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Luciano Ligabue è una disgrazia italiana, fortunatamente non fa più Cinema, assumetelo al banco dei salumi delle Mean Streets


09 Feb

ligabue

Anche se definirlo Cinema è un eufemismo per il quale mi dovrebbe comprare una chitarra Fender Stratocaster.

Sì, usare il termine Cinema per robaccia come Radiofreccia, merita un regalo speciale al sottoscritto.

Una bella Fender. Così, di rovescio alla Federer, posso sbattergliela in testa sulla terra rossa, come il deserto cosmico, aridissimo, della sua musica da strapazzo. Infatti, nel nuovo video bischerata, Le luci d’America, il buon Luciano veste come il gatto con gli stivali, in mezzo ai rovi e agli arbusti della sua inesistenza. Da Hai un momento, Dio, implorando Cristo santissimo che gl’illumini il vuoto universale del suo patetico gironzolare per gli Stati Uniti, tirandosela da rocker internazionale dei miei, no, vostri coglioni.

Se si ferma al Made in Italy del Bronx, troverà certamente un carrello di hotdog adatto al suo paninaro fuori tempo massimo.

Ma tornerei su Radiofreccia. Fellinismo patetico di uno che conosce il Cinema quanto un mio ex amico della Pescarola, Trombini. Sì, per lui De Niro è quello di Scarface e Pacino quello di Taxi Driver. Ho detto tutto.

Non perdiamoci nelle Mean Streets rionali del Quartiere Navile ma parliamo ancora di questo tizio che assomiglia tanto a Johnny Boy.

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Scusate, secondo voi non è Ligabue questo qui? Oh, cazzo, a me sembrava Luciano.

Sì, questo Luciano è un tipo da bettole ove, assieme ad Harvey Keitel, conosceva l’odore del sesso fra Lambrusco e pop corn.

Poi, dopo l’orgasmo nella latrina sudaticcia, si tirava su la patta e si vantava con gli amichetti delle sue trombate con le bagasce, da Elvis dei poveri al ritmo di Questa è la mia vita!

Sì, un uomo seduto in riva al fosso. Qui a Bologna infatti lo ascoltavano quelli del quartiere Fossolo.

Uomini che, in certe notti, si bucavano peggio di Stefano “Maxibon” Accorsi con una squinzia che cambiava loro le siringhe dopo essere stata da questi “sterilizzata” con profilattici per una piccola stella senza cielo.

Sì, lo scugnizzo bolognese, dopo essersi fatto una di queste scaloppine-scalognate, come nel libro del suo concittadino Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, sussurrava, già sciroccato, ho perso le paroleEri bellissima ma ora sta montando… la coca e non capisco un cazzo.

Lei, mentre lui era andato, leggeva Bastogne… s’infila un dito dov’è piacevole, mentre Ermanno la fotte nel culo, carezza da dietro le tette piene, tormenta i capezzoli color caffè.

E sognava un ragazzo come Bradley Cooper di A Star Is Born. Un altro mezzo bovaro ma almeno più romantico del suo pis(ch)ello.

Insomma, basta con Ligabue. Ci vuole veramente un BOSS!

Comunque, non dovete dar retta a tutte le stronzate che dico. A Star Is Born non è un grande film. Sebbene Sean Penn lo abbia definito uno dei film più belli del mondo.

Come dicono a Bologna, socmel!

Anche Sean mi è diventato un leccaculo?

Diciamocelo, pappagalli, se non ci fossi io a spararle grosse, che vita sarebbe?

 

di Stefano Falotico

Al Modena Park, si celebra il “Blasco”, e mi vengono forti dubbi sul suo “fenomeno”


30 Jun

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Ieri, mi trovavo, alle otto di sera, minuto più minuto meno, nei pressi della gelateria Voglia Matta, anzi, ero “ubicato” proprio nel suo “laboratorio”, avendo ordinato un “comodo” gelato al gusto di stracciatella e nocciola. Mentre la signora me lo stava “confezionando”, dai vetri, dall’uscio diciamo, ho origliato una canzone di Vasco Rossi, e poi ho udito la voce di una squinzia che, “approcciandosi” al suo “porcino”, gli ha urlato nelle orecchie: AHOOO! WOWWW! Dopo DOMANI A MODENA C’è il Concerto del COM! E ANNAMO!

No, abito a Bologna, e il concerto si terrà nella patria dei tortellini ma la sua esclamazione “entusiastica” aveva un sapore romanesco di “annata”. A Napoli cantano “Annarè” e tutti sono andati, in queste ore, appunto a Mòdna, detto in dialetto.

Questo re(o) dei provinciali del Rossi ha totalizzato già un incasso da cardiopalma, paragonabile quasi a Woodstock, e duecentoventimila spettatori, molti forse non paganti, eppure del suo “credo” religiosissimi e non pagani. Filistei di quest’uomo nato nel comune “denuclearizzato” di Zocca, classe, molto “volgare”, del 1952. Un uomo seguito accanitamente anche ora che ha superato abbondantemente la sessantina e a dire il vero si avvicina ai settanta. Un uomo che, a dirla tutta, non si può dire che sia mai stato bello, oggi è peraltro molto “pelatino” e con una pancia “abominevole” mal dissimulata da canottiere “spaccatutto”. Eppure in Italia immarcescibile continua, persevera, insiste oserei dire, (nel)la sua marcia inarrestabile. Che non diminuisce anzi pare accrescersi di generazione in generazione, da decenni or sono è insomma seguitissimo. Ma com’è spiegabile tutto ciò?! Alcuni lo definiscono il più grande “artista” della musica italiana contemporanea di oggi, un oggi che pare infinito perché dura dagli “albori” dei settanta, sì, quasi come la sua età. Quella canzone alla radio, ascoltata dalla squinzia, forse non era la vita spericolata, ma in Tv, a celebrare il suo “mito”, ecco che spunta l’uomo “roxy bar”, cioè Red Ronnie, uno che nonostante tutto invecchia con “arguzia” perché sta sempre in mezzo ai giovani. Eppur decade!

Le canzoni del Blasco, come è stato più volte “ribattezzato”, sono, soprattutto quelle degli esordi, innestate su amori popolari, gridati, sbattuti in faccia e anche facenti uso, alquanto “perentorio”, dell’allusione smodata alla figa. Eppure quest’uomo, non certamente laureato a Oxford, piace, sa di “figo”. E fa le sue porche figure.

Insomma, sono perplesso, ma forse hanno ragione quelli che l’acclamano, le ragazze che dinanzi a lui si smutandano.

Parafrasando una vecchia barzelletta, che c’entra come i cavoli a merenda, in questa mia “disamina”, sono Bond, James Bond, mentre il suo nome è Epp, Giusepp’.

Lo so, è una cazzata, ma nella vita piacciono i cazzari.

Mi tengo le mie freddure, con tutta la “stima” per il Blasco, di cui non apprezzo onestamente, personalmente, la sua musica “calda”.

 

di Stefano Falotico

 

Sì, il Vasco è un uomo alla Ovosodo, fra commesse frustrate e i rimpianti delle casalinghe che una volta spingevano!

 

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