Posts Tagged ‘Robert De Niro’

SCORSESE vs JAMES CAMERON: un irredento umanista geniale e rockettaro contro un megalomane sesquipedale


29 Jul

IRISHMAN_UNIT_FIRSTLOOK

scorsese instagram

THE ABYSS, screenwriter and director James Cameron, 1989, TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

THE ABYSS, screenwriter and director James Cameron, 1989, TM and Copyright ©20th Century Fox Film Corp. All rights reserved.

terminatorEcco, questo Scorsese non sta fermo un attimo.

Sono contento che, nel pomeriggio di ieri, io sia stato fra i primi a dare la notizia secondo cui il tanto atteso, sospirato, bramatissimo dal pubblico di cinefili di mezzo mondo, The Irishman, finalmente abbia ora una data precisa di release.

Per meglio dire, dopo l’assurdo forfait dal Concorso del Festival di Venezia, The Irishman aprirà le danze, come si suol dire, del prossimo New York Film Festival, inaugurando la serata di gala del 27 Settembre.

Ora però, scusate.

C’è stato detto da Alberto Barbera, la scorsa settimana, che lui e il suo staff avrebbero voluto fortemente inserire, appunto, The Irishman nella kermesse da lui diretta ma il film non è risultato pronto per fine agosto.

Il Festival di Venezia dura, come sempre, undici giorni. Si terrà infatti dal 28 Agosto al 7 Settembre.

Ora, essendo io un habitué veneziano, sebbene l’ultimo film da me visto al Lido sia stato Birdman, datato 2014, dunque son cinque anni che non me ne reco, avendo avuti gravi problemi personali protrattisi sin allo sfinimento dei quali non mi pare la sede opportuna riferirvene, all’ultimo giorno del festival non sono proiettati più né i film in Concorso né quelli Fuori Concorso. È una giornata nel quale sfilano solo gli omaggi delle retrospezioni dei classici e il giorno nel quale, prima dell’ora di cena, vengono assegnati i premi.

Dunque, sostanzialmente, la Mostra dura dieci giorni. L’undicesimo sta lì come il cazzo di quel mostro che mangia popcorn e aspetta che qualche donna lo premi. Dubito fortemente che sarà valutato come Leone d’oro.

Ah ah.

Detto ciò, continuo a non capire. Scorsese e Netflix lasciarono detto a Barbera che The Irishman necessitasse ancora di molti ritocchi e non poteva essere perciò completato per fine agosto-settembre.

Ma per il 27 Settembre, a quanto pare, invece sarà prontissimo.

Scorsese ha fatto un po’ il furbetto. Anche Martin è un paraculo. Chissà, forse il direttore del New York Film Festival deve essere fra i produttori di Killers of the Flower Moon.

Della serie tu fai pubblicità a me e io ti passo du’ soldi. Dai, dai.

Comunque, The Irishman è bello già che impacchettato, montato dall’inizio alla fine più di Lena Paul. Milf fatta e strafatta ch’è diventata la mia nuova attrice porno preferita.

Sì, parliamo di un capolavoro sotto ogni punto di vista. Lena può venir… fotografata anche dal signor Gennaro Calluzzo, celeberrimo guappo dei Quartieri Spagnoli che confonde una Nikon per Nicol senza e, famosa entraîneuse del suo rione, e c’apparirebbe lo stesso meravigliosa come i panorami suggestivi filmati dal cinematographer Rodrigo Prieto.

Sì, Lena Paul è una donna che si mangia Avatar e Titanic in un sol boccone.

Una che non ha bisogno degli effetti speciali per incassare più di Avengers: Endgame.

Sì, una vera Vedova nera, infatti è praticamente identica a Scarlett Johansson, soprattutto nello sguardo.

Sguardo eroticamente killerTerminator nuda e cruda, senza se e senza ma.

Sì, un tempo per essere una grande attrice dovevi sostenere i corsi di Lee Strasberg e farti il culo.

Adesso, basta che hai la faccia da coniglietta e guadagni a patate, no, a palate.

Ci siamo evoluti molto, no?

Sì, come in Terminator 2, siamo dominati dalle macchine.

Come no? Prendere la foto da me scattata circa un’ora fa. Macchine parcheggiate in doppia fila dinanzi a un baretto di periferia.

Come fece John Connor, cioè il sottoscritto, a bere un caffè? Parcheggiai a duecento metri di distanza.

Vicino a un vicolo ove incontrai una simile a Linda Hamilton:

– Ehi, bel ragazzo, vuoi che ti faccia da mamma, stasera?

– Non ci penso neppure. Lei è pazza più di Sarah Connor. Non turbi le sessualità pure dei giovani, si rivolga a Robert Patrick. Sì, vada dal T-1000.

Quello lì, eh già, anche se lo squagli, torna sempre intatto.

Guardi, signora. Se io e lei stanotte facessimo sesso, lei mi brucerebbe più di Arnold Schwarzenegger.

– No hay problema.

– Hasta la vista, baby.

 

Ecco, il paragone fra Scorsese e Cameron non sussiste.

Scorsese sta facendo i sopralluoghi, appunto, per Killers of the Flower Moon.

Storia noir d’indiani arricchiti, di poliziotti corrotti, di troie a briglia sciolta, della tribù Osage che vuole fare lo scalpo al capo dell’FBI. Cioè J. Edgar /DiCaprio del film omonimo di Clint Eastwood?

No, DiCaprio sarà Tom White.

Chi sarà allora J. Edgar Hoover? Billy Crudup di Nemico pubblico?

No, ma Scorsese batte James Cameron trenta film a uno. Sì, James ha girato un solo capolavoro assoluto, Terminator, appunto.

Eppur DiCaprio fece il botto con Titanic.

Che vi devo dire? Hollywood è un losco giro ove Joe Pesci di Occhio indiscreto fa sempre la sua porca figura.

 

di Stefano Falotico
67476723_10214167909454573_180027295128354816_n

THE PUBLIC EYE, Joe Pesci, 1992, (c) Universal

THE PUBLIC EYE, Joe Pesci, 1992, (c) Universal

De Niro è stato confermato per KILLERS OF THE FLOWER MOON di Scorsese: monografia su Martin e omaggio a Van Helsing, ovvero Rutger Hauer


29 Jul

rutger hauer dracula

Ecco, partiamo subito con Rutger. In molti su Facebook sono rimasti sconvolti dal mio video d’addio riserbato dal sottoscritto ad Hauer. Stupefatti che l’avessi buttata in burla.

Chiedendomi poi, espressamente, di dedicargli una retrospettiva seria.

Ora, chiariamoci, io odio le definizioni generaliste del tipo… Rutger, l’olandese volante.

In Italia, si parla per frasi fatte senza logico costrutto.

Sapete cos’è l’olandese volante? È per caso, come Wikipedia c’illustra, questo?

secondo il folclore nordeuropeo, l’Olandese Volante sarebbe sarebbe un vascello fantasma che solca i mari in eterno senza una meta precisa e a cui un destino avverso impedirebbe di tornare a terra. Il vascello verrebbe spesso avvistato da lontano, avvolto nella nebbia o emanante una luce spettrale. I marinai della nave sarebbero fantasmi che tentano a volte di comunicare con le persone sulla terraferma.

Dunque, se proprio vogliamo giocare di metafore, sì, Rutger è stato un olandese volante. Sì, in Ladyhawke è un falco che non riesce a essere sessualmente terragno con Michelle Pfeiffer per colpa del vescovo. Uno che predica bene ma razzola male. Detta come va detta, uno stronzo.

Dice ai suoi fedeli di non seguire il Calcio perché in quell’ambiente, a certi livelli, girano troppi soldi e cocaina ma il sagrestano ogni sera, prima che il vescovo prenda sonno, gli consegna le figurine mancanti della Panini, ritraenti quello ch’è stato davvero un olandese volante, ovvero il più grande centravanti di tutti i tempi, Marco van Basten. Autore peraltro del goal più bello della storia, altro che la serpentina di Maradona, detto Mano de Dios. Quello della finale degli Europei del lontano anno 1988.

Se dubitate riguardo la mia affermazione, siete dei cretini che ascoltano i Thegiornalisti.

Noi crediamo in Robert De Niro

Nella Tigre di Mompracem

Ma per l’amor di dio, appunto, dite a questo Tommaso Paradiso di farsi un bel sonnellino come Dracula e poi, al risveglio, ne riparliamo.

Sì, questo Tommaso lo vedrei bene in Transilvania nel remake di Balla coi lupi assieme ai pipistrelli di tutti coloro che l’ascoltano. Oh, saranno fanatici di Batman, che vi devo dire?

Ma che ne sa questo romano di De Niro ed Emilio Salgari?

Tommaso è solo il re degli Aristogatti. Sì, fa il piacione con le gattine che, ai suoi concerti, gli fanno le fusa, intonando poi nel camerino, alla groupie da lui prescelta, la celeberrima… Sono Romeo, er mejo der Colosseo…

Sfatiamo molti luoghi comuni, dai. Come già scrissi, tornando a Wikipedia, v’è scritta un’altra stronzata, più che enciclopedica assai mitologica, profanamente parlando.

Cioè che il Cinema di John Carpenter consta di personaggi che, nei suoi film, sono proletari.

Ma che assurdità. Solo Essi vivono è un manifesto politico ove il protagonista è un operaio.

Non strumentalizzate dunque il Cinema di John a tiramento delle vostre ideologie.

Non avete gli strumenti! M’arrabbio anche quando sento dire altre banalità sconcertanti del tipo… David Cronenberg è chirurgico. Sì, non sapevo che operasse i suoi bodies horror col bisturi.

Ah, capisco… Jeff Goldblum de La mosca è uno scienziato, Jeremy Irons d’Inseparabili è un ginecologo, Viggo Mortensen e Michael Fassbender di A Dangerous Method sono i padri della psicanalisi, dunque per voi due più due è pari al seguente demente che frequentai anni fa…

Sì, era fissato con Cronenberg. Semplicemente perché suo padre era ed è appunto un ginecologo e lui è stato partorito però male, già, sua madre doveva abortire.

Nacque invece un mostro come Tom Stall di A History of Violence.

Per esempio, costui mi prese per Ralph Fiennes di Spider e si divertì con me a fare l’Andrea Diprè della situazione. Cioè davanti m’allisciava, dicendomi che ero un artista di rango dalla portata universale ed eterna, da dietro mi pisciava, anzi di risate si scompisciava.

Sì, era anche amante di Michael Haneke. I suoi Funny Games furono scoperti quando, di fronte alla sua ennesima burla cattiva, mi trasformai in Tim Roth di Rob Roy. Lo presi in culo lo stesso ma dovette combattere parecchio contro un figlio di puttana come me.

Sì, alla fine, essendo lui un bambino, invero era un tardo adolescente tardissimo, lo lasciai andare per la sua strada. Così come fa Samuel L. Jackson sempre con Tim Roth, però di Pulp Fiction.

Sì, i miei ultimi anni son stati contrassegnati da matti impressionanti. Io non sono impressionabile né suggestionabile, amo però le atmosfere suggestive, appunto, da Dracula.

Ora, perché nessuno di voi ha citato, tornando a Rutger Hauer, il suo Van Helsing di Dracula 3D?

Perché forse il Dracula di Argento sfigura rispetto a quello di Francis Ford Coppola e, allo stesso modo, Rutger Hauer rimedia una figura di merda se paragonato al Van Helsing di Anthony Hopkins?

Eh già.

Anthony Hopkins… ebbene, ora faccio l’Hannibal Lecter di turno.

Vidi il film Il rito, appunto con Hopkins ed Hauer, assieme a un mio amico.

A nessuno dei due piacque. A me perché oggettivamente è un film dozzinale e assai mediocre. Al mio amico invece non garbò perché ritenne l’esorcismo demoniaco praticato nel film poco veritiero.

C’incontravamo spesso io e questo qui. S’era creata una certa complicità amicale, nient’affatto omosessuale. No, chiariamoci su quest’aspetto perché voi spesso confondete le amicizie virili da Cinema di John Woo con l’essere gai o gay che dir si voglia.

A proposito di sesso, incominciai comunque a insospettirmi di questo mio amico quando mi disse due cose lapidarie che mi lasciarono profondamente perplesso.

Innanzitutto, affermò che lui era asessuato e vergine alla veneranda età di quarant’anni.

Ecco, fin qui nessun problema, tutto sommato, rilevante. Prendiamo Steve Carell. È passato da The 40-Year-Old Virgin La battaglia dei sessi in poco più di dieci anni. Ah ah.

Ciò che m’indusse a una perspicace introspezione psicanalitica fu quando mi disse, con estrema nonchalance, che la farmacia da poco eretta vicino a casa sua era stata costruita dal centro di salute mentale presso cui era in cura al fine di controllare le sue mosse.

Ora, che fosse in cura psichiatrica lo sapevo benissimo. Io non ho pregiudizi in merito.

Ma non pensavo che la sua condizione psicopatologica fosse così grave.

Eppure i segni della sua schizofrenia paranoica con manie religiose avrei dovuto intuirli già molto tempo addietro. Quando mi rivelò che la sua insegnante d’italiano delle superiori, per aiutarlo a capire il suo problema, da lui nascostomi furtivamente, gli diede una prescrizione. Ovvero imparare a memoria tutti i monologhi recitati da Al Pacino ne L’avvocato del diavolo. Poi a sua volta recitarli davanti a tutta la classe per combattere la sua timidezza a mo’ di Ethan Hawke de L’attimo fuggente.

Altri sintomi inequivocabili del suo marcato disagio psicologico furono i seguenti…

Mi trovai nuovamente a casa sua e su un’emittente locale del bolognese stavano mandando in onda la replica della predica pasquale tenuta dal compianto cardinale Giacomo Biffi, morto nel 2015.

Biffi stava declamando imperiosamente alcuni pezzi della Bibbia. E questo mio amico, dopo poco, ancor prima che Biffi scandisse i passi biblici, recitò a voce alta l’esatto testo.

A differenza di me, questo mio amico non era e non è amante del Cinema, neppure delle serie televisive.

Anzi, era sfegatato del Calcio, seguiva infatti ossessivamente tutti i campionati esteri, la Premier League in primis.

Era dunque abbonato a Sky. Finita una partita, sinceramente non mi ricordo quale precisamente, fece zapping e gli apparve Jude Law di The Young Pope.

Dopo pochissimi secondi, lo vidi assai incuriosito. Finì di fumare e si sdraiò sul divano, alzando il volume.

Nel suo caso, la psichiatria si è rivelata e si rivela tuttora una scienza esatta. Effettivamente, nonostante l’affetto che possa volergli, devo ammettere un po’ a malincuore che non si è mai più ripreso dai bullismi che subì durante l’adolescenza e il divorzio precoce dei suoi genitori non lo favorì certamente.

Infatti, di lì a poco, come da lui riferitomi, sprofondò in devastanti crisi psicotiche tali da indurre i medici, appunto, a curarlo.

Onestamente, lo invidio. È inconsapevole della sua “malattia” e vivrà tutta la sua vita, delirando a più non posso. Perché è timoroso di guardare in faccia la realtà e fronteggiarla.

Preferiva dunque ascoltare Radio Radicale, soprattutto i programmi sulle condizioni pietose dei carcerati.

Lui infatti, castigato dalla sua psicologica malattia da cui non riesce a fuggire, s’identifica(va) nelle vite dei condannati a morte.

Bell’alibi del cazzo.

Ebbi lo sfrontato, impavido coraggio di dirgli il vero. Lui mi disse che il pazzo ero io.

Evidente, emblematico comportamento appunto di colui che, incosciente, dice agli altri di essere pazzi.

Il mio amico è un pezzo di pane e non è dunque comparabile, che ne so, a Charles Manson. Ma il suo modo di ragionare è identico a quello di Manson.

Se infatti qualcuno aveva l’ardire di dire a Manson che era uno psicopatico pericoloso, Manson gli avrebbe riso in faccia.

Io, purtroppo, pazzo non lo sono. Evidenzio il purtroppo… Avrei preferito scrivere… per fortuna.

Poiché, com’appena detto, non soffrirei molto, essendo uno sprovvisto di consapevolezza.

Io non ho nulla da nascondere. A me fu fatta, come già vi dissi senza paura, una diagnosi totalmente mostruosa. Fu scritto nero su bianco che soffrii di disturbo delirante e necessitassi dunque di riabilitazioni farmacologiche. Fu un calvario inimmaginabile.

Sì, psichiatri con tanto di laurea, forse due, con anni di esperienza da loro ritenuta insindacabile, dopo dieci anni si sono accorti che s’è trattato di uno dei più clamorosi e scandalosi equivoci giudiziari di sempre.

Ammetto altresì senz’alcun timore, come già ammisi, la scriteriata mia rabbia da Toro scatenato ma, scusate, se dei deficienti scambiarono Martin Scorsese per Joe Pesci, cazzo, non è colpa mia.

Ah ah.

Detto ciò, il mio regista preferito di tutti i tempi è Clint Eastwood.

Il mio attore preferito, invece?

Scusate, voi abbisognate di un esorcismo bello tosto se ancora non l’avete capito.

– Ah, ho capito. È Edward Norton.

– Bene, chiamate Richard Gere di Schegge di paura. Il ragazzo è andato col cervello.

 

di Stefano Falotico

eastwood the mule sogni scorsese

Il problema della CGI di THE IRISHMAN sarebbe da applicare tout-court a un mondo nato vecchio da ringiovanire! Dobbiamo sognare!


27 Jul

de niro the irishman

gangsfalotico

Cap. 1: che storia che sta diventando The Irishman

Eh sì, forse stavolta Martin Scorsese ha commesso il primo, vero passo falso, inaspettato da lui stesso, della sua carriera.

O meglio, non equivocatemi. Non voglio certamente affermare che The Irishman sarà un’opera sbagliata oppure un capolavoro imperfetto come Gangs of New York. Film verso il quale si nutrirono aspettative smodate, film del quale personalmente seguii ogni passo, anche il più microscopico o gossiparo, della lavorazione, pellicola per cui si scatenò un hype esagerato pari forse a quelle che oggi serbiamo, appunto, per The Irishman.

Gangs og New York, un film però sgangherato. Forse perfino sgarrupato, scalognato, addirittura scalcagnato. Con un incipit e un prologo piuttosto sensazionali, con un Daniel Day-Lewis grandguignolesco, monumentale sebbene a tratti caricaturale nella sua recitazione un po’ caricata da chi, dopo il suo auto-esilio da ciabattino fiorentino, si pavoneggiò eccessivamente del suo comeback, interpretando il suo villain con troppa baffuta arroganza e qualche birignao inopportuno e fastidioso.

Un film sorretto dalla fotografia del grande Michael Ballhaus e tenuto magistralmente in piedi dalle maestose scenografie di Dante Ferretti. Ricreate a Cinecittà dopo che De Niro, inizialmente designato per il ruolo andato poi a Day-Lewis, vide il suo sogno andare in frantumi.

Sì, conoscete la storia? De Niro, in concomitanza con l’allora ancora potente Weinstein, prima dunque della caduta rovinosa di quest’ultimo, sognò di realizzare un mega-studio a New York. Ove si sarebbero svolte le riprese proprio di Gangs of New York.

Ma il sindaco Rudolph Giuliani, dopo aver ripulito Hell’s Kitchen, smantellò pure ogni speranza di Bob, tarpandogli le ali. All’inizio, Giuliani gli concesse il suo nullaosta, quindi all’improvviso cambiò idea e mandò in fumo ogni sogno deniriano di gloria. A suo avviso, infatti, una volta eretto questo fantomatico, tutt’ora fantasmatico, ah ah, studio cinematografico di proporzioni faraoniche, le mappe topografiche della Big Apple sarebbero state macchiate, ah ah, da una sbavatura di colore nero come il carbone.

Sì, non sto scherzando. Giuliani fu convinto che i tetti neri dei caseggiati degli studios dello studio stesso avrebbero deturpato il quadro geografico dell’insieme.

Perciò, Scorsese optò in extremis per Cinecittà, chiedendo a Ferretti di ricostruire la Nuova York, descritta nel libro di Herbert Asbury da cui trasse il suo film, alla periferia di Roma, a pochi passi peraltro dagli studi televisivi di Mediaset che ospitarono in quel periodo la prima edizione del Grande Fratello.

Infatti, quando vidi la prima edizione del Grande Fratello, la prima e ultima da me vista, temetti che Cristina Pleviani (la vincitrice), durante i suoi amplessi con Pietro Taricone (pace all’anima sua…), sarebbe stata interrotta sul più bello, cioè nel momento topa, no, topico del sopraggiunto, prossimissimo orgasmo, dai rumori tonanti dei fuochi artificiali della festa notturna di Gangs of New York nella quale Day-Lewis, come sapete, cammina come un porco, tutto tronfio e a testa alta, gigioneggiando cazzuto.

Non sto schizzando, no, scherzando. Potete controllare su Wikipedia. Vedrete che tutto coinciderà. La prima edizione del Grande Fratello si tenne durante i ciak di Gangs of New York.

Invece, nonostante la Plevani, all’esplodere… dei fuochi pirotecnici, spaventatasene, si scostò dal sesso scalmanato di Pietro, Taricone non desiderò affatto il coitus interruptus e deflagrò ugualmente da vero Guerriero indomito e infermabile.

Che uomo incandescente, un lavico fiume in pene, no, piena…

Sì, mi dispiacque molto per la morte di Pietro. Fra l’altro, io avrei dovuto chiamarmi come lui.

Sì, conoscete la tradizione meridionale dei nomi, no?

Cioè quella secondo cui al primogenito si dà il nome del padre di suo padre, ovvero di suo nonno paterno?

I miei genitori, originari della Lucania, però non amarono né amano ancora oggi il nome Pietro e scelsero perciò Stefano. Discostandosi dalle regole auree del casato araldico, diciamo. Mio nonno s’infervorò, di rabbia s’infuocò e per molti mesi non rivolse parola ai miei genitori. Sfogando i suoi peggiori istinti bollenti su mia nonna. Mio nonno, il quale ora sta lassù, deve ringraziare i miei genitori se in quei giorni scopò mia nonna come dio comanda. Ah ah.

Sì, mio padre e mio zio deve averli partoriti durante una delle sue crisi incazzate-toste.

I miei genitori, comunque, per tranquillizzarlo e farlo contento, mi affibbiarono un secondo nome fittizio, diciamo, ah ah, all’anagrafe, cioè Piero.

Cosa? Sì, Piero anziché Pietro. Doppia presa per il culo e mio nonno, a quel punto, esaurite le cartucce sessuali, volle vendicarsi alla stessa maniera di DiCaprio/Amsterdam.

Urlando e minacciando, coi coltelli di cucina, ritorsioni punitive:

– Ma che razza di nome è Amsterdam? No, scusate, Piero! Ucciderò il nascituro!

 

Invero, nella notte della mia nascita, si schierò in prima linea con tanto di fazzoletto in mano e un cardiologo che gli misurò i battiti ventricolari andati su di giri per via della commozione emozionale.

Ah ah.

Sì, alla prima edizione del Grande Fratello, fratelli e sorelle, consanguinei e non, sanguinari o mangiatori del sanguinaccio, partecipò anche un uomo verace e vesuviano di Napoli. In realtà di Siracusa. Vicina all’Etna.

Vale a dire il tuttora imbattuto peso massimo di una delle maggiori stronzate della Storia e della Letteratura mondiale a tiramento di culo, il leggendario Salvatore “Salvo” Veneziano.

Colui che ebbe l’ardire di dire che Dante Alighieri non era morto perché l’aveva visto pochi giorni prima a Forum. Sì, scambiò Dante per Sante Licheri.

Un’ignoranza paragonabile a quella di Rocco Casalino. Uomo d’indubbia protervia e inconsapevolezza dei suoi limiti che all’epoca criticò aspramente Cecchi Paone e ora invece fa il pavone per i 5 Stelle.

Sì, Rocco è adesso il nuovo conduttore di Io sto con la natura, non lo sapevate? Ah ah.

Paone invece, da accademico giornalista di format storico-geografici di spicco, fu scelto per partecipare a una recente edizione de L’isola dei famosi.

Sì, Paone coltivò imperituramente il sogno di diventare l’Indiana Jones italiano ma, sinceramente, malgrado la sua preparazione e la sua acculturazione rilevante, non ha mai avuto né avrà oggettivamente la carismatica statura dell’Harrison Ford meraviglioso che fu.

Ecco, torniamo a The Irishman, nuovamente. Non perdiamoci in avventure nostalgiche, non smarriamoci in ricordi adolescenziali da Spielberg.

Sì, non vedremo The Irishman nemmeno a Venezia.

Quindi, c’è qualcosa che non va, anzi, non sta andando per il verso giusto.

D’altronde, al momento abbiamo solo potuto visionarne un trailer che invero trailer non è, dato che non si vede niente. Al massimo, abbiamo scorto una pallottola che gira come i coglioni che vi faccio girare io quando me la tiro da De Niro e Al Pacino e le voci off dei due mostri sacri appena menzionativi.

Eh già, a quanto pare, gli effetti speciali per ringiovanire gli attori sono poco convincenti.

Vanno rifatti daccapo.

Il film non è ancora incredibilmente pronto. I costi stanno lievitando a dismisura.

I tecnici del reparto effettistico non sono riusciti, appunto, a generare degli special effects efficaci e degni di nota.

Non è però, in fin dei conti, un grosso problema. Suvvia!

Si dovrebbero, secondo me, affidare al sottoscritto. Il quale calzerebbe a pennello nei panni di Frank Sheeran/De Niro da giovane. Assegnandomi anche i ruoli giovanili di Pacino e Pesci.

Sì, sono più camaleonte di De Niro, fuori dal tempo come Marcel Proust, a mio avviso il tempo non esiste.

Per me ieri è oggi e domani è ieri.

Io ricordo tutto, so portare il mio stato mentale indietro nella mia memoria storica, oserei dire antologica e mitologica. Forse a volte stolta ma soprattutto stoica.

Voi invece (vi) raccontate molte balle. Fate i fighi ma siete appassiti, appunto, da tempo immemorabile.

Disconoscete anche il vostro passato. Il passato personale non va mai sconfessato. È in virtù dei traumi e delle ferite patite che ci si fa uomini e non Butcher…

Per esempio, quel tipo lì, già di una certa età, ancora mente alla sua famiglia in merito ai suoi attuali meriti. Perché invece non racconta loro chi era, chi fu? Non ci sarebbe niente di male. Non bisogna giammai vergognarsi delle proprie umane debolezze, anzi, bisogna (ri)guardarle con lucidità e oculatezza.

Sì, lo sa suo figlio che, prima di fare l’intellettuale del cazzo, fu un alcolizzato cronico e lo salvò la moglie dalla perdizione infernale, iscrivendolo a una magistrale scuola serale?

Ecco, la verità è importante. Non bisogna insabbiarla e accanirsi in guerre fratricide. Altrimenti ci si scanna come in Gangs of New York.

Io, in questa mia chiesa sconsacrata innumerevoli volte, mi pento e mi dolgo dei miei errori. A mia discolpa posso solo dire che furono errori di distrazione, di gioventù. Dunque, finitela di farmene una colpa.

Come dice il grande Al Pacino di Scent of a Woman…

Entrando qua dentro ho sentito queste parole: “la culla della leadership”. Be’, quando il supporto si rompe, cade a pezzi la culla e qua è già caduta, è già caduta! Fabbricanti di uomini, creatori di leader state attenti al genere di leader che producete qua. Io non so se il silenzio di Charlie in questa sede sia giusto o sbagliato. Io non sono né giudice né giurato ma vi dico una cosa. Quest’uomo non venderà mai nessuno per comprarsi un futuro.

E questa amici miei si chiama onestà. Si chiama coraggio. E cioè quelle cose di cui un leader dovrebbe essere fatto. Io mi sono trovato spesso ad un bivio nella mia vita. Io ho sempre saputo qual era la direzione giusta. Senza incertezze sapevo qual era. Ma non l’ho mai presa. Mai. E sapete perché? Era troppo duro imboccarla. Questo succede a Charlie. È arrivato ad un bivio. E da solo ha scelto una strada. Ed è quella giusta. È una strada fatta di principi. Che formano il carattere. Lasciatelo continuare per il suo viaggio. Voi adesso avete il futuro di questo ragazzo nelle vostre mani! È un futuro prezioso. Potete credermi. Non lo distruggete. Proteggetelo. Abbracciatelo. È una cosa di cui un giorno ne andrete fieri. Molto fieri.

 

Io non compro la mia dignità, leccando. Se vi sto antipatico, almeno abbiate appunto la dignità di deporre le armi e di non continuare in assurde rivalità cretine da bambini.

Se voleste invece aiutarmi nei miei sogni, ecco un esempio che ho da offrirvi.

Cercate la campagna crowfunding de La leggenda dei lucenti temerari.

Vincere?

E allora vinceremo!

Lasciando stare i fascismi e tutte le puttanate varie. Le prese di posizione e le stupide, ottuse prese per il culo.

Le riprese di Gangs of New York: 18 Settembre 2000 – 12 Aprile 2001.

Grande Fratello prima edizione: 14 Settembre – 21 Dicembre 2000.

 

Cap. 2: la Storia non vi ha insegnato allora nulla? Prendetela come viene…

Come puntualizzò Pasolini, la Storia è sempre la stessa. Vive di recrudescenze, interminabilmente per i giovani si presentano gli stessi problemi degli insanabili, annali, secolari, millennari(stici) conflitti generazionali. Dunque, se negli anni trenta, la gente combatté per la fame, vivendo di stenti, dunque a stento, ossessionata pressoché dalla sola preoccupazione della sopravvivenza, uscita dalla Prima Guerra Mondiale, desiderò solamente un po’ di requie, svagandosi con Stanlio e Ollio e l’allegria che esorcizzò lo spauracchio delle battaglie infernali da cui si salvò miracolosamente, arrivò poi però Hitler, nacque il nazismo, pullularono le teorie scioviniste, in Italia avemmo il fascismo, scoppiò di nuovo insomma un gran casino.

Fu tutta una Resistenza e ancora una volta la giustizia trionfò nonostante le perdite incalcolabili e immani.

Nuovamente, la gente si rimboccò le maniche, invase le strade, festeggiando la libertà. Tutte le persone, uomini e donne si abbracciarono, scopando come bestie selvagge per tutta la calorosa notte di balli e canti, forse anche di qualcuno rimasto solo come un cane nell’alzare comunque alla luna il calice. Ringraziando iddio d’essersi appunto salvato.

Ecco, The Irishman è un film di Netflix.

Lo streaming già esisteva, i film piratati da una vita oramai imperversavano sul web. Sì, certo, ma Netflix ha dato compiutezza al marasma generale, divenendo produttrice in prima linea d’un concettuale, nuovo, avanguardistico modo di guardare (al) Cinema.

Sono tanti quelli che ancora, ostinatamente, fervidi passatisti e nostalgici di un’era oramai, nel bene o nel male, non spetta a me giudicare, scomparsa, sepolta viva dalla Settima Arte sullo schermo del pc, non vogliono arrendersi né darla vinta a Netflix.

Dunque, abbiamo due fazioni di cinefili che si stanno fronteggiando a muso duro. Come detto, quelli di una generazione, poco più grande della mia, sono decisamente convinti che il Cinema, nella sua accezione migliore del termine, vada gustato in sala, ovvero costoro sono i denigratori di Netflix.

Guidati dal Priest Vallon/Liam Neeson, difensore chiesastico della tradizione.

Turbati oltremodo da questa piattaforma che ha stravolto e coinvolto perfino registi importantissimi come il suddetto Scorsese.

Il quale, alla pari del suo Andrew Garfield di Silence, abiurò dinanzi alla legge laicamente spietata del commercio… O forse invece, come spiegherò e disaminerò nelle righe seguenti, fu già invece illuminato e agnostico come Cronenberg.

Sì, io sono pro Netflix. Non si era capito?

Sono William Cutting?

No, ma credo che, come tutte le invenzioni, non vada demonizzata.

Scusate, non è colpa di Enrico Fermi se furono scagliate le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.

Lo stesso discorso è applicabile a Netflix.

Tutto ciò che è innovazione m’affascina.

Guardiamoci in faccia.

Ero prima in macchina. E ho ascoltato un filosofo che ha analizzato la situazione sociale-economico-antropologica odierna, scoprendo l’acqua calda. Ah ah. Eh sì.

Ha sciorinato un campionario di banalità dette assai meglio da Cronenberg e da Black Mirror.

Cioè, per farla breve, ha detto che in un futuro non tanto lontano saremo così tecnologizzati da diventare uomini-macchine.

Eh, il dottorino laureato a Padova ha fatto, come si suol dire, la scoperta dell’America.

Io lo dico da una vita. Su per giù da quando avevo tredici anni. In effetti, da allora quasi tutti mi scambiarono per pazzo.

A tutt’oggi, mi urlano in faccia: ma ce l’hai una vita tua? Come fai a vivere se non vivi le cose realmente?

Poveri idioti, voi sapete ben poco della mia vita, dei meandrici corridoi delle mie paure, dei tunnel neuronali delle mie emozioni ancestrali, etiche e anche etniche. Non sapete nulla nemmeno di quel che patii sebbene mi compatiate.

Credo che abbiate di me frainteso tutto. Dandomi dello schizofrenico, del fobico sociale, dell’impresentabile cacasotto irrimediabile, dell’irrecuperabile uomo che vive di sogni irreali.

Ovviamente, io sono il sognatore fattosi Videodrome, il disagiato Stephen Lack di Scanners, l’eXistenZ (non) vivente giammai marcescente che impeccabilmente risulta sempre sano/a di mente malgrado tutte le vostre psicanalisi da quattro soldi sul sottoscritto da A Dangerous Method.

Voi non siete né Freud né Jung. Ecco, se foste Keira Knightley, potrei darvi retta. Anche darvelo nel retto. Keira è bona!

Voi non siete buoni. Siete degli ipocriti.

Vivete di patti d’onore da russi come ne La promessa dell’assassino, non cambiate mai punto di vista sulle cose, nemmeno sulle cosce. Il vostro è un Naked Lunch di stronzate, una Cosmopolis di seghe mentali.

Siete fastidiosi come La mosca, Inseparabili dalle vostre certezze bacate. Come in Crash, siete “bucati” e spaccati.

Però, la vostra Zona morta non è veggente come Christopher Walken. Anzi, più passa il tempo e più diventate come l’omicida del film appena citatovi.

Vi nascondete e rinnegate ogni vostro atto criminoso. Io, come Cristo, no, come Chris, conosco il vostro Demone sotto la pelle.

Sì, parimenti a Cronenberg, non sbaglio mai. Se dico che uno è pazzo, lo è.

Per esempio, da qualche mese a questa parte, s’è rifatto vivo un demente che continua anonimamente a darmi patenti da Spider.

Definisce inoltre le mie critiche e le mie recensioni cinematografiche assai scontate, apostrofandomi con epiteti sconcertanti. Dipingendomi come vecchio e polveroso.

Polveroso? Basta portare la giacca da un’ottima lavandaia e la ripulirà da ogni acaro, miei cari.

Farete la fine di Icaro.

Mah, essere vecchi a 39 anni è un’impresa da M. Butterfly. Cioè, è troppo presto per cristallizzarsi perfino nella sessualità. Oggi può piacerti Cristina Quaranta, domani pure.

Se a te piace John Lone, sarai Jeremy Irons di Lolita. Che cazzo devo dirti? Hai dei gusti un po’, diciamo, perversi.

Ma non sono un moralista. Basta che non inculi me e io continuerò ad affermare che Julianne Moore di Maps to the Stars è una figona.

Io sono un tipo particolare.

Per molto tempo, fui scambiato per Evan Bird. Ragazzo prodigio talmente invidiato che tutti lo spinsero a gesti osceni.

Al che entrai in rehab da curatori dell’anima come John Cusack. A differenza del film, però, Cusack non era mio padre.

Insomma, una tragedia, ah ah.

Cusack combinò danni al figlio più di Barry Lindon, figurarsi coi figli degli altri quanti danni avrebbe potuto combinare.

Sì, infatti incontrai molti santoni-psichiatri, demagogici e stronzi. Che vollero spingermi a tirar fuori le palle. Sì, dei Lee Ermey di Full Metal Jacket.

Ragazzi, non fatevi istruire da questi qui.

Questi spegneranno ogni vostra savia fantasia da Eyes Wide Shut. Vi riempiranno di psicofarmaci e ingrasserete più di Vincent D’Onofrio.

Questi psichiatri sono delle palle di lardo…

Vi racconto questa…

Nel 2006, così come avrete visto in uno dei miei recenti video inseriti su YouTube, lo infilai spesso a quella che era la mia ragazza. Che poi… già l’espressione “mia ragazza” m’è sempre stata sul cazzo.

Che cos’è una proprietà privata, un oggetto, una lavastoviglie?

Comunque, fra il dire e il fare, una sera riguardammo assieme il sopraccitato film di Kubrick.

Finita la visione, lei mi guardò negli occhi:

– Che dobbiamo fare, ora? Scopare? – le chiesi io.

– No, stasera non ho voglia. Piuttosto, devo confidarti, alla maniera della Kidman, una mia fantasia erotica su un ragazzo che non sei tu. Posso riferirtela?

– Ah, ormai, anche se non m’hai spiegato di che si tratta e di chi si tratti, m’hai detto platealmente che hai una fantasia su un altro. L’hai detto pure a voce alta. L’ha sentito/a anche il vicino. Ottimo, che tatto, che sensibilità, cazzo.

Vai, spara.

– Ecco, la fantasia è questa. In realtà, è una fantasia realistica, diciamo molto corposa.

– Cioè? Vieni al sodo.

– L’altro è già esistito in maniera molto tangibile e senziente.

– Detta come va detta, m’hai messo le corna.

– Un po’ sì. Ma non del tutto.

– Specifica non del tutto…

– Abbiamo fatto l’amore, sì, non lo nego. Vorrei però spingermi con lui oltre… Secondo te, è una fantasia lecita?

 

Ecco, come la presi?

A schiaffi, ecco come la presi. Ah ah.

 

Ve ne racconto un’altra…

Nel 2004 invece stavo con una di Trieste di nome Roberta.

Dal nulla, mi capitò a tiro… una di Roma. Era una scrittrice.

Chiese d’incontrarmi perché, dopo aver letto un mio libro, voleva darmi una mano…

Diciamo qualcosa in più.

C’incontrammo, andai a prenderla alla stazione.

La feci entrare… in macchina. Lei, dopo tre minuti, mi saltò addosso. Anzi, s’avventò prima sul mio collo, poi cominciò a infilare la sua lingua dentro la mia bocca.

Dopo un minuto abbondante, mi sputò in faccia.

– Be’? Non hai nessuna reazione? Non sei cresciuto! Fottiti! Dio mio? Perché Roberta sì e io no? Sei una merda!

 

Sì, da quel momento per lei tragico, lei cominciò a calunniarmi con Roberta. Non so come fece ma riuscì a impossessarsi del suo numero di cellulare:

– Roberta, lascialo. Io e Stefano l’altra notte ci abbiamo dato di brutto. Lui ti ha tradito! Lui va con tutte!

 

Intimai codesta mentecatta infima di smetterla:

– No, non puoi mettermi a tacere!

– Perché vai da Roberta a diffamarmi?

– Lo farò finché tu non mi farai. Ecco, facciamo così. Salirò di nuovo a Bologna. Faremo quello che devo fare con te. Poi starò zitta e dirò a Roberta che io e te non è vero che abbiamo scopato. Affare fatto?

 

Sì, guardate, amici, è un mondo che vuole fotterti sempre.

Scorsese è l’unico al momento che non m’ha mai tradito.

In un modo o nell’altro, ce la farà!

 

 

 

di Stefano Falotico

 

dante ferretti

Il programma della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è rivelatore del mondo odierno come ha affermato Barbera?


25 Jul

Siamo seri, stavolta, parecchio. Sebbene, come già profeticamente predissi, preventivai e asserii sicurissimo, Joker è stato selezionato addirittura in Concorso.

Se non vado errato, è la prima volta che un cinecomic partecipa a un Festival di risma. Forse, neanche a Cannes, nemmeno nelle sezioni collaterali, vedemmo l’autoriale Thor di Branagh. Sbaglio? No, non credo.

In effetti, quando la senior della Warner Bros italiana, alle Giornate Professionali di Riccione (o Rimini?), disse che Joker è la vera storia del principe del crimine di Gotham City, probabilmente non era informata bene.

Ecco, sono cose che personalmente non sopporto. Sarebbe come dire che un chirurgo non sa cosa sia un bisturi, che un biologo non sappia cosa sia una cellula, che un cardiologo sia amante di Manuale d’amore di Veronesi. Ah ah.

Come dire che Selvaggia Lucarelli pensa davvero di essere una giornalista e non una che invece ha sfondato perché il suo seno è da sbattere in prima pagina.

Sì, il livello d’incompetenza di certa gente, arrivata a certi vertici, è scandalosa.

Io ho giocato a Calcio. Non seguo più molto il campionato di Serie A ma capisco, per esempio, al volo se un giocatore è in gamba o solo uno che fa gli sgambetti, cioè bluffa di dribbling da leccaculo all’allenatore per venire schierato come titolare.

Un brocco lo riconosci subito. Anche questo non è però sempre vero.

Prendiamo il celebre scambio di batture di C’era una volta in America fra Noodles/De Niro e il suo amico ristoratore. Fratello della donna amata da Noodles, vale a dire Deborah:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Io avrei puntato tutto su te.

– E avresti perso.

 

Ecco, se fossi stato nell’amico di De Niro, avrei spaccato la faccia a Noodles, cioè sempre De Niro.

Reinventiamo il dialogo in maniera falotica:

– Chi avrebbe puntato su te?

– Ma come cazzo ti permetti? Mi dai del fallito? Guarda che per gestire un ristorante ci vogliono du’ palle così, parafrasando il grande amico di Verdone di Un sacco bello, amicissimo peraltro proprio di Leone, il mitico Mario Brega.

. Guarda, non volevo offenderti.

 

Al che arriva Frank Vincent di Quei bravi ragazzi…

– Noodles stava scherzando, cristo. Non ti vedeva da tanto… a te ti va subito il sangue alla testa.

– No, no, no. Io l’ho insultato un po’…  ho sbagliato anche io – si giustifica Noodles alla stessa maniera di James Conway.

– Va bene, amici. Un paio di drink, offre la ditta…

 

Ah ah.

Al che, in tarda notte, entra a sorpresa Joker/Joaquin Phoenix.

 

– Ehi, guarda che non è carnevale, scimunito. Non è neppure la notte di Halloween. Qui siamo tre amici al bar come nella canzone di Gino Paoli. Tornatene nella tua tribù. Vai a trovare quel povero disgraziato di Michael Myers.

– Non sono un matto. Mi sono conciato così perché sono felice. Hai sentito, Bob? Siamo stati selezionati in Concorso!

– In Concorso? A Venezia? Dove io girai con Deborah/Elizabeth McGovern un’iper-romantica dichiarazione d’amore nella spiaggetta dietro l’Hotel Excelsior? Quella appunto di Once Upon a Time in America.

– Sì, cazzo, lurido figlio d’una cagna, grandioso interprete di Taxi Driver e Re per una notte. Barbera c’ha ficcato in lizza per il Leone.

– Che Leone? Sergio o quello d’oro? Va be’! Allora, avvicinati. Unisciti a noi. Festeggeremo sin all’alba.

 

I quattro cenano pure, gozzovigliano e chiamano dieci Escort per movimentare un po’ l’arrosto.

Quindi, consumata ogni carne nell’aprire le loro botteghe, si stravaccano nel retrobottega, ascoltando le parole di Barbera.

Barbera declama che sarà un festival incentrato sulle donne e appoggia perciò il movimento MeToo.

Una delle Escort, di nome Susannina, s’infoia, si scalda dopo essersi caldamente scalmanata coi quattro:

– Sì, basta col maschilismo! Allora perché Barbera ha inserito come film d’apertura una pellicola con Catherine Deneuve? Una che ha sostenuto Alain Delon, dichiarando che è giusto essere uomini anche un po’ stronzi?

 

Parla ora De Niro.

– Ehi, zoccolett’! Con Catherine ho girato in gondola una scena di Cento e una notte. È una grandissima donna.

– Lo sanno tutti che Catherine è una Bella di giorno!

– Perché tu, no?

 

Fa irruzione nel ristorante Ciro Guerra. Regista di Waiting for the Barbarians.

– Cazzo. Alcuni giornalisti sono più scemi dell’ex conduttrice de Le invasion barbariche. Dio barbaro!

Hanno scritto che saranno quattro i registi italiani in Concorso al Festival, ovvero Martone, Maresco, Marcello e il sottoscritto.

Io sono colombiano.

– Sì, ma porti un nome da napoletano.

– Ciro è molto usato in Colombia. Comunque, voi sapete chi sia questo Marcello Pietro?

– Pietro Marcello, vorresti dire.

– Non lo so. Pietro è il nome e Marcello il cognome o viceversa? Oddio, che macello!

– Sì, è una società andata a puttane. Ci vuole un J’accuse da Polanski.

– Mah, a dire il vero queste Escort sono svedesi. Servirebbe una bella polacca come in Radiofreccia. A proposito, Stefano Accorsi non ci sarà in The New Pope? Eh no, eh. Come mai?

E Louis Garrel si presenterà al Lido assieme a Laetitia Casta?

– A proposito di donne caste – riprende a parlare l’Escort sovreccitata… – Che ha questa Laetitia più di me? Nella vita fa lo stesso mio lavoro ma io non vivo in Francia da riccona.

– Ma chi pensi di essere? Laetitia è Laetitia. Una che manda fuori dalle orbite anche Brad Pitt di Ad Astra. Sei orba? – le risponde acidamente la sua Escort rivale, una molto triviale.

– Dai, su. È rimasto del caviale!

 

La verità che la nostra generazione ha perso. Anzi, la vostra.

Robert De Niro aveva quarant’anni quando girò C’era una volta in America. Anche se uscì nei cinema l’anno dopo.

James Woods ancora meno. Gente cazzuta, questa.

Voi, invece? Ma come vi siete ridotti? Avete quasi cinquant’anni e fate le video-recensioni dei film da quattro soldi nella vostra cameretta, in ciabatte! Dio mio. Mosci, borghesotti, cacasotto.

Sapete perché?

Nanni Moretti di Caro diario docet:

Voi gridavate cose orrende e violentissime e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne!

 

Anzi, io sono un meraviglioso uomo senza tempo.

Guardatevi. Non valete un cazzo, appena ve la vedete brutta, vi celate dietro un pc e v’infervorate nelle peggiori offese disumane. Sapete fare solo questo.

once upon a time in americavenezia-76-programma-copertina-609x330

cento e una notte

 

di Stefano Falotico

JOKER sarà presentato al Festival di Toronto, a Venezia, no? Immaginiamo il confronto fra De Niro/Franklin e Arthur Fleck/Phoenix, la causa della pazzia!


23 Jul

joker

Sì, Joker di Todd Phillips è stato confermato tra i film selezionati del prossimo Toronto Fest. Avremo una pioggia di stelle, come si suol dire, una parata di star.

Tale Festival, ultimamente gemellato a quello ben più internazionale e altolocato di Venezia, sta però acquisendo sempre più maggiore rinomanza. Addirittura, soprattutto nell’ultima decade, molti attori di Hollywood lo preferiscono, appunto, alla più prestigiosa, storicamente parlando, kermesse veneziana.

Soventemente, molti dei film presentati a Toronto sono pressoché gli stessi di quelli visti in anteprima mondiale, qualche giorno prima, alla Mostra d’Arte Internazionale d’Arte Cinematografica del Lido. La quale, nonostante tutto, si riserba le world premiere, ovvero le esclusive.

Però, gli attori che ne sono protagonisti, eh già, anziché involarsi per Venezia, piuttosto che scomodarsi nel prendere l’aereo, soggiornare all’Hotel Excelsior o al Baglioni, amano di più starsene in terra natia, patria statunitense o casa, appunto, in Canada che sia… La casetta in Canadà!

Fottendosene della prima.

Joker è uno che, sinceramente, se ne fotte pure delle seconde possibilità. Anzi, fa di tutto per continuare a rimanere confinato nella sua zona folle da emarginato non plus ultra. Unico spazio nel quale si sente libero e felice, lontano da ogni porcile e condizionamento. Sopravvaluta però sé stesso, inconsapevole dei suoi evidenti limiti caratteriali, sovrastima per così dire il suo inesistente, forse soltanto inestimabile talento alla stessa maniera di De Niro di Re per una notte.

O forse, invece, la sua abissale solitudine annale, oserei dire ancestrale e spettrale, l’ha davvero reso un personaggio dalla bravura tragicomica impressionante. In verità, la massima personificata di Joyce: un uomo di genio non commette errori, i suoi sbagli sono l’anticamera della scoperta.

Soltanto che la realtà sociale, soprattutto quella dello spettacolo destinato a un pubblico di spettatori impassibili e ammaestrati, telecomandati e appartenenti alla falsa, alta borghesia, diciamo, schifosamente amabile, forse animale, un uomo come il Joker non può applaudire.

Poiché, se così facesse, cioè se s’inchinasse dinanzi alla sfavillante verve brillante di un uomo considerato di mente malato, adesso miracolosamente, sfolgorantemente rinascente, rinnegherebbe ogni principio e valore della sua casta privilegiata ed emozionalmente deficiente. Ché, sin dalla notte dei tempi, fin dai temp(l)i dei faraoni egizi, ha strutturato il mondo in una gerarchia piramidale assai tribale e vomitevole. Ove non è permesso scalare, genialmente, tale totem, sconfiggere questo moloch e arrivare al vertice se, fino a quel momento, non ci si è attenuti a un percorso corretto, politicamente.

Joker è la simbolizzazione, terribilmente mostruosa, d’ogni ipocrisia dell’uomo fintamente principesco, forsanche regale, che non accetterà mai e poi mai che una persona forse affetta da assistenzialismo possa essere a essa pedagogicamente educatrice del significato della più cordiale, solidale, umana esistenza.

Al che, gli psichiatri pagati a peso d’oro schiferanno la morale onestà del Joker perché lui, semplicemente, incarna la nemesi, da lui vivificata nella genuina purezza e nella schiettezza più nobilmente lodevole, del loro pensiero coercitivamente proteso al conformismo più materialistico e becero. Sì, lo psichiatra medio è un conformista. Non è invero molto preoccupato della salute psichica del suo paziente. A lui interessa soltanto che i suoi pazienti non diano di matto, cioè che non siano di danno, per colpa delle loro innominabili patologie, eh sì, vige il segreto professionale, dei loro disagi indomiti, per sé stessi o per gli altri. Dunque, se il loro grado di sofferenza psicologica supera un certo livello di criticità, rincarano le dosi…, fregandosene altamente. Che poi un paziente pesi trecento chili e sia totalmente (ar)reso a uno stato simile al coma vegetativo, non è che gliene freghi molto. Anzi, un cazzo. Gli psichiatri sono tutori dell’ordine prefabbricato delle cose, dei preservatori della dinastiche case delle libertà, appunto, più farisee.

Intervengono spesso coattamente a livello prima farmacologico e poi intensamente subliminale. Facendo credere al loro paziente di essere malato, in una parola semplice, ingannandolo con l’ipnosi o attraverso la forza intellettiva a mo’ di Scanner Michael Ironside. Ovvero, circuendo cattivamente e plagiando capziosamente i canali del pensiero del paziente in questione affinché il paziente stesso si convinca di essere affetto da qualche mentale distorsione patologica sempre latente. Da cui il termine strizzacervelli e anche qualcos’altro. Si prodigano di parcelle da porcelli al solo scopo che i loro pazienti vengano inebetiti da psicofarmaci contenitivi che in verità li castigano nel forno crematorio delle loro fornaci disperatamente impotenti. Ora, mettiamo invece che un tipo alla Joaquin Phoenix, anziché andare in cura da uno di questi imbonitori, venga affidato alle terapie rivoluzionarie del cosiddetto ciarlatano, simile a Dario Fo, di The Master. Sì, un tipo innovativo come Philip Seymour Hoffman.

Che cosa potrebbe accadere?

Ecco la situazione…

Fleck si presenta al talk show condotto da Franklin/De Niro:

– Buonasera, signor Fleck. Si accomodi.

– Grazie. Prego, anche se io sono ateo.

– Bene, io sono invece un arrivista-aziendalista-nazista.

– Va bene, allora io perseverò nell’esserle antifascista. Orgogliosamente fancazzista.

– Be’, onestamente, caro Fleck, lei assomiglia più che altro a Fantozzi.

– Sì, sono in effetti fan di Umberto Tozzi. Sa, prima di entrare in studio, ho ascoltato in cuffia Gloria. Io qui non cerco la fama.

– Ah sì? Allora perché s’è presentato in trasmissione? Coi soldi che le abbiamo dato per la sua ospitata, per un anno non morirà di fame. Guardi, Fleck, mi dia retta. Non chieda, finita la nostra paga, il reddito di dignità. Vada piuttosto a Roma Nord. Se la godrà pure. Continuerà a prenderlo in quel posto ma almeno non passerà per invalido. Anzi, faranno la fila e le belle fighe gli altri, messi a novanta più di lei, per usufruire carnalmente del suo reddito di cittadinanza.

 

Ahahahahaha, il pubblico ride di grana grossa.

– Vero, ha ragione. La valletta, qui al nostro fianco, ha fatto la stessa cosa con lei.

– Che vorrebbe dire, signor Fleck?

– Cioè che le ha dato quello che lei sa per avere nella vita, diciamo, più culo.

 

A questo punto compare la scritta: ci scusiamo per il disagio coi telespettatori, la trasmissione riprenderà il prima possibile.

E il sottotitolo: è una tragedia! Si prega di mantenere la calma, intanto fate zapping. Pensavamo di aver invitato un coglione e invece s’è rivelato l’incarnazione di Pier Paolo Pasolini. Perdonateci.

In futuro, c’informeremo meglio sugli ospiti, evitando figure di merda di queste proporzioni.

 

Sì, Joker sarà presentato a Toronto, miei tonti.

The Show Must Go On!

 

Credo che Joker invidi molto Jim Morrison, James Dean, Kurt Cobain, insomma gente che è morta giovanissima nel momento massimo del loro zenit percettivo della realtà. Uno dei tre succitati comunque suicida.

Che fortunati. Sì, l’età migliore, quella del massimo grado cognitivo del mondo è dai 25 anni fino ai 35, se va fatta bene.

Poi è soltanto una bugiarda accettazione della condizione umana. Una gara a chi resiste di più per non soccombere e sprofondare nell’abisso, nella perdizione irrimediabile di questo mondo angoscioso per cui filosofi, pensatori, poeti ed esseri spirituali ed elevati si sono scervellati per trovare una soluzione all’apoteosi dell’entropico disastro collettivo.

Nessuno di questi ha avuto una vita felice. C’è chi s’è ammalato di nevrosi, chi è impazzito del tutto, chi è andato a vivere sull’Everest, chi ha deciso di farla finita come Mishima, chi ha tentato, vanamente, con tutta la forza psicologica possibile, di contrastare l’orrore di cui parlava a ragion veduta Marlon Brando/Kurtz.

Sono tutti finiti male, purtroppo. Hanno voluto sfidare Dio. Pensiamo a Frankenstein.

C’è un’altra variabile che spesso molti di essi hanno universalmente trascurato.

Dio è figlio delle fantasie dell’uomo. Immaginate che roba possa essere lottare per un mondo ove il padreterno è stato partorito da chi può avere stupidamente creduto che l’uomo sia stato creato a immagine e somiglianza del creatore da lui stesso concepito.

Sono amico dei pazzi. Perché il novanta per cento di essi è incosciente di esserlo.

Dunque i pazzi hanno tutta la mia stima possibile e immaginabile.

Sono invece nemico delle certezze, delle frasi fatte, della retorica, del buonismo consolatorio e ricattatorio, del proibizionismo, dell’astensionismo dalla verità rinnegata a favore delle facili spiegazioni sbrigative, sono nemico delle speculazioni analitiche sul prossimo, del quale nessuno di noi, estraneo perciò al suo cuore e alla sua mente, potrà mai conoscere il suo vissuto e il suo vivido sentire, di conseguenza non potrà mai capirlo, semmai solo supporre, fantasticare, allestire un delirio peggiore dei deliri di chi ha preso la sua incontrovertibile, irreversibile scelta estrema.

Alla prossima.

Sperando che non sia già altrove, in un qualche aldilà, in un’altra identità, in un’altra galassia remota, distante anni luce da ogni cosmetico imbellettamento, da ogni (s)truccato balletto.

Da ogni imbecille, turlupinante trucchetto.

Da ogni adulto che si comporta da bimbetto e da ogni bimbetto che si atteggia ad adulto per fare lo stronzetto.

Vado a dormire, ascoltando il grande Daniele Silvestri.

 

master phoenix joker_01
di Stefano Falotico

joker phoenix

 

Separiamo le (di)stanze e tagliamo la testa a ogni critico del cazzo


16 Jul

ultimo dei mohicani

weinstein distanzeSì, sono profondamente innamorato di una ragazza.

Oramai l’avete compreso tutti. Spero che comprendiate questo mio slancio passionale da Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani. Lei è forse più bella di Madeleine Stowe.

Cioè praticamente è da manicomio. Lei non vi finirà, non è pazza di me. Non vi finirò nemmeno io, non sono pazzo, solo fottuto nel cervello. Ah ah.

Mi farà lo scalpo, scappellando un altro e rimarrò al solito scapolo. Grattandomi le scapole mentre lei si lascerà massaggiare il fondoschiena da una dura spatola, pettinandosi poi col gel di questa da lei mangiata piattola.

Mah, andiamo a pulire i piatti, suvvia.

Nonostante quest’ennesima inculata, non dovete più comprimermi, bensì spronarmi a urlare per lei tutto il mio urlo da Tarzan. Insisterò, non arrendendomi.

So che lei è stata, nel frattempo, con altri dieci uomini, quindi è una zoccola conclamata. Ma ci sta lo stesso?

Ah ah.

Afferrerò la macchina come una liana e, sognando di toglierle la maglietta di lana, anche se è estate e forse lei è in topless al mare con un macchinista, m’involerò in autostrada, fermandomi all’Autogrill ove sceglierò il regalo da donarle come pegno del mio amore romanticamente eterno. Immaginando, durante il viaggio, il suo corpo già pregno di eccitamento, sarò io stesso impregnato di sudore dovuto al surriscaldamento.

Forse, sarò sudato semplicemente perché ci sono quaranta gradi?

Sì, agli Autogrill esistono queste piccole librerie ove finiscono i romanzi peggiori, forse anche i miei. Dunque, oculatamente, dopo un’accuratissima scelta selettiva, capirò che aveva ragione Darwin.

Io sono un superuomo nietzschiano che non abbisogna di andare da una donna e regalarle un romanzo d’amore. Resiste l’uomo che, nonostante le botte pazzesche, non muore e non arrossisce a causa di una dolciastra bionda o mora che sia. Rossa è meglio. Più rossa è più significa che è già fritta e di te arrosto.

Sono un uomo durissimo che non scopa mai ma non viene comunque sbattuto a terra.

Una selezione naturale delle briciole.

Questi romanzetti rosa sono adatti alle donne frust(r)ate. Donne che compensano le loro carenze affettive, trasfigurandosi nelle eroine caldamente trasgressive della collana Harmony.

Con me, le donne sono armoniose, dunque ardentemente amorose senza che io mi prostituisca e mi abbassi a plichi da leccaculo.

Sì, ogni giorno ricevo su Facebook le loro poesie altissime:

che il giorno rigoglioso splenda nella tua anima meravigliosa, che il sole t’irradi di speranza e che l’esistenza ti sia dolce, fragrante e calorosa… ora, scusa, devo offrire la mia torta di mele a un uomo meno soffice di te, il quale sa però usare con più tosta levità il lievito di birra…

Sì, non sono misogino ma queste donne mi fanno girare i coglioni.

Guardate, a questa qui ora scrivo quanto segue:

ciao, io e te abitiamo lontani. Le distanze sono notevoli ma ogni tua nuova foto m’induce ad allungarlo, no, ad accorciarle.

Comunque, io cazzeggio, nessuno riesce a incularmi davvero, in quanto sono eterosessuale convinto e, diciamocela, del sesso me ne sbatto altamente.

Sì, ho la casa sommersa da dvd porno. Ve lo confesso.

Alla fine, questa qui è venuta comunque con me. Sapete perché? Non le avevo mai confidato di essere un collezionista dei film con Samantha Saint, di Kendra Lust e di altre troie di merda.

Pensava che fossi solo un cinefilo, amante di Bergman.

Secondo voi, questa qui, è una puttana?

No, è un’attrice premio Oscar di Hollywood.

Cioè, stringi stringi, una di quelle.

Sì, io ne conosco una più del diavolo, vale a dire Harvey Weinstein.

Il diavolo ha le corna in testa.

Per forza, gliel’ho messe io.

Io ho scopato pure con la sua ex moglie.

farinotti

Le contraddizioni viventi dei dementi

 

Sì, è una società di dementi ove il demente migliore diventa il vero demente.

Mi pare chiarissimo il concetto da me espresso in questa lapidaria frase. Che non è a effetto e non è neppure una freddura per ottenere facili risate oppure, ancora peggio, per attirarmi l’ammirazione di qualche esteta e cultore delle massime con gli ossimori, a loro volta pregne di significa(n)ti e spericolati, cosiddetti geniali doppi sensi.

È da un po’ che intendo sputtanare questa gente, platealmente deriderla. Prima di oggi, devo ammettere, che non possedevo il coraggio, la franchezza intellettuale, la forza morale e l’arguta capacità di ribattere dinanzi ai loro sacrileghi affronti vergognosi e allarmanti.

Sì, perché dirimpetto alle loro proterve bocche offensive, ero debole e, alla fine, soccombevo.

Schiacciato dalle loro insistite, imperterrite provocazioni voraci.

Diventando, ah, oscenità delle mostruosità, la parvenza del sembiante da loro ipocritamente, malignamente scaricatami addosso, cucitami a pelle, dipintami a immagine e somiglianza dei loro volgarissimi tiramenti di culo bastardi.

Figli della loro cattiva, pessima educazione coatta.

Ma procediamo con calma, mi stavo già facendo assalire dall’ira e il mio temperato istrionismo, parafrasando il compianto critico Morando Morandini, il quale usava questa bellissima espressione per identificare le performance attoriali più sfumatamente creative e personali, ecco dicevo… la mia composta moderatezza stava già collassando, infettata dalle loro maligne allusioni pazze.

Sì, queste persone oltraggiose della dignità altrui, lestofanti e sciacalli delle anime del prossimo, che loro insultano e macerano a diletto e a dileggio delle loro stolte, criminose e dunque delittuose false congetture, delle loro catture e sceme iatture, sono dementi, altresì psicopatiche.

E godono nello scatenare al malcapitato di turno, attraverso appunto le loro scellerate umiliazioni inflitte al prossimo loro, verso il quale provano solo odio, invidia e alcuna empatia, reazioni psicotiche, a loro volta figlie delle loro esagerazioni imperiose, boriose, fatte d’improperi arcigni e severamente impietosi.

La psicosi nasce infatti da un alterato rapporto dell’individuo affettatosene, no, affetto rispetto a un ambiente circostante percepito giustamente come ostile e pericoloso.

Quindi, lo sfigato angariato da tali vili impostori, da tali maiali, da questi malati mentali affettati, cinici e soprattutto affetti da crudele bestialità porcellesca e acrimoniosa, annega nell’impoverimento emozionale, divenendo schiavo delle loro misere diffamazioni pusillanimi, scarsamente amorose.

La pusillanimità, ah, patologia di cui soffre il novanta per cento dell’umanità. L’umanità è perlopiù costituita da persone che, a prima vista, paiono appunto di sana e robusta, fisica costituzione, che si attengono almeno esteriormente alle facciate costituzionali della legge civile del rispetto e dell’egualitaria visione umanistica, oserei dire panteistica del Creato ove ammazzarono il Cristo.

Si spacciano per persone, infatti, buone, sensibili, umanamente disponibili. Invero, sono soltanto degli opportunisti, oserei dire degli egoisti tristissimamente arrivisti.

Cosicché, come ci hanno insegnato, grazie alla mirabile, ficcante penna di David Mamet, Robert De Niro e Jean Reno in Roninsono tutti amici finché non arriva il conto da pagare.

Vi posso garantire che appena qualche loro amico crolla, questi sedicenti amici fuggiranno, vi abbandoneranno, come si suol dire, nel momento del bisogno se ne fotteranno.

È troppo facile essere amici del prossimo quando le cose vanno bene a tutti.

Non scopro certamente l’acqua calda né conio naturalmente una verità apodittica di rilevanza planetaria nel ribadire pleonasticamente, diciamo pure pateticamente, insopportabilmente, banalmente che il vero amico si riconosce nel momento del bisogno. Il resto è solo un sogno.

Peccherei di demenza nel credere che tale suddetto aforisma sia una mia frase di risma e non una faciloneria qualunquistica.

Ma non perdiamoci in patemi d’animo, non scoraggiamoci se qualche stronzo ci scoreggia in faccia quando, in realtà, andrebbe solo smerdato ed evacuato dal nostro culo iroso.

So soltanto che, grazie alle sciocche offese altrui, se come detto un tempo ne risentivo e m’accasciavo, anzi, accasavo nella casa costruitami addosso delle loro ignoranti maldicenze, ora le affronto impavidamente. Deliberatamente in maniera micidiale, in forma parimenti bestiale e superbamente arrogante, in modo altrettanto arbitrario, sfacciato e sprezzantemente vanaglorioso.

Ad esempio, il giovane medio, dall’alto prosopopeico della sua gagliarda giovinezza scriteriatamente illusa, temerariamente m’insulta, dandomi dell’uomo anacronistico, lento, in una parola vecchio e inconsolabile, amaramente matto e solo.

Questo suo atteggiamento codardamente spocchioso è figlio appunto invece delle sue inconsce paure da tragico immaturo assai sospettoso e calunnioso.

Il quale, ragionando di stereotipie e luoghi comuni a iosa, ancora è lui, sì lui, fermo alle schematizzazioni del prossimo entro i compartimenti diagnostici, cretinamente esegetici della sua visione acerba della complessità del reale, dell’insieme invero entropico, immensamente, stupendamente caotico di tutto questo mondo falotico.

Falotico è sinonimo di bizzarro e stravagante. Ovvero il contrario della faciloneria castrante ogni speranza del deficiente succitato-sovreccitato che, credendosi invincibile, ancora spara sesquipedali idiozie.

Al che, ecco che spunta l’ombra di Fantozzi. Che lui t’appioppa poiché ti vede impressionisticamente, oserei dire molto superficialmente come un declassato uomo medio-basso senza qualità, senza palle e personalità stupefacente.

È un ragazzo molto indietro, un arretrato.

Assomiglia tanto a quell’idiota del critico della minchia per eccellenza, Pino Farinotti.

Il quale, a proposito della sua illeggibile recensione di C’era una volta il West, chiosò il suo antologico finale con una massima storicamente, oltre che inattendibile, squallidamente qualunquistica, come già detto.

Secondo Wikipedia, il qualunquismo è un atteggiamento vagamente ispirato dalle azioni del movimento dell’Uomo qualunque che rinnega o almeno intenzionalmente ignora l’aspetto politico del vivere associato. Comparve in Italia nell’immediato dopoguerra.

Aggiungo io, quest’atteggiamento così tanto qualunquistico da essere e risultare ridicolmente superomistico, purtroppo, non è affatto scomparso. Anzi, sta crescendo proprio in seno alle famiglie delle nuove generazioni che, appunto, stanno educando i figli all’arrivismo, alla competitività più meschina, all’egoismo addirittura più egotista, cioè auto-centrato sulle loro circoscritte esistenze solipsistiche.

Abbiamo perso di vista il Farinotti, scusate, ora lo riprendiamo ed estrapoliamo la sua bischerata epica, assai lontana dall’epicità leggendaria di Sergio Leone, remota anni luce dalla sofisticata, melodica musicalità paradisiaca di Ennio Morricone: un cult movie per ragionieri in vena di poesia.

Sì, il ragioniere alla Fantozzi ama C’era una volta il West perché, fortunatamente, non è Farinotti.

Uomo di sé pienotto che, anziché essere angariato dal padrone, è uguale a Sam Rothstein/De Niro di Casinò.

È cioè talmente puntiglioso e meticoloso nel recensire le vite e i film altrui da non aver capito ancora che invece la sua vita è una tragedia (dis)umana.

Farinotti è uguale sia a Noodles che a Max di C’era una volta in America ma ancora non l’ha capito.

Pino, non preoccuparti, è stato tutto un trip esistenziale-anti-recensorio del tempo tuo perduto da drogato, più che di oppio, di cazzate col paraocchi.

Io non sono nessuno per proferire parola e non sopporto quando la gente più grande di me mi chiama signore.

Io sono solo il signore delle belle signore. Che posso amare a tutte le ore, miei pecoroni e suore che, in cuor vostro, da an(n)i sognate una pecorina col luterano pastore. Protestate, datevi al protestante.

Buona suora, no, buona sega, no, buonasera.

Anche oggi abbiamo partorito la cazzata mitica. Sempre meglio delle cazzate di Pino. Uno che non è amato né stimato dalla moglie di Fantozzi.

Ho detto tutto.

 

di Stefano Falotico

Sono molto ambito in quanto, a forza di non svendermi, devo regalare le mie cassette al mercato ortofrutticolo, anche quelle delle arance meccaniche


09 Jul

arancia meccanica alex

aranciajokerfalotico

Sono un uomo del Paleolitico? Sì, fra poco lo sarò ma potrei diventare l’uomo più ricco del mondo se vendessi tutte le VHS e le mie memorabilia…

Sì, da tempo un dubbio amletico di natura economica sta tormentando le mie notti insonni. Spesso, in piena notte, quando non chiudo occhio, sognando soltanto di fare l’amore con una ragazza della quale non posso farvi il nome ma soprattutto al momento non posso farmi, donna estasiante che vagheggio fra mal di pancia insopportabili e lancinanti desideri miei platonici insoddisfatti che curo parzialmente bevendo latte non tanto scremato e leccando la morbida panna di un cono gelato dell’Algida, donna, sì, caldissima e algida per niente, immensamente bella che distrugge ogni mia trascendenza buddista, sciogliendomi come un delicatissimo crème caramel, donna godibilissima che vorrei assaporare in amplessi dolcissimi, palpare, carezzare col cucchiaio, gustare, snocciolare e leccare come un bignè, ecco, quando ciò funestamente accade… sto immobile a fumarmi una sigaretta e gironzolo per casa. Ma nella mia casa, adesso, vi sono pochi metri quadrati calpestabili.

È una casa sommersa da libri, riviste, dvd, locandine che penzolano, poster perfino dei film di Bigas Luna che accentuano la mia fame chimica, oserei dire eroticamente lupesca. E, tra le rifrangenze chiaroscurali dei raggi lunari mescolati torbidamente alle mie notti ululanti, dolorose e strazianti, questo casino pazzesco m’induce a essere come Armstrong, sia il jazzista che l’astronauta, e a cantare, appunto, Luna di Gianni Togni.

Comunque, al circo Togni ho sempre preferito quello della compianta e truccatissima Moira Orfei. Sua figlia ancora mi risveglia dai miei letarghi pachidermici da elefante. Al che, divento un domatore del mio leone che, rimembrando la vertigine perfettamente colossale delle sue gambe lisce, così stuzzicanti, provocanti e vellutatamente, diciamocelo, eccitanti, silentemente ruggisce eppur come un cavallo imbizzarrito anche nitrisce.

Dunque, sedato, si mette seduto e gli passa ogni fantasiosa voglia di averla nel mio letto per amori da ginnasti e da trapezisti.

Invero, Lara Nones, figlia di Moira, aveva delle belle gambe. Di viso però non era un granché.

Mentre questa mia agognata, anelata donna a cui spero di regalare un dorato anello ma dinanzi alla quale, più che leonino, appaio ai suoi occhi solo come un agnello un po’ porcellino, senz’ombra di dubbio è l’apoteosi seducente e maliziosa più avidamente irresistibile. Femmina fiera e felina, soprattutto mi ferisce, dunque assai ferina e non poco stronzina.

Una donna talmente bella che, se ci fai all’amore, poi ti sbattono… dentro poiché, dopo tanta idilliaca venustà dei tuoi irradiati sensi sventolati e sventrati, vai fuori. Non soltanto di testa.

Diciamo che i tuoi ormoni, surriscaldati più dei tropici, sono defenestrati perché vieni strozzato dal caldo equatoriale provocatoti da tale donna dalla bellezza abissale più dell’oceano Pacifico.

Insomma, se vedi questa qua, non puoi stare calmo, la sua forza erotica non pacifica proprio nulla. T’immerge sin da subito in emozioni più profonde di Atlantide grazie alle sue forme che scioglierebbero ogni orso polare dell’Antartico.

Annegando ogni tua voglia… ascetica. Ho perso la testa per questa, scusate. Che testa di minchia!

Di mio, sì, sono un testone.

Poche volte attestai le mie conoscenze, non solo culturali. A livello istituzionale, poche donne ebbi, diciamo, in maniera effettivamente, affettivamente copulante di fidanzamenti attestanti i miei flirt ficcanti.

Ah, vivo spesso di farneticazioni e poco di fornicazioni. Sono un uomo che fa della fantasia la vita stessa fatta e sfatta di leggiadria. Sono talmente leggiadro che fra un po’ anche se un ladro volesse derubarmi, eh già, constaterebbe che per lui sarebbe stato meglio se avesse passato la serata, guardando The Score con Bob De Niro.

Sono un uomo comunque molto ricco interiormente. Tanto ricco nell’anima e poco esteriormente che, cazzo, non detengo nessuno scettro. Sono un uomo talmente moralmente retto che vengo preso per storto e fesso. Detta come va detta, per un coglioncello.

Molti ragazzi sono mantenuti, quelli che perdono la brocca e danno di matto, combinando macelli, diventano anche detenuti. Di mio sono nudo e crudo. Libero come una libellula ma vedo poche farfalle. Né brutte né belle.

Anzi, ufficialmente sono solo come un cane. Dato che non sono sposato. E non dipendo da nessun padrone.

Di contraltare, ho degli amici fidati. Che vi credete?

Ma vi svelo questa verità: siamo tutti soli anche se pensiamo di essere capi del governo.

Pensate a Berlusconi. Nessuno l’ha mai amato davvero.

Voi dunque, prima di dichiararvi amati e benvoluti, accertatevi dapprincipio, miei falsi principi, di non essere adorati semplicemente da delle puttane e da dei leccaculo.

A livello prettamente personale, intimo e inconfessabile, forse potrei asserire di essere stato inserito socialmente a molte ragazze, diciamo, che apprezzarono non poco le mie risorse umane.

Detto ciò, tralasciando le mie toste esperienze sentimentali, la mia educazione sessuale, passiamo al culturale.

Sì, la mia casa è addobbata di oggetti, suppellettili, perfino di libri scolastici di mia madre. Libri che il Ministero della Pubblica Istruzione le regalava quando faceva la supplente, libri ove è contenuto molto sapere biologico ma che non trasmettono molta vita.

Le VHS? E che me ne faccio?

Le donne non amano più le relazioni vere, si son date al digitale.

Ma quale analogico! Leggo pure sui social, quindi non su siti di Escort, degli annunci pubici, no, volevo dire sconsideratamente, scandalosamente pubblici da parte di giovani donne intellettuali che sanno come vendere bene la propria merce. Espertissime di merchandising e, a quanto pare, provette conoscitrici delle dis-umane regole del mercato:

ciao,
sono una scrittrice plurilaureata. Allora, se compri mille copie del mio libro, vengono a diecimila Euro.

Però, se ne compri diecimila in più, io vengo a poco. Basta che, al totale, aggiungi 50 Euro e ti faccio il servizio completo, anale compreso.

 

Di mio…

Su eBay, cerco di vendere un filmetto ma non lo compra anima viva. Perché mai qualcuno infatti dovrebbe acquistare qualcosa di usato e riciclato, pagarmi perfino le spese della spedizione quando, oggigiorno, è tutto così scontato e viene a pochissimo?

Sì, il mondo si divide in due categorie:

chi è un wanted in quanto è un bandito come Eli Wallach de Il buono, il brutto, il cattivo e chi è pur sempre, sì, un ricercato.

Perché è come Clint Eastwood.

Ecco, perché si dice che Clint abbia carisma?

Lasciando stare i suoi mille capolavori, si dice così perché Clint a quasi novant’anni sembra ancora un figo della madonna mentre tu a venti pari uno già da tempo immemorabile messo a 90.

Come mai? Guardati allo specchio e datti la risposta. Anche la supposta.

Ora, se permetti, un’ottima tazza di latte mi aspetta.

E ricordate: chi la fa l’aspetti.

Al solito, i sospettosi e i malfidati equivocheranno quello che ho appena scritto.

Non volevo dire che chi fa lo stronzo deve aspettarsi di ricevere una pari bastardata.

Volevo semplicemente dire quello che ho detto, ovvero chi la fa l’aspetti.

Il fatto è questo, cioè che questa qui sto aspettando di farmela da circa tre anni ma lei stasera aspetterà un altro…

Ho detto tutto.

Sono un uomo che sa cosa vuole dalla vita. Vorrei questa tizia ma lei vuole tutti gli altri, tranne me.

Comunque, sono buono e stanotte inviterò tutti, traditori e non, cornuti e non, a berci sopra al Korova Milk Bar.

Capace che incontriamo pure Fabrizio Corona con una che si chiama Anna Milkova e prenderemo sia lei che lui per il culo.

Ci sta.

Dai, intanto passami la vodka.

 

di Stefano Falotico

I’ll Remember You: la situazione, diciamo, eufemisticamente romantica della nostra generazione giustamente sbandata ed Elvis sarò io


08 Jul

racconti historicaEcco, come già avevo detto e scritto, sto aspettando la copia personale del mio racconto, risultato fra i vincitori del concorso letterario RuleDesigner, edito in una raffinata, prestigiosa raccolta antologica della Historica Edizioni, intitolato Disturbo denirante.

No, non mi sono sbagliato a scrivere. Non è delirante bensì denirante.

È un piccolo racconto secondo me assai sopraffino. Anzi, finissimo. Alcuni miei amici l’hanno già letto integralmente e hanno paragonato la mia prosa a quella del miglior Edgar Allan Poe.

Ecco, se ricevo un complimento così, mi commuovo e mi scendono profonde lacrime così come perennemente m’accade quando ascolto le canzoni immortali di Elvis Presley.

Spesso, non riesco perfino ad ascoltarlo poiché reputo la maggior parte delle sue canzoni così emozionanti, malinconiche e sinceramente stupende che, a confronto, alcuni capolavori del regista Wong Kar-wai, sembrano spazzatura.

Sì, Angeli perdutiHappy Together e In the Mood for Love, film bellissimi, lievissimi, angelici e dolcissimi, dinanzi alla voce paradisiaca di Elvis, paiono la signorina Silvani/Anna Mazzamauro dirimpetto a Naomi Campbell degli anni novanta.

Ho detto tutto.

Ebbene amici, è con enorme schiettezza che vi confido di essere così triste in questo periodo che sublimo ogni melanconia in libere esibizioni canore, poi scrivo libri di tutto core, in quanto della mia anima cantore.

Non sono più un innocente ma nemmeno mi sono corrotto, a differenza di molti adulti oramai goderecci che si son dati al pecoreccio, alle battute di scarso gusto e di grana grossa. Ingrassando in maniera laida e lercia.

Eppure, malgrado le batoste devastanti da me subite in questo mio falotico, strambo percorso esistenziale, talvolta disastroso, altre volte da apatico noioso, poi romantico armonioso tendente al parsimonioso, dunque nuovamente nervoso da nevrotico spocchioso, no, della vita non mi son ancora rotto.

Ancora vi credo, come si suol dire, nonostante tutto. Nonostante i miei tanti emozionali lutti.

Insomma, questo libro arriva a casa mia o devo mandare un’epistola al Vaticano affinché il Papa Bergoglio possa intercedere perché me lo cedano?

Sì, sono un uomo che viaggia fra mille progetti ed elevazioni spirituali per sopperire al materialismo, oramai mi conosce anche Gesù Cristo.

Di me sa vita, morte ma non tutti i suoi miracoli.

Eh no.

Al signor Cristo che siede lassù alla destra del Padre, eh già, andrebbe spiegato che oggi come oggi io l’ho ampiamente superato.

Poiché, se lui moltiplicò i pani e i pesci, io morii come Lazzaro ma resuscitai senza il suo aiuto.

Eh sì, non ho mai chiesto favori a nessuno.

Non sono uno che, per salvarsi, prega la Divina Provvidenza a messa.

D’altronde, sono un ateo-agnostico dal carattere ostico che da anni non prende l’ostia eppur spesso finì come un pollo arrosto.

Devo incrementare gli introiti.

Qui io creo, produco romanzi, scrivo recensioni, allestisco sceneggiature per eventuali cortometraggi ma m’occorrono molti più soldi.

Un mio amico di Castel San Pietro Terme, amena cittadina dell’entroterra emiliano-romagnolo, a dispetto del mio dinastico retroterra meridionale forse campagnolo, m’ha suggerito di candidarmi come bibliotecario, appunto, per essere assunto in qualche comunale biblioteca di questa nostra regione ove la nebbia d’inverno obnubila la vista.

Così, davanti a te, può passare la donna più bella del mondo ma, trovandoti in una situazione da Fog di John Carpenter, pensi di aver visto Jena Pliskken.

Da cui il famoso detto: ma che hai la benda sugli occhi?

Ah ah.

Ecco, questa è stata la mia lettera di presentazione. Redatta con piglio, intraprendente voglia di cimentarsi in qualcosa di economicamente soddisfacente, posta e soprattutto interposta con la congenita classe che, distintamente, mi contraddistingue innatamente a prescindere dalle mie depressioni spesso auto-inculanti e in particolar modo cazzeggianti.

Salve,
Laura…

Mi presento. Mi chiamo Stefano Falotico.

Probabilmente, si stupirà di questa mia mail.

Le spiego subito.

Sono da parecchi anni uno scrittore, dal 2013 selfpublishing. Le mie pubblicazioni sono tutte dotate di codice ISBN, di deposito legale e sono regolarmente in vendita nei vari formati cartaceo e digitale sulle maggiori catene librarie come Amazon e IBS.

E al mio saggio monografico sul regista John Carpenter è stato dedicato un ampio servizio alla pagina Spettacoli de Il Giornale:

http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/john-carpenter-genio-discusso-destinato-rinascere-1581202.html

Oltre dunque a scrivere romanzi, poesie, racconti e saggi sui cineasti, sono infatti un grande appassionato della Settima Arte.  E sto collaborando con due riviste online del settore.

Ovvero Daruma View e Ciao Cinema.

Questo, ad esempio, il mio archivio di recensioni, news e quant’altro pubblicati sin ad ora per Daruma:
http://darumaview.it/author/stefano-falotico

Detto ciò, arrivo al punto.

Sto cercando sinceramente un lavoro maggiormente retribuito perché, come saprà meglio di me, non si può vivere, almeno in Italia, di soli libri e piccole collaborazioni giornalistiche.

Parlando con un mio amico di Castel San Pietro Terme, lui mi ha detto che esistono molte biblioteche di rilievo, fra cui la sua della quale è responsabile, che sono sempre in cerca di nuovi bibliotecari o di persone addette al data entry dei libri. Ora, non penso che il mio amico mi abbia mentito. Non so se sia vero ma io le allego qui anche il mio c.v. nel caso aveste bisogno di qualcuno.

Se non fosse così e non v’interessasse la mia candidatura, nessun problema.

Grazie comunque.

Distinti saluti

 

Ho trepidato per una settimana, al che, poche ore fa ho ricevuto la risposta:

Gentile Dott. Falotico,

la ringrazio per l’invio del suo interessante curriculum.

Purtroppo al momento non abbiamo la necessità di attivare una collaborazione esterna nell’area di sua competenza.

Cordialmente,
Laura…

 

Il cognome ovviamente non posso rivelarvelo.

Quello che posso, senza peli sulla lingua, esplicitarvi con chiarezza inequivocabile è questo…

Ecco, tutti dicono che abbia una voce magnifica, che sappia perfino ballare e che sia piacevolmente pagliaccesco.

Dunque, la mia scelta definitiva è la seguente:

mi esibirò in qualche balera del bolognese, frequentata da delle donne balene, gironzolando fra il modenese e poi spostandomi al nord, amoreggiando semmai pure con una tirolese,
regalando gioie a gogò in pub ove impazzano le patatine con la maionese.

Sono o non sono il Genius-Pop?

Ovvio, no?

Comunque, l’esimia, oserei dire egregia capo-bibliotecaria di nome Laura, eh, non ha mica letto il mio curriculum vitae molto attentamente.

Essendo io uomo onesto, non ho scritto da nessuna parte che sono dottore.

Dottore di che?

Eh sì, so che questo può apparire incredibile, trovandovi al cospetto di colui ch’è, senz’ombra di alcun dubbio, uno dei più grandi geni di tutti i temp(l)i.

Eh sì, nella mia vita si è creata una condizione alquanto ambigua. Sono più intelligente e colto di Serena Dandini, la quale non è laureata, ma guadagno molto, molto meno di Checco Zalone. Non va bene. Eh no, eh?

Comunque, se volete il mio autografo, ve lo do subito.

Il libro comunque, dopo tanta spasmodica attesa, come si suol dire, è arrivato.

66471192_10214025602776995_5244483349946302464_n 66295278_10214025610097178_9012475256991907840_nelvis re del rock kurt russell pupkin de niro

 di Stefano Falotico

Quest’anno mi presenterò al Lido di mia grandiosa fiammata di ritorno, come il grande Billy Baldwin


02 Jul

accredito

Sarò al Lido in veste di critico. E mica tal dei tali. Con tanto di papillon sgargiantemente annodato al collo. Collo ubicato sotto la mia testa.

Testa che mai svendetti, che avercene…, giammai prostituitasi ai ricatti caudini dei cani, non avendo accettato io per nessuna ragione al mondo i compromessi ipocriti d’un sistema che, se non ti attieni alle tribali e triviali mode, anche editoriali, ti estromette e puntualmente tenta di frenare le tue idee nell’oscena speranza abietta di paralizzare e narcotizzare ogni tuo impulso creativo. Da questo mondo falso ancora fortunatamente non infetto.

La gente è invece inetta e dunque invidiosa e, se possiedi un talento, oltre a una bellezza da lasciar stecchita anche Sharon Stone dei bei tempi, fa di tutto per (in)castrarti robustamente. Calunniandoti a destra e a manca. A getto continuo. Addirittura, volendoti spacciare per demente.

Gente stupida, diffamatrice, gente da quattro soldi, come si suol dire.

La quale spera ancora, speronandoti, che, sulla base delle sue squallide provocazioni da personcine mentecatte, tu soccomba. Soffocato dalla solitudine, emarginato. Avvilito a morte, distrutto nella melanconia più nera e tetra. Macchiato falsamente della loro untuosa onta. E di tutte le balle che su di te sempre, impunemente, raccontano.

Augurandosi che tu possa intristirti irreparabilmente. Anelando che tu possa sprofondare nell’inferno delle tue peggiori ansie. Additandoti come un uomo delirante se soltanto t’azzarderai a opporti alla discriminazione sfacciata e fascista delle persone molto equivoche che sono sempre state, invero assai maligne, che ti azzannarono e azzannano psicologicamente. E desiderarono, con tutta la cattiveria e l’odio dei loro putridi cor(p)i, di spezzare ogni tuo vivo, ardimentoso, furente, geniale slancio, a differenza loro non marcio. Ah, c’è gente che vuole incriminarti come in Delitto e castigo. E farti passare i guai.

Si castigassero subito. Si cucissero le boccucce da malelingue. Si curassero il fegato amaro.

Per dimostrare che non si erano sbagliate sul tuo conto, ah, quante ne inventano. Cosicché, se dinanzi a tali vili affronti, dai di matto, costoro non vedono l’ora di esultare del loro misero trionfo.

La mia vita, sin dalla nascita, è stata invece improntata alla romantica libertà a testa alta.

E dirimpetto a uno così, mi spiace, ogni codarda crudeltà va a farsi fottere.

Ah, me ne starò con la gamba accavallata in sala cinematografica, avvolto dal grande schermo con a fianco una giornalista di rango e di ottime gambe…

Tutto ciò sarebbe da dire al cretino che, su YouTube, continua a scrivermi commenti offensivi nei quali mi dà del malato di mente. Insomma, questo è Donald Sutherland, anche J. T. Walsh di Fuoco assassino. Davanti ai piromani delle vite altrui, bisogna recitare la frase del grande Bob De Niro:

È una creatura vivente Brian. Respira, mangia e odia. L’unico modo per sconfiggerlo è pensare come lui, sapere che questa fiamma avanzerà da questa parte, quassù sulla porta e fin su sul soffitto non per via di una normalissima reazione fisica, no… solo perché lui vuole così. Alcuni pompieri sono posseduti dal fuoco e riescono a combatterlo sul suo stesso piano, ma l’unico modo per riuscire a ucciderlo è amarlo un po’, come lo ama Ronald.

Sì, i cretini vanno spenti subito.

Non scaldate gli animi, vigliacchi, vi siete bruciati da soli. Oh, che bel sole!

 

di Stefano Falotico

 

baldwin de niro

William Baldwin poteva essere il più grande attore del mondo e io potevo essere De Niro ma rimasi nell’ombra, assalito dal fuoco assassino dei piromani?


01 Jul

baldwin backdraft

No, degli erotomani.

Ora, non so se lo stiate ammirando nella serie Too Old to Die Young. Secondo me, serie vicinissima al capolavoro assoluto. Sto parlando di William Baldwin, ovviamente, detto Billy.

Copia-incollando direttamente da Wikipedia, leggiamo tutti assieme appassionatamente quanto segue:

«Figlio di Carol Newcomb e Alexander Rae Baldwin Jr., è fratello dei noti attori AlecDaniel e Stephen Baldwin, conosciuti come i fratelli Baldwin. Si laurea in scienze politiche alla Binghamton University, dove ha fatto parte del team di wrestling. Considerato il più bello tra i suoi fratelli, ha iniziato a lavorare come modello, apparendo anche in alcune pubblicità. Dopo aver frequentato corsi di teatro, debutta sul grande schermo nel 1989 in Linea mortale e Fuoco assassino, venendo considerato un sex symbol anche grazie alle prestazioni ad alto contenuto erotico nei film Sliver con Sharon Stone e Facile preda con Cindy Crawford, benché ambedue i film non abbiano riscosso un particolare successo al botteghino».

Innanzitutto, essendo io il più grande intenditore di Cinema, oserei dire, del mio palazzo, intervengo di errata corrige.

Wikipedia infatti ha sbagliato. A scrivere questa sorta di prefazione riguardo la carriera del Baldwin, eh già, sarà stato un ragazzino di sedici anni nel doposcuola.

Perché ha scritto delle inesattezze, oserei dire, madornali.

Linea mortale e Fuoco assassino sono del ‘91.

Baldwin, invero, debuttò con una piccola parte in Nato il quattro luglio.

Detto ciò, dal 1991 a oggi, sono trascorsi 28 anni e, se la matematica non è un’opinione, Linea mortale e Fuoco assassino rimangono i suoi film migliori come attore.

Ho detto tutto.

Non che siano dei capolavori, tutt’altro. Ma in quest’annus suo mirabilis il Billy esplose come le case del film di Ron Howard.

Si spense però da solo, senza necessitare dei pompieri. Sapete perché si arse vivo? Poiché, accalorandosi troppo di calore, esal(t)ato come il tricticlorato, si montò la testa e forse anche Sharon Stone e Cindy Crawford e, da allora, (s)pompato al massimo, si sputtanò del tutto.

Segnali di questo suo pervertimento si ravvisarono già nel 1993.

Anno nel quale fu protagonista di Sliver. E torniamo a Sharon Stone, una che l’anno prima divampò nell’olimpo delle stelle di Hollywood, incendiando Michael Douglas in Basic Instinct.

Per anni, molte malelingue mi paragonarono al personaggio interpretato, appunto, da Baldwin in Sliver.

Sì, in effetti ammetto che era un periodo in cui mi piaceva farmi i cazzi degli altri. Essendo molto depresso, era però sostanzialmente la gente che mi spiava e sospettava di me.

Ah, non dovete fidarvi di molta gente. È guardona, adocchia di malocchio e pensa che tu sia un maniaco quando invece stai solo con le mani in mano.

In questo film, c’è Polly Walker. Per anni io divenni suo fan sfegatato. Ne ero innamorato, sfiancato, spappolato.

Guardatela in Roma e 8 donne e ½. Capirete perché quelle della mia età mi facevano ribrezzo. Non potevano competere con una milf così. Qui parliamo di un donnone che… ho detto tutto.

Ero gerontofilo o un uomo incastrato, dunque castrato, in un corpo da nerd?

Le maldicenze su di me si moltiplicarono, fui perfino scambiato per James Woods di Videodrome.

Quello che posso dirvi, col senno di poi, è che ero soltanto a pecora, emotivamente parlando. Nessuno comunque riusciva davvero a inchiappettarmi.

Baldwin, invece, è rimasto tale e quale, spiccicato a prima, cioè un attore e forse un uomo di merda nonostante un po’ di panza in più. Auto-fottutosi.

È veramente devastato in Too Old to Die Young. E non vi dico altro per non spoilerare.

Billy è stato inoltre con Jennifer Grey, quella di Dirty Dancing.

Ho detto tutto.

Be’, sì, se non fossi rimasto tra le fiamme della mia malinconia per molto tempo, oggi sarei davvero il De Niro italiano.

Ma va detto che conservo ancora un fascino da Donald Rimgale.

Insomma, ragazzi, se gente cattiva vi ha bruciato ogni speranza, non diventate hater.

Non fatemi la fine di Donald Sutherland…

Ne ho visti tanti… di ragazzi bruciati.

Non è da una bruciatura che si vede una (ri)cotta, figlioli.

Se è andata male con Jennifer Jason Leigh, fidatevi… andrà bene con un’altra?

No, non andrà per niente.

Eh sì, eh.

Capace che poi incontrate la Sacerdotessa della Morte, Yaritza.

Un consiglio dunque a ogni coniglio: non sognate le conigliette, non avete la giusta faccia da culo… di Baldwin?

No, la mia.william baldwin wikipedia donald sutherland fuoco assassino

BACKDRAFT, Robert De Niro, 1991

BACKDRAFT, Robert De Niro, 1991

 

 

di Stefano Falotico

 

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)