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Il grande, graditissimo ritorno di uno dei più grandi: ANTHONY HOPKINS, The Father… of the attori di classe


19 Oct
SILENCE OF THE LAMBS, Anthony Hopkins, director Jonathan Demme with film crew on set, 1991

SILENCE OF THE LAMBS, Anthony Hopkins, director Jonathan Demme with film crew on set, 1991

One of the greatest actors of all time, sir Anthony Hopkins, premio Oscar per Il silenzio degli innocenti, protagonista fra l’altro di The Innocent di John Schlesinger, assai probabilmente, nuovamente oscarizzato per la sua titanica, strepitosa interpretazione inarrivabile in The Father con Olivia Colman.

Gary Oldman di Mank permettendo, pare infatti che il vecchio, navigatissimo lupo di mare, Anthony, chi sennò, quest’anno potrebbe aggiudicarsi ancora la statuetta, semmai assieme proprio ad Olivia per una “doppietta” storica di Best Actor & Best Actress premiati per le rispettive prove magistrali nello stesso film. Roba grandiosa da ricordare Jack Nicholson ed Helen Hunt di Qualcosa è cambiato che primeggiarono come migliori attori nell’anno del Titanic forse glorificato in maniera eccessivamente calorosa. Ciò, se si avverasse, avrebbe del clamoroso. Ma anche del sacrosanto. Ovviamente, un “paio” che ci riporta alla mente il succitato Silenzio… per cui Anthony vinse, come già detto, insieme a Jodie Foster, sconfiggendo nientepopodimeno che Bobby De Niro di Cape Fear, Robin Williams de La leggenda del re pescatore, Warren Beatty di Bugsy e l’eterno “perdente” Nick Nolte de Il principe delle maree. Alzando in cielo l’Academy Award strameritato ed entrando subitaneamente nel mito più leggendario. Anthony Hopkins, poveri cazzoni, mica un debosciato come il 90% delle persone. Anche se, a dirla tutta, nel suo periodo più buio nel quale fu afflitto da una potentissima depressione acuta, anche il buon Anthony divenne alcolizzato quasi cronico. Salvato per il rotto della cuffia, come si suol dire, forse da una possibilissima, lancinante, perforante ulcera devastante, grazie a Johathan Demme e alle sue intuizioni prodigiose e salvifiche, oserei dire miracolose. Roman Polanski corteggiò De Niro quando fu vicino a dirigerlo in Magic. Ma, per strane circostanze del destino, la regia passò a Richard Attenborough e De Niro fu da Anthony egregiamente rimpiazzato. Prima nomination ai Golden Globe per Anthony dopo una gavetta prestigiosa di natura scespiriana in tantissime prove teatrali portentose. Lui che camaleonticamente interpretò, in lungometraggi, film per la televisione e persino fiction di bassa lega, una marea di personaggi iconici e storici realmente esistiti, vissuti davvero… da Anthony con immedesimazione strepitosa. Da Adolf Hitler a Pablo Picasso, da Nixon ad Alfred Hitchcock, da Burt Munro forse a un uomo, meno famoso del gobbo di Notre Dame, ma assai vip, cioè celebre, in quel di Montemurlo o forse di Montecarlo. Sì, Anthony può fare tutto. Può interpretare, anche a ottanta primavere e più suonate, però non da suonato, anche il ruolo di Ugo Fantozzi in un remake americano diretto non da Luciano Salce, bensì da Michael Bay che donerebbe ad Anthony la parte ingrata eppur celeberrima del ragioniere sfigato incarnato dal compianto Paolo Villaggio, allestendogli attorno micidiali sparatorie scagliategli contro da un megadirettore galattico all’urlo d’uno spaurito Hopkins, veramente “transformer”, che implorerebbe disarmante pietà da comare sicula timorata di dio e più racchia della signorina Silvani!

– Com’è umano lei! Mi perdoni padre, cioè padrone, perché ho peccato. Mi “facci” la grazia.

hopkins wolfman

Anthony, adesso silenzio, cari/e lambs, falsi angioletti e piccoli agnellini. Comunque, dopo The Father, Anthony è atteso in Elyse. Diretto dalla sua ex moglie, Stella. La storia di una donna certamente più sexy di Buffalo Bill che però vive da Elephant (wo)Man. Di mio, non sono un lupo solitario come Buffalo ma potrei essere Wolfman. Su questa freddura, vi lascio. Ora, ho da fare. Forse la mia lei, forse Lisa Pepper. Attrice il cui nome ci segniamo subito poiché mi sembra, a differenza del suo personaggio interpretato nel film succiato, tutto fuorché malata. Mi pare semplicemente bona.

 

di Stefano Falotico

THE ELEPHANT MAN, Anthony Hopkins, 1980, (c) Paramount

THE ELEPHANT MAN, Anthony Hopkins, 1980, (c) Paramount

anthony hopkins

I progetti irrealizzati, forse solo idealizzati, di Brian De Palma: innanzitutto, Toyer ma forse è meglio il libro Il diavolo è un giocattolaio


02 Oct

brian de palma

Sì, ogni regista ha almeno, conti alla mano, anzi su due mani, circa dieci progetti ambiti, i cosiddetti dream projects, giammai realizzati. A causa di tutta una serie di circostanze sfortunate, di difficoltà produttive, semmai all’ultimo momento, riscontrate. Per colpa di non dati per scontati scontri con chissà chi.

Per esempio, credo che Francis Ford Coppola, oramai più obeso di Marlon Brando dopo vent’anni da Il Padrino, per quanto s’ostini ad annunciare continuamente le riprese, più e più volte slittate, mai veramente partite, oserei dire di sudore freddo patite, posticipate, semplicemente rimandate, diciamo pure mai svoltesi né iniziate di Megalopolis, a causa di evidenti suoi limiti anagrafici e d’una demenza senile sempre più galoppante, non salirà in sella a tale suo sognato film perennemente mai concretizzatosi. Sì, oramai Francis è vecchio, rimbambito più di Bruce Dern di Nebraska e Megalopolis, film scifi di natura semi-peplum, ambientato cioè in un’antica, oserei dire postmoderna, avveniristica Roma simil Metropolis, non troverà mai la luce.

Sì, Francis, fra poco ascenderai nei campi Elisi. Campi ove non finirà quella frustrata della cantante Elisa, bensì è il posto dei Beati ove salgono lassù non solo i Russell Crowe de Il gladiatore ma anche tutti i cineasti, per l’appunto, paradisiaci come te. Da empireo, registi imperatori che per anni imperarono sulla Settima Arte con tanto di sacrosanta aureola, giammai riposandosi sugli allori.

Allora… Gian(n)ina Facio fa sì che Ridley Scott, ogni volta che quest’ultimo giace/ccia con lei a letto, essendo ora costei sua moglie dopo averla data anche a Fiorello che, a sua volta, di “Karaoke” lo diede a Katia Noventa, non so se pure a novanta, ecco, fa sì che il regista del super malinconico Blade Runner, alla fine dell’amplesso con lei, reciti in maniera liturgica, diciamo anche da arrapato Mimì metallurgico, il celeberrimo monologo di Rutger Hauer con tanto di Cristoforo Colombo di 1492: La conquista del paradiso, no, di lui al settimo cielo come una colomba bianca che se la ride come una pasqua, come si suol dire.

Sì, ragazzi, dinanzi a Gianina tutta ignuda, semmai anche in perizoma e tanga presto da lei tolto per annegare il suo “Triangolo delle Bermude” (da non confondere con quello di Renato Zero), Ridley mitraglia come Eric Bana di Black Hawk Down per tempeste ormonali sue da Albatross senza bermuda.

Comunque, lasciamo stare Ridley (non sono ca… i che ci riguardino) che scotta con la Facio ogni volta che se la fa e torniamo a Coppola.

Megalopolis… dovrebbe esserci adesso Jude Law e, tanti anni fa, nel cast doveva esservi pure il nipote del Coppolone, vale a dire Nicolas Cage, assieme a Bobby De Niro, Russell Crowe (sì, sempre lui), Paul Newman e Kevin Spacey. Castrato da Scott per via dello scandalo imputatogli, forse peggiore di quello al centro del prossimo film di Scott stesso, ovvero Gucci, estromesso e censurato da Tutti i soldi del mondo poiché Ridley non poteva sputtanarsi… e ho detto tutto.

Ma chi se ne fotte… di Coppola. Parliamo di un suo grande amico, vale a dire Brian De Palma.

A quanto pare, malgrado perenni rimandi, Brian dovrebbe girare Catch and Kill, una sorta di storia alla Predator. Cioè un reboot del capolavoro di John McTiernan con Schwarzenegger? No, uno psycomovie perverso, in stile hitchcockiano su tipico stilema depalmiano da Doppia personalità e Omicidio a luci rosse, ispirato ad Harvey Weinstein. Ah, ma allora questi registi sono fissati a fare i guardoni. Ma che sono James Stewart de La finestra sul cortile oppure De Niro di Hi, Mom? Mah… Fatto sta che alla Donna che visse due volte preferisco il mio libro La vertigine del lieve crepuscolo. Mentre a Kim Novak preferisco Rebecca Romijn di Femme Fatale. A Hilary Swank di Black Dahlia, preferisco Scarlett Johansson. Invece, a Sharon Stone di Sliver, preferisco il suo vedo-non vedo, diciamo il suo upskirt senz’alcun velo, di Basic Instinct.

Brian De Palma voleva Nicolas Cage in un biopic su Howard Hughes. Poi, lo voleva nella parte di De Niro da giovane, cioè Al Capone, nel prequel de Gli intoccabili.

Con Gerard Butler nella parte che fu di Sean Connery. Meglio che tale stronzata non sia stata realizzata.

Nicolas Cage nella parte di De Niro mi pare infatti una cagata pazzesca. E qui sono Paolo Villaggio/Fantozzi che attacca, senza mezzi termini, La corazzata Potemkin. Da Brian citata in The Untouchables.

Vorrei parlarvi invece di Toyer. Film che doveva essere ambientato a Venezia con Colin Firth e Juliette Binoche. Sulla Binoche, siamo tutti d’accordo? Potrebbe anche stare ferma, in gondola, per due ore e mezzo di film, senza dire una sola parola. Recitando in maniera annacquata, cioè interpretando un ruolo mal cucitole addosso che fa acqua da tutte le parti. Sì, cucite male parti che non calzino a pennello a Juliette. Meglio, difatti, che Juliette sia pure senza calze.

La sua bellezza oceanica parla da sé e scatena una marea cataclismatica in ogni uomo non solo romantico da Ponte dei Sospiri…

Che cosa? Juliette è invecchiata? Non diciamo stronzate. Se si spogliasse davanti a voi, comincereste a guardarla (e non solo) da ogni angolazione come John Travolta di Blow Out.

Comunque, avete ragione. Carla Gugino di Snake Eyes è più bona. Anche l’ex di Nic Cage, Christina Fulton. Lo sapeva pure Val Kilmer/Jim Morrison di The Doors. Eh sì, il re lucertola… e si prende l’ascensore.

Sì, credo che Cage sia stato reso cornuto da Christina molto tempo prima di essere da lei lasciato e venir coglionato da Patricia Arquette. Nic, dammi retta, riguarda la scena finale di Al di là della vita e non recitare la parte del duro. Fai pietà. Di Michelangelo?

In Toyer, Colin Firth doveva interpretare la parte di un genio pervertito che, anziché uccidere le sue vittime, le torturava psicologicamente. Facendo loro dello stalking e dello body shaming crudele.

Al fine di farsele, no, farle impazzire, rendendole psicotiche e obbligandole, giocoforza, a coma farmacologici e a gravissimi TSO.

Praticamente, quello che alcuni idioti fecero a me.

Peccato che non avessero calcolato che so scrivere libri à la De Palma ambientati in laguna come Il diavolo è un giocattolaio.

E che la mia attuale lei sia la donna che compare in questa copertina.speculareipnosifalotico

A proposito di Val Kilmer e De Niro, non scoperto da Scorsese, bensì da De Palma, miei voyeur “dritti”.

Che cosa dice Al Pacino in Heat? È gente cazzuta, questa.

Comunque, non nutro pensieri vendicativi nei riguardi di certa gentaglia che volle indurmi al suicidio, non sono Il conte di Montecristo.

E non ucciderò nessun Ted Levine. Neppure quello de Il silenzio degli innocenti. Non sono mica Jodie Foster… de Il buio nell’anima, no?

Per cui, i miei haters possono dormire sogni tranquilli. Tanto, sono così scemi che confondono Freddy Krueger di Nightmare con Diane Kruger di Bastardi senza gloria.

Oh, nazisti filo-fascisti. Non sono bello come Brad Pitt ma sono Leo DiCaprio di C’era una volta a… Hollywood.

Se non vi sta bene, vi spediamo subito in manicomio come Charles Manson.

Ecco, molta gente mi urla che io debba soffrire e stare malissimo.

A me pare di stare benissimo. Ora, mi spiace per il demente che andava a dire che io fossi schizofrenico. Semplicemente, è stato distrutto.

Sapete, se provocato da imbecilli, posso essere più cattivo di Al Pacino di Scarface.

 

di Stefano Falotico

falotico

RILEY KEOUGH: dopo la mia lei, modestamente parlando, è la donna, attrice e modella più del mondo, a prescindere da VANESSA KIRBY ed ELIZABETH OLSEN


20 Sep

Riley+Keough+Star+Studded+Summer+Party+NYC+IjL8UO9g-nzl

rileykeoughSettimana nuova, buon lunedì a tutti, post dunque nuovo. E Falotico nuovissimo. Diciamo, rinato e rinnovato, forse solo riamato, ritornato. Chissà.

Speriamo, inoltre, che questo terribile incubo del Covid-19 finisca completamente e che si possa tornare in sala regolarmente senza mascherine e mascherate varie. Ma dove siamo? In Eyes Wide Shut? Il Carnevale di Venezia è a Febbraio e il Festival della kermesse veneziana è finito oramai da un pezzo.

Quindi, cerchiamo di tornare alla normalità quanto prima. Io sono tornato normalissimo. Anzi, al momento sono fin troppo normale, dunque imborghesito in modo confacente alla cosiddetta realtà sociale. Che può essere disturbante poiché la vita vera può presto annoiare e bisogna, appunto, presto ritornare a sognare, dunque andare nuovamente al cinema.

Sessualmente parlando, ho appurato di essere eterosessuale. Tranne quando vedo, anzi, rivedo Riley Keough e, come si suol dire, non vi sto dentro. Riley è stupenda e se la può battere con la mia lei. Perde solo ai punti. La mia donna, lo dico senza falsa modestia, è veramente bellissima. Secondo lei, a prescindere dalla mia stempiatura abbastanza evidente, anche io posseggo una bellezza fuori dal comune.

Ecco, detto ciò, inserita/o che ho la mia lei al primo posto assoluto e inarrivabile, parliamo delle tre donne e attrici, a mio avviso, più belle e sexy del mondo.

Ora, chiariamoci molto bene prima di incorrere in fraintendimenti. La mia attrice preferita, in senso prettamente recitativo e/o attoriale, è Jodie Foster. Jodie è di una bravura immane, è mostruosa. Su questo, non si discute. Non mi metto neanche con(tro) una così, una donna veramente cazzuta.
Jodie, anche se mai sia dovessi un giorno conoscerla dal vivo, non potrebbe comunque venire con me.

Sì, è lesbica e dunque preferisce i rapporti saffici.

Di mio, a 13 anni fui perdutamente innamorato di una ragazza della mia classe terza media, ovvero T. Laffi. Poi mi persi per strada e, qualche volta, qui a Bologna gironzolai pure per via Saffi.

Quando dal resto del mondo mi oscuro, purtroppo, significa che sono nuovamente ricaduto in nero stato depressivo. Al che, divento un tipo schivo e poco di me sicuro. Ma, statene sicuri, dinanzi alla mia lei mi riaccendo, per lei non più mi trascuro e sono duro.

Rimanendo però magnificamente un puro.

Non mi do più agli atti impuri e, da qualche giorno, ho visto Le strade del male di Antonio Campos.

In questo film che, a dircela tutta, non è bello come Robert Pattinson, c’è l’ex di quest’ultimo, vale a dire Riley Keough, per l’appunto.

Al Festival di Venezia vidi (qui cambiamo in passato remoto) The World to Come con Vanessa Kirby. Ma non vidi Vanessa dal vivo. Mentre Tom Cruise del succitato Eyes Wide Shut vide quella di Shaw Vinessa.

Considero, dopo la mia lei, Vanessa Kirby la donna più bona della storia. Altro che Nicole Kidman.

Dunque, Vanessa, in quale posizione la mettiamo? Naturalmente, al primo posto del podio. Al secondo, piazzo Elizabeth Olsen. Come già vi dissi, la vidi in Red Lights e forse fui cieco poiché, a quei tempi, non mi piacque. Anzi, la considerai racchia.

In Red Lights, vi è il mio attore preferito. Chi è? Lo sanno pure le pietre e i bambini di 5 anni, suvvia, bambagioni, è ovviamente Bob De Niro.

In questo film, vuole dare a bere a tutti di essere sensitivo e super dotato… di poteri paranormali. Si finge pure cieco.

Invero, il sensitivo si scopre essere Cillian Murphy (spoiler) e Simon Silver/De Niro rimediò una figura da coglione peggiore di Tom Cruise nel capolavoro del Kubrick sopra menzionatovi.

Sì, ero cieco, ora ved(ev)o come Bradley Cooper di Limitless.

Nella mia vita, persi di vista le ragazze, persi quasi tutto a essere sinceri, adesso ho riacquistato la vi(s)ta e non solo quella.

Col senno di poi, debbo ammetterlo. Elizabeth Olsen è una così f… a che, come si suol dire, non si può vedere, ah ah.

Riley Keough non scherza, però.

Come si suol dire, che il Falotico sia un uomo normale, non vi crede nessuno.

Basta che la mia lei creda in me.

Anche perché devo dirvi la verità in tutta franchezza.

Vanessa Kirby, Elizabeth Olsen e Riley Keough sono, come detto, bellissime.

Ma anche ricchissime.

Forse, potrei anche permettermele. Ma non ho, devo esservi onesto, il carattere per stare a Hollywood.

È un posto pieno di stronzi.

Preferisco uscire prestissimo col mio nuovo libro. La cui prefazione sarà curata da D. Stanzione, ottimo recensore e critico di Best Movie.

Non vi sto mentendo. Domani dovrei riceverne la bozza definitiva, ultimata e corretta.

Il libro s’intitola La leggenda dei lucenti temerari.

Credo, in tutta sincerità, che Stanley Kubrick fosse e sia stato un genio anche se trasse le sue sceneggiature dai libri degli altri.

Non aveva, come si suol dire, molta fantasia. La sua fantasia peggiore era diventare triste, misantropo e solo come Jack Torrance/Nicholson di Shining.

Non l’avevate capito? Allora, siete veramente più tonti di quello che pensavo.

Domani, forse risplenderà il sole, a fine mese dovrei incontrare la mia lei di nuovo e diverrò radioso, oserei dire caloroso e raggiante.

Come dicono in meridione, statem’ buon’.

Che volete farci e farmi? Sono un bello e dannato. Anzi, d’annata.

L’unica differenza fra me e Robert Pattinson, a parte qualche capello in più di Robert, è il fatto che lui fa il piacione perché è un riccone. Ho scritto… riccone. Pensate, a me non piace neanche andare a Rimini e a Riccione. Sono ambienti pieni di tamarri, preferisco rimanere sia Joker che Batman. Ora, scusatemi, s’è fatto tardi. È l’una e mezza infatti di notte. Devo dormire oppure riguardare Via col ventoDomani è un altro giorno. E ci saranno nuove gatte, sì, Catwomen da pelare. Soprattutto, se vogliamo essere realistici, non fantasticando troppo di cinecomics, la mia vita è stata tragicomica. Non s’è mai visto, difatti, uno scrittore forse più bravo di Kubrick che ha/abbia meno soldi di un analfabeta.

La prendo con filosofia. Riley+Keough+Riley+Keough+Jimmy+Kimmel+Live+vHUfQGsHcomlVoi, invece, se ce la fate, prendetevi RilRiley+Keough+Riley+Keough+Ben+Smith+Petersen+ZkSB0On81CGley.Riley+Keough+Riley+Keough+Ben+Smith+Petersen+GVH4G3bz8LPlRiley+Keough+Girlfriend+Experience+New+York+vbT3WKZ39dAlRiley+Keough+Premiere+Warner+Bros+Pictures+clTh1L8_zBkl Riley+Keough+Premiere+Warner+Bros+Pictures+b_zt67RjTsll Riley+Keough+Premiere+Warner+Bros+Pictures+awC2-9ui-zFl

 

Venezia 77, diario di bordo: solo due nottate stavolta per me, la famiglia Coppola, l’alluvione mattutina d’un 7 Settembre infausto ma mi sento rinvigorito e rilluminato, anche onestamente accreditato sfigato, è bellissimo!


09 Sep

Mainstream+Red+Carpet+77th+Venice+Film+Festival+3hsHmCUKrhPlChe dire? Quest’anno, Il Festival di Venezia è stato decisamente molto particolare. E forse io, alla soglia dei quarantun anni (li compirò, ahimè, fra pochissimi giorni, ovvero il 13 di questo mese), sento che davvero, questa volta, qualcosa nel mio animo s’è irrimediabilmente perduto. Non respiro infatti più quella delicata magia dei primi tempi quando vi andai da esordiente, ignaro perfino di dove fosse e sia tuttora ubicato lo storico, lussuoso Palazzo del Cinema che ospita la celebre kermesse, nostro fiore all’occhiello e vanto nazionale di pregiata Biennale.

Che io mi ricordi, io, peraltro famosissimo per le mie tragicomiche amnesie da Guy Pearce di Memento, ecco, per quanto io a stento rammenti o possa non ben rimembrare quella prima volta mia al Lido avvenuta oramai in tempi lontanamente siderali, il primo film che vidi alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia fu il bellissimo Cop Land di James Mangold.

Uscito sui nostri grandi schermi in data esatta del 25 Ottobre del ‘97.

Cop Land fu presentato, fuori concorso, credo all’ex sezione Mezzanotte. Aggiungo io… e dintorni. Ancora prima che impazzasse Gigi Marzullo oggi giorno, con la sua rubrica cinematografica, oppure precisamente quando Gigi cominciò a spopolare furiosamente col suo oramai leggendario ex programma televisivo chiamato Sottovoce. Che cosa? Non è ex di niente? Ancora lo programmano nel palinsesto notturno?!

Ora, la vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?

Celeberrima domanda retorica, oserei dire soltanto ridicola, espressa spesso da Gigi ai suoi ospiti incolpevoli che dovettero sorbirsi, di altre domande impertinenti, un’interrogazione, diciamo, quasi più imbarazzante della domanda porta (no, non Porta a Porta di e con Bruno Vespa, bensì participio passato del verbo Porgere) loro sopra scrittavi.

Che io mi ricordi, mi colpì comunque la sua intervista a Lino Capolicchio ma soprattutto non dimenticherò mai la puntata nella quale una Milly Carlucci, eh sì, ancora al massimo del suo splendore e al più alto rigoglio delle sue magnifiche gambe seduttivamente inguainate in collant assolutamente eccitanti e morbidamente trasparenti, scosciando con levigata morbidezza di quadricipiti longilinei ed allineati alla sua mise di tacchi a spillo vertiginosissimi, fece sì che io arrossissi, no, mi scordassi immediatamente di ogni quesito marzulliano stupidamente cervellotico e invece, alla maniera di Woody Allen, di contraltare facessi l’amore con una persona che stimai, cioè me stesso. Dicasi anche autoerotismo sentito in modo profondissimo, diciamo anche da uomo aspirato nella depressione e nel buio più nero sprofondato in maniera poco ispiratrice di slanci vitali amorosamente condivisi e più calorosi.

In pratica, l’autoerotismo è una pratica demonizzata e malvista da quasi ogni donna, anche dalle più divinizzate e beatificate, alla base forse della rottura di p… e, sì, di legali pratiche (che avevate capito?, scusate, ah, come siete maliziosi) che condusse, assieme probabilmente alla relazione di Woody con la figlia adottiva “avuta” da Mia Farrow, alla separazione coniugale, non tanto di constatazione amicale/amichevole, diciamo, fra Diane e il genio di Manhattan.

Ma non perdiamoci in seghe… mentali e non, arrovellandoci pateticamente di onanistiche dietrologie e retro-pensieri più bigotti della crociata scagliata contro Woody dall’America puritana, detta altresì solo ipocrita.

Veniamo… al dunque, detto anche… sodo. Non ero ancora maggiorenne il giorno del 5 Settembre quando Cop Land fu presentato in Sala Grande alla presenza di Sylvester Stallone e Ray Liotta.

E mia madre dovette fare i salti mortali per convincere la bigliettaia a darmela, sì, la possibilità di entrare in galleria in mezzo alla platea che applaudì, a fine eiaculazione, no, proiezione, così come dopo l’amplesso mostrato e appieno ben svolto da Woody de Il dittatore dello stato libero di Bananas.

Sì, soffrii del complesso di Edipo da episodio, per l’appunto, alleniano di New York Stories, quindi, volete farmene una colpa?

Guardate che vi farò curare da Billy Crystal di Un boss sotto stress se ancora azzarderete ad accusarmi di essere affetto da attacchi di panico quando vedo Bob De Niro buttarsi via in commediole più scialbe di Ti presento i miei, ah ah.

Ecco, in Cop Land vi è/fu anche Bobby. Oltre a un cast di facce scorsesiane da far impallidire ogni uomo scaldato e sovreccitato allo spasmo come se si trovasse dinanzi a Cathy Moriarty di Toro scatenato.

Eh già, c’è/ vi fu anche lei. E la Moriarty è/fu anche in Analyze That.

Sbaglio? Non credo affatto.

Guardate, nella mia vita incontrai papponi e corrotti più viscidi di Sport di Taxi Driver e serpi velenosi più indistruttibili di Robert Patrick di Terminator 2.

Ma me salvai grazie alla mia purezza da Superboy/Michael Rapaport.

Bisogna stare attenti, comunque, non solo agli uomini moralmente stronzi.

Anche le donne apparentemente più innocenti come Ksenia Rappoport de La doppia ora di Giuseppe Capotondi (presentato in Concorso a Venezia, rendiamocene conto!) possono abbattere ogni Filippo Timi all’apparenza duro, dicendogli soltanto che non è più figo come un tempo e ora abbisognerebbe di un riporto…

Molta gente, in Italia ma non solo, parla degli altri e di Cinema senz’alcuna cognizione di causa.

Ecco, stimo Fede Frusciante ma, l’altra sera, mi trovai da un mio amico e, in maniera scanzonata, riguardammo un suo video sui peggiori film “di” San Valentino.

A un certo punto, sostenne che Richard Gere sia il re degli incapaci. Adesso, possiamo sindacare su Autumn in New York, reputandolo giustamente un film sentimentalmente zuccheroso e insopportabile.

Ma ricordiamoci che, per essere Richard Gere e Nicolas Cage, bisogna avere le palle.

Nicolas Cage, Sofia Coppola e Gia Coppola sono raccomandati? Certo ma la raccomandazione devi mantenerla. Anche la pensione d’invalidità, miei furbetti, se fingerete di essere malati di mente e poi, ogni notte, non solo la vostra vita, metaforicamente, andrà a puttane. Non raccontiamoci pugnette, suvvia, mezze calzette e cazzoni vari.

Dunque, non spariamo cazzate. Per esempio, Cristiano Ronaldo sa benissimo che, per essere Ronaldo, deve mantenere una disciplina ferrea. Se fossi in lui, comunque, lascerei subito stare quella Giorgina o come cazzo si chiama lei. Uno che sa giocare di tiri così, cazzo, potrebbe riempire l’incrocio dei “peli” di una molto più figa della sua faccia imbattibile da culo.

E basta anche col criticare Matteo Salvini con la sua nuova “topa” Francesca Verdini. Non tutti possono essere James Bond e di Sean Connery, a dirvela tutta, ce n’è solo uno?

Forse due. Chi è il secondo?

Non lo so, forse un signore colto come Guglielmo da Baskerville che visse da metronotte alla Jimmy Malone, spesso soltanto alone, il quale conosce la perfetta differenza fra un volpone e la Sala Volpi, fra la Coppa omonima e quella di voi nonni. Ah ah, non sono secondo a nessuno. Infatti, sono ultimo. Ah ah.

E quando incontri uno così puoi anche dire Mai dire mai. Sì, è un tipo da Caccia a Ottobre rosso, un uomo immersosi in modo subacqueo nelle sue ansie oceaniche, quindi riemerso in gloria malgrado a Venezia, in data 7 settembre, alle 9 in punto di mattina, il cielo si oscurò, tanta pioggia a lui in testa precipitò eppur, testone, non è un coglione come quasi tutti ma un uomo che conosce il distinguo fra Amos Gitai e i gitani.

Chiariamoci molto bene. Non bisogna soffrire d’invidia né di gelosia.

Di Connery, eh sì, abbiamo appurato che ce ne siano due.

Di De Niro, invece, ne rimane solo uno per quanto sia ancora il mio attore preferito. No, non me ne identifico, di cognome faccio in effetti Falotico.

Nel giro di sei mesi, Robert De Niro dovrà girare After Exile, Wash Me in the Water con John Malkovich, Killers of the Flower Moon di Scorsese con DiCaprio, Gucci di Ridley Scott (uno qualsiasi, vero?), Armageddon Time di James Gray.

77 anni per Bob da poco compiuti e la settantasettesima edizione del Festival.

Per durare così tanto, significa essere forti, grandi.

E questo è quanto.

Adesso, scusate, sto lavorando all’editing di un libro di circa 400 pagine, domenica devo festeggiare il mio compleanno, quindi sto completando un’altra opera letteraria, devo incontrare la mia lei, gestire tutto ed essere pronto, il prossimo anno, a tornare di nuovo al Festival, conservando una dignità e una forza impressionante da Silvio Orlando de Il papà di Giovanna e de La passione.

Due film forse non capolavori ma che valgono il prezzo del biglietto.

Provateci voi a non essere Brad Pitt ma un comune Silvio.

Chi? Orlando o Berlusconi?

Non lo so, so soltanto che al Caimano preferisco darvi una mano…

Ché, come si suol dire, una mano lava l’altra e qui, in tale mondo di “mani pulite”, sono cazzi vostri amari se, presto, non riconoscerete di essere dei fottuti.

Sì, dovete e quindi dobbiamo prenderne coscienza. Possiamo, al massimo, essere i nuovi William Shakespeare. Facciamo ridere i polli. Ah ah. Non avremo mai la possibilità che vengono offerte ad altre… no, volevo dire, ad altri. Che poi… è la stessa cosa. Lui dà a lei il lasciapassare e lei dà a lui la sua passera. La vita è questa. Sì, fa schifo, si sa. E, se non lo sapete, ve lo dici qui senza fronzoli. Non otterrete neanche un modesto accredito stampa al Festival di Venezia per potervi permettere di essere come me.

Sì, salutatemi a sorrata. Eh già, ci sono quelli baciati da Francesca, quelli che cantano non è Francesca, Francesca non ha mai detto di no, ci sono gli amanti di Lucio Battisti e di Giuseppe Battiston, di mio, non sono da Sanremo e da teatro Ariston, sono un Aristogatto, sono Aristoteles de L’allenatore nel pallone con Lino Banfi, sono quel che voglio.

Poiché ebbe ragione Pino Daniele: iè so’ pazzo, iè so’ pazz’, non mi scassate u cazz’.

 

di Stefano Falotico

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77.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica: inaugura Lacci di Luchetti mentre io slaccio ogni lucchetto del passato e voglio ringraziare tutti, anche i cattivi, per il mio miracoloso ringiova(ni)mento


02 Sep

Lacci+Photocall+77th+Venice+Film+Festival+EeNMmso1s2olInnanzitutto lei, anzi, Lei con la maiuscola. Fulgida e soave, superlativa e acuta, lei il mio cuore ausculta e la mia anima ascoltò.

Eh sì. Edizione veramente particolare quella di quest’anno del Festival di Venezia. Pregiata kermesse giunta alla sua settantasettesima edizione.

77, come gli anni da pochissimo compiuti di the greatest actor alive.

Che te lo dico a fare? Al Pacino, incluso Donnie Brasco e la sua magnifica performance doppiata, in tale film di Mike Newell, da uno strepitoso Giancarlo Giannini al suo massimo storico?

No, il suo antagonista, nemico-amico storico di sempre. Ovvero, anzi, ça va sans diremonsieur Bob De Niro. Soprannominato, ai tempi della sua adolescenza schiva e riservata, as Bobby Milk, per via del suo pallore congenito.

Sì, è vero. Gli assomiglio. Peraltro, non poco. Ma non credo, sinceramente, che questa mia rassomiglianza sia derivata dall’essermene identificato tantissimo tempo addietro. Quando, adottando una tecnica d’identificazione-trasfusione attoriale fra lui e me, spettatore nei suoi riguardi adorante oltremodo, in maniera simbiotica sostituii il mio Falotico, dotato inoltre di medesimo suo neo sulla guancia però opposta, al suo volto. Compenetrandomene à la Videodrome cronenberghiana di mimesi talmente assurda da sembrare, a sua volta, un ambiguo, inquietante e al contempo pazzesco, funambolico body horror incredibile ed estremamente affascinante.

E, a proposito di uno dei tanti capolavori inarrivabili di uno dei maggiori, imbattibili cineasti viventi, vale a dire David Cronenberg, da qualche anno a questa parte, sono divenuto amico di Federico Frusciante. Auto-ribattezzatosi l’ultimo dei “videotecari”, stazionante in via Magenta e gestore, proprietario, soprattutto factotum del suo negozio di noleggio di dvd.

Un locale ove, anacronisticamente, ora che impazzano lo streaming, Amazon Prime e Netflix, ancora si possono “affittare” i film, restaurandoci all’antico lindore di una memorabilia cinefila fra l’ante litteram più nostalgico degli anni novanta, epoca in cui spopolarono le VHS, e la Naïve art di pellicole soltanto “arty”, cioè pellicole che, nelle intenzioni, vorrebbero essere assoluta arte memorabile e invece sono ed eternamente rimarranno pacchianate kitsch delle più scontate e programmaticamente studiate per un pubblico idiota di radicalchic finto-sofisticati, cioè una congrega di esaltati intrinsecamente ignoranti, e… dicevo, scusatemi, per l’ennesima volta mi sono perso. Dicevo, datemi un attimo di tregua e di Respiro (che fine ha fatto, Emanuele Crialese?), devo compiere mente locale, ecco, ci sono. Pardon!

Locale, quello del Fruscio, ove si passa dalle ultime mega-cagate con Nic Cage, attore da Fede detestato, alle più bieche furbate, dicasi altresì gigantesche porcate in formato colossal soprattutto della scemenza più abissale, firmate da Michael Bay, dai film muti a quelli più sregolati, folli e geniali di Takeshi Kitano. Regista dal Fruscio giustamente venerato, forse solo un tantino da lui magnificato.

Io vidi Beat Takeshi dal vivo. Come no?

Ah, ne passai tante e vidi tantissimi attori e registi. Pure lo stesso Nicolas Cage durante la prima de Il cattivo tenente di Werner Herzog.

Dopo aver fotografato Nic, mi recai a un chiosco. E, dinanzi a me, in camuffa, scorsi Vincent Gallo.

In questi anni, credo di aver affrontato qualcosa che un comune mortale non dovrebbe mai fronteggiare e contro cui nessun uomo dovrebbe giammai battagliare.

Dovetti scagionarmi da accuse infondate sulla mia persona, sconfiggendo ogni ordine psichiatrico e dimostrando di essere più intuitivo di Rust Cohle di True Detective per non venire cannibalizzato da carnali persone ingorde della mia anima.

Sì, sono Hannibal Lecter. Non lo sapevate? Con l’unica differenza che furono gli altri a volermi mangiare vivo mentre io continuo a pensare che, se Jodie Foster soltanto mi avvistasse davanti a lei in un pub, dopo tre secondi netti non sarebbe più lesbica.

Sì, Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti fu un uomo invero originariamente, innatamente e dannatamente innocente, scarnificato da maniaci sessuali. Al che, spolpato a sangue nel suo pudore stuprato, da pecora da poesie di Umberto Saba, si trasformò in un lupo cattivo, desiderando di amare le donne in modo saffico.

Di mio, malgrado ogni violenza psicologica subita, ripeto, divento sempre più buono, soprattutto bono forte.

Tant’è che la mia attuale lei è sull’orlo della pazzia, in quanto del sottoscritto gelosa a morte.

L’altra sera addirittura mi disse:

– Stefano, per non soffrire pene… d’amore, mi sa che dovrò cambiare sesso.

 

Lei, inoltre, crede fermamente che io piaccia molto anche ai gay. Una bella situazione del cazzo, non c’è che dire. Ah ah.

A parte gli scherzi, il Festival è stato inaugurato da Lacci di Daniele Luchetti, grande amico di Nanni Moretti.

Mentre io, grazie alla mia personale psicanalisi, assai più valida di ogni teoria freudiana ed elucubrazione lombrosiana sulle principali istanze della personalità, tematica al centro di Tre piani, abito al quarto piano e, ultimamente, io e la mia lei, quando ci amiamo e ci denudiamo, non è che, a dirla tutta, ci andiamo pianissimo.

Diciamo che io spingo abbastanza anche se, finito che abbiamo io e lei di amoreggiare in modo selvaggio, lei sostiene che Al Pacino sia sempre stato più bravo di De Niro.

E io, a mo’ di Moretti di Aprile, le rispondo:

– Sì, ed è sempre più basso.

 

No, non sono ancora a Venezia. Me ne recherò il 5 da accreditato stampa. Non posso permettermi tutto il Festival. Gli alberghi non poco costano.

Davvero pensavate che fossi figlio de Il caimano?

Sono un pasticcere trozkista e, a mio avviso, Silvio Orlando è un grandissimo.

Vi ricordate la sua battuta in Ex?

– E con questo stai? È pure brutto!

– Ha parlato Brad Pitt!

 

Io mi differenzio da Silvio per due motivi. I seguenti:

Brad Pitt non ha mai scritto un libro, recita peggio di me e, al Festival, vi va da piacione.

C’è una grandissima, immane differenza fra un sex symbol e un Falotico.

Io, se fossi in voi, sceglierei il Falò.

Se dite che non è così, beccatevi questo mio video e ci vediamo alla prossima.

Sì, non sarò mai Brad Pitt e C’era una volta a… Hollywood non è un granché.

Ma io batto Leo DiCaprio di Titanic soltanto di mia Voglia di ricominciare.

Comunque, fidatevi, This Boy’s Life è un film mediocre.

È meglio il film che sto concependo in tale mio momento esistenziale. Intitolato provvisoriamente Voglia di fottere…

Ve ne do un’anticipazione. Sarà la storia di vari uomini invidiosi del Falotico. I quali, malgrado molti universitari titoli, non sono accreditati stampa, non hanno nessun libro all’attivo, non sono combattivi ma hanno crescentemente i fegati distrutti.

Al che, in preda alla follia più totale, perseguitano il Falotico nel tentativo patetico di volerlo destrutturare e abbattere.

Peccato che io ami anche Ronin.

E, con morbida nonchalance, passeggio vellutatamente, leccando un gelato e non solo…

Non so cosa farò del mio Falò in questa vita ove ce n’è sempre una…

Intanto, faccio cose, vedo gente.

Sono un Ecce Bombo, un Bombolo, un uomo che ama un bombolone alla crema ma anche una donna più dolce delle facce da cioccolato scaduto di molti di voi.

Sì, ho capito una cosa importante in questa mia stranissima vita.

Io devo aiutare gli altri quando vanno giù e loro parimenti devono aiutare me.

Solo attraverso ciò si è veri amici. Così come insegnano Nanni Moretti e Daniele Luchetti.

Altrimenti, se continuerete a essere egoisti e narcisisti, stronzi e qualunquisti, canterete solamente La Mer.

Non sarete artisti di niente, sarete solo delle mer… e.

E mi spiace davvero deludere tante persone.

Avevo ragione io.

Sono un poeta, un romantico. A dirla tutta, non vi vedo neanche. E mi pare giusto che i dementi abbia io sputtanato.

DiCaprio è vincibile da me e l’isola di Capraia è fighissima…

Abbiamo pure visto, in questi giorni, il poster ufficiale di Diabolik.

Hype alle stelle! Ma mi faccia(no) il piacere. Ci mancavano solo i Manetti Bros. Con quel trimone di Luca Marinelli, con la regina delle sciacquette, ex Miss Italia dei suoi stivali e dell’italiano medio da stivalone italicus, ovvero Miriam Leone, cioè per dirla alla Carlo Verdone, un puttanone. E, a proposito di “top” delle tope da Bianco, rosso e verdone, abbiamo pure Claudia Gerini.

Ah, questi mi fanno girare i co… i, odio questi “girini” da girotondini raccomandatissimi. Di mio, mangio un grissino e sono versatile come il principe Antonio di Totò Diabolicus.

diabolik poster diabolicus totò

 

di Stefano Falotico

Se volete essermi amici, sappiate che tutte le prove di Robert Pattinson mi piacciono, da cui il detto Pattinson chiari, amicizia lunga


28 Aug

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Finalmente, è uscito Tenet.

E, a ragion veduta, lo stronco in quanto posso giudicarlo obiettivamente dopo averlo visto in sala?

No, non l’ho ancora visto e penso che lo guarderò in streaming fra un’Insomnia e sicuramente una racchia come Hilary Swank che mi tormenterà come Robin Williams del film suddetto, praticandomi stalking al fine di corteggiarmi? No, di risvegliare la mia migliore rabbia alla Pacino. M’indurrà a una recitazione dal sublime manierismo à la Quel pomeriggio di un giorno da cani.

Cerchiamo d’ironizzare un po’ sulle star ché, con l’avvento di Instagram, siamo passati dal divismo delle celebrità d’oltreoceano di Hollywood all’esaltazione narcisistica di sé stessi esposti a mo’ di macelleria da catalogo Postalmarket. Sì, siamo passati dalle vendite per corrispondenza dei propri corpi edonistici esibiti per un puttanesimo collettivo da Cinema maggiormente morboso di Paul Schrader, ah ah, alla verità dei falli, no, dei fatti. Basta. Un tempo, erano le donne a farsi cagare, eh sì, facendosi anche catalogare come merce, dandosi alla mercé del virile, più che altro pervertito sguardo da voyeur del maschio falso italiano che voleva essere bello come Richard Gere ma avrebbe poi perfino permesso a sua madre di prostituirsi con Woody Harrelson di The Walker, con James Deen di The Canyons o semplicemente del James Deen normale, pur di avere una vita da Hardcore, da uomo però agli antipodi rispetto a George C. Scott del film appena eccitato, no, citatovi, cioè da libertino in zona schiettamente pavoneggiante il suo sfrontato e svergognato Amerigan Gigolo senza fronzoli.

A proposito, che significa la mia frase… James Deen normale? Mi riferisco al James scritto as Dean, ovvero quello de La valle dell’Eden, Gioventù bruciata e Il gigante, oppure a colui che, con le pornoattrici, non solo americane, sempre ce l’aveva e ha duro e dritto?

Ci vuole chiarezza, dobbiamo ritornare a una primigenia nudità e lindissima purezza anche se abbiamo la nostra età e faremmo onestamente ridere i polli se ci vestissimo alla maniera anagraficamente regressiva di bebè da Prénatal. In verità vi dico che anche Ethan Hawke, nel finale di First Reformed, un film enormemente sopravvalutato, risultò più patetico di Richard Chamberlain di Uccelli di rovo.

La società di oggi è divenuta un carnaio ove le persone si scannano come maiali in lotte al massacro, soprattutto fi(si)co, spappolandosi i feti, le feci, no i fegati, da Carnage. Polanski fu esperto di jeu de massacre e sa ancora che tutta questa farsa, no, falsa, svenduta joie de vivre è più mostruosa dello stupro e dell’omicidio compiuto ai danni della sua ex moglie, Sharon Tate, nell’eccidio di Cielo Drive.

Sì, C’era una volta a… Hollywood è un brutto film. Non si può reinventare, in maniera dolcificante e a mo’ di consolatoria elegia nostalgica, una disgrazia irripetibile come quella vissuta, anzi, per fortuna non vista dal vivo eppur per sempre, sino alla morte, penetrata indelebilmente nel tormentato vissuto di un Roman eternamente distrutto.  Un uomo che ha dovuto compensare un abominio del genere, reinventando, lui sì, sé stesso e la storia della sua vita e della sua, purtroppo, irreversibilmente magnifica storia d’amore così vigliaccamente e schifosamente trucidata immoralmente. In modo immensamente repellente, mortale. Dunque è giusto fare i pagliacci quando nell’anima si viene ammazzati come (in) Joker. Poiché, essersi attenuti al rispetto del prossimo anche più bastardo, permise a quest’ultimo di prendersi gioco della buona fede di chi forse, un tempo, credette in dio ma, adirato a morte a causa d’idioti adoratori del demonio, cioè dei malati di mente peggiori di Frank Langella de La nona porta, è ora più cattivo di Charles Manson.

 

 

Hilary Swank…  Lei, un maschiaccio da Boys Don’t Cry che frequentò già uomini vecchi come Clint Eastwood di Million Dollar Baby, cioè gli unici che potessero minimamente incoraggiarla in quanto, sebbene fossero già anzianotti, perciò dando gli ultimi colpi, come si suol dire, con questa bruttona non gliela poterono fare neanche se avessero dissotterrato l’ascia di guerra come in Gran Torino.

Infervorandosi accalorati come lo stesso Pacino di Scent of a Woman dinanzi a un’ingiustizia delle più atroci che madre natura potesse concepire. Una diavoleria agghiacciante come in Rosemary’s Baby.

Ah, la vita è un parto funesto, nefasto oppure da patto faustiano. Bisogna vendere l’anima difatti al diavolo pur non di vendere il culo sui viali.

Insomma, basterebbe che rileggeste le mie ultime dieci righe per capire che, se reputate Tarantino un genio come sceneggiatore, io forse sono il Salvatore… di Nicolas Cage di Al di là della vita.

Ah, che strazio carnale ch’è la vita e L’ultima tentazione di Cristo, eh sì, docet.

Come può essere invece spiazzante il Cinema di Scorsese. Capace di passare dagli script d’un sofferto Schrader da Toro scatenato e Taxi Driver, a un Jay Cocks che allestì, da writer, L’età dell’innocenza, Gangs of New York e Silence.

E ho detto tutto.

In Black Dahlia, comunque, la Swank riuscì a essere sexy. Sì, semplicemente perché il genio di De Palma riuscì a farci credere che Hilary fosse, a volte, Scarlett Johansson sdoppiatasi nell’hitchcockiana Kim Novak de La donna che visse due volte su Femme Fatale alla Rebecca Romijn.

Una come la Swank, nella vita, aveva e ha, eh già, Oscar a prescindere, due possibilità per farcela e riuscire soprattutto a farsi qualcuno. Ho scritto qualcuno. Per farsi e basta, bastava che si facesse e faccia un produttore che le desse e dia la sua dose da Marcellus Wallace. Ma per cortesia!

Cioè interpretare, per l’appunto, la parte della dark lady che poteva, grazie alla sessuale virtù tenebrosa del recitare la bella statuina da Academy Award della minchia, tirandosela da pupa probabilmente del gangster Harvey Weinstein, ammantarsi di un vago fascino da Marlene Dietrich dei cog… i.

Sì, sono cinico come Orson Welles de L’Infernale Quinlan. E so che l’Orson de Il terzo uomo non era un orso, bensì avrebbe odiato i film buonisti come The Bear di Annaud.

Quando si suol dire… ah, un Orso(n) d’annata.

Di mio, invero, non amo molto Pattinson. Forse, Robert fu amato però da Kristen Stewart. Donna magnifica da fottere in culo. Seduta stante di standing ovation in “eiaculation” che celebri la sua celebrità in modo però non celere. Sì, bisogna gustarsela senza venire subito al sodo. Cristo della Madonna, Kristen è anche una bravissima performer. Prestazione straordinaria, interpretazione super brillante come un orgasmo con lei, oserei dire, eh sì, spumeggiante!

Sicuramente, amai e amo ancora molto Robert De Niro ma De Niro non sa neppure chi io sia.

Mentre De Niro e Pattinson avrebbero dovuto girare assieme, qualche anno fa, Idol’s Eye. Film mai realizzato di Olivier Assayas. Film nel cui cast doveva esservi anche Rachel Weisz.

Colei che, potremmo dire, rappresenta l’antitesi della Swank. Sì, Rachel è figa, Hilary è più esteticamente improponibile del Pinguino/Colin Farrell di The Batman.

Di mio, invece, sino a un anno fa pensai di essere un cretino. Invece, repetita juvant, forse sono più bravo di Tarantino.

Con la sottilissima differenza che lui è molto meno bello di Pattinson ma più ricco di Roman Polanski.

Dunque, sono troppo stanco per credere alla balla secondo cui, solamente perché Pattinson ha/abbia lavorato con grandi registi, sia il nuovo De Niro.

Sapete, io non ho gusto. Secondo me, il capolavoro dei fratelli Safdie non è Diamanti grezzi, io invece sono assai grezzo e amo maggiormente, quindi, i film “sporchi” come Good Time.

E devo dirvi la verità, il ritornello di Ghali, per l’appunto, voglio stare in good time, non è male né per tamarri.

Io voglio morire in sala, no, in santa pace perché incontrai, lungo il mio cammino da peccatore, molti porcellini ma tiferò sempre per Ezechiele Lupo e per il versetto Ezechiele 25:17 recitato da dio da un Samuel L. Jackson al massimo storico:

«Ezechiele 25,17. Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che, nel nome della carità e della buona volontà, conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.».

Jackson fu, in tal caso, doppiato da Luca Ward.

Uno che deve essere fissato coi personaggi vendicativi. Il gladiatore insegna, miei porci, no, proci. No, miei prodi!

Io, a differenza dei pazzi, perdono e assolvo i pazzi stessi e non credo alla balla rifilatami da una donna, semmai benevolente e in vena di tirarmelo, no, di tirarmi su. La quale, pur di essere consolata dalla sua vita grama, mi dice che assomigli(o) a Robert Pattinson.

E che sia identico a De Niro.

Purtroppo, è vero. Ah ah.

Ma, il 13 Settembre prossimo e alle porte, compirò 41 anni.

Sono troppo intelligente per credere che io non sia, ahimè, Nicolas Cage di Via da Las Vegas.

Molta gente, di questi tempi, mi sta attaccando su tutti i fronti.

Urlandomi che sia diventato un debosciato ad andare in giro a fare il John Belushi di The Blues Brothers.

Non è autocommiserazione né patetismo.

Chi conosce la mia storia, se fosse stato al posto mio, si sarebbe già suicidato.

Mi pare dunque giusto che muoia lentamente da uomo dal cuore di un bambino Arthur Rimbaud che crede, come in Twilight, ancora ai vampiri e agli idoli.

Penso che i bambini di Satana, guidati da Marco Dimitri, fossero dei maniaci e penso che l’Italia sia un Paese di catto-borghesi più falsi di quelli che ora, dopo aver visto Tenet e il trailer di The Batman, gridano che Pattinson sia un grande ma domani, invece, quando io sarà morto, diranno che io stesso fui un grande ma non fecero nulla per evitare che non fossi nessuno.

Questa è la vita? No, questa è una tragedia.

Comunque, me ne fotto. Sono cazzi amari. Sì, sono camaleontico come Robert, Robert De Niro e non ci sono cazzi per nessuno. Per la mia lei, sì, di glande alla grande. Fottetevi, altrimenti v’inculo.

 

di Stefano Falotico

Happy Birthday, Monsieur ROBERT DE NIRO


17 Aug

the-war-with-grandpa-deniroInnanzitutto, ne vogliamo parlare di questo mio video che totalizzò circa 1500 visualizzazioni?
Correva il 2012 e avevo una voce già molto bella ma ancora da ragazzino.

THE FAN, Robert De Niro, 1996, (c) TriStar

THE FAN, Robert De Niro, 1996, (c) TriStar

Il 17 Agosto del 1943 nacque mio nonno di War with Grandpa.

No, sebbene abbia appreso parecchio da lui, sono io stesso, oggi come oggi, un Toro scatenato o un Nonno scatenato?

Mah, di mio, sono ancora giovane, pieno di great expectations, no, nessun Paradiso perduto.
Sebbene, come il grande Bob, ingrassi e dimagrisca a piacimento e sia camaleontico da far paura anche al De Niro stesso di Cape Fear.

E, come direbbe Bob di Casinò, e questo è quanto.

A differenza di Sam Ace Rothstein, la mia vita però non è affatto finita. Per me, prevedo ancora casini da Brazil ma ho molte Mission da compiere.

Sì, sono un samurai senza padrone, un Ronin. E non sono per niente un Al Pacino? No, un Al Capone. Sono un testone, questo sì, assolutamente. Non ci piove.

Sono il più grande The Fan di De Niro del mondo e gli assomiglio indubbiamente, a livello fisionomico.

Non sono un ingegnere, non sono un medico, non sono Che Guevara, non sono un pezzo grosso della società.

Non sono nessuno, in effetti. Uno scrittore, sì, anche bravo a detta di molti.

Non sono bello come De Niro ne Il cacciatore e in Innamorarsi, infatti, sono bello come Mickey Rourke in Angel Heart.

Ah ah.

Insomma, io e il mio vero Stefano Falotico ci eravamo già visti, tantissimo tempo fa, da qualche parte.

Piacere di averlo incontrato di nuovo.

Che fate? Non mi ringraziate neanche? Vi ho salvato la vita. Ora difatti, grazie alla mia grinta, avete capito quali siano i veri valori della vita.

Se invece continuerete a credere di essere dei grandi attori come Christopher Walken, fidatevi, prima o poi vi sparerete in testa.

Perché mi sa che vi siate già fottuti il cervello.

Ma chi pensaste di essere per dare regole di vita a the greatest actor alive?

Suvvia. Ah ah.

Ce la vogliamo dire senza se e senza ma?

Sean Connery/Jimmy Malone de Gli intoccabili sono io.

Sì, credo che sia veramente uno scandalo quello che è successo nella mia esistenza.

Così come credo che sia uno scandalo che Connery abbia vinto solo un Oscar come Miglior Attore non protagonista e che De Niro per il film di De Palma appena succitato non sia stato neppure candidato.

Mi pare che siamo veramente andati oltre la decenza.

Ci vorrebbe Al Pacino di Scent of a Woman!

Insomma, amo De Niro, amo ogni mio delirio ma, secondo voi, andrebbe cambiato il finale di Carlito’s Way?angel heart de niro

di Stefano Falotico
capone de niro cacciatore de nirogreat expectations de niro

FALLING IN LOVE, from left: Meryl Streep, Robert De Niro, 1984, © Paramount

FALLING IN LOVE, from left: Meryl Streep, Robert De Niro, 1984, © Paramount

sean connery intoccabilide niro toro scatenato de niro raging bull de niro casinò

A DREAM TO GET IT ALL BACK: la morte di Alan Parker, forse ROCKY é più bello di TAXI DRIVER e Angel Heart di Shutter Island


03 Aug

nicolas cage birdy

cage dern cuore selvaggioLa scorsa settimana morì Alan Parker. Io gli dedicai un post molto particolare.

http://www.geniuspop.com/blog/index.php/2020/08/la-morte-di-alan-parker-mi-ha-rubato-lanima-e-vago-ora-fantasmatico-come-harry-angel-turlupinato-nel-cuore-da-louis-cyphre/

Che io mi ricordi, ho sempre sognato di essere Nic Cage di Cuore selvaggio, non quello di The Family Man.
Anzi, quello di Stress da vampiro e di Birdy. Sì, volevo e voglio essere questo Nicolas. E chi dice che Cage è/sia un pagliaccio, ah ah, è meglio che ascolti Alessandra Amoroso. Nic Cage non è un pagliaccio, è un clown da competizione, ah ah, sì, è un “pazzo” come me. Non ha regole non solo attoriali, bensì sociali. I suoi matrimoni dura(ro)no un nanosecondo poiché, per l’appunto, è sempre stato un uomo libero (ah, per forza, è il nipote di Coppola, sai quanti soldi a prescindere dai suoi cachet?, ah ah) e non desidera vincoli di nessun tipo, specialmente di nessuna “topa”. Adora farsi prendere in giro, s’imbroda e gongola nel recitare come un cane più bastonato di Balboa, va giù di testa nello sbraitare ed andare spesso e soprattutto volentieri sopra le righe. Sfoderando delle smorfie più oscene di Meg Ryan di City of Angels. Sì, Meg è sempre stata la quintessenza della smorfia, non quella napoletana. Bensì della cretina che poté beccarsi solo Dennis Quaid. Altro playboy dei poveri che non ha niente a che vedere con Il cielo sopra Berlino. Sopra qualche altra bionda però, forse di nome Angelica oppure Chantal, sì. Cage è un ribelle, un amante di Elvis Presley, fu amante anche di sua figlia Lisa Marie. E oggigiorno tutti lo deridono e umiliano poiché, ai film d’autore come quello di Parker, preferisce buttarsi via e non dare più retta a nessuno. Tanto la gente vuole solo che tu sia un premio Oscar, una bella statuina coperta da una corretta mascherina. Non certamente quella del Covid-19. Lui andò con Jenna Jameson, si prese la patente di “depravato”, di attore super sfigato, d’incapace e, a livello non solo recitativo, di handicappato. Poiché lo è. In Con Air, per esempio, non c’è una sola espressione sua giusta. Anzi, è espressivo come una stampante della Epson. Ride quando dovrebbe mantenere un tono serio e, di contraltare, piange quando dovrebbe essere allegro. Ha due labbroni da far invidia a quelli rifatti di Alba Parietti e non ci crede nemmeno Antonio Conte che Nic Cage (chi, sennò), dopo Cuore selvaggio, abbia perso molti capelli ma sia rimasto sempre così stempiato senza perderne altri da allora in poi.

Il suo personaggio si chiama Poe. Ma dubito che Nic sposerà in futuro una tisica e minorata mentale così come fece Edgar Allan. Morendo a quarant’anni con cinquemila racconti capolavori all’attivo e una sola “figa” nel suo “curriculum vitae”.

Ma torniamo a Parker, lasciamo perdere, dunque vincere Cage… Certo, non è propriamente classico salutare, in modo satirico e goliardico, una persona e un regista che ci ha lasciato/i. Ma sapete, in questi anni, morirono persone a me care. Solo mia nonna paterna ancora campa. Ha anche la campagna. Persi mio zio tanti anni fa e tanti altri parenti che, in passato, perfino disdegnai e che dunque non incontrai più prima che se ne andassero. A fanculo, di nuovo, spero… sì, i miei parenti non sanno neppure chi sia Alan Parker. Persi anche degli amici. E non andai nemmeno al loro funerale. Tanto, già all’epoca, avevano una faccia come quella di Crisantemi ne L’allenatore nel pallone.

Sì, pensa te, pensate voi. I loro migliori anni della loro vita, per l’appunto oramai trapassata pure clinicamente, li trascorsero a giocare a Duke Nukem e a Doom. Che io mi ricordi, giocai in quel periodo col mio personale “joystick” con Erika Anderson di Zandalee.

Sì, qui voglio essere un comico nato come Paolo Rossi. Sì, furono mie nottate di “sparatutto” da far invidia a ogni Playstation del cazzo. In verità, persi anche me stesso. E pensai davvero di essere matto e irrecuperabile sia nel cervello che nel fisico. Quasi quanto Mickey Rourke di Homeboy. Pensai che un altro colpo letale alla mia fragilità, emotiva e non, mi avrebbe ucciso. Totalmente annichilito, estenuato, stremato.

Il film più bello in assoluto di Parker rimane Angel Heart. Con tutta la stima che possa nutrire, anzi, la mia adorazione sconfinata per Martin Scorsese, Angel Heart è un capolavoro e Shutter Island invece un filmetto. A dirla tutta, spesso mi conviene recitare la parte del cretino. Altrimenti, dovrei accettare qualcosa di non scientificamente spiegabile accaduto alla mia vita. Sapete, non è facile. Bisogna essere forti come Sylvester Stallone e io invece son autodistruttivo come Bob De Niro di Toro scatenato.

Ho intanto firmato un altro contratto editoriale e credo di non sapere nulla di Cinema. Basti vedere questo video per capirlo. Non so argomentare, capite? Ah ah.

Non so parlare, non so scrivere, sono cerebroleso, brutto come un debito e non so neanche amare.

Taxi Driver è un capolavoro, Angel Heart anche. Ma Rocky non va mai giù, non è “dotato”, anzi, datato per niente. E questo è quanto. Se voi avete bisogno di psicofarmaci perché non ce la fate, prendeteli. E altri pugni allo stomaco devastanti pure piglierete. Quello che voglio dire è che Rocky è più forte di Apollo Creed, di Ivan Drago, eccetera eccetera. Insomma, è il più forte di tutti. Quando caccia un mancino del genere, vanno infatti tutti al tappeto. Ho scritto tutti due volte in tre righe, si chiama ripetizione? Allora, ripetiamola, ripententi esistenziali. Tutti, tutti, tutti. Senza eccezione alcuna. Vi rispedirei alle elementari, maestrini dei miei stivali da cowboy. Se poi vorrete continuare a credervi invincibili, recitando la parte della moglie di Sylvester Stallone in Over the Top, cioè della donna “sana”, farete solo la figura dei coglioni come Robert Loggia, pure di Scarface. Come dice invece il grande Al Pacino di Carlito’s Waysono un altro, sono un altro e non ci sono voluti quei trent’anni che mi aveva dato lei, vostro onore, ma solo cinque anniEd eccomi qua… completamente riabilitato, rinvigorito, riassimilato e sarò fra poco anche rialloggiato.

Una delle scene più belle del mondo. Un uomo che ha coglionato tutti, compreso sé stesso.

Poiché, tornando al Cage, non mi vedo laureato, non mi vedo sposato, non mi vedo per niente in nulla e non vi vedo neanche. Quindi, mi pare giusto che, se siete dei tonti, io possa morire come Dio.

Dio infatti non ha una vita sociale poiché è superiore. Non ha bisogno di stare nel porcile, ha bisogno di punire e giudicare tutti, compreso sé stesso. Da cui suo figlio, Gesù Cristo. Colui che morì per noi e il terzo giorno è resuscitato. E io dovrei credere a una stronzata del genere? Io, io che sono il diavolo? Ah ah. Il diavolo provoca in quanto vuol far capire agli uomini che non c’è un’altra vita e questa la stanno sprecando su Instagram. No, non vincerò come Rocky nel suo secondo capitolo.

Non accetto nessuna sfida. Accetto di morire come le donne, i bambini e gli uomini che, passivamente, accettarono di essere stati uccisi. Così come sostenne e disse Rust Cohle di True Detective. Poiché il mondo è formato da mostri ed è cosa buona e giusta che Dio, ecco, li distrugga.

Qualche mese fa, un amico mi telefonò, preoccupato, chiedendomi:

– Stefano, ti sento giù, di solito non sei così. È successo qualcosa?

– No, sto benissimo. Anzi, mai stato meglio.

– Non mi sembra. Ieri ridevi ed eri contento.

– Perché sono un grande attore come Rourke, come De Niro, come Cage.

 
Quando sono triste sono grande, quando sono malinconico sono me stesso, quando fingo di stare bene, non sono credibile. Sì, mi pare sanissimo che i geni e i grandi artisti come Parker vengano ricordati anche dopo la morte. Ai comuni mortali, invece, lasciamo la loro anima da carne è debole.

 

di Stefano Falotico

La morte di Alan Parker mi ha rubato l’anima e vago ora fantasmatico come Harry Angel turlupinato nel cuore da Louis Cyphre


01 Aug

Alan+Parker+EE+British+Academy+Film+Awards+nSFBY8AlMGWl

Scioccante. Allucinante. Oserei dire agghiacciante la notizia della morte di Alan Parker.

Forse, non un grande ma, senz’ombra di dubbio, un cineasta decisamente superiore a mille altri anonimi, insulsi mestieranti. Un autore maiuscolo, dotato d’una personalità fortissima. Ultimamente boicottato già prima di diventare ammalato. Anzi, di ammalarsi. Era per fare la rima ma non ci sta. Così come non può starci Kevin Spacey, protagonista di The Life of David Gale, messo in disparte, anzi, bruciato nella carriera e soprattutto nell’anima a causa dei suoi peccatucci veniali. Sì, Hollywood lo linciò vivo mentre molti di voi, pur essendo liberi come libellule, dilapidano non solo il proprio talento, bensì millantano di essere dei registi straordinari come Clint Eastwood di Mezzanotte nel giardino del bene e del male.

Ce la possiamo dire senza vergogna alcuna? La figlia di Clint, Alison, è una f… a magnifica. Al bando tutte le vergogne. Film ambientato a New Orleans, la patria dei riti voodoo.

Non sono mai stato a New Orleans ma Sugar Fornaciari, eccome. Baila, baila Morena sotto la luna piena.

E il mare impetuoso al tramonto salì sulla luna e, dietro una tendina di stelle, se la ch… ò.

Sì, in Angel Heart avvenne una sexy thing fra Mickey Rourke e Charlotte Rampling. Poi, Mickey finì forse a Shutter Island per colpa di troppe sue amanti da “Portiere di notte” che perse la testa e anche la faccia. Da cui Johnny il bello, ah ah. In questo film di Walter Hill, Rourke prima fu un freak come in Homeboy, poi divenne più bello della sua faccia da pezzi del lato b attaccatigli sulle gote ridenti, strafottenti in 9 settimane e ½.

Dunque, non pago di essere bellissimo, volle diventare bruttissimo. Combattendo sul ring in incontri di boxe non sempre truccati come le maschere delle sue pessime chirurgie facciali. E, oltre allo spaccato setto nasale, da Hollywood fu, alla pari di Spacey, fortemente emarginato di ostracismo più devastante di un metaforico, straziante an.. le.

Sì, il moralismo negli Stati Uniti, non solo da noi, impera di puritanesimo che non tollera assolutamente neppure le più piccole dosi di puttanesimo. Invero, Kevin non si macchiò di nessuna colpa così scabrosa, siamo sinceri. Hollywood crea infatti scandali e impone assurdi, pazzeschi divieti e censure del tutto risibili e incomprensibili. Per esempio, i censori da maledire come Giuda, per l’appunto, vollero sforbiciare la scena di sesso fra Mickey Rourke e Lisa Bonet nel pre-finale di Angel Heart. Pellicola dalla venustà idilliaca.

Ché chi ama il Cinema, in tutte le sue sfaccettature e sane, creative disinibizioni perfino leggermente spinte, allora faccia il recensore serio, piuttosto, ed elevi, in gloria di Hallelujah e in paradiso, Angel Heart – Ascensore per l’inferno. Che i diavoli bigotti, invece, e le educande troppo schizzinose si diano alle recite parrocchiali di qualche commediola francese pallosa, dedicata ai cretini e ai vecchi rincoglioniti più irrecuperabili, morbosi ed odiosi. Ché gli ignoranti lo diano via sui viali, no, si diano ai cinepanettoni e che gli uomini puri come Nic Cage e Matthew Modine di Birdy vengano liberati da ogni stolta colpevolizzazione e falsissima accusa immonda. A proposito, Tim Robbins de Le ali della libertà fu colpevole o no? Fu, cioè, incriminato ingiustissimamente di uxoricidio oppure fu sbattuto a Shawshank a causa di una frettolosa, giudiziaria causa? Mah, a tua sorella quelli dell’assistenza sociale hanno trovato una casa ma tua sorella, fidati, rimarrà comunque una causa persa. Quando si suol dire salutami a sorrata.

Cosicché, Tim non perse solo la testa se fu vero che ammazzò la moglie ma perdette anche la causa, dunque pure la casa (forse lasciata in eredità a tua sorella) e, in carcere, dovette addirittura arrangiarsi fra qualche giochino di saponetta alla Animal Factory e il tirarsene parecchie, tirandosela poco ma mantenendo un profilo basso e anonimo, al contempo districandosi alla bell’è meglio pur di evadere da un mondo che sarebbe capace, col suo cinismo mostruoso, di uccidere anche la bellezza di Rita Hayworth, la rossa immortale.

D’altronde, se così come disse Checco Zalone, parodizzando Cristicchi, chi su Barbara Bouchet (Buscetta) non s’è mai tirato un pug… ta, credo che già prima di sposarla, Orson Welles se la tirava alla grandissima. Infatti, io alla pari di lui, se avessi realizzato Quarto potere solo a venticinque anni, l’avrei teso, no, avrei preteso Rita, Kim Basinger, Debra Feuer, Carré Otis e altre zoccole varie. Ah ah.

Al che, Tim si destreggiò in prigione e, come si suol dire, di verbo sinonimo, eh sì, con classe e scaltrezza ottimamente si barcamenò. Alla fine, tutti i cattivi infami fregò e dalla gattabuia scappò.

Non sappiamo comunque se, una volta libero e lontano dalla casa di detenzione, altre donne scopò oppure di tutto e tutti/e completamente se ne fotté. Mandando a (fan)culo un mondo (s)porco e corrotto. E deridendo una società iniqua ove il motto La legge è uguale per tutti è una balla messa in giro da Berlusconi poiché, pur di scagionarsi da ogni suo peccato, decisamente maggiore rispetto a quelli commessi da Kevin Spacey, elargì la sua anima al demonio, vale a dire Mefostofele, cioè De Niro di Angel Heart, sogghignando fra un avvocato figlio di tr… a da mettere nell’Inferno di Alighieri Dante e sua moglie oramai a vita resa super cornuta.

Qui voglio fare una battuta alla Woody Allen. Certa gente ha le corna in testa, Belzebù soprattutto. Io invece ho spesso il Cornetto Algida in bocca. Poiché non amo leccare nessuno e dunque spesso rimango solo come un cane bastonato, alla pari quasi di Brad Davis di Fuga di mezzanotte, non demordendo ma rimanendo (in)fermo a mordere soltanto la crema di un Cremino quando i ladri delle vite altrui e gli stronzi amanti con le donne degli altri invece giocano allo “yogurt” con queste oche da loro pappate, palpate e dolcemente succhiate di baci al cioccolato a sera inoltrata. Inoltrandosene in “galleria” come Tim Robbins… Per poi esplodere, tutti bagnati fradici, di gioia incontenibile.

Vite davvero eticamente “deliziose” e cremose, cazzo. E, in una notte piovigginosa al buio, l’urlo catartico di Tim, dopo tanta (il)legale punizione orripilante, detonò in uno sfrontato, potentissimo schiaffo in faccia dolorosissimo scagliato a viso aperto (anche a suo torso nudo) contro tutti i bastardi e i fraudolenti, contro i fetenti e gli aguzzini moralmente deficienti.

Barcamenarsi per riprendere il largo in barca. Ah sì. Orietta Berti cantò il celeberrimo ritornello finché la barca va, lasciala andare. Classica donnetta da fornelli, probabilmente poche volte calorosamente forn… ta, infornata. Comunque, forse sa ancora preparare buonissimi dessert. Per dolcificare la sua asciuttezza in quella zona sua erogena più arida del deserto. Mentre Bud Spencer e Terence Hill di Chi trova un amico trova un tesoro probabilmente furono due amici ancora più grandiosi di Robbins e Morgan Freeman del film sopra menzionatovi.

Dunque, ora cantiamo tutti assieme coi Pink Floyd e The Wall, siamo o non siamo The Commitments?

Dico, siamo totoiani, siamo uomini o caporali?

Detta però onestamente, il diavolo esiste solo nei film, Dio è morto come sostenne Nietszche e così come cantò Guccini, e la Ciccone, seppure reciti benino in Evita, non è che sia propriamente la Vergine…

Quentin Tarantino de Le iene lo sa… Like a Virgin di che?

Fra l’altro, a me fanno ridere quegli pseudo-cinefili della minchia i quali sostengono che Sean Penn sia un dio… Ah ah.

La vita, comunque, non è solo piacere. Lo sa benissimo il grande Mickey Rourke de La promessa.

In questo film diretto dal suo amico Penn, il quale gli rubò con Milk l’Oscar che Mickey avrebbe meritato per The Wrestler, Rourke è più distrutto di come stia messo oggigiorno.

Esordì al Cinema con 1941 – Allarme a Hollywood. Altro cammeo cult!

Il suddetto film di Spielberg fu presentato per la prima volta il 13 dicembre del 1979.

Io nacqui il 13 Settembre dello stesso anno. Sì, sono filo-rourkiano…

Mentre due miei libri, Cuore angelico, tenere tenebre sangugne e Il diavolo è un giocattolaio, ispirati al leggendario Angel Heart, ce la vogliamo dire senza infingimenti? Sono due capolavori viventi, più che altro attualmente ancora in vendita. Non so però se, dopo la mia morte, rimarrà in catalogo anche un altro mio libro, Dopo la morte.

Morale: Alan Parker è morto, io fui tanto tempo fa, eh sì, giovane e bello come Rourke. Poi impazzii, nell’animo morii ma non vendetti mai l’anima al diavolo per ritornare più bravo e carismatico di Bob De Niro.

E questo è quanto. Buon Sabato a tutti.

E ricordate: il Cinema e la vita, una volta, erano davvero una cosa meravigliosa. Ma oggi siete diventati peggio del Rourke odierno. Il quale, su Instagram, alla veneranda età di quasi settant’anni, corteggia volgarissimamente le modelle pressoché minorenni. Uno schifo. Una merda. Capace pure di sputtanare De Niro.

Caro Bob, mi faresti un piacere? Fagli rivedere Saranno famosi. E mostragli come si recita Il diavolo nel campanile di Edgar Allan Poe.

Insomma, quando mi arrabbio davvero, mi viene duro, no, ho un diavolo per capello. Sì, soffro di molte fragilità e lo stress mi provoca la calvizie.

Mentre De Niro è camaleontico, cambia aspetto sotto ogni mia doppia punta del mio bulbo pilifero anche sottocutaneo.

E, con la grinta del miglior Rourke, uomo imprevedibile, del miglior De Niro, il più grande attore di tutti i tempi, e del miglior Alan Parker, non voglio più sentire che Blu di Zucchero sia una canzone plagiata.

La verità è che una canzone stupenda.

Per finire, potevo diplomarmi al Liceo Scientifico, laurearmi in Astrofisica Nucleare oppure adagiarmi a una vitarella da impiegato aziendale-comunale paraculo forse statale con tanto di direttore galattico interspaziale. Invece, decisi di essere un artista come Rourke di Barfly.

E, come Rourke/Chinaski/Bukowski di questo straordinario film di Barbet Schroeder, stasera voglio offrire a tutti da bere.

Sì, non ho neppure i soldi per regalare alla mia lei un vino di ottima annata ma sono bello e dannato.
E voglio donare a voi un sogno.

Anche se, a dirla tutta, non meritereste un cazzo. Molti di voi, difatti, sono già da tempo immemorabile fottuti, andati, sputtanati. Più di Rourke strafatti e rifatti, molto sfatti.

Cioè, siete stagionati. Osceni, invecchiati, imbruttiti, inguardabili, impresentabili, imbevili, insopportabili.

E non sapete neanche più gustarvi delle seghe d’estate. No, scusate, ho bevuto troppo. Sparo porcate e stronzate come Rourke.

Volevo dire, sere d’estate dimenticate…

 

di Stefano Falotico

Il programma del Festival di Venezia è troppo “serioso” e fintamente autoriale, meglio un mio short movie in stile Ed Wood-Tommy Wiseau misto al Paul Morrissey underground-noir torbido come i miei baci veri!


29 Jul

uomininudilocandinaanne heche donnie brasco

Innanzitutto, qual è film più bello di tutti i tempi?

Il tanto osannato Quarto potere? Il settimo sigillo?

Suvvia, non diciamo stronzate. E non voglio neanche più sentire la balla colossale secondo cui L’esorcista sia un capolavoro. Ma smettetela. È datato più di mia nonna materna. La quale è morta e, malgrado fosse più religiosa fanatica e maniaca di Ellen Burstyn, ha sempre pensato che l’unico diavolo esistente nella storia dell’umanità fosse e sia il sottoscritto. Sì, dall’aldilà, crede che io sia dio ma non ha mai visto Il signore del male, un film diabolicamente paradisiaco. Ah ah.

Sì, Prince of Darkness è forse il film più bello di sempre assieme a Twin Peaks: Il ritorno. Ché non è una serie televisiva.

Ci rendiamo conto cos’ha fatto David Lynch? Inizia con un episodio ove ci viene generosamente mostrato ignudo uno dei lati b più sexy della storia, cioè quello di Madeline Zima. Dopo pochi secondi, appare qualcosa di stranissimo su uno schermo nero che sembra un oblò, il vetro di una lavatrice.

Quindi, come per miracolo, Dougie Jones ritorna a essere l’agente Cooper senza dare spiegazioni a nessuno.

Pronuncia solo l’oramai leggendaria frase: I’m the FBI.

Un capolavoro impressionante capace di riportarti indietro nel tempo, anzi, ai tempi quando alle scuole medie si passava il tempo a immaginare se Elizabeth Berkley di Bayside School si sarebbe, un giorno, mai completamente denudata in un film vero e proprio. Poi uscì Showgirls e Kyle Maclachlan, in piscina con lei, capì in ritardo che Isabella Rossellini di Velluto blu fu solo una frigida.

Sì, premettiamo subito che il programma del Festival di Venezia di quest’anno è veramente penoso. Hanno dimezzato, a causa dell’emergenza sanitaria tuttora fortemente vigente in molti stati, quelli Uniti in primis, i titoli in concorso e Alberto Barbera, ammalatosi di esagerato patriottismo e nazional-popolare più inquietante di una canzone fintamente polemica di J-Ax (personaggio altamente discutibile che, giocando in maniera furbetta sui disagi adolescenziali, canta ai giovani, già andati a puttane, ciò che voglio/ano sentirsi dire per una magnificazione dell’impubere esaltazione fanatica più beceramente figa in vomitevole, “griffato” stile Amici, insomma un fake miliardario), vi ha dato dentro con le pellicole tricolore.

Inaugurando addirittura la kermesse con Lacci di Daniele Luchetti. Grande amico di Moretti Nanni, presente peraltro in Aprile. Non solo.

Storici i suoi cammei, infatti, in BiancaPalombella rossa e La messa è finita.

Invece Nanni, attesissimo con Tre piani, titolo metaforico di un film suo, come sempre segretissimo, incentrato sulle tre istanze principali scoperte da Freud su cui si baserebbe, stando a questo fottuto e bacato padre della psicanalisi, la personalità, sarà assente a Venezia ma, in Caos calmo, con Isabella Ferrari adottò lo stile alla Jung/Michael Fassbender di A Dangerous Methos praticato a Keira Knightley, con tanto di unghiate molto “analizzanti” la Ferrari stessa. Una scena, no, una scema che secondo me, malgrado il successo regalatogli da Gianni Boncompagni, ex famoso filantropo dei cavoli suoi, forse delle cavolate, e “sostenitore” pure di Ambra Angiolini & company, è identica nella sua personalissima vita privata al personaggio da lei stessa interpretato ne La grande bellezza.

Ovvero una frustrata depressa cronica, con tanto di pastiglie Chrono psicofarmacologiche, utilizzate dai brutti quarantenni di Caro diario, che forse è persino più “schizofrenica” di Sabina Spielrein.

Mah, alle donne come Sabina, ho sempre preferito il Ratto delle Sabine. Leggenda dell’antica Roma sicuramente più attraente della vacuità di certi ambienti capitolini ove la cosiddetta alta borghesia concima la sua tristezza esistenziale, aspettando il nuovo spogliarello di Ferilli Sabrina invecchiata marcia, cantando sui trenini con Raffaella Carrà. Insomma, la classica crème de la crème che a me, uomo alla Roddy Piper di Essi vivono, fa sinceramente cagar’.

Da tempo immemorabile, il sottoscritto riceve la patente di fallito ma, a differenza di Jep Gambardella/Toni Servillo, non ha pubblicato solo un libro. Bensì un’infinità di romanzi dei più folli, disparati e strampalati. Però hanno venduto pochissimo, dunque hanno incassato, non essendo io un marchettaro come Christian De Sica, assai meno dei film più impresentabili di Carlo Verdone.

Il quale, essendo sposato alla sorella di Christian, omaggiò suo cognato, dandogli la parte dello stronzo in Compagni di scuolaAn vedi che Amici miei… Parenti serpenti!

No, il suddetto film di Mario Monicelli non mi è mai piaciuto. Emana una scatologica amarezza peggiore de La grande abbuffata. A Marco Ferreri e a Isabella Ferrari, preferisco la Ferrari. Ma a volte non ho neanche i soldi per comprarmi una scatolina di cioccolatini della Ferrero. Che te lo dico a fare?

A Christian De Sica, preferisco Maillet Cristian. Ragazzo tornato a Bologna a lavorare sino ad autunno inoltrato. Mio amico da qualche anno a questa parte e “killer” à la Michele Apicella/Moretti di tale mio short movie decisamente amatoriale, dunque profondamente amabile.

Un cortometraggio dal “fiato corto”, come si suol dire, deboluccio cinematograficamente parlando ma girato con un’onestà intellettuale, un senso della poetica underground così (mal)sana, crepuscolare e radicale, oserei dire semplicemente esistenziale, da far spavento al miglior Andy Warhol con le sue magistrali “boiate”.

Corto quindi cortissimo (comunque, più lungo del tuo…) dalle atmosfere rarefatte, eccentricamente autocentrato sui miei primi piani da Totò felsineo di ascendenza non partenopea, bensì similare di origini meridionali, mescolato al Rust Cohle/Matthew McConaughey di True Detective dei poveri con esplicite allusioni, di natura “sopraccigliare” e fronte aggrottata (a)simmetricamente ammiccante alla mia autoironia da Mel Brooks più genialmente demenziale, ai neo-polar francesi girati co’ du soldi rubati a un clochard che se la tira da artista a Montmartre e non sa neppure cosa sia la Torre Eiffel.

Sì, un barbone italianissimo emigrato in Francia, per l’esattezza a Parigi, apparentato forse a Ninetto Davoli, un pasoliniano con la r moscia non figlia di Gianni Agnelli, bensì derivatagli da un bacio alla francese da lui generosamente dato, diciamo elargito gratuitamente, durante la sua primissima adolescenza da ripetente, a Raffaella, burina lupa della Garbatella che, a causa d’un succhiotto troppo potente, causò al disgraziato in questione un problema mandibolare peggiore di quello di Ronn Moss di Beautiful.

Ah, Ragazzi fuori di Marco Risi. Meglio un buon risotto alla marinara.

Questo succitato, all’epoca sovreccitato, ragazzo oramai pazzo squilibrato, a sua volta, fece sì che la sua mascella non si allineasse a una perfetta dizione della sua Lingua non propriamente raffinatissima. Poiché alle scuole medie, quando studiò la Rivoluzione Francese, nelle sue puberali illusioni da sognatore perso, credette davvero che un giorno sarebbe diventato il Re Sole ma, dopo il primo tradimento cagionatogli da Raffaella con un borgataro poco pulito e bello, ogni utopia perse e, al motto Libertéégalitéfraternité, preferì essere un samurai senza padrone. Lasciandosi andare completamente come Robert De Niro, da Ronin sino a The Irishman e Joker.

Di mio, mi salvai dal diventare Richard Gere de Gli invisibili poiché riguardai The Mothman Prophecies e compresi di non soffrire di alcun tipo allucinazioni né, a differenza dell’italiano medio, della sindrome da leccaculo da colui che, vanaglorioso, si crede poeta, santo e navigatore ma è più arrivista dello stesso Gere ne L’incredibile vita di Norman.

Malgrado sia stato di nuovo illuminato, non sulla via di Damasco, né abbia del tutto abdicato alle malinconie di Rossi Vasco, nonostante non mi sia adagiato neppure a fare solo passeggiate squallidissime da latin lover del cazzo lungo una via del centro bolognese, gergalmente detta altresì vasca da fighetti figli di puttanissima e busoni, faccio il bagno ogni due giorni, scrivo libri che vengono cagati da quattro “handicappati” come me, gironzolo vicino alla videoteca di Federico Frusciante alle due postmeridiane di un plenilunio più ammaliante e ispiratore dei caldi romanticismi affascinanti della mia attuale lei e, vicino alla scogliera del mio emotivo mare in burrasca, ho dimostrato al mondo intero, soprattutto a me stesso, il fatto inequivocabile che la psichiatria sia una stronzata e che Rocky, ribadiamolo, sia forse il film più bello del mondo assieme a Taxi Driver. E a quelli da me citati sopra.

E questo è quanto.

Robert De Niro rimane ancora il mio attore preferito assieme ad Al Pacino. La scena del diner in Heat, cazzo, docet. È gente cazzuta, questa. Mica come molti di voi, italiani spesso cazzoni.

Vi dichiarate tutti dottori ed espertoni. Vi bardate dietro la rispettabilità più ipocrita e siete invece solo dei gran cafoni davvero ignorantoni.

Mentre Johnny Depp, ora infognatosi con quella vacca di Amber Heard, in Donnie Brasco era da Oscar. Diciamocela!

Soprattutto quando litigò con sua moglie, Anne Heche, e tre secondi dopo se la scopò sulle scale con tanto di ciuffo sbarazzino da attore non laureato, però idolatrato ed adorato da Marlon Brando e istintivamente bellissimo, meravigliosamente carismatico di recitazione strepitosamente naturale.

Quando si dice… a lui viene benissimo… Di mio, sono Il coraggioso. Daniele Luchetti girò Mio fratello è figlio unico (film che vidi al cinema con una tizia amante di Moccia e Scamarcio, la sfanculai subito… mica tanto, dopo due anni), sono sempre più simile a Rino Gaetano e Lefty Ruggiero disse a Depp:

il mio unico figlio è un drogato, come la vedi?

Io non lo sono, però. Anzi, so baciare meglio di Al Pacino in Carlito’s Way. Come no?

Sì, morale della favola. A 40 anni, anzi, quasi 41, ho compreso che nella vita posso fare tutto. Anche perché è troppo tardi per tornare indietro e quindi educarmi a essere un povero idiota come tutti.

Se invece voi pensate che diverrete i nuovi David Lynch, non voglio disilludervi ma debbo dirvi la verità. Al massimo, pot(r)ete farvi dei film, cioè delle stories su Instagram.

Lasciate stare il Cinema. Tanto non sapete amare, non sapete soffrire. Di conseguenza, non saprete mai filmare le emozioni in modo delirante. Come è giusto che sia.

Ce la vogliamo proprio dire? Non sapete nulla, soprattutto di voi stessi, fate pena e, secondo me, parafrasando Bukowski, se non siete impazziti almeno tre/quattro volte nella vostra vita, che cazzo avete campato a fare?

Per tifare per la Juventus?

Sì, sono un pagliaccio come Nic Cage di Via da Las Vegas. Specialmente di Cuore selvaggio.

Che vorreste farmi, ora? Mi brucerete la casa o torneremo tutti assieme a catechismo e canteremo We Are the World?

Ebbe ragione Jon Bon Vovi. Questa è la mia vita e, se a te non sta bene, alla mia lei sta invece benissimo.

Dunque, va ammesso. Il mio cortometraggio è una cagata micidiale dalle suggestioni purissime. Siamo, vale a dire, dalle parti del masterpiece criptico, in totale (inter)zona b, super trash o forse elevatissima.

Poiché sono stanco di applaudire la perfezione. Adoro sempre di più le vite e i film assurdi. Poiché assieme sono bellissimi.

Tu invece ti sei laureato con 110 e lode? Ah sì? Complimenti. Ora peròcome disse Frank Vincent di Quei bravi ragazzi, vai a prendere la cassetta del lustrascarpe.
falotico videodrome frusciantedepp donnie brasco

 

 

di Stefano Falotico

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