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Che fine ha fatto Filippo Timi? Ha finito un film con Greenaway? E invece il Falò ha fatto la fine del “bel Renè?”. No, non credo proprio, sentite, leggete e guardate per credere


24 Nov

doppia ora filippo timi

quando la notte timi pandolfitimi vallanzascaSì, quando divenne piuttosto famoso, anni fa, io all’unisono ne divenni un suo fan.

Sto parlando di Filippo Timi.

A mio avviso, uno degli attori migliori della sua generazione. Purtroppo, ahinoi, un po’ smarritosi ultimamente e riciclatosi, con esiti non del tutto entusiasmanti, nella serie I delitti del BarLume.

Scrutandolo attentamente, ravvisai immediatamente delle forti somiglianze fra lui e Al Pacino. Un Pacino con picchi devastanti da Gian Maria Volontè della situazione.

Il suo ruolo più famoso, a tutt’oggi, è quello di Benito Mussolini in Vincere di Marco Bellocchio.

Mi ricordo che, in quel periodo, mi trovai nella stessa situazione di Giovanna Mezzogiorno del film appena citatovi e anche praticamente “mezzo” andato come Filippo Timi stesso nel finale di tale pellicola. Nel ruolo di Benito Albino, cioè praticamente Arthur Fleck/Joker.

Come no? Se è vero com’è vero, come diceva Tonino Di Pietro, che Thomas Wayne, personaggio da Tangentopoli, non riconobbe la paternità di Arthur, sbattendo la madre in manicomio, è altresì incurabile, no, inconfutabile, stando al film di Bellocchio e agli atti, diciamo, storico-notarili della storia italiana, che sia nella vita reale che nella finzione, eh sì, Ida Dalser ebbe un figlio da Mussolini ma, essendo lei una disgraziata come Frances Conroy, una volta che Benito salì al potere, vergognandosi costui di affermare che ebbe una relazione più che platonica, invero molto carnale con Ida, tanto da figliare, dopo averla sbattuta a letto, la ficcò in quei posti orribili fortunatamente smantellati dalla legge Basaglia. Insomma, le mise il bavaglio e le appose la museruola, trattandola da cagna.

In realtà, i manicomi esistono ancora. Così come pullulano dappertutto le cliniche psichiatriche e i centri ove detengono, a mo’ di lager nazi-fascista, le persone reputate matte o forse solamente non tanto adatte…

Persone che non canteranno mai il celeberrimo ritornello di Gianni Morandi, fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, poiché costoro adorano Essi vivono e non concepiscono l’ipocrisia del mondo e del porcile. Dunque, spesso se ne ribellano e la società vuole, in modo fariseo, privarli perfino della loro bellezza interiore. Scarnificandoli e costringendoli ad accettare un mondo ove le milf pornoattrici guadagnano più soldi dello stesso chirurgo plastico che rifà i loro seni e, semmai, fra un bisturi e l’altro, pure se le fa senza nemmeno palparle, no, pagarle.

Io non sono un moralista e ammetto, con sincera impudicizia, che Marco Bellocchio generalizzò parecchio con L’ora di religione poiché già ai tempi di catechismo, eh sì, io sapevo che Moana Pozzi se la faceva addirittura con Spadolini.

Dunque, qui in Italia andò sempre forte la Democrazia Cristiana, s’inneggiò ai partigiani e ai repubblicani ma in verità vi dico che anche oggi tutti quelli che stanno al governo sono delle gran puttane.

Ecco, se Filippo Timi, ragazzo che nell’adolescenza soffrì di atimia, erroneamente scambiata per timidezza, non avesse curato la sua balbuzie, dandosi con successo all’arte attoriale, insomma elevandosi un po’ dal troiaio generale, si sarebbe dato con tutta probabilità, come si suol dire, a una racchia? No, alla macchia.

Facendo l’eremita-saggio della montagna come in Quando la notte.

Peraltro, scelta di vita nient’affatto disprezzabile.

Lì, infatti incontrò una mula, una vacca come Claudia Pandolfi e ne fu allattato, no, allettato. Insomma, lui e lei finirono a letto e nel suddetto film vediamo Filippo che, dopo essersela sudata duramente, fa con lei dello spinto sesso sudato come Edoardo Gabriellini di Ovosodo.

Sì, adesso Claudia è un po’ imbruttita ma vecchia gallina fa buon brodo…

O forse Filippo si sarebbe dato al disturbo di personalità di natura borderlineLa doppia ora docet.

Pellicola di Giuseppe Capotondi ove Filippo, a prima vista, sembra un tonto ma invece anche qui scopa come un porco.

Invero, solo incula la Rappoport. Eppur non mi ricordo… è lei che, alla fine, fotte lui o è lui che glielo dà in quel posto in senso metaforico?

Ah, devo fare chiarezza su tutta questa (s)porca vicenda. Come vi dissi, ero confuso a quei tempi.

Comunque, Filippo era uguale ad Al Pacino di Seduzione pericolosa. Ah ah.

In Come Dio comanda, invece, Filippo è uno stronzo con un figlio problematico. Mentre suo figlio è soffocato dagli assistenti sociali, Filippo fa l’educatore, diciamo, sociale a quelle che gliela danno in maniera solidale. Forse delle commesse di qualche cooperativa…

Però poi si ravvede dopo aver visto tutte quelle della sua città.

In Vallanzasca – Gli angeli del male, interpreta la parte di Enzo, uno dei migliori amici di Renato/Kim Rossi Stuart.

Stavolta però è Kim a fare sesso senza vergogna né pudore con Valeria Solarino.

Valeria stava con Giovanni Veronesi (ci sta ancora? Mah), il regista della saga-sega Manuale d’amore.

Valeria, prima di girare la scena di sesso con Kim, chiese a Giovanni:

– Kim e io saremo nudi a letto. Per te, fa lo stesso?

– Sì, anche perché io troverò, per quell’ora tua di riprese, una bagascia come Laura Chiatti.

 

Ah, potrei raccontarvene tante, amici.

Ci fu un tempo in cui m’innamorai anche di una che amava Riccardo Scamarcio. Adesso capite perché finii sbattuto…

Mi ricordo che, quando fui ricoverato, mi trovai in stanza con un ragazzo molto simpatico. Lui mi confidò che era depresso da morire. E che, neanche a farlo apposta, nella stessa clinica in cui io e lui risiedemmo, diciamo “alloggiammo”, era entrata, diciamo pure internata, una ragazza sua amica.

In piena notte, mi disse:

– Stefano, vado da lei. Mi sento troppo giù. Spero che lei mi tiri su…

– Non mi avevi detto che tu e lei siete solo amici?

– Sì, ma anche lei è a pecora. Infatti, si trova qua. Sta assumendo molti farmaci. Quindi non capisce un cazzo. Colgo l’occasione al volo per conoscerla meglio.

Le offrirò qualcosa di dolce.

– Cosa? Il tiramisù, la camomilla o il Valium?

– Dai, su, quello che sai tu.

– Mi hai detto che lei ama Marco Mengoni. Va matta per la canzone Guerriero.

Mi raccomando, è una donna. Sii almeno con lei un cavaliere, non fare il minchione.

– Sarà fatto. Soprattutto, sarà fatta.

 

Ebbene, anzi malissimo…

Dopo 5 minuti, lui tornò in camera e io:

– Hai avuto un’eiaculazione precoce?

– No, lei era già impegnata, oserei dire impregnata in bagno con lo psichiatra che le stava facendo l’iniezione assieme all’infermiere.

– Ah, capisco. Non ci pensare. Stavo leggendo un libro di Banana Yoshimoto e gustando una pesca. Se vuoi, per consolarti, dopo guardiamo assieme Arancia meccanica.

– No, l’ho già visto. Riguardiamo semmai Shining.

– Va bene. Ora, posso fumare?

– Lo sai che non si può fumare in stanza.

– Hai ragione.

– Comunque, Stefano, non smettere mai di fumare. Ti è venuta una voce roca come quella di Filippo Timi, sai?

Hai mai pensato che potresti fare il doppiatore?

– Ma sai che ho sempre pensato di essere Arthur Fleck e invece potrei essere Re Artù?

D’altronde dovremmo recuperare, nella società cinica, anaffettiva e barbarica di oggi, il grande Cinema di John Boorman. Io adoro Excalibur poiché sono figlio della luna…

di Stefano Falotico

Da quando in qua… nella Notte, ci sono i Timi(di)?


06 Nov

 

Notti dubbiose d’”amore(vole)” spezzato

Stavo meditando… “a cavalcioni” dalla balaustra della mia anima, nelle mezze strade di crocicchi ove mi “lambicco”, ordinando un panino con la mostarda a un chioschetto vicino a una tavola calda, qui ti servono “sfornati” di mele e “pie” donne nei loro languori.
E meditai a lungo, anche solo “in pausa”, tra un mio Sguardo “vuoto” e un essermi riempito prima che il panino si “digerirà” in un’altra scattante domanda.

Ho sempre pensato alla Notte come a un bruno “dosso” che fa occhiolini alla Luna, anche quando il satellite è annuvolato nei suoi dilemmi. A una sorta o (s)Porta d’un’Interzona che dormicchia, onirica, e balugina d’un triste “caramello” che, spesso, si “sachertortizza”, semmai in mezzo alle gambe, forse le tue, timorose anche delle “polluzioni”. A una riflessione, remota dai moti oscillanti delle quotidianità, di scaltrezza ineludibile, quando davvero, “addormentato” o tormentato, puoi riposarla dopo averla spossata.

La vita è un’incognita ch’è caso di causali, forse una cambiale che ha “ingolfato” il cambio, sarà o è la tua marcia in più a fornirti la benzina per “abbondanze” o “addobbi bondiani”. Chi ti corteggia e chi ti latrerà altri sghignazzanti sorrisetti al tuo “amaretto”. La consapevolezza nitida che il mixer del tuo film è andato fuori sintonia e t’ha reso distonico, forse daltonico. No, non è un reato, forse non sei neanche quel “Re” che pensavi fino all’altro ieri.

C’è una ragazza spaurita da un’adolescenza che cresce e, poi, fra tanti timori torna indietro, forse si posizionerà, mentalmente, in una cullina, o “collina dalla cucinina”, ove allevar il pargoletto, o le stesse sue api dei neuoni che l’accudiscono ancor “bambina”.
Altri vanno a Pisa, da “provetti” specialisti delle cure psichiatriche e, rimbambiti da diagnosi “tagliate a fette”, porzioni del loro laboratorio dei “disturbi”, se già eran cupi, s’incupiscono o s’incupiranno ancor maggiormente, perché giudicati “minorati” o, peggio, persuasi di soffrir di qualche indecifrato, quasi “patibolare” o dalle “parabole dalle antenne poco recettive” male oscuro, o dell’”afflizione del quasi mai incurabile, patirsi “metafisici”.
E, per “rallegrar” i loro corpi già ingobbiti in precoci senilità, li condurranno, al fine di “riabilitative riattivazioni”, alle “radiazioni” di palestre per soli “vecchi”, la famosa fisioterapia delle orride terapie sbagliate, anzi, da questi “medici dell’anima”, sbadigliate per raggranellar qualche soldo per un’”altolocata” e ben ubicata villa in pieno “Centro”.

Ma tornando a questo film “cerchio” e “tornante…”.

Cosa c’è, dunque, di erroneo in questo film della Comencini? Tutto o il suo quasi-”quasi”, il suo medissimo pollice che non si alza in vere emozioni, il suo essere “così-così”, quasi giù, anzi, di molto in basso.

Storia d’amore che monta perché già Claudia Pandolfi, nevrotica compulsiva per un ingestibile figlioletto, vuole rendersi Donna-”filetto”, “urlandosi” nella hit della Gianna nazionale, una Nannini da Formula Uno del cantarla “a tutta forchetta”.
Timi è Manfred, burbero semieremita, dagli occhi inquietanti e dal carattere schivo e taciturno, ma d’una “parlantina” che mugugna e esplode in sentenziosi verdetti sul prossimo.
La Comencini, irritata dai tanti fischi della stampa e dai pochi applausi del pubblico, si giustifica asserendo che la sua è una pellicola di forti “snodi & sentimenti”, che non è per tutti.

M’ero stupito sino all’ultimo che Timi e la Pandofi non si fossero “concessi” una bella, “annodante” e molto “nudista” scena di puro sesso disinibito. Ho guardato l’orologio, il “minutaggio” era alle “ultime battute”, ma ecco che arriva, propiziatoria nel suo “Eccola qua, volevo ben dire…”, la conciliante “botta di vita”, con Timi, post-amplesso, nel frattempo mutato in un John Lennon con la barbetta “angusta”, il quale confessa alla ora “ritrovata” Pandolfi, che lui, forse, è un “Uomo” e lei è la sua “Donna”. Un Adamo ed Eva dopo tanti sospetti e la mela del peccato. Dopo infanzie difficili e traumatiche, dopo i “reumatismi” e violenze “involontarie” sui bambini.
Timi, fratello “piccolo” di altri due non proprio messi bene, un “lestofante” che pensa solo a chi scoparsi con balletti da matrimonio, e il gestore-cameriere dalle “corna” ben in fronte.

Non c’è molto altro da dire. Senonché, la neve non cade sui cedri, e due funivie han fatto poco il Runaway Train dei Soul Asylum.
Si son incrociati, salutati, e il tunnel della vita li ha risvegliati.
Mah…

Giudizio che rimane sul “perplesso”, assai.

(Stefano Falotico)
Donne in maiuscolo, o Donna-Pandolfi, che non “lo” ingolfa.

 

 

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