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ll comeback del più grande attore di Cinema del mondo, Brendan Fraser (non esageriamo e non è lui, ah ah), ed evviva i festival di Cinema da amare con brillantezza abissale
Sì, periodo lieto, il mio. Tendente al falotico con tocchi di morbidezza sobria e amorosa, da gustare personalmente come un gelato prelibato molto zuccherato. Oserei dire da leccarsi i baffi in modo delicato.
A quanto pare, Brendan Fraser, per molti recenti anni osteggiato, boicottato, diffamato e ridicolizzato, in forma è tornato. Era a dismisura ingrassato, adesso è dimagrito e forse non è più drogato e alienato. Discriminato e dalla Hollywood che conta, eh già, in malo modo fu scriteriatamente allontanato.
Adesso, è di nuovo un toro scatenato…
Lo vedremo nel nuovo film di Scorsese con De Niro e il bel (mai quanto me, eh eh) Leo DiCaprio.
Nel frattempo, gli haters impazzano e dinanzi a me impazziscono, si perdono soldi e il portafoglio, quelli del partito dei Verdi vogliono un Green Pass più verde rispetto a quello elargito consuetamente, la gente va al mare a mostrare le chiappe chiare oppure in montagna e sulle valli verdi, da non confondere con le scarpe Valleverde che furono pubblicizzate da mr. Balla coi lupi, alias Kevin Costner, a me viene concesso il pass (una passera, no?) per la prossima Mostra del Cinema di Venezia in quanto oramai è assodato, sono diventato critico rinomato e assai ricercato, oltremodo forbito, non so se furbo o ancora leggermente spostato. Oramai il mio posto in sala, a Venezia, è prenotato, non spostatemelo, miei spostati.
Di certo son amante raffinato di quel capolavoro sconfinato, ahimè ancora enormemente sottovalutato, che è Open Range.
A proposito, inoltre, di alienazioni mentali e vite reclusesi, Brenda Fraser interpreterà praticamente sé stesso nella nuova opus di Aronofsky. Regista da non confondere con Bukowski e coi cristalli di Svarovski. A proposito di western, Fraser sarà anche presente in Killers of the Flower Moon.
Mentre il qui presente-assente in passato ingiustificato, perfino stigmatizzato e ingiustamente attaccato, ovvero il sig. Falotico non so se azzimato, ovviamente acculturato, si presenterà al Festival di Venezia, affrontando come Sylvester Stallone di Over the Top tutti i più bravi critici del mondo. In effetti, Lincoln Hawk mi assomiglia parecchio. Quando le persone mi screditano e mi fanno davvero arrabbiare, cambio marcia, cambio anche faccia, come il miglior De Niro, non del Grande Match, eh eh, assestando di stilografica feroce e tagliente dei pugni potentissimi e ottimamente ficca(n)ti.
Per finire, a proposito di Stallone, vi piacque in Cop Land? E in Cliffhanger?
John Lithgow! Anche John sarà presente nel film di Scorsese con DiCaprio & De Niro. Vi ricordate la sua celeberrima freddura nel film di Renny Harlin appena citatovi?
Parafrasandolo: – Stefano, in tanti vogliono conoscere il suo segreto. Qual è?
– Fai la fila, prima ci sono io. Tu non solo ti fai i film, li vedi anche nei posti peggiori. Nella prossima vita, dovrai essere più bravo. Adesso, stai calmo e fai il bravo.
Ebbene, non credo sinceramente che i critici di Cinema siano affascinanti come De Niro. Non sono neppure versatili.
di Stefano Falotico
Per curarsi dal Covid-19 e relative quarantene, bisogna creare e ricrearsi, fantasticare, sognare e “cinematografare”, comunque evviva Beppe Maniglia, rocker artista bolognese come me!
Il Cinema e la poesia ci salveranno. E vi do un consiglio per gli acquisti davvero straordinario.
Le librerie, nelle italiche zone rosse, sono chiuse? E chi se ne frega.
Potete ordinare questo romanzo immenso, ah ah, anche online. Un romanzo che pulsa di vita nuovamente accalorata dinanzi alla vastità della vita stessa del suo autore, eh già, del tutto rinnovatasi, ah ah.
Vi garantisco che non è affatto una str… ata. Diciamo, più che altro, una superba faloticata!
https://www.lafeltrinelli.it/libri/stefano-falotico/leggenda-lucenti-temerari/9788855165785
Sì, siamo quasi tutti interdetti dal vivere normalmente, asfissiati tremendamente, strozzati in apnee polmonari da pesci quasi senza branchie, insomma, siamo abbrancati totalmente? No, abbracciati tutti assieme a cantare appassionatamente?
Macché, celati dietro mascherine da Batman, forse precipitati in un cinecomic perfino demenziale. Dato che impazzano disposizioni che non poco c’indispongono.
Queste governative “misure cautelari” per ottenebrarci nell’oscurità silente d’abissali solitudini immani, oh sì, ci costernano. E rabbrividiamo. In attesa di nuove direttive speciali di un Dpcm che sarà varato prossimamente.
Al fine che, sotto Natale, potremo di nuovo brindare finalmente e felicemente insieme, inondandoci di frizzantini… baci dolci come uno spumante squisitamente da gustare lietamente!
A Bologna, vive e vegeta, talvolta anche si mortifica, immalinconisce e poi inaspettatamente rivive straordinariamente un uomo rinascente. Stupefacente!
In passato, lui stesso si diede del demente, negandosi molte felicità socialmente godenti la vita maestosamente ardente.
Egli contraffò la sua anima, derubandola di molte gioie quotidiane. Nascondendosi in un’ermetica decadenza che visse di grigiore e spettrale “senilità” anzitempo.
Ma lui rinacque miracolosamente, risvegliato nella coscienza sua apparentemente dormiente. Ringiovanendo amabilmente in modo entusiasmante. Oserei dire euforizzante! No, non dategli più calmanti!
Ridestandosi immantinente, forse in una notte bruciante di emozioni riscoperte, lui tantissima preoccupazione destò e, per tale suo imprevisto ed allucinante risveglio inaudito e mai visto, la gente ignorante si allarmò. Ché codesta, sospettosa, volle indagare in merito approfonditamente. Oscurantistica, la gente non credette alla sua favola illuminata di vita rifulgente e lo perseguitò psicologicamente, domandandogli spiegazioni a riguardo, diciamocela, assolutamente meschine, stolte e superflue.
Egli, felsineo d.o.c.
Sì, di origine controllata come un grande vino d’annata. Un uomo maledetto, bellissimo, pronto a festeggiare di enorme rimpatriata. Oh sì, la sua vita è ritornata.
Un uomo dalle origini, onestamente, meridionali. I cui genitori emigrarono nel capoluogo emiliano.
Spesso, quest’uomo fu indubbiamente un disadattato e, a causa del suo risultare anomalo presso la gente più bigottamente sconsiderata e deficiente, fu a vista sorvegliato, francamente quasi indagato, soprattutto mal adocchiato follemente.
Egli è invece artista di strada la cui vita fu distratta. Fuorviata e forsanche sbagliata.
Ma, senz’ombra di dubbio, è una presenza carismatica ancora profondamente conturbante in mezzo alla plebaglia più conformista e nel cervello annacquata.
Un uomo diabolico, sì, forse è Diabolik. A Luca Marinelli, preferisce La canzone di Marinella del grande Fabrizio De André.
Un uomo che, l’altro giorno, ha inoltre terminato lo sterminato libro coming soon intitolato Bologna insanguinata.
Storia di mille storie del bolognese nel quale saranno presenti molti personaggi felliniani per glorificare un Amarcord magnifico.
Vi saranno Andrea Roncato, il Roxy Bar e certamente lui, l’idolo cittadino per antonomasia, il mitico Beppe Maniglia.
Ricordo, sì, io mi ricordo…
Perché lui parla così. Non si capisce nulla di quello che dice. Invece sì.
Egli adora Robert De Niro, egli delira, egli è.
Egli è un uomo modesto.
Sa di non essere Alain Delon, infatti è più bello.
Ah ah.
Ed evviva Beppone, Peppone, Balanzone, i volponi e il Vecchione. Abbasso i vecchietti, i boomer, Roberto Vecchioni e i falsi sapientoni! Poi ce la vogliamo dire senza se e senza ma?
Miley Cyrus batte Madonna in modo del tutto pazzesco. Così come Sylvester Stallone batté Bull Harley in Over the Top in maniera devastante!
di Stefano Falotico
A DREAM TO GET IT ALL BACK: la morte di Alan Parker, forse ROCKY é più bello di TAXI DRIVER e Angel Heart di Shutter Island
La scorsa settimana morì Alan Parker. Io gli dedicai un post molto particolare.
Che io mi ricordi, ho sempre sognato di essere Nic Cage di Cuore selvaggio, non quello di The Family Man.
Anzi, quello di Stress da vampiro e di Birdy. Sì, volevo e voglio essere questo Nicolas. E chi dice che Cage è/sia un pagliaccio, ah ah, è meglio che ascolti Alessandra Amoroso. Nic Cage non è un pagliaccio, è un clown da competizione, ah ah, sì, è un “pazzo” come me. Non ha regole non solo attoriali, bensì sociali. I suoi matrimoni dura(ro)no un nanosecondo poiché, per l’appunto, è sempre stato un uomo libero (ah, per forza, è il nipote di Coppola, sai quanti soldi a prescindere dai suoi cachet?, ah ah) e non desidera vincoli di nessun tipo, specialmente di nessuna “topa”. Adora farsi prendere in giro, s’imbroda e gongola nel recitare come un cane più bastonato di Balboa, va giù di testa nello sbraitare ed andare spesso e soprattutto volentieri sopra le righe. Sfoderando delle smorfie più oscene di Meg Ryan di City of Angels. Sì, Meg è sempre stata la quintessenza della smorfia, non quella napoletana. Bensì della cretina che poté beccarsi solo Dennis Quaid. Altro playboy dei poveri che non ha niente a che vedere con Il cielo sopra Berlino. Sopra qualche altra bionda però, forse di nome Angelica oppure Chantal, sì. Cage è un ribelle, un amante di Elvis Presley, fu amante anche di sua figlia Lisa Marie. E oggigiorno tutti lo deridono e umiliano poiché, ai film d’autore come quello di Parker, preferisce buttarsi via e non dare più retta a nessuno. Tanto la gente vuole solo che tu sia un premio Oscar, una bella statuina coperta da una corretta mascherina. Non certamente quella del Covid-19. Lui andò con Jenna Jameson, si prese la patente di “depravato”, di attore super sfigato, d’incapace e, a livello non solo recitativo, di handicappato. Poiché lo è. In Con Air, per esempio, non c’è una sola espressione sua giusta. Anzi, è espressivo come una stampante della Epson. Ride quando dovrebbe mantenere un tono serio e, di contraltare, piange quando dovrebbe essere allegro. Ha due labbroni da far invidia a quelli rifatti di Alba Parietti e non ci crede nemmeno Antonio Conte che Nic Cage (chi, sennò), dopo Cuore selvaggio, abbia perso molti capelli ma sia rimasto sempre così stempiato senza perderne altri da allora in poi.
Il suo personaggio si chiama Poe. Ma dubito che Nic sposerà in futuro una tisica e minorata mentale così come fece Edgar Allan. Morendo a quarant’anni con cinquemila racconti capolavori all’attivo e una sola “figa” nel suo “curriculum vitae”.
Ma torniamo a Parker, lasciamo perdere, dunque vincere Cage… Certo, non è propriamente classico salutare, in modo satirico e goliardico, una persona e un regista che ci ha lasciato/i. Ma sapete, in questi anni, morirono persone a me care. Solo mia nonna paterna ancora campa. Ha anche la campagna. Persi mio zio tanti anni fa e tanti altri parenti che, in passato, perfino disdegnai e che dunque non incontrai più prima che se ne andassero. A fanculo, di nuovo, spero… sì, i miei parenti non sanno neppure chi sia Alan Parker. Persi anche degli amici. E non andai nemmeno al loro funerale. Tanto, già all’epoca, avevano una faccia come quella di Crisantemi ne L’allenatore nel pallone.
Sì, pensa te, pensate voi. I loro migliori anni della loro vita, per l’appunto oramai trapassata pure clinicamente, li trascorsero a giocare a Duke Nukem e a Doom. Che io mi ricordi, giocai in quel periodo col mio personale “joystick” con Erika Anderson di Zandalee.
Sì, qui voglio essere un comico nato come Paolo Rossi. Sì, furono mie nottate di “sparatutto” da far invidia a ogni Playstation del cazzo. In verità, persi anche me stesso. E pensai davvero di essere matto e irrecuperabile sia nel cervello che nel fisico. Quasi quanto Mickey Rourke di Homeboy. Pensai che un altro colpo letale alla mia fragilità, emotiva e non, mi avrebbe ucciso. Totalmente annichilito, estenuato, stremato.
Il film più bello in assoluto di Parker rimane Angel Heart. Con tutta la stima che possa nutrire, anzi, la mia adorazione sconfinata per Martin Scorsese, Angel Heart è un capolavoro e Shutter Island invece un filmetto. A dirla tutta, spesso mi conviene recitare la parte del cretino. Altrimenti, dovrei accettare qualcosa di non scientificamente spiegabile accaduto alla mia vita. Sapete, non è facile. Bisogna essere forti come Sylvester Stallone e io invece son autodistruttivo come Bob De Niro di Toro scatenato.
Ho intanto firmato un altro contratto editoriale e credo di non sapere nulla di Cinema. Basti vedere questo video per capirlo. Non so argomentare, capite? Ah ah.
Non so parlare, non so scrivere, sono cerebroleso, brutto come un debito e non so neanche amare.
Taxi Driver è un capolavoro, Angel Heart anche. Ma Rocky non va mai giù, non è “dotato”, anzi, datato per niente. E questo è quanto. Se voi avete bisogno di psicofarmaci perché non ce la fate, prendeteli. E altri pugni allo stomaco devastanti pure piglierete. Quello che voglio dire è che Rocky è più forte di Apollo Creed, di Ivan Drago, eccetera eccetera. Insomma, è il più forte di tutti. Quando caccia un mancino del genere, vanno infatti tutti al tappeto. Ho scritto tutti due volte in tre righe, si chiama ripetizione? Allora, ripetiamola, ripententi esistenziali. Tutti, tutti, tutti. Senza eccezione alcuna. Vi rispedirei alle elementari, maestrini dei miei stivali da cowboy. Se poi vorrete continuare a credervi invincibili, recitando la parte della moglie di Sylvester Stallone in Over the Top, cioè della donna “sana”, farete solo la figura dei coglioni come Robert Loggia, pure di Scarface. Come dice invece il grande Al Pacino di Carlito’s Way, sono un altro, sono un altro e non ci sono voluti quei trent’anni che mi aveva dato lei, vostro onore, ma solo cinque anni. Ed eccomi qua… completamente riabilitato, rinvigorito, riassimilato e sarò fra poco anche rialloggiato.
Una delle scene più belle del mondo. Un uomo che ha coglionato tutti, compreso sé stesso.
Poiché, tornando al Cage, non mi vedo laureato, non mi vedo sposato, non mi vedo per niente in nulla e non vi vedo neanche. Quindi, mi pare giusto che, se siete dei tonti, io possa morire come Dio.
Dio infatti non ha una vita sociale poiché è superiore. Non ha bisogno di stare nel porcile, ha bisogno di punire e giudicare tutti, compreso sé stesso. Da cui suo figlio, Gesù Cristo. Colui che morì per noi e il terzo giorno è resuscitato. E io dovrei credere a una stronzata del genere? Io, io che sono il diavolo? Ah ah. Il diavolo provoca in quanto vuol far capire agli uomini che non c’è un’altra vita e questa la stanno sprecando su Instagram. No, non vincerò come Rocky nel suo secondo capitolo.
Non accetto nessuna sfida. Accetto di morire come le donne, i bambini e gli uomini che, passivamente, accettarono di essere stati uccisi. Così come sostenne e disse Rust Cohle di True Detective. Poiché il mondo è formato da mostri ed è cosa buona e giusta che Dio, ecco, li distrugga.
Qualche mese fa, un amico mi telefonò, preoccupato, chiedendomi:
– Stefano, ti sento giù, di solito non sei così. È successo qualcosa?
– No, sto benissimo. Anzi, mai stato meglio.
– Non mi sembra. Ieri ridevi ed eri contento.
– Perché sono un grande attore come Rourke, come De Niro, come Cage.
Quando sono triste sono grande, quando sono malinconico sono me stesso, quando fingo di stare bene, non sono credibile. Sì, mi pare sanissimo che i geni e i grandi artisti come Parker vengano ricordati anche dopo la morte. Ai comuni mortali, invece, lasciamo la loro anima da carne è debole.
di Stefano Falotico
Il grande ritorno di Ben Affleck con Tornare a vincere: i finali più esaltanti e vincenti del Cinema e della vita
Ecco qui una serie di clip tratte da film più o meno belli che comunque, a prescindere dalla loro alta o bassa qualità cinematografica, esaltano.
E poi diciamocela… Ben Affleck è un ottimo attore ed è molto bello.
Secondo me, fu un Batman che ebbe il suo perché. Eccome.
Prima i filmati. Poi il mio pezzo su Ben. Comparso su Daruma View Cinema.
Ricordate: nella vita, ci vuole Pop-Eye. Braccio di ferro? No, Over the Top.
Ebbene, si torna a parlare di Ben Affleck. Attore assai contestato, bistrattato spesso e volentieri dai cosiddetti cinefili puri che, indefessi, malgrado Ben negli ultimi dieci anni abbia dato ampia dimostrazione della sua caratura attoriale, cimentandosi peraltro alla regia in maniera sempre più proficua e qualitativamente corposa, continuano ostinatamente e ottusamente a identificarlo solamente come un imbambolato sex symbol un po’ robotico e inespressivo. Perseverando a sottostimarlo con estrema acrimonia ed elargendogli, potremmo dire ironicamente, soltanto strafottente disprezzo oppure, ancora peggio, trascurandolo cinematograficamente con enorme, sadica ferocia, con ingrata, lapidaria indifferenza impietosa.
L’ultimo film con Ben Affleck, Tornare a vincere (The Way Back), è stato favorevolmente accolto dalla Critica ed è attualmente disponibile sulla piattaforma Chili.
Per l’occasione, Affleck è tornato a lavorare con Gavin O’Connor che robustamente già lo aveva diretto in The Accountant.
Nonostante le critiche lusinghiere, tributate anche alla sua recitazione, apparsa ai critici come decisamente matura, Affleck non è, come già sopra scrittovi, riuscito ancora oggi ad emanciparsi dalla crudele patente affibbiatagli, molti anni or sono, della sensuale icona virile leggermente patetica.
Nel 2017, la sua incarnazione dell’uomo pipistrello Bruce Wayne, in Batman v Superman: Dawn of Justice di Zack Snyder, è stata difatti sonoramente stroncata e ridicolizzata pressoché da chiunque.
Tanto da indurre Matt Reeves a optare per Robert Pattinson per il suo prossimo The Batman.
Per non parlare, ovviamente, del “suo” disastroso Daredevil per la regia di Mark Steven Johnson.
Insomma, il bel Affleck non riesce, a dispetto del sempre maggiore, crescente suo impegno profuso anche in veste di sceneggiatore, assolutamente a convincere quasi nessuno di essere, invero, molto cresciuto sotto ogni punto di vista.
Ma è così, alla fin fine, così indecente, inguardabile e brutto il suo Batman ed è altresì vero che Affleck sia poco dotato a livello recitativo e artistico?
In questo scritto, attraverso un veloce promemoria, analizzando brevemente il suo excursus filmografico, soffermandoci sui titoli salienti della sua carriera, tenteremo di sfatare quest’ingiusta etichetta per cui, a nostro avviso, Affleck è stato eternamente marchiato in maniera troppo frettolosa e superficiale.
Questo ragazzone, classe ‘72, nato il 15 Agosto a Berkeley in California, il cui vero, completo nome all’anagrafe è l’irricordabile e impronunciabile Benjamin Géza Affleck-Boldt, diplomatosi lodevolmente alla Cambridge Rindge and Latin High School, dopo molte particine e comparse in pellicole più o meno importanti, si fa notare con Generazione X del suo amico Kevin Smith.
Vincendo l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale assieme al suo inseparabile Matt Damon, con Will Hunting – Genio ribelle.
Ecco però che, dopo il trionfo per il film di Gus Van Sant, Ben non ne azzecca, come si suol dire, quasi nessuna.
Arriva Shakespeare in Love, Affleck si fidanza con la sua protagonista, Gwyneth Paltrow, ma poi sprofonda nella mediocrità e s’impantana alla faccia d’ogni seria dignità.
Affogando fra polpettoni tragicomici come il teutonico, pacchiano e tristemente roboante Armageddon di Michael Bay, interpretando il buon Trappola criminale di John Frankenheimer, flop però a livello commerciale, perdendosi fra un’altra sua celeberrima ex, la formosa, caliente Jennifer Lopez, la quale non poco lo ha distratto artisticamente e fuorviato. Sì, J. Lo con cui girerà gli scialbi Amore estremo e Jersey Girl, perdendone la testa e giocandosi pure la credibilità. Sposando quindi, da bravo family man, Jennifer Garner, recitando senza successo in Paycheck di John Woo, districandosi alla bell’è meglio in State of Play e vincendo addirittura sorprendentemente la Coppa Volpi per Hollywoodland. Film però, ancora una volta, visto da pochissimi.
Al che, fra il tremendo Runner, Runner, l’incompreso To the Wonder di Terrence Malick e invece il magnifico Gone Girl di David Fincher, Ben Affleck si riassesta e tanti bei colpi, registici soprattutto (Gone Baby Gone, The Town, Argo e La legge della notte), sfodera con classe e, con indubbia classe encomiabile, bellamente e grintosamente, indomitamente, recentemente ha assestato.
Sofisticandosi inaspettatamente.
Gigioneggiando con stile in Triple Frontier di J. C. Chandor.
Ben Affleck è, nel frattempo, parecchio ingrassato.
E nel 2018 è stato di nuovo ricoverato per disintossicarsi dall’alcol.
Però, indubbiamente, come uomo di Cinema, in forma direttamente proporzionale, non poco s’è irrobustito.
E adesso, a essere sinceri, la sua immagine è meno scalfibile da parte degli invidiosi e dei maligni.
Il prossimo anno, lo vedremo inoltre nell’attesissimo The Last Duel di Ridley Scott. Col quale, come saprete, tornerà a duettare col suo amico fidato per eccellenza, Matt Damon.
Sì, probabilmente Ben Affleck non è affatto un attore insulso e forse perfino il suo Batman, a conti fatti, non è assolutamente malvagio…
È assai gagliardo, fotogenico, leggermente legnoso ma pur sempre figo e, a suo modo, terribilmente carismatico.
Eh eh.
di Stefano Falotico
Uomini immarcescibili come Rocky Balboa, gli intrallazzi cine audiovisivi del Joker, video incredibili e il grande Colin Farrell
Come sta andando la quarantena, figlioli? Vi vedo già sul moscio. Non state resistendo.
Vi mancano i baci di una donna che, dolcemente, lambisce/a le vostre labbra al calar delle tenebre e al calare dei vostri pantaloni quando qualcosa, sapete bene cosa, non è più tenero. E con lei, indurendosi più di Sly Stallone degli anni ottanta, edonisticamente si tende con un montante imprendibile.
Gli ani, no, anni novanta… peraltro. In cui spopolò la Tarantino mania e la vita assunse un colorito più pulp.
Andarono forte anche le storie hard–boiled in noir cazzuti ma Stallone rimase un mito anche quando, ingrassando a dismisura, interpretò Cop Land. Una delle sue migliori interpretazioni in assoluto.
Stallone non fu mai portato per la commedia. Infatti, quando se ne cimentò, fallì miseramente in maniera ignobile. Poiché Stallone, a prescindere perfino dalle sue parti impegnate, è uomo onesto con sé stesso. E spudoratamente, in tempi non sospetti, ammise che non sarebbe mai stato un attore capace di recitare Shakespeare.
Stallone è così, prendere o lasciare.
Un uomo che, con gli anni, divenne pure amico di Bob De Niro. Per Rocky, Stallone fu candidato agli Oscar ma non lo vinse. Neppure De Niro per Taxi Driver, nominato nello stesso anno. Rocky vinse però come miglior film, battendo Taxi Driver.
Mentre De Niro vinse l’Oscar come miglior attore protagonista per Toro scatenato. Perdendo ai punti contro Stallone ne Il grande match.
Su un bel canale YouTube si sta discutendo in merito alla saga balboiana. Dilatata poi nello spin–off Creed e nel suo sequel.
Ora, a sproposito, collezionisti di ombre, tranne della loro vita oramai fantasmatica o troppo acculturata, eh eh, si scherza, per pura antipatia gratuita contro Sly, asseriscono con fare prosopopeico assai ardito che Over the Top e Cobra siano due cagate micidiali.
In effetti, è così. Cinematograficamente e idealisticamente fanno pietà. Ma hanno momenti che valgono il prezzo del biglietto.
Chi, dopo la quarantena, sarà un Survivor? Vi state infrollendo come il Balboa nel terzo Rocco…
Mentre Siffredi, a forza di fare il duro al colare delle sue tenere, non capisce più un cazzo. Completamente rincoglionito. Insomma, fottuto. Ah ah. E la dovrebbe finire anche con lo spot sulle patatine. Visto e rivisto, fatto e strafatto con la panza piena e qualcosa che non spinge più come una volta.
Di mio, gigioneggio. Mi districo fra intrallazzi da cinefilo, articoli giornalistici, flessioni ginniche.
E voglio qui ricordare a tutti i voi i miei tempi del Ginnasio. Che non vi furono poiché m’iscrissi al Liceo Scientifico ma presto gettai la spugna.
Sì, un ambiente di damerini tutti in tiro, trigonometrici e robotici, non si addisse al mio talento imprevisto da uomo nudo e crudo come la pelle di Stallone al mattino sotto una doccia fredda.
Mi applicai da autodidatta, fui additato come sfigato e malato di depressione cronica, mi appassionai sfegatatamente a De Niro, incontrai una e fu un incontro sino all’ultimo round sul suo letto ove, di Eye of the Tiger, venne fuori il ring(hio).
Sì, all’epoca ripresi a respirare, fu un Burning Heart. Un cuore bruciante agganciato a qualcos’altro ficcante.
Successero dei casini, avvennero delle risse ma non ricordo di essere mai stato ingannato da una rossa come quella che sta con Tommy Gunn per soldi nel quinto Rocky.
Sino a qualche mese fa, fui molto vicino a diventare Arthur Fleck/Joaquin Phoenix nel pre-finale di Joker quando, distrutto, esausto, massacrato e massacrante, inneggiò alla libertà con la folla in lacrime a onorarlo in gloria.
Anzi, sinceramente in disgrazia.
Una scena commovente.
Oserei dire straziante. Ogni nostra emozione celata davvero svelante.
Sì, gli anni passano, lo presi in quel posto non so quante volte.
Mi scatto un selfie e come mai io sembro un ventenne quando voi invece, a trent’anni, sembrate davvero suonati?
A furia di andare con bagasce varie, a forza di drogarvi o, pure peggio, di cazzeggiare da intellettuali della minchia, siete andati giù.
Molto giù.
Non ce la fate più.
Eh sì, No Easy Way Out.
Be’, debbo dirvi che fu un anno intenso, quasi da circense. Un mio amico, prima del Covid-19, mi portò sempre a Imola.
Soprattutto al locale LAB0542.
Posto pieno di vita. Sono stanco di gente che non vale il mio mignolo sinistro e vuole rendere la mia vita una tragicommedia.
Il JOKER MARINO, signore e signori.
Un uomo che s’inabissò, molto se la russò ma che conosce tutto e tutti.
Infatti, il regista Petrarolo mi saluta, chiamandomi per il mio vero nome.
Poiché io l’intervistai di persona.
Il Joker rinasce sempre come Rocky.
Fa la parte del matto poiché conosce la realtà. Che è dura e fa male.
Ma il Joker sa il Falò suo.
Se pensate di essere arrivati, sbagliate di grosso come Mason Dixon. Anche se siete i più forti, non bisogna mai abbassare la guardia.
Per tutti noi, che vogliate o no, ammesso che vivere vogliate davvero, arriveranno altre palate. Non so se patate, sicuramente le bollette. Alcuni di voi, inoltre, perderanno la testa e pure i testicoli per delle bollite.
di Stefano Falotico
La società è cambiata, l’eugenetica purtroppo ha vinto ma io sono un JOKER e canto le nostalgie di THE IRISHMAN
Avevo ragione io, ah ah.
I film più belli dell’anno sono Joker, The Irishman e Richard Jewell.
Quest’ultimo non è ancora uscito qui da noi ma io adoro Clint Eastwood.
Anzi, lo ritengo purtroppo il più grande regista vivente, perfino superiore a Scorsese. Dico purtroppo perché non so quanti film potrà ancora girare.
Intanto, Kirk Douglas compié 103 anni. Alla faccia del cazzo. Compì, compié, compiette, vanno tutti e tre bene, miei analfabeti. Invece, non vedo bene quella coppietta lì. Lui è un cesso, lei è una merda. Forse però, a ben pensarci, sono una bella cagata sciolta. Ah ah.
De Niro è stato escluso dai Golden Globe ma saranno annunciate, nelle prossime ore, le nomination agli Screen Actors Guild. Credo che, se entrerà in queste candidature, sarà quasi certamente nella cinquina per gli Academy Awards.
Adesso, gli allibratori danno pure Adam Driver per favorito. Per favore! Date l’Oscar a Gioacchino e levatemi questo Dumbo davanti.
Sì, Adam Driver è un bravo attore. Talmente bravo che non mi dice nulla. Sembra la brutta copia di Dustin Hoffman. Poi, non so perché, mi pare uno di quei tizi che si sposano e mangiano lo yogurt. Non li sopporto.
Oggi, ho dato il visto si stampi alla mia ristampa del libro Dopo la morte. Sì, alcune righe non erano giustificate ma io, essendo certosino, più perfezionista di Stanley Kubrick, ho preteso la riedizione corretta.
Nel frattempo, col mio correttore di bozze, sto terminando l’editing del prossimo romanzo.
Oggi, per Daruma View Cinema, ho scritto la recensione di Cliffhanger. Presto sarà online.
Ballonzolo in questa mia vita tanto strana.
Correggo i testi dei miei amici ma non sono laureato. Né voglio esserlo.
Pensate a Leonardo Pieraccioni, appunto, de I laureati. Pigliatevi la Cucinotta e la cucina più amata dagli italiani, la Scavolini. Con Lorella Cuccarini e le vostre battute su Fantozzi.
L’università, cazzo, mi dà il voltastomaco quel posto di professorini barbosi. Un bel personaggio, eh sì, sono. Avrei voluto essere altro ma le cose andarono così. Mi arrangio e vi garantisco che non è il massimo. Anzi lo è. Poiché vivo come voglio, alla faccia degli invidiosi.
Sì, possono offendermi a raffica. Sono Keanu Reeves di Matrix. Anche Bud Spencer. Uno offende e si prende tre pugni. Mi urla che sono una pugnetta e poi getta la spugnetta.
Ma posso spingere ancora di più.
Oh, non so voi, sì, è un film infantile ma io, alla fine di Over the Top, piango sempre.
Sì, sono meno dotato. Infatti, purtroppo, sono un genio.
La psichiatria degli “idioti”, dei nani piccolo-borghesi non mi aveva dato una sola possibilità di vincere.
Questi cattolici falsi e dunque moralisti, ipocriti e farabutti, burini infami, parlano di redenzione. Quale?
Della madre? Sì, andasse al teatrino, suvvia, donnetta da parrocchia. Pure parruccona.
Sognava di essere la diva di Hollywood sulla collinetta famosa di Los Angeles quando non vide col binocolo neanche il suo seno piattissimo più della Terra prima dell’avvento di Cristoforo Colombo. Che poi… pure questa su Colombo è una bufala.
Colombo, pur di scoparsi Sigourney Weaver di 1492 – La conquista del paradiso, dovette attraverso l’oceano con le caravelle. Bastava che le offrisse due caramelle. Quella Weaver è una donna da Gorilla nella nebbia, una donna che non s’è mai più ripresa da Alien.
Infatti, Ridley Scott, consapevole di averle rovinato la psiche con l’invenzione del suo mostriciattolo, la ficcò in altri film.
Il ruolo cult par excellence di Sigourney è in Red Lights. In questo film, vuole smascherare il finto “invalido” Bob De Niro. È più “cieca” di lui, visto che… non è De Niro il sensitivo, bensì Cillian Murphy, quello che doveva essere il suo apprendista. So io cosa doveva prendere la nostra Weaver. Eh già.
Dove si laureò questa qui? Sì, classica donna che sosteneva di “vedere oltre”. Talmente oltre che poteva scoparsi sia Cillian Murphy, per riprovare sensazioni giovanili, che Bob De Niro per imparare a recitare ma il suo sesso fu “Ghostbuster”.
Luci rosse… ma de che?
Ha spezzato il braccio a tutti, confutando tutte le teorie di Freud e Jung. Ho pure spezzato il pane, dandolo ai miei discepoli. Ruppi pure il mio pene, dandolo a una che voleva invece solo un uomo che le portasse a casa il pane. Dovetti pagarle pure il vino.
Un campione vero. Sì, sono sempre stato molto amato, sono stato io a mandare a fanculo tutti. Dopo tre minuti, mi viene il latte alle ginocchia. Le donne, guardandomi, si bagnano e allora offro loro dei fazzoletti, porgendo a esse questa frase poco gentile ma veritiera:
– Succede di prenderlo in culo. Non ne fate una tragedia. Troverete uno che vi sposerà perché si sente in colpa a stare da solo. Sì, un uomo-donna.
Le donne, se non hanno figli dopo i trentacinque anni, pensano di essere malate non solo lì. Anche nel cervello. Allora, o vanno dallo psichiatra oppure fanno loro stesse le psicologhe. Cioè, dicono ai pazienti di amare la vita quando nessuno invece le ha amate come dio comanda. Sì, Dio è un porco, si sa.
Allora trovano un uomo che le porti ai concerti di Claudio Baglioni. E, fra una canzonetta melensa e un po’ di marmellata, ecco che nasce la frittata.
Cioè il figlio. Un disgraziato. Con una madre amante di Baglioni e un padre rincoglionito da una che lo fotté così, la vedo molto dura per questo futuro drogato.
Insomma, più che Joaquin Phoenix di Joker, sono The Master.
Ah ah. Lo so, sono antipatico. Non pretendo che possa io abbassarmi a voi.
Poveretti. Vediamo un po’, invece, che film possiamo scaricarci, stanotte, con una bella pornoattrice.
Ah, capisco, non c’è una grande disponibilità. Vogliono tutte, oggigiorno, andare in parlamento. Ah ah.
di Stefano Falotico
Le mie previsioni ai Golden Globe(s), il mio prossimo libro, il mio nuovo racconto pubblicato, insomma Habemus Papam come John Malkovich e Jude Law… ho detto tutto, evviva 007!
Miniatura da Oscar, diciamocela.
Non è tempo di morire
Sì, da oggi, alla fiera del libro di Roma, Più libri più liberi, allo stand D 05, se vorrete e voleste, pot(r)ete comprare I RACCONTI DI CULTORA 2019.
Sono tre volumi, ognuno dei quali raccoglie venti autori che hanno vinto il concorso letterario, indetto un paio di mesi fa da Cultora, per l’appunto.
In uno di questi volumi, vi è il mio Venezia, la città del Joker.
Questa la sinossi dei volumi:
la Sesta edizione del Concorso Letterario Cultora si conferma uno straordinario mezzo di aggregazione culturale capace di unire centinaia di scrittori, esordienti e non, di tutta Italia. Attraverso ognuno dei racconti inediti, gli autori selezionati offrono al lettore storie, sensazioni, esperienze che grazie al supporto cartaceo diventano eterne e condivisibili. In uno spazio limitato chi scrive riesce a svuotare il proprio spirito in forma espressa, diretta, e pertanto infinitamente entusiasmante.
Intanto, in questi giorni, sto editando assieme al mio correttore di bozze il mio prossimo libro, un noir erotico, una storia di detection macabra ma enormemente romantica con tinte fosche ma anche pulp da graphic novel, un trip di fumettistica immaginazione delirante ma squisitamente surreale e immerso nella metafisica ancestrale di un uomo, ovvero il sottoscritto, che oggi è davvero un uomo ma domani ancora regredirà all’infanzia, quindi esuberante si darà ad altri voli pindarici, sublimando ogni suo trauma e patita afflizione, psichica e non, sessuale e/o bestiale, grazie alla propulsiva energia della sua anima combattiva, giammai doma e ancor furente come il sole d’oriente ove un tempo, vicino persino a buddistici templi, il grande Bruce Lee dimostrò che la vita è un colpo tonitruante, una morte inaspettata e scioccante come la sua e quella di suo figlio Brandon, quindi può essere, perché no, anche rinascita folgorante.
Poiché, se non avrete sonno, anziché recarvi in cucina, mangiando Nutella o cioccolato bianco, accendete un falò e leggete, sotto il plenilunio, tutto Mishima Yukio.
Be’, sono più basso di Jude Law e, sinceramente, non ho il suo conto in banca. Tantomeno ho una casa che affacci sul Duomo di Prato come John Malkovich.
Prima, giravo in macchina. E, fra queste luci cittadine al Neon Demon, indossando il mio giubbotto di Drive, ho ascoltato due canzoni nostalgiche, una più bella dell’altra. Evocanti un tempo passato e dimenticato, forse scomparso ma che sempre, sino al giorno della mia morte, vibreranno acute ed emozionalmente acustiche nella mia memoria.
Innanzitutto, la controversa “canzonetta” di Alberto Fortis, Milano e Vincenzo.
Conoscete la storia, no? Alberto non voleva più essere trattato come Lupo Alberto, esatto, quello del fumetto, cioè come uno sfigato. Voleva diventare un artista ma il suo produttore discografico, Vincenzo Micocci, non si decideva a pubblicargli il suo primo album.
Alberto era incazzato.
– Cazzo, se mi fai aspettare ancora, sarò costretto a cercarmi un posto come impiegato del catasto!
Sì, se Louis Garrel non fosse figlio d’arte, non scoperebbe Laetitia Casta. Ma questo è un altro discorso.
E I Gatti di Vicolo Miracoli? Ne vogliamo parlare di Verona Beat?
Quattro amici liceali che misero su una piccola band.
Umberto Smaila, da allora, viene considerato un mezzo genio, Jerry Calà è a suo modo un idolo, Franco Oppini scopò Alba Parietti. Che poi… ma lasciamo stare, ah ah.
Nel frattempo, Francesco Nuti non sta bene.
Francesco piaceva molto a mio zio. Pratese, mentre Francesco è (non so per quanto potrò usare il presente…) fiorentino.
Mio zio è morto tanti anni fa, a soli cinquant’anni, dopo aver combinato un casino.
Il primo film di Francesco, come attore, è stato Ad ovest di Paperino del suo amico Alessandro Benvenuti.
Paperino esiste davvero, è un piccolissimo comune che mio zio mi mostrò quand’io ero piccolissimo.
Non è soltanto un personaggio celeberrimo della Disney.
Sapete, io sto antipatico a tante persone. Antipaticissimo.
Per demoralizzarmi e buttarmi giù, le hanno tentate tutte. Sono stato ingiuriato, calunniato, mi sono beccato anche dei ricoveri psichiatrici per colpa delle violenze psicologiche inaudite e immoderate da me subite semplicemente perché non mi sono mai attenuto alle fottute regole istituzionali assai fasciste.
Ove, se a sedici anni, non frequenti un cazzo di liceo di merda, devi essere meno dotato e avere il cervello e il cazzo di un nano.
Il mio lavoro è fare l’artista, dare emozioni a chi ne ha bisogno. A chi pensa che la vita non sia un campionato. Anche perché, se dinanzi a me, si presenta uno stronzo come Robert Loggia di Over the Top, io non accetto i suoi ricatti.
Avrei potuto perdere e rimediare una figura da idiota storico. Purtroppo, per voi, ho vinto. Dunque, non ho da chiedere scusa a nessuno di quelli che, se fosse stato per loro, mi avrebbero internato.
Non ho da redimermi della loro svista con tanto di offertami, superba, stupidissima svastica.
Non ho da abbassarmi al loro mendace concetto di “dignità” piccolo borghese, limitante, nauseante e ripugnante. Questa è la mia risposta. Devastante. Ed è giusto così. Poiché mi ricordo un tempo in cui divenni quasi muto e chiesi soltanto, avendo già tale mio difficile momento superato, di bere una birra in compagnia. Ma l’ottusità fu assurda, mostruosa. L’indifferenza, ah, qualcosa di scandaloso. Mi sentii solo dire… cresci, coglione.
Mi pare doveroso che i dementi imparino a stare al mondo e che i poeti vivano, perdonando gli abietti e gli inetti, laddove Michelangelo diede al Papa la sua terrazza, mie tenerezze, miei poveri peccatori irredenti. Nella soavità del temp(i)o senza fissa dimora della sua anima angelica o forse stupendamente diabolica.
Comunque, a dirla tutta, Daniel Craig non è un contadino ma Sean Connery rimane di un altro pianeta.
di Stefano Falotico
Marion COBRA Cobretti – Un cortometraggio di Stefano Falotico
In America, viene commesso un furto ogni 11 secondi, un’aggressione ogni 65 secondi, un reato di sangue ogni 25 secondi, un omicidio ogni 24 minuti e 250 violenze carnali al giorno.
Appartengo alla sezione gasati. Forse un po’ Abatantuono, sballato e completamente fuso.
Fa parte del personaggio. Sì, mentre la società viene funestata da un’umanità allo sbando, il Falò, con charme e strepitoso, implacabile, insormontabile sangue freddo da salamandra ancestrale, osserva la fatiscenza grazie all’arte scientifica della sua onirica decadenza abissale.
Fluttuando fra pub imolesi e gli American Graffiti di balli latinoamericani. In mezzo alla gente che sculetta, infoiandosi nel voyeurismo più passivo, Falò osserva con occhio fintamente mesto, nei suoi ricordi rimesta e semmai ordina anche una minestra.
Poiché la minestra riscaldata fa bene quando il mondo è oramai alla frutta e necessità di un uomo che forse non indossa occhiali Ray-Ban, un ficcante uomo bannato dalla frivolezza di massa che però sguscia tra la folla incazzata e occhieggia nel lanciare ammiccamenti inequivocabili, con malandrino carisma, a donne dagli ottimi fondoschiena danzanti negli ormoni suoi ancora potenti.
Un uomo puro dal fascino trasparente che s’eleva e distingue dai comuni mortali, è abbagliante fra le spente, ingrigite persone annebbiate che vollero di loro stolti intendimenti colpevolizzarlo coi loro moralistici indottrinamenti al fine d’obnubilargli la mente e farlo cascare nel più triste ottundimento.
Un uomo che conquista le donne soltanto con la virtù maliarda del suo occhio sinistro associato a un fantastico strabismo di Venere che ha poco di schizofrenico, bensì molto di bellezza anomala assai stordente, cari deficienti.
Un uomo che disserta perfino del compianto, mica tanto, Tony Scott. Dando lezioni di Cinema con calma olimpica mentre impazza la musica e i pazzi, cioè la maggior parte degli uomini, bigotti, scemi e limitati, agganciati a vetusti valori oramai ridicoli, da nazifascisti gironzolano incoscienti.
Falò non abbisogna dei moti rivoluzionari degl’idioti populistici, non è amico degl’incoscienti motociclisti anche se adora Mel Gibson d’Interceptor e, ai criminali, sussurra un laconico, eloquente…
Qui la legge finisce e comincio io.
Sì, non adopera questa frase (s)cult solamente contro le teste di minchia ma soprattutto la utilizza con le donne troppo timorate di dio e svampite che, a forza d’ascoltare Fedez e compagnia bella, finiranno appunto in mutande.
Poiché Fedez e la Ferragni hanno i soldi e vi stanno platealmente coglionando mentre l’uomo Falò non deve chiedere mai. Egli guarda la sua bella e col solo potere della sua voce roca e rock, eh già, quando lei mangia troppo, ingrassando, le dà un con(s)iglio molto saggio:
Le patatine potrebbero affogare nella salsa.
Lei, basita, risponde:
– Non va bene che bagni la patatina nel ketchup? Dove dovrei bagnarla?
– Ah, non lo so. Nella maionese, comunque, sarebbe meglio.
– Dici?
– Sì. Soltanto che devi mescolare solo in una direzione. Se cambiamo posizione, le uova potrebbero impazzire.
Non ci crede nessuno che io abbia 40 anni.
di Stefano Falotico