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Tokarev, recensione: recessione-regressione di Nic ad accensione-ascensione-(re)missione


25 Apr

Tokarev Dvd

 

Tokarev

L’amore incenerisce, l’amore prosciuga, l’affetto “letale” per i figli annienta, accende, propulsivo si fa “acerrima” vendetta, rage e revenge, furi(os)a indomita, cane “slabbrato” nelle emozioni scalfite, divelte, spappolate, (e)rotte, vulcanicamente risorte in (g)rido del viso canagliesco-cane del “neanderthaliano” Nic Cage ad apice di fervore ritorsivo, d’occhi suoi magnetici, glaciali, freddi come una scogliera asciutta in rivoli ribollenti d’una schiumosa forza combattiva nel risorgimento teutonico delle energie virili (dis)seppellite, ascia di guerra formato capigliatura “secca”, nervosa, tensiva del brivido di rabbia “pistolante”, avvolto in giacca “lurida”, “scuoiata”, che lo percote visceralmente, sanguigno e sanguinario, limpidamente violento, feroce come un bmovieinstant classic” da “taggare” subito all’interno e “interiora” della serie “rinomata” delle categorie di film, appunto, da “(re)legare” all’home video d’una Italia Uno e Mediaset smorzata nella prima, quasi seconda, sera(ta) pallida d’iridi nostre ancor incandescenti ad emozionarsi per nostalgici tuffi negli anni 80 in cui, forsennatamente, si produceva a iosa certa “roba(ccia)” ros(s)a.

Mi è piaciuto to die for questo Tokarev, titolo originale “stravolto” nel (com)mut(at)o Rage della versione originale americana, da noi rimasto (in)tatto della stranezza registica anacronistica di Paco Cabezas, direttore senza fronzoli che ha il (co)raggio, in tal “ciarpame d’autore” dei nostri radicalchic an(n)i contemporanei troppo “seriosi”, di confezionare un solido, robustissimo action “ingenuo” e geniale di spropositata “cattiveria”, parimenti proporzionale all’atto “bullistico” osceno commesso, “vomitato” da ragazzacci davvero “belli”, bruttissimi-bad senz’anima ma molto animali.

Succede per “voluttà godibile” di stronzi senza par(t)i, la tragedia e, allora, allo sc(i)occare del vandalismo omicida, scatta irruento il Cage irrefrenabile, iroso, appunto rossissimo, che s’incupisce nel terrore di ciò che abominevolmente è (ac)caduto e si addentra nei meandri del crimine da (ri)vendicare e “addentare”.

Lupo, (s)macchiato dal suo essere un ex egli stes(s)o criminale che sperava d’aver trovato la tranquilla pace domestica. Invece, il cane, “domestico” non è più, non può addomesticarsi ma grugnire, abbaiare, “rabbuiarsi”, “bua” d’un dolore incommensurabile, infoiarsi, lasciarsi scop(pi)are dal sé (ri)generato del suo cuore famelico di giustizia, si lascia travolgere e si “coinvolge”-(s)volge per una storia da mettere a posto di pareggiamento dei “cani”, dei con(t)i tra facce di culo, cuoio di capelli pettinati nel pelo contro pelo, i cattivi vuole impalare perché capire come si deve al mondo devono i poco doviziosi, non sta calmo e non vuole arrestarsi e nemmeno arrestarli, bensì “sbucciarli”, strabuzzato sbranarli, ammazzarli, starnazza, un guercio al s(u)olo stramazza, dilaniato dal Nic in formissima simil-Cuore selvaggio immerso nell’acido della sua affascinante stempiatura carismatica formato “roccia” dissol(u)ta.

Bang, fotti(ti), basta(rdo)! Spu(n)ta il verme, alt(r)o solitario fra i bass(ott)i, Nic avanza distrutto, nel fango, fra i “roiti”, i “rutti”, eruzione! Spara, spacca, furente agguanta, sfida di guanti di faccia di pelle fra i polli, scontro senza sconti di nervi, “innevate” emozioni tenute a bada or (ri)sorgenti d’ira. Irto, sgualcito, rovina(to) per i villain che non avevan, “villanissimi”, calcolato quanto può mordere il wild del suo heart, non demorder e farli, a sangue, morir’ d’urli d’arti attentati, stritolati, un “articolato” come un mulo, a romper il silenzio del muro. Urto, “unto”, “bisonte”, leone, gazzella imprendibile, la polizia non può farci nulla, fatteli, fatevela sotto(sopra).

E il semi-capolavoro, malinconico di quel che non può più (t)esser la tela dei ragni, è servito “cold”, caldissimo. Sono cazzi amari.

 

di Stefano Falotico

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