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In attesa dell’Oscar a Phoenix, parliamo oggi di Cop Land e delle moralistiche prediche, no, delle prefiche – La scimmia del cortometraggio di David Lynch è romantica!


25 Jan

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La prefica è colei che viene pagata per piangere ai funerali.

Spesso, viene assunta dalle donne del meridione per dare un tono più melodrammatico all’atmosfera già, appunto, funerea e piuttosto lugubre creatasi in seguito al lutto incolmabile dovuto alla perdita di un caro.

Molte ragazze, però, piangono a dirotto più di una comare secca vestita di nero a mo’ di cornacchia se, anziché perdere un caro, devono pagare il cariatide dentista affinché le curi dalle carie.

Alcune sono pure incurabili racchie. Insomma, neanche se facessero le suore della curia riuscirebbero ad amare l’essere solo, sinceramente, delle donne da tutti trascurate… anche da dio.

Sì, sto assistendo davvero a un porcile di donne amanti(di), a quel porcile profetizzato da Pasolini, già avvenuto e insinuatosi nelle anime di molti giovani donne, da tempo immemorabile e da non restaurabili tempi, putrefattesi. Fuori e dentro.

Eh sì, ragazze universitarie, peraltro ricche di famiglia, che non abbisognerebbero di prostituirsi in quanto, come detto, vivono in agiate condizioni economiche piuttosto soddisfacenti, le quali, appunto non paghe della vita non magra, bensì ben pasciuta, si sottopongono a pesanti cure dimagranti e poi praticano robusti pilates rassodanti per poterla offrire tutta depilata e “brillante” al miglior offerente che possa, nel salvadanaio, soddisfarle appieno col suo spumante!

Mah, più che miglior offerente, tale elemosinatore di figa a buon mercato è, diciamocela, un accattone sofferente.

Sì, un uomo perennemente frustrato che sputtana con tali puttane tutto il suo magrissimo stipendio, spesso pure dell’assistenza sociale e dunque di pensione precoce a lui elargito, pur di passare una notte a base di fruste sadomaso con una di queste mentecatte che la danno per potersi pagare la borsetta di mammà.

Sì, insospettabili ragazze apparentemente pudiche, insomma, a prima vista Elsa Morante, non vivono affatto d’idealismi virtuosi come Bianca, ovvero Laura Morante, bensì vivono doppie esistenze ove, se di giorno si celano dietro la parvenza delle brave figlie di papà, di notte la donano a un brutto figo, no, figlio di zoccola.

Sì, ne vedo tante…

Ragazze laureande che ti contattano in privato, spacciandosi per donne che vorrebbero con te instaurare una sana relazione d’amore purissimo quasi da sante.

Ma, dio santo, al terzo scambio di battone, no, di battute in chat, ti chiedono d’iscriverti ai loro siti a luci rosse ove, una volta che ti avranno fornito La chiave d’accesso, dietro tuo lauto pagamento ed esosa quota dispensata a codeste donne assai pruriginose, sostanzialmente poco virginali e lindamente, intimamente nient’affatto rosee, sottoscritto che avrete loro l’abbonamento dispendioso e lussurioso, al fine che costoro possano comprarsi ville lussuose, vi fotteranno in maniera clamorosa. In ogni senso. Alcune infileranno… anche la clausola ove non potrai baciare loro nemmeno il seno con fare ardimentoso.

Che sole!

Ecco, se siete uomini che pendete dalle labbra di questa qua, abboccatene pure e fatevi da loro imboccare.

Siete uomini che, tempo nel didietro, no addietro, perdeste il senno e, per sanarvi dall’insonnia, vi deste alle belle di giorno…

Di mio, me ne fotto bellamente.

Ora, parliamo di Cinema e lasciamo stare le minchiate di queste malafemmine.

Matt Damon tornerà a lavorare con James Mangold per The Force.

Mentre Harvey Weinstein, accusato da Annabella Sciorra di averla stuprata con la forza, si difende, dicendo al giudice che, se la Sciorra avesse eccitato, no, avesse necessitato di lavoro, doveva darla a Sylvester Stallone e a Robert De Niro.

Sì, in tribunale, Harvey diede spettacolo, un one man show da indifendibile mentitore da applauso a cerniera aperta, no, a scena apertissima.

Anziché, prendersi giustamente le colpe delle sue porcate, demandò a Stallone ogni responsabilità:

– Sì, che cazzo vuole da me quest’Annabella? Se costei afferma di essere stata da me sessualmente violentata nel ‘94, come mai allora girò Cop Land, da me pagata, no, finanziato con la mia Miramax nel 1997?

Dico, giudice, in questo film lei consola pure lo Stallone italiano, accarezzandolo pietisticamente e ascoltando insieme a lui Stolen Car di Bruce Springsteen!

 

Insomma, figliuoli, sono un grande romantico. Per questo, vivo nella mia stazione ferroviaria e la gente pensa che deliri, anzi delinqui. Qui, a forza di usare le vostre biforcute lingue, io sono diventato un linguista mentre voi ora non aprite più bocca. Tanto ne pagherete un’altra e lei aprirà non solo quella.

Ho detto tutto.

Per molto tempo, vollero farmi credere, catechizzandomi, che dovessi redimermi. Redimermi da che?

Non ho intenzione di credere ai buonismi falsi di The Family Man e non sono neanche Sonny. Se proprio volete usarmi come meme alla Nicolas Cage, almeno affibbiatemi la patente di Sailor di Wild at Heart. Sì, solo quando sono fuori dagli schemi, risulto magnetico e romantico.

Quando mi volete come un comune idiota piccolo borghese, mi rendete scimmiesco. Sì, i miei sono deliri squisiti, di alta scuola registica alla David Lynch. Deliri ove celebro amori incommensurabili alla Lars von Trier de Le onde del destino. Finiamola! Non dovete riportarmi indietro. Ma quale Ritorno al futuro!

Tu, donna, sei il mio delfino? Di mio, mi tengo Bruce Springsteen e lascio perdere le puttanate piene di melassa.

Comunque, quella non è male. Si chiama Melissa. Stasera, vorrei offrirle un tiramisù. Ah ah.

Ecco, vi ripropongo questo audiolibro. Una donna che lo ascoltò e lesse il libro mi chiese:

– Per caso, chi è la ragazza di cui stai parlando nel tuo libro?

– Si tratta di una donna immaginaria e vagheggiata.

– Non ci crede nessuno. Ci sono dei pezzi troppo sentiti, lei non è irreale e non me lo/a dai a bere. Ecco, molti segmenti sono volutamente volgari e forti. Ma è una critica alla società ingorda e bavosa. Ci sta! Te lo posso dire? È la più bella, struggente, vera dichiarazione d’amore che una donna possa ricevere in vita sua. Non ti ha ancora sposato?

 

di Stefano Falotico

 

Il signor Nic Pizzolatto si decide a scrivere la quarta stagione di TRUE DETECTIVE o sta mangiando solo la pizzaiola con la pummarola ‘ncoppa?


04 Jan

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Sì, io mi sono sempre chiesto quanto segue: gli sceneggiatori di Hollywood, dopo essersi dedicati ad allestire, per filo e per segno, per virgola e doppie punte, no, doppi punti, i loro script, che fanno nel tempo libero?

Per esempio, si sa benissimo che Sean Penn nel tempo libero scopi tutte le donne libere. Non tutte perché è umanamente impossibile ma quasi tutte sì.

Ora, obietterete voi. Sean Penn è un attore, non uno sceneggiatore. No, è regista e le sceneggiature di The Gunman, di Lupo solitario, Tre giorni per la verità e Into the Wild le ha scritte lui.

Infatti, The Gunman lo diresse Pierre Morel e ne venne fuori una schifezza improponibile ove c’è pure Jasmine Trinca, la donna più antipatica di tutti i tempi. Infatti, fu scoperta da Nanni Moretti, il quale la dovrebbe finire di criticare il signor Al Pacino e scoparsi finalmente Laura Morante.

Sì, secondo me, Nanni non scopò mai Bianca. Al massimo, ne La stanza del figlio, ficcò la scena in cui le baciò il seno poiché Laura ama Henry- Pioggia di sangue.

A mio avviso, Nanni è un uomo socialmente pericoloso. A forza di fare il moderato di Sinistra, il troppo Caos Calmo lo indusse a sodomizzare Isabella Ferrari. Isabella fu il sogno erotico di molti italiani, fu l’amante di Gianni Boncompagni e, ne La grande bellezza, si fece ingroppare da Jep Gambardella.

Insomma, Nanni, tu che ami i pasticceri trozkisti, te la sei fatta… con una borghese da Sapore di mare e Sotto il sole di Riccione? Ci mancava solo Tommaso Paradiso che, mentre lei fu terrorizzata dalla tua aggressiva sodomia, cantasse a Isabella… no, non avere paura…

Comunque, Nic Pizzolatto, nel tempo libero credo che guardi a ripetizione Habemus Papam. Sì, Nic studiò tutto il pessimismo cosmico, è un trascendente metafisico, adora la spiritualità creatasi in seguito a conflitti psicologici di natura ermetica. Questa è ermeneutica, poveri cazzoni come Woody Harrelson. Non sto dicendo, stavolta, stronzate. La prima stagione di True Detective è intrisa di dolore, è la via crucis di Rust Cohle. Infatti, nel finale, quando è sul letto d’ospedale, pare Gesù Cristo. Rust è come il Papa, in un certo senso. È un uomo che dice espressamente che non è un tipo da feste.

Poi, non so se abbiate notato. Quando tradisce l’amicizia del suo partner, sodomizzando la sua compagna, urla come se fosse Willem Dafoe di The Last Temptation of Christ. Fu colto dalla tentazione verso la Maddalena/Michelle Monaghan e non riuscì a reprimersi. Animalescamente quasi violentandola e poi, imbestialito, maledicendola come se fosse stata il diavolo. Perché, sostanzialmente, è religioso. Non della fede cristiana, bensì di un personale codice morale che lo obbliga, inconsciamente, a sentirsi in colpa.

Ci sono considerazioni più ampie all’opera. Principalmente, l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni… Questo è quello che pensi. L’avete mai fatto? Li guardi negli occhi, anche in una foto. Non ha importanza se siano vivi o morti. Puoi comunque leggerli. E sai cosa capisci? Che loro l’hanno accolta. Uhm, non subito ma proprio lì, all’ultimo istante. È un sollievo inequivocabile. Certo, erano spaventati e poi hanno visto, hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciare, lasciarsi andare. Hanno visto in quell’ultimo nanosecondo, hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi e tutto questo grande dramma non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà. E allora puoi lasciarti andare. Alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa. Erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata. E grazie al quale hai pensato di essere una persona.

E, come in molti sogni, c’è un mostro che ti attende alla fine…

Tale discorso di Rust/Matthew McConaughey, ribattezzato Filosofia dell’esistenza, è molto bello ma gli americani lo definirebbero predictable, cioè moralistico ed effettistico. Ma la regia di Fukunaga lo rende appassionante così come la sentita recitazione di Matthew. È un discorso, in un certo senso, di natura pasoliniana. Sintetizza anche ciò che dice William Petersen nel finale di Manhunter… Alcuni, nel silenzio degli innocenti, non ce la faranno, purtroppo. In tanti accetteranno di resistere, sì, vivranno nella cosiddetta resilienza, mentendo a sé stessi per sopravvivere. Ma saranno da tempo morti dentro. Altri moriranno del tutto. E torniamo a Moretti e al suo omaggio a Pasolini di Caro diario. Il mostro per loro non sarà Errol Childress, bensì la società lupesca, da Pasolini definita porcile… Alcuni impazziranno come Arthur Fleck/Joker, altri soccomberanno e si adatteranno di malavoglia. Soffrendo enormemente ma nascondendo la tristezza dietro balletti e canzonette. Lo stesso Errol Childress è/era uno di loro. Il quale però, anziché morire nell’anima, optò per il satanismo, trasformando le sue paure nell’ululato del cannibale… Persino Rust è un vinto. Ma non si dà per vinto. Combatte e cerca la luce, malgrado sappia che forse non esiste. Questa sua forza lo contraddistingue. È la stessa forza che mantiene in vita Wayne Hays/Mahershala Ali. Non riuscirà a risolvere l’enigma in quanto addirittura ammalatosi di demenza. Probabilmente, i bambini giammai scomparvero e fu tutta una sua fantasia generatasi dall’essersi perso lui stesso in Vietnam.

Propongo una sfida a Nic Pizzolatto.

Come sentii un mese fa per radio da una criminologa, non esistono, se non pochissimi, film o serie televisive sulle serial killer donne. Secondo questa donna, le assassine seriali non è vero che non esistano. Sarebbero anzi, a suo dire, persino in maggioranza rispetto agli uomini. Ma la cultura maschilista non è interessata alle donne “mostre”. Poiché l’uomo moralmente sano è affascinato comunque dalla sua parte diabolica mentre non gl’importa nulla del suo lato femminile più perverso. Ed è per questo che si diverte a bullizzare gli altri maschi. Poiché, in realtà, chi fa del male lo fa per esorcizzare il suo incubo peggiore. Cioè, non è un uomo, è una donna che ha paura di esserlo.

Ecco, per questo nuovo anno, vorrei chiedere a Nic, se potessi e se lo conoscessi, di scrivere il copione di un ipotetico True Detective 4 con protagonista la reincarnazione di Chris Walken de La zona morta. Però, stavolta non scoprirà lo stupratore uomo, bensì la strega cattiva. Ma, visto che Nic non sa neppure chi io sia, lo scriverò io.

Incipit:

la città era avvolta nel buio e un’insegnante dell’asilo nido, apparentemente integerrima, stava rientrando a casa. In città corse subito voce che fosse una donna perennemente sola, senza un compagno. E che, durante le notti lugubri e tempestose, praticasse magia nera, sacrificando i bambini della sua migliore amica. Era solo una maldicenza. Tale donna non era capace neppure di cucinare un uovo al tegamino, figurarsi se poteva soltanto immaginare una mostruosità del genere. Nei momenti di noia, al massimo guardava Chi l’ha visto? Ah, lei sicuramente credo che non l’abbia mai visto. Che cosa non avrebbe visto? Come che cosa? L’uccello. Cosa se no? Al che, frustrata come non mai, alla mattina faceva la sadica sulle povere creature, inveendo loro contro perché ben conscia che loro, un giorno, l’avrebbero infilato in qualche coscia mentre lei lo prese in culo come un bel vestitino rosa.

Secondo me, come inizio fa schifo al cazzo ma potrebbe svilupparsi. Certamente, non in questa donna, in questa qui non si svilupperebbe neanche se fosse bella come Jodie Foster. La quale è lesbica. E ho detto tutto.

Che cosa avrei detto? Non lo so, chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione canti con Alan Sorrenti la sua intramontabile hit, Figli delle stelle. Basta che a me non scassi ù caz’ e viviamo tutti felici e contenti. Forse lei è un cornuto, lo sa?

 

di Stefano Falotico

Quando pensi di essere Dustin Hoffman di Rain Man e invece sei Tom Cruise, video antologico, epico!


15 Apr

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Forse, non vi siete accorti dei mutamenti cronenberghiani avvenuti nel Cinema e nella vita di tutti i giorni con l’avvento dei social

Be’, chi della mia generazione non ricorda piacevolmente la canzone leitmotiv di Lucio Dalla per Lunedì Film di Rai 1?

Sì, so che voi sbarbatelli, se la doveste ascoltare oggi, riproposta in qualche programma nostalgico, pensate e pensereste:

ma chi sta cantando? Mario Biondi?

 

Peraltro, Lucio si limitava a una sorta di grammelot onomatopeico abbastanza incomprensibile ma di sicuro effetto, come un cantante jazz di New Orleans. Tra Dario Fo e un pazzo di Firenze.

Sì, per noi il Cinema rappresentava un appuntamento fisso il lunedì sera. Quando, vivaddio, l’assurdo Canone Ordinario (ordinario di che?) aveva motivo d’esistere. Mediaset era agli esordi e I Bellissimi di Rete 4 erano solo ai loro albori.

Poi, si sarebbero affinati, involgariti nel seno debordante, nel portentoso décolleté piccante e nei collant fenomenali della mitica Emanuela Folliero.

Che di Cinema ne sapeva quanto mio nonno di astrofisica. E, per introdurre il filmone in programmazione, recitava a pappardella i testi che le davano da leggere. Peraltro, erano quasi sempre estratti estrapolati dallo stesso dizionario dei film di Mereghetti o addirittura sintesi ricavate proprio dall’affiliata rivista tv Sorrisi e canzoni.

A Lunedì Cinema, avranno dato almeno cinquemila volte Lo squalo di Spielberg.

Sì, Lunedì Cinema chiudeva i battenti con l’approssimarsi dell’estate. Stagione di Spiagge alla Fiorello e di bagnanti italiani a Ibiza a esaltarsi con la radiolina che riproponeva Miami di Will Smith.

Sì, Fiorello, persona di rara ignoranza che prese Giosuè Carducci e, senza vergogna, se ne saltò con La nebbia agli irti colli…

Mitico!

Fiorello, davanti a quella donnona di Katia Noventa, oca da Karaoke, per fare il figo, le disse che conosceva il teorema di Pitagora. E, dinanzi a milioni di spettatori, lo enunciò da Bruno Sacchi de I ragazzi della 3ª C.

Molto pressappochista, il Fiorello disse sfacciatamente che, in ogni triangolo isoscele, il quadrilatero costruito su Siracusa è equivalente all’unione dei rettangoli dei due cateteri.

Sì, è questo secondo voi il Teorema? A proposito, voi, che fate tanto i trasgressivi e gli anticonformisti, avete mai visto l’omonimo film e letto il libro di Pasolini con Terence Stamp?

Rosario Tindaro Fiorello, non di Siracusa, bensì di Catania. Idolo!

Ah, ma avete allora proprio bisogno di una stampella. Più che uomini da Noventa, siete oramai a novanta, diciamocelo, dico, senza infingimenti e libretti di giustificazione con l’alibi della vostra indisposizione psicofisica dovuta allo stress di una vita febbricitante che vi ha fatto ammalare di qualunquismo, retorica e populismo a iosa.

Ma non perdiamoci in nostalgie da Stranger Things, in passatismi scolastici. In esaltazioni del Cinema degli anni settanta quando invece siete nati appunto nei seventies ma eravate troppo piccoli per poter aver visto Un attimo, una vita di Sydney Pollack.

Vi dichiarate degli espressioni astratti ma, più che al pittore Pollock, sinceramente assomigliate, molto realisticamente, solo ai polli che appunto allevava mio nonno. Pollon!

Sì, dopo l’avvento dei social, chiunque si professa attore e regista di livello e carica video in cui ha filmato una vedova che beve il caffè al bar di Zio Nino, gridando di essere il nuovo Paolo Sorrentino.

Sì, estetizzanti idolatrie di voi stessi da peggiori Toni Servillo.

Il Cinema è cambiato, la vita è cambiata. Dovete aggiornarvi.

Essere uomini come il Falotico.

Classico uomo per il quale tu pensi di averlo finalmente inquadrato e anche inc… o e invece presto, con un suo amico, girerà un grande mediometraggio.

Sì, nei primi giorni di Maggio.

Vi lascio col fiato sospeso e anche col ciuccio in bocca.

A presto.

 

 

di Stefano Falotico

 

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Eh già, Ryan Gosling, super video, oserei dire storico, totoiano


13 Apr

Ehilà!

goslingfaloticoEh sì. Dovevo dare retta a mio cugino. Me lo disse subito, qualche anno fa.

– Stefano, no, di De Niro non hai molto. Nemmeno di Johnny Depp. Senza dubbio non sei Paolo Villaggio né Alain Delon. Lascerei stare Paul Newman e non scomoderei neppure Matthew McConaughey.

Ora, vieni qua. Guardati allo specchio. Comincia a fissarti su un punto dello specchio. Avanti.

Secondo te, a chi assomigli?

– Non lo so. A un deficiente? Potrebbe essere la risposta giusta?

– A Ryan Gosling, ecco a chi assomigli. Visto che vogliamo giocare, come fanno gli adolescenti, con le celebrity e le icone divistiche.

 

Ecco sì. C’è proprio una somiglianza impressionante. A parte il colore dei capelli. Ryan è un bel biondino, un pulcino.

Io invece sono corvino e ho gli occhi neri come il grande Matt Dillon.

Non ho alcun pudore nel dirvi che il mio passato fu praticamente identico a Stay – Nel labirinto della mente.

Sì, una psiche enigmatica, amletica, con accenni di psicosi e curve pericolose d’uno stato mentale talmente anomalo da poter essere scambiato superficialmente per demenza ed equivocato per invalidante disturbo psichico.

Ma anche uno psichico come ne Il caso Thomas Crawford. Una testa di c… o che non gli daresti una lira.

Ed Anthony Hopkins, nuovamente “psichiatra della mutua” come il suo epocale Hannibal Lecter, pensa che sia facilissimo coglionare il ragazzino.

Che invece lo fotte di brutto.

Può succedere, Sir Anthony, di trovare uno più deduttivo e intelligente di te. Capita, non ne facciamo una tragedia. Suvvia.

In questo mondo, Solo Dio perdona e io non sono Gesù Cristo.

Sono un umanoide, un mezzo androide metafisico, a volte figo a volte sfigato, come in Blade Runner 2049.

La realtà virtuale è amabile come Ana de Armas.

Sì, le donne reali sono spesso insopportabili. Sono isteriche. Stanno a lagnarsi tutto il giorno solo perché s’è rotta la lavatrice. So io invece che il loro cervello andrebbe smacchiato a massima temperatura.

Di testa calda e friggitrice come il mitico Ryan di Drive. Un romantico futurista, un autista mezzo autistico.

Che però, quando si accorge del marcio, quando al suo amico combinano uno scherzo omicida, diventa una furia devastante.

Sì, direi che il Falotico c’è tutto.

Per non parlare poi di First Man.

Uno a cui capita qualcosa di veramente nefasto e agghiacciante. E con tutti finge che le cose vadano benissimo. Fa buon viso, come si suol dire, a cattiva sorte.

Sì, ho perso mia figlia piccola, beviamoci uno Scotch.

Sì, per colpa di bambagioni che pensavano di arrivare sulla Luna, stavo allunandomi ai crateri della più sola aridità notturna.

Ma me ne fotto delle bevute in compagnia, delle cosiddette piccole cose. Rose rosse per te non ho comprato stasera. Donna, pigliati una rossa, sì, sei lesbica e mi stai soltanto addolorando d’amor spinoso. Sì, ho sbagliato ad arrossire per te.

Sogno un viaggio spaziale, indimenticabile.

Voi non avete tempo per questo. È sabato, andate a caccia stasera. Poi domani è domenica, sveglia tardi, una mangiatona e stravaccata sul divano. Quindi il lunedì e ricomincia la tiritera, la routine giornaliera.

Ah, non si è rotta la lavatrice. Ti sei rotta le unghie? Io invece di tutto questo mi son rotto il c… ecco, ci siamo capiti.

Quando morirò, immagino la mia pagina di Wikipedia.

 

Stefano F.

«Considerato uno dei più svogliati, grandi sex symbol della storia dell’umanità, attore specializzato nel trasformismo, mimo in quanto spesso atipico e sofferente di atimia, fu preso per gentile uomo timido.

Invece la sua canzone preferita era Smile di Jimmy Durante.

Tenero, adorabile, dimostrò una durezza impressionante. Amante, come detto di Durante, scrisse molti libri aulici come Alighieri Dante.

Lui dava ma gli altri non davano nulla.

Uomo molto da Aspettando Godot, non è che molto godette. Eppur fu sentimentalmente legato alle più belle donne dell’epoca. Nessuna di Hollywood gli sfuggiva. Neppure quelle conservate, prestigiosamente, in cofanetti da famosi sogni nel cassetto…

Uomo uguale a Totò le Mokò, era talmente sensuale che simulava di essere un eunuco per non far scoppiare un casino pazzesco. Da cui Un turco napoletano:

la donna è mobile e io mi sento mobiliere.

La gente gli urlava… datti una mossa… e lui invece rimaneva impassibile.

Immobile, spolverando tutto il mobilio…

Gli altri, odiandolo a morte come il fascista Duce, morirono prima di lui di bile.

Mentre oggi il Falotico vive nell’olimpo e da lassù vige.

Così è, non si transige».

 

di Stefano Falotico, dico, mi pare ovvio56976895_10213438286814463_8244242247827062784_n 57039802_10213438347815988_5042845505961328640_n gosling

Gabriele Muccino, nefasta sciagura vivente, spara su Pasolini, io sparo sul suo pis… o, scritto pasoliniano, rambistico


22 Feb

Prefazione ironica, per modo di dire.

Nell'immagine distribuita dall'ufficio stampa il 14 aprile 2014 Pier Paolo Pasolini e Maria Callas in Grecia nel 1969. La foto Ë esposta all'interno della mostra 'Pasolini-Roma' a palazzo delle Esposizioni fino al 20 luglio 2014. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI +++DA UTILIZZARE SOLO IN RELAZIONE ALLA NOTIZIA DI QUESTA MOSTA - NO SALES - EDITORIAL USE ONLY+++

Nell’immagine distribuita dall’ufficio stampa il 14 aprile 2014 Pier Paolo Pasolini e Maria Callas in Grecia nel 1969. La foto Ë esposta all’interno della mostra ‘Pasolini-Roma’ a palazzo delle Esposizioni fino al 20 luglio 2014.
ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI
+++DA UTILIZZARE SOLO IN RELAZIONE ALLA NOTIZIA DI QUESTA MOSTA – NO SALES – EDITORIAL USE ONLY+++

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Questa la seconda parte.

Muccino parte seconda, un piccino che uccella di cazzate

Sì, sociologi e intellettuali corrotti al sistema da Gabriele stesso magnificato, hanno già più e volte analizzato il “fenomeno” in questione.

Un uomo furbissimo.

Ora, domandiamoci: quando è saltato fuori questo qui?

A metà anni novanta. L’emblema finto-sinistroide della retorica italiana più abietta e falsa.

Il suo primo vero successo, dopo due amene idiozie qualunquiste, è stato Come te nessuno mai. Tripudio d’imbecillità adolescenziali, anzi liceali.

Già qui il suo Cinema relativistico, compiacente la borghesia popolanamente classista, era palese.

Storie di ragazzi che non sapevano prematuramente, ancor maturandi, che pesci pigliare. Tumefatti da una vita scolastica tanto ambiziosamente prodiga di elevatezze sognate e sognanti quanto già (con)chiusa. Sì, adolescenze putrefatte, imborghesite da genitori asfissianti, atrofizzate e becere, ripiegate in post-sessantottini ideali utopici fra un Castiglioni-Mariotti, celeberrimo vocabolario del latinorum da Don Abbondio, un amore all’acqua di rose con Mariella, ragazzina un po’ pienotta ma a cui desiderare di dar qualche botta, per ascendere poi oggi come oggi a tifare Juventus, patrocinata da Marotta. Ah no, quello è Agnelli, Marotta è dell’Inter.

Sì, comunque parliamo di dirigenti aziendali ai vertici del potere. L’inganno del potere!

Pasolini, come il sottoscritto, era una grande ala destra. Ma non avrebbe mai e poi mai abdicato a un business calcistico ove CR7, sì, il numero di maglia dell’ala destra è il 7 anche se Cristiano è un centravanti e dovrebbe andare il 9, ecco dicevo, un sistema di analfabeti che guadagnano miliardi con gli sponsor e via dicendo, non sanno coniugare un verbo ma son attorniati da modelle più decerebrate di loro per palle sotto l’incrocio dei peli. E ville con colonnati e traverse sbattute in faccia alle persone comuni, da loro trattate da traviati. Perché sì, loro, tirando a calci una palla, se la possono tirare…

Leggete un trattato, finitela di maltrattare!

Sì, oggi i giovani sono nella merda. Ed è colpa del sistema. Sento sempre parlare di lavoro.

Il lavoro è cosa nobile e giusta se valorizza l’uomo e gli dà dignità ma soprattutto stimoli vitali.

Invece, il capitalismo ha creato discrepanze e dislivelli economici aberranti.

E giovani laureati, con due coglioni così, o sono inseriti da qualcuno oppure devono mendicare quattro spiccioli, cercando gli annunci “freelancer” su bacheche “rinomate”; fiore all’occhiello del disagio moderno.

Abbiamo Indeed.com, bakeka.it e il “grandioso” Kijiji.

Siti ove troverete lavori per cui davvero vi sistemerete. Sì, all’assistenza sociale… ah ah.

Lavori senza contributi per siti, appunto, a cui offrite il vostro obolo quotidiano nella speranza che la vostra vita, fra un anno e forse meno, non finisca nell’oblio.

Sì, Muccino ha capito tutto.

Compiacendo il pubblico a cui il suo Cinema indignitoso, fasullo e retorico si rivolgeva e ancor si rivolge.
Tu a chi ti rivolgi? Ah, capisco…

Allora se voi, ragazzi realmente sognanti ma profondamente realistici, vorrete cambiare le cose e non accetterete il muro di gomma di quest’ipocriti con la panza piena, se vi azzarderete a ribellarvi e a spaccare tutto, arriverà la Municipale sotto casa vostra, suonerà violentemente al campanello, saliranno dei fascisti da Brazil e, una volta entrati col mandato da perquisitori-inquisitori per ordine del questore, vi deporteranno in un centro psichiatrico per una cura sedativa e repressiva a base di farmaci castranti non solo la libido mozzata ma soprattutto addolcenti la vostra lingua giustamente arrabbiata che rivendicava il sacrosanto diritto a una vita libera, democratica, equa e socialmente equilibrata. In cui essere tutti felici.

E, dopo essere stati resi muti e mutilati, sarete a posto…

Sì, totalmente deprivati del vostro amor proprio, sbattuti a svolgere un lavoro davvero glorificante. Soprattutto la gastrite provocatavi da farmaci che hanno distrutto il vostro metabolismo, vi hanno fatto ingrassare e vi hanno mummificati nell’ebetudine di massa.

E canterete, come tutti, assieme ai Negramaro che hanno stuprato Modugno…

Meraviglioso
Ma come non ti accorgi

Di quanto il mondo sia Meraviglioso 

Perfino il tuo dolore 

Potrà guarire poi 

Meraviglioso
Ma guarda intorno a te 


Che doni ti hanno fatto

Ti hanno inventato il mare 

Tu dici non ho niente 

Ti sembra niente il sole? 

La vita 

L’amore 

Eh sì, Muccino definisce comunque Pasolini un grande scrittore ma dubito che abbia mai letto qualche suo libro. Perché l’Italia è questa. Tutti conoscono Proust, Roth e Dostoevskij…

E allora il Cinema di Pasolini, dogmatico, giustamente scarno ed essenziale, brutale e sincero, spietato, diventa povero perché lui non aveva bisogno di emozionare, leccando, di spettacolarizzare la vita, usando dolly, piani-sequenza e monologhi imbonitori.

Eh sì.

 

Questa è una grande canzone!

 

E questa rimane una testa, appunto, di cazzo.10631091_10202382553668044_6121674787773137868_o

 

di Stefano Falotico

Provocazione: i dieci migliori film italiani della mia vita, nessuno, tranne quelli di Sergio Leone. Ora, impiccatemi


24 Aug

De Sica Silvstedt

Sì, sono radicale, dobbiamo fare una selezione il più possibile stringente, come si suol dire.

Con buona pace di Nanni Moretti, a cui va il mio premio simpatia. Un uomo tracotante, un finto intellettuale di Sinistra che per anni ci ha ammorbato con le sue idiosincrasie, le sue polemiche retoriche, coi D’Alema dì qualcosa, che in Caro diario va in giro con la motoretta, con la lambretta, sì, la Vespina e la vispa Teresa, e brama Jennifer Beals. Ora, chiariamoci, Flashdance è una cagata pazzesca, e la Beals è molto più figa in Stress da vampiro e in Roger Dodger. La “mitica” canzone di Flashdance di Giorgio Moroder, cantata da Irene Cara, vinse l’Oscar ed è un hit di tutti gl’impiegati comunali frustrati. What a Feeling! Sì, mio padre, appena la sente tutt’ora in radio, diventa romantico e dimentica di essere un pensionato. E vola sulla superstrada alla ricerca del tempo perduto.

Sì, come critico, Nanni Moretti vale meno di quello del mio palazzo, l’inquilino del terzo piano, tale Cuomo, un mezzo mariuolo che però si porta sempre a casa delle gnocche straordinarie. Dev’essere uno schifo quell’appartamento. Detta fra noi, poi, quelle donne sono delle zoccole.

Sì, Moretti ha stroncato HeatStrange DaysHenry, e ha sempre avuto un debole per Laura Morante. Infatti, la scena de La stanza del figlio in cui le succhia le tette, c’entra come i cavoli a merenda con Brian Eno in colonna sonora e con la tragicità della vicenda. Ah, capisco, era per far capire che i coniugi, prima della tragedia, erano molto sessualmente affiatati e complici.

Bianca invece è la storia della mia vita. Io vorrei istituire una scuola chiamata Robert De Niro. Anch’io soffro d’insonnia e, nel bel mezzo della notte, anziché scucchiaiarmi il barattolone gigantesco di Nutella, mangio tre cornetti, alla stessa ora nella quale le vostre fidanzate vi rendono cornuti.

No, bannato Nanni.

Visconti? Ludwig è la storia della mia vita, sì, ancora, come d’altronde quasi tutta la sua filmografia. Ma io non sono omosessuale e non inserirei Alain Delon nei miei film per ciucciarglielo in privato. Scusate, eh.

Bannato!

Fellini. Mi son già più volte espresso su questo provinciale riminese panzone. Ce la possiamo dire? Non spargete la voce in giro. Non ho mai finito di vedere un suo film. Queste storie vitellonesche, di dolci vite romane, questa Capitale da lui adorata, cafona, di donnacce grassone e laide, di uomini bifolchi, di puttane misericordiose, questi amarcord nostalgici sono quasi peggio del suo squallido imitatore bolognese, Pupi Avati. Uno che è meglio che si goda la forte vecchiaia, mangiando le lasagne al ragù e la smettesse di scomodare i cuori grandi delle ragazze.

Bannati entrambi.

E Marco Ferreri? La grande abbuffata, un film triviale, porcellesco, scatologico, apocalittico, di uomini che sparano dal deretano dei peti sesquipedali da terremoto di Haiti. E Dillinger è morto? Molto meglio (anche se molto meglio non si può dire) Nemico pubblico di Michael Mann. Ah ah. Non so se molti di voi capiranno questa mia battuta, ma ci sta. Siamo tutti donne scimmie!

Bannato Ferreri, Ferraro della Sampdoria e pure la Ferrari, perché non me la posso permettere. Anche se Michela Ferraru, di u sarda, è modella che meriterebbe il mio brum brum.

Bannato anche l’altro Marco. Bellocchio. Lui e le sue schizofrenie, le sue morbose ore di religione e i suoi Porco Dio! Film rabbiosi da pugni in tasca. Ma che vuole questo qui? Ancora non l’hanno rinchiuso?

Bannato pure Sorrentino Paolo. Con le sue indolenze, le frasi a effetto, i suoi Toni Servillo con la parlata strascicata romana-meridionale, i suoi napoletani alla Maradona, i suoi clowneschi piani-sequenza.

Ha stufato e con Loro ha toccato il fondo.

 

Rossellini? Meglio la figlia.

Salvatores? Si salvi chi può. Affogatelo nel Mediterraneo.

Tornatore? Nuovo Cinema Paradiso non è una sua pellicola Oscar, ma il Cinema idilliaco che lui non girerà mai.

Pasolini. Ottimo intellettuale, un po’ esaltato. Ha detto anche un sacco di fregnacce. E non mi son mai piaciuti gli uomini che amano i pisellini…

Bertolucci? Oddio mio. Ultimo tango a Parigi regge su Brando. È maledettismo programmatico, studiato apposta per far scandalo in tempi ancora casti. Un film semi-pruriginoso in cui sostanzialmente non si vede un cazzo. Un film sulla solitudine? Mah sì… so io cos’è la solitudine. Quella del barbone sotto il Ponte di Galliera di Bologna. Mica quella di un debosciato come Brando, coi capelli nel vento che fa tanto decadentistico uomo vissuto. Ma vai a dar via il culo, Bernardo, e non ci sarà il burro ad addolcire la “frizione”.

E tutto il resto è noia. Fa anche lui quello di Sinistra col culo parato.  Aveva ragione Dario Argento, o forse era l’allegrona della figlia. È un borghese marcio che disserta di amori fantasticati, di adolescenti viziati che si fumano le canne.

Sinceramente, non ho mai visto nessun adolescente sfigato tipo Pitt e Garrel che hanno come compagna di studi, soprattutto di giochini anatomico-erotici, quel pezzo di passerona della Green.

Che poi diciamocela. A seno va di brutto la Green, di faccia è meglio la commessa del Conad sotto casa mia.

Sì, è buona questa commessa qui. Un po’ depressa. A forza di fare lo scontrino fiscale sulle banane di tutti quelli del quartiere…

E Antonioni? Mah, so che moriva dalla voglia senile di spogliare Luisa Ranieri. Ma lei è andata con Montalbano/Zingaretti e Michelangelo è rimasto muto più dei suoi film.

Carmelo Bene? Un pazzo.

Sergio Leone? Sì, ci sta. Anche se amava troppo i bucatini all’amatriciana.

 

Via, bruciare tutto.

Ah ah.

Sì, adesso vado a filmare i tortellini in brodo, mentre la mia faccia si rifletterà nel bicchiere di vetro nella rifrangenza del lampadario di luce soffusa e una mosca cadrà nella zuppa.

Titolo del film: Cena con le mosche in una serata da dimenticare nella tetraggine del piatto che piange, che fa molto Wertmuller.

Ma voi davvero credete a tutte le stronzate che dico? Ah sì? Bravi, fate bene. Non sono peggio di tanti filmacci spacciati per “arte”. Ma Arte de che? Evviva Christian De Sica. Stasera va così.

 

di Stefano Falotico

 

Mezzanotte a Bologna – UNA CITTÀ PIÙ CHE ALTRO SPENTA


05 Jul

Da Caffè Scorretto, uno dei cinquemila siti a cui collaboro. Che non linko apposta.

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Midnight in Paris, film di Woody Allen, narra la storia di uno scrittore e sceneggiatore non molto di successo che vive avventure fantasmagoriche nelle notti più fantasiose e fuori dal tempo di una Parigi da incorniciare, precipitando in una dimensione irreale, anzi surreale come Salvador Dalí, in un intrepido viaggio mesmerico in cui la sua identità confusa, come in un quadro cubista, verrà in contatto persino con Pablo Picasso.

Sì, bel film, non c’è che dire. Forse troppo leggero e scanzonato per i miei gusti, ma dolce come un pasticcino dalla sfoglia delicata.

Ecco, sono qui, in quest’avvicinarsi impertinente di Luglio. O forse è già Luglio e ho perso memoria dei giorni. Il caldo si attacca alle ossa come una sanguisuga e mi spella. Il condizionatore non basta ma, appunto, è comunque più rinfrescante di tanti sbagliati, fuorvianti condizionamenti soffocanti.

Devo uscire di casa. Ma l’ora è tarda. Ho cenato alle nove e mezza, poi ho rivisto questo film di Woody Allen, ho fumato cinque sigarette e, fra una cosa e l’altra, ecco che si son fatte le undici di sera. Il cielo è buio, le nuvole si sono addensate come i miei grigi pensieri nebulosi.

Esco di casa, sì, son ben vestito, sbarbato e ho digerito con gusto quell’ottima cenetta sfiziosa a base di peperoni.

Mi si è rotta la macchina. Eh già. L’altro pomeriggio ha cioccato. Per fortuna a soltanto duecento metri dal parcheggio della mia proprietà privata. Ma è venuto il carro attrezzi e adesso la stanno riparando. Quella macchina non è la prima volta che s’inceppa. È l’incarnazione metallica della mia vita. Pare che riparta e si rimetta in moto, dura qualche mese, poi come i miei ballerini, altalenanti umori claudicanti e barcollanti… fa crack.

Anche la mia mente, in questo tragitto tortuoso ch’è la vita piena di curve pericolose, e non mi riferisco soltanto a quelle delle donne più formose che ti fanno sbandare e che tanto spompano, si spezza, crolla, e il mio corpo perde energia e non più carbura.

Va be’, prenderò l’autobus. Credo che sino a mezzanotte passi ancora da queste parti. Oh, non si vede anima viva, e dire che è venerdì sera e la settimana lavorativa è per molti terminata, dunque dovrebbero stare tutti in giro, euforici, a divertirsi.

Ah, vero, qua è periferia, probabilmente si son già tutti spostati in centro.

Il centro di questa mia città, tetra e piena di portici inquietanti, d’estate a essere sinceri non è che si animi molto. Molti, di questi tempi, son già andati in riviera o forse proprio nella capitale francese a brindare nelle proprie ferie dopo un anno in cui, siamo onesti, non è che poi abbiano lavorato così tanto. Conosco tanti comunali immeritatamente pagati che fanno viaggi extra-statali ed extracomunitari costretti a emigrare.

Eccomi arrivato. Via Rizzoli. Non so ancora perché mi sia recato qui in centro. Ma la notte porterà consiglio. Quel pub è aperto. Mi pare, almeno a giudicare dall’esterno e guardando attraverso le vetrate, che un po’ di mossa lì ci sia. Sì, mi berrò una birretta. E forse di stuzzichini m’ingozzerò.

– In quanti siete?
– Solo io.
– Ah, solo come un cane.
– Senta, barista cagna, mi dia una birra.
– Ma che modi sono? Impari le buone maniere.
– Me la dà o no, questa birra?
– Ceres o Heineken?
– No, Peroni.
– Non abbiamo le Peroni. Le Peroni sono per camionisti.
– Io potrei essere un camionista, sa? E voglio la mia Peroni.
– Si prenda questa, e vada a sedersi. In fondo a quel cantuccio, troverà un tavolo con una sola sedia. È riservato ai falliti.
– Quindi lei è un’habitué di quel tavolo.
– No, io la compagnia ce l’ho sempre e non sono una fallita come lei.
– Come si fa a fallire con quelle tette?
– Come, prego?
– Ah, lei prega anche? Non pensavo fosse molto religiosa. Grazie per la birra, gliela pago subito ma da me non verrà mai pagata.
– Come, prego?
– Se lo dice lei che prega, non posso contraddirla. Preghi pure. Fra un bovaro e l’altro.
– Guardi, è un maleducato e anche uno stronzo. Questo è un locale serio. Lei è un tipo da bettole!
– No, sono un tipo e basta. Lei è una bella topa, non vi sono dubbi, ma non so quali topi, no, tipi frequenta.
– La denuncio!
– Non si può.
– Perché mai?
– Perché questa birra è scaduta. Legga qua. Cosa dice la confezione? Sa che non si possono vendere ai clienti le birre avariate? Qualcuno potrebbe dar di stomaco, ci potrebbe scappare il morto e poi saranno solo gatte da pelare. Forza, me ne dia un’altra.
– Scusi…

 

Che pittoresco posticino. Me ne sto qua seduto come un pascià. Questa birra va giù che è una bellezza.

Accanto a me quattro tipi si scalmanano e discutono animatamente ad alta voce.

– Bologna è peggiorata. Non è più rossa come un tempo, un tempo sì che si legiferava come Dio voleva. Che poi, appunto, io son comunista e non credo a Dio e agli angeli. Si è parecchio imborghesita – dice uno dall’aspetto tarchiatello con grande boria, declamando ogni singola parola come fosse il sindaco in piazza.
– Sì, è una città più che altro spenta. Un tempo questa città, fior fiore di artisti e luminari, irradiava gioia di vivere, era una città illuminata. I giovani son stati soffocati da un edonismo tetro, dappertutto impazza il consumismo e vengono bombardati dalla tv con messaggi subliminali che distorcono le coscienze più lucide – aggiunge un altro, magro, emaciato in viso, dai lineamenti spigolosi e cristologici.
– Hai ragione. Bisognerebbe ridipingere questa città. Affrescarla a mo’ di tela e intingervi un po’ di maggiore naturalezza. Siamo schiavi di questi condizionamenti dell’omologazione globale di massa. E abbiamo perduto i colori vivi della nostra autenticità. Sì, noi dobbiamo essere più incisori, no, volevo dire incisivi e infondere freschezza, vitalità e donare migliori prospettive a queste nature morte. A questi zombi ambulanti che non sanno più apprezzare un vaso di fiori e pitturare la realtà con sincera genuinità. Sono tutti, oggigiorno, tristemente in cerca di emozioni artificiali. E vedono il mondo con gli occhi della pubblicità.
– Ah, i vostri discorsi sono campati per aria. Dissennati e confusi. Siate più telegrafici e diretti.
– Scusate, posso sedermi al vostro tavolo? – intervengo io.
– Certo, caro. È il benvenuto. Ha sentito quello che dicevamo? Ho notato che stava origliando. Mi permetta di presentarle la compagnia: Giorgio Morandi, Guglielmo Marconi, Pier Paolo Pasolini. E io sono Gino Cervi. Piacere di conoscerla.
– Ah, ma io vi conosco bene! Ma non eravate morti?
– Morti è una parola grossa. Non si è mai morti, si è sempre vivi anche laddove pare che non ci siamo più. Questa è la versione dei giornali, ma dall’informazione moderna bisogna diffidare. È capziosa e falsa. Noi siamo morti, è vero, ma le nostre anime riecheggeranno nell’eternità, per sempre. È questo il significato della vita stessa. Dare valore alla nostra mortalità col coraggio delle nostre idee, inseguendo i nostri sogni con determinazione e sacrificio – afferma con orgoglio Pasolini.
– Sapete, io vorrei realizzarmi come scrittore ma ho tutti contro. Nessuno mi appoggia.
– Fascisti! Ecco cosa sono! Fascisti e ipocriti moralisti! – urla Gino Cervi. – Io sono Peppone! Basta con questi caffè delle peppine. Questi circoli letterari per snob. Ho ragione, Pier Paolo?
– Vero, non bisogna mai castigare la propria perfino scomoda creatività per far piacere agli altri. Posso leggere qualcosa di suo? – mi domanda Pier Paolo.
– Certo! Magari! Però al momento non ho niente da poterle far leggere. Ah no, scusi, forse in tasca… ho qualcosa… Ecco qua! È l’abbozzo di una sceneggiatura, per ora ho scritto solo il soggetto. Tenga, legga pure.
– Troppo cervellotico. Troppo barocco e complicato. E pessimista.
– Ma lei non era un pessimista?
– No, mai stato tale. Io ero un grande ottimista. La società è spaventosamente difettosa, ma il cancro sociale si deve estirpare per poter rifiorire tutti assieme a nuova luce.
– Lei deve essere più preciso, telegrafico. Le sue idee sono notevoli ma, esposte con tale prosa eccessiva, la rendono di difficile lettura e comprensione. Sia conciso. Senza fili, no, senza filtri. E tutti capiranno chiaramente. E accetteranno ben volentieri la sua visione del mondo – asserisce Marconi.
– Sì, dipinga la sua visione del mondo. In maniera anche rustica e pura.
– Grazie Morandi, grazie a tutti voi, davvero. Buonanotte.
– Che fa? Ci lascia così? Non ci dirà mica che ha già sonno?
– In effetti no. Ma devo sbrigarmi, se no sarà troppo tardi. Devo rimettermi al lavoro. A presto, amici.

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Stefano Falotico

 

Meglio essere invasati di De Niro che essere invasati dal denaro, evasori della vita sentita, invadenti delle sensibilità altrui


18 Mar
A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993, hands in pockets

A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993, hands in pockets

La scuola d’obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell’autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio). Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po’ di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro, e la loro funzione dunque altro non è che creare, col loro insieme, un piccolo borghese schiavo al posto di un proletario o di un sottoproletario libero (cioè appartenente a un’altra cultura, che lo lascia vergine a capire eventualmente nuove cose reali, mentre è ben chiaro che chi ha fatto la scuola d’obbligo è prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novità). Una buona quinta elementare basta oggi in Italia a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un avanzamento che è una degradazione è delittuoso: perché lo rende: primo, presuntuoso (a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso contemporaneamente), angosciamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza. Certo arrivare fino all’ottava classe anziché alla quinta, o meglio, arrivare alla quindicesima classe, sarebbe, per me, come per tutti, l’optimum, suppongo. Ma poiché oggi in Italia la scuola d’obbligo è esattamente come io l’ho descritta (e mi angoscia letteralmente l’idea che vi venga aggiunta una “educazione sessuale”, magari così come la intende lo stesso “Paese Sera”), è meglio abolirla in attesa di tempi migliori: cioè di un altro sviluppo. (È questo il nodo della questione).

Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: cioè che ho detto a proposito della scuola d’obbligo va moltiplicato all’infinito, dato che si tratta non di un insegnamento, ma di un “esempio”: i “modelli” cioè, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? È stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo), concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore). 

Ora, ogni apertura a sinistra sia della scuola che della televisione non è servita a nulla: la scuola e il video sono autoritari perché statali, e lo Stato è la nuova produzione (produzione di umanità). Se dunque i progressisti hanno veramente a cuore la condizione antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a pretendere l’immediata cessazione delle lezioni alla scuola d’obbligo e delle trasmissioni televisive. 

(Pier Paolo Pasolini…)

 

Sì, un tempo non si diceva scuola dell’obbligo ma scuola d’obbligo e Pier Paolo, penso volutamente, anziché scrivere angosciosamente scriveva angosciamente… che in italiano è decisamente scorretto. E poi l’edonè cos’è? Il compiacimento di essere edonisti?

Comunque sia, il suo discorso non fa una piega. Oggi, e non voglio essere moralista ma lucidamente obiettivo e realista, viviamo in una società che mette i brividi. Eppure il carrozzone cazzone va avanti come sempre, si consumano tragedie e tutti stanno zitti, per paura di dire la verità, e per timore di essere incolpati rifiutano la ragione o meglio la silenziano in un mare angosciante d’ipocrisie. Tutti presi freneticamente dalle loro quotidianità di massa, inconsapevoli o, peggio, e qui li addito, coscienti di perpetrare il male anche solo essendone conniventi, complici e testimoni oculari che, terrorizzati da possibili ritorsioni (e perché dovrebbero arrivare mai?), si nascondono nelle frasi di circostanza, tutti afflitti dai loro insulsi mal di panza.

 

No, ogni giorno assistiamo ai più efferati e ripugnanti crimini, ma tutti paiono essere abituati alla spettacolarizzazione del dolore, e via di sciacallaggi, più il mondo fa schifo e più la gente pare divertirsi sulle disgrazie altrui, alimentando così in maniera disgustosa questo ludibrio carnalmente putrescente e orrido.

Un ragazzo si suicida a scuola perché bersagliato e massacrato da coetanei imbecilli che apertamente derisero la sua sessualità “non condivisa”, le sue alterità emozionali, le sue giuste timidezze e le sue sane ritrosie, ma la faccenda viene liquidata con una scrollatina di spalle. Perché oramai il danno è fatto, indietro non si può tornare, andavano fermati prima che succedesse il pasticciaccio, ma è acqua passata, mettiamoci una pietra sopra, con un “bel” colpo di spugna facciamo finta di dimenticare. E ce ne laviamo la coscienza. Su, tutti a ballare.

Una donna viene stuprata e da quel momento non si riprende più, e allora passerà tutta la sua vita a imbottirsi di farmaci sedativi, prescrittile da uno psichiatra che non ha intenzione di psicanalizzarla e discendere alle spaccature emotive che nel suo animo si sono create dopo il violentissimo trauma. Sì, non “delira” più, per forza, oltre al danno la beffa. Dopo essere stata violata nel suo corpo macellato, adesso, per il “bene di tutti”, del “quieto vivere” della collettività, l’hanno quasi lobotomizzata, ed è diventata la madre di Undici di Stranger Things. Come si chiama pure quell’attrice? Ma sai che non mi viene in mente? Vabbe’, chi se ne frega…

Sì, freghiamocene… di tutto. Domani esce il nuovo film di Paul Thomas Anderson. Ah, splendido-splendente, che capolavoro, e che recitazione superba. Dico? Ah, Day-Lewis è sempre lui, che classe, che portamento, un Dio. Oggi pomeriggio con chi gioca la Juventus? E il Napoli arriverà davvero secondo? Ma sai, la città del Vesuvio, ma sì, mi sta simpatica. Io sotto sotto spero che vinca lo Scudetto. Come si può non tifare per quella gente tanto buffa e caciarona? Sì, in fondo a Napoli ci sono i mariuoli, ma è pittoresca, la città di San Gennaro e Pulcinella, appena esci in strada ti borseggiano e sbatti la testa sul marciapiede. Che simpatia! Non facciamo di tutta erba un fascio. A Napoli c’è tanta gente perbene, eh sì. Grandi teste…

Ah sì, lei ha la sua vita. Sì, quel che a lei importa è un lavoro “rispettabile”, tanti scheletri nell’armadio, un paio di spaghetti alle cozze la domenica, e poi i suoi figli, ah, che sono giovani e devono “crescere”, andassero pure fuori il sabato sera a combinar cazzate, a prendere per il culo i paraplegici, sì, son bravi guaglioni sostanzialmente, cambieranno. Basta che non rompano i coglioni a chiedere soldi, se li guadagnassero… Certo, adesso sono un po’ stronzetti, domani diverranno stronzi “puri” col conto in banca grassissimo, e ricatteranno quelli che non si sono “adattati”.

Ma sì, continuiamo così.

 

Abbasso questi malati e invasati, sono solo dei “cospiratori”, ma che vogliono? Di che si lamentano? Insomma, ci arrivano a fine mese? E quindi? Ma che stessero zitti, ché la vita è una merda per tutti. Inutile che piango/ano sul latte versato, è colpa loro se si trovano male. La vita è bella, bella, bella!

Uno splendore!

 

Sì, meglio essere come me, amante di De Niro. Non vi è una spiegazione logica nella mia adorazione per il Bob, soprattutto dopo che ha girato un sacco di cazzate immonde. Ma, d’altronde, c’è una spiegazione logica per il mondo “perfetto” in cui viviamo?

Invero, la Juventus ha già giocato e ha pareggiato, ah ah, e il film di Anderson è uscito da un pezzo.

Taxi Driver

 

di Stefano Falotico

 

Com’ è bello viver da soli, con il Calcio


04 Apr

 

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Le mie giornate, da molta gente ignorante reputate asfittiche, si cibano di aria zen. Ove, soffice, nell’ermetica lucentezza di me sempre “sbiadito” e sbadato, mi disfo del pen(s)ar comune, così ingombrante e secondo me foriero, cari forestieri, di stress. Meglio l’aria della foresta che mi richiama quando, allo scoccar dell’alba croccante, “digrigno” gli occhi nell’assaporarne la vegetazione, con gusto della fauna mia da animale lontano da queste metropoli schiaccianti, col lor (a)mar di obblighi, ove tutti si “responsabilizzano” dietro scrivani(e) di lavoretti “incappucciati” nell’orinare, no, nell’amministrazione ordinaria. Il cappuccino, il capufficio, uff uffa. Meglio i puffi a queste muffe. Magnatevi un muffin e leccatevi i baffi. Così, dopo queste giornate “dure”, l’uomo “normale” si appiccica alla televisione e si sorbisce Montalbano che starnazza in idioma idiota calabro-siculo mentre io mangio un altro colibrì, non pensando a questi drammi piccolo borghesi ove la puttanella rivendica il tradimento di un certo Mario e Mario l’ammazzò con una calibro per lo “specialista” calibrato di “onore” meridionale. Io conosco l’odore del temp(i)o nelle mie tempie e immagino (di) templari scorrazzanti nello scoreggiar pi(n)o. Tra spade di Excalibur e fornicazioni che una volta erano libere dal divorzio, sì, quelle “zie” oziavano con gli orsi maschi che se l’ingroppavano a tutta birra, masticando l’aroma del sesso verace, remoto dall’orpello borghesuccio dell’amore a “tutte le costole”. Vedo ragazzi disperati che, per far contente le professoresse, imparano a menadito lezioni di troia, no, di Storia, eppur non provano la rabbia pasoliniana di quell’Ulisse e non leggono Joyce. Comunque guardano O. Russell di Joy ed è una bona Lawrence, una buona cos(ci)a. E poi i calci da dare! In una “iurnata e Sol”. Mentre Ventura studia la Nazionale e quella panza si suda. Non pensando ai medici e agli avvocati, ma ficcandosi in bocca un altro Buffon.

 

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Le nuove vite di plastica degli pseudo “critici” di oggi, meglio Hands of Stone


18 Aug

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Da tempo, mi sento disgiunto da una società che ()unge, che imperterrita punge. E pugnace alle (s)palle pugnala con senso poco materno ma molto “materico”. Società che da sempre ha badato alla sostanza, cioè al disvalore degli “attributi” e non merita il mio tributo. Meglio una vita all’imbuto e alle mie filosofie sul Tubo che spartirmi in questa gente che esalta Nolan e va a vedere Suicide Squad, per una glorificazione della mercanzia emozionale di plastica, della grandeur fatta di effetti speciali “sensazionalistici” che a me paiono poca meraviglia e non adora più le sane scazzottate di una volta.

Gioitene, “mani di pietra” e non nel cinismo di questo Cinema senz’anima inceneritevi. Non impietritevi, non m’impietosisco dinanzi a questi “intelligentoni”.

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)