Posts Tagged ‘Ray Liotta’

Quel bravo ragazzo, che mi ricordi, era un fan di Ray Liotta e andava sempre a mignotte sotto Bracc(i)o, così come Il padrino


28 Apr

69TH VENICE FILM FESTIVAL PHOTOCALL FILM " THE ICEMAN " VENICE ITALY

 

Sì, festeggiarono i 25 anni di Goodfellas, e Liotta da padrone la fece.
Liotta piaceva sempre a un malfattore, era ed è il suo attore preferito, non ho mai capito tale affiliazione a tal pseudo-attore con le gote bolse e butterate. Insomma, uno dalla carriera andata molto a puttane, che non ne ha più azzeccata una.
Il tizio, invece, ancora le prende per il culo, ci sa fare, infatti è un fattone.
La vita, si sa, è questione di fatt(or)i(a) degli animali.
Il padre di tal porcello, ad esempio, si professava professore e amante del Teatro di Goldoni, ma era solo un godone.

Sposato a una Lorraine più racchia, la tradiva col coinquilino del secondo pene, no, volevo dire piano.
Ma non vi andava cauto, col suo vicinissimo si appartava in cantina, e lo facevano come delle cagnine, lui sfoderava anche i canini, sì, abbaiava al buio, latrava in quella latrina, ululava di oca giuliva, (st)rideva, digrignava, perfino lo azzannava, non solo inculava.
Insomma, gentaglia da metter in quel posto.
Li rivedrò in tribunale, non sono (un) pentito.

Se fossi un pentecostale, sarebbe Cape Fear.

di Stefano Falotico

Ray Liotta e le 10 cose che odio


09 Oct

Le 10 cose che odio di più:

1) Lo iodio, usato nelle piscine.

2) Enrico Ruggeri con la sua voce impostata tranne quando canta “Il futuro è un’ipotesi”.

3) Umberto Eco, io scrivo meglio di tal trombone.

4) Al Pacino quando imita gli attori meno bravi di lui, e scende al loro livello per piacere alla massa.

5) Susy, sorella di Salvio, conoscenza di lunga DATING. Mi fece pen(ar)e.

6) La retorica, figlia delle o(r)che coi sensi di colpa.

7) Me stesso, settimo nano e talvolta più gigante della media delle biancanevi.

8) L’otto per mille alla Chiesa Cattolica, meglio l’1 per cento di agnostico col 99% di possibilità che Dio non esista.

9) La vita mal (in)tesa. Da cui i malintesi continui.

10) Loredano, amico del giaguaro. Ho sempre preferito i leoni.

 

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster


26 May

di Stefano Falotico

Are you a goodfella?

No, neanche quello. Sei solo un fesso.

Un mio (ex) amico, fortunatamente molto ex, sì, ironizzando sul suo fallimento, riporta nel suo blog la celeberrima frase d’apertura di Quei bravi ragazzi, pronunciata dal suo protagonista, Ray Liotta.

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster…

Mah…, io, di tal scellerato “compagno” (tra)passato, di passaggio e speriamo non più dalle mie parti passi, non ho un gran ricordo, dato che da suo (non) pentito lo trascinai in tribunale e gli puntai proprio il dito, come scena finale del succitato, a me sempre eccitante, capolavoro di Martin.

Questa storia la conoscete un po’ tutti. Chi più chi meno, lui ne prese molte. Non solo “economicamente”.

Sì, ma comunque non era un mafioso. Solo uno sporcaccione peggio dei derelitti descritti appunto in Goodfellas. Frequentò il liceo classico e venne promosso sempre grazie alle “spintarelle” del padre che (cor)rompeva le insegnanti, promettendo, in cambio del lasciapassare, dei “presenti”, ricattandole da passerotto, proprio affinché il pargoletto ottenesse la promozione previo simpaticissimo, certo, nulla osta, ostia, nonostante le ingiustificate assenze del figlio mai presente in aula ma, nel frattempo, marinante nel parchetto con le canne ma manco un’aiuola da “porchetto” qual sempre fu a “non riempibile”. Vuoto totale, bilioso, “durissimo”. Un fottuto “genio” dichiarato… “Diplomatosi” dunque con “stile”, poche stell(in)e e “inappuntabile” condotta, credo si sia, in termini simili, laureato da lordo e poco di lode. Ma, nonostante le molte leccate di culo, pare che oggi sia lo stesso imbecille che denunciai per varie sue “infrazioni” alla mia dignità.

Feci bene a rompergli le palle e a sfondarglielo.

Non credo comunque che soltanto per “causa” mia traslocò dalla sua casa. Anche per altre porcate che combinava ai vicini. I vicini, si sa, son spesso “ammanicati” a quelle lor vicine e lui invece volevo star troppo vicino a queste, non prevedendo però la sociale “previdenza” dei fidanzati picchiatori. Dunque, credo alloggi oggi dentro una cassa cranica molto rotta(si).

Credo perfino che anche come emulo di Joe Pesci abbia fatto un buco nell’acqua.

Non si è realizzato non solo come persona “normale” ma neanche come animale.

Di suo, passa il tempo a immedesimarsi nei capolavori della Settima Arte di Scorsese, scegliendo personaggi in linea col suo, quelli sbruffoni ma molto coglioni, pensandosi oggi Robert De Niro e domani chissà chi. Oh, almeno, da questo punto di vista, ha un certo “gusto”. Era peggio se sceglieva pessimi attori. Sì, una certa grandezza sa apprezzarla. Niente da dire. Nessuna ombra di dubbio. Gli son rimasti solo i santini. Nessuna obiezione, giudice.

 

Che io mi ricordi, costui vive ormai di altrui ricordi. Ah, che topo amaro, che tipo da mare(a).

E credo che presto si sparerà.

A meno che non sia già affogato.

Comunque, posso offrirgli un tiramisù. Sì, che mi costa fargli un ultimo “regalino dolce?”.

Molti mi chiedono se ho fatto la scelta giusta a rovinarlo.

Rispondo di aver fatto la scelta sacrosanta.

Avrei voluto fare di più ma la legge non me lo permise.

Ma glielo misi.

Tenete d’occhio “The Iceman”, capolavoro interpretativo di Michael Shannon


05 May

 

“The Iceman”, Trailer ufficiale


16 Jan

 

L’ho molto apprezzato a Venezia. Un film che, se fosse uscito prima, credo sicuramente avrebbe garantito a Michael Shannon qualche premio per la sua notevole interpretazione.

Un attore strepitoso, anche qui forse relegato al ruolo da Tempo assegnatogli da più registi, quello dello “psicopatico”. Ma di questo killer fornisce, anche solo di “dettagli” visivi delle sue iridi increspate, un ritratto sfaccettatissimo, doppio, trino, quadruplo, deformato nelle sue mille personalità d’una vita obbligata al crimine, divenuto quindi vizio, usanza per circostanze d’un destino erroneo che non poteva andare diversamente né si può invertire. Un padre amorevole, che mai tradisce la sua sposa eterna, m’anche un sicario “leggendario” che mette(rà) i brividi. Secco, brusco, un mostro.

 

Un puro, un segnato, un immigrato, un clandestino perfino della “trama” alla sua vita andata. Un fantasma, un non c’è, un enigma a lui.

 

La “vera” storia dell’assassino di ghiaccio.

 

 

 

“Cogan”, il Trailer italiano


14 Oct

 

Pitt grande, Dominik già.

 

“The Iceman” – Recensione


09 Sep

 

L'”asmatica” maschera del ghiaccio divampante

Richard Kuklinski, colosso impassibile, immutabilmente tetro come un film che danza acquatico in un’anima dallo spettro già morto, come un Babbo Natale irredento nelle funeree onde già stuprate d’una dolenza remota, walking mai ridente, polacco di “macigno” grezzo del Cuore, nascondiglio dai furtivi scatti, che giace dietro una morbida città dai peccati infausti, celati in una coltre “ovattata” di monocorde monotonia, nel sangue già terso di prigioni cimiteriali, di panchine “sdrucite” in uno slavato Sole arrugginito, ove a ruggire, proprio “scongelandosi, è forse la coscienza d’inter(n)e solitudini dimenticate da un Dio ceruleo nelle ceneri dei “vinti”.

Sprigionati rintocchi d’un dondolio vulcanico inacchetabile, inarrestata “litania” dal serpeggiarvi denso, allucinato, scomparso, “estraneo”, marmoree membra squagliate come lama autodistruttiva del suo dolore più “cutaneo” e piangente.

 

Kuklinski, martire, dalla pelle “a scaglie” dentro fluttuanti espressioni mortifere, ove anche il guizzo è un lampante istinto omicida, come il tunnel “cieco” che intravede gli spiragli di luci bianche a “innervar” iridi nerissime ma di cangianti umori pericolosi dal tortuoso incurvar i muscoli flebili di labbra “pittate” in un azzurro d’illagrimato rosso “squillante” nell’abissale discesa negli inferi delle pulsioni incontrollabili, quasi aldilà mistico che respira fra echi e “picchi” di sieste e paradisiaco illanguidimento di svenevolezza romantica per poi, implacabile, spietatamente sicario ad “agghindar” solo il dark d’un orrido fantasma, vicario forse delle “fantasie” pazze dei burattinai assassini in cui “trasmigra” da emissario satanico negli anfratti di fiamma “ossidrica” dal lancinante urlo che si “dimena” ammutolito proprio “digrignando” gli occhi di “vetro” nelle smorfie della vittima designata, “anonimo”, ignoto, fuggitivo incarnato in possenza muscolare dai tremolii glaciali nella vigoria “orca” d’istinti a domar solo gli spasmi della follia.

 

Boati e poesie come strade illuminate a sprazzi, incendiate dall’ice fulmineo di spari.

 

Kuklinski, incenerito fra vagabondanti illusioni, già spente, riaccese dal sorriso d’una famiglia, l’unico pentimento di cui si discolpa, nella “flemma” ieratica di commoventi dissolvenze, “fermoimmaginate” anche nell’imperdonabile confessione agli spettatori, terrificati, che (non) possono giudicarlo con “obiettività”.

La vita è un incrocio d’errori, errando sbagliamo, come Richard dichiara, esausto, finito, affranto solo per i suoi cari.

Fra il suo specchio che non ha paura del buio della condanna eterna, lapidaria, “divina”, un Cristo disegnato nei suoi zigomi di cuoio e nella titanica sua statura appassita come foglie solo sognanti di un autunnale “obitorio” per la sua stessa micidiale autopsia.

 

Sul banco degli imputati, a fissarci, a guardarsi (in noi) dentro, nel ventre visceral, “acustico” d’agonica “pioggia” nel viso, in una penombra che spaventa, distrutta come un flash magnifico che ha divelto le tutto.

 

Forse, “Richie” più che the iceman è il nothing (e “morphing“) crepuscolare della sua opalescenza nelle note, notti malinconiche d’uno Springsteen laconicamente “irrequieto” di sua chetezza “tramontante”, rabbia nel lacero incanto contemplativo su macerie incarnate, apparenza svanita in evasioni estemporanee, (de)frammentate del suo “non c’è” che vocifera “lucifereggiando”, lampeggia d’ardori che gli brucian dentro, schizzando nelle sue vene d’uno psichedelico inturgidirsi dalle acute, anche “rimpiante” fragilità che si scorporano da un Cuore suo tensivo, fantasmaticamente “cristallo” spezzato nel baluginar “morso” delle interiora, di martoriate stesse estasi che lubrifica e smalta nelle tempeste improvvise degli imponderabili turbinii.

Squartante, si ricoagula per ferire, ferirsi, feralmente mostruoso ancora nell’infinito dolore.

Grido spaventoso, distruzioni, reset che cancella e poi (s’)offusca. Arde, (s’)annienta. S’annerisce e s’illumina di nuovo, “ammodernato” negli abiti eleganti d’ una “personalità” dell'”alta finanza”.

 

La sua famiglia, pearl argentata della violenza, della sua umanità, profonda, che spacca le “mura domestiche” quando dichiara il suo straziante, struggente darling nel suo kiss “tatuatole” per sempre…

Perché ama ed è Uomo solo quando adorato dagli amplessi romantici nello Sguardo della moglie, nella creaturale innocenza dei figli, forse ad accudire e uccidere il sé che non ha mai coccolato.

 

Il cui unico abominio è stato averli traditi, averli fatti soffrire.

 

Michael Shannon, in un ruolo “cucito” nell’Oscar, una Winona Ryder dolcissima, ringiovanità in un’ancor più bella maturità, un Ray Liotta “riesumato” dal goodfella “fallito” d’una criminalità davvero triste, un cameo lugubre di James Franco, uno Stephen Dorff finalmente “brutto”, un Chris Evans che, del Capitan America, è solo lo spaventapasseri della sua “arietta” sbruffoncella da laido truffatore delle sue idiozie.

 

E, solitario, l’iceman si congeda, voltandosi da un’altra parte, aspettando il patibolo.

“Punitore” d’un Mondo sbagliato, “(as)sol(d)ato” alla deriva che ha trovato, nella sua traviata “ingenuità”, il capro espiatorio di tutta la merda.

 

La prima… di chi è senza Peccato…“.

 

 

(Stefano Falotico)

Se Besson ha iniziato le riprese di “Malavita”, io ho ripreso tutte le belle “vite”


08 Aug

 

Quando De Niro è un gangster, non ce n’è per nessuno.
Tommy Lee Jones gli darà filo da torcere e il suo “neo” gli (s)torcerà il braccio, ingoiando le sue leguleie “leghe”, poi pappandoselo con i legumi, e regalando l’escremento “partorito” ai suoi figli, che lo “smonteranno” come il Lego

Relativity Media annuncia l’inizio della produzione del nuovo Luc Besson.

Principal photography begins today on EuropaCorp and Relativity’s action-comedy Malavita, directed by Luc Besson (TakenTransporterThe Fifth Element) and starring Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Tommy Lee Jones, Dianna Agron and John D’Leo.

Collaborating with Besson behind the scenes are director of photography Thierry Arbogast (BesThe Fifth Element), production designer Hugues Tissandier (Taken), sound editor Ken Yasumoto (The Transporter), costume designer Olivier Bériot (Taken) and editor Julien Rey (The Lady).

Malavita is the story of the Manzonis, a notorious mafia family who gets relocated to Normandy, France under the witness protection program. While they do their best to fit in, old habits die hard and they soon find themselves handling things the “family” way.

Filming commenced in Normandy and will continue in France at La Cité du Cinéma, where the brand new Studios de Paris are located. Additional shooting will take place in New York. The film will bow in 2013 with Relativity handling US distribution as well as working with its foreign output partners on the film’s release in the UK, Canada, Australia, South Africa, Spain, Greece, Thailand and CIS. EuropaCorp will take on distribution in France and handle international sales.

The script is adapted by Besson from the book “Badfellas” by author Tonino Benacquista. Virginie Besson-Silla (From Paris With Love) from EuropaCorp is producing. Relativity’s Ryan Kavanaugh (The Fighter) is producing, while the studio’s Tucker Tooley (Immortals) will executive produce. 

Stasera, dopo aver ingurgitato tremila caffè su zucchero “borbottante” di blasfemie a perdifiato, ho annotato tal notiziola.
Poi, “ingiubbottandomi” a mo’ di Tom Hardy, son sceso qua sotto, ove talvolta s’incontrano delle buone patonze che, per via dell’afa bollente, s'”imminigonnano” alquanto, allietando la digestione in zona “Più guardi e più si alza”.

Sì, me ne fotto. Oramai la mia fame è famosissima.
E spendo e spando, mentre gli altri espian le loro colpe spiando delle donne che sognano ma a cui non “lo” solidizzano.
Sì, la “solidità” con queste qua è il partito sindacalista del “Più sono e più si rafforza, di martello, falciando le aiuole”.

Al che, dopo essere stato “spettinato” da tutte le migliori del vicinato, mi si avvicina un vicino di casa, uno che è un cassiere.
Pochi soldi incassa, ma scassa.

– Stefano, ma non ti vergogni?
– Senta, essere un martire è un modo “pulito” per essere l’idolo della gente che va a messa. Io, invece, “(ido)latro” immetterlo.
Incroci le dita. Sua figlia, quanti anni ha?
– 17, perché?
– Ah, peccato. Dovrò aspettare ancora 365 giorni con un altro migliaio di altre ragazze. Mi avvisi quando raggiunge la maggiore età. Questo è il mio biglietto da visita: “Se siete fighe ma fragili e siete in cerca di un animale domestico che abbai quando l’umore va giù, io sono il bau bau che, tirandolo, vi porta su”.

Non capisco questi scemi.
Una è la vita e non se “le” godono.

Ah, mannaggia a Robert Zemeckis. Quello è uno iettatore-untore come pochi. Dopo Michael J. Fox, adesso pure Bob Hoskins col morbo di Parkinson.

E voi vi lamentate se vostro figlio, anziché pigliare 30, si dà al 69?

Siete ossessionati dall’essere grandi uomini.
Uomini di “valore”. Sì, e il sudore?

– Che lavoro fai tu, cretino?
– Sono un avvocato.
– Sì, della minchia.
– Ma come si permette?!
– Scusi, non l’ho mica offesa. Di solito gli avvocati parano il culo, dunque anche l’uccello. Non è il suo mestiere difendere l'”arnese?”.
– Ma io la denuncio!
– Ma levati, appunto, dalle palle, se non vuoi che ti rifili quest'”articolo” in bocca!

– Scusi, invece “lei” che cosa fa?
– Sono un banchiere.
– Non è male. Ci sono le videocamere nascoste. A fine giornata, ha il permesso per ritirare il “filmino” di tutte quelle che entrano scosciate, a cui cadono le monetine e mostrano, “indiscrete”, quel “peloso” che pensano nessuno veda?
– Certo. Ce l’ho.
– Ah sì? E come ha fatto a ottenerlo?
– Sono amico del Sindaco, è stato “lui” a trovarmi questo posto “fisso”.
– Bravo, figliolo, comunque la sua collega non è male. “Legate?”. Vi “vedete?”.

– Lei, invece, che mestiere svolge?
– Il deejay.
– Uhm, non è molto “sexy, sa?
– E potrei sapere per quale motivo?
– Lei cambia il ritmo, ma la “musica” no.
Gli altri “ballano” e lei “tasta” solo il “giradischi”.
Le piace tutto ciò?
– Mi permette di guadagnare.
– Sì, vedendo attorno a lei dei tamarri che scopano.
Mi dia retta. Metta su la filastrocca “Il radiocronista s’ingozza di pastiglie Chrono perché, sbavando, non va movimentandolo”.
– Ma io l’ammazzo!
– Sì, c’è una fila che arriva fino a Calcutta. Stia a cuccia e rispetti chi la precede.
Aspetterà un quarto di secolo se vorrà sfidarmi.
L’avverto, però. Sino ad ora, tutti sono finiti alla Certosa.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Quei bravi ragazzi (1990)
  2. This must be the place (2011)
  3. Per qualche dollaro in più (1965)
  4. Ritorno al futuro (1985)
  5. Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988)

“Killing Them Softly”, il Trailer


04 Aug

 

“Distrutto” allo scorso Festival di Cannes, ecco il primo trailer ufficiale di Killing Them Softly.

Regia del genietto Andrew Dominik, che dobbiamo ringraziare a vita per quel capolavoro che è L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford.

 

(Stefano Falotico)

Genius-Pop

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