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Bentornato professore: being Johnny Depp


20 Jun

depp arrivederci professore

Sì, è uscito oggi nelle nostre sale Arrivederci professore con Johnny Depp. Un film discreto, non un granché. Un film assai simile all’Attimo fuggente.

Il messaggio di fondo, infatti, è identico: ragazzi, carpe diem…

Però, Arrivederci professore è annacquato in dialoghi retorici che, con la finissima retorica di Peter Weir, hanno poco a che vedere.

Come si dice in questi casi, un film dagli intenti nobili e mirabili, giammai miserabili, ma che a livello qualitativo non poco ha difettato nei risultati.

Film da me, ovviamente, già visto. Altrimenti che cinefilo sarei? Mica sono un cinofilo come La Russa.

Nicolas Cage è stato spesso invece un attore cane durante la sua carriera ma fu lui a regalare a Johnny Depp uno dei primi ruoli importanti. Suggerendogli d’istradarsi pian piano a Hollywood ai tempi in cui condividevano la stessa stanza d’albergo. Erano entrambi giovanissimi. Il primo, Cage appunto, è nipote di Francis Ford Coppola, come sappiamo. E, sebbene nelle sue ultime interviste, abbia affermato che l’onere d’indossare un cognome così responsabilizzante l’avesse indotto persino a colpevolizzarsi, inizialmente a snaturarsi e ad assumere atteggiamenti innaturali per dimostrare al mondo che l’Oscar di Via da Las Vegas lo ottenne per l’intrepidezza d’aver rischiato con un personaggio ingrato, rifiutato da tutti poiché, appunto, gli altri attori l’avevano considerato lesivo della propria immagine, ecco, malgrado ciò, il signor Cage dovrebbe sinceramente ammettere che in Rusty il selvaggioCotton Club e soprattutto Peggy Sue si è sposata campeggia(va), correggetemi se sbaglio, eh eh, il suo nome in cartellone, come si diceva una volta.

I suddetti tre film mi pare che siano firmati dal regista del Padrino e di Apocalypse Now. Eh già, non mi sembra, a meno che abbia avuto le traveggole, che siano stati diretti, che ne so, da Sofia Coppola. La quale, ai tempi di The Godfather, aveva appena un anno, quasi due…

Vorrebbe, signor Cage, obiettare in merito alla veridicità, alla validità di questa mia affermazione?

Detto ciò, tralasciando nepotismi e leccate di culo, spintarelle e raccomandazioni, Johnny Depp è la simbolizzazione incarnata del bellissimo sognatore per antonomasia. Ultimamente, ha perso parecchi colpi ma è stata tutta colpa di quella baldracca che s’era sposato, Amber Heard. Donna assai figa e slanciata ma artisticamente poco elevata. Che Johnny Depp, con le sue infamie e le sue denunce smodate, forse un po’ ha rovinato.

Dovete sapere che, per un tempo immemorabile, mi dissociai dai miei coetanei in quanto già oltre il comune volgo adolescenziale di questi pubescenti starnazzanti.

A Bologna, città che mi diede i natali, calci nelle palle sesquipedali e ove m’innamorai, anche se solo per tre secondi, di Natalia la fioraia, quelli della mia generazione, dopo settimane di compiti a casa prescritti loro da insegnanti boriosi, barbosi, accademicamente noiosi e soprattutto ipocriti, andavano a gozzovigliare al pub Estragon.

Dunque, dopo sei giorni feriali di castighi scolastici a cui doverosamente si erano attenuti da fighetti ligi, canne permettendo e la musica di MTV a distrarli dal dolore insopprimibile di saper inconsciamente che non avrebbero mai avuto una notte con Alanis Morissette, peraltro una donna androgina tutta mossette, dopo aver accontentato, da bravi figli di papà e mammà, i precetti educativi dettati loro dalla genitorialità più pedagogicamente ruffiana, si precipitavano nell’Estragon suddetto per sabati sera sudati.

Scalmanandosi nei bagni scalcinati fra zampillii di birra scaduta e lingue copulanti in accoppiamenti perfino promiscui in mezzo a tutta la folle mischia. Godendo da matti nel putiferio di vodke lisce e della cantante guest star della serata, Mascia la bauscia. Esaltata di Milano scesa a Bologna per tirarsela da Annie Lennox. A me fu fatto credere di essere Johnny Depp di Edward mani di forbice. Sì, i fricchettoni amavano da morire maltrattarmi da freak monco. Mi proibivano subdolamente di voler toccare ragazze gnocche come Winona Ryder ma ora sono io, in questo personalissimo Ritorno al futuro, a recarmi nei pressi del maialino di turno, gridandogli… ehi tu, porco, levale le mani di dosso.

Al che, il buzzurro, esce dalla macchina e spera di suonarmele:

– Tu stai sognando, idiota. Tu dai ordini a me? Ma mi hai visto bene? Io ora ti smonto.

 

Non posso dirvi chi l’abbia prese fra me e lui. Sicuramente lui non l’ha presa e me la sono montata io? Non mi riferisco alla testa. Fui oggettivamente pazzo come Don Juan De Marco – Maestro d’amore ma mi salvai dal manicomio, salvando gli psichiatri. Da cui ora ho ricevuto perfino l’encomio. Una situazione, diciamocela, tragicomica. Dinanzi a me, questi strizzacervelli compresero di aver sbagliato tutto. Anziché perdere tempo a lobotomizzare i loro pazienti facilmente suggestionabili, invece di rincoglionirsi con le fredde teorie freudiane sull’Eros, rimpiansero di non essere stati come Mickey/Rourke di Barfly.

Ah, è troppo tardi. La vostra Faye Dunaway ora scambia Warren Beatty per Marlon Brando.

– Faye, Marlon è morto.

– Anche Warren non lo vedo benissimo, diciamo sul giovanissimo.

– Brava, andata del tutto non lo sei…

 

Sì, Faye riesce sempre a non farsi internare perché, nonostante la demenza senile oramai galoppante più di come, negli anni settanta, faceva cowgirl in tanti letti e divani ruvidi e sessualmente strafottenti, rimane una donna dal fascino spiritoso, sempiterno. Anche se nessun uomo, oggi come oggi, vorrebbe entrarci dentro.

Di me, invece, che si può dire?

Sono Johnny Depp di Finding Neverland. Faccio leggere le prime pagine dei miei libri al mio editore.

Puntualmente, succede sempre la stessa cosa:

– Falotico, che razza di stronzata è mai questa? Si rende conto della cazzate immonde che ha scritto in queste prime dieci pagine?

– Il libro ha ancora 190 pagine. Lo legga tutto.

– Già. Guardi, lo leggo sino alla fine ma, se il registro non cambierà, lei in ospedale psichiatrico finirà. Questo almeno lo sa?

– Lo so, lei legga.

– Va bene.

 

Insomma, la vita è una sola, spesso una sòla. Spesso ancora sono solo ma fuori oggi c’è il sole.

 

 

di Stefano Falotico

neverland depp

Pupi Avati vuole Al Pacino per il suo film su Boccaccio. Ma continuasse piuttosto a lavorare col cuore grande delle sue ragazze sboccate


29 May

Carlo+Vanzina+Funeral+In+Rome+1fKf2CBjpCdlDico, scherziamo? Avete letto su Il Corriere di Bologna?

Pupi Avati, uno che da almeno tremila anni non gira un film degno di chiamarsi film, bensì semi-fiction con ochette come Micaela Ramazzotti, ha affermato che è in serie trattative con Al Pacino affinché uno dei più grandi attori della storia del Cinema, cioè Al medesimo, possa accettare di lavorare con lui per un biopic storico, immedesimandosi in Boccaccio.

Co-interpreti Johnny Dorelli e Neri Marcorè.

In tale presunto pseudo-film da sagra di Budrio, famosa città dell’entroterra bolognese, Boccaccio sarà accompagnato nel suo girone infernale d’una vita tormentata nientepopodimeno che da Dante Alighieri.

Ah sì? E Dante chi sarà? Dorelli con Gloria Guida nella parte di Beatrice che fra un Decameron e un trombone oramai andato recita la parte della signora vecchietta che ancora scoscia come ne La liceale seduce i professori da fenicottero femminile che arrostiva negli anni settanta tutti i maschi più polli?

Cribbio, Chichibio e la gru!

Oppure l’Alighieri sarà Marcorè? Che, visto che Beatrice non gliela dà nemmeno se si mette a imitare appunto pure Al Pacino, si dà allora a una seconda notte di nozze, prendendola a ridere come Albanese e guardando un vecchio programma di Pippo Baudo con Katia Ricciarelli che canta di gola profonda peggio di sua moglie. La quale, nel frattempo, non con Antonio Albanese, bensì con un senegalese, urla di piacere nell’altra stanza da soprano e sottosopra, soprattutto, con Alessandro Haber, celeberrimo p… che si crede Bukowski.

Non prendertela, Alessandro, diciamo che le donne come Lucia Lavia t’inducono a recitare in maniera troppo realistica.

Bukowski, nonostante fosse un donnaiolo incallito, non si è sputtanato mai. Alessandro invece si è prostituito di brutto, cinematograficamente, partecipando perfino a I laureati di Pieraccioni.

Che pagliaccione.

No, dico, parliamone.

Comunque, il prossimo 22 Agosto, Pupone Avati uscirà nei nostri cinema con Il signor diavolo. Che, almeno a giudicare dal primissimo trailer, pare un horror grottesco migliore di The Devil’s Advocate.

Film quest’ultimo assai sopravvalutato. Oh, ci siamo capiti, Pupi. Vedi che quando lasci stare i tuoi ricordi patetici, le tue nostalgie da Francis Ford Coppola dei poveri, riesci semmai ancora a graffiare e inquietare come un tempo? Sei un arcano incantatore…

Sì, Pupi, vogliamo mettere Rusty il selvaggio e Peggy Sue si è sposata con le tue bazzecole come Dichiarazioni d’amore?

Lascia stare alla tua età Marcel Proust immerso nella Bologna dei tortellini e delle lasagne al ragù à la Abatantuono nella Stazione Centrale del suddetto nostro capoluogo emiliano da Gli amici del bar Margherita.

Vedi che sei riuscito a far rinascere Andrea Roncato/Margheritoni di Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone?

Ma per piacere lascia stare Al Pacino, a proposito di Coppola…

Sì, io sono l’Al Pacino italiano. Come Al non ho mai davvero istituzionalizzato la mia cultura scespiriana.

Anzi, per la mia indole da Matt Dillon, appunto, di Rusty il selvaggio, ci furono momenti nella vita in cui diventai uno schizofrenico irreversibile come Al de Lo spaventapasseri.

Soffrii addirittura di deliri d’onnipotenza come Tony Montana di Scarface.

Ebbi pure molti dubbi sulla mia eterosessualità come Al di Cruising. Poi, grazie a un sito d’incontri, incontrai appunto una come Ellen Barkin di Seduzione pericolosa e lei toccò con mano che, appena odorai il suo Scent of a Woman, provammo entrambi un forte heat.

Di mio, sono come Pacino.

Gli unici due uomini al mondo capaci di recitare monologhi lunghissimi senza avere la cattedra alla Bocconi.

Ma nella vita si sono trovati meglio gli uomini boccacceschi, cioè solo triviali e porcelleschi che aprono bocca senza sapere quello che dicono e le donne sboccate che amano essere imboccate e soprattutto adorano i bo… ni.

Sì, i bovini, che avevate capito? Sì, i bovari come Ligabue… certe donne brillano…

Mica i grandi attori come Al Pacino.

Firmato Stefano Falotico, alias Joker Marino.Al+Pacino+American+Icon+Awards+Red+Carpet+bj95klpj85pl

I più visti di Netflix? Ma voi vi siete visti? Non demonizzate lo streaming senza conoscere il Cinema e le sue tempistiche, soprattutto le mie


19 Apr

irishman falotico

Sì, voi non avete di meglio da fare che accanirvi contro i politicanti corrotti, che spettegolare sull’amico di turno, screditandolo, complottando giorno e notte per fregare la ragazza al prossimo in quest’esasperante gara competitiva basata su rivalse misere, su giochi psicologici assai meschini, su tribali faide molto barbariche?

Sì, qua da noi hanno impazzato per anni programmi pseudo-culturali ricalcati sui migliori e anche peggiori talk show statunitensi. Le invasioni barbariche docet. Ove la conduttrice è stata colei che, dapprima, per far carriera e scalare i vertici del giornalismo televisivo, ha iniziato per Mediaset a pubblicizzare alla buona gli Oscar Mondadori. Poi, ottenuta una certa credibilità intellettuale da radicalchic dei primi anni novanta, si è platealmente svenduta. Io invece, mie serpi, son come Serpico! Prima tenendo banco al Grande Fratello, dunque ripudiando il suo mainstream, divenendo paladina delle becere scienze delle comunicazioni squallidamente mediatiche, pubblicando libri come Non vi lascerò orfani. Libro di cianfrusaglie pedagogiche, di psicologie d’accatto che scopiazza da Nanni Moretti, dallo psicoterapeuta Raffaele Morelli, da Francesco Alberoni, da Paolo Crepet, perfino da Vittorino Andreoli, miscelando il tutto in una sociologia-geriatrica, oserei dire pediatrica, dunque modellando la sua operetta ad autolatrica esaltazione d’un pasoliniano manierismo di natura egotista, probabilmente solo egoista, in un certo senso dunque spudoratamente qualunquista e relativistica.

La signora da me citata in causa ha sofferto di un brutto male e ciò mi dispiace. Ma il suo libro era da latrina. E non voglio far la rima baciata con… perché odo uno squillo del mio cellulare. Sì, scusate un attimo.

È arrivata una notifica.  Sì accesa una lucciola, no, non mi ha contattato una di quelle che imperano su Instagram, spacciandosi per modelle/a, volevo dire una lucina.

La lucina di un mio amico che mi chiede di parlare male di Netflix. Poiché lui non ne è capace e pensa che io possieda un acume superiore per imbastire un ragionamento lucido.

Potrebbe essere. Ma mi chiede di far campagna diffamatoria nei confronti della più famosa e importante piattaforma di streaming del mondo.

Io gli rispondo che parlerò, sì, di Netflix ma in maniera neutrale, fredda e distaccata, oggettiva.

Perché io sono più obiettivo di una macchina fotografica della Nikon.

Mi definisco apolitico ma in fondo son solo uno che non si chiude in ideali fanatici, in quanto uomo falotico un po’ selvatico che non prende mai gli antibiotici contro chi, a priori, assume atteggiamenti idolatrici, scagliandosi contro il contemporaneo cosiddetto malcostume cinematografico.

Sì, fa molto cinefilo cazzuto affermare in totale baldanza che Netflix sia attualmente la rovina della Settima Arte.

Di questo ne siete sicuri? Io vi vedo solo più tristi e scuri. Già mi espressi tempo addietro sull’argomento e ora voglio solo liquidare la questione in maniera brillante, bollente e aromatica perché fra pochi munti devo bermi un caffè della Nespresso.

Ora, chiariamoci. Sono un drogato di cappuccini e cioccolate calde. Sì, come sono buone le calde, no, le cialde della Ciobar.

Mentre so che molti di voi si riforniscono di “tazze” fatte in casa acquistate da un nostrano Pablo Escobar.

Sì, dite agli altri di sgobbar e ve la tirate da intellettuali che si danno un gran da fare. So bene invece che i vostri son soltanto intrallazzi ruffiani ove prostituite, da viziosi, la vostra dignità morale per mettere a fuoco solo e sempre di più le vostre capricciose, maniacali voglie di scopar’.

Sì, davvero, un troiaio mai visto.

La dovreste finire poi di pontificare e sacramentare, dicendo che viviamo in tempi bui. Imbrodandovi in disfattistiche pose iconoclastiche davvero falsissime.

Siete pieni di soldi, di baiocchi e vivete nel Paese dei Balocchi. Suvvia, giù le maschere. Fate come Robin Hood.

Prima vi nascondete nella retorica sinistroide per apparire come pensatori moderni ed ecumenici, buoni e solidali ma vi attenete a ogni più triviale, frivola moda.

Siete più fake di una dolciastra pubblicità del Buondì Motta. Siete come questa brioche. Golosi e fotogenici, ricoperti di glassa, invero stopposi e stupidamente smargiassi.

Insomma, denigrate i ricchi per ottenere voti dai poveri. Poi però prendete i giro i poveracci, in quanto siete solamente degli avari ipocriti.

Sì, attaccate Netflix.

Vero, Netflix produce tutto, non ha un impianto regolatore. Ma vogliamo parlarne degli “appalti abusivi” della Warner Bros?

Capace di passare da Clint Eastwood alla Suicide Squad/Joker con Jared Leto? Questo è uno smottamento tettonico da massimo grado della scala Richter per un casino qualitativo assai poco idealistico bensì “terremotistico”.

Terremotistico (non) esiste in italiano? Sì, hai ragione ma son anche stanco dei tuoi sgrammaticati discorsi qualunquistici. E ti correggo subito.

Sì, abbiamo comunisti che ce l’hanno col capitalismo e poi mettono su i Patreon per un imprenditoriale, fintissima virtù culturale.

Invero, per diventare più ricchi in maniera parimenti micidiale a Iervolino che vuol far ora concorrenza a Netflix con TaTaTu. Roba da bambini.

Ma smettetela. Vi vedo bene col tutù.

Chiariamoci. True Detective è una grande serie ma è altresì inferiore a The Night Of. E, se dite di no, è perché Matthew McConaughey, sessualmente parlando, spinge di più rispetto a John Turturro.

Ma non baratterei, miei batteri, mai uno Steven Zaillian e un Richard Price con questo Pizzolatto. Ah ah. Non c’è price, prezzo. Che pezzo!

Insomma, dovreste dirla tutta.

Sì, fate i moralisti, i moralizzatori, oserei dire i demoralizzatori, dunque i demonizzanti demolitori.

E dite che Sharon Stone in Basic Instinct non sappia recitare.

Potrebbe essere vero. Ma come qualche giorno fa io dissi: conoscete uomini a cui non piaccia Sharon Stone di Basic Instinct? Esistono secondo voi?

Certamente, non lo metto in dubbio.

Ci sono. Infatti sono in un centro psichiatrico.

Ah ah.

Dunque, aveva ragione Paolo Sorrentino. Sì, Berlusconi è un corrotto, lo è sempre stato. E andava con quelle…

Come diceva Andreoli, no, Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

E voi non avete i soldi per produrre The Irishman, le serie di David Fincher e compagnia bella.

No, mi sa che avete solo le chiacchiere populistiche.

Così è.

In fondo, siamo proprio sicuri che io sia un’Alda Merini in abiti maschili? Cioè la madre di Matt Dillon e Mickey Rourke in Rusty il selvaggio?

Ci mettereste la mano sul fuoco?

Io non avrei mai scherzato col diavolo…

Conosce le verità del mondo e non è mai assolutistico.

Netflix è il male?

Non ne farei una questione tragicomica da Divina Commedia.

 

 

di Stefano Falotico

L’uomo che c’era e Rusty James vanno dal barbiere, video cult


18 Apr

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Sì, mentre a Cannes assisteremo ai soliti noti, esiste nelle periferie bolognesi un uomo che, invero, ha sempre avuto poco a che vedere col Billy Bob Thornton di The Man Who Wasn’t There dei fratelli Coen.

Qui, potete vederlo in tutto il suo barbarico splendore. No, prima con la barba e i capelli arruffati, quindi con un’acconciatura tra lo sfigato, l’elegante Matt Dillon di oggi, lo sguardo stralunato da Nicolas Cage, il fascino ermetico di un Marcel Proust lungo le scalcinate vie felsinee un po’ rustiche.

Un uomo che, molti anni or sono, fu selvaggio proprio come Matt Dillon di Rumble Fish.

E adesso ha una voce roca da Tom Waits. Da cui, miei zombi, il film The Dead Don’t Die.

Un uomo che, chetamente, senza dare nell’occhio e senza imitare Marco Bellocchio, fotografa la vita meglio di Terrence Malick.

Guardando film a tutt’andare, leggendo riviste e libri altissimi con estrema concentrazione purissima. Corteggiando le donne con una finezza sottile come i suoi baffi ben rasati. Come la sua glabra gentilezza smodata.

Insomma, un personaggio monumentale.

Perché un tempo la mia vita, depressasi e mortificata per colpa di tanti ragazzi più sboccati di quelli del capolavoro di Coppola, si arenò a letto.

Ma colsi fra le ombre dei miei esistenziali reumatismi, oh sì, una bionda molto dolce.

Lei toccò le corde giuste e la musica cambiò. Dal lagnoso piagnisteo passai soltanto ad amori di ritmo “pianoforte”.

E da allora, dal b/n triste alla Roger Deakins, la mia vita virò al Technicolor.

In formissima e in formato Panavision, tutto vibrò.

Ce la possiamo dire? Senza se e senza ma?

Sono veramente un Genius.

Uno a cui non daresti una lira.

Infatti non me ne faccio nulla, oggi ci sono gli Euro.

Anziché suonar la lira, strimpello la chitarrina con voce dura da uomo che fuma sigarette a iosa e, col morbido catarro della sua gola profonda, ha mostrato che nella vita non servono le virilità competitive da idioti, bensì occorre il carattere maturo d’una mente immersa eternamente nei sogni lievi come ieri, come la vita nel suo dipanarsi flebile e poi tostamente grintosa.

Sì, la vita è come una scatola di cioccolatini. Non sai mai quello che ti capita.

Semmai, pensate di avere una vita magnifica e, come fanno gli strafottenti, prendete in giro le persone melanconiche. Perché vi paiono tristi, miserevoli e inesistenti. Una vita, la vostra, da illusi sognatori come in Bianca, con tanto di lezioni cattedratiche e battutine sul Mont Blanc. Da sachertorte di sfottò. Poi, la situazione si ribalta di colpo. In un batter d’occhio. Per i bastardi professorini, ora, in ordine di graduatoria primeggia La stanza del figlio.

Mentre per altri la vita è brillante in un battibaleno con tanti arcobaleni. Una vita imprendibile come Moby Dick contro tutti gli invidiosi Achab.

 

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di Stefano Falotico

La bellezza può essere un body horror croneberghiano di un uomo, così com’è successo al grande Mickey Rourke, un man on fire, totalmente bruciato


11 Apr

rourke

Sì, tre anni fa iniziai un libro su Mickey Rourke.

In stile Chuck Palahniuk. Poi lo interruppi perché, dopo essermi soffermato sulle sue migliori interpretazioni, non sapevo più che scrivere. Poiché Rourke, devastato da chirurgie plastiche, da donnette slave che gli son gravitate attorno, di ucraine e polacche, ha perso completamente il cervello e anche…

Ecco, io sono un fan mai visto di Mickey Rourke.

Mickey Rourke è un uomo cronenberghiano, un body horror vivente, un camaleonte della sua ex bellezza incommensurabile travolto da questo mondo odiosamente incentrato sul sesso.

A cui lui, abdicandone ingenuamente, offrendo il suo visino angelicamente diabolico, Angel Heart docet, Francesco della Cavani pure, si è donato in totale, magnanima offerta della sua potenza sensuale a pelle, diciamo.

Nel 2005, circa, un mio amico di Este, dopo avermi conosciuto, mi disse che assomigliavo sia appunto sia a Mickey Rourke che a Sam Rockwell.

E io:

– Io? Mickey Rourke? Cos’avrei di Mickey? Di mio, sono piuttosto sfigato.

– Questo è quello che credi tu. Perché vivi da semi-eremita, sei un mezzo monaco di clausura. Mi spiace confutare la percezione che hai di te stesso. Tu non appari affatto così. Ti sarò sincero. Fai veramente schifo. Sì, metti soggezione, è difficile fissarti per più di cinque secondi di fila. Hai pure gli occhi neri come Matt Dillon. Ma tu di questo non ne sei cosciente? Sei come cieco… non ti accorgi degli sguardi di quel tipo… vero?

Per questo, sei anche come Sam Rockwell. O meglio come alcuni suoi personaggi stralunati ed eccentrici.

– Ah sì? Quindi, ah ah, mi hai dato del pazzoide belloccio.

– Abbastanza, sì. Totalmente inconsapevole di sé stesso. Per questo gli altri di te che non capiscono niente. E neppure tu.

 

Sì, il povero Mickey è stato distrutto, divorato vivo dalla sua grandezza magnetica.

Mickey, figli cari, è un grandissimo attore. Pensate che bestemmi? Non credo proprio.

In Rusty il selvaggio, L’anno del dragone, Angel Heart appunto, anche Homeboy è impressionante la naturalezza carismatica con cui ha girato le scene. Puro istinto da Actor’s Studio a cazzo suo. Un genio.

Soltanto in pochi secondi di Rusty il selvaggio, nella scena in cui lui e Matt Dillon passeggiano, conversando fra loro, per le strade festose, illuminate dalle fluorescenze delle insegne e degli addobbi, oserei dire briosi e accesamente luccicanti come i loro rispettivi sex appeal malinconicamente gioiosi, il signor Mickey Rourke ha “steccato”, ha avuto un piccolo, impercettibile attimo di esitazione spaventosa.

Ma, essendo un piano sequenza molto lungo, Francis Ford Coppola ha lasciato correre. Pensando, fra sé e sé: Mickey, no! Va be’, non possiamo rifarla.

Sì, avete notato? Mickey non sa che fare con le braccia, poi le riporta attorno al petto, come uno ieratico saggio semi-ascetico e un po’ scemo, forse soltanto come un Marlon Brando ancor più bello.

Sì, io ho sempre schivato il sesso. Sempre, puntualmente.

Se fosse stato per me, sarei stato l’uomo con più ragazze della storia.

E dire che ero stato molto attento a non cascarci. Mi ero cautelato, mi ero volontariamente ammalato di metafisica e trascendenza per non frizionarmi negli erotismi, soprattutto di massa, di questa società laida e carnale.

Ma, ahimè, fu tutta colpa dell’ignoranza.

La gente non poteva più accettare un ragazzo di sana e robusta costituzione, vaccinato eppur scalognato che non voleva giocare di limonate e scaloppine.

E m’invogliò oscenamente a quello che avrete inteso.

Da allora, è stato veramente un incubo.

Telefonate in piena notte da parte di donne di ogni età, pedinamenti sotto casa da Glenn Close di Attrazione fatale, foto proibite inviatemi privatamente, denudazioni meschine e sfrontate, impavide e letali, una sciroccata che mi circuì e tentò d’adescarmi. Perché, se avessi accettato di andare a letto con lei, mi avrebbe raccomandato alla casa editrice Guanda.

Da me ebbe solo una portiera della macchina sbattuta in faccia.

Sì, nonostante tutto questo casino, di mio sto con la gamba accavallata sul divano e mi sparo un altro filmino.

Questo potrà farvi incazzare, ma io sono un diverso. Lo sono sempre stato.

E quello che voi avete fatto è stata una vergogna da poveretti maniaci.

Da dementi.

Come il mentecatto bavoso che, dietro il ridicolo nick di Brando, anni fa mi scrisse:

sei un coglione con una madre grassa e brutta e un padre idiota. E non sai che, mentre ti prendo il culo, sono con una bella guagliona a spassarmela. Fottiti!

 

Invero, scrisse ben di peggio.

Questa è stata comunque la frase di un ritardato che se l’andata a cercare.

E quello che gli è successo gli è stato solo giusto.

Un criminale ignobile, un mostro a cui ha buttato malissimo.

Perché a volte si può credere che dall’altra parte ci sia Tim Robbins di Mystic River e invece hai a che fare con uno dei più grandi amici di Rourke, Sean Penn.

Uno che si sdraia su una panca degli addominali alle 6 di mattina e, dopo cinque milioni di flessioni, si alza da essa a mezzogiorno.

E ti distrugge, piece by piece come Denzel Washington di Man on Fire.

 

di Stefano Falotico

Matt Dillon è un grande, Nicolas Cage/Smokey, anche in smoking, è imbarazzante ma io lo filmai a Venezia, vedere per credere


08 Apr

Nicolas Cage Rusty

Sì, ho rivisto quel capolavoro che è Rusty il selvaggio. Turgida quintessenza della Settima Arte più alta e poetica.

Ma davvero… se non fosse stato il nipote di Coppola, il signor Nicholas Kim, in “arte” Cage, secondo me avrebbe fatto il pizzaiolo.

Ora, non voglio screditare il nobile lavoro artigianale del pizzaiolo. Quello ad esempio da cui mi rifornisco personalmente, nella mitica pizzeria d’asporto vicino a casa mia, praticamente a due passi, La Pantera (dei) Rosa (sì, citazione dell’omonimo film con Peter Sellers ma anche dei Rosa perché il cognome dei proprietari è questo, ah ah), è un pizzaiolo rinomato. Altroché.

Un uomo altamente stimabile perché, condendo delicatamente le sue gustosissime pizze con olive e “ritagli” a mo’ di collage, imbastendo con mani finissime le sue farciture, crea dei mosaici partenopei impagabili.

Ah, che delizia quando le sue pizze nella mia bocca si sciolgono, ancora calde e fragranti. Pura lievitazione di farina ben dosata, acqua cristallina e, appunto, lievito di birra che, già solo degustandolo, infiamma piacevolmente il mio palato e mi fa levitare nell’apoteosi del godimento morbidamente più amabile.

Le mie papille gustative, così squisitamente sfiorate dalla pregiata arte culinaria di questo pizzaiolo immenso, del quale giustamente non posso fare il nome pubblicamente, sfiorano vette, oserei dire zenit di soddisfazione pazzesca.

Come fare l’amore con Eva Mendes, una donna che di napoletana ha molto. Formosa, un po’ volgare, però molto verace, capolavoro di armonie fisiche impagabili.

Ebbene, io ho visto dal vivo sia Nicolas Cage, celeberrimo Ronny Cammareri di Stregata dalla luna ove, più che il pizzaiolo, faceva il fornaio che abbrustoliva le voglie bollenti della delusa Cher, sia la stupenda Eva Mendes. Alla prima veneziana de Il cattivo tenente di Herzog.

Ecco, a dire il vero, pensavo fosse più bella, sì, Eva. Eva la tentatrice per ogni uomo Adamo. Che passa le sue giornate a chiedersi, oh mia bramata dama, mi ami o non mi ami? Probabilmente mai ti amerà, pirla. Hai per caso i soldi di Ryan Gosling? Ah ah.

Sì, sfido ogni uomo sanamente eterosessuale a non voler assaggiare la trasgressiva tentazione diabolica cucinata, direi, da questa dea maliarda.

Cage l’ho visto anche alla prima de Il genio della truffa. Praticamente la storia della mia vita.

Sì, in Rusty il selvaggio è davvero impresentabile. Il film è intoccabile ma un paio di sue espressioni (solo un paio… forse molte di più), soprattutto quando sta al bar con a fianco Diane Lane, con cui peraltro pare abbia avuto una tresca per darle una cosiddetta spinta, essendo appunto il nipote del Coppolone, sono oscenamente inguardabili.

Una faccia da pesce lesso. Ché sembra si sia scolato un’intera confezione di Valium.

Poi, Nic indubbiamente è cresciuto.

Non credete che abbia visto, da vicinissimo, questo Nicolino? Gli ho pure stretto la mano, incitandolo a migliorare. Ah ah.

Questa è una foto che attesta quel che vi dico. Sullo sfondo, quello con la videocamera sono io. Quello alla mia sinistra, alla destra per voi spettatori, è mio padre. Che quel giorno mi accompagnò al Lido perché era curioso di vedere anche lui dal vivo il mitico Nic.

Vi racconto questa. Nic si avvicinò a noi e alla folla gremita per firmare gli autografi. Mio padre non lo cagò. E Nic lo guardò malissimo con espressione, appunto, da incredulo bambagione come in Rusty il selvaggio.

Detto ciò. Matt Dillon è un vero attore, un vero figo.

Nic è quello che è. Un simpatico farfallone anche quando non indossa il papillon.

Eh, quante ve ne potrei raccontare.

Di come ho filmato donne meravigliose in alcuni miei video epocali che, se voleste cercarli, li trovate sul mio canale YouTube, JOKER MARINO.

Io sono un fanatico delle donne.

Mi spaccio per misogino perché spesso ne vengo deluso. E mortificato.

Ma sono un idolatra della bellezza tutta. Attoriale, muliebre, cinematografica, lirica.

Perché di Genius-Pop ve n’è solo uno.

Ricordatelo quando sarete soli come dei cani e penserete a me.

Perché io vi faccio sempre ridere e so sublimare nella poesia un mondo che dovrebbe essere migliore.

.

Insomma, figlioli, sparatevi questo.

Un vero Tim Burton osannato e preso d’assalto dalla folla a sua volta assalita dalla follia.

Udiamo le voci infervorate della massa accalorata.

Uno chiama in causa Ice Cube. Che c’entra Ice Cube?

Uno invece se ne frega di Tim e vuole vedere la Bonham Carter. Non ha tutti i torti, eh.

Mentre io, dopo essermi gustato il suo Corpse Bride, in Sala Grande, alla presenza di grandi come me, scivolai felpato nella penombra e filmai ancora Tim con luci fluorescenti.

Insomma, sono proprio un Joker Marino. Un gigione acquatico.

Che, tra una sigaretta, un capolavoro e l’altro, passeggia spesso incasinato in questo mondo di suonati.

La vita è dura, la fantasia aiuta.

INGRANDIMENTO debordante. Oh oh. Che spacca gli argini.

ITALY - SEPTEMBER 04: The 66th Venice Film Festival: Premiere of the film 'Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans' in Venice, Italy On September 04, 2009-Actor Nicolas Cage. (Photo by Pool CATARINA/VANDEVILLE/Gamma-Rapho via Getty Images)

ITALY – SEPTEMBER 04: The 66th Venice Film Festival: Premiere of the film ‘Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans’ in Venice, Italy On September 04, 2009-Actor Nicolas Cage. (Photo by Pool CATARINA/VANDEVILLE/Gamma-Rapho via Getty Images)

 

di Stefano Falotico

Rusty il selvaggio: anche le società più primitive hanno un innato rispetto per gli alienati


08 Apr

rusty rourke

Battuta memorabile di un grande Mickey Rourke nel capolavoro Rumble Fish di Francis Ford Coppola.

Sì, in occasione degli ottant’anni del maestro, ieri sera, intimamente ho rivisto questo suo film magnifico.

Esistono film fuori dal tempo, magici. Sensazionali.

Film che ti riportano indietro con la memoria quando come Matt eri un ragazzino un po’ disilluso. Al che tuo fratello maggiore, forse solo il tuo amico migliore, quello che ti capisce al volo senza che tu abbia bisogno di riferirgli per filo e per segno i potenti struggimenti del tuo cuore che tanto ti stanno tormentando, ti dice:

– Dai, cavalca e monta in sella sulla mia moto. Facciamoci un giro.

 

E, con la testa fra le nuvole, vivendo quei pochi istanti pindarici, nell’accelerazione gravitazionale della tua anima, dimentichi le fratturanti trappole dell’amore. Incantandoti nell’ammirare velocemente le insegne luminose, addentrandoti nel buio della notte ove la poesia più alta fa rima con l’immaginazione alata.

Rusty il selvaggio con un Dennis Hopper da Oscar sebbene si veda pochissimo.

Un avvocato disoccupato che vive in un tugurio. Che rincasa, fra opachi riflessi di animali domestici stampigliati nei muri fatiscenti di uno squallido stabile, come ombre cinesi dell’appartamento cangevole delle tue passioni infinite.

Matt, sconsolato, da solo al bar, chiede a Tom Waits come si possa capire se uno è matto.

E Tom, sorridendo dinanzi alla sua giovinezza acerba, gli dice che non sempre si capisce.

Quindi, Dennis chiede ai suoi ragazzi come va. Come in una canzone di Ligabue. Se in questo viaggio chiamato vita ora sono felici.

La sua vita è oramai rovinata ma quelli sono i due imperdibili boys. Il suo bene più caro al mondo. I suoi pupilli, i ragazzi per cui nutriva grandi speranze dickensiane.

La loro madre non è pazza, non vede la vita come gli altri.

Voi come state, amici? Fra poche ore mi aspetta un appuntamento cruciale per il mio destino.

Vi terrò aggiornati.

Ah, da quanto tempo non ci vediamo. Ne ho da raccontarvene. Andiamo a berci una birra e a farci delle pazze risate per le strade?

Io sono colpevole di molti errori. Lo so, me ne vergogno.

Ma il carisma brandiano resta e a maggio si parte con le riprese di un cortometraggio importante con un mio amico.

Abbiamo entrambi enorme fiducia l’uno dell’altro. Anche grande coraggio.

E possiamo garantirvi che ci stiamo impegnando al massimo.

 

di Stefano Falotico

 

Gli 80 anni del grande Francis Ford Coppola, i quasi quarant’anni del Genius


29 Mar

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Sì, oramai ci siamo. Il prossimo 7 Aprile, Francis Ford Coppola taglierà il traguardo di ottanta primavere.

Onestamente non indossate benissimo. Visto che, dalle sue ultime foto da me rinvenute, debbo ammettere, un po’ sconcertato, che si è appesantito davvero notevolmente più di quanto, leggermente obeso, fosse già da giovane.

Obeso significa semplicemente sovrappeso, non è un ‘offesa, è una constatazione oggettiva del suo aspetto fisico.

Qui in Italia si fa molta confusione con le parole. Se dici a qualcuno obeso, il “malcapitato” a cui hai rivolto quest’epiteto, ti si scaglia contro, ti s’avventa, oserei dire, con avventatezza. Coprendoti a sua volta degli appellativi peggiori e più infamanti.

Non c’è niente di male, dunque, a definire obeso il signor Francis Ford.

Il suo aspetto esteriore, diciamo, non è mai stato propriamente quello di un modello di Dolce & Gabbana.

E quindi?

Io nutro invece stima immane per quest’uomo dall’eleganza inaudita, un regista sempre finissimo anche quando s’è cimentato con film violentissimi come il suo epocale Il padrino.

Film che, in men che non si dica, oltre a fregiarlo di Oscar a iosa, con tanto di seguito egualmente oscarizzato, l’ha elevato di colpo fra i maestri quando, prima di allora, veniva solamente considerato un buon regista e uno sceneggiatore dal discreto intuito.

Il padrino fu un colpo colossale, un colossal enorme che avrebbe generato, in maniera seminale e sesquipedale, tutta una serie di film “mafiosi” e gangsteristici emulatori del suo stile. Più o meno riusciti, variazioni sul tema dimenticabili o geniali rielaborazioni scorsesiane come Quei bravi ragazzi.

E chiariamoci una volta per tutte. C’è una profonda differenza tra Goodfellas e The Godfather.

Quest’ultimo è incentrato sulla genesi della famiglia mafiosa più potente del mondo, i Corleone. Dunque, per quanto esecrabile e orrenda, la “famigghia” (come diceva Marlon Brando) che stava al vertice piramidale della scala gerarchica di Cosa Nostra.

Quei bravi ragazzi invece è un amarissimo divertissement, guascone, irriverente, molto divertente, geniale e forse persino uno studio antropologico della mentalità e degli ambienti criminosi.

Ma parliamo della piccola manovalanza del crimine per antonomasia. Di teppistelli da quattro soldi asserviti a poteri molto più forti.

Parliamo di “buffoni” come il Tommy di Joe Pesci e del “playboy” dei poveri Ray Liotta. E di un De Niro/Jimmy lontano anni luce dal suo spettrale Don Vito.

Fra l’altro, Joe Pesci in questo film di cognome fa DeVito. Ah ah. Sì, come il tutt’ora in vita ex cantante dei Four Seasons e il bassotto Danny DeVito de L’uomo della pioggia.

Per caso, quando avete visto il trailer di Jersey Boys di Clint Eastwood, vi è venuto alla mente Goodfellas?

Ecco, ora sapete perché.

Detto ciò, eh eh, Il padrino e Quei bravi ragazzi sono due film completamente diversi l’uno dall’altro.

Lasciando stare invece DeVito, in C’era una volta in America di Sergio Leone, be’, sappiamo tutti che il protagonista è stato De Niro.

Anche nel caso dell’opera magna di Leone, il paragone col Padrino però non c’azzecca per nulla, tanto per dirla all’Antonio/Tonino Di Pietro.

Eppure, a ben vedere, tutto il Cinema del mitico Coppola… sì, del Coppola, non della coppola, famoso berretto da mafiosetti ben diverso dalle pellicole minimalistiche di Sofia, uh uh, dicevo… tutto il Cinema di Coppola è una Once Upon a Time in America. Una continua, eccezionale, infinita rielaborazione proustiana sul tempo perduto.

Cos’è Apocalypse Now infatti? Col pretesto del film bellico, di guerra, Coppola aveva elaborato un incubo a occhi aperti sui sogni smarriti di una generazione di americani distrutti dal Vietnam.

E non sto scherzando quando qui ora affermo che Kurtz altri non è altri che Cobain Kurt se l’ex leader dei Nirvana non si fosse suicidato.

Questa sarebbe stata la sua fine. Nella giungla delle sue ossessioni, della sua totale perdizione, ai piedi d’un fiume biblico e profetico, messianica incarnazione-mystic river della sua impossibile salvazione irraggiungibile.

Un asceta maledetto, un buddista nichilista, un uomo oramai totalmente congiunto al(la) this is the end del suo fratello “gemello” Jim Morrison in un continuum spazio-tempo rigeneratosi non solo in maniera rock. Un grunge man che, se fosse sopravvissuto, oggigiorno… nell’era edonistica d’Instagram, avrebbe preferito fare l’eremita nella sua isola selvaggia da Dr. Moreau.

Puro pasto nudo d’un musicista annichilito dai tempi bui di questa modernità che ha cancellato ogni poesia jazz, ogni Cotton Club.

Un ex Rusty il selvaggio, un ragazzo della 56ª strada a cui dedicherebbero retrospettive televisive introdotte dalla super malinconica colonna sonora di Carmine Coppola.

Sì, la sua storica ex Courtney Love chi è, ora come ora, se non Kathleen Turner di Peggy Sue si è sposata?

Una pazzerella che disdegnava tutti i ragazzi seri, i secchioni, i timidoni e ha avuto una cotta bestiale per lo “scemo del villaggio”.

Per il suo Elvis, per il suo Cuore selvaggio. Per il suo Charlie/Nicolas Cage col ciuffo da banana, per il suo biondino, un amante da Love Me Tender, un amico da Come As You Are.

Che film, ragazzi. Peggy Sue…

La prima volta che lo vidi, sì, sarà stato nel 2001. Alla fine del film mi commossi.

Che splendida storia. E lei si risveglia dal coma. Attorno a lei tutti i suoi parenti. Ma soprattutto il più grande Nicolas Cage degli anni ottanta.

È stato bravissimo, qui, Nic. Ha recitato come un cane da nipote raccomandatissimo, appunto, da suo zio. Ma ci ha messo l’anima.

Guarda la sua donna, è stato un miracolo, la sua donna, quella che per lui sarà sempre sino alla morte Peggy Sue, quella ragazza un po’ matta che gli ha fatto perdere la testa. Rimane immobile con le lacrime agli occhi.

Pare che le sussurri… siamo ancora tutti vivi, Peggy, più vecchi, più tristi, non siamo più quegli adolescenti cretini, quei nerd stolti. Io non sono diventato quello che volevo essere. Vendo solo lavatrici. Alcuni sono morti, quel ragazzo invece che era innamorato di te, quel genietto occhialuto, morirà e non verrà ricordato come Einstein.

È andata male a tutti noi. Ma siamo vivi.

È stato tutto un sogno. Magnifico. Un sogno lungo un giorno.

Quanto mi ha fatto piangere Peggy Sue…

Quanto ancora vorrei superare le barriere del tempo e rinascere come Dracula di Bram Stoker.

Eppure, devo essere realista. L’amore della mia vita è oggi sposata con uno stronzo.

Sono spesso solo nei mei giardini di pietra…

Sogno un’altra giovinezza e un ultimo sogno “pazzo” come Tucker.

Ma che posso fare? Ricominciare daccapo?

Ah, farei la figura di Jack.

Pensate che nella mia vita mi son/ho pure dovuto subire falsità sulla mia persona.

Io non ho mai delirato su nessuno. Ero solo molto incazzato. Non sono certamente Gene Hackman de La conversazione.

Al massimo, posso essere Edgar Allan Poe di Twixt. Anche se al Twix ho sempre preferito il Mars e a Marte un rapporto venereo.

Sì, sto coi piedi per terra, io. Sì. E se invece mi sposavo con l’amore della mia vita e lei mi trasmetteva qualche malattia venerea?

Già. È stata sempre bellissima. E già all’epoca sapevo che andava con tutti.

Che vi devo dire?

Probabilmente sono l’incarnazione della prima sceneggiatura di rilievo di Francis Ford Coppola, Il grande Gatsby.

Non giudicate la mia vita così come io non giudico la vostra:

ogni volta che ti sentirai di criticare qualcuno, ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i tuoi stessi vantaggi.

Ce la vogliamo dire?

E diciamocela!

Francis Ford Coppola è un Genius!

Già, ieri pomeriggio son stato dal cardiologo:

– Falotico, non andiamo molto bene, sa?

– Ho problemi al cuore?

– No, il cuore è a posto. Lei innanzitutto deve fumare meno sigarette, respirare di più, dare più ampio respiro alla sua vita.

Sennò, potrebbero accentuarsi i problemi. Chiusure non solo alle arterie, al sangue delle vene, bensì claustrofobie all’anima.

Lei è troppo sentimentale. E, ogni volta che riceve una delusione, si soffoca.

– Quindi il problema è solo questo?

– Sì, le ho fatto anche l’elettroencefalogramma. La testa va benissimo. Anzi, va troppo bene. Dovrebbe avere una testa più semplice. È molto cerebrale. Non stia sempre a rimuginare.

Se ne fotta.

– Ma sono un sentimentale.

– Anche questo è vero. Lei è un uomo da Megalopolis, il più grande dream mai realizzato della storia di tutti i temp(l)i.

Sa che le dico? Lei mi è molto simpatico.

– Grazie, dottore.

– Ce lo spariamo assieme, quando uscirà, il nuovo film di Sofia?

– Ci sarà ancora una volta Bill Murray.

– Eh sì.

 

Insomma, Francis Ford Coppola è un genio strabiliante.

Quando incontri uno così, tutti gli altri rimangono in mutande.

Con la sua poesia, i suoi sogni, la sua immaginazione, la sua forza distrugge in un nanosecondo tutti i nani.

Perché è un gigante!

Uno davvero emozionante!

 

di Stefano Falotico

TOP TEN Mickey Rourke


16 Nov

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Oggi vi parlo di Mickey Rourke, uno dei più grandi attori di tutti i tempi e senza dubbio una faccia da cazzo, infatti piaceva moltissimo alle donne, come pochi.

Un uomo sperperatosi, stupratosi da solo, uno che nella vita ha preso tantissimi pugni, infatti è stato anche un boxer. Nonostante gl’incontri truccati e le mille chirurgie facciali che l’han reso truccatissimo.

Qualche anno fa, con The Wrestler ottenne la sua prima nomination all’Oscar e ancor mi ricordo quando, Michael Douglas, sul palco, annunciò il vincitore, ovvero Sean Penn di Milk, e Mickey pensò fra sé e sé: ecco, il Golden Globe posso ficcarmelo nel culo. Ha vinto Sean, uno dei miei amici migliori che, ne La promessa, mi ha regalato un cammeo da Academy Award. Ora mi metto a piangere distrutto!

Sì, nonostante il Leone d’oro a The Wrestler e i plausi della Critica alla sua strepitosa interpretazione, Mickey pareva esser rinato. Ma Mickey è una capra, uno che ama troppo far le pecorine con le sue donnine, e va in giro per Beverly Hills vestito come un clochard.

E Hollywood dunque lo manda a cagare.

L’abbiamo visto da Paolo Bonolis ove, con coraggiosa sfacciataggine, ha ammesso che negli ultimi anni, oltre a sottoporsi a tremila operazioni di chirurgia estetica, appunto, è andato in cura da vari psichiatri. I quali non capiscono perché un uomo miliardario come lui abbia bisogno di usare il parrucchino argentato.

Mickey Rourke, che vi piaccia o meno e nonostante continui a sputtanarsi in film che non guarda neppure il suo cagnolino, è un grande.

Lo attestano le sue interpretazioni.

Ecco la mia classifica.

Al primo posto, Chinaski di Barfly. Un uomo ch’è una scoreggia ambulante, che beve come una spugna, trascurato, debosciato ma di gran cuore. Un uomo da Canzone dei folli.

Dunque Rusty il selvaggio. Qui, Mickey non ha niente da invidiare a Marlon Brando. Eh no.

Dopo di che, Stanley White de L’anno del dragone. Un film grandioso, d’altronde è del Cimino. Il film ha solo un evidente difetto. Mickey Rourke, in una scena ha i capelli brizzolati, poi neri, quindi bianchissimi. Ecco cosa succede quando il barbiere di un film è come Franco di Via Zanardi, ove vado io a tagliarmi il bulbo.

Angel Heart.

Ci metterei poi Homeboy. Sì, in questo film c’è la sua ex figa Debra Feuer. Una che ha recitato anche ne Il burbero con Celentano nei panni di Mary Cimino Machiavelli.

Sì, molti sostengono che Mickey sia andato a letto con molte cretine. Non si può dare torto a questa verità assoluta.

Vediamo un po’… The Wrestler. Inizialmente, il ruolo doveva andare a Nicolas Cage ma Nic rifiutò perché preferì girare Segnali dal futuro.

Ho detto tutto…

Francesco della Cavani! Sì, Mickey riesce a essere totalmente credibile nei panni del santo di Assisi nonostante il suo fisico da palestrato e la sua faccia da culo.

Non è da tutti. Ad esempio, molta gente, soprattutto in Italia, Paese di millantatori, si professa santa. E invece ogni notte va a zoccole. La mattina dopo accompagna i figli a scuola e alla domenica ascolta la Santa Messa.

Mickey invece è un uomo intoccabile. Lo si vede lontano un miglio ch’è un troione. Quindi, è perfetto nei panni di San Francesco, uno che parlava con gli uccelli e soprattutto con le passere.

Abbiamo dunque La vendetta di Carter. Mickey compare assai poco e interpreta come sempre la parte del porco.

Vestendo pellicce della Rinascente e attorniandosi, mi pare ovvio, di altre mignotte.

Un ruolo cucitogli su misura, come si suol dire.

Bene, abbiamo finito.

Ma come? Per arrivare a dieci ne mancano due.

Sì, ma Mickey è un attore da 8, dieci non se lo merita.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Attori bolliti: Nicolas Cage, stacanovista, versatile, odiato e bistrattato


18 Jun

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Ebbene, come non potevo andare a parare sul bollito e soffritto per antonomasia, su Nicolas Cage, ovvero Nicolas Kim Coppola nato a Long Beach nel 1964 e nipote conclamato di Francis Ford Coppola?

Eh sì, Nic d’altronde non ha mai nascosto la sua immensa raccomandazione, come si suol dire, e infatti è stato co-protagonista, praticamente esordiente, di ben tre opere del Maestro e regista de Il Padrino e Apocalypse Now. Ovvero i bellissimi Rusty il selvaggio, Cotton Club e Peggy Sue si è sposata, tre meravigliose pellicole a mio avviso memorabili. E quindi è il folle interprete assieme a Holly Hunter di uno dei primissimi film dei terribili fratelli Coen, Arizona Junior. E prima dell’epocale Palma d’oro a Cannes, e il suo Sailor lynchiano di Cuore selvaggio, Cage è stato anche un “nosferatu” sui generis nel sottovalutato Stress da vampiro. E quindi è tutto un succedersi di ruoli su ruoli, fra sue performance oscene come nel tremendo softcore Zandalee, e brillanti ruoli un po’ insulsi in tutta una serie di commediole come Mi gioco la moglie a Las Vegas o Cara, insopportabile Tess. Ed è proprio con un altro film girato nella città dell’azzardo e del vizio, Via da Las Vegas, che Cage un po’ a sorpresa vince fenomenale il suo Oscar, tanto contestato e forse immeritato. Ma l’Oscar a soli trentatré anni lo consacra e gl’illumina il cammino, tanto che prima della fine degli anni novanta non sta fermo un attimo, e interpreta un po’ di tutto, incrociando autori di risma come John Woo, Brian De Palma e Martin Scorsese. Guadagna un’altra nomination con Il ladro di orchidee e va vicinissimo a un’altra candidatura col suo ruolo di gaglioffo e ladruncolo da strapazzo, maniaco-compulsivo ma di gran cuore ne Il genio della truffa di Ridley Scott. Stacanovista, versatile, odiato e bistrattato da una nutritissima schiera tantissimi detrattori, lui instancabilmente macina un ruolo dopo l’altro e non si placa un istante. Tanto da finire sulla bocca di tutti. Buona parte del pubblico lo adora, altri decisamente no, ritengono la sua recitazione iper-caricata, overacting come si dice in gergo, esagitata, quasi “cibernetica” e folcloristica. Ma questa è la sua caratteristica. Prendere o lasciare.

Al che, Nic Cage s’indebita, sperpera un patrimonio in spese folli, gli autori importanti via via si dimenticano di lui e ora gira 5 o 6 film all’anno. Ma tutta robaccia da quattro soldi. Film che a stento vengono distribuiti al cinema, girati in tempi limitatissimi, sciatti e maldestri.

Vi basterà andare su IMDb per notare che sta girando come un ossesso, ha sei pellicole pronte per quest’anno e altre già in preparazione.

Ma, ripeto, film assurdi e perlopiù impresentabili.

 

di Stefano Faloticoattori-bolliti-nicolas-cage-02- attori-bolliti-nicolas-cage-01- attori-bolliti-nicolas-cage-04-

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