete, si guarda la vita da una prospettiva più matura. Scusate, non voglio risultare però paternalista come Al Pacino di Ogni Maledetta domenica quando, per spronare i suoi boys prima del suo discorso nello spogliatoio per donare loro la grinta necessaria per affrontare un incontro decisivo, fa mea culpa dei suoi errori del passato.

Ecco, per quanto adori Al Pacino, già ai tempi di questo film di Oliver Stone, eh già, fu assai più vecchio di me. Non mi pare giunto, nemmeno adesso, il momento di esservi retorico più di Platoon.

Ah ah.

Sì, cavolo. Perché mai Platoon fu premiato come Miglior Film agli Oscar? E La sottile linea rossa, no?

Veramente uno scandalo. Forse peggiore di quello raccontatoci dal gigantesco Roman Polanski nel suo magnifico L’ufficiale e la spia.

Che cosa voglio dire con questo? Quello che ho detto. Ma non mi pare il luogo né la sede opportuna per autocommiserarmi.

E, a dirla tutta, sono stanco dei miei deliri solipsistici fanatici dello schraderiano esistenzialismo da uomo ombroso, auto-reclusosi nella cripta in modo davvero troppo precoce.

Malgrado i miei ultimi anni siano stati orribili, ve lo posso giurare su Cristo, ammesso che costui non vada a sputtanarmi con la Maddalena, così come fece Willem Dafoe in The Last Temptation of Christ, sono ancora belloccio, veloce e portentoso. Molta gente pensa che io sia matto, che debba curare il mio cervello con dei neurolettici e vorrebbe sbattermi in ospizio o, peggio, in casa di cura, così come tentarono i parenti di Walt Kowalski in Gran Torino.

Mi spiace smentire ogni mio hater, vi mostro questa mia foto scattata oggi. Secondo voi, questo qui sarebbe un uomo che dovrebbe curarsi dalla prostata e che necessiterebbe di essere rallentato nei suoi, vivaddio, slanci vitali assai furenti e passionali? Indubbiamente, il mio sguardo è un incrocio fra quello di Malcolm McDowell di Arancia meccanica, quello di Johnny Depp di Chocolat, forse pure da freak de La fabbrica di cioccolato, da mezzo scemo alla Seann William Scott, da Sam Rockwell de Il genio della truffa di Ridley Scott o forse da Sam di Confessioni di una mente pericolosa, ma sì, dai, optiamo per quello di Richard Jewell, da Stephen Dorff di Somewhere, no, più affascinante (eh, ‘na roba…) quello di Cecil B. Demented, genio “incompreso” più di Ed Wood e Tommy Wiseau, da Joaquin Phoenix della periferia bolognese, da De Niro in erba in mezzo a felsinei che di erbette, cioè gli spinelli, vanno forte più di Popeye con gli spinaci, e…

Scusate, mi sono perso un’altra volta.

Ho da poco mandato questo mio racconto a un concorso letterario.

Secondo voi, vincerò?

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Il viaggio onirico di un uomo nero

 

Innanzitutto, non per sottovalutare Sulla strada di Jack Kerouac ma credo che sia importante, soprattutto per il sottoscritto, smentire l’erronea e distorsiva mitologia secondo cui le esistenze di noi tutti siano paragonabili a un viaggio. Metafisico e non.

Soventemente e scioccamente, per esempio, abbiamo udito interminabilmente la classica, onerosa espressione fatta e pallosa… ah, in questo viaggio che è la vita oppure quante innumerevoli, insopportabili volte abbiamo dovuto ascoltare banalità del tipo: cosa rappresentò, sino a ora, questo nostro aver sin qui viaggiato lungo tante vie delle nostre vite che, semmai, non condussero a nessuna svolta?

Ah, coi patetici, autoassolutori c’era una volta e col tedioso rimembrare la nostra vita nell’intenderla come un itinerario a tappe, come un dolce e poi duro, scosceso, lievissimo o difficoltoso peregrinarvi fra saliscendi emozionali di natura esistenziale, ah, finiremo soltanto col paralizzarci nel guardarci indietro. In maniera imbarazzante. Ancorandoci, da passatisti inguaribili, nelle elegie agiografiche delle più stupidamente consolatorie, ipocrite e fottutamente dolciastre.

Specialmente, auto-ricattandoci nell’abulico spettro delle nostre lagne inaudite, penosamente morbose, infinite, da moribondi sempre spauriti. Della loro vera vita realmente sparita.

Non osservando invece, ahinoi, ciò che sta davanti a noi, magnificamente sterminato e ancora vivamente possibile.

Vivete solo di vite oramai immaginarie. Invece, immaginate…

Cosicché, ben vi starà se, conservando quest’atteggiamento malato di ritrosia e oscena, oserei dire criminosa malinconia mortifera, cascherete in un fosso, prossimo al vostro successivo passo falso, cari fessi e cari uomini e donne prosciugati sin all’osso che, dinanzi alla realtà, perfino cinica ma oggettivamente ineludibile, della vita, ah ah, ve la faceste, fate e sempre farete sol addosso.

Ah, sono stufo, oltremodo nauseato dalla pedissequa, estenuante e ammorbante definizione, poco esistenzialista, invero, della vita intesa come un lungo, morbido, forsanche impervio cammino ove si può cascare, perdendo la rotta, franando per mai più risorgere ancora intatti e mentalmente lucidi. Mettiamo fine a queste sciocchezze, peraltro mal assortite.

Ah, mi sono proprio rotto di questa scontata scontentezza fintamente buonista, capziosamente ricattatoria e pericolosamente, insidiosamente affetta, inconsciamente, da tanta cretina retorica e melensa tristizia scevra d’ogni slancio romantico dei più suadentemente vitalistici. Deturpati di ogni savia vividezza cristallina!

Dio mio, ne provo ribrezzo.

Di mio, so che molte persone, dopo la prima botta in testa, cioè dopo aver robustamente ricevuto una tostissima batosta, crollarono irreparabilmente e letteralmente a pezzi. Sì, i loro cervelli si spaccarono e, affranti, completamente nell’animo loro infranti, nel cuore fratturati, nell’amor proprio sinceramente destrutturati, giammai riuscirono a ricomporre il puzzle delle loro vite che non sanno più adesso, neppure con la fantasia, sanamente orientarsi al fine di liberamente viaggiare anche solo all’interno d’una spensierata, magica poesia ammantata di sontuosa leggiadria selvaggia e variopinta.

Affogando invece, purtroppo, nelle malinconie più stantie, figlie del loro essere naufragati in un oceano angosciante di rimpianti abissali e, per l’appunto, stagnanti e malsani.

Impantanatisi che sono costoro nelle sabbie mobili delle loro (in)ferme mentalità piattissimamente distorte più tragicamente dedaliche di una metropoli labirintica e confusa ove le vie delle loro anime dissestate s’intersecano, incasinate, in maniera sia orizzontale che verticalmente perpendicolare. Intrecciandosi in neuroni mal accordati ai loro cuori già sinistramente sprofondati nel traffico nauseante e nel caravanserraglio mortale delle più atroci confusioni sesquipedali. Ah, abbiamo pure i pendolari annoiati e quelli che, senza spirito critico alcuno integralmente personale, pendono dalle labbra di chi non sa più ammirare neppure un viale del tramonto in modo roseo e spensierato. Sì, ripetendo invece solamente antichi proverbi più vetusti delle arrugginite rotaie delle loro binarie rotelle oramai avvitatesi ed arresesi ai detti più vecchi di mia nonna purtroppo morta molti anni addietro.

Rosso di sera, bel tempo si spera? Sì, ma domani sarà un altro giorno, sostenne Vivien Leigh/Rossella O’Hara di Via col vento. Vivien che, nella versione originale del sempiterno capolavoro sempreverde di Victor Fleming, si chiama Scarlett. Così come l’attrice protagonista di Lost in Translation.

Sì, cari uomini smarritivi soltanto nell’indecifrabile transizione, mai evoluta in qualitativa, superiormente emotiva transazione arricchente i vostri spenti cuori auto-fottutisi, smettetela di fare i piacioni come Clark Gable, bensì invitate stasera stessa la vostra donna a cena.

Con tanto di abbacinante lume di candela grandiosamente riaccesosi in quanto, in cuor vostro, siete coscienti che di lei siete meravigliosamente innamoratissimi e inevitabilmente presi.

Godetevela finché potete in modo bollente. Poiché domani, invece, potreste morire anche all’alba. In modo terrificante.

Dunque, che cosa state aspettando? Di morire dentro, elevando il patetismo a uno stile di vita più fallimentare delle vostre scelte sbagliate e giammai redentesi nell’attimo di un infinitesimo gaudio straordinariamente estasiante?

Camionisti e viaggiatori delle highway americane e delle vostre Strade perdute da David Lynch più squisitamente delirante delle vostre giammai fantasie realizzate e perennemente irrealizzabili, al massimo, sostate di notte al locale From Dusk Till Dawn, memori giustamente dell’insuperabile Santanico Pandemonium, alias la superba Salma Hayek.

Attenti, però, a non venirne imprigionati, vampirizzati che sarete dalla sua estasiante beltà melliflua e succhiante ogni goccia del vostro residuo eppur scalpitante sangue spumeggiante. Sessuale e non.

Versatele da bere il vostro virile aroma incitante ad un amore caliente. Suvvia, riscaldate tutto l’ambiente, non siate vili, non fate i villici. Se volete conquistare una donna, sia costei anche una sanguisuga, forse non potrete offrirle una villa da George Clooney ma certamente potreste prometterle una gita sulle rive del lago di Como ove George si recò spesso durante le sue italiane vacanze, sperando in un modesto, sì, ma al contempo stupendo, eterno amore come ne I promessi sposi. Capolavoro letterario intriso di vertiginoso romanticismo impareggiabile dei più deliziosi.

Cioè, per farla breve, non piangete sul latte versato e sui globuli rossi dei vostri sanguigni, già trascorsi amori spermatici asciugatisi negli imperituri, più sterili, assai aridi e controproducenti, tormentosi rimpianti da zombi viventi oramai non più cazzuti.

Non magnificate ciò che fu o non fu in un periodo più remoto del tempo immemore, cioè semplicemente dimenticato, ubicato chissà dove nella vostra mente, glacialmente rivivificato nel rammemorarlo quando esso estemporaneamente riaffiora a esaltazione, sì, soltanto penosa, dei vostri glory days oramai, da tempo immemorabile, irrecuperabili e onestamente, attualmente non più avventurosi e focosi. Dimenticate subito questi oramai terminati momenti da ipocondriaci malati terminali, per quanto siano stati e siano ancora, forse, per voi indimenticabili. Esalterete, così facendo, solamente il patetismo delle vostre bruciate gioventù andate a puttane, elevando mestamente in gloria solo le vostre vite che ardimentose non lo sono più, immolandovi al piacere effimero del friggervi nell’illusione di beatificare perfino le passate delusioni più stronze e infime, bigotte e moralisticamente auto-castigatorie.

In poche parole, non crocifiggetevi mai più da conigli invero pieni di rancori. Non piangetevi addosso, basta, per piacere, con l’autocommiserazione a celebrazione d’uno spettrale vostro miserere ossessivamente imperterrito. Non impietritevi, io non m’impietosisco. Ma che siete degli storpi auto-castratori?

Scopate ancora la vita perché, tenetelo ben a mente, non è mica finita…

Sì, lo so, siete sfiniti, stanchissimi. Affaticati come se aveste corso per mille miglia senza bere un solo sorso d’acqua pulita. Oh, ottima e buonissima. Fidatevi, la vostra bile va soltanto depurata con la rinascenza temeraria delle più vivide e adamantine.

Eh già, non siete assolutamente morti. L’acqua effervescente, soprattutto delle vostre anime ancora frizzanti, ve lo giuro, sì, io so che lo sono, non costa molto. La vendono a pochi euro al primo supermercato vicino casa vostra.

Insomma, ancora vi bevete la cazzata secondo cui la vita è un viaggio senza ritorno, di sola andata e privo di possibili inversioni di marcia?

Basta svoltare l’angolo dopo aver pagato la cassiera, acquistando un’intera confezione di acqua naturale e potrete ancora bervela tutta d’un fiato in modo speciale. L’acqua facilita la digestione delle amarezze da alienati, da uomini forse mai nati e troppo presto ammainatisi, asciugando ogni vostra vigliacca, scoraggiante ansia poco amabile. Sì, lo sanno tutti che ve la state facendo soltanto nelle mutande!

Dunque, scolatevela alla grande, di dosso scrollatevi le tossine in eccesso. Tossite, espettorate ogni groppo in gola e maggiormente scioglietevi con più foga. La vita vi sarà ancora figa!

Sganciatevi dai luoghi comuni, dai modi di dire e di fare più abusati.

La vita non è un viaggio, la vita è la vita. L’acqua è la linfa primaria della vita. Infatti, se scarseggia si muore disidratati. Non vorrete mica morire pure di fame chimica? Oppure, peggio ancora, dar di panza di scoregge da merdosi poiché non sapete più amare un fresco mattino con la rugiada più letiziosa?

Divorandovi, per colpa dell’appetito nervoso, anche il vostro spappolato fegato arrugginito? Ah, siete odiosi.

Che siete, per caso, dei cannibali? Degli psichiatri antropofagi delle vostre follie da Hannibal Lecter assassini delle vostre vite da voi stessi mangiate vive in modo troppo precoce?

Siate ruggenti, risplendete lucenti!

La vita non è un viaggio che vive solamente di afflizioni atte a rifuggire, vilmente, un grigio vostro presente irrisolto.

La vita è come il grande Cinema, vale a dire un sogno stupefacente.

Sì, dovete risorgere!

Potrà finire male e potrà addirittura, prima dei titoli di coda, comparire la scritta The End dopo un pre-finale in cui moriste ammazzati.

Sì, ma stiamo parlando oramai della fine. Che vi frega come e quando morirete?

Se vinceranno i buoni oppure se perderanno i cattivi? Che, semmai, altri non sono che voi stessi? Tempo per essere buoni ne avete e avrete ancora. Datemi retta. La retta via non è del tutto perduta. Al massimo, può essere un po’ mal asfaltata per colpa d’un sindaco che non cura molto l’urbanistica.

Dunque, state calmissimi. Calmatevi, smettetela di guardare alla vostra vita da passivi spettatori arresisi alla scemenza e al fintissimo buonismo.

Siate, eccome, nuovamente grintosi, perciò affamati! Calorosi!

Avete finito di farvi i film migliori? Dunque peggiori poiché utopistici da insanabili, incurabili, stolti sognatori patologici?

Non affossatevi! Ora, uscite dal cinema, afferrate con le mani il volante della vostra macchina e in alto ancora volate. Attenti solo a questo: se accelererete troppo durante il viaggio, eh sì, potreste sbandare, schiantarvi oppure essere multati per eccesso di velocità.

Potranno ritirarvi la patente o potrete subire una fortissima, salata contravvenzione. Sono troppo pessimista, cinicamente realista e perfino moralista? Sono sol un uomo nero, dunque trasparentemente bianchissimo. Poiché so che la vita è come un’autostrada con molte carreggiate e piste. Sì, potreste entrare in un tunnel senz’apparente via d’uscita.

Auto-giustificandovi delle erronee vie che, durante il vostro irredimibile percorso, inseguiste e volenterosamente perseguiste, finendo ai piedi d’un bosco nerissimo.

Ma, in tal caso, dovete essere davvero sfortunati…

Personalmente, non mi successe mai di avere pienamente successo. Nemmeno, comunque, di entrare in galleria e rimanervi intrappolato a vita. Sebbene, al cinema, mi divertii molto, guardando Daylight con Sylvester Stallone.

Si sa, sono Over the Top.

E sarà dura farcela.

Basta anche con Amarcord di Federico Fellini e con La dolce vita da illusionisti solo dei ricordi di voi stessi, quindi da disillusi, oramai arenatisi, essiccati cuori delusi.

 

Comunque, non è vero. Non sono un uomo nero, sono noir ma mi sta benissimo anche il bianco.92245643_10216693908402968_4643096870904659968_o

 

di Stefano Falotico

I novant’anni di Clint Eastwood, indubbiamente, senz’ombra di dubbio alcuno/a, il più grande regista vivente, peraltro di tutti i tempi


28 May

eastwood falotico ghiaccio

Clint+Eastwood+20th+Annual+AFI+Awards+Awards+06_BA8uDhJul

Ebbene, partiamo subito con una freddura in puro stile eastwoodiano. O forse alla Falotico.

Se siete fra coloro che adorano i francesismi, leccando un cioccolatino della Perugina oppure qualcos’altro, mie donne, famose succhiatrici di qualcosa di tosto in modo mieloso, forse anche caramelloso, diciamo che partirei subito in mood battutista à la Falò. Uomo amabile ma anche permaloso, spesso odioso. Onestamente, bravissimo in maniera mostruosa.

Ecco, la battuta storica e assai stoica, forse solamente stronza, è questa: il mio ex amico migliore credette e crede tuttora fermamente, in quanto forse malato di resipiscenza, cioè d’una sindrome per cui chi n’è affetto, eh sì, non rivede mai i propri errori “giudiziari” nei confronti del prossimo ma soprattutto di sé stesso, persona con tutta probabilità assai anaffettiva, certamente affettata e parecchio affrettata, ecco… il mio amico, forse (a)nemico, ritiene che io abbia sofferto, soffra e sempre incurabilmente soffrirò di questa patologia:

http://www.psychiatryonline.it/node/1197

Al che, appena alzo la voce e do in escandescenza, mi scrive privatamente di assumere la corretta terapia psicofarmacologica al fine che, attraverso qualche castrante neurolettico molto tranquillante, mi taccia e venga… (per niente, ah ah) inibito a livello prettamente, oserei dire coattamente, fisicamente e sessualmente contenitivo. Mah, lasciatemi borbottare…, diciamo che il mio amico è ripetitivo, prevedibile nei suoi consigli altamente offensivi la mia innata signorilità distinta e, d’istinto, come un cane arrabbiato che andrebbe invece immantinente fermato e, nei suoi slanci insultanti, prestamente raffrenato e raffreddato, mi grida addosso e sbraita peggio di un lupo affamato la sua invidia da persona gelosa a sangue del sottoscritto che, a livello propriamente contenutistico, al momento, non ha un cazzo da dire e da obiettare in merito alle mie incazzature da romantico neorealista parimenti lucido e obiettivo come uno dei Clint Eastwood maggiormente d’annata, ovvero Walt Kowalski di Gran Torino.

Ebbene, fra 72 ore, Fino a prova contraria, Eastwood compirà novanta primavere. Mentre, dal prossimo 21 Giugno, sarà estate. Così come avviene dalla nascita del calendario cristiano, non so se adottato anche dagli uomini celtici di Stonehenge. Oppure dagli stolti che non sanno che, anche negli anni bisestili, Clint Eastwood uscì con un film all’anno.

Bene, dopo questa squisita, oserei dire presa in quel posto, detto anche ano, soave e delicata, perfino deliziosa nei riguardi del mio hater, il quale in cuor suo è in verità mio spregevole amante, in culo mio sicuramente no, ah ah, in verità impersonante Cacciatore bianco, cuore nero della sua ossessione hustoniana nei miei riguardi, direi di celebrare il “Monco”.

Cioè me stesso? In quanto, dal mio hater, io vengo definito un uomo con solo due espressioni?!

Cioè, parafrasando Sergio Leone nei confronti del suo Eastwood attore, una col sigaro del mio psichiatra e una col Poncho del mio non sapermi vestire come si confà a un uomo del nuovo millennio?

Mah, al mio hater, appena prova ad offendermi, rispondo puntualmente:

Al cuoreRamòn, al cuore altrimenti non riuscirai a fermarmi!

Sì, se avessi dato retta alle maldicenze del mio pusillanime ex amico infame, sarei ora in una casa di cura e non potrei vantarmi di avere avuto certamente meno donne di Eastwood ma, comunque, almeno qualcuna:

https://www.whosdatedwho.com/dating/clint-eastwood

Ecco, secondo questo sito, Eastwood ha avuto trentatré donne. Io, prima di compiere gli anni di Cristo, stetti per non usare mai la mia Magnum da Ispettore Callaghan, cazzo, con nessuna…

Eh sì, il mio amico fu più geloso di Jeff Daniels di Debito di sangue.

Mah, secondo me se io e lui ci riconciliassimo, eh già, saremmo ancora più Scemo & più scemo (Dumb and Dumber).

La mia vita fu come quella di Dumbo, diciamo più che altro da The Elephant Man, la sua fu forse solo sofferente di elefantiasi. Cioè, senza una stampella, non gliela può fare da solo, manco adesso.

Monchissimo! Moscissimo!

Per caso, soffre di artrite, è arteriosclerotico oppure è ridotto a uno stato psicofisico di semi-coma neurovegetativo, peggiore di me stesso, il Falotico, dopo che mi fu effettuata una diagnosi psichiatrica che non starebbe in piedi neanche come Gian Maria Volonté/Indio, in Per qualche dollaro in più, dopo che il Colonnello Mortimer gli sparò con prontezza di riflessi e freddezza, per l’appunto, devastante?

Poiché, guardate, non sono affatto suonato malgrado, ve lo garantisco/a, non sia effettivamente idilliaco subire una sedazione per colpa di giochetti bullisti similmente associabili allo stupro commesso alla sorella di Thao…

– Che vorresti dire?

– Quello che ho detto…

È veramente orribile essere deprivati dei propri anni migliori, sfiancati nella propria virilità come il De Niro di Flawless che volle soltanto amoreggiare con Wanda De Jesus e invece gli diedero del cuore di cane, anzi di donna Graciella Rivers… Trovandosi, perciò, a battagliare per la propria dignità come Hilary Swank in Million Dollar Baby. No, non è Un mondo perfetto. E forse alcuni dolori nel basso ventre puoi curarli, semplicemente smettendo di assumere farmaci inutili, ma non puoi rialzarti se finisci come Eluana Englaro. E che fai? Chiami Al Pacino di You Don’t Know Jack o preferisci un’eutanasia dolcissima da Frankie Dunn? Esiste anche la terza possibilità. Non gettare la spugna, fottersene e indagare alle origini di ogni ipocrisia da Mezzanotte nel giardino del bene e del male. Se non gliela farete a smascherare figli di puttana bastardi quasi quanto Gene Hackman di Potere assoluto, no, non vendicatevi del vostro “porco” Little Bill Daggett. Parliamo della vita reale. Ad Anna Thomson/Delilah Fitzgerald rimarrà sempre l’indelebile cicatrice da sfregiata in modo poco pulito, (im)punito. Ma io non sono cieco come Pacino di Scent of a Woman. Al Pacino, esattamente colui che sconfisse Eastwood come Best Actor nell’anno di Unforgiven.  Sì, esistono eccome le protesi per un’anima mozzata o soltanto smorzata e demoralizzata, assolutamente non demolita. Non date retta alla retorica di Martin Brest. Mi pare inoltre che siamo tutti oramai cresciuti per farne una tragedia come in Richard Jewell. Comunque, che film capolavoro! Se qualche terrorista attenterà alla vostra vita come in Ore 15:17 – Attacco al treno, dimostrategli che la patente di senza palle gliela ficcate ove dico io. Sì, come Eastwood, sono The Mule. Mi assunsi e ancora assumo ogni responsabilità della mia trascorsa ingenuità. Fui talmente puro che fui scambiato addirittura per uno stronzo socialmente troppo duro, dunque da “internare” e intenerire con le assurde teorie eugenetiche della mentalità poco umana da scienziati dei miei coglioni dal DNA umano veramente merdoso. I cattivi, invece, dovrebbero essere assunti in drogheria come Sean Penn di Mystic River. Poiché, a mio avviso, non sono traumatizzati come Tim Robbins. Non sono neanche tanto svegli ma soltanto drogati. Se non v’è piaciuta la “sparata”, riguardate Il texano dagli occhi di ghiaccio e comprate il libro ficcatovi sopra.

Ah, per la cronaca, non quella nera, io sono uguale sempre più a Sam Rockwell.

 

di Stefano Falotico

Le super bombe del Falò: Clint Eastwood è superiore a Scorsese e forse Sam Rockwell è più grande di De Niro


21 Jan

richard jewell

mr wolf

rockwell stanno tutti benebelushi blues brothers

 

Sì, da giorni son assillato da forti dubbi.

Sto prendendo sempre più coscienza che Richard Jewell sia un filmone e rividi The Irishman quasi integralmente.

Con mio immane rammarico, afflitto e costernato dalla verità più crocifiggente ogni mia adorazione verso Scorsese, come Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo, debbo però piangere dinanzi al vero più atroce, dunque al cinematografico verbo.

Richard Jewell è, di fronte al film di Scorsese, mille volte più straziante di Gesù che peccò, anche solo con la fantasia, con Maddalena.

Comunque, complimenti a Willem Dafoe. Se io avessi avuto qualche dubbio riguardo la mia castità, dirimpetto a Barbara Hershey mi sarei santificato totalmente.

Ce la vogliamo dire? Basti vedere Lantana per capire che una così è da manicomio. No, non perché fosse bella, esattamente perché, oltre a non essere bella, non è neppure affascinante.

Trombatevi e sposatevi una così e prevedo per voi serate a Teatro. La vostra lei vi porterà a vedere tutti gli spettacoli tratti da Molière. Sai che palle. Se foste dapprima malati immaginari, ora siete castrati.

Aveva ragione Totò di San Giovanni decollato. Abbasso la “mugliera”. Ah ah.

Richard Jewell è un grande film mentre The Irishman, non sapete quanto mi spiaccia dirlo e ammetterlo col senno di poi, non è un granché.

Dopo averlo visto al Festival di Roma, lo definii capolavoro. Invero, siamo lontani anni luce dal capolavoro. E, per quanto io stesso contestai Francesco Alò per averlo stroncato in maniera troppo dura, mi trovo ora nell’onesta ma necessaria situazione etica e anche ermeneutica, estetica e dunque esegetica, perciò esigente, più severa della moral guidance di Eastwood, di dare ad Alò ragione.

Richard Jewell è il film realizzato da un quasi novantenne enormemente più lucido di Scorsese. Il quale, a mio avviso, firmò l’ultimo suo vero capolavoro, ahinoi, nel lontanissimo 1995. Con Casinò.

Da allora in poi, a prescindere da Al di là della vita e al di là delle magniloquenti scenografie, della fotografia suadente di Robert Richardson e delle luci avvolgenti di Rodrigo Prieto, presentò impresentabile robetta, diciamocela, sinceramente senescente.

Un obitorio putrescente dello Scorsese che fu, oramai ischeletritosi nell’elegia glorificante il suo passato ben più grintoso e glorioso.

Perlomeno, lo Scorsese di adesso non è roba paragonabile al potente, visionario, cinetico, furente Scorsese che fu allora. Quando veramente fu arrabbiato e, come insegnò Pasolini, dalla rabbia canalizzata nell’arte, eh sì, si partoriscono le opere più sentite e commoventi, sincere e sprigionanti tutta la vita nella sua essenza più veritiera, dunque più rock come un album dei Clash. Opere devastanti e diaboliche illuminate dalla prodigiosa furia di un Mick Jagger della macchina da presa.

I film con DiCaprio, inoltre, sono i più brutti della sua filmografia, un riciclaggio di sceneggiature viste assai meglio, da Scorsese messe in scena con una pedanteria, una sciatteria immaginativa, una stanchezza visiva da far paura più dell’omicidio mostruoso commesso da Michelle Williams in Shutter Island.

The Departed? Uno sfoggio di gigioni capeggiati, anzi, capitanati dal solito cazzone Alec Baldwin, con un Jack Nicholson tronfio e oleoso, anche lui già bollito più d’una Vera Farmiga che vorrebbe fare la figa e invece le è più eccitante un frigorifero.

Con un Matt Damon imbambolato più d’un Leo DiCaprio semi-palestrato e anche mezzo sciancato, un Leo che interpreta la parte di un poliziotto nel cervello sciroccato ma risulta soltanto uno scarso imitatore del De Niro che fu. Quest’ultimo oggi imbolsito e annacquato.

Gangs of New York è un film ove non vedi l’ora che un Day-Lewis eccessivamente sopra le righe dica almeno una stronzata che possa destarti dal sonno.

Quando lo guardai per la prima volta, mi augurai che il Butcher gridasse a Cameron Diaz che è una zoccola.

Tale è, difatti, non solo nel film succitato. Meglio che si sia ritirata questa cubana che sembra Nonna Papera.

The Aviator è, oh mio dio, uno spot di Chanel con Cate Blanchett che assomiglia a Katharine Hepburn quanto io assomiglio a Rocco Siffredi.

Con un Leo storpio, pure nella recitazione incerta, che vorrebbe essere l’incarnazione, appunto, d’un povero cristo ricchissimo come Howard Hughes e carismatico come Orson Welles ma, al massimo, vagamente è simile a Raz Degan de L’isola dei famosi. E Jude Law che fa Errol Flynn, cazzo, sembra Paola Barale dei tempi d’oro. Cioè quando era una bagascia e basta. Adesso, vuole fare pure l’opinionista su Twitter.

Sì, un film di gente che fa la piaciona per agguantare Oscar plastificati, film di battute telefonate scandite da uomini e donne raccomandati più di Danny Huston.

Io vidi Danny Huston dal vivo alla prima di Birth.

Confermo qui le impressioni che mi trasmise. Altro che Riccardo Cuore di Leone di Robin Hood, è solamente un puttaniere.

Io lo sottoporrei subito alla commissione d’inchiesta indetta da Jack Huston nei confronti di Hoffa/Pacino in The Irishman.

– Signor Danny, è vero che la sua ex, Virginia Madsen, quand’eravate sposati, era più malafemmina di Jennifer Tilly di Getaway?

– Sì, suo fratello Michael se la fece sotto i miei occhi.

– E lei non disse niente?

– Sono cazzi che non mi riguardano. Solo quel demente di Tarantino può ancora resuscitare Michael, ficcandolo nei cammei dei suoi film. A quei tempi, comunque, mia moglie Virginia mi diede un sano motivo per chiederle il divorzio.

Ha visto, giudice, come s’è ridotta? Girò pure Sideways, film per borghesi annoiati col Prosecco in mano.

Ah, Cristo santissimo, sono lontani i tempi in cui, in The Hot Spot, riuscì a mettere dei dubbi pure a Don Johnson. Sì, Don fu infatti indeciso se farsi lei o Jennifer Connelly. Forse, comunque, nel film se le fece entrambe.

Sarebbe come dire… anzi, chiedere al pornoattore mezzo stupratore Ricky Johnson se non si farebbe Kendra Lust in Booty Movie 6.

Tralasciamo The Wolf of Wall Street. Sembra Porky’s con Margot Robbie dagli occhi verdi al posto di Kim Cattrall e con un Leo davvero distante dal magnetismo di Kurt Russell di Grosso guaio a Chinatown.

Sì, Leo in questo film sembra più rincoglionito di David Lo Pan.

E ne vogliamo parlare di Andrew Garfield di Silence? Come fa ad avere i capelli sempre messi in piega alla Jean Louis David, stando giorno e notte sotto la pioggia e immerso nel fango? Roba che i libri di Niccolò Ammaniti sono un romanzo Harmony.

Mah, non è che Adam Driver gli fece da sciampista fra un delirio contro Scarlett Johansson di Storia di un matrimonio e le sue crociate in BlacKkKlansman?

Film nel quale, fra l’altro, John David Washington è meno cotonato di suo padre in Malcolm X.

Ecco, Spike Lee. Un altro che, al di là dei proclami e delle invettive antirazziste, non seppe mai rinnovarsi.

Caro Spike, un tempo spaccavi, adesso è arrivata per te La 25ª ora.

Come per Scorsese.

Un Cinema vecchio di vecchi. Ove il doppiaggio d’un Gullotta macchiettistico e d’un Giannini che pare un orco, eh no, non aiuta.

Con un De Niro che sembra mia nonna Rita ed è meno espressivo del suo detective Turk di Sfida senza regole. Sì, è scandaloso dirlo ma bisogna ribadirlo. Clint Eastwood è il più grande regista del mondo.

I suoi film posseggono un’umanità, una romantica forza che il Cinema oramai arido e auto-citazionistico d Scorsese, eh già, si sogna. È arrivata l’ora, appunto, di ammodernarsi. Evviva allora il Cinema folle di Todd Phillips, evviva il Cinema di Clint, un uomo che a novant’anni, in mezzo al porcume che impazza, in mezzo a un mandingo con la nuova pornostar patinata della vostra minchia fighetta, sa ancora farci capire che la vita per cui tanti si stanno, sbagliando tutto, pateticamente prodigando, comprando visualizzazioni, sputtanandosi bellamente per due mi piace in più, non è questo porcile di massa.

Arriva Clint e pare urlare a ogni Olivia Wilde e a ogni bellimbusto come Jon Hamm:

– Ora, avete rotto il cazzo! Voi e i vostri finti gossip su Brad Pitt che bacia Jennifer Aniston.

Ma non avete niente di meglio che fare i morbosi sugli altri morosi?

Basta!

 

Un paio d giorni fa, vi dissi che mi sverginai nel 2003. Ebbe ragione purtroppo quella cazzo di ragazza. Mi disse:

– Solitamente, avviene il contrario. Ti sei intristito incurabilmente dopo il sesso. Che cazzo sta succedendo?

 

E purtroppo aveva ragione un mio ex amico a paragonarmi a Starman.

Credo che sia davvero finita, mi pare che la farsa sia durata abbastanza. Se è una tragedia, finiamola coi buonismi. Diciamo la verità. No, è stato appurato che non sono pazzo. Ma obiettivamente non sono neanche adatto al mondo.

Ciò che stimola i vostri impulsi vitali e piace a voi, a me mette tristezza.

Ed è per questo che Joker è un capolavoro.

È pieno di scene d’antologia.

I bulli lo attaccano e lui li ammazza. Poi va in bagno e sembra Natalie Portman de Il cigno nero, divenendo più cattivo di Vincent Cassel di Dobermann.

Basta, davvero. Non ne possiamo più di questi ciociari, di questi caciaroni e ciccini da Cinema di Muccino con le loro biondine e le loro treccioline, con le canzonette stupidine di Eddie Vedder, con questi piagnistei ripropostici di quello schizofrenico di Kurt Cobain, con la vostra retorica cattolica, coi vostri moralismi, con la vostra bigiotteria e coi vostri bigottismi. Coi vostri bigodini e i vostri pompini!

Ha ragione Terry Gilliam. Gli ultimi trenta minuti di The Irishman fanno pena.

Con questo De Niro, appena uscito da Stanno tutti di bene di Kirk Jones, che si discolpa davanti alla figlia manco se si trovasse a C’è posta per te della De Filippi.

Con un prete fake a cui preferirò sempre il parroco di Gran Torino.

Una scena micidiale, bellissima, struggente.

Il prete cerca di fermare Walt Kowalski:

– Che hai intenzione di fare, Walt?

 

Walt/Clint sta zitto.

Insomma, Scorsese può presentare negli ultimi trent’anni assai poco di notevole. Clint invece può sfoderare Gli spietatiUn mondo perfettoMystic RiverMillion Dollar Baby e chi più ne ha più ne metta. Ha ragione anche una mia amica. C’è più umanità in un film di Eastwood che nelle sillogi poetiche di Orazio. Così come c’è più vita vera non nelle Mean Streets, bensì nella vita reale. Ove la gente si ammazza e uccide al prossimo Tapiro d’oro, ove siamo veramente stufi di Striscia la notizia, delle Iene, di Checco Zalone, di Ficarra e Picone, di Christian De Sica e de La mia banda suona il pop. Di quella cretina di Paola Cortellesi col suo rossetto da paracula e di quel romanaccio di Valerio Mastandrea.

Basta con gli affossati, evviva Ivano Fossati e vaffanculo, come dice Travis Bickle di Taxi Driver, alle idiozie della tv e al suo ecumenismo da quattro soldi.

Evviva il Principe Aguilera di Too Old to Die Young. Tu sei cattivo? Non sai quanto lo sono io. Come dice Bob De Niro in Cape Fear, ché non scherzava affatto, ti faceva male così? Ti faceva male così?

E Illeana Douglas, distrutta, piange e sussurra: – Ce la siamo andata a cercare.

 

L’Italia è un Paese di malati di mente ove quasi tutti, tranne me, vanno con le prostitute e poi, se uno scrive che Tiziana Panella è una grande passera, quale è, ti arrivano commenti così. E all’ottavo giorno Dio creò il Diavolo! E ha mantenuto la promessa. Ma ne manca uno… Piaciuto il giochino, cocchino? Insomma, ha ragione pure Vittorino Andreoli. Io, in Italia, non vedo né bel Cinema né bella gente, vedo solo persone vanitose che si credono fighe e invece sono sole come dei cani. Soprattutto nel cervello e nelle loro anime. E ora stanno aspettando un’altra mazzata devastante!

La più feroce, la più distruttiva, la più mostruosa!

Soprattutto la più giusta.

A un certo punto uno guardò Satana e disse a suo padre:

– Mi spiace, è finita.

– Ma figurati! Incontrerà una bella ragazza e le cose si metteranno a posto.

– Non credo. Una volta che capirà la sua forza, non accetterà una vita con un lavoretto e le battutine, il divanetto e i bacetti.

E anche la nostra vita, mi sa, che è finita.

 

Secondo Bob De Niro, il suo film più bello degli ultimi quindici anni è Stanno tutti bene.

Ah, per forza.

Come detto, in The Irishman recita peggio di un ebete con cento gocce di Valium.

E ho detto tutto.

Basta anche con De Niro. Evviva Sam Rockwell ed evviva soprattutto il più grande genio del Cinema di tutti i tempi, cioè John Belushi.

Uno che capì subito che la vita è una stronzata e sono tutti ipocriti.

Tanto vale prenderli tutti per il culo con una faccia di merda.

– Cosa vuoi tu? Il mio uccello? Sì, vai prima a preparare le polpette. Vedi di rosolarle bene, sennò ti piglierai solo due ceffoni, storpia.

Ah, domani, vai a dare lezioni di vita a delle palindrome che si fanno chiamare Cenerentola.

Ma per piacere!

 

di Stefano Falotico

Sam Rockwell praticamente è uguale a me, è inquietante la faccenda, pure la sua donna


21 Jan

Sam+Rockwell+26th+Annual+Screen+Actors+Guild+OElHCoVpb4Vl

Sì, già vi parlai di Alessandro in provincia di Padova? Di Monselice, per l’esattezza, vicino Este.

Anni fa, su filmtv.it, si fece chiamare lucaskiesling. Chiaro omaggio al personaggio protagonista di Femme Publique del suo regista preferito, ovvero Andrzej Zulawski.

In verità, sbagliò la dicitura del nome del personaggio interpretato dall’attore Francis Huster. Il nome e cognome corretti sono Lucas Keesling.

Ebbene, anni fa, mi ospitò molte volte a casa sua. Obbligandomi, piacevolmente, a sedermi sul divano e a vedere con lui tutti i film di Zulawski. Anzi, a rivederli quasi tutti poiché molti di essi già vidi.

Al che, dopo queste sue personali retrospettive in cui, di punto in bianco e anche in piena notte, svegliando suo fratello e i suoi genitori, urlò in preda all’estasi del magnificare Zulawski, io gli chiesi discretamente:

– A me sta venendo un forte dubbio. Non è che tu, con la scusante di essere un cinefilo amante del Cinema di nicchia, invece ti esalti per le forme assai procaci, più che di nicchia, ecco, di minchia per lo sticchio, indubbiamente provocanti delle ex di Zulawski? Ovvero Sophie Marceau e Valérie Kaprisky?

 

Lui, colpito nell’orgoglio, mentendo dinanzi alla sua chiarissima virilità, ipocritamente replicò così:

– Certo, sono due grandi fighe ma il Cinema è il Cinema, l’arte viene prima.

 

E io:

– Non è che viene prima qualcos’altro?

 

A questa mia risposta giusta, sanamente scherzosa, lui mi guardò e mi disse:

– Sai a chi assomigli, Stefano? A Sam Rockwell.

 

Alessandro fu infatuato di me all’epoca. A livello amicale e platonico. Tant’è che, con l’altro suo profilo, chiamato SONATINE, mi leccò il culo in maniera clamorosa.

Ora, Sam Rockwell è un grande. Avete visto la reazione della sua compagna, la modella Leslie Bibb, agli Screen Actors Guild Awards? Ecco, mi pare che si sia troppo scalmanata la signora Bibb dinanzi all’annuncio della vittoria di Sam. Sam, con enorme aplomb, in questo momento imbarazzante, pensò: senti, troia, non farmi fare figure di merda. Finiscila subito. Ci manca solo che tu mi faccia un pompino in diretta e mi rovini la carriera.

Di mio, cerco di evitare le donne il più possibile. Se vinci l’Oscar e stanno con te, sono felici. Sì, perché così avranno altri tre yacht. Insomma, non sono tutte mignotte, però sono come Sophie Marceau e la Kaprisky. Cioè, non sono puttane affatto. Come direbbe Celentano, sono molto di più. Ah ah.

Fidatevi, gli amici sono meglio. Cazzeggiano e basta. Non voglio sentire altri cazzi in merito. Neanche in tuo marito. Ah ah.

sam rockwell lesli bibb bikini

di Stefano Falotico

Ma che bel film che è Richard Jewell, praticamente la storia della mia vita: per fortuna non sono diventato Jon Hamm e Olivia Wilde


16 Jan

sam rockwell richard jewellEbbene, ieri pomeriggio mi recai allo Space Cinema di Bologna, multisala che non è male, al primo spettacolo pomeridiano, ovvero alle 16.45, inclusi i venticinque minuti di pubblicità.

Arrivando io con un po’ d’anticipo, oltre a fare il biglietto, adocchiai la bigliettaia ma capii che era troppo brutta per farmela e deglutii l’amarezza, ordinando un caffè. Zuccherandolo mestamente con cucchiaiate oserei dire crepuscolari come il Cinema meglio miscelato di Clint Eastwood.

Un uomo che invecchia come il buon vino. Insomma, ora ha quasi novant’anni, è un vino molto stagionato però giammai scaduto.

Sì, Clint non è un uomo normale. Trovatemi un altro uomo capace alla sua età di possedere ancora una così forte, compattissima lucidità, in grado di dirigere un robustissimo film di due ore e un quarto circa, coordinando magistralmente una scena di massa con tanto di Macarena.

Prima di gustarmi il film in totale souplesse, in gradevolissima solitudine con tanto di gamba accavallata, sedendomi su un posto non assegnatomi tanto in sala v’era quasi nessuno, dovetti però sorbirmi i promo pubblicitari, detti più comunemente trailer, della nuova elegia dolceamara di Gabriele Muccino, Gli anni più belli.

Sì, con un Kim Rossi Stuart incartapecorito e non più bello come una volta e una Micaela Ramazzotti che, a forza di leccarlo a Paolo Virzì, è ora prosciugata, cioè pelle e ossa. Con un Favino diverso anni luce dal suo Bettino Craxi, forse pure con un sospetto parrucchino e liftato più di Al Pacino.

Gabriele Muccino, uno a cui non offrirei da bere neanche un cappuccino poiché idiota totemico di quel tipo di cinematografia ruffiana, melensa e precocemente nostalgica da Cinema formato pasticcino.

Sì, i pasticcini sono buoni, grondando di cremosa delizia da trangugiare e mandare giù come un buon tiramisù.

Ma risultano poi stomachevoli.

I pasticcini, dunque anche Gabriele Muccino, sono come Olivia Wilde. La vedi e vorresti subito impiastricciarla di panna montata per un amore al profiterole.

Quindi, capisci che è una zoccola ammuffita e dà il voltastomaco.

Sì, la Wilde è tutto ciò che non fu Shelley Duvall, donna invece timida e pudica, povera moglie di Jack Torrance/Nicholson di Shining e Olivia, appunto, del Popeye di Robert Altman.

Sì, un uomo vede la Wilde e non gli pompano i bicipiti come Braccio di Ferro, bensì (gli) diventa duro come Jon Hamm. Ah, un omone con molti ormoni questo Hamm. Uomo che, assieme a Hugh Jackman, le donne accoglierebbero dentro le loro coscione come un vero bambagione. Un uomo lupo, un mutante da strappa mutande.

Sì, nel film di Eastwood, la Wilde lo seduce al bar. Lui vi casca come un coglione, forse con entrambi i coglioni. E, pur di darle lo scoop, si sputtana e la scopa da lurido marpione, insomma, un bellissimo puttanone. Altro che investigatore dell’FBI. Hamm vuole solamente vedervi lì chiaro, in maniera profonda.

Sì, una ragazza riesce a trombarsi Hamm. Lui però è uno stronzo e lei, al mattino dopo, canta già Albachiara.

 

La Wilde se la tira presso la redazione del suo giornale come l’Alba Parietti nazionale, esibendosi in sorrisi autocompiaciuti più fieramente sfrontati di Brandi Love, l’attrice porno più rifatta della storia, dunque dandola a vedere senz’alcuna vergogna per l’applauso scrosciante di tutti i colleghi suoi maschi che pendono dalle sue gonfiate labbra soprattutto quando cammina su tacchi a spillo molto alti e cavalcata arrapante assai scosciante.

Olivia è un po’ come Luisa Ranieri. Luisa è bella ma non apprenderebbe l’italiano nemmeno se imparasse a memoria tutto lo Zingaretti…

Olivia, invece, ha un vocabolario d’attrice che va dalla chirurgia facciale mono-espressiva alla mastoplastica della sua recitazione come il culo.

Olivia Wilde è una che, infatti, se lo fece fare pur di arrivare… Mica come la grande Kathy Bates, una che invece se lo fece e basta.

Donna grassoccia, la Bates. La quale, a forza di passare le nottate in bianco, prese sempre più chili poiché, insonne e bulimica, svuotò tutto il frigorifero. Soprattutto della sua voglia di qualcosa di buono…

Legò al letto, in Misery non deve morire, pure James Caan, famoso ex puttaniere e abituale frequentatore della manson di Hugh Hefner. Sì, un playboy davvero Rollerball.

Kathy si spogliò dinanzi a James. James, divenuto paraplegico a causa dell’incidente in macchina, non riuscì a muovere un solo muscolo, figurarsi se avesse potuto muovere quello per Il gioco di Gerald.

Oddio, se sopra di lui si fosse trovato Carla Gugino, pur con molti sforzi, credo che si sarebbero eccitati i suoi cuginetti.

Ma con Kathy non poté fargliela manco ficcandole sul viso un cuscinetto.

Comunque, la Bates vinse l’Oscar nello stesso anno in cui anche Al Pacino lo vinse. Per Scent of a Woman. Ah ah, ho detto tutto. Poi, la Bates si sparò… il viaggio… con Jack Nicholson di A proposito di Schmidt. E ho detto tutto un’altra volta. Ah ah.

Comunque, meglio il lupo che perse il pelo ma non il vizio, appunto Jack Torrance, piuttosto che Dermot Mulroney.

In Nonno scatenato non è manco tonto, si fa inculare sia dal figlio che dal padre.

Kathy, comunque, se ne sbatte. E sa di essere una Mia Martini a cui nessun George Clooney offrirà la sua Olivia, no, olivine. Al massimo, Kathy è donna che, prima di andare a letto, si fa un altro quartino di vino.

Richard Jewell invece non vuole né la botte piena né la moglie ubriaca. Allora, fottendosene pure del complesso di Edipo, fa l’addetto alla sicurezza.

Sì, mentre gli altri si sbronzano e ballano, si baciano e sbattono, lui deve stare attento che nessuna coppia scoppi, no, nessuno faccia esplodere una cazzo di bomba sexy? No, bomba e basta.

Ah, torniamo a Olivia. Sì, uomini, chiamate gli artificieri appena vedete Olivia. Dovete disinnescare subito l’ordigno della vostra eiaculatio praecox da imbarazzanti fuochi pirotecnici. Ah ah.

Di mio, sono come Sam Rockwell. Sì, v’assomiglio non solo fisicamente. Olivia Wilde entra di soppiatto nella mia macchina e posa il suo sedere stupendo sul posteriore.

Io la mando a fare in culo, subito. Ma che volete farmi? Fui per anni Nicolas Cage di Matchstick Men.

Sì, che può venire con una così? Guardate, ragazzi, fidatevi. Preferisco che mi seghiate piuttosto che pigliare lo scolo da questa malafemmina.

Sì, anni fa subii una diagnosi psichiatrica. Dissi al perito che soffrii di disturbo ossessivo-compulsivo misto a depressione bipolare.

E che, a causa del mio disturbo da Jack Nicholson, però di Qualcosa è cambiato, molti bastardi attentarono alla mia vita.

Fui indagato e sottoposto a un processo sommario, anzi, da somari della minchia.

Sono sfregiato come Anna Levine de Gli spietati.

Ma rimango sempre William Munny e Walt Kowalski.

Quindi, ciccino, andate a dirlo a quella bagascia di vostra madre, cioè Olivia Wilde.

Ho vinto io…

Ah, dite pure all’Indio, che sono anche Lee Van Cleef di Per qualche dollaro in più.

– Colonnello, prova con questa…

 

Indio, non è che adesso te la fai sotto?

Eh già, mi sa che sono più bravo di te.

L’hai sempre saputo.

Oh, non farti una sciolta.

Non voglio un finale per te piagnucoloso come un film di Muccino.

 

di Stefano Falotico

CLINT EASTWOOD, alla soglia di novant’anni, con RICHARD JEWELL, dimostra che il Monco è The Man with no Name, miei monchi e mongoli


23 Nov

Clint+Eastwood+AFI+FEST+2019+Presented+Audi+RX6S-VObpm-l

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale: quindi, non potete farmi causa. Sennò, oltre ai danni per calunnia, vi posso chiedere il risarcimento e anche tutte le annesse causali con estremo senno e senza nessun segno

Di pace? No, sui vostri volti. Morirei soltanto sfiorandovi. Schifato, creperei scannato.

Ora, chiariamoci, moscerini, moncherini e minchioni vari.

Se è vero che, come disse un mio amico tanti anni fa, io assomigli a Sam Rockwell, è altresì inconfutabile che in passato io sia stato Nic Cage de Il genio della truffa.

Ovvero, una persona affetta da manie igieniche e da rituali ossessivo-compulsivi, da me avuti a causa della mia profonda inquietudine esistenziale da Stress da vampiro.

Così com’è altrettanto effettivo che mia madre sia fisicamente simile a Kathy Bates.

Invece, tornando a me, tre anni fa ingrassai parecchio. Fu colpa degli psicofarmaci che m’obbligarono ad assumere solamente perché, possedendo un’anima troppo sincera, dissi tempo or sono che dei figli di puttana vollero attentare alla mia vita. Inscenando la mia pazzia solamente perché non era un lurido verme come loro. I quali, nascostisi dietro il paravento dell’università, desiderarono coglionarmi. Inventandosi la balla secondo cui ero malato di schizofrenia in quanto, invidiosi a morte della mia superiorità intellettuale, del mio savoirfaire da libertino abissale, forse anche del mio carisma da uomo che conosce la sua Magnum dentro i pantaloni, credettero assai male che mi sarei piegato ai loro ricatti osceni da malati di mente insanabili. Al che, san(t)amente mi sfuriai come Eastwood di Gran Torino. Gli psichiatri, non avendo molte prove in mano riguardo il ridicolo eppur tragico complotto che mi fu ordito, mi predisposero delle cure assai debilitanti ma soprattutto inutili. Addivenendo alla sbrigativa, burocratica, politicamente (s)corretta conclusione che, per l’appunto, mi fossi inventato tutto in quanto socialmente disagiato e delirante. Dopo tempo immemorabile, smentirono tutto, porgendomi le doverose scuse.

Una tragedia forse senza precedenti o probabilmente pari a quella narrata, a quanto pare splendidamente, visti gli applausi alla prima mondiale, da Eastwood nel suo nuovo film, vale a dire Richard Jewell.

Sì, una bella manica di mezze calzette… Ma, per mia fortuna, da tale equivoco giudiziario dalle proporzioni disumane assai angoscianti e realisticamente devastanti, ne uscii totalmente pulito e ancora brillantemente osannato. Malgrado, come dettovi, fui ingiustamente sottoposto all’igiene mentale più deprimente.

Ora, alla mia veneranda età non ancora da vegliardo, bensì da giovane gagliardo, posso presentarmi alla platea del mondo con tantissimi libri pubblicati, con saggi monografici, con ribaldi, fulgidi e lindi saggi monografici dedicati a Martin Scorsese, Nicolas Cage stesso, John Carpenter, con un mio delicato, delizioso omaggio a Eastwood in persona, la mia saga del Cavaliere con una copertina in cui Clint, in carne e ossa, forse solo graficamente stilizzato e ringiovanito, cammina lungo le vie buie del mondo ove tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.

Nella notte di San Silvestro, sarò a Monaco di Baviera assieme a un mio amico vero. Non so se mangerò lo zampone ma ho smesso di essere preso per coglione soltanto perché, come Steve Everett di Fino a prova contraria, Babbo Natale è costretto a rimanere spesso solo, eppur gli ignoranti ostinatamente mi danno dello zoticone, i gelosi del volpone, le donne vogliono succhiarmi qualcosa di unforgiven, togliendosi la gonna per un Blood Work, non suono la zampogna e i cattivi vorrebbero mettermi alla gogna.

L’idiota che ancora mi spergiura, eh sì, ha fatto la figura della merda pura, oh sì, ve lo giuro.

Continua, tramite profili falsi, a dirmi che dovrei andare a lavorare nei campi.

Gli rispondo:

– Perché no? Sai bene che sono Il texano dagli occhi di ghiaccio.

 

Al che, arrabbiato come non mai, mi dice che chiamerà la neuro.

E io, puntualmente, a tale mezzo uomo oramai terminato, replico in questi termini:

– Non ti avevano già internato? Devono esservi stati dei ritardi. Se gentilmente volessi passarmi il numero del tuo psichiatra, gli dico che sarebbe conveniente che comunicasse agli infermieri di venirti a prendere quanto prima.

Sai, lo faccio per te. Per la tua salute. Ma soprattutto per la mia.

Non prendertela, mio Jeff Daniels. Bevici su. In carcere o in manicomio, posso venire comunque a trovarti. Vuoi che ti porti anche del Jack Daniel’s?

Dicono che quando brucia, sai, l’alcol può servire da anestetizzante.

Sì, ti garantisco. Al mio mulo non piace la gente che ride e gente come te non merita neppure di essere trattata da asino.

All’asino, sai, puoi lavare la testa col sapone ma continua, ottuso come una capra, ad andare avanti per la sua strada.

Come facesti tu. Senza rinnegare un solo tuo passo falso.

Peccato che, sulla tua strada, stavolta tu abbia incontrato un tizio un po’ come Eastwood di The Mule.

Sì, che film, ragazzi. Eastwood ammette di non essere mai stato rincoglionito e, per via della sua ingenuità “criminosa”, di essersi meritato la punizione.

Però ora dobbiamo avere il seguito, intitolato Un mondo perfetto 2.

Con protagonista il reale scemo del villaggio, ovvero colui che, se a un uomo piace I ponti di Madison County, a suo avviso è un uomo che, sempre secondo sue testuali parole, mette tristezza…

Ah ah ah.

Una lezione di vita immane, cattivissima, mostruosa, sacrosanta.

Indimenticabile.

Poiché io andrò avanti e odio le vendette ma solo un bambino o uno col cervello piccolo potrebbe perdonare una cosa del genere.

Fra l’altro, che film, Gunny. La storia di uno che è duro perché, bando alle ciance e alla retorica, fratelli e amici, uomini e donne, la vita è una guerra. Dobbiamo essere duri come le merde secche se vogliamo distruggere i tosti stronzi. Dunque, donne femministe che odiate i maschilisti, afferrate la pistola e premete sul grilletto. E voi, uomini maschilisti, fate meno i fascisti, altrimenti vi mando in Libia. I droni vi fotteranno.

Ehi tu, lesbica, sarai la donna di quel gay. Ho deciso io. Sarete una coppia ben assortita. Si dice che gli opposti si attraggano e se lo sbattano. Tu, omosessuale, fai sesso col tuo uomo e non rompere il cazzo a quella donna.

 

di Stefano Falotico

 

Giornata mondiale della felicità, discorso primaverile di un uomo bukowskiano


20 Mar

Barfly Rockwell Tre manifesti

Certe persone non impazziscono mai. Che vita orribile devono vivere.  

Attenti a quelli che cercano continuamente la folla, da soli non sono nessuno.

A volte ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte ne sono sicuro.

Sai, molto tempo fa cercavo di combattere la felicità; mi dicevo: chiunque è felice ha qualcosa di sbagliato, pensa in un modo distorto. Oggi non lo faccio più, e mi dico: se è possibile essere felici, lo sarò. Non farò il difficile e anche se non sarà la felicità perfetta non farò lo schizzinoso. Mi prenderò tutta la felicità che posso prendere.

(Charles Bukowski)

 

Sì, il BUCOSCO è come me. In passato, amavo i film afflittivi, più erano film disperati e tristi, con tragedie familiari e affini, con storie di traumi e uomini folli, più pagavo il biglietto e mi accomodavo in quelle trame poco accomodanti, accondiscendo il mio umore di merda. Uscivo dalla sala più triste e tristo di prima, e pensavo che Leonard Cohen fosse un genio. Poi, scoprii che la sua Nevermind l’hanno messa nei titoli di testa di quella porcata di True Detective 2, e mi hanno ricoverato perché diedi in escandescenza. C’è da dire che anche la canzone omonima dei Nirvana fa cagare, è roba buona per adolescenti col pensiero della fighella ochetta e, non riuscendo a strapazzarla, fanno i pazzi di lamenti patetici. Il Grunge, una delle grosse stronzate dello scorso secolo. Vedevi questi giovinastri coi jeans stracciati e poi erano figli di papà che amavano i film di Joel Schumacher. Ma andassero a farselo dare nel culo.

Sì, per molto tempo ho pensato che essere felici fosse una colpa, e mi davo dell’impostore da solo. Sì, perfino quando mi masturbavo non ero felice. Sia durante i “preliminari”, quando dovevo cercare il materiale per la sega, e c’era l’imbarazzo della scelta, così m’incagliavo di stress disumano, non sapendo su quale figa “optare”, sia nella pratica, ché dovevo alle volte accelerare perché avevo sempre paura che qualcuno potesse bussare alla porta. Il dopo poi era devastante, non avevo risolto un beneamato cazzo, e dovevo aspettare almeno un quarto d’ora per tirarmene un’altra. Sì, una vita moscia…

Credevo che sverginandomi me la sarei goduta finalmente. Non andò così. Sì, il “fattaccio” avvenne, ma la tipa capì che preferivo farmi le seghe. Almeno non dovevo rendere conto a nessuno dei tempi e della durata.

Poi, pensai che trovare un lavoro rispettabile significasse ricevere la stima e l’approvazione della gente, ma scoprii che molta gente ricchissima, che non fa niente dalla mattina alla sera, ti tratta da prostituta se ti fai il culo.

Quindi, pensai che scrivere le mie emozioni potesse dare qualcosa alla gente. Entrar in empatia con altre persone che la vedevano come me, e poter condividere le mie gioie e i miei dolori. Ma compresi che quasi tutti tifano per la Juventus, e compresi che i miei libri sugli sconfitti, gli oppressi, i rinnegati, gli emarginati, venivano usati solo per asciugare il sudore a calciatori miliardari.

Dunque, mi rimisi in forma e diventai bellissimo. La gente invidiosa mi diede della puttana perché piacevo alle donne, e caddi in depressione. Al che, assunsi dei farmaci che non me lo facevano più tirare e presi su dei chili. Tutte quelle ore di flessioni non erano servite a niente.

Perciò, fratelli, nel dubbio fottetevela! Ah ah.

Perché la foto di Rockwell? Sì, in quel film è un ottimo cazzoncello, che sbanda e poi rinsavisce.

 

di Stefano Falotico

Sam Rockwell, succede sempre così… giochi occidentali e da Oscar


10 Mar
HEIST, Ricky Jay, Sam Rockwell, 2001, (c) Warner Brothers

HEIST, Ricky Jay, Sam Rockwell, 2001, (c) Warner Brothers

Ebbene, non mi finirò mai di stupirmi della prevedibilità insopportabile della gente. Sino all’altro ieri, Sam Rockwell era un nome che diceva poco o nulla a molti, perfino ai cinefili più accaniti e maniacali. Che semmai lo ricordavano per la sua prova esuberante e ambigua in Confessioni di una mente pericolosa, perché segnò l’esordio registico di Clooney, per essere stato “il genio della truffa” di Matchstick Men, con l’unico Nicolas Cage amabile degli ultimi vent’anni, per essere stato il figlio sfigato di De Niro nel discutibilissimo remake di Stanno tutti bene, per essere stato allu(ci)nato uomo perso in Moon, e qua e là una macchietta buffa e stravagante in tante altre pellicole, più o meno dimenticabili, di cassetta usa e getta.

Ecco che all’improvviso con la sua performance in Tre manifestti… diventa un attore “cult”. E già se ne scrivono monografie e si allestiscono premature, imbarazzanti agiografie sulla sua carriera, definendolo geniale, inconfondibile, lunatico, appunto, uno dei volti irrinunciabili del Cinema degli anni a venire. Sì, perché potete scommetterci, non viviamo più in un’epoca in cui il Timothy Hutton di turno, premio Oscar come non protagonista per Gente comune, lentamente sparisce nell’anonimato o viene relegato in film insignificanti che semmai neanche gli americani vedono. Adesso, la statuetta del nostro zio Oscar garantisce, a meno che la persona premiata non venga colta da pazzia, da insanabile depressione, a meno che da solo non si butti via, affogando nell’alcol, nella droga e altri “problemi” di sorta, a meno che per “indisposizione” non sia lui ad allontanarsi dal grande schermo, ecco, garantisce ripeto uno status pressoché intoccabile, che permetterà a Rockwell di essere bombardato di richieste lavorative in film che, posso giurarvi, saranno di medio-alto profilo. E, chissà, potrebbe fra un po’ anche salire al trono nella categoria di Miglior Attore Protagonista.

Il solito gioco occidentale delle maschere. Insomma, prima dell’Oscar questo qui se lo cagavano in pochi, adesso è diventato un grande. Indiscutibile!

Stessa sorte, anche se in termini diversi e più stratificati, toccò a McConaughey. Da tutti, oramai, veniva considerato solo un bel faccino con un prestante corpicino ridottosi a girare commediole scipite, poi arrivò la McConaissance, e nel giro di una manciata d’interpretazioni fortissime e folgoranti ribaltò ogni cattivo pronostico, affermandosi come attore amatissimo anche dai più severi critici. Aspettando, dopo i recenti, mezzi passi falsi, le sue prove in Serenity, White Boy Rick e Moondog.

Sì, l’Occidente basa le fortune altrui sul caso, sulle circostanze favorevoli, come si suol dire, sui giri della ruota nella giostra dei desideri. C’è chi accetta questo gioco abbastanza squallido, pusillanime e falsissimamente meritocratico, e chi abbandona ogni sfilata e carro. Si dice che chi lo faccia sia comunista. Non so. So che c’è gente con tre lauree che si trova disoccupata, e invece un ragazzotto ignorantone, che scoprì le sue doti in mezzo alle gambe, è diventato miliardario, scopando da mattina a sera, senza mai aprire un libro in vita sua. C’è uno che si chiama Justin Bieber che ha fatto sfracelli con un paio di canzonette per ragazzine brufolose e ora, dopo un paio di canzoni belline e orecchiabili, è preso sul serio anche dai “musicologi” più in vista. E guadagna più soldi di venti generazioni “normali” messe assieme.

Sì, la vita nell’Occidente è spesso questione di culo. Di sfacciate, alchemiche combinazioni “vincenti”.

Non c’entra quasi mai la vera bravura, il vero talento, non c’entrano le reali abilità.

C’entra il gioco di dadi. Se a questo si abbinano professionalità e un pizzico di dedizione, ecco che sbanchi…

 

 

di Stefano Falotico

Venezia 74. Tre manifesti a Ebbing, Missouri e la mia “bruttezza” alla McDormand


06 Sep

Frances+McDormand+Three+Billboards+Outside+KfJf3oU6i0_l

Io non vivo in Missouri ma, dubbioso sulla sua esistenza “tangibile”, sfuggendomi di mano, me “lo” misuro. È lungo in modo proporzionale alla mia volpe. Sì, rossa, esemplare di raro gusto estetico che “sguazza” nell’emisfero boreale del circolo polare artico. Anche se alle volte assomiglio a un fagiano, animale che potrete incontrare nelle superstrade di provincia, a tagliarvi la strada e, nell’incidente a lui mortale, a venir schiacciato su vostre gomme pneumatiche non frenanti la “cacc(i)a” che rappresentate.

Invero, ieri sera, quando il Sole di questo Settembre focoso eppur fosco sdilinquì nel vivo tramonto dei miei sogni di gloria, mangiai una pizza capricciosa, fregandomene delle prime piogge tardo-estive e dunque della variabilità meteo delle quattro stagioni. Poi, bevvi un Gingerino, pensando a Fred Astaire.

Questa McDormand del film di McDonagh è bravissima e merita la nomination all’Oscar e anche un buono-pasto da Mc Donald’s. Il film non l’ho visto ma mi fido dell’unanimità di Critica e pubblico che l’ha osannato. Frances, dunque, ritorna in zona Fargo, anche se non avrei sottovalutato il suo ritratto di donna stanca e anche franca in quel film con De Niro e James Franco, City by the Sea…

A proposito di De Niro, non sono come il suo Alfredo Berlinghieri ma, amareggiato come ad Asbury Park, guardo la vita dalla ringhiera, ringhiando.

Ieri, l’italia di Ventura ha giocato malissimo con Israele, per colpa soprattutto della verruca di Verratti.

In passerella a Venezia ha sfilato quella passerona della Lawrence, che ha presentato uno dei film più brutti della storia del Cinema.

A proposito di bruttezze, la McDormand indubbiamente può concorrere al premio di miglior racchia della Settima Arte, eppur s’incazza e giustamente non incassa.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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