Chiedo venia se talvolta mi sveno. Soprattutto mi sventro eppur mai mi svendo.
Che anni straordinari questi miei ultimi da cinematografaro letterato adoratore di Eastwood
Ma quale sfigato! Ma quale rincoglionito! Ma quale andato!
Io son bello che ritornato, sempre dannato e come il miglior vino d’annata, perfino azzimato, altolocato, sempre un po’ incurabilmente toccato, non so se guarito o forse stasera dalle gambe di una donna stupenda inguai(n)ato.
Sì, mi piacciono troppo le donne. Mi piacciono talmente tanto che, al primo due di picche, mi spacco più dei vertiginosi spacchi delle gonne più maliziosamente seducenti.
Sapete che ho scritto a una donna su Instagram felicemente fidanzata? Ah, sul felicemente avrei dei dubbi. Sarebbe, credo sarà, molto più contenta e soddisfatta se lasciasse quel baggiano con cui sta, quel baccalà senz’arte né parte e incontrasse Steve Everett di Fino a prova contraria, cioè il sottoscritto.
Ho scritto questo:
«Sei grande per me, cazzo, è brutta la grandine. Sei impegnata, non so se da lui impregnata. Se non stessi già con questo, il quale comunque credo che tanto a posto non s(t)ia, ti corteggerei a morte e tu crolleresti. Sì, so che con me coleresti…
Ti regalerò mille rose, forse anche 1000, 3 periodico, libri smaglianti come la tua pelle incantevole e intarsiata nei tuoi abiti aderenti alla perfezione stilistica delle tue cosce appassionanti come un romanzo eroticamente avventuroso e incalzante. Lascia che io sia per te incazzato.
Spero che il mio viso focoso potrò incorniciare fra le tue labbra ardimentose, incastonando la mia capacità linguistica al frontespizio della tua copertina, dopo la copertina esorbitante davanti ma soprattutto estasiante nel retro abbacinante.
Mi concederai almeno un bel ballo? No, eh? Mi darai invece una sberla. Che botta pazzesca, che sventola da capogiro».
Sì, quanti incontri magnifici che ho fatto negli ultimi anni.
Con Davide Stanzione scrissi qualche anno fa, quando ancora non era diventato inviato giornalista di Cinema e recensore raffinatissimo per Best Movie, il libro Nel neo(n) delle nostre avventure.
Un libro viscerale, sentito. Immaginifico. Scegliemmo di non usare il formato giustificato affinché il nostro impaginato fosse allineato alle linee sconnessamente editoriali dei blog.
Giustificateci.
E con Davide Viganò, che oggi si è sposato, questo qui.
Amici carissimi, chiedo venia a tutti. Sì, lo ripeto. Negli ultimi giorni, profondi trambusti esistenziali hanno scosso il mio melanconico torpore e mi sono dimostrato leggermente aggressivo nei riguardi di voi tutti.
Mi conoscete. Quando le burrasche emozionali inondano la mia anima spesso già di suo amareggiata, basta una frase storta per rammaricarmi ancora di più e buttarmi giù.
Ieri sera, leggendo la notizia secondo la quale Eastwood realizzerà The Ballad of Richard Jewell per la Warner Bros, mi sono ricordato, ah me, povero smemorato e spesso sciagurato, di questo libricino perlaceo.
Un mio omaggio sentito e dorato verso un uomo da me adorato. E venerato.
Nessuno credo che lo abbia comprato ma è una poesia amorosa onesta come la poetica del Clint, il regista da me onestamente più amato.
Ecco, sulla qualità cinematografica dei seguiti di Rambo possiamo discuterne. No, non sono granché.
Ma quante emozioni in First Blood.
Sapete, la vita va avanti. Alcuni miei amici sono tragicamente morti, non so quanto vivranno ancora i miei genitori.
Non so nemmeno quanto vivrò io stesso.
E questo è quanto.
Quanto sono melodrammatico, quanto sono bestiale.
Quanto sono romantico, aromatico, forse oggi malinconico, domani da manicomio, invero solo il leggendario Falotico.
di Stefano Falotico