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TERMINATOR da falò delle vanità: miei poveri bellocci non ribellatevi male al sistema, tanto James Cameron ha i soldi e se ne frega delle macchine ribelli da Beppe Grillo, siate ribelli con (ca)risma


14 May

terminator edward furlong

Oramai ci siamo, presto uscirà la super mega-puttanata del reboot del Terminator. Con lo Schwarzenegger che, dopo mille liposuzioni all’addome, dopo aver addomesticato le sue ambizioni da governatore della California, è tornato a fare Cinema e dunque è regredito al deficiente che, dal punto di vista attoriale, è meno espressivo di una stampante 3D.

La dovrebbe finire Beppe Grillo d’imbonire la gente, d’illudere gli invalidi. Gridando che oramai l’uomo non necessità più di lavorare perché le macchine possono adesso adempiere ai compiti onerosi che l’uomo appunto, da millenni, è costretto a sostenere pur di tirare a campare.

Ma che dice questo qui? È un demagogo, un sociologo della mutua, un rivoluzionario del suo culo parato. Sì, lui è ricco sfondato e si accattiva, con ruffianerie e leccate da denuncia, le simpatie di quei poveri cristi che, essendo rimasti in mutande, credono davvero alle sue scemenze peggiori delle porcate dei fascisti.

Ancora più pericolose.

La gente, abboccando a quest’oratore che inventa una stupidaggine a ogni ora, in preda a fanatismi radicali, inneggia alla rivoluzione, invero non sa neanche ribellarsi all’amministratrice condominiale perché è succuba del padrone, ovvero suo marito.

Grillo, lei è solo un patetico urlatore di stoltezze vomitate da mattina a sera, asserisce tronfiamente che il lavoro sia una menzogna e dovremmo tutti vivere allegramente, scopando come animali selvaggi, in barba a ogni regola, a ogni falsa educazione moralistica, riunendoci tutti assieme grintosamente e appassionatamente per ribaltare il sistema, per soverchiare l’ordine costituito, figlio di mendaci generazioni che hanno sospeso, soppresso i nostri vivi, ardimentosi istinti vitali, hanno soffocato i nostri radiosi fremiti innatamente vogliosi e capricciosi nel comprimerci, irreggimentandoli, a stili esistenziali tristemente asfissianti.

Sì, belle parole da figlio dei fiori, caro grillo. Ma l’uomo comune oramai non ha più i soldi neppure per corteggiare una donna e regalarle un mazzolino di rose, comprato dalla fioraia del suo scarso giardinaggio col suo compagno, un “orco botanico”. Sì, il compagno di questa qui lavora all’ortofrutta ma non guadagna abbastanza. Allora la sera, per rimpolpare il misero guadagno, dona la sua banana a qualche marcia figa d’India. Cioè, detta volgarmente ma anche realisticamente, dà via il culo.

Lei invece dai suoi grillini viene omaggiato in maniera floreale, servito e riverito con tanto di colazione a letto. Le sue serve della gleba le preparano succulenti manicaretti, cabaret di paste migliori dei suoi trascorsi spettacoli da cabarè, le scaldano salsicce rosolate, ottimamente condite di sguardi piccanti e addolciscono le sue programmatiche, finte ire da Robespierre di periferia nel cucinarle cene deliziose gradevolmente osé con tanto di vinello rosé e occhi arrossiti da timide reverenzialmente da lei comandate a forchetta, no, a bacchetta.

Lei ce l’ha coi bacchettoni, dicendo alla gente che dovrebbe ribellarsi al fascismo di chi, coi suoi forconi, fa il porcone.

Lei con le sue donne diventa rosatello e, sempre più grassottello, gioca al furbo ruolo del porcello che vuol spacciarsi per agnello. Lei ha quasi più soldi della famiglia Agnelli, mio lurido smargiasso che prende in giro, con le sua cazzatelle, quelli che credono alla Madonna di Fatima e alle sue pastorelle, gente a pecora che a stento mangia il pecorino. Lei sfotte coi suoi discorsi incitanti a miracolistici cambiamenti sociali che, secondo la sua retorica infernale, potrebbero liberarci dal Purgatorio di questa poco Divina Commedia disumana, molto italiana da uomini che non hanno oramai neanche più le bretelle e non sanno più cosa sia un buon piatto di tagliatelle.

La smetta subito di raccontare idiozie, mio bel fringuello.

Le macchine non sostituiranno mai l’uomo ed è giusto così.

Una macchina non potrebbe mai capire le introspettive sfumature umanistiche di un libro di colui che l’ha scritto, cioè un uomo, appunto. Trasfondersi empaticamente nella sua anima denudata, vivere e condividere la sua storia arrabbiata, nonostante tutto innamorata.

Si fidi, Grillo. Sì, i fascisti sono da fottere ma lei non vale un cazzo.

 

Parola di John Connor,

uno che, malgrado tutto, conosce la verità ma non va in giro a chiedere l’elemosina.

E ora, come diceva Totò, musica musica, cioè MOSECA MOSECA con una delle più grandi colonne sonore di tutti i tempi:

 

Sì, questa vita è stata troia.

Ma a una milf come Linda Hamilton darei comunque una botta.

Sì, fanculo a ogni complesso di Edipo.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Non tutti possono essere Johnny Depp, soprattutto nel portafogli


10 Dec

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Sì, Johnny Depp è uno dei pochi zingari che non è finito distrutto dalla noia a riparare lavatrici come in Gatto nero, gatto bianco del suo amico Kusturica e, nonostante la personalità underground, ha altro a cui pensare piuttosto che passare il tempo a fare zingarate.

Esiste un bel film di Dino Risi, Poveri ma belli. La storia di ogni italiano medio di bell’aspetto.

Storie di ragazzi sicuramente piacenti, dallo sguardo penetrante e occhi neri ficcanti ma le cui finanze, se non le alimenteranno, facendosi pagare come tronisti della De Filippi, previo comunque la clausola dell’essersi sputtanati, non è che vadano, diciamo, benissimo.

Uomini alle volte dal genio inaudito tant’è che la gente, terrorizzata da tanta stordente, immane bellezza, per pura, sfacciata invidia vuole immiserirli, al fine che tali (s)fortunati abdichino ai lavori più umili, affinché trascorrino il resto della loro esistenza fra agonie, rimpianti e un dolce rimestare patetico in esistenze meste.

Semmai rinnegando ogni lor talento perché, appunto, schiacciati dall’abbruttente questione economica.

Così, ragazzi vigorosi, educati a principeschi valori, giocoforza si adattano a vendere le banane al mercato ortofrutticolo. E la loro voce, ch’era un tempo graziosamente possente, in quell’ambiente di cocomeri e donnette che pensano solo al sugo della pasta, s’involgarisce, da tenue e carina ch’era, ecco che diviene squillante, da urlatori della piazzetta.

E, se non trovano lavoro all’ortofrutta, ecco che aprono un chiosco… di biancheria intima per non rimanere in mutande. Smerciando boxer di lana alla gente messa a pecora da una vita altrettanto, se non maggiormente, fottuta.

Sì, molti della mia generazione avevano la fissa per Kurt Cobain. Perché, a loro detta, possedeva il fascino dell’angelo diabolico. Lo sapeva bene quella zoccola di Courtney Love, colei che lo rovinò, prima spappolandogli le palle in amplessi devastanti, da cui è stato partorito il grunge, musica sdrucita su voce roca per uomini malinconicamente romantici. Eh sì, dopo notti così ingorde, di corpi arroventati, di schizzi funambolici, di lenzuola massacrate e lordate, Kurt si svegliava il mattino dopo mezzo rincoglionito e gli veniva… naturale far il rozzo come mamma l’aveva fatto. Su rutti liberi modulati dalla levità del ricordo della sua amata scopata. Ah, che melodia.

L’altro giorno, un mio amico mi ha detto che, se fosse in me, prenderebbe contatti con tutti gli enti letterari d’Italia per mettersi d’accordo su eventuali presentazioni. Per poter allargare la sua popolarità.

Gli ho risposto così: – Sai cosa direbbe il Lucchi, il mio vicino di casa, in questo caso? Ah, bellissimo, e chi pega?

 

Pega in bolognese significa paga.

Insomma, se fossi il direttore della Marvel, i miei libri li comprerebbero e visualizzerebbero più del trailer di Avengers: Endgame.

Il fascino di Iron Man ce l’ho. Il suo conto in banca, no, però.

E che c’entra Johnny Depp?

Sì, in alcuni momenti, emano un sex appeal alla Depp. Ma più che altro non ho i soldi per potermelo permettere. Ho detto tutto.

Comunque sia, vi lascio a questo video. Con attimo cult al minuto 17 e 34.

Vincerò, come August Wilson, il Pulitzer? Non credo. Anche se sono un drammaturgo decisamente più bravo di lui.

Questo mi pare ovvio e innegabile.

Eh sì, amici, il detto… devi farti il culo come un negro rispecchia la verità di ogni uomo bello come Johnny Depp ma dal portafogli come quello di Denzel Washington.

Adesso, vado a mangiare pasta e lenticchie. Ah, che squisitezza…

Proprio da leccarsi i baffi.

Comunque, donne, se voleste leccarmi, si potrebbe pensare anche un “bel lavoro”.

 

di Stefano Falotico

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