Posts Tagged ‘Per un pugno di dollari’

Vi presento i miei migliori amici


01 May
CLINT EASTWOOD and JEFF DANIELS in Malpaso Productions' suspense thriller "Blood Work," distributed by Warner Bros. Pictures. PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION

CLINT EASTWOOD and JEFF DANIELS in Malpaso Productions’ suspense thriller “Blood Work,” distributed by Warner Bros. Pictures.
PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION

Il trombone ignorante ama gli sfottò? Ah no?! Uh uh. Povero boomer, ha ricevuto una sorpresina bellina come un vestitino rosa. Che boomerang. Un uomo âgée da Asinelli. Un cretino da Cremino o da crème de la crème?! Mi spiace per lui, non può fare nulla se non arrabbiarsi. Amen, buone condoglianze, caro uomo di panza e poca sostanza.

di Stefano Falotico

Ode a CLINT EASTWOOD, waiting for CRY MACHO, il prossimo 31 Maggio compirà 91 anni… al mio mulo non piace la gente che ride…


20 Feb

clint eastwood

eastwood eastwood pugno di dollari debito di sangue eastwood daniels

Sono in trepidazione, sono in attesa di qualcosa di febbricitante. Non credo di avere il Covid, forse sono asintomatico. Forse, sono soltanto psicosomatico. Di certo non sono un somaro.

Adoro The Mule. Non ho mai capito come si st(i)a al mondo. Neanche al monte. D’altronde, odio sia il mare che la montagna, anche i saggi che vorrebbero darti lezioni di vita. Vivono sul K2? È più alto l’Everest.

Chi stava sull’Everest? Gianni Agnelli? Oppure Anita Ekberg stava sopra di lui quando Gianni non faceva l’avvocato, neppure il direttore della Fiat? E che faceva, Gianni? La dolce vita?

Invece, Gianna di Rino Gaetano?

Siamo di nuovo in zona arancione. Mentre è morto Mauro Bellugi, famoso terzino dell’Inter dei glory days, uomo fallico, no, falloso come pochi. A Bologna sono rossoblù?

Bellugi che, negli ultimi anni, ammirò da vicino vallette scosciate e bone come Monica Bellucci nelle trasmissioni calcistiche ove codeste sgambettarono sugli sgabelli, esibendo minigonne mozzafiato da Alba Parietti dei tempi d’oro, cioè di Galagoal. Appena la vedevo, da puberale, sapevo già che lei stava ancora con Franco Oppini ma non poco velatamente amava, aspettando tutte le albe solari, il “centravanti di sfondamento” Speroni de L’allenatore nel pallone col grande Banfi Lino? No, a letto tifava calorosamente per Gianluca Vialli, “punta di diamante” non come Oscar Damiani né come Pascutti. Bomber della Sampdoria e della Nazionale italiana, anche del numero nove “mondiale”. Sì, Alba era amante d’un sampdoriano. Ora, se togliamo in quest’ultima parola, ovvero sampdoriano, le prime otto lettere, che cosa otteniamo? Bravi… Stava con Gianluca Vialli. E perché stava sullo sgabello come una dei viali?

Mah.

L’amante di Speroni, nel film succitato con Banfi, fu incarnata da Licinia Lentini. Lentini, quello del Torino? Licinia, donna molto bella, sexy quasi quanto Belli Cecilia, ex di Cassano, non lo psichiatra. Che alleviava ogni male oscuro e Saudade, cioè melanconia da Aristoteles, imboccando ogni uomo di Bari vecchia, sì, pugliese come Zagaria Pasquale, alias Lino, grazie al movimento basculante-pelvico del suo esagerato fondoschiena con tanto di bacino…

Licinia Lentini, la signora Bellugi del capolavoro di Dino Risi. Il sorpasso? No, Il commissario Lo gatto. Una gattona, miei cani che amate fare all’amore anche in posizioni (d)a gattoni. Siete proprio dei volponi. Torniamo a Mario. Chi, il bagnino? No, Mauro Bellugi. Quando l’Inter decadde, Mauro incitò la sua squadra a tirare fuori le palle.

Bellugi Mauro, difensore bravissimo, mastino insuperabile, tombeur de femmes paragonabile a Clint Eastwood. Un uomo con un naso da Bonimba, Roberto Boninsegna, il Mauro. Mentre il vostro nasino cresce. Non solo quello dinanzi a Anna Levine de Gli spietati. Soprattutto Anna dei miracoli? No, dei film, e non solo, venuti… dopo. Sperando nel frattempo che il 25 Aprile, giorno della Liberazione o compleanno di Al Pacino, saremo per l’appunto liberi da ogni dittatura sanitaria figlia del nuovo fascismo castrante, guardiamo un po’ più da vicino il signor Eastwood. Il quale, dopo una serie interminabile di fotoromanzi, dopo essersi mostrato in filetti, no, in filmetti da bel manzo, ottenne un ruolo di carne di prima scelta. No, fu scelto da Sergio Leone per… Per cosa? Per un pugno di dollari. Un attore e regista divino, mica un cane, appunto. Miei bambini.

– Prepara tre casse.

– … Forse non hai capito che non ci piace vedere bambocci in giro. Dov’è il tuo mulo? Te lo sei lasciato scappare?

– Ah sì, proprio di questo ero venuto a parlare. C’è rimasto male.

– Chi?

– Il mio mulo… se l’è presa per quei quattro colpi che gli avete sparato fra le zampe. E adesso non sente ragioni.

– Ehi, ci stai prendendo in giro?

– Uhm, no. Io ho capito subito che volevate scherzare ma lui, invece, si è offeso e ora pretende le vostre scuse.

– Ah ah ah. Ah ah ah.

– Fate molto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride. Ha subito l’impressione che si rida di lui…

Volevo dire quattro casse.

Il genio di Leone, degli sceneggiatori, la classe di Clint. Cazzo. E dire che, oggigiorno, dobbiamo sorbirci le minchiate di Christopher Nolan. Un asino, il Nolan. Ma a lavare la testa all’asino si perdono acqua e sapone. Vecchio detto meridionale delle parti dei miei genitori. Gente rustica, sapete. Gente non “educata” alla catto-borghesia filistea.

Ecco, io amo, ho detto amo, quando dico amo significa che amo Sergio Leone. Un tempo, pensavo che C’era una volta in America fosse un capolavoro esagerato. Invece, me ne rincresce. Non lo è affatto. No, non perché sia misogino. Così almeno sostiene Paolo Mereghetti, a torto. Può essere accusato di misoginia un film ove i protagonisti sono dei gangster, cioè dei “maschioni” cazzuti bravi solo a usare il grilletto…? Sì, ebbe ragione Tarantino a definire grande la prova di De Niro. Capace, in un solo tintinnare il capo e aggrottare morbidamente la fronte, di esprimere velocissimamente tutte le contraddizioni di un uomo da Cantico dei Cantici che amò così tanto Deborah da violentarla… che uomo! Ah ah.

C’era una volta in America, nel primo tempo, non se po’ vedde’. Onestamente, sembra una fiction con Sabrina Ferilli.  Sì, roba del tipo… Baciamo le mani – Palermo New York 1958 di Eros Puglielli! Oppure merda per casalinghe frust(r)ate del (sotto)genere melodramma famigliare semi-napoletano incrociato al burino all’amatriciana come L’amore strappato e La donna del vento firmati dall’inseparabile coppia-premiata ditta Ricky Tognazzi e Simona Izzo. A dirla tutta, non m’è mai piaciuta la Ferilli. Le preferisco ancora un piatto di fusilli. Non ho mai amato neanche Ugo Tognazzi. Il fratello di Rocky, no, Ricky, figlio di Ugo Fantozzi, no, Tognazzi, Gianmarco… non lo prendiamo neppure in considerazione. L’unica volta che ho sopportato Gianmarco è avvenuta quando è stato intervistato da Tiziana Panella. Sì, speravo che l’intervista non finisse mai. Tiziana, durante quella puntata di Tagadà, batté di burro, no, di brutto Alba Parietti. Comunque, Clint Eastwood non sarebbe mai andato con donne così. Sì, è sempre stato un bell’uomo, il Clint. Un marcantonio, un tipo sensualmente immarcabile. Un genio, a mio avviso. Capace di passare da film come Un mondo perfetto a un film romanticissimo, nel senso più sentimentale del termine, non che gli altri suoi non lo siano, come I ponti di Madison County. Ecco, se volete sapere che cosa sia l’amore, lasciate perdere le canzoni di Emma Marrone e di Alessandra Amoroso. Secondo me, dovreste lasciare anche le vostre “morose”. Sono delle donne di bassa sega, no, lega come la Ferilli. Sì, delle urlatrici. Vi tradiranno come Deborah/Jennifer Connelly/Elizabeth McGovern.

Se volete commuovervi dinanzi al grande Cinema, fatto con semplicità, con sentimenti veri, riguardate Million Dollar Baby. Se volete sapere come si menta dinanzi alle tragedie, rivedete lo sguardo finale di Sean Penn di Mystic River. Se volete sapere che cosa significhi avere i coglioni, amate Gran Torino. Se volete sapere come si ami una donna che sta morendo, riascoltate cosa dice Clint a Dianne Wiest in The Mule. Clint è un grande, sa scherzare e sdrammatizzare, è capace di girare immani drammi e film enormemente simpatici, è stato capace di farci piangere, di averci raccontato storie bellissime, è stato capace di essere il mio regista preferito in assoluto. Ed è l’unico uomo che indossò il poncho da giovane e a circa 91 anni senza cadere nel ridicolo. Perché Clint è retorico in modo sobrio, mai disturbante, sempre calibrato da 44 Magnum dell’ispettore Callaghan. Clint non è un reazionario, è semplicemente l’unico capace, assieme a Kevin Costner e a Michael Mann, di girare western magnifici. Non spargete comunque la voce in giro. Ne andrebbe della mia reputazione da “duro”. Io sono fan di Colin Farrell e di Miami Vice.

– Che cosa, Stefano? Ti piace Colin Farrell? Sei frocio?

– A te non piace Colin Farrell? – replico io a Gong Li.

 

Su questa freddura alla Clint, vi lascio. Anzi no. Sì, ho molti nemici. Sono indubbiamente molto cattivi e forti. Vediamo un po’, però. Guido la macchina meglio di Al Pacino di Heat, adoro i Linkin Park, sono come Will Smith di Alì, sono Daniel Day-Lewis de L’ultimo dei Mohicani, sono “solo come un cane”, freddo e spietato come Neil McCauley/De Niro, sono William Petersen di Manhunter. Insomma, a ogni Indio di Per qualche dollaro in più, appaio un povero “rincoglionito” come Lee Van Cleef. È facilissimo ammazzarmi… In effetti, ho il “cervello piccolo”, dovete sapere che ho 41 anni e la gente della mia età dice che sembro un bambino di 13 anni. Per forza, a forza di vedere solo film e non capirvi un cazzo, al massimo, come dice Pino Farinotti a proposito di C’era una volta il West, sono ragionieri in vena, in cerca di poesia.  Devo dirvi la verità, sono “distrutto”. Il mio miglior amico è Jeff Daniels di Debito di sangue. Insomma, per lui prevedo molte, molte patate? Ho detto patate?  Scusate, ho sbagliato. No, non lo ammazzerò. Sapete perché? Sembra il terrorista di 15:17 – Attacco al treno. Fa pena. Certo, anche questo film, da tutti sottovalutato, è un capolavoro. Nel treno c’erano un sacco di “grandi uomini”. Solo uno ha fatto una cosa del genere. Come dice il detto, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. The 15:17 to Paris è come The Millionaire di Danny Boyle. Il presentatore gli aveva suggerito in bagno la risposta giusta. Tutti avrebbero scelto quella risposta. Sì, non ho mai dato retta a nessuno. Ho fatto le scelte sbagliate, ovviamente, che dite? Scusate, sulla Rai stasera danno il “programma culturale” COVID-19 – come far credere al mondo una stronzata del genere.

– Stefano, non scherzare. Il Covid esiste.

– Certo, non per me.

– E chi sei, tu? Tu sei immune dal Covid?

– Fino a prova contraria io non ce l’ho.

– Non fare lo scemo.

– Te l’ho detto, non è colpa mia se gli altri sono geneticamente inferiori.

 

Be’, Clint è anche cinico. In Unforgiven, Gene Hackman gli disse che fu un vigliacco a sparare a un uomo disarmato.

– Avrebbe dovuto armarsi.

 

BRAVO

di Stefano Falotico

UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992, ©Warner Bros. Pictures

UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992, ©Warner Bros. Pictures

allenatore nel pallone lentini

il commissario lo gatto lino banfi licinia lentini

penn mystic riverattacco al treno eastwood

C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD: Quentin Tarantino lavora per caso ai banner pubblicitari di… Leccami i piedi e altre amenità di so… a?


16 Sep

leccami i piedi

tarantino-foot-fetish-bridgetfonda

 

Compare anche a voi, talvolta, questa pubblicità sul desktop durante la navigazione per non dire qualcos’altro?

Ecco, trattasi di bagascia che, pur di tirare… a campare, s’è prostituita al vostro voyeurismo.

Vi conosco, eh? A me non la date a bere. A lei forse fate bere quello che sapete.

Sì, lo andrò a vedere.

Questa minchia(ta) di film. Ma parto stavolta prevenuto. Sì, da qualche an(n)o a questa parte, nei confronti di Tarantino uso il contraccettivo.

Sì, debbo premunirmi di pazienza poiché gli ultimi di Tarantino, a esservi sinceri, non m’esaltarono. Manco per il cazzo.

The Hateful Eight è il film più noioso della storia, 3 ore abbondanti di piani-sequenza tediosi, d’un Panavision 70 mm che, per gli spazi chiusi, non ha molto seno, no, senso. Caro bel Quentin, non sei John Ford e forse neppure l’erede di Leone.

Malgrado i tuoi continui ammiccamenti a Sergio. Che te lo dico a fare? Questo tuo nuovo film, sin ovviamente dal titolo, è un dichiarato omaggio a C’era una volta il West e in America.

A quanto pare però, Ennio Morricone, dopo che lo maltrattasti proprio per il succitato The Hateful Eight, ti mandò a fare in culo.

Nonostante ti dovesse essere debitore. Sì, riciclando la sua soundtrack de La cosa di Carpenter, vinse il suo unico Oscar dopo quello alla carriera consegnatogli nientepopodimeno che da Clint Eastwood.

Quentin, il qui presente eppur da te non visto Stefano Falotico, il Genius-Pop, ti accusa di autoreferenzialità ed eccessiva, indigesta verbosità. Oramai i tuoi film hanno perso quella freschezza ruspante, quel gusto sanamente goliardico, oserei dire quella giovialità ficcante, abrasiva e conturbante, in una parola brillante dei tuoi tre unici capolavori iniziali e magnificamente cazzeggianti. Questi, sì, realmente monumentali, esorbitanti. Mi riferisco naturalmente a Le ienePulp Fiction e Jackie Brown.

Perdonato che ti ebbi per Death Proof giacché ci stette in effetti la bischerata con Kurt Russell, debbo dirti, senz’alcun pelo sulla lingua, che sbandasti in modo pesante. Ah ah. Ahia!

Kill Bill è una sega tua mentale in due puntate, sì, una mini-saga dei manga con tanto di Black Mamba più Uma Thurman che, dopo aver partorito sua figlia avuta da Ethan Hawke, dimagrì trenta chili per fare la parte della mamma a cui ammazzarono, appunto, la (non) nascitura.

Dittico che, complessivamente, assemblate le due parti e attaccate con l’Attack, cade a pezzi ancora di più, è sinceramente improponibile. Te lo dico col cuore, fratello.

Tornando a Il Monco/Eastwood di Per un pugno di dollari… al cuore Ramón, al cuore.

Parafrasando Anna Maria Barbera, “in arte” la Sconsolata… che ce ne facciamo delle tue cazzatone se non ci arriva lì?

Ah ah.

Sì, ammiro Bastardi senza gloria, ho degli orgasmi multipli quando vedo Christoph Waltz gigioneggiare a tutto spiano ma con Django Unchained, veramente, toccasti il fondo.

Leo DiCaprio disse: avevate la mia curiosità ma ora avete la mia attenzione.

Quentin, sai che sono triste nel dirtelo ma devo esserti altresì onesto. Per me sei come un amico intimo, sei una donna che non si può offendere ma trattare coi guanti come fa Bill/Carradine nei riguardi della sua sposa… ah ah.

Io sono io e dinanzi a dio tu fai la figura del pirla e del pulcino, Quentin. Anzi, se continuerai su questa strada, dall’alto del mio padreterno, ah ah, ti sbatterò nel carcere di San Quintino.

Tu avesti la mia giusta ovazione per via dei tuoi film di superba qualità ma ora non solo non hai la mia attenzione bensì, appunto, meriti solo la mia costernazione.

Una costernazione sconsolata. T’offrirò un piatto d’insalata cosicché ti metterai a dieta e non ci propinerai questo tuo Cinema ipercalorico.

Ti stai sputtanando. Stai facendo, insomma, un po’ il troione. Perdonarmi per la sincerità. Non odiarmi.

Kill Bill… Come si suol dire, vi sono molte parti che efficacemente funzionano perfettamente ma il film, preso nella sua singolarità, essendo il bislacco, sconclusionato prodotto delle tue strambe peculiarità, mio caro Quentin, è scollato.

Non regge quasi quanto te stesso, Quentin, fidanzato con Mira Sorvino. Fidati, la dea dell’amore aveva poco da spartire con te che pigliasti in prestito le battute migliori di suo padre, Paul, di Quei bravi ragazzi.

Kill Bill verrà ricordato solo per un ispirato Michael Madsen che, appunto, in un film che dura spropositatamente, riesce a svegliarci dal torpore di tale tua pellicola iper-soporifera con l’oramai celeberrima battuta… quella donna merita la sua vendetta e noi meritiamo di morire.

Sì, una battuta di dieci secondi scarsi in un film con nemmeno un secondo in cui i personaggi stiano zitti, ove tutti se le suonano di brutto e ove, alla fine, il povero, compianto Carradine fa solamente la figura del suonato.

Ovvero del rincoglionito. Uma Thurman lo sfiora come Ken il guerriero, colui che imparò bene le tecniche, diciamo, di manipolazione, la tattile agopuntura della forza dei polpastrelli, avendo diligentemente frequentato la Divina Scuola di Hokuto, e David si scioglie.

Sì, vi ricordate il film Bomber con Bud Spencer? Quando Jerry Calà, tocca a stento un nerone a cui, pochi attimi prima, Bud gliele suonò di brutto, stendendolo?

Che dito…

Ecco, Quentin è fissato con le dita dei piedi femminili.

Esiste, come sapete benissimo, un termine per definire questa mania più maschilistica di Stuntman Mike, ovvero feticismo.

Tutto partì con le piante, anzi, le suole plantari di Bridget Fonda di Jackie Brown. E da allora fu un profluvio interminabile d’inquadrature di alluci valghi, di piedini contorti, di caviglie tatuate, di puzza sotto il naso, ah ah.

Veramente uno schifo. Quentin stai facendo la fine del pornoattore Manuel Ferrara. Uno che, nei suoi film quasi più valenti delle tue ultime porcate, odora i piedi delle meretrici manco fosse un cane da tartufo. Poi le stantuffa… Uff, che palle! Bene, un po’ di spray disinfettante e ripuliamo questo tuo Cinema recente da mezza calzetta.

Ah ah.

In verità ti dico, Quentin, che stai facendo proprio il bambagione.

Comunque, se fossi stato in te, avrei girato questa scema, no, scena così…

Brad viene provocato dalla puttanella-pollastrella. Al che, assume le fattezze dell’ex grande amico di Sergio Leone, Mario Brega.

E le urla, come in un Sacco bello, essendo Brad il bellissimo, ah ah:

– Ah, zoccolet’!

Sì, oramai le tue pellicole, caro Quentin, saranno pure esteticamente impeccabili ma sono prive di quella verve falotica che rende ogni stronzata che si rispetti, eh già, qualcosa di geniale. Perché io sono il redivivo Edward Bunker e contro di me, Quentin, passerai due minuti coi contro-cazzi.

Sì, perché io e te non potevamo essere capiti subito.

Non oso immaginare, fratello Quentin, prima che tu diventasti sceneggiatore di Natural Born Killers e regista di risma, quante umiliazioni e mortificazioni dovesti subire.

Invece immagino, eccome.

Tu, segregato in casa con una madre come quella a cui vanno a far visita i Blues Brothers.

– La signora Tarantella?

– No, Tarantino.

 

Sì, i tuoi coetanei fighetti e liceali, non comprendendo il tuo isolamento, ti avranno accusato di essere Anthony Perkins di Psyco, di essere Russell Crowe di A Beautiful Mind, di essere insomma un coglione.

Ma come disse l’Indio:

Quei due piuttosto che averli alle spalle è meglio averli di fronte, in posizione orizzontale, possibilmente freddi.

 

Perché? Perché potete anche picchiarli, sedarli, massacrarli.

Ma rimangono molto, molto più veloci di voi.

Amen.

Sì, sono stanco dei dementi maniaci, dei feticisti e di quelli che pensano che la vita sia solo aspettare il sabato sera per sbattersi la cretina che abbocca.

Sono di un’altra pasta, vale a dire non sfigato, bensì sofisticato. Visto, peraltro, che sono di un’altra pasta, non comprerò più quella della Barilla perché la Voiello è meglio

Sono di grano duro come Clint.

Se non mi capiste e fraintendeste tutto, faccio una telefonata a Margaret Qualley e le chiedo se, per compassione, vi può fare un pompo.

 

di Stefano Falotico

I peggiori film del prossimo anno saranno certamente meglio dell’ultima pellicola di Tarantino


18 Jun

pitt hollywood tarantino

Eh già, tutti fanno previsioni sui possibili film migliori della prossima stagione.

Ma è troppo facile puntare sui registi di qualità, sui cosiddetti cavalli di razza vincenti.

Ora, chiariamoci, C’era una volta a Hollywood di Tarantino, secondo me, come già profetizzai, sarà una delle solite, ultime gigionate anemiche e poco emozionanti di Tarantino.

Tarantino è un bel tipino. Ha da sempre impostato la sua carriera, girando film pieni di citazionismi che a loro volta omaggiano film del passato da lui idolatrati e adorati, quindi shakerati secondo la sua visione spesso volgarmente pulp o pacchianamente grindhouse.

Ripeto, ciò aveva un senso per i suoi primi tre film, ovvero Le ienePulp Fiction e Jackie Brown, perle che non si toccano.

Le perle non vanno assolutamente toccate. Così come le gambe di Catherine Zeta-Jones, donna ora sposata a Michael Douglas, il quale le regala tuttora collanine d’oro neanche se fosse Bob De Niro di Casinò con la sua bagascia Ginger, dunque dovete tenere ben a mente il comandamento… non desiderare la donna d’altri.

Io la desidero eccome ma Michael Douglas non lo sa perché è rincoglionito. Catherine invece sa tutto.

E non mi spingerei oltre.

Torniamo a Tarantino e non perdiamoci in freddure da Clint Eastwood di Per qualche dollaro in più.

Sì, diciamocela, Kill Bill 1 e 2 valgono solo per la scena finale del capitolo uno quando un ispirato Michael Madsen recita cimiteriale, con soffice farsela nelle sue mutande, la celeberrima… merita la sua vendetta.

Sì, una battuta di dieci secondi in un film che dura quasi due ore.

Il capitolo due invece dura quasi 140 min ma non ha neppure dieci secondi di gloria.

Quindi, secondo voi questo dittico sarebbe un capolavoro?

Se la pensate in questi termini, David Carradine deve prepararvi un panino con le sue mani lerce e servirvelo con tenerezza così come fa con sua figlia ancora innocente e incosciente.

The Hateful Eight è una spossante esibizione di attori che vogliono dimostrarci di saper recitare monologhi interminabili.

E perfino la scena finale che dovrebbe risultare rivelatrice e dunque emozionante, cazzo, non sta in piedi neanche ad attaccarla con la colla.

Scusate, uno riceve la lettera di Abramo Lincoln e, anziché conservarla come la reliquia di San Gennaro, la illiquidisce nel sangue più purulento e gore?

Il bifolco Samuel L. Jackson dovrebbe prendere lezioni d’igiene da Al Pacino di Danny Collins. Il quale, a differenza sua, coccola l’epistola recapitatagli da John Lennon neanche fosse Yoko Ono.

Sì, l’accarezza con estrema delicatezza, eccitandosi come Lino Banfi di Al bar dello sport quando, contando le banconote della vincita della sua schedina miliardaria, pare che stia massaggiando arrapatissimo le cosce di Milly Carlucci dei tempi di Pappa e ciccia.

Eh, Milly è invecchiata ma all’epoca attizzava ogni uomo pugliese di verace Calore! E anche froclen, come diceva Pasquale Zagaria, dinanzi alle gambone di Milly aveva attimi assai dubbiosi riguardo la sua senile omosessualità.

Detta come va detta, la Carlucci è sempre stata una bella donna moralmente discutibile. Sì, prostituitasi a filmacci pecorecci pur di arrivare un giorno a una vita da Ballando con le stelle.

Contenta lei, contenti quelli che son stati nel suo letto per farla ascendere ai primati dei massimi ascolti della Radiotelevisione Italiana. Scommettiamo che… andò proprio così?

Sì, so che Milly è sposata da anni.

Sì, da qualche anno, da un decennio. Da un ventennio? Da un trentello? Sì, se me lo passasse su PayPal, non avrei bisogno di partecipare ai telequiz di Mediaset. Un tempo patrocinati da Mike Bongiorno, da una vita sostenuti invece dal peso extralarge per eccellenza, soprattutto nel portafoglio, cioè Gerry Scotti.

Capisco, ora Milly è sposata. Perfetto, non ci proverò, Tanto adesso è pure rifatta.

E qui alla mia vita è stata (s)fatta una frittata! Ah ah.

Sì, sono l’unico uomo della storia che, anni addietro, finì nei centri di salute mentale. Dopo che tutti appurarono che non necessitavo di alcuna Cura da Franco Battiato, ho capito che non mi piaceva manco la filosofia sempliciotta di Lucio Battisti.

Ah, ma è tutto un battistero. Sì, prima mi chiesero di recarmi ed entrare in chiesa a confessare i miei peccati, poi vollero sconfessarmi. Qui viviamo di baci di Giuda come ne Il padrino – Parte II.

Non va bene, eh? V’è un’ipocrisia dilagante, figlia appunto della moralità piccolo-borghese di cui è, ahinoi, intrisa la falsa cultura radicalchic nostrana da farisei Pater Noster e fasulle Bibbie come se fossimo in Cape Fear di Scorsese.

L’Italia, l’unico Paese al mondo ove primeggia negli incassi Checco Zalone, ove andavano forte i film banfiani, una nazione di Cornetti alla crema, di Ciccio perdona… io no!, un posto malfamato di religiosissimi mafiosi ove tutti ammiccano e provocano con pessime, equivocabili battute scontatissime sul sesso manco se ci trovassimo, appunto, nello studio dentistico della pellicola Vieni avanti cretino col compianto Gigi Reder nella stravista, abusata parte d’una spalla fantozziana di Luciano Salce.

Tarantino è figlio della nostra peggiore italianità. Non è come il grande, succitato Scorsese, appunto. Uno che in Mean Streets ficcò in colonna sonora Renato Carosone non per fare, come Tarantino, il citazionista piacione molto cazzone, bensì perché in quei bar fetidi di Little Italy nei jukebox passava davvero il Carusone. Il suo vero cognome.

Statem’ buon’, a casa tutti bene? Come ti sei sciupato. Hai mangiato? Vuoi ancora un po’ di polpette?

Sì, le madri italiane amano i figli e i loro picciotti come se fossero bravi ragazzi…

E tu invece? Stai sul timiduzzo? Henry, perché non parli mai?

Sì, in Goodfellas passa, nella stupenda scena della presentazione dei vari personaggi, Il cielo in una stanza poiché i piccoli manovali della criminalità adoravano realmente Mina.

E può darsi che su un barcone di sballati sia andata on air veramente Gloria di Umberto Tozzi così come si vede in The Wolf of Wall Street quando Margot Robbie, scatenata e smutandata, qui sembra Sharon Tate e nel film di Tarantino no.

A proposito, secondo voi, Roman Polanski, prima che Sharon fosse oscenamente trucidata dalla banda di Charles Manson, cantò mai alla sua Tate Ti amo?

Mah, secondo me vi può fornire una risposta esaustiva in merito, eh già, Brudos di Mindhunter.

Ecco, a mio avviso i peggiori film del prossimo anno saranno dei capolavori in confronto alla super porcata mai vista di Tarantino.

Quentin, hai davvero rotto il cazzo col tuo Cinema autoreferenziale, leccaculo, auto-imbrodante.

Ha ragione l’attuale moglie di Polanski, Emmanuelle Seigner. O fai un film alla David Fincher incentrato esclusivamente sulla tragedia di Sharon Tate, oppure, se devi ficcare la storiella di contorno per altra carne al fuoco, vai a fare in culo.

Scorsese ha fatto solo una scelta sbagliata in vita sua.

Ha avuto ragione Nick Nolte a non applaudire Elia Kazan nella notte degli Oscar in cui, al regista di Fronte del porto, consegnarono l’Oscar alla carriera.

Certamente, immenso regista, Elia, ma non dovevi fare il maialino.

Sennò sei (stato) solamente un figlio di puta peggiore di Clint Eastwood de Il buono, il brutto, il cattivo.

Ve lo dice Wallach Eli.

Ora, se non ero a Cannes, se C’era una volta a Hollywood non è neppure uscito ancora negli Stati Uniti, chi sono io per dire questo?

Be’, sono il padrone di un mulo a cui non piace la gente che ride…

E soprattutto i puntini di sospensione nel titolo, cazzo, Sergio Leone non li avrebbe mai usati.

Fanno proprio schifo.

E dunque nemmeno io li uso.banfi carlucci pappa ciccia

di Stefano Falotico

Clint Eastwood è proprio un mule. Come me, incarnazione del fascino superbo della nichilistica arroganza


07 Dec

eastwoodmule

Eh sì, ieri alle candidature dei Golden Globe Awards, son state commesse due gravi dimenticanze, a mio avviso.

Aver innanzitutto trascurato vergognosamente la performance di Ethan Hawke in First Reformed. Film, come detto, dal finale assai discutibile, ma Ethan ha sfoderato nella suddetta pellicola forse la sua migliore interpretazione in assoluto. E dunque, ripeto, mi par alquanto scandaloso averlo messo in disparte. Speriamo negli Screen Actors… e naturalmente negli Oscar.

E poi ovviamente Clint Eastwood di The Mule. Il film non l’ho ancora visto. Da noi uscirà soltanto a Febbraio. Ma credo, in tutta onestà, che neppure i giurati dei Globes l’abbiano minimamente guardato.

Perché basterebbe questa clip, a prescindere dal valore ultimo, definitivo, complessivo dell’opera, per poter attestare che Eastwood, fosse solo per la sua commovente faccia raggrinzita, tenera e dolcissima, avrebbe meritato la menzione speciale…

Sì, devo confidarvi quanto segue, carissimi e anche acerrimi nemici (in)validissimi.

Io, da tempo immemorabile, mi son appartato, molto schivo, refrattario alla vita sociale, in una sorta di eremitica, perciò virtuosa, vita iper-coscienziosa al di sopra delle squallide piccinerie, oltre le regole falsamente basiche di un mondo ipocrita e pusillanime. E tengo a distanza le chiacchiere, le possibili calunnie che, inevitabilmente, proprio a ragione di questa mia anomala, bellissima scelta esistenziale, mi attiro addosso. Cattiverie inaudite sputate da vomitevoli bocche stomachevoli. Ché m’han stancato, quindi stomacato, disgustato, in una parola stufato. Anche nauseato.

Beceri luoghi comuni atti a prescrivermi istruzioni per l’uso… di questa vita. Come se la vita fosse un casellario, un questionario, un quiz a crocette, una battaglia crociata di rigidi percorsi a tappe per non venir sbattuti al tappeto. A cui adattarsi, improntarsi conformemente remissivi senza battere ciglio, senz’opporci con la nostra, vivaddio, unica, personalissima anima, perfino impura, masturbatoria in ogni senso, autoreferenziale, ombelicale. E semmai omologarci a narcisistici, morettiani precetti malati di solipsismo.

Sì, è stato immenso Goffredo Fofi quando ha bellamente, sottilmente sputtanato Nanni Moretti e il suo accalorato pubblico di pecoroni finti sinistroidi. Personaggini da CGIL che pendevano dalle labbra di quest’autarchico post-sessantottino e hanno sempre aspettato i suoi mediocri, blandi filmetti come fossero irrinunciabili appuntamenti da concerto di Woodstock. E si scompisciavano dinanzi alle sue battute, alle sue tirate d’orecchie, ai suoi “girotondi” in Vespa, a questa sua magnificazione della piccola borghesia apparentemente schierata politicamente ma invero più fascista della maggioranza del sistema da costoro aspramente criticato, osteggiato ma in realtà accettato, a cui sono stati i primi ad abdicare, celandosi dietro ribellioni di maniera, retorici discorsi pazzi in piazza e sventolio di bandiere rosse, dietro trasgressioni fasulle da uomini insinceri, tristi, appagati, facendosela sotto nella facciata tediosamente intellettualistica di una vanagloria ancora più pericolosa e barbosa della Destra più facinorosa.

Sì, so bene io chi è Moretti. Non fatevi ingannare. È uno che, memore delle scopate che aveva con Bianca, ha ficcato… Laura Morante ne La stanza del figlio solo per succhiarle di nuovo il seno. Con la scusa della scena empaticamente coniugale. E ficcò… il cammeo di Jennifer Beals in Caro diario perché, fanatico delle sue cosce in Flashdance, sperava di corromperla per uno stress da vampiro da Campbell Scott di Roger Dodger. Non poteva esserle franco? Che ne so? Andare da Jennifer e presentarsi così:

 

– Sai, Jennifer, dopo il tuo momento di gloria, a Hollywood non ti cagano molto. Io sono Moretti. Un regista molto cazzuto, portato su un piatto d’argento in Italia. Sai, vorrei sbattertelo di Strange Days perché sei una strafiga. Ci stai? Poi posso darti anche una particina… in Aprile, per farti rifiorire come in una maledetta primavera da Loretta Goggi.

 

Insomma, una merda. Ne ho viste tante. Sono quelle ex professorine, ora in pensione e mi auguro presto seppellite, che guardavano tutti i programmi “culturali” di Serena Dandini, strofinandosi la figa marcia con la mortadella di un marito pasciuto alla Gianfranco Funari. Donne dunque più volgari, classiste e cafone delle troie che odiavano. Disprezzavano e volevano bruciare, mettere al rogo. Delle streghe!

Ma cosa insegnavano ai loro studenti? A adempiere al fighetto inculare il prossimo col potere ricattatorio di un pezzo di carta per pulirsi il deretano?

Sì, secondo queste megere vacche, ogni ragazzo che non frequentava il Classico sarebbe stato estromesso dalla società che “conta”. Perché non aveva formato, anzi, io direi formalizzato la forma mentis del cazzo.

In parole poverette come codeste, donnette che avevano figli come Silvio Muccino di Come te nessuno mai, a loro volta pubescenti idolatri di Tarantino e poi cresciuti a moralismi peggiori dell’inquisizione de Il nome della rosa.

Eh sì, dopo averli indotti e indottrinati al Classico, tal mentecatte hanno indirizzato i figli agli studi da Umberto Eco, obbligandoli a non andare allo stadio, ah, roba da sottoproletari orribili, bensì  inducendoli a mentali stadi da “tribuna elettorale”, sì, ficcandoli psicologicamente, oserei dire in modus ermeneutico, semanticamente semiologico a studiare le teorie illogiche di tal fervido, abietto fautore di una delle più grosse stronzate “sintattiche” della cultura oscenamente “giornalistica”, ovvero Scienze delle comunicazioni, facoltà per futuri imbecilli come il “bot”(taniere) Montemagno.

Ove t’insegnano a comunicare per farci capire. Capire che? Come se un articolo di un giornale fosse un graffito preistorico ove, per far comprendere al tuo simile che non sei vegetariano e sei inserito… al vertice della gerarchica scala alimentare, col sangue di porco dipingi di murale un maiale scannato offerto in sacrificio per Natale al popolino come fosse un grasso, lardoso zampone con le lenticchie…

Sì, l’altro giorno, un tale Frattini mi ha attaccato su Facebook. Luogo in cui avevo condiviso la mia video-recensione de L’avvocato del diavolo. Costui, spregevolmente vigliacco, probabilmente di profilo fake senza foto e “credenziali”, ha messo in guardia, ah ah, i futuri fruitori del mio dissacrante video coltissimo, chiedendo loro di non dar retta a un personaggio come me, da tale idiota definito un clown d’avanspettacolo, un poveraccio senz’arte né parte, un guitto imbarazzante, un misero omuncolo che, a suo (ar)dire, non possederebbe la sensibilità artistica, il tatto, il gusto e la culturale perspicacia per addentrarsi in esegesi e disamine che, sempre a sua detta, esulerebbero dalla mia limitata comprensione della realtà e di conseguenza della sua raffigurazione, neorealistica o meno, surreale o visionaria, il Cinema.

Oddio, sto morendo. Frattini. Uno che, ammesso che sia un profilo vero e non un falsario alla Totò de La banda degli onesti, visionando la sua bacheca, pare un morto di fame che posta solo manifesti politicanti, ridicolmente politicizzati più dei peggiori film di Oliver Stone, inveendo contro tutti, sbertucciando l’Italietta unta e bisunta e poi melensamente glorificando i suoi musicali cantanti giovanili. Per un patetico, senile, pensionistico giovanilismo anacronistico da messia ante litteram poco letterato ed erudito, qualunquista e stupidamente partenopeo, floridamente incattivito nell’odio più oscurantistico.

Frattini, sì, la parodia di sé stesso da vignetta di Giorgio Forattini.

Insomma, in tre secondi netti, rispondendogli in chat, l’ho fatto piangere. Credo che al momento sia ricoverato in qualche clinica psichiatrica di Napoli. Città nella quale dice di aver doverosamente svolto il lavoro di direttore di banca, tifando il Maradona dei bei tempi e drogandosi da mattina a sera di seratine “dolci” come il liquore del suo babà. Ah ah.

Sì, uno che non voleva essere un sempliciotto come il compianto, suo concittadino Troisi ma che, a mio parere, trattava tutti come fosse il direttore del circo Massimo, rimanendo ideologicamente al minimo storico. Simpatica bestiolina questo Frattini. Un frustrato che giustamente frustai.

 

Sì, volevano che rinnegassi le mie scelte e ripartissi daccapo. Mortificando il mio io interiore affinché m’immiserissi nel porcile di massa, mercantile e spaventoso.

Vollero che mi curassi per alleviare le mie pene…

Sì, pene, gliel’ho messo in quel posto, ancora una volta.

Perché sono un colorito, armonioso fiorellino.

 

E al mio mulo non piace la gente che ride…0001_100784 rev-1-MUL-01355r_High_Res_JPEG

 

di Stefano Falotico

The Mule, il prossimo film di Eastwood è come me


24 May

Clint

 

Non so se avete presente la scena di Essi vivono in cui Roddy Piper va a pranzare nella mensa dei barboncelli. La signora gli porge una specie di zuppa e gli chiede se ne vuole ancora. Qualsiasi uomo di buona educazione avrebbe risposto un cortese no. Invece, lui, caprone, le risponde… sì, ancora. Quindi dopo avergli riempito il piatto, la signora retoricamente gli chiede ancora se appunto ne voglia ancora. Retoricamente perché a quel punto sia lei che lo spettatore si aspetterebbero un gentilissimo NO. Invece Piper, zuccone amabilissimo, con strafottenza da applauso, replica nuovamente un sì, ancora.

Sì, un uomo senza vergogna che, da vagabondo disoccupato, non rinuncia ai piaceri della cucina e mangia come un porcellino. Senza dover rendere conto a nessuno.

Uno dei primi film con Clint Eastwood protagonista, come sapete, è stato Per un pugno di dollari. Eh sì, quel mulo esigeva le scuse. In questa scena storica, da morir dal ridere, vi è incisa tutta la filosofia eastwoodiana. Ma quale reazionario e giustizialista, è un uomo che non ama i vili affronti, odia gli scherni, gli sfregi come ne Gli spietati, e a costo di beccarsi delle pallottole va sotto casa di quei vermi di Gran Torino, a far la sceneggiata “napoletana”.

Walt Kowalski è uno stronzo, un buffone, uno che disdegna questo fottuto orpello della cosiddetta bonjour finesse, sputacchiando in faccia a Cristo e, a costo di schiantarsi e beccarsi pugni in faccia e batoste tremende, finché non ha sviscerato tutta la merda, non è contento.

Ecco allora la storia di Earl Stone, novantenne veterano di guerra, che soffre di “demenza” e quindi non è imputabile di colpevolezza.

Ah, uomo dai mille malestri, uomo maldestro forse persino di Destra, un figlio di puttana come pochi.

 

Mi trovavo al bar oggi pomeriggio. Ordino il consueto caffè. Una donna molto magra, quasi rachitica sulla cinquantina, però di gambe ben tenute, mentre sorseggio il mio dolce caffè ecco che comincia a fissarmi insistentemente. Io finisco di bere, do l’euro alla barista, al che porgo alla signora un sorriso simpatico quanto questa frase da me a lei pronunciata con aplomb eastwoodiano…

– Signora, se vuole il mio uccello, sappia che non è per donne come lei. Io sono un orticultore dei miei piaceri bucolici. Vada ad arare qualche maschione che saprà innaffiarla a dovere.

– Lei è un porco!

– Come lei, signora. Perché a vederla bene mi sembra pure che voglia mettermelo in culo. Ah, frociona!

 

Al che mi son grattato le ascelle.

Inizialmente il personaggio di Eastwood si doveva chiamare Leo Sharp.

 

Finisco col dirvi che sabato una su Instagram, dopo avermi adocchiato, mi contatta “in privato”.

– Ciao, che bel profilo che hai.

– Facciamola svelta. Vuoi che te la lecchi? Mi spiace, non hai la faccia di quella che “lo” incassa.

– Senti, io sono una donna di classe, non accetto queste volgarità. Sono donna prima di tutto di cervello.

– Ah sì? Non si direbbe.

– Cosa vuoi dire?

– Vai a lavare i piatti, forza.

 

Al che l’ho bloccata. Probabilmente è andata a consolarsi con un piatto d’insalata, coltivato nel campo della sua “cultura” del cazzo.

 

Ah ah.

– Perché ridi? Guarda, Stefano, che quello che hai scritto è abbastanza disgustoso. Non fa ridere per niente.

– Invece a me fa ridere, sai? E anche parecchio.

– Ti daranno un’altra ripassata se continui a non mettere la testa a posto. Ma, cazzo, ne vuoi ancora?

– Sì, ancora. Perché voglio continuare a vivere a modo mio.

– Sei proprio una merda!

– Sì, come tutti.

di Stefano Falotico

Batman versione Che Guevara con la chitarra fra le gambe a sputar in faccia ai bambini con le carie e col catarro


23 Jul

 

Amo la mia lingua quando assaggia le “palle gustative” altrui.
E di carezzevol “lacché”, nella carrozzeria mia placcata di bronzeo “pudor” a “sudarli freddi”

Essere o non essere?
Meglio “scolarsela”, “erculeamente” al fin, “propedeutico”, dell’unica “dieta” per cui val la “valle”: la pace del corpore sano e “insanguinato” va guarnito di fiori nel mio prato, sulla letizia armonica di balli e feste nelle erbe verdeggianti del mio “arbusto”, bastion moro nel “castagneto” delle castane e bastimento di pugni ai falsi casti, da smorire e castrar!

Nella mia vita non c’è infanzia, non c’è adolescenza, ma ci sono infamie e tanta fame.
Infatti, nella mia insonnia su “uova bollenti” di fegato scoppiettante al pop-corn, son preda, mangiata viva, delle mie crisi, per destarmi in pien plenilunio negli ululati che sveglian l’impaurito vicinato.

Sì, col Tempo, dalle “elevazioni” mistiche son passato agli involtini, d'”origami” quasi sempre senz’orgasmo, ma di viaggi mentali per inveir sulle persone armata dei vermi che, contro di me, l’inerme, si sfogan come i peggiori urlatori, riempiendomi d’offese gratuite come le loro “marmellate” con le “puttane” dei loro “bordi”.

Sì, quando il buio m’assale e, di bramosie, oscura le chiarezze del mio Sole, canto al prossimo la sua zona limitrofa atrofizzata nel “trofeo” adorante del suo solipsismo scarnificante.
Per indurlo a confessioni che rammentino la demenza sua adolescenziale, or nascosta da un “pacioso” perbenismo di facciata nella “filigrana” senza un grammo di dignità vera.

Sì, l’imprenditore umilia l’operaio, ma da me lo prenderà in culo, proprio mentre si “spupazza” la Escort nel suo attico a lui “ittico”, d’innaffiarlo d’acqua “benedetta”.

Sì, m’affido a mani intellettuali quando il genio sono io che li “sovraccaricherà” d'”elettromagnetismo” manesco, perché è gente fredda che va “shockata“.
Pretendono che ti adatti al loro “latte”, ti redarguiscono con le “guarnizioni” e deridon il tuo “ano” per infilarlo “rettamente”.

Ma con me, il “loro” non attacca.
Sono io che li attacco.
Al muro. Col mio mulo che non ama le loro risa. Ma esige che sian picchiati nella rissa!

A un certo punto, l’idiota sobbalzò agghiacciato, e gridò: – Che sta succedendo?”.
Batman: – Succede che sei finito. Stavolta, non ti appellerai alle tue calunnie “leguleie”.Sarai appeso e spellato.
Fidati.
– Senti, tu non mi stai antipatico, ma citi Satana.
– Satana, vedi è qui che sbagli, mignottone, bello di mamma. Satana va eccitato.
– Tu non sai con chi stai parlando! Io ti spacco la faccia, “bimbetto!”.
– Tu non suggestioni più nessuno, perché sono un Uomo grande, grosso e libero, e ti afferro per il cravattino e ti fracasso contro il vetro, ebete!
– Tu non puoi farlo! Non puoi!
– Perché no?
– Perché il processo è ancora aperto!
– Non hai capito un cazzo, allora, Io sono la Legge!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno (2012)
  2.  Apocalypse Now (1979)
  3.  La zona morta (1983)
  4.  Il cacciatore (1978)
  5.  Per un pugno di dollari (1964)
  6. Dredd (2012)
  7.  Dredd. La legge sono io (1995)

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