Sì, dopo la serata fresca e avviluppata nell’involtino di un menù al ristorante cinese-giapponese Oishi, ubicato a Toscanella, cittadella del circondario imolese, in compagnia di Giovanni, dopo aver fatto le due di notte a montare il cortometraggio kitaniano, sì, alla Kitano di Takeshis’, pura follia visiva da gustare in maniera energetica più del migliore Bruce Lee che fu, ecco che nella mattinata di codesto dì antologico, eh sì, il Genius-Pop è salito, dalla Stazione Centrale di Bologna, in direzione di Firenze.
La città preferita dagli artisti rinascimentali, adorata da nientepopodimeno che Hannibal Lecter/Anthony Hopkins, il luogo della culla del Dolce Stil Novo che diede i natali a quel grand’uomo di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, uno che però morì a Careggi ma che comunque, ah ah, ebbe la fortuna di non ascoltare quel cretino di Correggio, Luciano Ligabue, detto il peggio. Un cantante da balera per donne balene e cannone col cannolo di tuo “babà”, autore della schifezza Radiofreccia, amarcordiana bischerata (classico termine toscano elargito alle cretinate più scimunite) tenuta poca in gloria da Stefano Accorsi, l’attore mediocre per eccellenza.
Uno che fece l’amore però con una delle donne più belle della storia, la sposò pure. Ovvero Laetitia Casta.
C’è un motivo. Laetitia è il francesismo di Letizia, classico nome campagnolo dato dalle famiglie più abbienti alle genite nate vistosamente, immantinente deficienti.
Sì, l’ostetrico prese in mano la neonata. Consegnandola fra le braccia della madre.
Lei, dinanzi a una bimba tanto letiziosa eppur già precocissimamente smorfiosa, esclamò come il celeberrimo natio di Asti morto, appunto, nella metropoli delle fiorentine al sangue:
– Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli dar alla nascitura il nome Tiziana, primo amore del Genius-Pop, in onore a quella che fu la sua pubertà già più romantica di un film di Michael Mann. Ma, dirimpetto a questa creatura sboccata e impresentabile, simile alla fantozziana Mariangela, ci vuole La pietà vaticana del Buonarroti che risiede a San Pietro, chiedo aiuto pure a San Gennaro, mia figlia è già una reliquia, un relitto, oh, dio mi maledica. Povera me che quella notte di nove mesi fa, cazzo, a letto fui inseminata da mio marito. Assieme generammo un orrido delitto. Costei, da me già scomunicata, diseredata e ripudiata, non sarà mai la Venere di Botticelli, più artisticamente nota come La nascita di Venere, nemmeno con un michelangiolesco scalpello. Anzi, dinanzi a tale obbrobrio irreparabile m’arrendo e darò lei il nome di Letizia. Letizia che fa rima con avarizia, con futura donna amante troppo della liquirizia, Letizia che puzza già di puttanesca malizia.
– Signora, lei offende sua figlia solo dopo due minuti dalla nascita.
– Pensi alla Casta. Donna bellissima che rovinò ogni residua, virginale castità, dandola al Maxibon per antonomasia delle donne fraudolente che si accontentano della besciamella di Mr. Du gust is megl che uan. Quel felsineo dongiovanni dell’Accorsi, uno che a ogni donna di scarso gusto offre il suo gelato al limone da Antica Gelateria del Corso.
Sì, Accorsi, l’inettitudine (s)fatta persona, l’uomo adatto per ogni donna che odia le sofisticatezze di David Cronenberg e dunque la perfezione di una mente superiore alla Scanners. Accorsi, la nemesi d’ogni eroe biblico, vale a dire del David sempre del Michelangelo.
Che cosa? È il David di Donatello? Ma va… quello appunto lo danno ad Accorsi. Ah ah.
Misera Laetitia, adesso, come se non le fosse bastato l’Accorsi, s’è sposata con Garrel. Un altro che vorrebbe avere il carisma di Vincent Cassel, un attore bravissimo e un bellissimo uomo che perciò si meritò Monica Bellucci, ah, Laetitia, pessima star a stare con un attore grezzo che anche ad Alvaro Vitali fa ribrezzo.
Così, nelle gioie ritornate con prepotenza delle mie dimenticate ebbrezze, di vita ebbro, volai nell’estiva brezza per raggiungere Firenze.
Poiché non sono un mecenate come Lorenzo de’ Medici né un mentecatto, bensì son uguale a Jean Reno e Bob De Niro di Ronin, dei puri mercenari che se ne fregano del padrone.
Sì, sono un freelancer.
Non sottostò a nessuna regola editoriale in quanto uomo liberissimo e tostissimo.
Molte persone vollero attestare che fossi un cavaliere, anzi, un vivente cadavere senza testa. Mi trattarono da zombi e vegetale ma è testé che si vede chi ha avuto i testicoli e chi invece, dietro tante ipocrisie, è rimasto una capa di minchia.
Che giornata, ragazzi. Fra bar vicini a Firenze Santa Maria Novella senza mangiare il gelato al cioccolato di Pupo, bensì gustando lisci, vellutati caffè come il migliore sguardo torbido di un Al Pacino parzialmente scremato. Cioè il top. Pacino, quando rende la sua recitazione troppo caricata, eh già, rischia di stare sullo stomaco. Tranne in Scarface. Quando invece, come in Sea of Love, gioca di sguardi evocativi, allusivi, ammiccanti e carismatici, è dio. Va (d)ritto come l’olio. Un uomo ficcante.
Sì, ci siamo sbizzarriti, imbizzarriti, oramai robustamente corazzati dai gelosi, noi siamo sani malati soltanto di golosità spizzicate in pizzerie-ristoranti ubicati a Ponte Vecchio con le anime forgiate nella spericolata giovinezza torrida e sempre morbida. Giammai vetusta, dunque indomita.
La gente sgomitò per assistere a questi spettacoli della natura, il sottoscritto e il mio amico, unici nella loro mirabolante destrezza da far paura.
Uomini che se ne fottono delle cattive streghe con le loro assurde, maligne congetture. E di quelle stupide che ti danno solo, sì, la dolce confettura ma anche, diciamocela, la stronza fregatura.
Voi siete invecchiati, (non) mi spiace, perché siete stati dei bugiardi. Avete offeso gli altri per far carriera molto disonestamente. Imputridendo!
Ma noi, eh no, non ci fregate.
Abbiamo le corna da angeli diabolici, miei cornuti.
Sgranocchiamo dei buonissimi cornetti e non siamo mai scaramantici.
Ci sono quelli che mi chiamano pazzo ma tale epiteto orrendo è partorito da superstiziosi, arretrati, assai lenti-malatissimi di mente, ovvero la maggior parte della gente
Ché si crede chissà chi e non avrà mai l’anima di Martin Scorsese, la forza di Bob De Niro, la classe di Pacino, appunto, la simpatia a pelle del mitico Joe Pesci.
Ma soprattutto, eh sì, se in Caro Diario il nostro Nanni Moretti indossò in piena estate la mantellina invernale-autunnale, fregandosene del giudizio proprio della gente, perché mai io non posso indossare il giaccone di Drive con sex appeal bestiale?
Sì, per colpa delle vostre fasciste, farisee regole da bacati che siete nel cervello, stavo incancrenendo nella malinconia e nella mestizia più sconsolata. Nella più agghiacciante inerzia.
Da quando ho deciso di vivere a modo mio, è cambiata la musica.
Son un astrattista come Kandinskij, un cubista surrealista come Picasso, mie teste di caz’, ficco a tutto volume una delle più strepitose canzoni di sempre, Nightcall firmata Kavinsky.
Ora, versate a me e al mio vero amico del superbo whisky.
Ricordate:
solamente chi non rischia non vince e rosica, chi spinge, a costo d’impazzire del tutto, è già un neoclassico come il genio Igor’ Fëdorovič Stravinskij.
E dire che venero anche Dostoevskij.
So che volete dirmelo ma siete troppo vigliacchi per ammetterlo, sì, potrei essere davvero un grandissimo ma voi siete, appunto, troppo falsi e patetici per certificarlo.
Ora, detto ciò.
Federico Frusciante sostiene che Scarface di De Palma sia solo un ottimo film ma non un capolavoro come l’originale.
Mi spiace, dovrebbe rivederlo. In questo do ragione a Paolo Mereghetti che gli ha assegnato 4 stellette piene.
Io gliene do oltre ogni indicibile.
– Pacino è un uomo volgare. Sempre più basso…
– Sì, Moretti mi sta simpatico ma secondo me dovrebbe lasciare stare Aprile e amare il 31 Luglio.
Ah ah.
Sono un uomo heat!
Non mi butta giù nemmeno un drago perché io sono un drugo, ah ah.
No, non ho il fisico di Stallone ma sono un “pazzo” autistico, no, strepitoso autista della mia anima come il magnetico Ryan Gosling di Drive.
Non fatemi incazzare. Sennò, come diceva Lino Banfi, saranno volatili per diabetici.
Cioè i vostri cazzi amari.
Calmissimo, ascetico, romanticissimo, notturno, una furia.
Be’, amici, vi avevo detto che sarebbe stata una delle estati più belle della mia vita. Io non mento mai, neanche quando dico le bugie.
Incarno il paradiso, no, il paradosso del mentitore fatto persona ma non scherzo mai quando sono me stesso. Se vi dissi, appunto, che sarebbe stata un’estate rinascimentale, non vi mentii.
Sapete, la mia vita non so quando finirà, se mai finirà. Mi riserverà ancora batoste e inchiappettate a raffica, statene certi. Se pensate che sempre filerà… liscio, state freschi.
La vita è dolore e gioia, poveri illusi. Dunque prevedo molte soddisfazioni, almeno vi spero, ma anche terribili, nuove prese per il culo.
È la vita, non ce ne si può sottrarre.
Comunque, se Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato riferì ad Helen Hunt quel complimento un po’ “strano” e lei gli rispose, quando capì cosa voleva dirle, che aveva ricevuto il più bel complimento della sua vita, sebbene le fosse stato, appunto, sussurrato in maniera un po’ ermetica ed equivocabile, be’, posso dirvi che il migliore complimento da me ricevuto, sin ad ora, mi fu fatto da una donna nel 2013 circa.
Non scherzo, sono serissimo. Lei era totalmente presa da me. Non so perché. Si comprò tutti i miei libri e, su Facebook, ogni notte me ne recitava dei passi.
Fra me e lei non accadde niente. Io ne ero indubbiamente molto attratto, non lo nego. Era ed è ancora molto bella. Ma era troppo grande per me.
Lei, dinanzi al mio rifiuto, ci rimase molto male ma capì che avevo ancora molte esperienze importanti da fare prima di mettermi con una come lei.
Prendetemi pure per coglione. So che, forse, all’inizio, sarebbe stato stupendo ma poi?
Avevo ancora bisogno di carburare.
Siamo ora solo amici. Lei si congedò da ogni altro corteggiamento, bisbigliandomi impercettibilmente questo al telefono, pochi istanti prima di mettere giù la cornetta.
– Stefano, era quella la tua ex ragazza?
– Sì, perché?
– Ha avuto un gran culo.
Ora, in effetti, quella mia ex aveva un lato b piuttosto sexy ma lei voleva dire che era stata lei, ovviamente, quella molto fortunata.
Le risposi che io sono di statura bassino e campo con du’ lire.
Lei aggiunse:
– Non c’entra niente…
Quindi, lasciò sfilare le sue melliflue, carezzevoli parole impercettibili nel silenzio di una serata che mi stordì alquanto.
Io penso spesso di non valere un cazzo.
di Stefano Falotico