Sì, ecco la faccia “monstre”. Adesso, vi canto due hit rispettivamente di Pappalardo e di Adriano Celentano. Ma prima vi racconto un racconto. Sì, vi racconto un rustico racconto. Mio nonno era come me. Non ha mai voluto prendere ordini da nessuno e non si è mai attenuto a nessun precetto borghese. Gli offrirono un lavoro che poteva sistemare la sua famiglia ma lui declinò l’offerta e preferì essere il “boss” della campagna. Ove spennava le galline e strozzava i polli, così mia nonna, Rita, li cucinava assieme agli ortaggi che lui allevava. Era un uomo libero, senza inibizioni, andava a ordinare carne dal macellaio e camminava a testa alta. Mio padre e mio zio, fratello di mio padre, si son dovuti trasferire al Nord per non morire di fame. Ma mio nonno era questo. A suo modo, un genio. Si curò dal Cancro ma le metastasi si erano oramai propagate dappertutto. E morì proprio nella mia città Natale, Bologna. Perché gli avevano detto che qui, a Bologna, c’erano i medici migliori d’Italia. Lui sapeva che sarebbe morto, ma prese lo stesso il treno e morì col sorriso sulla bocca. Due giorni prima di morire, al paziente che stava con lui in camera d’ospedale: – Signor Pietro, mi tolga una curiosità. Lei che ha fatto nella vita? – Io sono stato uno dei più grandi commercianti di olio d’Europa. E poi rise. Un grande. Capito? Non gliene sbatteva un cazzo di raccontare una stronzata micidiale, tanto stava morendo, il mondo è solo un enorme inganno. E oggi mi va di cantare, “stonando”, con la mia voce di merda. Se vi sto antipatico, potete anche picchiarmi. Tanto io non cambio. Mi dispiace. Ci sarà tempo in Paradiso per andare a zoccole. Non c’è un cazzo da fare lassù.
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di Stefano Falotico