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La top ten dei miei film preferiti dello scorso anno: siamo sicuri che sia così insuperabile il Cinema orientale? Mah, forse sì


13 Feb

exiledPremettendo che ancora non vidi (sì, uso il passato remoto apposta) Parasite, domenica scorsa assistetti al colorato discorso di Federico Frusciante su Tetsuo di Tsukamoto. Che è giapponese come Takeshi Kitano. Fuori dal Mikasa Club, ove si tenne la sua presentazione cinematografica, gli accennai brevemente proprio in merito a Kitano. Chiedendogli espressamente se consideri Achille e la tartaruga un grande film. Lui mi rispose:

– Be’, è Arte pura.

 

Il che significa tutto e significa al contempo nulla. Vi fu un tempo in cui Kitano fu un regista indiscutibile.

Ci furono però annate, prima della sua sottovalutata trilogia di Outrage, in cui molti dubitarono della sua genialità. Poiché, sebbene largamente apprezzate, pellicole troppo personali come Takeshis’ e Zatôichi, più che Arte pura, apparvero sinceramente coma masturbazione mentale impura, nel senso non di atto impuro, bensì di opere imperfette e/o irrisolte.

Forse, concettualmente geniali ma talmente, per l’appunto, ermeticamente agganciate alla sua poetica soggettiva che, agli occhi anche dei suoi fan più sfegatati, sembrarono di primo acchito, più che figlie del genio, partorite semplicemente da un neuronale blob kitaniano di matrice ghezziana.

Infatti, al caro Enrico Ghezzi piacquero da morire e, più del dovuto, le magnificò ed eresse, forse erse, ah, i dubbi da Hermann Hesse, in auge.

Ora, chiariamoci. Non è vero, a differenza di come, in tal caso non semplicemente, bensì un po’ semplicisticamente, generalizzò Frusciante, ma lo capisco, fu costretto per brevità a eccedere di sbrigatività, che i film provenienti dall’Oriente siano superiori a quelli occidentali per il semplice fatto che, nelle terre del Sol Levante, non s’è avvezzi all’italiota manicheismo e al più becero qualunquismo. Spesso relativistico.

Dobbiamo dirci la verità senza farci prendere e assalire da esterofilie e orientali manie connotate di semplicismo e superficiale esaltazione anti-patriottica. Non facciamo i leninisti, sì, è vero, basta coi vetusti latinismi ma dovremmo smetterla anche col dire che, a proposito de L’insostenibile leggerezza dell’essere, l’ex stupenda modella tedesca Tatjana Patitz, solo perché diretta da Philip Kaufman in Rising Sun con Sean Connery e Wesley Snipes, sia meno affascinante di Céline Tran, in arte, qui eccome se impura, ribattezzata Katsuni.

Nel lontano 2006, per esempio, chiesi a un mio amico di Monselice, del quale già vi parlai innumerevoli volte, perché mai considerò Katsuni più sensuale delle super statunitensi attrici altrettanto non geografiche ma solo pornografiche.

– Perché mai – gli domandai, infatti – Katsuni ti piace di più delle sorelle Ashley e Angel Long?

 

La sua risposta fu questa:

– Perché sono un uomo da Tokyo Fist e da Tokyo Decadence. Sto anche scrivendo un libro intitolato Tokyo nera in cui parto da Paperino della Disney per arrivare a un delirio e trip visivo-letterario da Cinema di Takashi Miike.

 

Gli replicai così:

– Non è che invece, più che uomo da Sonatine, sei già molto suonato e, più che amante della bellezza non solo femminile, bensì artistica e in senso lato, non intendo quello b, inoltre più che essere tu un esistenzialista malinconico alla Hana-bi, sei invece in fin dei conti il miglior amico del Beat de L’estate di Kikujiro?

– Che vorresti dire, Stefano? Che sono un bambino?

– Voglio dire che la bellezza non ha confini erotici, no, esotici. È bona Katsuni ed è molto buono il romanticissimo Dolls, però sono buone anche le sorelle Long.

– Ah, Stefano, tu la sai lunga…

 

Ecco, detto ciò, dopo questa mia spiritosaggine, più che da Philip Kaufman, da Jim Carrey di Man on the Moon, cioè Andy Kaufman, a essere proprio sinceri, i film di Ki-duk Kim sono noiosi non perché noi siamo italiani e quindi fatichiamo a capirli. No, non è per questo. I film di Chan-wook Park sono decisamente più belli. Ed entrambi, guardate bene, sono cineasti sudcoreani.

Ora, in Italia abbiamo quella merda del Festival di Sanremo, le polemiche su Morgan, i cachet esagerati a Benigni da Zio Paperone, l’esagerata e plastificata, esaltata Diletta Leotta (comunque una carina Minnie con grosse minne per ogni Mickey Mouse che si crede un latin lover come il Mickey Rourke che fu), abbiamo gli improponibili Gabriele Muccino, troppi cappuccini e quella Nonna Papera, che si crede pure figa, di Paola Cortellesi.

Dobbiamo però anche dire che l’Italia e il nostro Cinema possono vantare film, sebbene pochissimi, che riuscirebbero benissimo, già peraltro alla grande riuscirono, a rivaleggiare nelle maggiori competizioni perfino coi migliori film cinesi, thailandesi, nipponici e via dicendo.

Per esempio, Lo chiamavano Jeeg Robot, solo perché fu scritto da un guaglione dal cognome Guaglianone, non potrebbe battere, secondo voi, in un solo colpo da Ken il guerriero, maestro della sacra scuola e disciplina di Okuto, Ronin di John Frankenheimer? In effetti, no. Ah ah.

Ecco, ciò per dire che esistono i grandi capolavori della Settima Arte orientale ma non è vero che il Cinema migliore sia soltanto quello oltre i nostrani confini e quelli statunitensi.

Non facciamo di tutta erba un fascio, amico Frusciante.

Ecco comunque la mia top ten in ordine sparso:

Joker di Todd Phillips: quando Arthur Fleck, poco prima di ammazzare sua madre, cammina con l’impermeabile in stile Unbreakable sotto la pioggia notturna, la fotografia acquosa e molto piovigginosa, su luci al neon fluorescenti e melanconiche, batte ogni frame di tutte le pellicole di Kar-Wai Wong.

Dunque Richard Jewell di Clint Eastwood. Con tutto il bene che voglio a Scorsese e a Tarantino, il film di Eastwood è più struggente, in una parola, più bello di The Irishman e più tragico di C’era una volta a… Hollywood.

Ecco, finita la top ten.

– Che cosa? E gli altri otto film dove li hai messi?

– Ecco, ragazzo, conosci il dialogo finale di Per qualche dollaro in più?

Colonnello Mortimer: Che succede ragazzo? Il Monco: Niente vecchio, non mi tornavano i conti. Ne mancava uno.

– Qui ne mancano otto, però. Stai scherzando, vero Biondo… tu… mi vuoi fare uno scherzo, eh?

– Non è uno scherzo, è una corda. Su, avanti, mettici dentro il collo, Tuco.

 

Insomma, Il buono, il brutto, il cattivo è onestamente più bello de La tigre e il dragone.

– Ma che risposta è, amico? Che pensi di essere il più bello?

– No, figurati. Non lo penso affatto. Ci mancherebbe. Lo sono.

Toglimi però una curiosità. Davvero tu pensi che ogni film orientale, anche il più trash, sia sempre inappellabilmente meglio di ogni altro film di un altro continente?

– Sì, credo proprio di sì. Perché sono più intelligente degli altri e questa è la verità.

– Perfetto, apposto. Dunque, sei più scemo di quello che pensavo.

Spesso, amico, assomigli a Kitano. Non come regista ché non si discute. Per quanto invece riguarda la sua recitazione come attore, eh sì, è più espressiva la facciata di una stampante degli anni novanta.

– Ma che ne vuoi sapere tu di Cinema orientale?!

– Mi ricordo che vidi Exiled del grande Johnnie To al Festival di Venezia del lontano 2006. Magnifica storia d’amicizia girata con riprese alla Michael Mann e un finale tarantiniano alla Sergio Leone.

Amico, invece che ne pensi di Windtalkers di John Woo? A me ha sempre commosso la scena nella quale Joe Enders/Nicolas Cage osserva, stupito e incredulo, Ben Yahzee/Adam Beach che prega il suo dio. Insomma, due culture agli antipodi che d’empatia si compenetrano. Poiché forse l’amicizia e l’umanità, l’amore e il dolore della condizione umana sono un libro di Yoshimoto Banana.

– E noi due invece chi siamo? Jean Rochefort e Johnny Halliday de L’uomo del treno (L’homme du train) di Patrice Leconte?

– Mah, amico, a me dicono che sia un bimbo favolista da Fantaghirò. Detta come va detta, Alessandra Martines, la donna del Leconte, m’ha sempre eccitato oltre ogni Racconto dei racconti da Garrone.

Quindi, vedi di non farmi girare i coglioni perché, altrimenti, potrei diventare Johnny Halliday di Vendicami.

– Ah, certo che tu ne sai di Cinema. Comunque, è meglio Ryan Gosling di Solo dio perdona.

– Può essere, non lo so. Adesso, ficca nel lettore dvd il film Brother.

– Ah, te la tiri da Alain Delon di Frank Costello faccia d’angelo, invero sei solo un coglioncello.

– Invero, Alain annunciò il suo ritiro ma dovrebbe invece presto girare il nuovo film del Leconte con Juliette Binoche.

– Che vuoi dire?

– Che Juliette è bella.

 

 

di Stefano Falotico

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Sfatiamo tutti i luoghi comuni, senza eccezione alcuna, evviva il Beat!


21 Mar

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Partiamo col dire che ho capito che, nonostante mi sforzi e menti a me stesso, per quanto disordinatamente tenti di fare la persona normale, la normalità non mi si addice. Per mia natura imbattibile e incurabile, sono sempre attratto dai matti, dalla gente povera, dalla gente disperata che ha perso il senno da parecchio, e passa le sue giornate a vomitare i suoi dolori, veri o presunti, sono affascinato dagli ipocondriaci, dai malati di mente, da chi è convinto che il mondo non sia riducibile soltanto ai soldi e alle scopate. Sì, furiosamente li cerco, mi annetto alle loro problematiche, li capisco, li osservo e un po’ condivido i loro stati afflittivi, le loro vite asfittiche, sfortunate, incazzate, vite di uomini gelosi che sbraitano, di gente che lavora per un po’ e poi molla tutto per godere della solitudine dei cazzi propri, la gente che non si copre di maschere per farsi accettare, la gente che inveisce, poltrisce, gioca col suo cervello sin a spaccarlo in mille pezzi, gente delirante, naufraga del proprio destino irreversibilmente spezzato, tranciato, gente che si è buttata via e starnazza, si commuove per una canzone stupida, che non misura il tempo, gente che ha amato farsi tagliare fuori, perché tanto non aveva l’anima per mercificarsi alle etichette, alle regole false di un mondo ipocrita, gente che non ti ammicca per farti contento, che non torna indietro sulle proprie scelte, e persevera negli errori, perché paradossalmente sta meglio nella sofferenza che nel godersela. Per loro godere significa essere persone inquiete, irrisolvibili, complicate, fastidiose, sempre fuori posto, incoerenti, contradditorie, che disdegnano la maggior parte della socialità perché sono stanchi di leccare il culo al prossimo, e quindi si tengono i loro sogni fustigati, contratti, compressi e umiliati nelle proprie viscere, e poi si sviscerano esplosivamente, dichiarandosi veri, umani. Persone ricattabili, perché non hanno quel titolo di studio che permette loro di tirarsela, di giocare coi sentimenti altrui, gente che non si prostituisce alle fasciste istituzioni per ottenere migliori vantaggi, gente che tossisce, latra e di cazzate si stordisce. Gente difficile, sempre con qualche guaio, quasi mai nel pollaio, anche se viene presa per polla, per fessa, per tonta, per matta.

Sì, son sempre più annoiato. Su FilmTv esce la recensione di Gervasini su Hostiles. Gervasini, uno specializzato nei western. Anche Gervasini credo sia pazzo, tutto sommato. Non me lo vedo in una palestra a tirar su di pesi e a far il gallo. Me lo vedo triste, incupito, a sognare la Monument Valley di John Ford, rifiutato dalle donne che lo reputano troppo romantico per soddisfarle. Perché le donne sono quasi tutte delle puttane. Vogliono stare “bene”, infatti la maggior parte di esse, se non riesce a farsi mantenere da uno che “tiene la fatica”, si dà a lavori “pedagogici”. Sì, non riuscendo a risolvere i loro buchi esistenziali e anche sessuali, dicono di stare bene nel fare del bene al prossimo. Ma la smettessero e amassero James Remar dei Guerrieri della notte, una merda d’uomo, un folle! Ah ah! Mito!

Sì, m’invitano a una festa. Non c’è dubbio che ci vada. La gente dovrebbe smetterla di sballarsi e ballare, tutte queste bellocce con le bocce che non son mai state bocciate perché la davano ai professori, che stanno con dei tamarroni e poi dicono che leggono Freud. Via dal cazzo! Una sana cura Ludovico servirebbe a queste qua. Ve lo dico io.

E poi questi maschi donnaioli, che pur di trombare fanno i simpatici. Anche questi vanno spediti in manicomio, fidatevi.

Poi ci sono i maniaci del fitness. Secondo me sono dei pornoattori, e non si può obiettare sulla mia affermazione. Se qualcuno obietta è abietto.

Sì, i cretini pensavano che se avessi scopato mi sarebbe piaciuta la vita. A me, a modo mio, è sempre piaciuta la vita, ma non sono un fanatico della figa, e neanche del culo. Preferirò sempre Val Kilmer de L’uomo di neve, completamente partito col cervello, alle barzellette.

Non può esistere amicizia fra uomo e donna? Invece sì. E vi dimostro perché. Kathy Bates è grassa, obesa, fa schifo, ma è una grande attrice e mi dà l’idea di essere una persona affabile. Ci perderei ore in chiacchiere e, se mi chiedesse di scoparla, non accetterei neanche a peso d’oro. Però sarebbe un’ottima amica e ci faremmo un sacco di risate. Quindi, l’amicizia fra uomo e donna può esistere solo se non c’è attrazione sessuale? Mah, per quanto mi riguarda, è già troppo che qualcuno mi attragga, sulla questione sesso lasciamo stare. Perciò, diciamo che secondo me può esistere. Potrei essere amico anche di una stangona 90-60-90. Che scopasse chi vuole. Sono un uomo da Le onde del destino.

– Sai, abbiamo passato del tempo spassoso assieme ma ora il mio uomo mi aspetta. Posso andare?

– Vai, forza su, e fattene anche altri. Basta che non mi rompi i coglioni. Dai dai.

 

Sì, sono fatto così, oramai non c’è verso… vado da un bambino e lo incito a guardare i film con Van Damme. Sua madre mi dice che sono poco educativi.

– Ah, scusi, a quell’età che deve guardare? Cenerentola? Ma per piacere. Un bel filmaccio di calci e pugni ci vuole, e suo figlio crescerà sano. Mi dia retta. E se, a dodici anni, lo scopre che inizia a masturbarsi, lo sproni a masturbarsi di più Si fidi, è tutto grasso che cola.

 

Ma che razza di visione del mondo è mai questa? È la mia visione, e non indosso il visone. E sparatevi questa collezione.

Guarda che cesso che è Kitano. Un pazzo, come piace a me. Che non sai mai cosa aspettarti da un deficiente di questo livello. E questo è genio puro!

Lei vada a lavare i piatti, che aspetta?

 

– Ma lei è fuori di testa, lo sa?

– Lo so. E peraltro l’ho sempre saputo. È lei che è un puttaniere e pensa di essere Bergoglio. Questo lo sapeva? Se non lo sapeva, la informo io.

– Lei si deve adattare!

– Vada ad adattare quella zoccola di sua moglie. E glielo “adatti” come si deve. Lei mi ha detto che non riesce più ad “adattarglielo”.

– Come fa a saperlo?

– Lo so e basta.

– Lei è da curare!

– Sì, inculati.

 

di Stefano Falotico

 

Il Butcher, nel suo mantello da Dark Knight, odia i criminali, per un tuono che si udirà nella Notte della loro ultima pelle


06 Aug

 

Quando si varcano le soglie del tollerabile, l’imponderabile assume titanicità terrificanti

Sì, in una società marcia alla base, ove si premiano gli sfacciati edonisti che abbindolano la massa con sfrontate pose ruffiane e compiacenti, in cui il “buonismo” è innatamente un'”emozione” che paragono all’idiozia, al frivolo “mercanteggiar” di sentimenti “bacetti” per “cioccolatesche” coccole d’una bestialità “addolcita”, ancor più agghiacciante di false “mossettine”, a violar l’aroma “incenso” dell’Uomo che, tradito nelle intime sue domestiche pulsioni, ferito vigliaccamente a sangue freddo da un bastardo assassino, si cospargerà la fronte del sangue dei nemici, assediandoli d’un terrore invadente d’ascensione nella quale troneggerà nel regno degli eroi, con punitoria furia irreprimibile, sempre più detonante.

Sì, quel ragazzo ha commesso l’errore più sciagurato che uno può compiere nel “bel” mezzo dei suoi squallori.

Prima, s’avvantaggiò dei geni altrui, poi, con doviziose “irruenze”, pretese di scardinarne gli unici, unicorni splendori, con abusi sempre più oppressivi e calunniatori oltre ogni decoro.
Indecenza animalesca, a cui non chinerò mai la testa in segno di perdono al suo “bermi” da “Chinotto”.
Si sfamò del prossimo, per poi diffamarlo.

Ma la decenza ha un limite e io sono illimitato.
Ignoto dell’incognita che non ha previsto, “lui”, il (previ)dente.

Anzi, la sua “crudele”, nuda carnalità sarà afflitta nell’asfittico barricarlo in casa, seguirne, passo dopo passo, le orme, “ombreggiarlo” a ogni azione “inconsulta”, spiarlo da dietro le tende quando “amoreggerà” con altre squinzie pronte al suo divorarne l'”ingenuo” colore.
Che offuscherà poi di consueti schiaffi e violenza, nel suo (bon)tono celeberrimo da lerdoso schifosissimo.

E che cosa mi fa? Mi brucia la casa?
Dove pensa di nascondersi?
Fra le gang degli yakuza “mando(r)lini?”.

Lo afferreremo nel piatto del suo “riso” e lo scaraventeremo “hulkianamente” contro le “inferriate” delle sue finestre ottuse.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Fuori controllo (2010)
  2. Outrage Beyond (2012)
  3. Hana-Bi. ­ Fiori di fuoco (1997)
  4. Gangs of New York (2002)

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)