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SMOKE: Avventure di un uomo invisibile che ha scritto una monografia su John Carpenter ma è meno ricco di Harvey Keitel del film di Wayne Wang


30 May

keitel smoke

Sì, sono io l’autore di John Carpenter – Prince of Darkness, opera oserei dire capitale e magna della bibliografia del Falotico. Puro masterpiece che ogni amante della letteratura complicata e raffinata dovrebbe possedere in casa sua se non vuole impazzire e finire come Michael Myers di Halloween.

Vi conosco, sapete? Voi non amate voi stessi e ora passate il tempo a fare gli spaventapasseri, spaventando ragazze super passere come la Jamie Lee Curtis di True Lies.

Non dovete raccontarmi bugie. So che gironzolate nei quartieri periferici, spuntando da dietro i cespugli come il Pennywise. Ma non terrorizzate nessuno, solo voi stessi, sempre più idioti.

Di mio, sono un essere altamente pagliaccesco. Riesco perfino a essere e a incarnare Harvey Keitel, William Hurt, Forest Whitaker e il ragazzino in cerca di un lavoro di Smoke.

Cioè quattro characters in un colpo solo: il tabaccaio cafone che filosofeggia, l’intellettuale sobrio, il mezzo storpio e lo sfigato.

Sì, grazie alla mia visione neorealistica alla Paul Auster, minimalista alla Jim Jarmusch, amante dei piccoli gesti quotidiani che riscaldano il cuore e forse donne più sexy di Jamie Lee Curtis, pur non essendo laureato a Oxford, ho già pronta pure la falotica versione factotum in inglese del suddetto saggio monografico su Carpenter. Con traduzione di alta scuola, pregiata e da fuoriclasse che mi ha fatto sudare sette camicie. Un lavoro estremamente certosino e improbo. Terminato che lo ebbi, stavano per ricoverarmi in un ospedale psichiatrico come Sam Neill de Il seme della follia.

Un libro alla Sutter Cane, sì, di In the Mouth of Madness. In cui sviscerando, scorporando in maniera cronenberghiana la poetica carpenteriana, ho enucleato perfino me stesso, arrivando a percezioni della realtà talmente elevate da non riuscire più, adesso, a vederla con occhi da Roddy Piper di Essi vivono prima che indossasse gli occhiali magici.

Cazzo, un bel macello, che casino.

Per molto tempo, fui scambiato per Nick Halloway/Chevy Chase, appunto, di Memoirs of an Invisible Man.

Tutti pensarono infatti che fossi un nababbo e un cocco fortunato che poteva permettersi il lusso sfrenato di ciondolare nella noia e nel dolce far niente. 

Già, fui preso per il figlio di Berlusconi quando invero, amici, fui solamente un grosso coglione.

Sì, anch’io bramai la mia Daryl Hannah. Di questo ve ne parlai già, giusto? Il mio primissimo, grande, irripetibile amore platonico si chiamava Tiziana ed era bionda come Daryl, forse perfino più bella di questa sirena a Manhattan.

Ma cominciai a deprimermi fortemente, splash, a eclissarmi, a perdere di vista la realtà e anche Tiziana. Che oggi è sposata col mio amico delle elementari e ha pure avuto da lui dei figli.

Mi consolo da questa (s)figa clamorosa, ammirando le scosciate dell’omonima Tiziana Panella di Tagadà. Donna, a differenza di Tiziana la biondina, corvina. Ma che riesce sempre ad alzare il mio umore un po’ supino e anche qualcos’altro da volpino nei miei momenti di massimo languore da lupino, attimi paradisiaci in cui per un po’, lontano dai libri, come un uccello in volo libro, mi libero con atroce, onanistica mancanza di pudore, sfoglio una donna che mi fa battere il cuore e che vorrei sbattere di gran calore, (s)fregandomene di ogni residuo candore.

Sì, appena la vedo, mi ricordo di essere un uomo.

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster come Ray Liotta di Goodfellas?

Macché!

Sì, credo che gli altri mi vedano parecchio bene, mi sappiano inquadrare alla prima occhiata. Anche Tiziana, non la Panella, bensì quella bionda della mia primissima, virginale infatuazione, ah, che magnifica fata, che lievissima patata, a 13 anni voleva rendermi corporeo, assai tangibile con lei.

Ma io, non so perché, la mandai a farsi fottere.

Sì, finalmente ho compreso la verità. Potevo essere l’uomo con più amici, soldi e donne della storia. Ed è stata solo colpa mia se non ho il conto in banca del marito di Tiziana Panella. E dunque non posso regalarle una vita da elegante signora.

Se dovessi, mai sia, essere invitato alla sua trasmissione, lei potrebbe ammiccarmi di occhiolino, forse verrebbe anche in diretta, fissando le palle dei miei occhi. Ma finirebbe lì.

O forse interromperebbero momentaneamente l’imbarazzo mio e di Tiziana, bagnatissima, con i consigli per gli acquisti degli assorbenti, miei conigli.

La mia vita è stata spesso un’inculata, una mega-sfighissima da figone sfigatissimo, no, una foga, The Fog, una fuga non solo da New York bensì dal mio The Ward. Lasciate che mi sfoghi.

Sì, come Amber Heard, trascorsi praticamente tutta l’adolescenza nel nosocomio delle mie ipocondrie.

Una volta che io stesso mi dimisi, capii che la realtà vera è un manicomio. E che i pazzi sono quelli che si credono sani. Per forza. Più che pazzi, sono scemi. Non capiscono nulla e pigliano tutto a culo.

Al che, per via della mia eccessiva sensibilità, del mio romanticismo alienato rispetto alle triviali animalità dell’uomo assai medio, vengo tuttora preso per Starman.

Alcuni miei amici, quando m’isolo troppo ancora, sospettando della mia buona fede, mi dicono che sono/sia Il signore del male. Sì, pensate, ora devo stare attento a non fare la fine invece di Keith Gordon di Christine. Dopo una vita da nerd mai visto, appunto, vengo corteggiato da pezzi di carrozzeria femminile al cui confronto Alexandra Paul dei tempi d’oro è una Cinquecento.

Comunque, molte donne sono da rottamare. Sì, che palle queste qui. Aspettano sempre l’estate per farsi il bagnetto. Come se poi durante l’anno facessero altro…

Sì, su Facebook, Instagram e altrove, donne stupende mi contattano affinché io possa avere subito con loro fisici, potenti contatti. Ma che è successo? Ho indossato delle miracolose lenti a contatto o, per troppo tempo, la gente subdola, meschina e ipocrita, rivolgendomi a me senza tatto, non capendo del sottoscritto un cazzo, mi aveva scambiato per David Lo Pan e invece oggi tutti scoprono, compreso me stesso, che è stata solamente una Big Trouble in Little Bologna?

Non facciamone, suvvia, una tragedia. Potevo scoparmi pure Kim Cattrall ma rimango una testa di minchia come Kurt Russell. Basta, adesso.

Sì, Smoke è un capolavoro. Il miglior film di Wayne Wang. Mentre io, diciamocela, rimango un bravo ragazzo soltanto come Dennis Dun, ovvero Wang Chi.

Forse, la mia vita non è il racconto di Natale di Smoke, bensì quello di Dickens filtrato dalla visione simile a Ritorno a futuro di Robert Zemeckis con Jim Carrey.

Uno Scrooge così giovane nel cuore da rendervi tutti misantropi.

Signore e signori, spero di avervi allietato col mio libro e con questa bella storia. Adesso, se vorrete tradirmi ancora fottetevi.

Fra amici ci si scambiano confidenze e favori. Dunque, a tutti i cattivoni, or dico ma fatemi il piacere!

 

Firmato Paul Auster?

No, Stefano Falotico

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smoke keitel hurt

 

 

christmas carol

Ogni volta che si avvicina Natale, un senso d’insopprimibile angoscia mi fa capire che le mie solitudini sono giuste e sanamente anguste


18 Dec

smoke keitel

 

 

Credo di essere celeberrimo per il mio umore scostante, sì, oramai scosto tutto e poca fatica mandar tutti a quel paese mi costa. Mi consta, e non mi costa niente (anche se adoro l’attrice-modella Rebecca Da Costa, ché va constatato che è una figa da non contestare e che, non avendola, ti porta a dar testate) che i colpi al mio costato e ai miei testicoli son stati tanti, perentori, “fratricidi”, insistenti e inferti per ferirmi in modo che non fossi più un uomo “fertile”. Sì, credo di essermi sterilizzato a ogni tipo di attacco e alla pace contemplativa son attraccato. I miei nemici, constatando questa mia resa, capiscono che da uomo arrendevole mi son trasformato in uomo amorevole, e adesso constatano che, con uno come me, è inutile accanirsi, perché va preso per l’uomo amabile, dunque insopportabile, che la natura mi concesse di (non) essere, grazie a un Dio misericordioso al quale non credo, essendogli superiore per nascita.

Sì, credo che nacqui prima del Big Bang e fui partorito da una nebulosa fresca come una rosa.

Dopo il pranzo mio lieto, a base di gnocchi ben rosolati in un sughetto appetitoso, mi recai al bar, ove c’è sempre un uomo rozzo che è preoccupato che il barista possa infilare la mozzarella nel suo panino al prosciutto crudo. Sì, non vuole cose che filino, è un uomo poco affettato…, verace e un po’ volgare, ma molte donne se lo filano. E, forse stufo delle sue “mozzarelle” eiaculanti delle sue notti ingorde, egli desidera cibo che non sia “contaminato” da alcun derivato del latte bufalino. Le sue donne al suo “latte” non son vaccinate e ne bevono in quantità industriale, amano il suo essere uomo sincero nel raccontar loro bufale… candide come il suo sorriso lercio da quarto di bue un po’ maialesco.

Sì, continuo però ad andare in questo bar per guardare in faccia colui che incarna la nemesi assoluta del mio mentale impasto. Sì, io sono un metafisico impiastro, però puro come l’alabastro e la sera, quando il firmamento si riempie di stelle, io guardo gli astri dalla mia stalla. No, non sono come questo qui, uno stallone, e col tempo ho imparato a disprezzare anche Sly. Perché, con tutta la stima che si può avere verso il Balboa o il Rambo, non certo si può dire che il “Silvestro” sia uomo di particolare acume. I suoi muscoli sono sviluppati in maniera inversamente proporzionale al suo cervello. Che poi abbia un buon uccello, domandatelo alla moglie… in fondo, credo che Silvestro sia “dolce” e docile come l’agnello. L’agnello si fa a Pasqua, ma a Natale diventano tutti agnellini, e il buonismo impera nel catto-borghesismo da quattro soldi ove la gente spende un patrimonio per regali che non servono a un c… o.

Allorché, la mia tristezza aumenta e, in prossimità di questa festa mondiale, la mia malinconia si fa universalmente galattica. Nella mia vita, ho sempre cercato persone che mi fossero affini in quanto a “tristezza”. Allorché, mie allocche, ne trovo uno che non ama la vita ma poi scopro che comunque scopa e in quel ficcare “delizioso” è momentaneamente felice e sfizioso. Invero è come tutti un vizioso… Poi ne “rinvengo” uno che non crede nella società bastarda e ipocrita, ma poi scopro che tifa per la Juventus. E c’è qualcosa che non quadra col suo essere amante della famiglia Agnelli…

Chi mi conosce sa che sono un genio che non vien soddisfatto a leggere libri di scrittori bravissimi, perché sono meno bravi di me, e quindi mi annoiano. Poi, ci sono quelli che ogni giorno cercano la frase e citazione giusta che possa dar valore al loro umorale lasciarsi vivere. Al che, oggi trovano una massima di Pasolini che fa al caso loro e la postano su Facebook, e domani una di Mussolini. E in questo vivere da imbecilli son tutti felici e contenti. Certo, la madre degli stolti è sempre incinta…

Meglio essere scontenti. In fondo, sono un uomo che potrebbe far l’amore anche con cinquemila bellissime donne e poi rimanere il solito misantropo di quando nacqui.

Cosa voglio dire con questo? Che, per quanto mi riguarda, preferirò sempre il mio culo…

E tu, asino, dai fiato alla tua “mangiatoia”…

 

di Stefano Falotico

Il mio Canto di Natale a fine Giugno


29 Jun

Mentre impazzano gli Europei e attendendo la disfida fra la nostra maccheronica Italia e la teutonica Germania di Sabato prossimo, oggi, in Estate oramai inoltrata, ripropongo questo mio vecchioRacconto di Natale, sapendo già che vi piacque e sempre vi piacerà. a_christmas_carol_splash

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