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Pamphlet ero(t)ico


15 Jul

Due pezzi di Stefano Falotico

Il fascino (in)sano dell’omosessuale, l’anomalia dell’etero “integrale”, scusate, nella società (dis)integrato

Sì, questo è un pamphlet sul sesso.

Cause ed effetti… notte. Di notte, va la ronda del piacere e gli “uccelli” son rondini che s’“offuscano” tra (ef)fusioni atomiche, personalità doppie (in)sospettabili che “esplodono” di botto e “botte”, stanze d’albergo ove “piove” a (di)rotto dentro, a causa delle tempeste ormonali dell’amante più “bagnino”, raccattato a Rimini dopo un’immersione subacquea che voleva essere un suicidio e invece si tramutò in un bacio bocca-bocca sin alla riva in cui l’aspirante-“respirato” suicida, grazie a quel “salvataggio”, riaprì gli occhi e, così di labbra “vi(ri)li” a lui (af)fini, comprese nella calura estiva un piacere estatico mai prima provato né esternato. Ammainò il suo “gabbiano” e si gabbò da “gobbo” ma l’evento, fra quegli sci(r)occhi venti, gli rivelò la natura “ambigua” della sua (r)esistenza da o(r)ca. Sì, quel bagnino che, innocentemente, lo “baciò” insistente(mente) per dargli fiato di ventre, nel ment(o)re incoraggiò la sua latente, da lui sempre affogata omosessualità. In quell’attimo fetente-fottente fra la vita e la morte, l’inconscio del suicida provò sensazioni “a pelle” polmonare d’un risveglio dei sen(s)i e da allora, da quel momento fatale di maschio così “dentro” sentito, volle diventare femme.

Per tutta la vita si effeminò, nascondendo agli altri la voglia di passar dall’altra parte. Ma l’outing mai (av)venne… e, castrando i suoi desideri più profondi, quell’uomo rimase a metà, senza mela e senza mammelle. Però, dopo quell’abisso…, gli si spalancò una voragine percettiva e vide nuovamente, nudamente, chi era. Sì, fu Eva e per molto tempo pen(s)ò invece di essere solo Adamo.

Ma quel frust(r)arsi bloccò sia la sua “voce” dal pomo e anche il “suo” dalle patate. In quell’istante, (ap)prese e si sfogò da “figa”.

In culo a tutti, aprendo le gambe da uomo che ebbe il (co)raggio solare di svelarsi crudamente omosessuale. Senza più la paura del giudizio altrui, che sempre lo fotté nel mai dir che lui invero sempre arse sol per un simile ardente e “al dente”. Mai dire “mare”…

Evviva il “tonno!”.

Evviva il Sole!

Eppur la notte si fa (s)fonda…

L’omosessuale, a parte le battute e le battone sui viali da viados, continua a non entrare nella società perché (re)spinto dai pregiudizi ferenti il suo orgoglio “penetrato”.

Allora, vaga nel sempre ancor mentire, non importa se attivo lo dà o, passivo, lo piglia.

A questa società bigotta ancor non piace.

E finalmente potrà suicidarsi in san(t)a pace nell’Oceano Pacifico, senza che nessun possa più (o)metter “bocca” sulla sua scelta… “duramente” attaccata.

“Si attacchi” al cazzo.

 

L’oscena realtà dei (non) rapporti confidenziali, interpersonali

Una tizia contatto…

Guardo le sue foto. Di lei sempre nella natura, che abbraccia cani quasi lupo, coccola le fronde degli alberi in sue pose attorcigliate da serpentesca amazzone, foto di lei in Alaska col mar che le sguazza fra le lucide, terse, asciutte e abbronzate gambe, e par si scaldi, denudata anche nell’anima, nonostante il freddo polare. Lei che bacia un gatto e lo lecca fra noci di cocco da “cocca” in sue albicocche losche fra le esche, tra le frasche fresca, affusolandone, lei “isterica” d’inquadrature fermo-immagine a sussurrarti dallo schermo che non è una donna superficiale e schematica. Ma guarda nel (pro)fondo delle cos(c)e.

Lei che balla solo coperta da un bikini floreale col vento fra i capelli, svolazzando d’intercapedini prominenti d’un seno libero e sciolto eppur appunto di capezzoli appuntiti per il tuo “sacco” a pelo in lei appena (s)coperta.

Le scrivo che (at)tira e le chiedo l’amicizia per spronarla a una conoscenza selvaggia in cui possa sghiacciarmi dall’ibernato, gracchiante, inchiappettante, sdrucciolevole, “lungo” inverno “rigido” dei miei cazzi assonnati, da biscia a sonagli, visto che lei par che ami anche gli asini che ragliano e voglia sgranchirsele da g(i)nocc(hi)a scricchiolata a chiocciole.

Ah, su quelle scale scoscia.

Mi chiede se ho Facebook e io approvo… già mi (ar)rende provato.

Lei “accetta” e guarda, in tre secondi netti, due mie foto in cui son “venuto” come il cazzo.

Al che, taglia di (i)netto e mi scrive, recidendomi così decisa, che non sono il suo tipo perché le paio un topo. A questa topa non piacciono dunque anche i topi?

Che sia una zoccola e un’orsa, altro che (co)stella(zione) omonima, e sia solo, altro che Sole, in cerca della “pesca” dei “salmoni?”.

Non sono un salame, non abbocco alla sua carne cruda.

Insomma, si dichiarava di larghe vedute, si spacc(i)ava per selvatica e sganciata dalla società nauseante delle carni in scatola da market e Manz(ot)i(n).

Scoprii subito in lei che, come tutte le altre, voleva solo una scopata in mezzo al “bosco”.

Meglio le fragole vere a queste uve passerine.

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