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Elogia dell’anormalità da Bickle con la sua mohicana razza di qualità


30 Nov

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Non vedo perché se Erasmo da Rotterdam scrisse l’Elogio della follia, Stefano Falotico, il sottoscritto, non possa scrivere l’elogio dell’anormalità, vero e proprio, brevissimo trattato, da me esplicato nelle righe seguenti, da puro gobbo di Notre-Dame.

Oh, Esmeralda, no, non voglio regalarti nessuno smeraldo e non voglio “smerigliar” il tuo corpo, lucidandolo nel mio dartelo. Preferisco mangiare un dattero perché, seppur tu sei bellissima, potresti comunque essere spargitrice di batteri. Eh, sì, mi hai folgorato, elettrizzato con la tua irresistibile carica erotica, ma io la resisto, non ho ancora le batterie scariche per arrendermi, squallidamente carnale come tutti, a tambureggiare con te orgasmi più chiassosi di una batteria elettrica.

Oh, non avrai dunque la mia verga, ma io qui vergo quel che penso del mondo. Non ti penar di me, abbi cura di te, non prescrivermi nuove cure. Io, da molti giudicato penoso, no, in questo mondo non voglio penare e al gregge di pecorine, no, pecoroni, accodarmi. Ne rimarrei inculato. Io accordo l’unica chitarrina che mi piace suonare, non voglio trombar la tua come nella canzone di Renzo Arbore, Il clarinetto. No, ché poi devo andarmi a lavare nel gabinetto. Voglio solo sporcarmi le mani d’una mia canzone da folle, da gran cazzone.

Credo che l’Italia sia un posto fetido e maleodorante. Oh, quanto male ancora mi fa questo covo e stivalone lugubre di fascisti e troioni.

Sì, Esmeralda, già ti narrai al pari di Omero di come i maligni vollero farmi capitombolare, vigliaccamente colpendo il mio tallone d’Achille e poi scappando, invogliandomi ad accoppiarmi con donne lussuriose da cavallo di Troia. Ah, se non l’avessi fatto, ancor m’avrebbero accoppato.

Sì, appena terminai di svolgere il servizio civile, divenni profondamente incivile e disconobbi ogni sussidiario di educazione civica. Poiché, stando a contatto da mattina a sera con quegli adulti tromboni, mi accorsi, oh me sciagurato, che mai sarei diventato come loro. E per nessuna ragione in questa vita mi sarei accontentato…

A un lavoretto odioso giammai mi sarei arenato e non sarei tramutato in un grigio archivista di donne da scopare per far collezione di trofei da esibire per vantarmene con amici appassionati di Calcio. A questi darei sol calci nelle palle!

Questi qui sono il peggio. Ce l’hanno col populismo e in piazza inneggiano all’equità sociale, tirandosela da intellettuali di Sinistra, ma invero poi tifano per Ronaldo Cristiano. Come fanno? Sì, loro hanno vite miserabili, piccolissime, ed eleggono in trionfo una statua d’argilla così tronfia che guadagna più soldi di tutte le loro generazioni e, mentre lor applaudono alla sua nuova segnatura, Ronaldo tutto ridente esibisce gli addominali tremendi, pensando a quante belle fighe potrà scoparsi quando, finito che sarà, in pensione ancor più se la godrà. Alla faccia di tutti questi coglioni che l’hanno riempito di soli da gran campione…

Sì. Ripugnai le esistenze di costoro che, a tal sistema fallace e fallico, abdicarono pur di tirar… a campare e a Campari, meglio forse una vita in campagna da uomo Falotico. Accanto a un falò… più caldo di tutte queste donne con le labbra pittate di rossetto e le unghie smaltate per eccitare il capufficio coi loro accavallamenti maliziosi in minigonne e calze a rete. Uff, che noia.

No, meglio uno stacco di coscia di un tacchino allevato a terra rispetto a queste terragne coi tacchi a spillo che le fan sembrare più alte rispetto alla loro reale altezza, poco nobiliare, elevata dal livello del mare ma assai poco sollevata dalla frivolezza sconcia del pigliar tutto con ironia, anche un’altra inchiappettata da frust(r)ate.

Sì, che vita orribile mi si prospettava. Guadagnarmi la pagnotta e sbarcare il lunario, arrotondando il tutto, tutto questo grave lutto, con qualche cazzata tra una scartoffia, una racchia, una scema e l’altra, e poi aspettare l’estate per un vinello in spiaggia.

Così, riflettei a lungo sulla scelta esistenziale da compiere. E fui intransigente con me stesso, irriguardoso verso chiunque voleva irretirmi a uno stile di vita paciosamente frivolo da borghese annoiatissimo. Da falso evidentissimo, da volpone ignorantissimo. Da commendatore ottuso e ammalato di qualunquismo.

Ma la mia scelta, riflessiva e altezzosa, fu scambiata per pericolosa superbia oziosa, perversa e viziosa. Al che mi attaccarono con infame lordezza odiosa, senza darmi lodi e cercando di boicottare ogni persona che, per questo mio radicale coraggio, poteva coprirmi di qualche giusta lode. Oh, Cristo mio, sempre tu sia lodato! E infamato! Ché io, anche spellato, voglio rimanere eterno ed etereo di bellezza adamantina così tanto affamato.

E, azzannando la mia anima, invasori che furono della mia innocenza, mi urlarono: vediamo se, spaccandoti il culo e rompendoti la faccia, te la godi. Ah, che bello, ora come tutti gli idioti soffri, vero? Ah, come ce la godiamo!

Cosicché, malgrado queste calunnie e queste infamie lor da porci assai sporchi e già corrotti, io son rimasto me stesso. Ancor più retto. Giacché, se prima ingobbito camminavo da Quasimodo e, come il poeta omonimo Salvatore, quello di Ed è subito sera, mi ero tanto immalinconito, or passeggio tutto dritto, sempre più moralmente retto.

Con loro sommo dispiacere, son ancora il più bravo. Il più poetico e il più romantico.

Mentre lor adesso rimpiangono di esser stati stronzi, sapendo di non poter essere nessuno ma solo patetiche, immutabili merde.

Grazie della cioccolata…

Son perennemente un diverso, non vi è verso. Gigantesco nei miei grandiosi versi. Ora, da bere versatemi e ogni vostro peccato riverserete in remissione di un Bickle qual sono, certamente Travis, miei stupidi che della vita tutto avete travisato.

 

di Stefano Falotico

 

La telefonata di Silvio alla Belena è da purissima volpe che non può competere con la pulizia intoccabile del mio Ghost of Tom Joad


03 Aug

Ho detto tutto.

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De Niro, sullo scandalo Weinstein, tace con (in)dubbio gusto da uomo (in)giusto


15 Oct

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Eh sì, oramai è un tiro al piattello, il “povero” Weinstein viene attaccato a destra e a manca in un gioco al massacro d’inesorabile progressione allucinante. Insomma, non vorrei apparire come quello che difende l’indifendibile, se Weinstein ha abusato, come credo effettivamente sia, va giustamente condannato ma queste donne che, dal nulla, all’improvviso si scagliano contro “deliberatamente”, quando per anni son state zitte e omertose, mi fanno riflettere, m’inducono alla tristezza più desolante, mi fanno pena e mi puzzano d’ipocrite. Adesso anche l’Eva Green si fa avanti con la “sporgenza” del suo seno madornale e sostiene che Weinstein cercò di attentare alla sua purezza “illibatissima” da dreamer… A ogni ora una nuova denuncia, in un’escalation agghiacciante di molestie taciute, tenute “ibernate” per an(n)i e adesso svelate come una giornata di Sole dopo tanta pioggia sulle “bagnate”. Ah ah. Weinstein, un produttore geniale che, dall’oggi al domani, si trova sul “lastrico” della sua disgrazia, abbandonato da tutti e vilipeso perfino da chi l’aveva chiamato Dio. Meryl Streep, in uno slancio di femminismo degno della Maddalena che non si guarda allo specchio, inveisce su Harvey, una Giuda in gonnella che, fino al minuto prima della primissima denuncia, per Harvey avrebbe recitato anche in un film porno. Diciamocela!

Insomma, i conti non tornano, prima Harvey era un “conte”, adesso uno che di tutte le sue “lingue” deve dar conto. Chiamate un ragioniere per amministrare questi impazziti coiti, no, conti.

A questo punto, fa bene De Niro a rimanere in silenzio. Egli è grande amico di Weinstein, che in verità vi dico sapeva tutto, come tanti finti ignari di quest’Hollywood bugiarda e fintamente stupita. In prima linea c’è George Clooney, l’emblema di quello che ha scheletri nell’armadio che neanche ne L’armata delle tenebre di Raimi.

De Niro invece è onesto, la biografia di Shawn Levy ce ne parla come di un uomo vizioso che partecipava a festini goderecci e si faceva di droga, a Parigi, durante le riprese di Ronin, fu interrogato dalla polizia in merito a un giro di squillo, ma De Niro, in maniera decisamente sincera e apprezzabilissima, lontana da queste moralità patetiche da piccoli borghesi ipocriti, ha sempre ammesso le sue colpe, e adesso non se la sente di affossare un amico che, sì, ha sbagliato, eccome, ma forse non merita questo devastante linciaggio (im)morale che è figlio, a mio avviso, soltanto di una sconsolante amarezza di tutto. Di tutto.

 

Ora, scambiatevi un segno di pace. Una mano lava l’altra. E andate dal prete a confessare i vostri peccati. Vi assolverà? Hollywood solo lo sa. Ah ah.

Vado a farmi la doccia.

di Stefano Falotico

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